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Sommario del 05/12/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai vescovi brasiliani: di fronte alle divisioni portate dalla teologia della liberazione, riscoprire il valore fondamentale dell’unità della Chiesa
  • La crisi economica mondiale e gli anniversari dello Stato tedesco e della caduta del Muro di Berlino nell'udienza del Papa al presidente della Germania
  • La responsabilità davanti a Dio è decisiva per un retto agire politico: così Benedetto XVI al concerto per i 20 anni dalla caduta del Muro di Berlino
  • Provviste di Chiese e nomine
  • "Siate un segno di speranza per i nostri tempi": il messaggio di mons. Marchetto nell'odierna Giornata mondiale del volontariato indetta dall'Onu
  • Ad una coppia di volontari impegnati in Senegal la XVI edizione del Premio internazionale Focsiv
  • Lunedì l'avvio del vertice di Copenaghen sul clima. P. Lombardi: curare l'ambiente responsabilità dei Paesi ricchi verso i poveri
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • A Rimini la 33.ma Conferenza nazionale animatori di Rinnovamento nello Spirito. Intervista con Salvatore Martinez
  • La ritrattazione delle accuse del Giornale di Feltri contro Dino Boffo. Il neodirettore di Avvenire Tarquinio: atto dovuto al mio predecessore e alla verità
  • Il cardinale Tettamanzi nel suo discorso alla città per la vigilia di Sant'Ambrogio: Milano torni grande con la sobrietà e la solidarietà
  • Al Policlinico Gemelli, presentata l'Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici. Intervista con il prof. Giuseppe Noia
  • Un libro di Emanuele Maspoli ricorda l'eccidio del 1989 nel Salvador dove perse la vita il padre gesuita Ignacio Ellacuria
  • Il commento del teologo don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • I vescovi spagnoli contro la mozione che vorrebbe il ritiro dei crocifissi dalle aule del Paese
  • Il cardinale Foley interviene a un convegno sull'esodo dei cristiani mediorientali
  • Le campane dell’Uruguay suoneranno il 13 dicembre contro i cambiamenti climatici
  • L’8 dicembre si celebra in Messico la Giornata mondiale per i diritti del Concepito
  • Unicef: dal 2000 diminuiti del 78% i decessi causati dal morbillo nel mondo
  • Testamento biologico: i vescovi liguri esprimono rammarico per l’ufficio istituito a Genova
  • Testimonianze dall’Africa per la sopravvivenza del pianeta Terra
  • L'arcivescovo de L'Aquila: l'Avvento radichi gli abruzzesi nella speranza
  • Abruzzo: inaugurata stamane a Onna la nuova chiesa, dono del Trentino
  • 24 Ore nel Mondo

  • La Nato dice sì all'invio di altri 7000 uomini in Afghanistan
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai vescovi brasiliani: di fronte alle divisioni portate dalla teologia della liberazione, riscoprire il valore fondamentale dell’unità della Chiesa

    ◊   I rischi insiti nella teologia della liberazione e l'importanza dell’educazione cattolica per la formazione della persona umana sono stati i temi forti del discorso di Benedetto XVI ai vescovi del Brasile, regione Sud 3 e 4, ricevuti stamani in Vaticano in occasione della visita ad Limina. Il Papa ha messo l’accento sulla sana laicità e sul contributo delle istituzioni culturali cattoliche per lo sviluppo della società brasiliana. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Benedetto XVI ha ricordato la recente ricorrenza del 25.mo anniversario dell’Istruzione Libertatis nuntius della Congregazione per la Dottrina della fede su alcuni aspetti della teologia della liberazione. Un documento, ha rammentato ai vescovi brasiliani, che sottolineava “il rischio che comportava l’assunzione acritica, fatta da alcuni teologi di tesi e metodologie provenienti dal marxismo”. Ed ha ricordato che la ribellione, la divisione, il dissenso, l’anarchia che provocò quel movimento ha creato nelle comunità diocesane del Brasile “grande sofferenza e una grave perdita di forze vive”:

     
    “Suplico a quantos de algum modo se sentiram atraídos…”
    Dal Papa l’invito, dunque, a quanti si sono sentiti “attratti, coinvolti e toccati nel proprio intimo da certi principi ingannevoli della teologia della liberazione che si confrontino nuovamente” con quella Istruzione. Ed ha sottolineato, riprendendo la Fides et Ratio, che la “regola suprema” della fede della Chiesa “le proviene dall'unità che lo Spirito ha posto tra la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa in una reciprocità tale per cui i tre non possono sussistere in maniera indipendente”. Il Papa ha quindi dedicato gran parte del suo discorso alla cultura cattolica, riferendosi in particolare all’università e alla scuola, volgendo l’attenzione alle comunità accademiche nate all’ombra dell’umanesimo cristiano:

     
    “Possa ela, numa convicta sinergia com as famílias…”
    La scuola cattolica, è stato il suo auspicio, possa “in una convinta sinergia con le famiglie e con la comunità ecclesiale promuovere quella unità tra fede, cultura e vita che costituisce la finalità fondamentale dell’educazione cristiana”. Pure le scuole statali, “secondo forme e modalità diverse”, è stata la riflessione del Pontefice, possono essere aiutate nel loro compito educativo “dalla presenza di professori credenti - in primo luogo, ma non esclusivamente i docenti di religione cattolica - e da alunni formati cristianamente”, così come attraverso la collaborazione della famiglia e delle comunità cristiane. Ed ha ribadito che “una sana laicità della scuola non implica una negazione della trascendenza, né una mera neutralità di fronte a quei requisiti e valori morali” che sono alla base di una autentica formazione della persona, inclusa l’educazione religiosa.

     
    A escola católica não pode ser pensada nem vive separada…”
    La scuola cattolica, ha proseguito il Pontefice, non può vivere separata dalle altre istituzioni educative. E’ infatti “a servizio della società”, svolgendo un servizio di pubblica utilità “non riservato soltanto ai cattolici”, ma aperto a tutti coloro che desiderano usufruire di una proposta educativa qualificata. Il problema della sua parità giuridica ed economica con la scuola statale, ha detto ancora, potrà essere impostato correttamente “se partiamo dal riconoscimento” del ruolo primario della famiglia, come indicato anche dall’articolo 26 della Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, per il quale “i genitori hanno diritto di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli”.

     
    “O empenho plurissecular da escola católica situa-se nesta direção…”
    L’impegno plurisecolare della scuola cattolica, ha affermato Benedetto XVI, si situa in questa direzione, spinti dalla forza che fa di Cristo “il centro del nostro processo educativo”. Ha così rivolto il pensiero all’università. La Chiesa, ha rammentato il Papa, “è sempre stata solidale con l’università e con la sua vocazione di condurre l’uomo ai più alti livelli di conoscenza della verità”. Ed ha ringraziato le diverse Congregazioni religiose che hanno fondato e dirigono rinomate università, ricordando al contempo che esse non appartengono a chi le ha fondate o a chi le frequenta, ma sono espressione della Chiesa e del suo patrimonio di fede.

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    La crisi economica mondiale e gli anniversari dello Stato tedesco e della caduta del Muro di Berlino nell'udienza del Papa al presidente della Germania

    ◊   E’ stata un’udienza tra commemorazioni storiche e analisi dell’attualità internazionale - dalla crisi economica all'Africa - quella che ha impegnato questa mattina Benedetto XVI con il presidente della Repubblica Federale di Germania, Horst Köhler, ricevuto in Vaticano con la consorte. “Durante i cordiali colloqui - informa una nota ufficiale - vi è stato uno scambio di opinioni su vari temi: si è ricordato il concerto per il duplice anniversario della fondazione della Repubblica Federale di Germania e del 20° della cauta del Muro di Berlino, occasione della visita del Presidente in Vaticano, e ci si è soffermati - prosegue il comunicato - sull’attuale crisi economica con le sue conseguenze come pure sulla situazione internazionale, con particolare attenzione all’Europa ed al continente africano”. Dopo l’incontro con il Papa, il presidente tedesco si è intrattenuto con il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e con l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

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    La responsabilità davanti a Dio è decisiva per un retto agire politico: così Benedetto XVI al concerto per i 20 anni dalla caduta del Muro di Berlino

    ◊   La responsabilità davanti a Dio è di importanza decisiva per il retto agire politico: così il Papa ieri sera, al Concerto in suo onore nella Cappella Sistina. L’evento ha commemorato i 60 anni della fondazione della Repubblica Federale di Germania e il 20.mo anniversario della caduta del Muro di Berlino. In programma, l’Oratorio di Natale di Bach, interpretato dal Coro delle voci bianche del Duomo di Augusta e dall’Orchestra da camera della Residenza di Monaco di Baviera, diretti dal Maestro Reinhard Kammler. Tra i presenti, il presidente tedesco Horst Köhler, che ha offerto il concerto al Santo Padre. Il servizio di Isabella Piro:

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    23 maggio 1949 e 9 novembre 1989: due date fondamentali per la Germania, che hanno visto, rispettivamente, la fondazione della Repubblica Federale e la caduta del Muro di Berlino, quella “frontiera di morte”, dice il Papa, che per tanti anni ha diviso il Paese, separando “a forza uomini, famiglie, vicini e amici”.

     
    “Die Ereignisse des 9. November 1989…”
    Molti, dice il Papa, allora avevano avvertito gli avvenimenti del 9 novembre 1989 come gli albori inaspettati della libertà, dopo una lunga e sofferta notte di violenza ed oppressione per un sistema totalitario che, alla fin fine, conduceva in un nichilismo, in uno svuotamento delle anime. Nella dittatura comunista, continua Benedetto XVI, non vi era azione alcuna che sarebbe stata ritenuta male in sé e sempre immorale. Ciò che serviva agli obiettivi del partito era buono, per quanto disumano poteva pur essere. Poi, grazie alla Legge fondamentale, la Germania ha voltato pagina:

     
    “Diese Verfassung hat wesentlich zur friedlichen Entwicklung Deutschlands..."
    Tale Costituzione, sottolinea il Papa, ha contribuito essenzialmente allo sviluppo pacifico della Germania nei sei decenni trascorsi. Perché essa esorta gli uomini a dare la priorità, in responsabilità davanti a Dio Creatore, alla dignità umana, a rispettare il matrimonio e la famiglia quali fondamento di ogni società, nonché ad avere riguardo e profondo rispetto per quanto è sacro agli altri. Bisogna quindi ringraziare Dio, afferma Benedetto XVI, perché lo sviluppo della Germania non è merito dell’uomo, ma è stato reso possibile da uomini che hanno agito guardando a Dio:

    “Die europäische Geschichte des 20. Jahrhunderts zeigt...”
    La storia dell’Europa nel 20.mo secolo dimostra che la responsabilità davanti a Dio è di importanza decisiva per il retto agire politico, continua il Papa, perché Dio ricongiunge gli uomini in una vera comunione. E tutti gli uomini, nella comunione con Gesù Cristo, possono essere mediatori verso Dio, capaci di suscitare un nuovo modo di pensare e di generare nuove energie al servizio di un umanesimo integrale. In precedenza, nel suo indirizzo di saluto al Papa, il presidente Köhler aveva ricordato le parole di Giovanni Paolo II:

     
    “Habt keine Angst! Öffnet, ja, reißt die Tore weit auf für Christus…”
    Quel “Non abbiate paura! Spalancate le porte a Cristo, aprite le frontiere degli Stati, dei sistemi politici ed economici, della civilizzazione e del progresso alla sua potenza salvifica”. Parole, dice il presidente tedesco, di grande incoraggiamento per i movimenti di liberazione dell’Europa centrale e orientale. Ma ora urgono soluzioni per nuovi problemi, continua Köhler, come la povertà, la fame, il sottosviluppo, la crisi finanziaria, i cambiamenti climatici perché “lo sviluppo dei popoli dipende soprattutto dal fatto di riconoscersi come un’unica famiglia” in cui tutti i Paesi, anche l’Africa, abbiano gli stessi diritti e doveri, e perché “ragione e fede sono alla base di una politica mondiale di collaborazione”.

     
    (musica)

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    Provviste di Chiese e nomine

    ◊   In Etiopia, Benedetto XVI ha elevato la prefettura apostolica di Jimma-Bonga al rango di Vicariato apostolico, con la medesima denominazione e configurazione territoriale. Come primo vicario apostolico, il Papa ha nominato il 43.enne padre Markos Ghebremedhin, superiore provinciale dei Padri Lazzaristi in Etiopia, assegnandogli la sede titolare vescovile di Gummi di Proconsolare. La Prefettura apostolica di Jimma-Bonga, affidata alla Congregazione della Missione (Missionari Lazzaristi) è sorta il 10 giugno 1994: ha una superficie di 57 mila kmq. ed una popolazione di tre milioni e mezzo di abitanti, con poco più di 12 mila cattolici, distribuiti in 20 parrocchie dirette da sette missionari Lazzaristi etiopici ed uno europeo. Le religiose sono 14. Il neo vicario apostolico ha studiato Filosofia e Teologia nella Facoltà teologica Cappuccina di Addis Abeba. Dopo l'ordinazione ha svolto, tra gli altri, gli incarichi rettore del Seminario minore della Congregazione della Missione (Padri Lazzaristi) in Addis Abeba, di parroco e di superiore Provinciale dei Padri Lazzaristi per tre mandati consecutivi.

    Sempre in Etiopia, il Pontefice ha elevato la Prefettura apostolica di Gambella al rango di Vicariato apostolico, con la medesima denominazione e configurazione territoriale, nominandone come primo Vicario apostolico, padre Angelo Moreschi, attuale prefetto apostolico della medesima circoscrizione ecclesiastica, assegnandogli la sede titolare vescovile di Elefantaria di Mauritania. La Prefettura Apostolica di Gambella, affidata alla Famiglia religiosa dei Salesiani, è sorta il 25 novembre 2000. Il nuovo territorio si estende su una superficie di circa 50 mila kmq., e conta oltre mezzo milione di abitanti, dei quali 8.400 sono cattolici, suddivisi in otto parrocchie rette da 14 sacerdoti, coadiuvati da nove religiose e sei seminaristi. Padre Angelo Moreschi, 57 anni, italiano originario della provincia di Brescia, ha ricevuto l’Ordinazione sacerdotale nel 1982. Vive in Etiopia da oltre 30 anni.

    In Croazia, il Santo Padre ha eretto le due nuove diocesi di Sisak e di Bjelovar-Križevci, dismembrandole dal territorio dell’arcidiocesi di Zagreb e rendendole suffraganee della medesima Chiesa Metropolitana. Come primo vescovo di Sisak Benedetto XVI ha nominato mons. Vlado Kosic, finora ausiliare di Zagreb, mentre come primo vescovo di Bjelovar-Križevci, il Papa ha nominato mons. Vjekoslav Huzjak, del clero della diocesi di Varaždin, finora segretario generale della Conferenza episcopale croata. Mons. Kosic ha 50 anni e si è laureato in Teologia presso la Facoltà di Teologia Cattolica di Zagreb. Ordinato sacerdote, ha ricoperto i ministeri di parroco e professore di Teologia dogmatica. In seno alla Conferenza episcopale croata è presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, nonché della Commissione Iustitia et Pax. Mons. Huzjak, 49 anni, ha studiato presso la Pontificia Università Gregoriana dove ha conseguito la Licenza in Teologia fondamentale, e presso il Pontificio Istituto Orientale ha conseguito il dottorato. Ordinato sacerdote, ha ricoperto tra gli altri i ministeri di parroco e di segretario generale della Conferenza episcopale croata, Inoltre, dal 2000 ad oggi è docente presso la Facoltà di Teologia di Zagreb.

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    "Siate un segno di speranza per i nostri tempi": il messaggio di mons. Marchetto nell'odierna Giornata mondiale del volontariato indetta dall'Onu

    ◊   “Un segno di speranza per i nostri tempi” così mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, ha definito i tanti volontari riuniti a Roma per la cerimonia di consegna del Premio internazionale del Volontariato. Un’iniziativa - promossa dalla Focsiv, la Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario - che cade in occasione dell’odierna Giornata mondiale del Volontariato indetta dalle Nazioni Unite. Benedetta Capelli:

    Lo sviluppo umano e il fenomeno dell’immigrazione sono i due temi al centro della riflessione di mons. Agostino Marchetto che, ricordando la Popolorum Progressio di Paolo VI ma soprattutto la Caritas in Veritate di Benedetto XVI, ha illustrato il valore del volontariato a servizio della “famiglia umana”. A proposito dello sviluppo, l’arcivescovo ha richiamato la definizione di Papa Montini che invitava a “far uscire i popoli anzitutto dalla fame, dalla miseria, dalle malattie endemiche e dall'analfabetismo”, attraverso una “partecipazione attiva” all’economia, all’evoluzione “verso società istruite e solidali” e al consolidamento di “regimi democratici in grado di assicurare libertà e pace”. Aspettative che non sembra siano state soddisfatte perché in molti Paesi permane ad oggi la fame e l’insicurezza di vita. “Lo sviluppo - osserva ancora mons. Marchetto citando Benedetto XVI - continua ad essere gravato da distorsioni e drammatici problemi”. Deve invece riguardare “la totalità della persona in ogni sua dimensione” e realizzare il destino stesso dell’uomo che non può prescindere dalla sua natura e dai suoi rapporti con gli altri.

     
    Lo sviluppo è dunque “umanamente e cristianamente inteso, il cuore del messaggio sociale cristiano”. Ma è soprattutto “quell’esplosione dell’interdipendenza planetaria” a rappresentare una “grande opportunità” se “guidata dalla carità”. “La società sempre più globalizzata - prosegue mons. Marchetto - ci rende vicini, ma non ci rende fratelli” e questa “mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli” si annovera fra le cause più gravi del sottosviluppo. Per questo il segretario del dicastero vaticano esorta a trasformare la maggiore vicinanza tra i popoli in “vera comunione” se si vuole arrivare ad un autentico sviluppo, che nasce in particolare dal “potenziale di amore” che si mette in comune. Uno sviluppo che dipende “dal riconoscimento dell'essere una sola famiglia che collabora in vera comunione ed è costituita da soggetti che non vivono semplicemente l'uno accanto all'altro”.

     
    In questo contesto, mons. Marchetto ricorda il fenomeno dell’immigrazione che coinvolge tutti gli Stati e che esige una politica lungimirante di cooperazione “nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati”. Pertanto, si solleva la “questione etica della ricerca di un nuovo ordine economico internazionale per una più equa distribuzione dei beni della terra, che contribuirebbe a ridurre e moderare i flussi delle popolazioni in difficoltà”. Uno sviluppo che richiede una nuova visione della comunità mondiale in una “prospettiva del bene comune universale” che contribuisce a “dare forma di unità e pace alla città dell'uomo, e renderla in qualche misura prefiguratrice della città senza barriere di Dio”. In tale direzione - ricorda mons. Marchetto - bisogna guardare all’impegno del volontariato che con la sua opera contribuisce a creare “una città senza barriere e muri”. Ricordando le parole di Giovanni Paolo II, il presule definisce i volontari “un raggio di speranza che squarcia le tenebre della solitudine”, “scuola di vita soprattutto per i giovani” in grado di contribuire alla creazione di “una cultura di solidarietà e di accoglienza, aperta al dono gratuito di sé”. Infine, un incoraggiamento a proseguire sulla strada intrapresa per essere davvero “un segno di speranza per i nostri tempi”.

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    Ad una coppia di volontari impegnati in Senegal la XVI edizione del Premio internazionale Focsiv

    ◊   Solidarietà, impegno allo sviluppo dei popoli del Sud del mondo e costruzione della pace. Sono questi i valori che animano la XVI edizione del Premio Internazionale del volontariato promosso dalla Focsiv. A ricevere il riconoscimento una coppia di giovani volontari Cisv impegnati in progetti di cooperazione e sviluppo in Senegal. Il servizio di Roberta Rizzo:

    Sono in Africa dal 2006. Entrambi impegnati in progetti di cooperazione e sviluppo in Senegal per conto del Cisv, una Ong che promuove programmi di educazione e lotta alla povertà. Nel Paese africano vivono e lavorano. E qui hanno scelto anche di celebrare le loro nozze. Un legame spirituale in cui c’è molto di più dell’unione di un uomo con una donna: nella regione occidentale di Louga, Marco è infatti responsabile del turismo sostenibile. Venusia, invece, si occupa di micro-finanziamento e sostegno all’agricoltura delle organizzazioni contadine senegalesi. Sono loro ad aver ricevuto il premio di volontari internazionali 2009 quale esempio di sinergia che nasce laddove c’è integrazione tra cooperazione internazionale e immigrazione, come spiega il direttore generale della Focsiv, Sergio Marelli:

     
    “Pensiamo che dopo tante parole dette sul nesso necessario tra immigrazione e cooperazione, bisogna cominciare a fare delle cose, per cui abbiamo scelto, non senza difficoltà, chi premiare tra i 450 progetti oggi in servizio nel mondo. Abbiamo scelto loro perché, oltre che essere in Senegal, hanno concretamente coinvolto la comunità senegalese che è a Torino. Gli immigrati sono una risorsa e lo dicono in tanti. Noi abbiamo provato a concretizzare questa cosa”.

     
    Ma cosa significa, oggi, essere un volontario? Marco Robella, operatore Cisv, vincitore del premio:

     
    “Rendere questo tipo di lavoro più partecipativo, cercando di mettersi all’ascolto delle persone, del proprio interlocutore, senza avere la prerogativa di andare in Africa per insegnare. Il nostro ruolo è soprattutto quello di ascoltare i problemi, ascoltare la gente e con loro cercare di risolverli, per quanto è possibile”.

     
    La cooperazione oggi sta cambiando, gli immigrati sono una risorsa e possono diventare motore di sviluppo del Paese da cui provengono. Ecco le parole dell'altra vincitrice del premio, Venusia Govetto, volontaria Cisv:

     
    “Questi Paesi sanno benissimo dove vogliono arrivare, che tipo di sviluppo vogliono. Quindi ci vogliono degli operatori specializzati che riescano a percepire, ad ascoltare lì dove lo sviluppo di quel Paese vuole andare e cercare di appoggiare queste dinamiche. Non portare quindi assistenzialismo ma competenza”.

     
    Sono più di mille i volontari internazionali Focsiv coinvolti in prima persona nella realizzazione di progetti di sviluppo socio-sanitari e agricolo-formativi e di difesa dei diritti umani.

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    Lunedì l'avvio del vertice di Copenaghen sul clima. P. Lombardi: curare l'ambiente responsabilità dei Paesi ricchi verso i poveri

    ◊   Siamo ormai alla vigilia di uno degli appuntamenti internazionali più attesi e circondati da attenzione mediatica del 2009: la Conferenza mondiale di Copenaghen sul clima, che inizierà lunedì prossimo e terminerà il 18 dicembre. E' di ieri la decisione del presidente statunitense, Barak Obama, di prendere parte alla chiusura dei lavori e dunque al momento in cui si tireranno le somme di un dibattito che non si annuncia facile. In questo suo editoriale, il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, riflette sulle implicazioni che potranno avere sul presente e il futuro del pianeta le decisioni partorite dall'imminente vertice:

    Tempo fa le preoccupazioni ambientali e climatiche a molti sembravano un lusso. Preoccupazioni dei ricchi. Altri erano i problemi dei poveri, che dovevano sopravvivere e soddisfare i bisogni primari. Poi abbiamo capito che le cose stavano diversamente. Quando c'è la siccità o quando ci sono catastrofi ambientali, i poveri sono i primi a soffrire e a morire. Chi sta in luoghi più sicuri o ha più risorse per nutrirsi o proteggersi può superare meglio il peggiorare delle condizioni ambientali. E' per tutti, dunque, ma per i poveri per primi, che dobbiamo curarci dello stato di salute del pianeta. E il pianeta è come un organismo in cui gli squilibri si riflettono gli uni sugli altri. L'alterarsi della composizione dell'atmosfera, l'innalzarsi del livello dei mari, il ridursi delle riserve di acqua dolce non inquinata, le modifiche delle precipitazioni e gli uragani, l'erosione dei suoli e la desertificazione, i danni all'agricoltura e alla salute umana… E tutto ciò dipende in fondo in gran parte dai comportamenti e dalle decisioni umane.

    La Conferenza di Copenhagen sul clima sarà considerata un successo o un fallimento a seconda degli impegni che si assumeranno i governi, soprattutto dei Paesi più potenti e più grandi. Si pronunceranno dei numeri "magici" sulle riduzioni delle emissioni di gas nocivi e sui finanziamenti da procurare. Ma alla fine tutto dipenderà dalla somma dei comportamenti di tutti noi, abitanti della Terra, troppo abituati a crederci furbi nello scaricare ognuno la responsabilità sugli altri. Il Papa nell'ultima Enciclica ha giustamente parlato di "nuovi stili di vita", e ha ricordato che il sistema ecologico si regge su un buon rapporto dell'uomo con la natura ma anche con i suoi simili. Quello di Copenhagen è dunque anche un nostro problema.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La responsabilità davanti a Dio decisiva per l'agire politico: il Papa ricorda i sessant'anni della fondazione della Repubblica federale di Germania.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la conferenza mondiale di Copenaghen sul clima (al via da lunedì).

    Un nuovo telescopio che punti sul senso delle cose: in cultura, l'arcivescovo Rino Fisichella su teologia, scienza e filosofia in dialogo sul cosmo.

    Rimini, 359, storia di un concilio di provincia: su arianesimo e ortodossia la relazione di Manlio Simonetti alla giornata di studio per il 1650 anniversario del concilio di Rimini.

    Un articolo di Silvia Guidi dal titolo "Dickens, Baricco, la tv e il desiderio (rimosso) di un significato": uno sguardo dietro le quinte della Scuola Holden.

    Quando l'assist vale più di un gol: Gaetano Vallini recensisce il film "II mio amico Eric" di Ken Loach.
     Quel genio sbalestrato di Borromini: Paolo Portoghesi sulle ultime ore del grande architetto ticinese.

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    Oggi in Primo Piano



    A Rimini la 33.ma Conferenza nazionale animatori di Rinnovamento nello Spirito. Intervista con Salvatore Martinez

    ◊   Il Palacongressi di Rimini è teatro, da oggi all’8 dicembre, della 33.ma Conferenza nazionale animatori del Rinnovamento nello Spirito. Un appuntamento che si segnala quest’anno per una novità riguardante la costituzione di una associazione, “la Prison Fellowship Italia Onlus”, che si occuperà dell’assistenza ai detenuti secondo i principi della Dottrina sociale della Chiesa. La Conferenza nazionale ha per titolo una frase di San Paolo: “Rafforzatevi nella potenza del Signore e indossate l’armatura di Dio”. Su di essa si sofferma il presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito, Salvatore Martinez, in relazione ai progetti del Movimento. L’intervista è di Alessandro De Carolis:

    R. - Nel Libro di Giobbe leggiamo: “La vita è un combattimento spirituale”. San Paolo dice, rivolgendosi a Timoteo: “Ho combattuto la buona battaglia della fede”. Parla, quindi, di “una buona battaglia”. Ce ne sono tante che sono ingiuste, cattive, che sono contro l’uomo, altre sono superflue, secondarie rispetto all’orizzonte, al destino della nostra fede. Ed è evidente che se questa fede è debole, ha bisogno di essere rafforzata dalla potenza di Dio, ma anche di essere praticata e di essere diffusa con maggiore forza. Non con la violenza, perché è sempre mite e debole questa nostra fede: non va, quindi, imposta. Noi non immaginiamo una nuova crociata in cui il Crocifisso staccato dalle pareti si fa una spada con la quale noi imponiamo la fede in Gesù Cristo. Va proposta con originalità, va proposta - come diceva Giovanni Paolo II - anche con espressioni nuove, con metodologie nuove. E pertanto, noi proponiamo ai nostri animatori, ai nostri responsabili, la necessità di ripartire da una fede schietta, da una fede pura, da una fede forte.

     
    D. - Dal punto di vista concreto, nel corso della vostra Conferenza, annuncerete anche la costituzione di un’associazione che si incarica di assistere i detenuti. Di che cosa si tratta?

     
    R. - Il Rinnovamento nello Spirito promuove la costituzione, in Italia, della “Prison Fellowship”: è un’organizzazione internazionale che esiste già in 105 Paesi del mondo e che adesso sorge anche in Italia. E’ la più grande organizzazione cristiana di evangelizzazione del mondo carcerario. Il Fondo Sturzo, in territorio di Caltagirone, che abbiamo inaugurato nel 50.mo della morte del Servo di Dio, don Luigi Sturzo, grazie al lavoro dei detenuti e degli ex-detenuti si ispira a queste dinamiche di conversione, di redenzione umana, spirituale e sociale che la “Prison Fellowship” promuove in tutto il mondo. E noi crediamo che anche questa sia, oggi, una risposta concreta alla sfida educativa. Noi guardiamo non solo al detenuto, all’ex-detenuto, ma alla famiglia: cioè a quell’insieme di relazioni, di affetti, di sentimenti che fondano e rifondano la famiglia e che noi vogliamo sia cristiana. E pertanto, noi vogliamo riscoprire queste dinamiche anche nella dimensione di una fraternità che dev’essere prodotta, provocata all’interno di questo mondo oscuro che è il mondo delle carceri, proprio nella relazione che il volontario deve avere con il detenuto, ma - direi - anche con la polizia penitenziaria, con i responsabili, con gli educatori. Noi vogliamo che il Vangelo e la luce del Vangelo entrino nelle carceri.

     
    D. - Quindi, questo sarà il cuore del vostro “Progetto Sicomoro” che presenterete durante la Conferenza?

     
    R. - Il “Progetto Sicomoro” è proprio l’esplicitazione di queste pedagogie di redenzione umana e spirituale. Sono pedagogie che già abbiamo evidenziato presso il Fondo Sturzo, con la nascita di questo polo di eccellenza, che avrà adesso nuovi incubatori - quindi non più soltanto in Sicilia ma anche in altre regioni d’Italia – anche grazie ad una convenzione stipulata con il ministro della Giustizia. Credo che questa sia una buona notizia, perché parlando di sfida educativa, noi proponiamo la possibilità di una rieducazione pensata e ispirata alla Dottrina sociale della Chiesa.

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    La ritrattazione delle accuse del Giornale di Feltri contro Dino Boffo. Il neodirettore di Avvenire Tarquinio: atto dovuto al mio predecessore e alla verità

    ◊   A distanza di tre mesi dalle dimissioni di Dino Boffo dalla guida del quotidiano Avvenire, il direttore del Giornale, Vittorio Feltri, ha ritrattato ieri le accuse pubblicate dal quotidiano milanese all’ex direttore del quotidiano della Cei, frutto - stigmatizza oggi il quotidiano cattolico - di informazioni rilevatesi superficiali, false ed infamanti. La ricostruzione dei fatti non corrisponde al vero, scriveva Feltri sul Giornale di ieri, defininendo Boffo, giornalista “prestigioso e apprezzato”. Nell’edizione odierna, Avvenire prende atto della “tardiva ammissione” del Giornale e rilancia il tema del ruolo dell’informazione al servizio della verità. Luca Collodi ha chiesto al direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, come spiegare la scelta del quotidiano di aprire con un titolo a tutta pagina sulla vicenda e con una grafica quasi mai utilizzata dal quotidiano cattolico:

    R. - C’è bisogno, credo, di gesti che ci scuotano. E la prima pagina di oggi, la prima pagina di “Avvenire”, vuole essere anche questo, oltre che un segno di verità. Nel pensarla, ieri, ci siamo posti la necessità, abbiamo di nuovo riflettuto sul bisogno di cambiare concretamente strada e di riportare, anche nel confronto pubblico e politico nel nostro Paese, almeno un tasso decente di civiltà.

     
    D. - Il direttore Boffo esce da questa vicenda a testa alta…

     
    R. - Dino Boffo ha avuto giustizia, nel senso che anche chi l’aveva preso di mira in modo martellante - profondamente ingiusto - ha alla fine ammesso di aver scritto su di lui cose infamanti e per nulla rispondenti alla realtà. Vittorio Feltri non fa a cuor leggero un gesto così pesante di riparazione. Credo che l’abbia fatto perché lo doveva: lo doveva a Boffo, certamente, lo doveva ai suoi lettori e credo che lo dovesse alla pura e semplice verità dei fatti. La verità ci fa liberi, anche come giornalisti; ma è estremamente esigente.

     
    D. - L’ammissione di responsabilità di Feltri dimostra però che nella stampa italiana resta aperto un problema …

     
    R. - Dino Boffo è una persona limpida, ha avuto giustizia perché è un galantuomo e il tempo è stato galantuomo con lui. Ma con i più deboli? Con i più vulnerabili? Con le persone fragili? Come ci comportiamo, come ripariamo - noi giornalisti - ai torti intollerabili che a volte vengono fatti con cronache feroci?

     
    D. - Direttore Tarquinio, vale la pena sollecitare una riflessione su queste tematiche anche da parte degli organi che, in qualche modo, tutelano la professione giornalistica in Italia?

     
    R. - Appunto. E’ proprio qui che volevo arrivare: dobbiamo misurarci prima di tutto con la nostra coscienza, ma certamente la professione giornalistica in Italia è regolata da un Ordine e ha strutture, anche sindacali, di autotutela che – secondo me – devono essere capaci oggi di dare segnali limpidi all’opinione pubblica. Ce n’è un grande bisogno e non c’è tempo da perdere.

     
    D. - Ripristinata la verità vera su Dino Boffo, il caso - come dice Feltri - “è veramente chiuso”?

     
    R. - Io credo di sì. Ma, come dicevo, per un caso che si chiude con un atto di riparazione, resta aperto un grande problema: dobbiamo saper essere responsabili dell’informazione. Questa vicenda l’ha dimostrato più che mai.

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    Il cardinale Tettamanzi nel suo discorso alla città per la vigilia di Sant'Ambrogio: Milano torni grande con la sobrietà e la solidarietà

    ◊   Non saranno monumenti o infrastrutture a rendere grande Milano. Solo con la sobrietà e la solidarietà, che unita alla giustizia favorisce lo sviluppo, la città potrà essere grande. Questo il monito che ieri sera l'arcivescovo della diocesi ambrosiana, il cardinale Dionigi Tettamanzi, ha rivolto ai milanesi nel tradizionale appuntamento alla vigilia di Sant’Ambrogio, patrono della città. Il cardinale Tettamanzi, chiede una solidarietà che “sia in grado di sconfiggere la solitudine di tante persone”. Il servizio di Fabio Brenna:

    Dopo aver riconosciuto segni di solidarietà nelle famiglie che hanno accolto rom sgomberati nei giorni scorsi, o negli imprenditori che hanno tenuto duro di fronte alla crisi, il cardinale Tettamanzi ha chiesto una solidarietà che sia in grado di animare il corso delle istituzioni. Ma per questo, ha aggiunto, occorre riscoprire la sobrietà:

     
    “Milano è spesso etichettata come ‘città del fare’. La sobrietà può rinverdire questo nobile appellativo. Un fare che non deve riguardare solo la dimensione produttiva, ma che vuole mirare ai risultati concreti a beneficio di tutti gli abitanti. Un risultato che si raggiungerà eliminando tutto ciò che è superficiale, vuota apparenza, perdita di tempo e spreco di risorse”.

     
    Un impegno questo richiesto a chi ha assunto responsabilità pubbliche:

    “Sono convinto che chi per vocazione, per lavoro, per servizio, per mandato pubblico, per elezione è chiamato ad operare per gli altri debba essere sobrio per incontrare realmente le donne e gli uomini nelle loro esigenze, per mettere al centro delle proprie attenzioni i problemi delle persone, delle famiglie e quindi per risolverli. La festa di San’Ambrogio può suonare come appello ad un sussulto di moralità e di spiritualità nei nostri stili di vita”.

     
    Il risultato di questo impegno è di avere persone felici che contribuiscano a costruire una Città migliore. Il cardinale Tettamanzi invita poi a guardare a Cristo crocifisso come modello, per attraversare le situazioni umane di fatica nella prospettiva della Resurrezione. Con un invito che richiama recenti discussioni:

     
    “Ma il Crocifisso è risorto, non limitiamoci a considerare il Crocifisso come segno di un’identità. Dobbiamo passare dal simbolo alla realtà. Alla realtà di Gesù Cristo morto, risorto e veniente: persona viva, concreta, incontrabile, sperimentabile. Conserviamolo questo simbolo, ma soprattutto viviamolo con coerenza umile, forte e gioiosa”.

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    Al Policlinico Gemelli, presentata l'Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici. Intervista con il prof. Giuseppe Noia

    ◊   In occasione del convegno “La difesa della vita nascente”, a 30 anni dall’apertura del Day Hospital ostetrico del Policlinico Gemelli, è stata presentata oggi, nell’ateneo romano, la nuova Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici. Coordinatore dei lavori odierni e presidente della nuova associazione è il prof. Giuseppe Noia, responsabile del Centro diagnosi e terapia fetale del Gemelli, che al microfono di Gabriella Ceraso, fa il punto della situazione sulla difesa della vita nascente alla luce dell’esperienza del Policlinico romano:

    R. - Il valore vita viene minacciato in tutte le sue varie forme. Non è una valutazione come cattolico, ma è un fatto osservazionale. Noi abbiamo lavorato in questi 30 anni cercando di dimostrare con i fatti, che una buona scienza ha bisogno di una buona etica, e che una buona etica fonda il concetto di servizio alla persona umana. Questo è quello che ci ha guidati per informare correttamente le persone. Spesso è in nome di un’informazione non rigorosa che si fanno delle scelte devastanti a livello personale e indirettamente anche sociale.

     
    D. - In questo contesto nasce l’Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici. Qual è la missione lo specifico?

     
    R. - L’Associazione nasce come costituzione il 25 marzo, la festa dell’annunciazione di Gesù concepito. Sul piano laico è un'Associazione di medici di ispirazione cattolica che però vogliono proporre un linguaggio che è basato su dati scientifici, su fondamenti filosofici, giuridici, antropologici per aprire degli spazi di riflessione sulla dignità della persona umana, che possono essere accettabili da credenti e da non credenti.

     
    D. - A tenere banco in questo periodo, proprio a proposito di difesa della vita, è il dibattito sulla RU486. Qual è il vostro pensiero a riguardo?

     
    R. - Il nostro pensiero nasce da un’osservazione scientifica che l’embrione è un protagonista sin da subito, interagisce in maniera relazionata con la propria madre. Questa sua relazione gli conferisce quel rispetto al quale ogni persona umana ha diritto. Tali concetti dovrebbero essere più conosciuti, per lo meno più sostenuti e se uno li vuole controbattere, con argomentazioni che siano però scientificamente valide.

     
    D. - Professore, è facile perdere di vista la dimensione etica, trasformarsi in manipolatori, in vista anche di una pressione sociale che può gravare sul medico?

     
    R. - Sicuramente, la pressione sociale c’è, ma questo non toglie il fatto che noi abbiamo pronunciato un giuramento che oggi non viene più considerato, quello di Ippocrate. Io non vedo la differenza che c’è quando noi ci strappiamo le vesti dinanzi a tante aggressioni alla vita - come la pedofilia, come le violenze sulle donne - e il valore della vita nascente solo perché non viene visto, non viene considerato. Questo tipo di cultura che è una cultura di morte, si sta suicidando, mentre la cultura della vita, offre sempre degli investimenti nella persona umana.

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    Un libro di Emanuele Maspoli ricorda l'eccidio del 1989 nel Salvador dove perse la vita il padre gesuita Ignacio Ellacuria

    ◊   L’impegno costante per la pace passa attraverso la non violenza e il riscatto dei più poveri e degli emarginati. È stato questo il fondamento del pensiero di padre Ignacio Ellacuria, gesuita, missionario e rettore dell’Università Centroamericana, barbaramente ucciso assieme ad altri suoi compagni e a due donne, nel 1989 nel Salvador. Nel ventennale dall’eccidio, un libro, dal titolo “Ignacio Ellacuria e i martiri di San Salvador”, scritto da Emanele Maspoli, ricorda la figura simbolo del padre gesuita e ricostruisce il tragico eccidio. Ce ne parla Linda Giannattasio:

    Era l’alba del 16 novembre del 1989, a una settimana dalla caduta del muro di Berlino e mentre in El Salvador era in corso una guerra civile che durò oltre nove anni, quando uno squadrone dell’esercito salvadoregno entrò nell’Università Centroamericana per trucidare chi considerava nemici e farla finita con chi aveva colpa di impegnarsi ogni giorno per proteggere una popolazione allo stremo. In quella notte, venne ucciso padre Ignacio Ellacuria. Gesuita, di origine basca, Ellacuria ricercava la giustizia attraverso le uniche armi possibili, quelle evangeliche, educative, e aveva dato all’Università di cui era rettore l’obiettivo di studiare e analizzare in modo attento la società del Salvador, al servizio della popolazione. Ma era anche un teologo, un filosofo, un simbolo, come racconta Emanuele Maspoli, l’autore del libro a lui dedicato:

     
    “Ellacuaria è un lottatore non violento nel senso più vero e profondo del termine, perché vive in una realtà e cresce intellettualmente in una realtà che invece è violentissima e di grande oppressione. E lui, riesce sempre a tenere la luce sulla realtà che c’è e sulle speranze che nella realtà stessa si possono trovare, rafforzando come poteva, da intellettuale, da universitario e anche da prete, da gesuita, quello che i movimenti popolari e la società civile potevano offrire di risposte non violente per quel Paese”.
     
    Con lui morirono sei gesuiti compagni della sua équipe di lavoro: teologi, sociologi, ma anche una donna che lavorava per i Padri gesuiti e sua figlia di 15 anni, che si erano rifugiate nell’Università per fuggire dalla violenza. Quella stessa violenza che padre Ellacuria aveva combattuto con l’accoglienza e con il dialogo per tutta la sua vita. Martire di una fede che cerca di percorrere la via della pace, che ha lasciato un messaggio chiaro, come spiega ancora l’autore del volume, Maspoli:

     
    “E’ un messaggio molto bello ma molto difficile: è il messaggio dell’impegno sociale, è il messaggio della sua frase ‘Hacerse cargo, cargare e encargarse de la realidad’ - farsi carico, addossarsi, patire e incaricarsi della realtà storica per cambiarla, sovvertire la storia perché il compito dell’uomo è sempre quello di cercare le soluzioni perché ci sia più giustizia”.

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    Il commento del teologo don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa seconda Domenica di Avvento la liturgia ci propone la predicazione di Giovanni Battista nel deserto: siamo nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato è governatore della Giudea; Erode è tetràrca della Galilea, Anna e Càifa sono i sommi sacerdoti. Queste le parole di Giovanni, che richiamano le profezie di Isaia:

    “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!“.

     
    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Dogmatica alla Pontificia Università Lateranense:

    Osserva Ludwig Wittgenstein che “il senso del mondo dev’essere fuori di esso. Nel mondo tutto è com’è e avviene come avviene”. Il mondo può solo riprodurre il mondo, il tempo può solo dipanarsi in altro tempo, in una ripetitività noiosa perché ultimamente insensata. Se ci dev’essere un senso, se ci dev’essere qualcosa che dà significato allo scorrere monotono, benché violento, del mondo, “dev’essere fuori del mondo”.

     
    L’Evangelista Luca ci presenta esattamente questa irruzione del Senso nel mondo, con l’accadere (egeneto) della parola di Dio su Giovanni. E’ un’azione diretta e possente di Dio che imprime un inizio, dentro la storia profana e sacra, un inizio che ha il tratto di qualcosa di assoluto. Niente e nessuno si può né si potrà opporre validamente a questo inizio. Né i burroni, né le montagne, né le profondità né le altezze. Tutto è appianato e piano sotto la potente mano di Dio. Quando Dio agisce, lì ricomincia tutto e tutto il contorno, sia esso pomposo o miserevole, non determina più nulla, non è più decisivo in ultima istanza. Solo ciò che ha e avrà a che fare con quell’Inizio divino ha ormai un suo senso e un suo peso specifico.

     Diceva don Andrea Santoro: in ogni situazione non mi chiedo più che cosa posso o debbo fare io, ma piuttosto: che cosa stai già facendo Tu, o Signore, per poter quindi prendere parte alla Sua azione. Solo in questo modo il tempo fisico e psichico della vita dell’uomo diventa Storia, Storia santa.

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    Chiesa e Società



    I vescovi spagnoli contro la mozione che vorrebbe il ritiro dei crocifissi dalle aule del Paese

    ◊   La questione dei crocifissi in Spagna - che martedì scorso ha visto il voto della Commissione istruzione della Camera dei deputati di Madrid affinché il governo ritiri i simboli religiosi dalle aule di tutte le scuole del Paese, sulla base della recente sentenza della Corte europea dei diritti umani - ha suscitato la reazione dei vescovi spagnoli. Un voto che addolora e rattrista e che va palesemente contro la storia e la fede del popolo spagnololo, lo ha definito il cardinale arcivescovo di Madrid, Antonio Maria Rouco Varela, presidente della Conferenza episcopale spagnola, secondo quanto riportato da L'Osservatore Romano. "Il ritiro dei crocifissi - ha asserito il porporato - priverebbe le famiglie e i bambini spagnoli delle scuole pubbliche di poter vedere il simbolo fondamentale e caratteristico della loro fede; fede che ha configurato la loro storia personale, quella della loro famiglia e del loro popolo". La mozione approvata per iniziativa del piccolo partito della sinistra repubblicana catalana (Erc), con l'appoggio del Partito socialista del premier José Louis Rodriguez Zapatero, non ha tuttavia carattere vincolante per il governo. Il premier spagnolo, Zapatero, ha detto che non rientra nei programmi dell'esecutivo spagnolo ritirare i crocifissi dalle scuole, ribadendo che decisioni in materia saranno contenute nella futura legge sulla libertà religiosa, per ora congelata dal governo. La mozione è stata subito criticata dal Partito popolare, la principale forza di opposizione, attraverso le parole del suo portavoce, Juan Antonio Gómez: "Con tutti i problemi che abbiamo nell'istruzione diamo un'immagine di frivolezza e generiamo un problema e un conflitto educativo non necessari". Anche il presidente dell'associazione che raggruppa i genitori della scuola cattolica, Luis Carbonell, ha denunciato - riferisce l'Osservatore - "una persecuzione contro coloro che non condividono l'ideologia del governo". Sulla vicenda è intervenuto anche il primate di Spagna, l'arcivescovo di Toledo, Braulio Rodríguez Plaza, il quale ha difeso la presenza dei crocifissi nella vita pubblica sottolineando il significato storico del cristianesimo. "Gesù - ha detto - ha significato molto per l'umanità. Non importa se uno creda, come i cattolici credono, che Gesù sia il Figlio di Dio. Gesù di Nazareth è un personaggio storico che ha segnato profondamente la storia umana". (A.D.C.)

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    Il cardinale Foley interviene a un convegno sull'esodo dei cristiani mediorientali

    ◊   In un Medio Oriente sempre più travagliato dall'instabilità, i cristiani, protagonisti di un vero e proprio esodo, possono essere un ponte per un futuro migliore per i musulmani. Lo ha affermato il cardinale John P. Foley, gran maestro dell'Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme, intervenendo venerdì scorso alla Norwegian School of Theology di Oslo, in Norvegia, sul tema “L'esodo dei cristiani dalla Terra Santa: sfida per una pace sostenibile”. Nel suo discorso, il porporato ha espresso la propria preoccupazione per il continuo abbandono della Terra Santa da parte dei cristiani, che sessant'anni fa rappresentavano il 20% della popolazione della regione e oggi sono scesi a meno del 2%. “La presenza dei cristiani in Terra Santa oggi è una fonte di speranza per la comprensione, la pace e la riconciliazione”, ha dichiarato. Per il cardinale Foley, ripreso dall'agenzia Zenit, il cristianesimo è “un ponte per il futuro per il mondo arabo musulmano”, soprattutto perché “i cristiani del mondo occidentale hanno appreso e portato certi valori e certe prospettive estremamente importanti”, come la separazione tra Chiesa e Stato o l'idea che la dignità e la libertà umane richiedano il rispetto della coscienza dell'individuo, il che porta alla “libertà di culto”. “Ciò è sconvolgente per il mondo islamico”, il quale deve tuttavia “integrare questi valori nella sua vita quotidiana” se vuole “entrare pienamente nella società moderna”. Il cardinale Foley ha ricordato che dalla fine della Prima Guerra Mondiale, che ha posto fine a 400 anni di egemonia ottomana, “i cristiani hanno iniziato a declinare ovunque” in Medio Oriente. Le motivazioni di questo fenomeno, ha osservato, sono molteplici, iniziando dal fatto che i cristiani “tendono ad essere molto bene istruiti rispetto alla maggior parte della popolazione, e, come sappiamo, sembra che quanto più sono alti i livelli di istruzione e le opportunità economiche per la famiglia, minori siano le dimensioni di quest'ultima”. Un'altra ragione del declino è ovviamente l'emigrazione, dovuta in primo luogo al fatto che “a livello sociale, tra i cristiani, c'è un senso di esclusione, se non di discriminazione, in molti Paesi”. Secondo il porporato, l'emigrazione non è un male in sé, ma implica una perdita, perché “con l'esodo dei cristiani si perdono un patrimonio e una cultura”. “La nostra missione - ha concluso - è aiutare la sopravvivenza dei cristiani in Terra Santa, attraverso il nostro sostegno finanziario, il nostro aiuto personale, la presenza delle nostre visite e i nostri pellegrinaggi, la promozione dell'istruzione e dello sviluppo umano per chi vive lì e la nostra volontà di impegnarci in questa coraggiosa lotta per la giustizia e per la pace”. (V.V.)

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    Le campane dell’Uruguay suoneranno il 13 dicembre contro i cambiamenti climatici

    ◊   Il Consiglio permanente della Conferenza episcopale dell'Uruguay (Ceu) ha chiesto a tutte le diocesi del Paese di suonare le campane delle chiese il prossimo 13 dicembre alle ore 15, aderendo all'iniziativa della Caritas Internazionalis che ha lo scopo di inviare un messaggio a tutti i leader del mondo perché adottino misure urgenti nei confronti dei cambiamenti climatici. Nel comunicato della Conferenza episcopale, firmato da mons. Carlos Ma. Collazzi, vescovo di Mercedes e presidente della Ceu, i presuli auspicano che i negoziati della prossima Conferenza sui cambiamenti climatici di Copenaghen, in Danimarca, possano raggiungere il loro punto di svolta domenica 13 dicembre. Alle ore 15 di quel giorno, dopo una celebrazione ecumenica, nella Cattedrale luterana di Copenaghen e in tutte le chiese della Danimarca, suoneranno le campane per invitare tutti i leader del mondo ad adottare misure urgenti. Tutte le comunità religiose del mondo, rende noto l’agenzia Fides, sono invitate ad aderire a questa iniziativa suonando le campane, oppure i tamburi, i gong, o i corni per 350 volte. (V.V.)

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    L’8 dicembre si celebra in Messico la Giornata mondiale per i diritti del Concepito

    ◊   In Messico, l'Associazione civile dei Diritti umani del concepito celebra ogni anno l'8 dicembre come sua giornata con l’obiettivo che i diritti dei non nati siano maggiormente riconosciuti nel mondo e siano protetti dalle leggi a livello nazionale e internazionale. L'Associazione, "dinanzi alla cultura di morte dilagante nel mondo e all'indifferenza di milioni di persone", mira a "rafforzare la consapevolezza che tutti gli esseri umani sono uguali e hanno gli stessi diritti, in particolare il diritto fondamentale alla vita". Diritti che devono essere riconosciuti, rispettati e protetti dal momento del concepimento fino alla morte naturale. Per questo l'Associazione e suoi membri - riferisce l’agenzia Fides - invitano al dialogo, alla riflessione, alla ricerca della verità, della giustizia e dell'amore e respingono soluzioni semplicistiche che uccidono migliaia di esseri umani in Messico e milioni in tutto il mondo, attraverso l'aborto e l'eutanasia. La celebrazione della Giornata dei Diritti umani del concepito, ogni 8 dicembre, e la Dichiarazione dei diritti del concepito, sono in linea con le motivazioni della Dichiarazione dei diritti umani nel 1948, che nel suo preambolo dice: "La libertà, la giustizia e la pace nel mondo, hanno come fondamento il riconoscimento della dignità intrinseca e dei diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della famiglia umana", e così ribadisce la "dignità e il valore della persona umana e la parità dei diritti degli uomini e delle donne". La firma del riconoscimento dei Diritti del concepito è avvenuta il 28 agosto 2007 e la celebrazione dei Diritti dell'uomo è un invito a vivere nella verità, nella giustizia e nell'amore. (V.V.)

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    Unicef: dal 2000 diminuiti del 78% i decessi causati dal morbillo nel mondo

    ◊   L’Iniziativa contro il morbillo - una partnership di cui fanno parte Unicef, Oms, Cdc, United Nations Foundation e Croce Rossa Americana - ha annunciato che nel mondo, tra il 2000 e il 2008, le morti causate dal morbillo sono diminuite del 78% passando da 733 mila del 2000 a 164 mila del 2008. Tuttavia, gli esperti avvertono che se non c’è continuità nei finanziamenti per le campagne mondiali di vaccinazione, è possibile una recrudescenza della mortalità. Tutte le regioni, ad eccezione di una, hanno raggiunto l'obiettivo dell’Onu di ridurre la mortalità da morbillo del 90% entro il 2010 con due anni di anticipo. La vaccinazione contro il morbillo di circa 700 milioni di bambini ha evitato 4,3 milioni di decessi nell’arco di un decennio. “Siamo pronti a vaccinare più bambini possibile - ha detto Kathy Calvino, responsabile esecutivo della United nations foundation - il prossimo anno, alcuni dei paesi più popolati come Cina, Indonesia, Pakistan, Bangladesh, Vietnam, Nigeria e Etiopia stanno pianificando campagne nazionali di vaccinazione contro il morbillo, ma mancano i finanziamenti necessari”. L’Iniziativa contro il morbillo sta facendo fronte ad una carenza di finanziamenti per il 2010 pari a 59 milioni di dollari, che potrebbe significare un ritorno del morbillo. Questa patologia è tra le più contagiose ed è una delle principali cause di morte tra i bambini in tutto il mondo. Si stima che circa 400 bambini muoiano di morbillo ogni giorno. La sola regione che può compromettere il raggiungimento dell'obiettivo del 2010 è il Sudest asiatico, con Paesi come l'India, l'Indonesia e il Bangladesh dove i decessi causati dal morbillo sono diminuiti solo del 46% tra il 2000 e il 2008. In India, la nazione con il maggior numero di decessi per morbillo, il mancato progresso è stato in gran parte dovuto al ritardo nell'attuazione delle campagne di vaccinazione su larga scala. "Nel 2008, tre bambini su quattro morti a causa del morbillo erano indiani - ha affermato Ann M. Veneman, direttore generale dell'Unicef - ma il piano dell’India per rendere capillare la campagna di vaccinazione contro il morbillo in varie parti del Paese è molto incoraggiante”. (V.V.)

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    Testamento biologico: i vescovi liguri esprimono rammarico per l’ufficio istituito a Genova

    ◊   Il Comune di Genova ha ottenuto il discutibile primato di istituire, dal 30 novembre scorso, un ufficio per il testamento biologico. La Cei ligure ha manifestato rammarico e preoccupazione per l'iniziativa. L'ufficio che l'amministrazione sotto la Lanterna ha aperto da qualche giorno presso l'Ufficio anagrafe principale della città, dov'è possibile sottoscrivere il testamento biologico, “è di dubbia legittimità e privo di efficacia giuridica - scrivono i vescovi della regione - essendo la materia di esclusiva competenza del legislatore nazionale”, mentre in Italia non esiste una legge specifica sull'argomento. In un documento ufficiale della Conferenza episcopale della Liguria, si esprimono rammarico e preoccupazione e si rileva come “non rispetti la sensibilità di molti” e riduca il tema a “terreno di mero scontro ideologico”. Ma - insistono i vescovi liguri presieduti dal cardinale aricvescovo di Genova, Angelo Bagnasco - non rispetta neppure “valore e dignità intrinseca della vita”, mentre sarebbe più auspicabile trovare capacità di vicinanza verso chi soffre. Pochi comunque i genovesi che hanno aderito al testamento, anche se preoccupano diverse richieste di analoghe iniziative presso altri Comuni liguri. (A cura di Dino Frambati)

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    Testimonianze dall’Africa per la sopravvivenza del pianeta Terra

    ◊   “Ovunque viviamo, abbiamo il dovere di preservare le risorse limitate a nostra disposizione; se gestite in modo equo e responsabile, si eviteranno tensioni e conflitti. La foresta congolese, il secondo polmone del pianeta, va protetta: la sua distruzione avrà gravi conseguenze non solo per i 10 Paesi della regione, ma per tutta l’umanità”. A parlare in questo modo, a pochi giorni dall’apertura della Conferenza sui cambiamenti climatici in programma a Copenhagen, è la keniana Wangari Muta Maathai, Premio Nobel per la pace, intervistata dall’agenzia Misna. Impegnata dagli anni Novanta nella lotta al diboscamento, Maathai fa riferimento ai conflitti nella regione sudanese del Darfur o nella Repubblica Democratica del Congo, “emblematici - dice - delle conseguenze estreme quando è in gioco lo sfruttamento di risorse minerarie, acqua e terreni". Bisogna gestire, osserva, "i doni della natura con rispetto e in modo equo tra le persone, in questi casi a favore delle popolazioni locali”. Maathai ha fondato l’Associazione "Green Belt Movement", che per combattere l’erosione dei suoli ha piantato in Kenya oltre 40 milioni di alberi. Da questo Paese africano giunge anche la testimonianza di padre Tom Leyden, missionario della Società del Verbo Divino, secondo il quale all’origine della grave siccità che ha colpito la regione è legata al fenomeno meteorologico noto come “El Niño”. Il missionario racconta che la mancanza di piogge nella località di Dol Dol, nella Rift Valley, ha fatto seccare gli alberi e causato la morte di molti elefanti, stremati dalla mancanza di cibo, con gravi conseguenze sul patrimonio turistico della zona. “Questo - scrive padre Leyden sulla rivista ‘The Harp’ - accade quando un albero viene misurato per il suo valore monetario, piuttosto che come un seme di speranza per la sopravvivenza del pianeta”. (V.V.)

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    L'arcivescovo de L'Aquila: l'Avvento radichi gli abruzzesi nella speranza

    ◊   Lavorare per far sì che “ogni comunità abbia un luogo di culto, una chiesa o una struttura in cui ritrovarsi per il Natale” è una delle priorità sottolineate da mons. Giuseppe Molinari, arcivescovo de L'Aquila, durante il periodo d'Avvento. A otto mesi dal terremoto che il 6 aprile ha devastato il capoluogo abruzzese e numerosi paesi limitrofi, il presule ha parlato all'agenzia Sir delle necessità più urgenti per la popolazione e la sua arcidiocesi, ricordando che un buon numero di strutture verrà reso agibile per le festività. “Come sempre, cerchiamo di vivere questo tempo dell'anno liturgico come un tempo di speranza per le nostre comunità”, ha spiegato, ricordando che si tratta di un periodo speciale “anche perché coinciderà con l'arrivo nella nostra arcidiocesi del vescovo ausiliare, mons. Giovanni D'Ercole, che verrà ordinato il 12 dicembre nella Basilica di San Pietro”. Nonostante la “molte difficoltà” che vive la popolazione, alcune delle quali, come la mancanza di lavoro, “erano presenti anche prima del terremoto ma sono state aggravate”, mons. Molinari vede anche “segnali di speranza, come la ripresa di qualche attività e la riapertura di tutte le scuole”. Il fatto di non poter celebrare il Natale in Cattedrale “è senz'altro un dispiacere che ci ricorda come la situazione a L'Aquila sia cambiata in modo drammatico e improvviso”, riconosce. “Celebrando il Natale, una delle feste più belle della nostra fede, non dobbiamo però dimenticarci, come ho già detto, che questa è la festa della speranza”, ha sottolineato. Il presule si è quindi detto “sicurissimo” che il terremoto sia stato per molti “l'occasione di riscoprire la propria fede”. “Ci stiamo attrezzando per vedere come adattarci a questa realtà che cambia”, ha ammesso l'arcivescovo, sperando che non ci si dimentichi della tragedia abruzzese ora che iniziano ad abbassarsi i riflettori. “Spero che non solo lo Stato ma anche le varie comunità, gli organismi e i tanti volontari arrivati fino ad oggi continuino ad aiutarci. Perché chi è stato qui sa che la tragedia non finisce il 31 dicembre”. (V.V.)

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    Abruzzo: inaugurata stamane a Onna la nuova chiesa, dono del Trentino

    ◊   Questa mattina l’arcivescovo de L’Aquila, mons. Giuseppe Molinari, e l’arcivescovo di Trento mons. Luigi Bressan hanno benedetto una nuova chiesa a Onna, intitolata alla Madonna delle Grazie. La costruzione, realizzata in legno, è frutto di un lavoro di rete promosso dalla Val di Sole con il coordinamento della Provincia autonoma di Trento. “La cosa più bella – racconta al Sir Lia Giovannazzi Beltrami, assessore alla solidarietà della Provincia trentina - è vedere realtà diverse lavorare insieme. Vigili del Fuoco, consorzi e cooperative della Val di Sole si sono uniti per realizzare quest’opera donando non solo il progetto e i materiali, ma venendo personalmente in Abruzzo per la costruzione”. La chiesa, lunga ottanta metri, è stata costruita riprendendo alcuni elementi architettonici del rinascimento abruzzese come la facciata squadrata e il rosone centrale, “così la gente potrà sentirla maggiormente come propria”. Questa sera alle 18, la comunità si ritroverà per la celebrazione della Messa proprio nella nuova chiesa. “Un momento intimo - spiega don Cesare Cardozo, parroco di Onna - in cui potremo ritrovarci per ringraziare Dio per questa solidarietà”. Con la chiesa, costata circa 250 mila euro, e un piccolo appartamento per il parroco è stata completata la costruzione del villaggio “provvisorio” di Onna. Nei mesi scorsi, la Provincia di Trento aveva lavorato alla realizzazione delle abitazioni e dell’asilo. “Così - spiega Beltrami - si concludono i nostri interventi strutturali, ma non il legame di amicizia nato in questi mesi. Proprio la popolazione di Onna, che aveva espresso il desiderio di una nuova chiesa, ci ha chiesto di poter avere anche una statua di San Vigilio, patrono del Trentino. La statua che verrà donata dall’arcivescovo Bressan sarà il segno tangibile di questa comunione”. Nella chiesa è stata posta anche la campana recuperata dalla chiesa di San Pietro, distrutta dal sisma. “Perché come mi ha detto una onnese - conclude l’assessore - con il suono delle campane possa tornare anche la speranza”. (V.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    La Nato dice sì all'invio di altri 7000 uomini in Afghanistan

    ◊   Dopo l’annuncio del presidente americano Obama, anche la Nato ha deciso ieri di rinforzare il contingente internazionale in Afghanistan con 7 mila soldati da inviare entro il 2010. Nella riunione dell’Alleanza Atlantica, conclusa ieri a Bruxelles, sono stati 25 i Paesi che hanno dichiarato la disponibilità ad inviare contingenti nel Paese asiatico. Intanto, è scattata una nuova offensiva della Nato nel sud della provincia di Helmand. Dopo 24 ore di combattimenti le truppe della coalizione internazionale hanno già preso il controllo di diverse roccaforti talebane. Per un commento sulle decisioni della Nato, il commento di Paolo Mastrolilli, esperto di questioni statunitensi del quotidiano "La Stampa", intervistato da Cecilia Seppia:

    R. – Gli alleati degli Stati Uniti, gli alleati della Nato, in sostanza non avevano alternative che aderire alla richiesta di Washington. Per due ragioni: la prima, è la sicurezza di tutti gli alleati, perché naturalmente l’Afghanistan è il luogo dove si trovava al Qaeda, è il luogo dove sono stati organizzati gli attentati dell’11 settembre ed è un Paese che non può tornare all’anarchia di quei tempi; la seconda ragione è che il futuro della Nato dipende da questa operazione. Questa è la prima operazione che la Nato ha avviato al di fuori dei confini europei: se fallisse, se non riuscisse a raggiungere l’obiettivo di stabilizzare il Paese, l’intera sopravvivenza di questa alleanza, che per oltre 50 anni ha garantito la sicurezza transatlantica, sarebbe a rischio.

     
    D. – A Bruxelles è stata anche evidenziata la necessità di creare una “road map” che punti alla dimensione civile e a quella degli aiuti …

     
    R. – Sì: questa è la chiave del successo, perché naturalmente è necessario l’impegno militare per riuscire a contenere l’avanzata dei talebani, ma nello stesso tempo è assolutamente indispensabile in primo luogo conquistare il consenso della popolazione civile, quindi attraverso gli aiuti e la ricostruzione della vita nel Paese; e in secondo luogo, consentire agli afghani di garantire la sicurezza del loro Paese. Quindi, per questo è molto importante che i militari che vanno siano attrezzati anche per l’addestramento delle forze afghane in modo che non ci sia più la necessità di una presenza internazionale per assicurare la sicurezza del Paese.

     
    D. – Da un lato, l’appello della Clinton ad intensificare gli sforzi di cooperazione, dall’altro, però, anche le congratulazioni del presidente statunitense Obama ai Paesi membri, e tra questi anche all’Italia …

     
    R. – Questo, naturalmente, dipende dal fatto che l’Italia ha dato subito una risposta e ha dato un contributo molto significativo: mille uomini sono, in sostanza, il contingente più ampio che gli è stato al momento offerto, in questa seconda fase dell’intervento in Afghanistan. Ora, naturalmente, c’è uno sforzo complessivo di tutta l’Alleanza per risolvere la questione in Afghanistan. La speranza è che si incomincino a vedere dei risultati relativamente presto. Per questo il presidente Obama ha detto che spera di poter cominciare il ritiro entro la metà del 2011.

     
    Pakistan - violenza
    Non si ferma la violenza dei ribelli integralisti in Pakistan. Un’esplosione in un fast food a Peshawar ha ucciso 3 persone e ne ha ferite altre 13. L'attentato, compiuto probabilmente da un'autobomba, arriva ad appena 24 ore dalla strage di 35 persone, morte in un'azione kamikaze contro una moschea a poca distanza dalle caserme della città di Rawalpindi.

    Iran - nucleare
    L'Iran rilancia il suo programma atomico. Teheran ha fatto sapere che in futuro avrà bisogno di altri 20 siti per l'arricchimento dell'uranio. L’obiettivo – ha detto alla tv di Stato il capo dell'Organizzazione nazionale per l'energia atomica, Ali Akbar Salehi - è quello di produrre combustibile per alimentare le centrali nucleari e dunque produrre energia. Salehi ha anche assicurato che l’Iran non intende uscire dal Trattato di non proliferazione nucleare ed ha auspicato che si possa trovare una via d’uscita al contenzioso con l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) che ha chiesto all'Iran di sospendere immediatamente i lavori per la messa in funzione del suo secondo sito per l'arricchimento nucleare. Scettica la comunità internazionale: il timore è che la tecnologia possa essere impiegata per costruire ordigni atomici.

    Libano - Siria
    Il premier libanese Saad Hariri si recherà in visita ufficiale in Siria dopo che il suo neonato governo avrà ricevuto la fiducia del Parlamento. Secondo la stampa locale, Hariri avrebbe rilasciato dichiarazioni distensive nei confronti di Damasco, da sempre accusata da Beirut dell’assassinio dell’ex primo ministro Rafik Hariri ucciso nel 2005.

    Usa-Russia - disarmo nucleare
    Negoziati frenetici tra Stati Uniti e Russia per trovare un nuovo accordo sul disarmo nucleare strategico. Il Trattato Start 1, infatti, scade oggi, ma i presidenti Dimitri Medvedev e Barack Obama hanno annunciato di voler fare ogni sforzo per giungere “il più presto possibile” ad una nuova intesa, precisando che fino alla definizione dello Start 2 resteranno in vigore i principi contenuti nel Trattato scaduto. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

    Com’era nell’attesa della vigilia, russi ed americani non hanno purtroppo fatto in tempo. Lo Start, firmato nel lontano ’91, è scaduto senza che sia stato definito un trattato in sua sostituzione. Mosca e Washington conserveranno per ora lo spirito dell’accordo, che ha garantito il disarmo internazionale negli ultimi due decenni, hanno dichiarato in una nota congiunta, i presidenti Medvedev ed Obama. Il negoziato va avanti da mesi, ma restano ancora alcune difficoltà nonostante gli Stati Uniti abbiano eliminato il maggiore ostacolo, rappresentato dal progetto di dislocamento dello scudo spaziale Usa, in Europa centrale. Il mondo entra in un periodo di incertezza fino a che non verrà finalmente concordato un nuovo testo e questo sarà ratificato sia dalla Duma che dal Congresso. Fino a poche settimane fa i nodi in sospeso riguardavano in particolare il sistema di calcolo delle armi ed il loro controllo. Pochissime sono le notizie filtrate in questi mesi, anche se si sapeva, che russi ed americani partivano da posizioni lontanissime che si sono riavvicinate con l’inizio della presidenza Obama.

     
    Russia - strage discoteca
    Ennesima tragedia colpisce la Russia. Almeno 103 persone sono morte e 140 sono rimaste ferite a causa di un incendio scoppiato in un locale notturno nella città di Pern, negli Urali. Nella discoteca erano presenti circa 200 persone quando l’esplosione di alcuni fuochi di artificio ha provocato il divampare delle fiamme. Le prime indagini hanno inoltre stabilito che il locale non aveva uscite di emergenza e finestre. Le autorità hanno quindi subito escluso la pista del terrorismo e hanno tratto in arresto i due proprietari del locale. Il presidente russo Medvedev ha chiesto una dura punizione per i responsabili della tragedia annunciando un inasprimento delle pene per la violazione delle norme anti-incendio.

    Egitto - incidente Nilo
    È di alcune decine di dispersi il bilancio ancora imprecisato della collisione tra due traghetti avvenuta ieri sera sul delta del Nilo, in Egitto. Uno dei due battelli è colato a picco e, secondo le prime stime, a bordo sarebbero potuti esserci almeno 30 passeggeri. Dal canto loro, le autorità riferiscono che al momento non è stato ritrovato alcun corpo e che sono stati tratti in salvo 6 feriti e 13 persone rimaste incolumi.

    Guinea Conakry - Camàra
    È ricoverato a Rabat, in Marocco, il capo della giunta militare della Guinea Conacry, Moussa Dadis Camàra, rimasto vittima, giovedì nella capitale, di un attacco armato guidato dal suo luogotenente. Camàra ha subito un piccolo intervento e secondo un suo portavoce è ormai fuori pericolo.

    Filippine - stato d'emergenza
    Il presidente delle Filippine, Gloria Arroyo, ha dichiarato lo stato d’emergenza a Manguindanao, dove, la scorsa settimana, 57 persone radunate per comizio politico sono state barbaramente uccise. Nella regione sono state sospese, per la prima volta da quando le Filippine nel 1986 sono tornate alla democrazia, anche le libertà civili. Per la strage è già stato arrestato un esponente del clan Ampatuan, accusato di essere il mandante della strage.

    Vertice clima - Obama
    Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama parteciperà alla giornata conclusiva della Conferenza Onu sul clima di Copenhagen, il prossimo 18 dicembre. In un primo momento Obama aveva annunciato la sua partecipazione all'apertura del Vertice, il 9 dicembre, il giorno prima della consegna ad Oslo del premio Nobel per la Pace. Il cambio di programma è stato salutato con favore da molti leader politici e organizzazioni ambientaliste che hanno letto la decisione di partecipare alla parte cruciale della conferenza come un segno “della crescente possibilità politica che si raggiunga un accordo ambizioso”. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 339

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