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Sommario del 04/12/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’arcivescovo ortodosso Anastas: in Albania i cristiani hanno mantenuto la fede a costo della vita. Rafforzare l'impegno ecumenico
  • Altre udienze e nomine
  • Padre Cantalamessa nella prima predica d'Avvento: l'attivismo frenetico, eresia dei nostri tempi
  • Il Papa riceve il presidente Medvedev: c'è l'accordo per stabilire piene relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Russia
  • Concerto in Cappella Sistina alla presenza del Papa e del presidente tedesco Köhler
  • Il cardinale Bertone a Palazzo Madama per la presentazione di un libro su Chiesa e Stato in Italia
  • In Piazza San Pietro l'abete natalizio: proviene dalla Foresta delle Ardenne in Belgio. Le parole del Papa su questa tradizione
  • Si è spento il vescovo cinese Pietro Chen Bolu, in carcere durante gli anni della rivoluzione culturale
  • Mons. Marchetto: riportare la pace sulle strade. Un milione 300 mila ogni anno le vittime degli incidenti
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Guinea Conakry: il capo della giunta militare ferito in un attentato
  • Rapporto Censis: la famiglia, perno della società italiana anche in tempi di crisi
  • La parrocchia di Sant’Anna in Vaticano festeggia gli 80 anni con un concerto di solidarietà
  • Torna a Roma il Festival della musica barocca
  • Chiesa e Società

  • Il cardinale Bagnasco per i 50 anni dell'Ucsi: l'informazione non perda gli ancoraggi etici
  • L’amministratore apostolico di Mogadiscio: bloccare i flussi di armi in Somalia
  • Trattato per la messa al bando delle mine: Africa in prima linea
  • Settimana della pace nelle Filippine per promuovere il dialogo tra governo e Fronte islamico Moro
  • Italia: lettera aperta degli ergastolani al Papa
  • Rapporto sui costi in Africa legati ai cambiamenti climatici
  • Unicef: anche le proposte dei ragazzi al vertice di Copenaghen
  • Sud Corea: leader religiosi cinesi in visita alla comunità cattolica
  • Il cardinale Terrazas: le elezioni in Bolivia siano serene e trasparenti
  • A Sydney le religioni a servizio della società civile
  • Germania: cattolici ed evangelici decisi a proseguire sulla via dell’unità
  • Visita in Romania di padre Ange, fondatore di Jeunesse Lumière
  • India: il premier del Meghalaya visita un museo indigeno curato dai salesiani
  • Riapre la Cappella dell’Arca della Basilica di Sant’Antonio a Padova
  • Premio Italiano "Aldo Manuzio" a mons. Adriano van Luyn
  • All’Augustinianum di Roma presentazione di tre volumi su “Paolo di Tarso”
  • Premio Toniolo a Maria Chiara Rioli, autrice del libro 'Guarigione di Popoli'
  • Italia: a Teano nasce il primo centro commerciale con una cappella
  • 24 Ore nel Mondo

  • Afghanistan: speranze e timori tra i civili per l'arrivo di nuovi soldati
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’arcivescovo ortodosso Anastas: in Albania i cristiani hanno mantenuto la fede a costo della vita. Rafforzare l'impegno ecumenico

    ◊   Cattolici e ortodossi siano uniti nel testimoniare la propria fede: è l’esortazione di Benedetto XVI nell’udienza di stamani, in Vaticano, all’arcivescovo Anastas, capo del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa autocefala di Albania. Il Papa ha ricordato, con ammirazione, l’esempio dei cristiani albanesi, che hanno mantenuto viva la propria fede anche negli anni della repressione comunista, sottolineando che il cristianesimo ha lasciato nella cultura albanese delle tracce indelebili. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Le “fraterne relazioni fra cattolici e ortodossi” in Albania offrono “ispirazione all’intero popolo albanese, mostrando come sia possibile per i cristiani vivere in armonia”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI, che nel suo discorso all’arcivescovo ortodosso di Tirana, Durazzo e tutta l’Albania ha innanzitutto reso omaggio alla testimonianza dei cristiani negli anni del regime comunista.

     
    "During the latter half of the past century, the Christians in Albania..."
    “Durante la seconda parte del secolo scorso – ha detto il Papa – i cristiani in Albania, sia ortodossi che cattolici, vi hanno mantenuto viva la fede nonostante un regime ateo estremamente repressivo ed ostile”. Come è ben noto, ha ricordato, “molti cristiani hanno crudelmente pagato quella fede con la propria vita”. Quindi, ha elogiato l’attività missionaria dell’arcivescovo Anastas, dopo la caduta del regime. In particolare, il Papa ha messo l’accento sulla “ricostruzione dei luoghi di culto”, la “formazione del clero” e “l’opera di catechesi che vengono ora permesse”. Un movimento di rinnovamento, ha detto il Papa ad Anastas, “che Vostra Beatitudine ha giustamente descritto come 'risurrezione'”.

     
    "Since it acquired its freedom, the Orthodox Church of Albania..."
    “Da quando ha ottenuto la libertà – ha poi osservato il Pontefice – la Chiesa Ortodossa di Albania è stata in grado di partecipare con frutto al dialogo teologico internazionale cattolico-ortodosso”. In questa luce, è stata la sua riflessione, “dovremmo sottolineare gli elementi di fede che le nostre Chiese condividono” come anche “la comunione reale, anche se imperfetta, che già condividiamo ed il comune desiderio, nonché gli sforzi di collaborazione, di edificare su ciò che già esiste”. Il Papa ha così ricordato due iniziative importanti in Albania: la fondazione della Società biblica interconfessionale e la creazione del Comitato per le relazioni interconfessionali.

     
    "These are timely efforts to promote mutual understanding..."
    “Si tratta – ha detto - di sforzi puntuali per promuovere la reciproca comprensione e la concreta cooperazione, non solo fra cattolici e ortodossi, ma anche fra cristiani, musulmani e bektashi”. Benedetto XVI ha assicurato che la Chiesa cattolica farà tutto il possibile per "dare una comune testimonianza di fraternità e di pace, e di perseguire insieme" agli ortodossi albanesi “un rinnovato impegno per l’unità delle nostre Chiese, in obbedienza al comandamento nuovo del Signore”.

     
    Dal canto suo, l’arcivescovo Anastas ha definito l’evento di stamani di portata storica, giacché per la prima volta una delegazione ufficiale della sua Chiesa ha potuto recarsi in visita alla Chiesa di Roma, avendo "l'onore e la gioia" di incontrare il Papa. Ha così sottolineato che il mondo di oggi ha bisogno di un riavvicinamento tra i cristiani. Per questo, le iniziative del dialogo teologico mirate alla riconciliazione sono "un dovere fondamentale" per tutti i leader delle Chiese.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina anche alcuni presuli della Conferenza episcopale del Brasile (Regione SUL 3 - SUL 4), in visita "ad Limina".

    Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Southwark (Inghilterra), presentata da mons. Kevin McDonald, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

    Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Nha Trang (Viêt Nam), presentata da mons. Paul Nguyên Van Hòa, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Joseph Võ Đúc Minh, coadiutore della medesima diocesi.

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    Padre Cantalamessa nella prima predica d'Avvento: l'attivismo frenetico, eresia dei nostri tempi

    ◊   Evitare il pericolo dell’eresia dei nostri tempi, l’attivismo frenetico, per guardare alle priorità assolute: la preghiera, il rapporto vivo con Gesù, la Parola. E’ l’invito rivolto ai presbiteri, in questo Anno Sacerdotale, da padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, nella sua prima predica dell’Avvento, tenuta nella Cappella Redemptoris Mater, alla presenza del Papa e della Famiglia pontificia. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Padre Cantalamessa ha ricordato che i sacerdoti sono in modo particolare “servi e amici di Gesù” e il servizio essenziale che devono svolgere “è continuare la sua opera nel mondo …rivelare agli uomini la volontà salvifica e l’amore misericordioso del Padre”:

     
    “Essere continuatore nel mondo dell’opera di Cristo significa fare proprio questo atteggiamento di fondo, di amore, di volontà di salvare più che di giudizio. Non giudicare ma salvare… Ma in che senso possiamo parlare dei sacerdoti come continuatori dell’opera di Cristo? In ogni istituzione umana, come era a quel tempo l’impero romano … i successori continuano l’opera, ma non la persona del fondatore. Questi a volte viene corretto, superato e perfino sconfessato. Non così la Chiesa. Gesù non ha successori perché non è morto: è vivo! La morte non ha più potere su di lui. Quale sarà allora il compito dei suoi ministri? Quello di rappresentarlo, cioè di renderlo presente, di dare forma visibile alla sua presenza invisibile”.

     
    Gesù ha detto: “non vi chiamo più servi, ma amici”. Per questo - ha aggiunto padre Cantalamessa – i sacerdoti sono chiamati a coltivare in modo speciale “un rapporto personale, pieno di confidenza e di amicizia” con il Cristo:

     
    “L’amore per Gesù è quello che fa la differenza tra il sacerdote funzionario e manager - e ce ne sono - e il sacerdote servo di Cristo e amico di Gesù. Se conoscessimo, venerabili padri e fratelli – io per primo! - quanto il Signore Risorto ci è vicino come il più premuroso degli amici! Quanto desidera stare e lavorare con il sacerdote, quanto è pronto a sostenerlo, a consigliarlo, a perdonarlo - perfino a scherzarci! - la vita del sacerdote sarebbe l’avventura, anche umanamente, più esaltante: e saremmo i più felici tra gli uomini!”.

     
    Ciò che occorre evitare – ha proseguito padre Cantalamessa - è “l’attivismo frenetico”, nuova eresia dei tempi moderni. Noi sacerdoti – ha concluso - siamo esposti più di altri al “pericolo di sacrificare l’importante all’urgente”. La preghiera, la preparazione dell’omelia o alla Messa, lo studio e la formazione, sono tutte cose importanti, ma sono spesso soppiantate dalle piccole cose urgenti di tutti i giorni:

     
    “Si sente dire talvolta: come starsene tranquilli a pregare, a fare adorazione, quando tanti hanno bisogno di noi e la casa brucia? E' vero, ma immaginiamo cosa succederebbe se un giorno arriva un allarme in una centrale di pompieri e questi corrono, a sirene spiegate, per spegnere l’incendio e poi, quando sono sul posto, si accorgono di non avere con sé, nei serbatoi, neppure una goccia d'acqua. Così siamo noi, quando corriamo, corriamo, ma senza aver pregato!”.

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    Il Papa riceve il presidente Medvedev: c'è l'accordo per stabilire piene relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Russia

    ◊   Nel pomeriggio di ieri Benedetto XVI ha ricevuto il presidente della Federazione Russa, Dmitri Medvedev, che, in precedenza, aveva incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Nel corso dei colloqui – informa un comunicato della Sala Stampa vaticana - è stato espresso compiacimento, da entrambe le parti, per i cordiali rapporti esistenti e si è concordato di stabilire piene relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Federazione Russa. Dopo uno scambio di opinioni sulla situazione economica e politica internazionale, anche alla luce dell’Enciclica “Caritas in Veritate”, di cui il Santo Padre ha offerto al presidente un esemplare in lingua russa, ci si è soffermati sulle attuali sfide alla sicurezza ed alla pace. Quindi – conclude il comunicato - si è parlato di temi culturali e sociali di comune interesse, come il valore della famiglia, e del contributo dei credenti alla vita della Russia”.

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    Concerto in Cappella Sistina alla presenza del Papa e del presidente tedesco Köhler

    ◊   Oggi alle 18.00, il Papa assisterà nella Cappella Sistina al concerto eseguito in suo onore dal Coro delle voci bianche del Duomo di Augusta e dalla Residenz-Kammerorchester di Monaco di Baviera, diretti del maestro Reinhard Kammler. L’iniziativa desidera ricordare il 60.mo di fondazione della Repubblica Federale di Germania e il 20.mo della caduta del Muro di Berlino. E’ presente anche il capo di Stato tedesco Horst Köhler. Sarà eseguito l’Oratorio di Natale di Johann Sebastian Bach. A conclusione del concerto il Santo Padre rivolgerà la sua parola ai presenti.

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    Il cardinale Bertone a Palazzo Madama per la presentazione di un libro su Chiesa e Stato in Italia

    ◊   Con gli atti parlamentari che dal 1914 al 1984 portarono fino alla modifica del Concordato Lateranense si è trovato “un consenso, che esprime ‘il riconoscimento della dimensione sociale e pubblica del fatto religioso’ e, quindi, della profonda identità del popolo italiano”. Il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, è così intervenuto ieri pomeriggio a Roma, a Palazzo Madama, alla presentazione del libro “Chiesa e Stato in Italia dalla Grande Guerra al Concordato” di Roberto Pertici, che riporta il lavoro di Camera e Senato fino alla Revisione dei Patti Lateranensi. Per il Presidente del Senato, Renato Schifani, non bisogna disconoscere il valore storico e culturale dei simboli religiosi. Il servizio di Alessandro Guarasci:

     
    Nascono anche grazie al confronto tra uomini e posizioni di pensiero tra loro diverse i rapporti tra Stato e Chiesa. Il libro di Pertici, fa notare il cardinale Bertone, dimostra che si è trovato un consenso che non è “un compromesso per nulla al ribasso”:

     
    “Questa è la profonda identità del popolo italiano, in forza di un corretto attrezzamento del ruolo del cattolicesimo nella plurisecolare vicenda storica della nostra penisola e dell’Europa. Ma questo non può essere soltanto un motivo di compiacimento per la saggezza umana e politica dei protagonisti di quelle vicende parlamentari, bensì dovrebbe diventare una identificazione, una indicazione di metodo sempre valida”.

     
    Un traguardo raggiunto dopo un cammino non facile, cominciato subito dopo il 1870, quando Chiesa e Stato partirono da posizioni che sembravano antitetiche. Ma per il cardinale Bertone, quando si tratta di affrontare tematiche legate alla presenza pubblica della religione e ancor più quando si discute di aspetti legati all’etica, non può giovare il ritornare alla lezione che ci viene dalle vicende riproposte nelle pagine di questo volume?

     
    “Si tratta … di percorrere quella che il Presidente Schifani, con felice espressione, denomina ‘la via del patriottismo costituzionale’. Si potrebbe dire che bisogna operare guidati dalla ragione umana, che accomuna tutte le persone di buona volontà, credenti e non credenti, secondo le regole della convivenza democratica”.

     
    Il segretario di Stato rimarca che i cittadini guardano al Parlamento “anche per essere incoraggiati dall’esempio dei loro rappresentanti ad assumere uno stile di convivenza sociale, che sia sempre teso a conseguire non interessi parziali o compromessi mortificanti, ma il bene integrale della persona e quello comune della società”. Sulla stessa linea il presidente del Senato Renato Schifani, convinto che “rispetto e reciprocità non significano abbandono della propria tradizione, ma al contrario identità”. Per Schifani, non si può rimanere silenti rispetto alle pronunce sul Crocifisso nelle scuole”:

     
    “Può portare alla cecità lo strabismo del quale sembriamo talvolta affetti noi europei quando ci allarmiamo per il referendum in Svizzera sui minareti e restiamo invece silenti alle pronunce sul Crocifisso nelle scuole. Quando si disconosce il valore storico e culturale di un simbolo religioso si rischia oggettivamente di farne un simbolo politico, oltrepassando la linea di confine fondamentale fra religione e Stato che sta alla base della stessa libertà religiosa”.

     
    Schifani riconosce come “l’esperienza italiana è preziosa perché non ha mai negato il significato pubblico del fatto religioso”. Insomma, “la laicità delle istituzioni non può essere interpretata come separatismo, né in una visione antagonistica o di indifferenza”.

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    In Piazza San Pietro l'abete natalizio: proviene dalla Foresta delle Ardenne in Belgio. Le parole del Papa su questa tradizione

    ◊   E’ arrivato oggi in Piazza San Pietro l’Albero di Natale: quest’anno è stato regalato dalla Foresta delle Ardenne, nella Vallonia, una delle regioni più verdi del Belgio e di tutta l’Europa. L’abete ha circa 100 anni, un’altezza di 30 metri, un diametro di 7, e pesa circa 14 tonnellate. La sua accensione è prevista per il pomeriggio del 18 dicembre, alla presenza del ministro dell’Economia della Regione Vallonia, Jean-Claude Marcourt, dell'ambasciatore del Belgio presso la Santa Sede, Franck de Coninck, e del vescovo di Liegi, Aloys Jousten. Alessandro De Carolis ricorda in questo servizio alcune delle parole dei Benedetto XVI sul significato religioso dell’Albero di Natale:

    (musica)

    Svetterà tra pochi giorni davanti alla Basilica Vaticana come un simbolo universale di pace, anche se probabilmente ha visto da vicino l’ultima azione di guerra che 65 anni fa, di questi tempi, l’esercito tedesco scatenò in Belgio contro gli Alleati spezzando la quiete, più volte violata, della Foresta delle Ardenne. Proprio da quel millenario e intricato polmone verde del nord Europa - oggi area turistica di grido - è stato reciso a fine novembre e trasportato con tutti i riguardi sotto le finestre del Papa il monumentale abete che per oltre un mese sarà, assieme al presepe, il centro di attrazione per fedeli e turisti che passeranno per Piazza San Pietro. L’abete faceva parte di quegli alberi in procinto di essere abbattuti per ragioni di diradamento, ovvero per consentire la sopravvivenza delle piante vicine. Il suo legno sarà poi riutilizzato per creare delle sculture che saranno vendute per raccogliere fondi in favore dei poveri. Il rinnovarsi di questa tradizione fa risuonare le parole che Benedetto XVI ha dedicato alla simbologia dell’albero natalizio. Come nel caso dell’udienza alla delegazione proveniente della Val Badia, regione italiana del trentino Alto Adige, che aveva donato l’abete nel 2007:

     
    “Cari amici, l’albero e il presepio sono elementi di quel clima tipico del Natale che fa parte del patrimonio spirituale delle nostre comunità. E’ un clima soffuso di religiosità e di intimità familiare, che dobbiamo conservare anche nelle odierne società, dove talora sembrano prevalere la corsa al consumismo e la ricerca dei soli beni materiali".

     
    Il Natale, aveva proseguito in quella circostanza il Papa, “è festa cristiana e i suoi simboli - tra questi specialmente il presepe e l’albero addobbato di doni - costituiscono importanti riferimenti al grande mistero dell’Incarnazione e della Nascita di Gesù, che la liturgia del tempo dell’Avvento e del Natale costantemente rievoca”. Un pensiero ribadito l’anno scorso, nell’udienza alla delegazione della Bassa Austria, luogo di provenienza dell’abete donato al Pontefice:

     
    “Seine aufstrebende Gestalt, sein Grün und lie…
    La forma svettante, il suo verde e le luci sui suoi rami sono simboli di vita (...) ci rimandano al mistero della Notte Santa. Cristo, il Figlio di Dio porta, nel mondo buio, freddo e non redento nel quale viene a nascere, una nuova speranza ed un nuovo splendore. Se l’uomo si lascia toccare ed illuminare dallo splendore della verità vivente che è Cristo, sperimenterà una pace interiore nel suo cuore e diventerà egli stesso operatore di pace in una società che ha tanta nostalgia di riconciliazione e di redenzione”.

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    Si è spento il vescovo cinese Pietro Chen Bolu, in carcere durante gli anni della rivoluzione culturale

    ◊   Il 5 novembre scorso è deceduto il vescovo emerito della diocesi cinese di Yongnian/Handan, Hebei, Pietro Chen Bolu, di 96 anni. Il presule era nato il 3 giugno 1913, da una povera famiglia di contadini, cattolica da lunga tradizione: era il terzo di 6 fratelli e sorelle. Nel 1932 entrò nel seminario minore del “Sacro Cuore di Gesù” della diocesi di Yongnian/Handan. Durante il periodo trascorso nel seminario minore studiava anche per essere medico oculista. Dopo l’ordinazione sacerdotale nel 1944, fu mandato in una parrocchia presso la quale si trovava la clinica oculistica Cheng’an. Divenuto direttore della clinica, con l’aiuto di una ventina di suore della Congregazione dello Spirito Santo, vi lavorò a favore dei poveri e degli ammalati che venivano da tutte le parti della Cina. Nel 1958 la clinica fu confiscata dallo Stato, e mons. Chen fu inviato a lavorare nelle campagne del villaggio Dongtunzhuang, nel quale ha lavorato con tutta la sua forza, mantenendo buona armonia con tutti, cattolici o non cattolici: durante questo periodo di lavori forzati celebrava la Messa e amministrava i sacramenti per i fedeli di quella zona. Nel 1966 durante la rivoluzione culturale, le guardie rosse lo volevano mettere a morte, ma tutta la gente di quella zona, che lo considerava un sant’uomo, si oppose. Nel settembre 1966 fu imprigionato nel carcere di Jizexian. Dopo la sua liberazione, avvenuta nel 1970, tornò a casa sua, lavorando come contadino, aiutando tutti, dedito al lavoro di evangelizzazione nei villaggi di Cheng’an, Weixian e Daming, e amministrando i sacramenti ai cattolici della zona. Nel 1985 mons. Chen fondò una casa di riposo per anziani e malati portatori di handicap e cominciò a riorganizzare la vita religiosa delle suore sopravissute alla rivoluzione culturale. Il 29 aprile 1986 fu consacrato vescovo ma solo nel maggio 1988 gli fu concesso di esercitare il suo ministero episcopale. Nel 1991 egli chiese ed ottenne dal governo un pezzo di terreno per il cimitero dei sacerdoti, delle suore e delle persone consacrate della sua diocesi. Nel 1994 fondò “l’Ospitale di Dazhong” dove ha passato gli ultimi anni della sua vita. Il 30 novembre 1996 consacrò mons. Yang Xiangtai come suo coadiutore, e nel settembre 1999 diede le dimissione dal governo pastorale della diocesi. Dopo le sue dimissioni da vescovo della diocesi ha sempre vissuto nell’ospedale da lui fondato e lì si è spento il 5 novembre scorso. Quando mons. Chen fu ordinato vescovo, la diocesi di Yongnian-Handan contava sei anziani presbiteri e 60.000 cattolici. Alla sua morte, grazie al suo zelante lavoro, la diocesi conta 93 sacerdoti e 130.000 cattolici. (R.P.)

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    Mons. Marchetto: riportare la pace sulle strade. Un milione 300 mila ogni anno le vittime degli incidenti

    ◊   Una dichiarazione congiunta è stato il risultato concreto della prima Conferenza globale ministeriale sulla sicurezza stradale svoltasi dal 19 al 20 novembre a Mosca. Al Convegno, convocato dalle Nazioni Unite e organizzato dal Governo russo, con l’apporto di vari organismi pubblici e privati, hanno partecipato i rappresentanti di circa 150 Paesi e di varie Organizzazioni internazionali e non governative. In rappresentanza della Santa Sede c’era l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti che si occupa, fra l’altro, della Pastorale della Strada. Fabio Colagrande lo ha intervistato:
    R. - È stato un po’ il cristallizzarsi di una presa di coscienza, a livello globale, di un dramma, di una guerra, che ogni giorno si svolge sulle strade del mondo, con 1.300.000 morti e 50 milioni di feriti e handicappati ogni anno. La lotta per ottenere la pace sulle strade, ed evitare nuove morti, è una causa che tutti i membri delle Nazioni Unite hanno accettato di combattere in comune. Anche se essi sono divisi su tanti punti dell’agenda internazionale, su questo sono uniti e hanno approvato a Mosca una Dichiarazione Congiunta impegnativa.
    D. - Non c’è il rischio che si tratti di un’altra dichiarazione, come altre, senza effetto?
    R. - E’ vero che anche in questo caso l’applicazione del testo della Dichiarazione dipende dalla volontà politica degli Stati. Ma, come dicevo, su questo tema della sicurezza stradale, l’applicazione si può facilmente concretare, anche perché a Mosca si sono manifestati favorevoli ad attuarla, pure con aiuti finanziari già acquisiti, a cominciare da quelli della Banca Mondiale, numerosi e validi “partner”. Fra di essi vi sono altresì grandi compagnie come Shell, Mercedes, Michelin, ecc. L’impegno è ragionevole poiché, come affermato da qualcuno nella capitale russa, l’investimento in campo di sicurezza stradale non è un “costo”, ma un aiuto allo sviluppo. Per essere più chiaro rilevo che, infatti, solo i costi materiali degli incidenti stradali rubano, per così dire, in molti Paesi, il 2-3% del PIL. Noi, poi, guardiamo naturalmente soprattutto ai costi umani, ai morti, ai feriti, a chi rimane su un letto o in carrozzella, ai dolori, alle tragedie di tante famiglie delle vittime, a cui si è fatto eco, anche recentemente Benedetto XVI, in occasione dell’Angelus del 15 corrente. E non è la prima volta.
    D. - È stato tenuto in considerazione a Mosca il necessario “partenariato” delle istituzioni religiose nella lotta per la sicurezza stradale?

     
    R. - Devo confermare con pena che lo è stato in tono minore, anche per la nota “riserva” delle Nazioni Unite - credo - a rendere esplicita la collaborazione religiosa, diciamo, a favore dei grandi problemi mondiali. In effetti, la Dichiarazione di Mosca si riferisce esplicitamente alla collaborazione necessaria con la società civile, ma non alle istituzioni religiose. Tuttavia tre partecipanti, e la mia dichiarazione, ne hanno fatto menzione, con aggiunta di quella del relatore della tavola rotonda cui ho partecipato e al quale avevo espresso la mia meraviglia e preoccupazione per l’assenza. Infine una parola sul futuro della sicurezza stradale, visto da Mosca. Si è pensato che vi sarà una “decade”, (2011 - 2020) dedicata all’azione riguardo alla sicurezza stradale, che dovrebbe mirare a stabilizzare e poi ridurre il numero dei morti sulle strade del mondo; un “Forum” mondiale, il prossimo anno a S. Pietroburgo, per coinvolgere i giovani - i più colpiti, in fatto di morti e feriti - nella grande lotta per la vita. E infine un incontro – il secondo - del genere di quello or ora celebrato, fra cinque anni, nonché un’opera di “advocacy” affinché le Nazioni Unite diano il loro assenso ai contenuti della Dichiarazione di Mosca.

    D. - In occasione del viaggio a Mosca lei ha potuto partecipare ad un altro avvenimento che ha a che fare con il suo interesse per la corretta interpretazione del Concilio Ecumenico Vaticano II. Vuole parlarcene?

    R. - Grazie per darmi l’opportunità di farne cenno poiché la grande causa di una corretta ermeneutica conciliare è secondo me vitale, e non solo secondo me. In effetti la nota e benemerita Biblioteca dello Spirito, cattolica, di Mosca ha approfittato della mia presenza per presentare la traduzione in russo di quello che considero “il cuore” del mio volume sul Concilio in parola, che porta il sottotitolo di “Contrappunto per la sua storia”. Ho aderito volentieri alla richiesta di traduzione poiché, al dire di molti, finora in lingua russa è presente un’opera dedicata al Vaticano II che lo indica come una rottura della Tradizione cattolica. Da ciò lo sconcerto e il giudizio negativo su di esso da parte di molti ortodossi, per i quali del resto Papa Benedetto sta portando la Chiesa Cattolica sui binari della Tradizione. Orbene un’opera come la mia, che aiuta a comprendere che il Vaticano II è stato di rinnovamento di aggiornamento, di continuità o di riforma, non può che aiutare nel ricupero della giusta considerazione conciliare e della stessa Chiesa Cattolica. Aggiungo, ed è pensiero del tutto personale e pieno di rispetto, che un Vaticano II conosciuto nella sua verità storica e teologica potrebbe aiutare i nostri fratelli ortodossi nel loro cammino verso un auspicato Concilio panortodosso. 

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nell’informazione internazionale, un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo “Se il mondo perde la sfida congolese”.

    Distinzione e collaborazione nel solco della Costituente: in cultura, l’intervento del presidente del Senato italiano, Renato Schifani, alla presentazione del volume “Chiesa e Stato in Italia dalla Grande Guerra al nuovo Concordato (1914-1984)”.

    La fragilità dei “valori” senza radice: la lectio magistralis di Enrico dal Covolo, vincitore del Premio internazionale Empedocle 2009 per la teologia e le scienze patristiche.

    Imparare a guardare la flebo mezza piena: Giulia Galeotti recensisce il libro “Aiutami a non avere paura” di Cristiana Voglino.

    Un decisionista pronto ad ascoltare tutti: Roberto Regoli in merito ai nuovi studi su Pio XI dopo l'apertura degli archivi vaticani.

    L’attore e l’umiltà della reazione chimica: Giuseppe Fiorentino sul “Macbeth” messo in scena da Gabriele Lavia.

    Un’icona a bordo della Mir: Simona Verrazzo illustra una mostra su santa Barbara a Peccioli (in provincia di Pisa).

    Le relazioni tra cristiani in Albania mostra come sia possibile vivere in armonia: nell’informazione vaticana, il discorso di Benedetto XVI a Sua Beatitudine Anastas, arcivescovo di Tirana, Durrer e tutta l’Albania.

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    Oggi in Primo Piano



    Guinea Conakry: il capo della giunta militare ferito in un attentato

    ◊   Sarebbe sotto controllo la situazione in Guinea Conakry dopo l’attentato che ha causato il ferimento del capo della giunta militare, capitano Moussa Dadis Camara. Il leader guineano, al potere con un golpe da 11 mesi, è stato trasferito in Marocco per essere curato. L'attacco è stato organizzato dal suo aiutante di campo, Aboucabar Toumba Diakite, subito arrestato, con l'aiuto di un gruppo di uomini armati. Sulla realtà sociale e politica della Guinea Conakry, Giancarlo La Vella ha intervistato Giuliano Basso della Comunità laici Missionari Cattolici, organizzazione non governativa internazionale, che opera con numerose iniziative nel Paese africano:

    R. – E’ il primo Paese che ha avuto l’indipendenza dalla Francia, nel ’58, proprio perché aveva rifiutato le proposte di Parigi di far parte della comunità francese, dicendo che preferiva la libertà nella povertà che la ricchezza nella schiavitù. Oggi è un Paese fra i più poveri ed è anche vittima della corruzione e dell’accaparramento dei beni da parte di una ristretta élite, con l’aiuto anche di potenze e poteri economici stranieri.

     
    D. – Che cosa potrebbe esserci dietro questo tentativo di sovvertire la situazione in Guinea Conakry?

     
    R. – E’ difficile dire se si tratta di un gesto isolato, oppure se dietro ci sia una parte dell’esercito e se i militari siano divisi fra chi è a favore del presidente e chi vorrebbe cambiare la situazione, ma non si sa neanche bene in che senso. Il gioco è molto nascosto.

     
    D. – Quali i motivi per i quali le potenze straniere sono interessate alla Guinea Conakry?

     
    R. – La Guinea Conakry, per sua fortuna e per sua disgrazia, è ricca di minerali, soprattutto la bauxite e in misura minore oro, diamanti, ferro ed altri minerali. Prima era l’Unione Sovietica che aveva grossi interessi per le miniere guineane, poi con la liberalizzazione operata dall’ex presidente Lansana Conté, sono arrivati tanti altri Paesi – sia occidentali, ma anche Russia, Ucraina ed altri Paesi dell’Europa dell’Est – e ultimamente è anche la Cina, favorita dai militari saliti al potere alla morte di Contè con un colpo di Stato. Dopo il golpe, molti Paesi, europei, africani e anche gli Stati uniti, hanno imposto sanzioni economiche alla giunta militare, ma non la Cina, che, invece, ha preferito continuare ad avere rapporti commerciali con il Paese.

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    Rapporto Censis: la famiglia, perno della società italiana anche in tempi di crisi

    ◊   L'Italia è una società in apnea, che non innova, ma che ha trovato i modi per uscire dalla crisi. Il 30% delle famiglie ha difficoltà ad arrivare a fine mese e sono stati persi in un anno oltre 760 mila posti di lavoro. E’ il cuore dell’annuale rapporto del Censis sulla situazione nel Paese, presentato oggi a Roma. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Gli italiani hanno dimostrato di sapersi adattare alla crisi. Infatti, il 40% ha reagito riuscendo a contenere gli sprechi. Le aziende poi hanno deciso di ristrutturare, e questo ha permesso di riuscire a tenere, a parità degli altri Paesi più industrializzati, le posizioni sui mercati. Certo, sono stati soprattutto i precari a subire i colpi maggiori della crisi. Basta dire che i collaboratori a progetto, se si confronta il 2009 con il 2008, sono calati del 20%. Per Giuseppe Roma, segretario generale del Censis, la famiglia rimane un formidabile ammortizzatore sociale:

     
    “La famiglia resta un perno, perché la famiglia italiana ha accumulato risparmi, ha un’abitazione, ha rapporti solidali. Grazie alla famiglia noi non siamo soli, abbiamo una certa solidarietà. Pensiamo ad una famiglia di una sola persona che vive di un solo stipendio e sta in affitto in una città come Londra: c'è la crisi e magari perde il lavoro. Ecco, da noi anche chi perde il lavoro qualche piccola solidarietà ce l’ha”.

     
    L’Italia però fa fatica ad innovare, a trovare nuove modalità per uscire dalla crisi. Insomma, vengono replicati i vecchi schemi del passato. Dunque, un forte intervento del settore pubblico, la flessibilità delle piccole aziende, il posto fisso. Per il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, serve altro:

     
    “Fare un progetto collettivo, fare comunità: in un piccolo comune, in un vicinato, in un quartiere … E sul piano generale, fare interessi collettivi, ricominciare a credere nel sindacato, nel partito … Tanti anni di attesa di riforme da parte dello Stato, tanti anni di fai-da-te hanno in qualche modo sciolto la fiducia nella dimensione collettiva della vita”.

     
    In quest’Italia, manca ancora una spiccata mobilità sociale e troppo spesso si perseguono con forza interessi particolari.

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    La parrocchia di Sant’Anna in Vaticano festeggia gli 80 anni con un concerto di solidarietà

    ◊   Questa sera, alle 21.00, nell’ambito delle celebrazioni per l’80.mo anniversario di fondazione, la parrocchia di Sant’Anna in Vaticano ospita un concerto di Natale e solidarietà. Due i cori che si esibiranno: “La Rocca di Altavilla Vicentina” di Vicenza, e “San Giacomo” di Loreo, in provincia di Rovigo. Ospite d’onore, alla serata presentata da Pippo Baudo, sarà il soprano Daniela Dessì. Ma come è nata la parrocchia di Sant’Anna e quali sono le sue attività pastorali? Tiziana Campisi lo ha chiesto al parroco, padre Bruno Silvestrini:

    R. – L'attività della parrocchia ha vuto inizio con una realtà molto piccola, essendo stata concessa nel 1929, dopo i Patti Lateranensi, da Papa Pio XI all’arciconfraternita de’ Parafrenieri. E’ stata donata poi ai padri agostiniani ed è iniziata, piano piano, una piccola storia che ha saputo dare nel tempo dei frutti di carità e di pastorale.

     
    D. – Chi sono i parrocchiani di Sant’Anna in Vaticano?

     
    R. – Tutti coloro che abitano all’interno delle mura del Vaticano, eccetto la Basilica di San Pietro e la Canonica, che fanno parte di un’altra parrocchia, quella di San Pietro, ed hanno quindi un altro parroco. Tutto intorno, tutta la Città del Vaticano fa parte di questa grande realtà della parrocchia di Sant’Anna de’ Parafrenieri. Coloro che vengono di più sono tutte le persone che abitano in Borgo Pio, ma poi vengono in realtà da tutte le parti del mondo. Ci sono celebrazioni in molte lingue ed anche matrimoni in tutte le lingue, perché molti fanno riferimento ai loro vescovi che si trovano nei vari dicasteri. Si tratta di una parrocchia che ha un’attività che si rivolge a tutte le persone che bussano alla porta, dai poveri alle persone che chiedono di essere ascoltate, alle persone che hanno bisogno in qualche modo di aiuto, sia esso morale, spirituale o psicologico.

     
    D. – Quali sono le attività pastorali della parrocchia?

     
    R. – Al di là della celebrazione eucaristica quotidiana con tanti monsignori e vescovi che celebrano la Messa dalle 6.00 del mattino e per ogni mezz’ora nei giorni feriali, la parrocchia si è organizzata a livello pastorale con dei gruppi e delle realtà di volontariato. Abbiamo, ad esempio, il Gruppo dei Mercoledì culturali, nei quali ogni settimana durante le conferenze si dà un volto cristiano anche al pensiero e alla filosofia di questo mondo, al modo cioè di affrontare le situazioni più disparate. Ci sono le Madri Cristiane che hanno il compito di introdurre nella famiglia la presenza dell’amore di Dio, la presenza di un cammino per le mamme, per le nonne, per i papà. C’è poi la Caritas con tutte le sue sfaccettature e quindi dall’aiuto ai poveri al centro di ascolto. C’è poi un gruppo molto nutrito della Corale di Sant’Anna; abbiamo ancora un Gruppo di incontro della Parola e l’ultimo gruppo che è nato è quello della Preghiera del Giovedì.

     
    D. – La parrocchia è retta da una comunità agostiniana. Quale impronta hanno dato i religiosi agostiniani a questa realtà?

     
    R. – Sant’Agostino è l’uomo del cuore. Gli agostiniani da sempre hanno cercato di dare con l’esempio della vita, con la preghiera, con la carità e con la vita pastorale la nostra apertura alla semplicità dell’incontro. Così come Sant’Agostino non si è più rifiutato di donare il suo amore, non ha più riservato per se stesso un istante, gli agostiniani della parrocchia di Sant’Anna sono sempre a disposizione di tutti, in tutte le ore e in ogni condizione.

     
    D. – La parrocchia di Sant’Anna celebra il suo 80.mo anniversario anche con un concerto che vuole essere una iniziativa di solidarietà...

     
    R. – Sì, per i bambini dell’Apurimac che si trovano nelle Ande del Perù, a 3.500-4.000 metri di altezza. Alcune offerte che verranno date, saranno inviate all’Associazione Apurimac che sta lavorando a Roma e in tutt’Italia per questi bambini delle Ande del Perù. E’ una sensibilità e si apre il cuore all’amore di Cristo per diventare poi fratelli che aiutano altri fratelli amati nel nome di Cristo.

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    Torna a Roma il Festival della musica barocca

    ◊   Un percorso musicale fra chiese e palazzi del Seicento e del Settecento: iniziato ieri a Roma, il Festival Barocco svela un’epoca e la sua produzione vocale e strumentale, sacra e profana. A.V..

    Un periodo straordinariamente fecondo per la vita artistica della città, in cui convivono straordinari autori come Kapsberger, Haendel, Scarlatti, Giovannelli, Corelli, Rossi, Lanciani: lo ricostruisce il Festival Barocco, eseguendo la loro musica nei luoghi storici dove fu composta. Il direttore artistico Michele Gasbarro:

    “Roma è la città barocca per eccellenza. Noi abbiamo grandi spazi, grandi palazzi, chiese straordinarie, biblioteche storiche, che sono non soltanto cornice della musica, ma anche le sedi originarie dove la musica è nata, soprattutto perché questa musica aveva bisogno di caratteristiche acustiche molto particolari e ben precise. Le Messe policorali nelle grandi chiese, che noi di anno in anno cerchiamo di rieseguire, erano strettamente connesse con gli spazi di alcune tipiche chiese della Roma barocca”.

    Il Festival è diretta emanazione dell’Ensemble Vocale Festina Lente, nato nel 1992:

    “Abbiamo cercato in quegli anni di studiare un sistema veramente particolare, nuovo; abbiamo cercato di interpretare il suono delle voci degli strumenti e questa io credo sia stata la novità dell’ensemble Festina Lente”.

    Novità ricercata anche per gli interpreti in cartellone: Bob van Asperen al clavicembalo e all’organo, il London Baroque con il soprano Emma Kirkby, L'Arte dell'Arco. Sabato 12 Dicembre l’Ensemble Festina Lente eseguirà la “Messa a Tre cori” a 12 voci di Ruggero Giovannelli nella Basilica di Sant'Apollinare, durante una celebrazione liturgica in latino officiata dal Cardinale Jean Louis Touran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, e cardinale titolare della Basilica di Sant'Apollinare alle Terme Neroniane-Alessandrine).

    “Non abbiamo mai dimenticato questa grande, stretta coesione con la musica sacra del tempo; abbiamo inteso questa idea di ripercorrere le strade della musica all’interno delle celebrazioni liturgiche. Un motivo che sottolinea non soltanto una ricerca di carattere storico, filologico, musicale; in questo caso è assolutamente il ricreare i fasti delle celebrazioni barocche inserite però in un contesto dove si uniscono elementi della vita del tempo, ma anche, soprattutto, il pensiero religioso, che era strettamente connesso e legato a quelli che erano i principi che ispiravano le musiche del tempo".

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    Chiesa e Società



    Il cardinale Bagnasco per i 50 anni dell'Ucsi: l'informazione non perda gli ancoraggi etici

    ◊   Si sono aperte stamani, alla Camera dei Deputati, le celebrazioni del 50.mo della fondazione dell’Ucsi, l’Unione cattolica della stampa italiana. Un’occasione, questa, per tirare le somme di una lunga storia cominciata nel 1959 e contraddistinta da “un giornalismo da sempre attento alla dignità e ai diritti della persona umana”, come ha ricordato, nel suo saluto, il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco. Nel suo messaggio, il presidente della Cei ha richiamato le parole di Benedetto XVI pronunciate in occasione della 42.ma Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali. “Quando la comunicazione perde degli ancoraggi etici e sfugge al controllo sociale – ha detto, richiamando il Papa – finisce per non tenere più in conto la centralità e la dignità inviolabile dell’uomo”. L'invito del portavoce della Cei, don Domenico Pompili, è a vincere “rassegnazione o fatalismo” per dare voce ad un desiderio che non si acquieta e che anche oggi serpeggia nelle coscienze di tanti: quello di vedere la realtà, cioè di capire il mondo, di non rassegnarsi alla cecità dei significati. Rivolgendosi ai giornalisti, il cardinale Bagnasco ha esortato a curare la "formazione delle nuove generazioni", impegno - ha aggiunto - che "ben si inserisce nel percorso che la Chiesa italiana ha iniziato proprio a riguardo della questione educativa”. Quindi ha proseguito avvertendoli sull’importanza e l’urgenza di riscoprire “padri e maestri che con la loro testimonianza professionale, umana e cristiana, sappiano indicare ai giovani la strada del servizio alla verità in alternativa a quella del protagonismo”. Le celebrazioni di oggi sono, per l’Ucsi, l’occasione per lanciare a tutti i professionisti della comunicazione, in particolare ai giovani, il “Manifesto per un’etica dell’informazione” con l’obiettivo di "contribuire alla messa a fuoco dei criteri di un’informazione sempre più consapevole delle implicazioni etiche della propria attività e della propria missione". Un richiamo concreto a riscoprire un’assunzione di responsabilità forte da parte di chi lavora per e con l’informazione. (A cura di Roberta Rizzo)

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    L’amministratore apostolico di Mogadiscio: bloccare i flussi di armi in Somalia

    ◊   “La comunità internazionale deve passare dalle dichiarazioni di principio ai fatti: occorre uno sforzo coordinato, soprattutto da parte di Onu, Unione Africana, Lega Araba, Lega Islamica e Igad”: è quanto afferma all’agenzia Fides mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, capitale della Somalia, dove ieri in un attentato sono rimasti uccisi 3 ministri del governo di transizione. Questo ulteriore atto di violenza avviene nel momento in cui gli Shebaab, la milizia islamista legata ad Al Qaida, continua a conquistare terreno. Il governo di transizione somalo, appoggiato dalla missione dell’Unione Africana in Somalia appare sempre più debole. “La comunità internazionale – spiega mons. Bertin - ha avviato un’operazione per contrastare la pirateria sul mare, ma occorre intervenire a terra, dove i pirati hanno le loro basi. Allo stesso modo, occorre uno sforzo maggiore per aiutare il governo di transizione che è riconosciuto a livello internazionale, iniziando con il bloccare i flussi di armi, di finanziamenti e di uomini che giungono agli Shebaab”. Rispetto a pochi anni fa – osserva poi il vescovo di Gibuti - la situazione è cambiata, con l’insinuarsi dell’islamismo radicale. Ma questo non significa che il sistema dei clan sia scomparso. Alcuni capi clan hanno ‘cambiato casacca’, indossando quella dell’islam radicale, ma al di sotto di questa permangono le vecchie logiche dei clan. “Anche lo scontro tra gli Shebaab e l’ Hisbul Islam – sottolinea mons. Bertin - aveva una componente clanica, perché nascondeva la lotta tra due sottoclan di uno dei più importanti clan somali”. “Il problema è che mentre a Gibuti si discuteva per formare il governo, in Somalia gli Shabaab conquistavano con la forza il territorio”. Ma secondo l’amministratore apostolico di Mogadiscio non hanno conquistato il cuore e la mente dei somali. “La popolazione ha accettato la loro presenza perché assicurano un minimo di ordine, ma non è una convinta sostenitrice del loro progetto”. (A.L.)

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    Trattato per la messa al bando delle mine: Africa in prima linea

    ◊   “L’Italia e altri Paesi del Nord del mondo continuano a dimezzare i fondi per la bonifica di terreni minati e per il recupero delle vittime da mina”. “Il Sud del mondo, invece, è sempre più protagonista per risolvere un problema che lo riguarda direttamente nonostante la maggior parte delle mine in circolazione sia stato prodotto altrove”: è quanto dichiara alla Misna il direttore della Campagna italiana contro le mine, Giuseppe Schiavello da Cartagena, in Colombia, dove oggi si chiude la II Conferenza di revisione del Trattato di Ottawa. L’Africa, in particolare, è arrivata all’appuntamento colombiano con alcuni successi già acquisiti e alcuni annunci importanti: dopo aver dichiarato “liberi da mine” Swaziland (2007), Malawi (2008) e Tunisia (2009), la Campagna internazionale per la messa al bando delle mine (Icbl) ritiene che anche Rwanda, Zambia e Gibuti abbiano completato o siano vicine a risolvere la questione mine entro le scadenze fissate dal Trattato di Ottawa. Cambiando Continente, l’Albania si è aggiunta agli 11 Paesi già dichiarati ufficialmente liberi dalle mine. Secondo l’ultimo "Landmine monitor report" - il documento che su base annuale fa il punto della situazione - significativi progressi nella bonifica di territori minati sono stati compiuti anche in Paesi che non hanno firmato il Trattato, in particolare Cina, Iran, Libano, Marocco, Nepal, Taiwan e Sri Lanka. A Cartagena non sono mancati alcuni campanelli d’allarme: dopo i 15 Paesi che nel 2008 chiesero una proroga per completare la bonifica dei territori minati, quest'anno la stessa richiesta è stata fatta da Argentina, Cambogia, Tagikistan e Uganda. (A.L.)

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    Settimana della pace nelle Filippine per promuovere il dialogo tra governo e Fronte islamico Moro

    ◊   A Mindanao, nelle Filippine, cristiani e musulmani hanno pregato per la pace. In particolare, si è pregato per le vittime della strage a Maguindanao e per un accordo definitivo fra Manila e ribelli islamici. Dal 26 novembre al 2 dicembre Mindanao ha ospitato diverse iniziative per la “Settimana della pace 2009”. Padre Angel Calvo, missionario clarettiano e guida dell’associazione Peace Advocates Zamboanga (Paz), sottolinea ad AsiaNews che la cerimonia di chiusura “ha rinnovato” una “visione” e una “passione comune” per la pace. C’è il desiderio comune di “portare ai giovani e ai bambini un sogno di pace e armonia”. Celso L. Lobregat, sindaco di Zamboanga City, aggiunge che capire le diverse sfaccettature a Mindanao è la chiave per garantire una vera armonia a livello sociale. “Non dobbiamo solamente rispettarci l’un l’altro – spiega – ma cercare di capire le rispettive culture e tradizioni”. Prima ancora che cristiani o musulmani, il sindaco ricorda che “siamo tutti filippini, a prescindere dalla fede professata”.Durante la Settimana della pace si è pregato per le vittime di Maguindanao, in cui 57 persone sono state massacrate per una lotta di potere fra clan rivali. I fedeli hanno anche auspicato un serio cammino verso la pace, alla vigilia dei colloqui fra Fronte islamico di liberazione Moro e governo filippino in programma l’8 dicembre in Malaysia. Da 16 mesi le trattative di pace sono in fase di stallo: i ribelli rivendicano la nascita di una zona autonoma a maggioranza musulmana. Tale richiesta è stata sempre respinta dal governo filippino. (A.L.)

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    Italia: lettera aperta degli ergastolani al Papa

    ◊   Un gruppo di ergastolani ha scritto una lettera aperta a Benedetto XVI descrivendo la drammatica situazione di chi deve scontare la pena all’ergastolo. “Il riscatto umano – scrivono - non è possibile con una pena che non potrà mai finire”. Per questo chiedono che la pena dell’ergastolo venga abolita, che ogni condanna abbia un fine pena certo. Al loro appello si unisce la Comunità Papa Giovanni XXIII. Alcuni sono entrati in prigione da ragazzi e oggi, quarantenni, sono “destinati ad invecchiare in carcere”. Altri erano giovani padri e ora sono nonni. Al Papa ricordano la loro condanna, quella di “essere colpevoli e prigionieri per sempre”. “Avere l’ergastolo – scrivono – è come essere morti, ma sentirsi vivi: è perdere la vita prima ancora di morire”. E “una sofferenza infinita”: la pena dell’ergastolo – aggiungono – “mangia il cuore e a volte anche l’anima”. In carcere si diventa “non viventi”. Una società giusta – scrivono gli ergastolani – non dovrebbe prevedere né la pena di morte né la condanna all’ergastolo. “Non è giustizia far soffrire e togliere la speranza per sempre”. “Il male – si legge nella lettera inviata al Papa – dovrebbe essere sconfitto con il bene e non con altro male”. La pena all’ergastolo rende il presente uguale al passato, “un passato che schiaccia il presente e toglie speranza al futuro”. Per questo, gli ergastolani chiedono una speranza. Quella più grande per chi deve scontare la pena all’ergastolo è un fine pena certo. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Rapporto sui costi in Africa legati ai cambiamenti climatici

    ◊   Se i Paesi ricchi non ridurranno entro il 2020 di almeno il 40% le loro emissioni inquinanti rispetto al 1990, si arriverà ad un aumento di 2° della temperatura con conseguenze nefaste per gran parte della popolazione africana: altre 55 milioni di persone soffrirebbero la fame aggiungendosi ai milioni che già oggi sono a rischio sopravvivenza. L’allarme, lanciato dal rapporto “The Economic Cost of Climate Change in Africa” della “Pan African Climate Justice Alliance”, giunge a tre giorni dall’apertura della Conferenza sul clima di Copenaghen. In caso di mancata riduzione delle emissioni, circa 600 milioni di africani avrebbero inoltre insufficienti scorte d’acqua e si diffonderebbero ulteriormente epidemie malariche. Al potenziale aumento delle rese agricole nelle zone più elevate – si sottolinea inoltre nel rapporto ripreso dalla Misna - corrisponderebbe poi un drastico calo della produzione di cereali nel cono australe, regione tra le più fertili del continente. Il 40% delle specie animali sarebbe a rischio estinzione e le zone costiere sarebbero soggette a inondazioni. (A.L.)

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    Unicef: anche le proposte dei ragazzi al vertice di Copenaghen

    ◊   Le scelte e le decisioni in materia di cambiamento climatico, come quelle che verranno prese alla Conferenza dell’Onu sul clima, riguardano “la vita dei bambini di oggi e influenzeranno quella dei bambini di domani”. Per questo l'Unicef ha promosso il Forum dei giovani sui cambiamenti climatici (Children's Climate Forum) affinché ragazzi provenienti da tutto il mondo possano far sentire la loro voce sul futuro del pianeta. Al Forum, che si concluderà domani a Copenaghen, 165 ragazzi provenienti da 44 Stati, tra cui Senegal, Bolivia e Bangladesh, si stanno scambiando idee ed esperienze. Questo lavoro – rende noto il Sir - condurrà alla redazione di una dichiarazione con proposte concrete che una delegazione ristretta di giovani presenterà ai leader mondiali. L’articolo 12 della Convenzione dell'Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, firmata 20 anni fa, prevede per ogni bambino il diritto di espressione su questioni che lo riguardano. La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici è in programma dall’8 al 18 dicembre prossimi a Copenaghen. (A.L.)

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    Sud Corea: leader religiosi cinesi in visita alla comunità cattolica

    ◊   Una delegazione di leader religiosi della Cina continentale, membri della Commissione cinese “Religioni e Pace”, hanno compiuto nei giorni scorsi una visita alla comunità cattolica coreana, fermandosi in pellegrinaggio al Santuario dei Martiri di Jeoldusan a Seul. La delegazione – composta da membri di diverse comunità religiose: cattolica, protestante, buddista, taoista e islamica – ha avuto occasione di parlare del ruolo delle religioni per l’armonia sociale e per la pace di ogni paese, nonché di approfondire la conoscenza delle realtà della Chiesa cattolica in Corea. Mons. Hyginus Kim Hee-joong, ausiliare di Kwangju, presidente della Commissione episcopale per la promozione dell’unità fra i cristiani e del dialogo interreligioso, - riferisce l'agenzia Fides - ha dato il benvenuto ai leader religiosi cinesi, spiegando come la Chiesa coreana sia un’istituzione importante dal punto di vista religioso, sociale e civile, e come essa costituisca un punto di riferimento morale per tutta la popolazione della penisola coreana. Il vescovo ha anche auspicato che eventi caratterizzati dal dialogo e dalla condivisione, come quello vissuto, possano moltiplicarsi, per mantenere vivo il legame fra Cina e Corea. “Quando si incontrano dei leader religiosi - ha sottolineato – non si tratta solo di un incontro di amicizia, ma c’è molto di più. C’è il desiderio e la volontà di costruire la pace, a partire dal proprio territorio. E senza la pace in Asia, la pace nel mondo non è possibile”. La visita dei leader religiosi cinesi ricambia quella compiuta in Cina nel 2007 da una delegazione di leader religiosi coreani. Gli incontri intendono promuovere lo scambio, il dialogo, la conoscenza reciproca, la pace. (R.P.)

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    Il cardinale Terrazas: le elezioni in Bolivia siano serene e trasparenti

    ◊   L'arcivescovo di Santa Cruz, cardinale Julio Terrazas, eletto presidente della Conferenza episcopale boliviana per la quarta volta, parlando con i giornalisti per illustrare i lavori della recente plenaria episcopale ha fatto riferimento anche alle elezioni di domenica prossima in Bolivia. Il porporato ha rinnovato l'auspicio dei vescovi affinché la consultazione "si svolga serenamente e con la massima trasparenza possibile". I boliviani, secondo le disposizioni transitorie della nuova Costituzione entrata in vigore pochi mesi fa, dovranno eleggere il presidente e il vice presidente della Repubblica, i membri del Congresso. "Siamo consapevoli delle difficoltà del processo ma se c'è buona volontà, attenzione e vigilanza da parte di tutti - ha precisato il cardinale Terrazas - possiamo portare a termine l'intero compito con successo". Alla domanda sui rapporti della Chiesa con lo Stato, l'arcivescovo ha aggiunto che “questi rapporti anzitutto si misurano tramite l'importanza delle istituzioni e poi tenendo conto dell'anima e della vita dei cittadini". "Se in Bolivia - ha spiegato - esiste una maggioranza di credenti e la Chiesa attraverso molte delle sue istituzioni dà un servizio, in particolare ai più poveri, ciò significa che occorre dialogare sempre per trovare soluzioni adeguate ad ogni esigenza e, al tempo stesso, approfondire i valori dello spirito”. “Nulla – ha detto il cardinale Terrazas - otterremmo se ci dimentichiamo dei valori e ci dedichiamo solo alle cose materiali. E’ questo il servizio della Chiesa e che si traduce in una totale disponibilità ad essere servitori autentici della persona umana, che non può essere mai calpestata". Intanto ieri nella città El Alto, Evo Morales, presidente uscente e probabile vincitore delle elezioni di domenica secondo quanto assicurano tutti i sondaggi, ha chiuso la sua campagna elettorale fiducioso. Ha detto di sperare di ottenere oltre il 50% dei voti e almeno due terzi del Congresso nazionale. Se alla fine sarà così vuol dire che potrà governare fino al 2015 e come ha ripetuto nei suoi discorsi di queste ultime settimane, potrà “approfondire le riforme che devono modernizzare il Paese gettando le basi di una società più giusta e ugualitaria”. (A cura di Luis Badilla)

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    A Sydney le religioni a servizio della società civile

    ◊   In Australia si è tenuta nei giorni scorsi la prima assemblea pubblica della “Sydney Alliance”. Fondata nel 2007, l’Alliance è un’ampia coalizione di comunità: è formata da 21 organizzazioni della città australiana, compresa l’arcidiocesi, il consiglio ebraico dei deputati e l’associazione delle donne musulmane. Le religioni si mettono dunque a servizio della società civile. L’obiettivo – sottolinea l’Osservatore Romano – è di rivitalizzare Sydney attingendo alle risorse e ai talenti di una vasta gamma di rappresentanti. La “Sydney Alliance” affronta una serie di questioni cruciali, compresi il razzismo, la povertà, l’ingiustizia, gli alti costi delle abitazioni e degli affitti, la congestione del traffico e l’assistenza agli anziani. L’Alliance, costituita nel tentativo di ricollegare le organizzazioni civiche per risolvere i problemi della gente comune, collabora con il governo affinché vengano elaborate soluzioni concrete. (A.L.)

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    Germania: cattolici ed evangelici decisi a proseguire sulla via dell’unità

    ◊   “La Chiesa evangelica e la Conferenza episcopale tedesca proseguono insieme il cammino”: lo ha detto mons. Robert Zollitsch ieri sera a Berlino nel corso della cerimonia del passaggio delle consegne dal presidente uscente del Consiglio della Chiesa evangelica tedesca, vescovo Wolfgang Huber, alla neoeletta Margot Käßmann. “Sento l’esigenza di sottolineare espressamente che noi, ora e in futuro, ci impegniamo come cristiani per le basi decisive di una buona e degna convivenza nella società attuale e per le generazioni future”, ha affermato mons. Robert Zollitsch, sollecitando inoltre i rappresentanti delle due Chiese a continuare "a intervenire nelle questioni sociali in unione ecumenica”. “Il fatto che ne valga la pena – ha aggiunto - è dimostrato anche dalla decisione di due giorni fa della Corte costituzionale federale per la tutela della domenica”. Mons. Zollitsch – rende noto il Sir - ha inoltre evidenziato l’impegno delle Chiese per l’ambiente: “Considero l’imminente conferenza dell’Onu sul clima di Copenhagen come il banco di prova per la disponibilità della società mondiale a realizzare praticamente la sostenibilità e la solidarietà globale nel 21.mo secolo”. “Come Chiese – ha concluso - vogliamo agire affinché la Germania dia il proprio contributo per la conservazione del Creato”. (A.L.)

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    Visita in Romania di padre Ange, fondatore di Jeunesse Lumière

    ◊   Padre Daniel Ange, fondatore della scuola internazionale per l’evangelizzazione dei giovani “Jeunesse Lumière”, è ritornato in Romania per la terza volta dal 1989. Il sacerdote ha già incontrato mons. Ioan Robu, arcivescovo di Bucarest e il patriarca Daniel, primate della Chiesa ortodossa romena. In questi giorni sta incontrando altri rappresentanti religiosi con la partecipazione alla conferenza “Giovane, cerco vocazione!” in corso nell’episcopio di Bucarest. Dopo circa 30 anni vissuti come monaco ed eremita, “impressionato dalla sofferenza morale di un’intera generazione di giovani priva di punti di riferimento” padre Daniel Ange comincia la sua missione apostolica, fondando nel 1984 la scuola “Jeunesse Lumière” il cui credo riassume con queste parole: “I migliori apostoli dei giovani sono i giovani stessi”. “C’è forse un legame tra il passaggio di mons. Ghika da queste parti e la mia vocazione? Questo è uno dei segreti di Dio” afferma padre Ange ricordando mons. Vladimir Ghika, martire delle prigioni comuniste. In un documento pubblicato da Francisc Ungureanu, postulatore della causa di beatificazione di mons. Ghika, padre Ange rievoca l’amicizia tra mons. Ghika e la propria famiglia - fu proprio Ghika a celebrare il matrimonio dei suoi genitori. Padre Ange rivela inoltre di aver dedicato la cappella bizantina che si trova nella sede principale della scuola internazionale “Jeunesse Lumière”, a Pratlong, nel sud della Francia, “alla memoria di mons. Ghika e a tutti i martiri del comunismo nell’Est Europa”. “Jeunesse Lumière” propone ai giovani dai 18 ai 30 anni, provenienti da tutti i Paesi, un anno sabbatico fatto di vita comunitaria, preghiera, formazione (teologica, filosofica, umana) e missione. (A.M.)

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    India: il premier del Meghalaya visita un museo indigeno curato dai salesiani

    ◊   Lunedì scorso, il premier dello Stato indiano di Meghalaya, Lapang, ha fatto visita al Museo “Don Bosco Center for Indigenous Cultures” (Dbcic) di Shillong, museo che raccoglie testimonianze delle diverse culture delle tribù del nordest dell’India. Il premier è stato ricevuto da don George Maliekal, direttore del “Sacred Heart College”, e dai sacerdoti, che gestiscono il museo. Tra questi, don Sylvanus Sngi, nativo dello stesso distretto del primo ministro, che ha svolto il discorso di benvenuto.  Il sacerdote ha evidenziato la necessità di preservare le culture del nordest e della dedizione dei missionari cattolici per tutte le culture così come è espressa anche nella realizzazione del museo Dbcic. Lapang ha ringraziato i salesiani per la lungimiranza nel realizzare un museo culturale a Shillong. In qualità di ex allievo del “St. Anthony College” di Shillong, il primo ministro ha voluto ringraziare pubblicamente i missionari cattolici per il loro lavoro, e in particolare i salesiani per l’impegno nel campo dell’educazione. “Siamo molto grati per il privilegio di avere un bellissimo museo nel nostro Stato, che esalta la ricca eredità culturale della nostra gente ed il grande amore dei Figli di don Bosco per il nostro popolo”, ha dichiarato il premier. (A.M.)

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    Riapre la Cappella dell’Arca della Basilica di Sant’Antonio a Padova

    ◊   Si sono conclusi i restauri, durati quasi due anni, della Cappella dell’Arca nella Basilica di sant’Antonio a Padova. Oggi, quello che è il “cuore devozionale” della Basilica Antoniana tornerà ad essere aperto a fedeli e turisti. «Con questo importante restauro – ha affermato padre Enzo Poiana, rettore della Basilica di sant’Antonio – non solo restituiamo all’arte un gioiello del Cinquecento padovano, ma soprattutto restituiamo ai milioni di pellegrini di tutto il mondo, anche il cuore devozionale di questo santuario, che ritornerà ad essere veramente tale solo dopo il ritorno dei resti mortali del Santo». La campagna di restauro, decisa dalla Veneranda Arca di S. Antonio (l’Ente a cui è affidato il compito di provvedere alla conservazione e al miglioramento degli edifici monumentali della Basilica di S. Antonio di Padova e degli altri stabili del complesso basilicale antoniano) e interamente sostenuta dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e dal Venetian Heritage, ha coinvolto l’intero complesso della Cappella, dalla muratura, alle opere d’arte, agli arredi. Non si è trattato, infatti, di un intervento “di cosmesi” ma di una complessa campagna strutturale. (A.M.)

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    Premio Italiano "Aldo Manuzio" a mons. Adriano van Luyn

    ◊   Il volume “Unione europea e dottrina sociale della Chiesa” di mons. Adriano H. van Luyn ha ricevuto il Premio Italiano "Aldo Manuzio" per la diffusione della cultura e del libro europeo 2009 nella sezione “Opere di Catalogo”. La motivazione del premio, consegnato ieri a Roma presso la sala della Mercede della Camera dei Deputati, è la seguente: il libro edito dalla Libreria editrice vaticana, affronta “le principali questioni, interne ed esterne, del sistema comunitario e le interpreta alla luce della dottrina sociale della Chiesa Cattolica fornendo al lettore degli spunti di riflessione per impegnarsi a costruire un’ Europa unita che risponda realmente alle esigenze di crescita e di progresso della persona umana”. “Nulla è trascurato in questo confronto a tutto campo, coraggioso e illuminante, condotto con spirito sinceramente costruttivo e collaborativo; non vi è solo il riferimento alle questioni dei principi fondativi dell’unità, ma anche alle questioni che attengono ad aspetti settoriali e specifici della integrazione comunitaria: dall’Unione Monetaria al processo di allargamento, dalla crisi finanziaria al ruolo del mondo del lavoro, dalle sfide della globalizzazione al ruolo della cultura e delle università nel prospettare un percorso unitario realmente positivo”. Questo libro si inserisce, peraltro, in un contesto di produzione libraria con cui la Libreria Editrice Vaticana, affrontando numerose questioni aperte dell’unità europea, “testimonia un impegno molto forte nella diffusione della conoscenza del sistema comunitario”. Mons. Adriano van Luyn, vescovo di Rotterdam, è presidente della Commissione dei vescovi della Comunità Europea- Comece e presidente della sezione olandese del Movimento internazionale Pax Christi. (A.L.)

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    All’Augustinianum di Roma presentazione di tre volumi su “Paolo di Tarso”

    ◊   Questo pomeriggio presso l’Istituto Patristicum Augustinianum di Roma, saranno presentati i volumi “Paolo di Tarso: Archeologia, Storia, Ricezione”. I tre volumi raccolgono parte degli interventi fatti da studiosi cattolici, ortodossi e musulmani nei 20 Simposi su Paolo e Giovanni che l’Istituto Francescano di Spiritualità, della Pontifica Università Antonianum, ha organizzato a Efeso, luogo di sepoltura del primo, e a Tarso, città natale del secondo. La manifestazione, che mostra come sia possibile un “ecumenismo culturale o di ricerca”, è promossa dal vicariato apostolico dell’Anatolia, dalla Compagnia di San Paolo, dall’istituto francescano di spiritualità, e dallo stesso istituto patristico Augustinianum. I simposi sono stati tenuti con scadenza annuale sia per un doveroso riconoscimento al passato cristiano in Turchia, sia per far conoscere meglio agli studiosi i luoghi e la dottrina dei due apostoli che nell’Asia Minore fondarono o consolidarono le prime comunità cristiane. Alla presentazione interverranno mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia; il prof. Romano Penna, della Pontificia Università Lateranense; Jean-Noël Aletti, del Pontificio Istituto Biblico e la Professoressa Maria Grazia Mara, dell’Università “La Sapienza”. (A cura di padre Egidio Picucci)

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    Premio Toniolo a Maria Chiara Rioli, autrice del libro 'Guarigione di Popoli'

    ◊   Il Premio Toniolo Diritto Internazionale per la Pace è stato assegnato a Maria Chiara Rioli, autrice del libro: “Guarigione di Popoli, Chiese e comunità cristiane nelle Commissioni per la verità e la riconciliazione in Sudafrica e Sierra Leone”. L’opera, pubblicata dalla casa editrice Emi, prende in esame temi centrali per le comunità cristiane, quali la verità, la riconciliazione, la confessione e il perdono. Il Premio, riconoscendo il prezioso contributo del libro, è stato assegnato con la seguente motivazione: “Le fonti del diritto internazionale della pace devono sicuramente individuarsi nelle Carte internazionali dei diritti umani e negli Statuti delle organizzazioni internazionali poste a tutela della pace e dei diritti fondamentali della persona ma una dignità pari, se non superiore, dovrà essere attribuita alle forme alternative di risoluzione delle controversie e soprattutto agli strumenti e ai percorsi che aprono alla dimensione del perdono, nella prospettiva della riconciliazione”.  “A questo riguardo – si sottolinea nella motivazione - le esperienze delle diverse Commissioni per la verità e la riconciliazione sono particolarmente importanti perché rendono palese la centralità del ruolo della comunità nella costruzione della pace: insieme alla comunità si ricostruisce la verità dei fatti e delle violazioni commesse e innanzi alla comunità si chiede e si concede il perdono”. Il Premio istituito dalla Fondazione Giuseppe Toniolo - ricorda l'agenzia Misna - ha l’obiettivo di favorire la ricerca sul contributo del diritto internazionale per il perseguimento della pace tra i popoli. (A.L.)

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    Italia: a Teano nasce il primo centro commerciale con una cappella

    ◊   E’ intitolata “Mater Salvatoris-Mia Madonna e Mia Salvezza”. E’ la cappella ubicata nel “Centro commerciale Sidicinum”, aperto ieri a Teano, in provincia di Caserta. “E il primo centro commerciale – ha detto il sacerdote della vicina parrocchia di San Marco, don Vincenzo Di Martino – dotato di un’anima, di un luogo dove i fedeli potranno ristorare… anche lo spirito”. Il centro si sviluppa su un’area di 600 mila metri quadrati sui quali si susseguono cinquanta negozi e numerosi ristoranti. Sempre in Campania è stata inaugurata, mercoledì scorso, una cappella ecumenica. Anche in questo caso la riflessione interiore e la preghiera si inseriscono in un ambito particolare. La cappella si trova, infatti, nell’aeroporto internazionale di Capodichino. La cappella – ha detto don Mario Conto, incaricato diocesano per l’ecumenismo – arricchisce l’aeroporto con lo spirito ecumenico mettendo insieme la vocazione internazionale dello scalo e la vocazione ecumenica della Chiesa di Napoli. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Afghanistan: speranze e timori tra i civili per l'arrivo di nuovi soldati

    ◊   Sono almeno 25 i Paesi della Nato che hanno dichiarato disponibilità ad inviare rinforzi in Afghanistan e, ad oggi, i soldati aggiuntivi che verranno inviati nel 2010 sono almeno settemila. Lo ha annunciato il segretario generale dell'Alleanza Atlantica, Rasmussen, al termine della riunione tra i Paesi che partecipano alla missione Isaf. È intervenuta il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, affermando che “non si vince con i proiettili” e sottolineando l'importanza e la necessità di un “impegno civile” e della diplomazia. La Clinton ha ricordato inoltre che, in base alla strategia annunciata nei giorni scorsi dal presidente Obama, oltre all’aumento di soldati è previsto l’aumento di un terzo delle risorse civili”, come esperti agronomi e ingegneri. Del peso della presenza militare Emer McCarthy ha parlato con Serena Di Matteo, direttrice del programma di sviluppo dell'organizzazione umanitaria "Christian Aid" in Afghanistan:

    R. - È preoccupante perché se ci sono tutte queste forze in campo ci sarà probabilmente un aumento delle operazioni militari, il quale ovviamente avrà un effetto sul nostro lavoro come operatori umanitari. E non so quanto questo poi renderà possibile raggiungere le popolazioni vulnerabili e quindi continuare a fare il nostro lavoro.

     
    D. - Gli afghani stessi come hanno ricevuto la notizia dell’aumento delle forze straniere sul loro territorio?

     
    R. - Gli afghani forse sono un pò combattuti. Da un lato, sono contenti perché vedono nelle forze internazionali un mezzo per mantenere quel po’ di stabilità che c’è. Ovviamente gli afghani hanno paura che se le forze internazionali lasciassero il Paese, questo potrebbe ricadere nelle mani dei talebani. Dall'altro lato, vorrebbero vedere anche non soltanto una massa di soldati di armi, ma anche un impegno serio di aiuto alla popolazione perché possa vivere meglio. In altre parole, avere risorse, un migliore sistema scolastico, un sistema sanitario efficiente. In generale, avere un sistema che si basi su istituzioni che siano efficienti e che dunque incomincino a intervenire sulla corruzione, sul traffico della droga. Quindi non si tratta soltanto di lottare contro gli insorgenti: gli afghani non sono tutti talebani e dobbiamo occuparci anche di quella parte della popolazione che non è talebana e che vuole avere un futuro diverso. Noi continuiamo come Ong a lottare per quelle che crediamo siano le cause giuste e continuiamo a lavorare per le popolazioni vulnerabili.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

     
    Pakistan: 40 morti in un attacco a una moschea
    Un commando pesantemente armato ha attaccato una moschea piena di fedeli riuniti in preghiera nella zona di Westridge a Rawalpindi, nel Pakistan orientale, causando almeno 40 morti e 80 feriti. Tra le vittime vi sono alcune donne e bambini e numerosi ufficiali e soldati dell'esercito. Fra le quattro e le sette persone, ha detto un portavoce militare, sono entrate in azione appena dopo le preghiere della Jumma sulla spianata della moschea, che si trova vicino al Qasim Market ma soprattutto che dista poche centinaia di metri dal quartier generale dell'esercito. Vi è stato prima un lancio di bombe a mano e subito dopo una fitta sparatoria sui fedeli. I servizi di sicurezza della moschea hanno risposto al fuoco uccidendo, secondo le prime informazioni, tre degli attentatori. Il ministro dell'Interno pakistano, Malik, ha precisato che “il tetto della moschea è crollato”. Intanto, si è saputo che la nuova strategia per l’Afghanistan del presidente Usa, Obama, prevede anche l’autorizzazione all'espansione dell'uso dei droni in Pakistan.

    Somalia
    La smentita degli Shabaab, il braccio armato somalo di al Qaeda, che hanno dichiarato di non essere gli autori della strage di ieri a Mogadiscio, suscita dubbi e perplessità fra gli osservatori somali ed internazionali sia in Somalia che a Nairobi. A parere unanime si tratterebbe di una marcia indietro tattica, dopo la constatazione che la strage aveva suscitato orrore non solo nelle cancellerie internazionali, ma anche tra la popolazione locale e regionale. Il che avrebbe potuto creare seri contraccolpi politici e militari per gli Shabaab. Gli uomini di al Qaeda hanno cercato, con la smentita, di far passare la tesi secondo cui si sarebbe trattato di una faida all'interno del governo federale di transizione, ipotesi che appare unanimemente poco credibile. Intanto, si aggrava il bilancio dell'attentato kamikaze di ieri nell'hotel Hado, dove era in corso la cerimonia di laurea di studenti di medicina: oltre 22 vittime accertate, più di 50 feriti. Tra i morti, tre ministri. Tra i feriti, un altro ministro in coma, mentre il numero dei giornalisti uccisi è salito a tre.
     Non saranno giustiziati i due ex militari norvegesi in Congo
    I due ex militari norvegesi condannati a morte in Congo non saranno giustiziati. Il caso di Joshua French (27 anni) e Tjostolv Moland (28 anni) sarà portato all'esame della Corte Suprema, nella capitale Kinshasa. I due, presentati la scorsa estate dalla stampa norvegese come personaggi dalla storia controversa, a settembre scorso sono stati condannati a morte per l'omicidio del loro autista, trovato morto a maggio con una ferita di arma da fuoco. I due erano stati giudicati colpevoli anche di spionaggio, detenzione illegale di armi da guerra e rapina a mano armata. Ieri, il tribunale militare di Kisangani, nel nord del Paese, ha confermato la sentenza in appello. Il Congo, secondo un ministro congolese, “ha adottato una moratoria contro la pena di morte e la pena capitale non è più applicata nel Paese”.

    Tensioni e scontri nel sud dello Yemen
    Due yemeniti, di cui un soldato governativo, sono stati uccisi e altri tre, di cui un alto ufficiale della sicurezza, sono rimasti feriti nelle ultime 24 ore in due diversi episodi di violenza nelle provincie meridionali del Paese, dove la tensione rimane alta tra attivisti “secessionisti” ed esercito governativo. Il quotidiano panarabo al-Hayat riferisce stamani che un civile è stato ucciso e il colonnello Muhammad Shawfar, capo delle locali forze di sicurezza, è rimasto ferito nella provincia di Dhali, a nord del porto meridionale di Aden, durante uno scontro tra agenti e seguaci del “movimento sudista secessionista”. Un soldato governativo è morto invece nella stessa regione in un episodio analogo, mentre secondo al Hayat in tutte le province sud-orientali “la tensione rimane altissima a causa di manifestazioni non autorizzate indette dai sudisti secessionisti”.
     Il movimento dei coloni israeliani contro il possibile stop agli insediamenti
    Determinato ad impedire il congelamento temporaneo dei progetti edili negli insediamenti ebraici in Cisgiordania, il movimento dei coloni israeliani ha deciso di trasferire le proteste la settimana prossima nelle arterie israeliane. Il sindaco della città-colonia Maaleh Adumim, Beny Kashirel, ha detto alla radio militare che domenica, per impedire l'ingresso nel suo insediamento degli ispettori del governo, bloccherà la superstrada che porta a Gerusalemme. Il giorno successivo, aggiunge il quotidiano Haaretz, il movimento dei coloni progetta di paralizzare diverse arterie nel territorio israeliano. Fonti di sicurezza, citate dalla stampa, avvertono che esiste il rischio che le proteste dei coloni siano rivolte anche contro la popolazione palestinese in Cisgiordania. Ieri, il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, ha cercato invano di convincere la leadership del movimento dei coloni della necessità di bloccare i nuovi progetti edili, nel tentativo di riprendere i negoziati con l'Autorità nazionale palestinese (Anp) e di rendere più distese le relazioni con l'amministrazione statunitense. Per oggi, Netanyahu ha convocato una riunione dei sette ministri principali del suo governo con i quali esaminerà, prevedibilmente, gli sviluppi del braccio di ferro con i coloni e l'andamento dei negoziati indiretti con Hamas per uno scambio di prigionieri.

    Mosca: presto accordo con gli Usa sul Trattato di riduzione delle armi nucleari
    Russia e Stati Uniti sono vicini a un accordo per la firma di un nuovo Trattato sulla riduzione delle armi nucleari strategiche. Lo ha detto una fonte del Ministero degli esteri russo. Il nuovo Trattato è destinato a sostituire lo Start 1, firmato da Mosca e Washington nel 1991, che scade domani 5 dicembre. In una nota diffusa dalle agenzie, il ministero degli Esteri russo fa un bilancio molto positivo dell'applicazione dello Start 1, che ha avuto un “ruolo estremamente importante per garantire la pace, la sicurezza e la stabilità strategica internazionale”. “La Federazione russa e gli Stati Uniti - aggiunge la nota di Mosca - hanno assolto in pieno i propri impegni assunti con la firma dello Start 1”. “Dalla fine della Guerra Fredda, precisa il Ministero degli esteri da Mosca, la Federazione russa ha ridotto di più di due volte il numero delle testate nucleari strategiche in suo possesso, eliminando al tempo stesso oltre tremila missili balistici intercontinentali e missili balistici a bordo di sommergibili nucleari, nonché circa 1.500 rampe di lancio, più di 45 sottomarini atomici e più di 65 bombardieri pesanti”. Sottolineando il contributo determinante dato da Ucraina, Bielorussia e Kazakhstan all'attuazione dello Start 1, il Ministero degli esteri russo afferma che sulla base delle indicazioni date dai presidenti Medvedev e Obama, "i due Paesi sono vicini alla conclusione di un intenso lavoro per la messa a punto e la firma di un nuovo accordo bilaterale sull'ulteriore riduzione degli arsenali nucleari strategici".

    Missione diplomatica Usa a Pyongyang sulla questione nucleare
    Il responsabile statunitense per le questioni nordcoreane, Stephen Bosworth, sarà in visita a Pyongyang, capitale della Corea del Nord, per tre giorni a partire da martedì prossimo. L'iniziativa rientra negli sforzi per riportare il regime comunista al tavolo dei negoziati sulla denuclearizzazione della penisola coreana, riavviando il tavolo a sei del quale fanno parte Usa, Cina, Russia, Giappone e le due Coree. La conferma ufficiale della missione in terra nordcoreana di Bosworth è stata data in nottata dal Dipartimento di Stato Usa, che ha inoltre annunciato le altre tappe del serrato tour asiatico dell'inviato speciale del presidente Barack Obama. Il diplomatico americano dovrebbe agiungere a Pyongyang martedì prossimo, in arrivo Corea del Sud dove farà ritorno il 10 dicembre. Il giorno seguente, Bosworth si recherà a Pechino, per volare poi a Tokyo il 12 e a Mosca il 13 dicembre. Il ritorno negli Stati Uniti è previsto per il 15 dicembre. La visita di Bosworth in Corea del Nord segnerà il primo incontro bilaterale ufficiale tra l'amministrazione Obama e il regime di Pyongyang.

    Myanmar: accolto il ricorso di Aung San Suu Kyi
    La Corte Suprema birmana ha accettato di esaminare la richiesta della leader dell'opposizione e premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi, contro la condanna a 18 mesi supplementari di arresti domiciliari. Lo si è appreso oggi da fonti ufficiali birmane, secondo le quali “gli avvocati (dell'opposizione) dovranno presentare le loro conclusioni il 21 dicembre”. Suu Kyi, 64 anni, era stata condannata lo scorso agosto a tre anni di reclusione e di lavori forzati per aver ospitato brevemente un americano che era riuscito a superare i controlli e a raggiungere la sua abitazione. La sanzione era stata immediatamente trasformata in un prolungamento degli arresti domiciliari, che di fatto escludono la leader dell'opposizione dalla eventuale corsa per le elezioni previste nel 2010.

    Altre condanne a morte in Cina per le rivolte a Urumqi
    Tre persone sono state condannate a morte in Cina in relazione alle rivolte scoppiate lo scorso luglio a Urumqi, capitale della regione cinese autonoma del Xinjiang. Lo ha riportato l'agenzia Nuova Cina. Dal 10 ottobre scorso, giorno della prima condanna a morte, sono almeno 20 le sentenze capitali emesse dai tribunali cinesi per lo scontro etnico tra han e uighuri. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 338

     
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