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Sommario del 21/04/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Lettera del Papa all'abate primate dei Benedettini, in occasione della conclusione dell'Anno anselmiano. Stasera celebrazione ad Aosta
  • Reazione della Santa Sede alle parole del capo di Stato dell'Iran alla Conferenza di Ginevra: no a "posizioni politiche estremiste e offensive"
  • Il confronto tra fede e ragione per arrivare ad un giudizio sereno sul fine-vita. E' l'auspicio di mons. Fisichella, presidente della Pontifica Accademia della Vita
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il contrasto Italia-Malta sulla vicenda "Pinar" finisce a Bruxelles
  • Il 57% degli edifici lesionati dal sisma in Abruzzo supera le verifiche di agibilità. Sacerdoti del Cammino neocatecumenale in missione tra gli sfollati: una testimonianza
  • Millennium News: i telegiornali "di strada" promossi da Amref sulla realtà dei ragazzi degli slum kenyani. Intervista con Thomas Simmons
  • Chiesa e Società

  • Israele oggi si è fermata per ricordare le vittime della Shoah
  • Terra Santa: con la visita del Papa i media israeliani faranno conoscere il cattolicesimo
  • Iraq: ancora violenze sui cristiani. Uccisi tre mandei
  • Russia: appello ai giovani del Patriarca Kirill: “A voi la costruzione del futuro”
  • Per Bartolomeo I la risurrezione è l'unica risposta alla disperazione dell'uomo di oggi
  • Messico: i vescovi rinnovano la consacrazione del Paese allo Spirito Santo
  • Cile: pastorale sacramentale, ecologia e tossicodipendenza al centro della Plenaria dei vescovi
  • L’inaugurazione ieri dell’assemblea della Conferenza episcopale spagnola
  • Catalogna: alcuni istituti cancellano i riferimenti cristiani dalle festività del calendario scolastico
  • Stato di New York: no dei vescovi alla legalizzazione dei "matrimoni omosessuali"
  • I vescovi Usa denunciano l’utilizzo del Reiki negli istituti cattolici
  • Solidarietà e bene comune al centro delle Giornate sociali cattoliche per l’Europa
  • Africa: emergenza meningite, servono due milioni e mezzo di vaccini
  • Camerun: la Chiesa istituisce un'unità operativa contro la tratta dei bambini
  • La visita in Africa del preposito generale dei Gesuiti
  • Anche i Francescani della Cina festeggiano gli 800 anni dell’approvazione della Regola di San Francesco
  • Il nuovo vescovo di Hong Kong indica le priorità pastorali
  • Le reliquie di don Bosco in pellegrinaggio nel mondo per il bicentenario della nascita del Santo
  • Roma: dal 23 al 25 aprile il “Meeting” degli insegnanti di religione organizzato dalla Cei
  • “Un paese non basta”, l’ultimo libro di Arrigo Levi che difende Pio XII
  • Al via il 23 aprile la maratona Gerusalemme-Roma: 1300 km sulle orme di San Paolo
  • Pellegrinaggio messicano a San Paolo degli organizzatori del VI Incontro Mondiale delle Famiglie
  • 24 Ore nel Mondo

  • Emergenza umanitaria in Sri Lanka, mentre l’esercito annuncia l’attacco finale
  • Il Papa e la Santa Sede



    Lettera del Papa all'abate primate dei Benedettini, in occasione della conclusione dell'Anno anselmiano. Stasera celebrazione ad Aosta

    ◊   Con una settimana di celebrazioni e iniziative culturali la diocesi di Aosta ricorda, nell’ambito dello speciale Anno Anselmiano, il nono centenario della morte di Sant’Anselmo, monaco benedettino nel monastero di Bec, in Francia, e poi arcivescovo di Canterbury. A presiedere oggi, alle ore 18, la solenne concelebrazione eucaristica per la festa del Santo - nato ad Aosta nel 1033 - sarà l’inviato speciale del Papa, il cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo emerito di Bologna. In occasione della ricorrenza, Benedetto XVI ha inviato una lettera all’abate primate dei Benedettini Confederati, Dom Notker Wolf. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Nella lettera, il Papa invita a far risplendere “il tesoro di sapienza” di Sant’Anselmo “perché gli uomini, soprattutto gli europei”, possano avvicinarsi al grande vescovo e dottore della Chiesa. Benché arcivescovo - ricorda Benedetto XVI - Sant’Anselmo ha voluto essere prima di tutto monaco benedettino, essendo consapevole dell’importanza della vita monastica. Nell’Epistulam de Incarnatione Verbi definisce se stesso semplicemente "frate Anselmo", peccatore per quel che riguarda la vita e monaco nelle vesti. Scrivendo ad un giovane monaco - sottolinea il Papa - Sant’Anselmo ricorda che prima di tutto si deve amare il proposito, il desiderio di essere monaco. L’importanza data da Sant’Anselmo alla Lectio Divina, cardine della vita benedettina, è evidente nel suo libro Prologus orationum sive meditationum che ha scritto per spronare i lettori “all’amore o al timore di Dio”. Riprendendo le parole di Sant’Anselmo, Benedetto XVI ricorda che la Parola di Dio “non si deve leggere nel frastuono ma nella quiete, né di corsa e velocemente, ma poco a poco e con intensa meditazione”. Nei suoi scritti - afferma il Papa - non c’è alcuna separazione tra erudizione e devozione, tra teologia e mistica quando cerca di comprendere i misteri della fede. La sua opera più nota, dal titolo Proslogion, come le Confessioni di Sant’Agostino, è al tempo stesso preghiera e desiderio di contemplare il volto di Dio. "Ti supplico, o Signore - scrive Sant'Anselmo nel Proslogion - perchè ti possa conoscere amare e incontrarti nella pienezza della gioia".

     
    Riferendosi ad un’altra opera, Cur Deus homo, il Santo Padre ricorda come secondo Sant’Anselmo la ragione arriva a contemplare la bellezza della verità nella ricerca più alta della fede: “Se non crederete non comprenderete”; quanto più si ricorre all’intelletto - scrive Sant’Anselmo - tanto più ci si avvicina a quello cui tutti gli uomini anelano. Avendo presente il magistero di questo dottore della Chiesa - si legge nella lettera del Santo Padre - il Collegio Sant’Anselmo, fondato da Papa Leone XIII per formare i giovani di tutto il mondo, conserva e promuove quegli insegnamenti imprescindibili per la vita monastica. Questo Collegio - osserva infine Benedetto XVI - è diventato un istituto accademico internazionale che offre una formazione filosofica, teologica e liturgica congiungendo, come ha fatto Sant’Anselmo, la fede con la conoscenza della fede grazie all’intelletto.

     
    Nelle opere di Sant’Anselmo la contemplazione è dunque legata alla ricerca: l’amore è ciò che la ragione stimola nella ricerca di Dio. E quale messaggio risplende oggi nei suoi insegnamenti destinati soprattutto ai giovani? Hélène Destombes, del nostro programma francese, lo ha chiesto al vescovo di Aosta, mons. Giuseppe Anfossi:

    R. - La figura di Sant’Anselmo emerge come educatore dei giovani, dando molta importanza alle regole - soprattutto alle regole monastiche, che sono ispirate a valori cristiani - e contrastando i suoi contemporanei quando usano le discipline troppo severe. Sant'Anselmo ha insegnato ad avere rispetto della persona dei giovani, e soprattutto rispetto della coscienza. Ha detto che bisogna educare il cuore, educare la coscienza. Mentre lui educa la coscienza, dà anche un altro messaggio: bisogna insegnare a pensare bene, ad usare la ragione per comprendere il mistero cristiano. Le sue preghiere - pur essendo medievali, antichissime - sono molto personali, parla molto di sé, del suo peccato, dei suoi sentimenti. Sotto questo profilo, è molto moderno.

     
    D. - Qual è il dono che lui ha lasciato alla Chiesa?

     
    R. - Il dono che Sant'Anselmo lascia è quello di un uomo profondamente armonizzato nella vocazione umana e nella vocazione di monaco: per lui, il cristiano deve essere soprattutto monaco. Ma lui è monaco senza essere veramente uomo. Quindi, non soltanto dà importanza alla ragione, ma mette in evidenza che l’uomo che ha incontrato Dio, che ha fatto da giovane un’esperienza positiva con la sua mamma o negativa col suo papà, vive tutto se stesso, sia nella dimensione umana che nella dimensione spirituale, senza conflitto tra le due, in una continua ricerca - come si vede dalla preghiera - di un cammino spirituale che va perfezionandosi giorno dopo giorno, fino al giorno in cui diventa vescovo. Con molte crisi e con molte difficoltà, alla fine capisce che la rettitudine interiore gli dice di accettare l’incarico di vescovo. Quindi, in tutta la vita come si cerca Dio? Non solo con la ragione, ma anche con l’intima personalità. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Reazione della Santa Sede alle parole del capo di Stato dell'Iran alla Conferenza di Ginevra: no a "posizioni politiche estremiste e offensive"

    ◊   Le contestazioni al presidente iraniano, Ahmadinejad - reo di avere profittato di una tribuna dell’ONU per lanciare, ancora una volta, invettive antisemite contro Israele - hanno segnato l’avvio ieri a Ginevra della seconda Conferenza delle Nazioni Unite contro il razzismo, la discriminazione razziale e la xenofobia. E, dopo la bufera che ha visto 23 delegazioni europee abbandonare l’aula durante l’intervento di Ahmadinejad, oggi il clima sembra rasserenato dall’intenzione di portare avanti le istanze della Conferenza. Il servizio di Roberta Gisotti:

     
    Pioggia di critiche sull’intervento, ieri pomeriggio, di Ahmadinejad “vile, vergognoso e odioso” denunciano gli Stati Uniti, infarcito di “follia” e “violenza”, rimarca il presidente israeliano Peres, “un appello intollerabile all’odio razziale”, protesta la Francia, invocando “estrema fermezza” dall’Unione Europea, che in una nota stampa, respinge le accuse di razzismo del leader iraniano contro Israele, ma conferma che le delegazioni presenti a Ginevra - 23 su 27 - vi resteranno, eccetto la Repubblica ceca, presidente di turno dell’UE, che ha deciso di abbandonare la Conferenza in segno di protesta, unendosi a Germania, Italia, Olanda e Polonia e - fuori dai confini dell’Unione - a Stati Uniti, Israele, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Grande il rammarico del segretario generale dell’ONU, Ban ki-moon, che ieri mattina - senza buon esito - aveva incontrato il presidente iraniano, mentre l’Alto Commissario per i diritti umani, Navi Pillay, crede che la “miglior replica” sia quella “di rispondere e correggere, non di ritirarsi e boicottare” la Conferenza. Le parole di Ahmadinejad sono oggi su tutti gli organi stampa del mondo. Nel mirino del presidente iraniano tutti i Paesi occidentali che avrebbero usato l’Olocausto, “il pretesto della sofferenza degli ebrei”, per insediare dopo il ’45 nel cuore del Medio Oriente un “governo razzista”.

     
    “Il sionismo mondiale - ha detto Ahmadinejad - personifica il razzismo”. E accuse poi rivolge agli Stati Uniti al Consiglio di Sicurezza dell’ONU complici da 60 anni di questo progetto. Trenta minuti d’invettive, applaudite a più riprese da alcuni e contestate dalle grida “razzista, razzista” di alcuni manifestanti, mentre i diplomatici europei hanno prontamente abbandonato l’aula. Rientrato stamane a Teheran, Ahmadinejad è stato accolto come un eroe, mentre una folla di studenti militanti fondamentalisti gridava “Morte all’America”. “Parteciperò a tutte le Conferenze internazionali nonostante il volere dell’Occidente”, che non tollera chi gli si oppone, ha dichiarato il leader iraniano. Ed oggi il giornale governativo “Iran” titola: “Il grido di giustizia nel cuore dell’Europa fa infuriare i razzisti occidentali”. Si è verificato dunque a Ginevra quanto paventato alla vigilia, ma il clima tra i partecipanti, nonostante tutto, resta costruttivo. L’Unione Europea chiede - archiviato, si spera, il capitolo Ahmadinejad - “che la Conferenza si svolga in uno spirito di reciproco rispetto e di dignità”, nella speranza - aggiungiamo noi - che le cronache future fino alla giornata conclusiva dei lavori, venerdì 24, possano testimoniare che questo auspicio è stato raccolto.
     
    L'auspicio dell’Unione Europea è condiviso sostanzialmente dalla Santa Sede, presente a Durban con una sua delegazione, guidata dall’osservatore permanente all’Onu di Ginevra, l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi. E giunge oggi dalla Sala Stampa Vaticana una nuova precisazione, della quale ci riferisce Alessandro De Carolis:

    Già nella serata di ieri, dopo l’intervento del presidente iraniano, Ahmadinejad alla conferenza di Durban II di Ginevra, la Sala Stampa della Santa Sede aveva effettuato alcuni commenti, attraverso il suo direttore, padre Federico Lombardi. Questa mattina, in aggiunta alle precedenti affermazioni, la Sala Stampa ha diffuso una ulteriore nota nella quale si rimanda anzitutto alle parole di Benedetto XVI, il quale - si ricorda - al Regina Coeli di domenica scorsa aveva formulato “sinceri voti” affinché “i Delegati presenti alla Conferenza di Ginevra lavorino insieme, con spirito di dialogo e di accoglienza reciproca, per mettere fine ad ogni forma di razzismo, di discriminazione e intolleranza, segnando così un passo fondamentale verso l’affermazione del valore universale della dignità dell’uomo e dei suoi diritti, in un orizzonte di rispetto e di giustizia per ogni persona e popolo”.

     
    Di conseguenza, prosegue la nota odierna della Sala Stampa Vaticana, “la Santa Sede deplora l’utilizzazione di questo forum dell’ONU per assumere posizioni politiche, estremiste e offensive, contro qualsiasi Stato. Ciò - si afferma - non contribuisce al dialogo e provoca una conflittualità inaccettabile. Si tratta, invece, di valorizzare tale importante occasione per dialogare insieme, secondo la linea di azione che la Santa Sede ha sempre adottato, in vista di una lotta efficace contro il razzismo e l’intolleranza che ancor oggi colpiscono bambini, donne, afro-discendenti, migranti, popolazioni indigene, ecc. in ogni parte del mondo. La Santa Sede - conclude la nota - mentre rinnova l’appello del Papa, assicura che con tale spirito la sua Delegazione è presente e lavora alla Conferenza”.

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    Il confronto tra fede e ragione per arrivare ad un giudizio sereno sul fine-vita. E' l'auspicio di mons. Fisichella, presidente della Pontifica Accademia della Vita

    ◊   “Quando finisce la vita?” è l’incontro del ciclo “Dialoghi in cattedrale” che si è svolto ieri sera nella Basilica di San Giovanni in Laterano, introdotto dal cardinale vicario Agostino Vallini. Una riflessione sul fine-vita alla luce del disegno di legge approvato dal Senato italiano ed ora all’esame della Camera. Mons. Rino Fisichella, presidente della Pontifica Accademia della Vita, ha moderato il dibattito, animato da Francesco D’Agostino, presidente onorario del Comitato nazionale per la Bioetica, e Maria Luisa Di Pietro, presidente dell’Associazione Scienza e Vita. Il servizio di Benedetta Capelli:

    Un interrogativo semplice, diretto ma che necessita chiarezza. Quando finisce la vita? Di quale vita parliamo? Ed è lecito porre fine all’esistenza? Può una legge dello Stato disciplinare questa materia? Molte domande scaturite soprattutto dalla vicenda di Eluana Englaro che ha disorientato l’Italia e allo stesso tempo ha portato il Senato ad approvare un disegno di legge sul fine-vita. Il dibattito non si è certo spento e l’auspicio dell'arcivescovo, Rino Fisichella è di arrivare ad “una visione condivisa” che riporti tranquillità. Il presidente della Pontifica Accademia della Vita evidenzia l’importanza di un ruolo attivo della Chiesa, che “ha il diritto di far sentire la sua voce” e suggerisce un binomio efficace per arrivare ad una posizione comune tra le tante teorie sul fine-vita:

    “Su questo tema, fede e ragione possono e devono confrontarsi tra di loro; la verità dell’una deve sostenere quella raggiunta dall’altra, ed insieme permettere di condurre ad un giudizio che dia serenità alla coscienza, evitandole ulteriori conflitti.”

    Interrogativi aperti dunque ma per il cardinale vicario, Agostino Vallini sono due i punti fermi sui quali innestare la discussione:

    “Non possiamo accettare l’eutanasia e non possiamo accettare l’accanimento terapeutico, in mezzo, c’è una zona grigia, molto delicata, sulla quale si dibatte. Io penso che lo Stato dovrebbe esprimere, in negativo, una legge, cioè una legge minima che dica cosa non si deve fare”.

    La fine della vita divide anche la comunità scientifica, che in questo termine racchiude una serie di situazioni cliniche che vanno dallo stato vegetativo persistente alle patologie degenerative. Quando finisce la vita allora per la bioetica? Maria Luisa Di Pietro, presidente dell’Associazione Scienza e Vita:

    “La risposta è quella di continuare sempre a prendersi cura del malato, a prendersi cura della globalità della persona, anche laddove non è più possibile guarire. E non bisogna lasciare da sola la sua famiglia, perché dove c’è solitudine, dove c’è paura, dove c’è abbandono possono diffondersi delle idee anche rinunciatarie nei confronti della vita”.

    Forte è dunque il rischio di una deriva sempre più materialistica e in questo senso il prof. Francesco D’Agostino, presidente onorario del Comitato nazionale per la Bioetica, ha parlato della distinzione tra vita biografica e vita biologica: una minaccia per la dignità di ogni persona:

    “Quando la biografia ha perso ogni significato si pensa sia inutile difendere la biologia. Se un malato è entrato in una fase terminale - quindi biograficamente non può più essere presente nel mondo - è inutile battersi per farlo sopravvivere il più a lungo possibile. L’errore antropologico di questa prospettiva è sconfinato, perché parte dall’idea astratta che solo un soggetto in buona salute fisica abbia una vita degna di questo nome, ma è vero esattamente il contrario”.

    Tante le prospettive del problema sul quale si può argomentare attraverso un’ottica allargata “perché - come ha detto mons. Rino Fisichella - non è eliminando ciò che la ragione non spiega” che si possono dare delle risposte:
     
    “Solo nella misura in cui si è capaci di dare una risposta carica di amore, allora si sarà in grado di affrontare la domanda sul senso del dolore e della morte. Contrariamente, la questione sul senso della vita sarà sempre sottoposta al ricatto dell’assurdo e non potrà incontrare l’uomo nell’istanza più personale, che è quella della vita, non della morte”.

    Forte come la morte, si legge nel Cantico dei Cantici, è infatti l’amore: un sentimento sconvolgente e salvifico.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Chi non vuole combattere il razzismo: alla conferenza dell'Onu l'intervento di Ahmadinejad contro Israele spinge gli europei ad abbandonare l'aula; in un comunicato la Santa Sede deplora l'uso del forum per assumere posizioni estremiste e offensive contro qualsiasi Stato.

    Shoah, una Giornata per non dimenticare: manifestazioni in tutto il mondo per ricordare i milioni di ebrei uccisi dalla furia nazista.

    Sceneggiatura e regia di un autore insuperabile: in cultura, Luca Pellegrini recensisce "Earth", documentario-kolossal disneyano sul libro della natura.

    Bisogna saper scegliere: Marcello Filotei sul festival Printemps des arts a Montecarlo.

    Un articolo di Maria Maggi dal titolo: "Previdenza e tecnica primi rimedi contro i terremoti".

    Il testo di Maurizio Bernardelli Curuz, curatore del catalogo della mostra "Paesaggi e uomini dalle mani ruvide", nell'ambito dell'itinerario culturale che ripercorre l'esperienza di fede e di impegno sociale del beato Giuseppe Tovini, esponente di spicco del laicato cattolico italiano nella seconda metà dell'Ottocento.   

    Novecento anni dalla morte di sant'Anselmo: nell'informazione religiosa, i messaggi del Papa all'abate primate dei benedettini confederati, dom Nokter Wolf, e al cardinale Giacomo Biffi, inviato speciale alle celebrazioni ad Aosta.

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    Oggi in Primo Piano



    Il contrasto Italia-Malta sulla vicenda "Pinar" finisce a Bruxelles

    ◊   Continua a sucitatare contrasti e polemiche tra Italia e Malta la vicenda della nave italiana "Pinar" che dopo aver tratto in salvo 154 immigrati ha atteso per giorni che i due Stati decidesso dover poter effettuare lo sbarco, poi avvenuto in Sicilia. Questa mattina, il dossier della vicenda è giunto sul tavolo della Commissione europea, inviato dal ministro dell'Interno italiano, Roberto Maroni. Fabio Colagrande ha sentito sulla vicenda il parere di un esperto, Gabriele Del Grande, giornalista e scrittore e fondatore di “Fortress Europe”, osservatore mediatico sulle vittime dell’immigrazione clandestina:

    R. - Nel canale di Sicilia molto spesso i salvataggi vengono fatti da mercantili o pescherecci e soltanto in un secondo momento interviene la Marina o la Guardia Costiera, trasbordando le persone e portandole verso Lampedusa. Per fortuna, la vicenda della "Pinar"si è chiusa in modo positivo, anche se dopo tutti questi giorni, sicuramente la domanda che rimane aperta è che cosa succederà adesso, quando si ripresenteranno casi simili: cioè, che cosa decideranno pescatori o mercantili di fronte ad un barcone di migranti da soccorrere, sapendo che si rischia di perdere una settimana di lavoro.

     
    D. - In effetti, gli uomini d’equipaggio della "Pinar" si sono trovati per tre giorni bloccati con i clandestini, ricevendo sollecitazioni diverse da Malta e dall’Italia. Lei sta dicendo che forse la prossima volta i pescatori ci penseranno due volte prima di salvare dei clandestini nel Canale di Sicilia...

     
    R. - Sì, e in qualche modo succede anche adesso, nel senso che spesso noi abbiamo racconti di migranti che si sono trovati in avaria, in mare, in acque internazionali, che hanno visto sfilare di fronte a sé diverse imbarcazioni civili prima di essere soccorsi da pescatori o da altri. C'è da dire, poi, che non è corretto parlare di clandestini: in acque internazionali non esistono leggi sull’emigrazione, non esistono quindi nemmeno permessi di soggiorno o visti d’ingresso. Chiunque ha il diritto di navigare in acque internazionali e chiunque ha l’obbligo di soccorrere persone in difficoltà. E questo è interessante, perchè mette appunto in luce il contrasto tra il Diritto marittimo internazionale che obbliga e impone il soccorso e quelle che sono poi invece le leggi interne sull’emigrazione, che identificano quelle persone come irregolari e in chi le trasporta verso terra un reo di un potenziale reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ricordiamo anche la vittima della "Pinar": il comandante della nave ha tenuto a bordo per cinque giorni il cadavere di una donna, incinta fra l’altro. Così, davvero si viola il diritto e si dimentica persino la pietà umana a queste situazioni drammatiche.

     
    D. - L’Unione Europea ha anche un’agenzia che si chiama Frontex, che si occupa del pattugliamento di quella regione. Come funziona quest’agenzia?

     
    R. - In realtà, coordina l’azione di pattugliamento sia marittimo che terrestre lungo le frontiere esterne dell’Europa. In realtà, in Sicilia, non si è fatto finora respingimento alla frontiera e quindi le tre missioni di Frontex, che si sono succedute negli ultimi anni, hanno fondamentalmente coordinato il pattugliamento e il soccorso in mare. Da quest’anno le cose cambiano, perché c’è il via libera della Libia per pattugliare con mezzi europei in acque libiche. Quindi, è molto probabile che dal 15 maggio Frontex opererà al limite delle acque territoriali libiche per riportare in Libia i migranti rifugiati intercettati in mare, nonostante le durissime accuse rivolte contro la Libia da Human Right’s Watch, da Amnesty International ed anche dal nostro Osservatorio Fortress Europe, che denunciano violenze nei campi di detenzione per stranieri. Sull’avvio di Frontex ci sono dei ritardi, proprio per gli scontri diplomatici tra Italia e Malta. La questione aperta è appunto dove portare gli immigrati intercettati in mare. Le acque di Malta dove prestare soccorso tecnicamente sono estremamente vaste. Malta non ha i mezzi per pattugliare quella zona e non vuole farsi carico dei migranti intercettati in quella zona, ma allo stesso tempo non vuole diminuire la propria zona di competenza delle acque internazionali.

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    Il 57% degli edifici lesionati dal sisma in Abruzzo supera le verifiche di agibilità. Sacerdoti del Cammino neocatecumenale in missione tra gli sfollati: una testimonianza

    ◊   Nelle aree colpite dal terremoto in Abruzzo, dove Benedetto XVI si recherà in visita martedì prossimo, sono state finora effettuate 8 mila verifiche degli edifici lesionati: di essi, "il 57% ha passato positivamente le verifiche, un 34% risulta invece compromesso, mentre il rimanente potrebbe essere reso agibile con interventi specifici''. Sono i dati aggiornati delle ricognizioni diffusi dall'Anci, l'Associazione nazionale dei comuni italiani. Prosegue, parallelamente l'inchiesta sui presunti abusi edilizi nell'area colpita e il procuratore della Repubblica dell'Aquila, Alfredo Rossini, ha affermato per i prossimi giorni "sviluppi piuttosto veloci". Intanto, sui luoghi del sisma sono arrivati in questi giorni circa 200 sacerdoti del Cammino Neocatecumenale. A gruppi di due, e per tre giorni, hanno portato una parola di conforto e l’annuncio del Vangelo alle molte persone riparate nelle tendopoli. Paolo Ondarza ha raccolto la testimonianza di uno dei missionari:

    R. - Abbiamo trovato le persone, senza dubbio, in grande disagio e difficoltà materiale evidente: persone senza casa, che hanno perso i loro cari. Abbiamo trovato però anche gente con spirito di accoglienza e disponibilità nel ricevere una parola, nel sentire questo annuncio dell’amore di Dio e della Resurrezione di Cristo. E’ stato di grande consolazione per loro.

     
    D. - Parlare di vita e resurrezione non è facile, in un contesto segnato da morte e distruzione...

     
    R. - Ci sono senza dubbio delle persone chiuse davanti a questa parola, ma noi andavamo con una parola che voleva essere innanzitutto una testimonianza. Partendo anche dalle nostre sofferenze quotidiane, cercavamo di far presente come Cristo - e questo è proprio il mistero pasquale - si sia fatto sofferenza per noi e Dio lo abbia resuscitato perché noi potessimo avere una speranza e il cielo aperto. Quando uno parla con la propria vita riesce anche ad aprire quelle porte chiuse o quei cuori che sono più difficilmente accessibili. Abbiamo avuto poi l’occasione di celebrare delle liturgie, che sono state momenti di preghiera molto forti, nei quali è apparsa la gioia, un senso di resurrezione in mezzo alla sofferenza.

     
    D. - La vostra missione in Abruzzo si conclude, ma di annuncio del Vangelo, in una terra tanto sofferente c’è sempre bisogno...

     
    R. - Senza dubbio, l’annuncio del Vangelo è necessario sempre, ovunque. E questa era la parola con cui noi abbiamo lasciato le persone che si sono mostrate più vicine a noi. Abbiamo ripetuto loro quello che gli angeli dicono alle donne: andate ad annunziare ai fratelli che Cristo ci aspetta, che Cristo è presente.

     
    D. - Tre giorni ad annunciare il Vangelo nelle tendopoli: un’immagine che porterà con sé?

     
    R. - L’immagine che mi viene in mente spontanea è la processione con la quale abbiamo concluso questa missione, prima dell’Eucaristia. Abbiamo preso l’immagine della Vergine Maria, che si trovava nella tenda-cappella, e l’abbiamo portata per tutta la tendopoli. Nel vedere la devozione della gente davanti a questo passaggio della Vergine Maria, lo spontaneo segnarsi con il segno della croce, il fare l’inchino con la testa, ha dimostrato che il popolo d’Abruzzo è un popolo che riesce ad alzare gli occhi al cielo e a ripartire ancora.

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    Millennium News: i telegiornali "di strada" promossi da Amref sulla realtà dei ragazzi degli slum kenyani. Intervista con Thomas Simmons

    ◊   Dare voce ai ragazzi di strada degli slum di Nairobi, in Kenya. E’ l’obiettivo di “Millennium News” l’iniziativa promossa da Amref insieme alla Rai e al Ministero degli esteri. Otto “telegiornali di strada” realizzati da giornalisti che in presa diretta e con il loro linguaggio descrivono la realtà che li circonda. Ogni filmato - in onda su Raitre a partire dal primo giugno - ruota intorno agli Obiettivi del Millennio, in gran parte ignoti all’opinione pubblica e di difficile raggiungimento entro il termine fissato, il 2015. L’iniziativa è stata presentata in questi giorni a Roma, c’era per noi Benedetta Capelli:

    “Good morning ladies and gentlemen, this is Millennium News”.

    Comincia così con una sigla intervallata dalle immagini degli slum di Nairobi e uno studio attrezzato in maniera colorata e vivace, quasi ad esorcizzare le difficoltà di vivere con un dollaro al giorno, ingegnandosi in mille mestieri: dal vendere la pelle di mucche per fare scarpe, al raccogliere e riciclare rifiuti, fino a fare il ciabattino. Lo scopo di "Millenium News" è di prendere coscienza della realtà effettiva dei ragazzi di strada, del loro ruolo e di quello che potrebbero avere. Amref ne ha coinvolti almeno 80 di età compresa tra gli 8 e i 20 anni: giovani cronisti chiamati a interrogarsi e interrogare sugli Obiettivi del Millennio, fissati dalle Nazioni Unite e certamente non raggiungibili entro il 2015. Thomas Simmons, direttore generale Amref Italia:

     
    “Lavorando con le comunità in Africa ci si rende conto che loro sanno benissimo di cosa abbiano bisogno e quali sono le loro soluzioni. Questo è un modo per cominciare ad ascoltare le loro soluzioni e i loro punti di vista e forse di cambiare il nostro approccio verso la cooperazione”.
     
    A colpire è la capacità dei ragazzi di proporre soluzioni. Libertà e pace, dicono alcuni di loro, aiuterebbero a cancellare la povertà, che un altro ragazzo di strada definisce come “la pioggia che può cadere su tutti”, ma certamente “non una malattia”. E soprattutto, per loro, “nessuno decide di essere povero”. Ancora Thomas Simmons:
     
    “Calcoliamo che l’infanzia in strada, ma anche semplicemente i poveri in Africa, non sono al corrente di avere dei diritti, che lo Stato è lì per servirli. E che cominciando ad esigere dei diritti - come l'andare in ospedale ed avere un infermiere o un medico che gli presta attenzione, l'andare a scuola, l'avere un insegnante che è lì per insegnare loro, perchè questo è il suo dovere - prendere coscienza di questo diritto è già un grandissimo progresso”.

    Stereotipi che cadono dunque come un castello di carte e a dimostrarlo è l’entusiasmo dei due conduttori del Tg: la prima è Mercy:

    “My experience is...
    La mia esperienza è stata positiva. Mi sono divertita ad avere persone davanti a me, a guardarmi nella telecamera, a fare interviste. Ho ricevuto tanti complimenti”.

    Una leggerezza che si scioglie subito dopo in un pianto, quando Mercy ricorda la sua vicina di casa, povera, ubriaca con tanti figli. Un’immagine nella quale si è rivista proiettandosi in un futuro senza speranza. Euforico per quanto ha vissuto è il suo collega Joseph:

    “The experience was really good...
    Un’esperienza molto bella. Ho incontrato molte persone. Ho capito che c’è tanta ignoranza e allo stesso tempo ho scoperto molte cose sul Kenya”.

    Un’esperienza dagli esiti sorprendenti nella quale si mette in gioco sé stessi, la propria diversità, ma si gettano i ponti per incontrare sempre di più l’altro, come sottolinea il regista di Millennium News, Angelo Loy, da anni collaboratore di Amref:

    “Esistono dei drammi, ma esiste al contempo anche una grandissima vitalità e uno spirito, nel senso di umorismo, e una volta che si supera la barriera tra bianco, nero, colore e così via, viene fuori con tutta la sua forza. Anni di colonialismo, anni di rapporto sbagliato tra Occidente e Sud del mondo hanno creato delle barriere espressive molto forti. Quindi, quando uno ha a che fare con certe realtà, questo muro può crescere. Loro non riescono ad esprimersi e tu non riesci ad avvicinarti: più ti avvicini e più la realtà sembra allontanarsi. Ma se si lavora insieme, invece, con uno scopo comune, lì viene fuori tutta la vitalità e le potenzialità di ognuno”.

    Una realtà difficile fatta di violenza e ferite, ma anche di sogni e soluzioni ai problemi quotidiani. Un’Africa che ha comunque una voce decisa.

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    Chiesa e Società



    Israele oggi si è fermata per ricordare le vittime della Shoah

    ◊   Alle 10 di questa mattina tutto Israele si è fermato per due minuti per commemorare la Shoah: persone immobili per le vie delle città, lavori sospesi, macchine ferme per le strade . Un lungo suono di sirena ha accompagnato il momento che ogni anno Israele dedica al ricordo delle vittime del nazismo. Il tema dell’Holocaust Martyrs’ and Heroes’ Remembrance Day di quest'anno è ”I bambini nell'Olocausto”. Ad esso vengono dedicate manifestazioni nello Stato ebraico e in diversi Paesi del mondo. Si calcola che delle 6 milioni di vittime della Shoah, circa 1 milione e mezzo siano bambini. Alla vigilia della giornata mons. Antonio Franco, nunzio apostolico della Santa Sede in Israele, ha affermato che “la Shoah è qualcosa che non può essere messa in discussione in alcuna maniera. Essa è per tutti un ricordo ed uno stimolo a creare quelle condizioni necessarie ad evitare queste aberrazioni”. Allo Yad Vashem - riferisce l'agenzia AsiaNews - le celebrazioni di oggi si sono aperte con il programma dedicato ai ragazzi in cui alcuni sopravvissuti hanno portato la loro testimonianza a gruppi di studenti. Dopo i due minuti di silenzio e la cerimonia con le autorità, cui hanno partecipato le massime cariche dello Stato israeliano, nella Hall of Remembrance è stata data lettura pubblica dell’elenco completo dei nomi delle vittime dell’Olocausto. Lo stesso è avvenuto alle 11 nella Knesset, il parlamento israeliano. Nella cerimonia di apertura delle celebrazioni, svoltasi ieri sera, il premier Binyamin Netanyahu ed il presidente Shimon Peres hanno condannato l’intervento del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad alla conferenza sul razzismo in corso a Ginevra. Peres si è detto “profondamente indignato “ delle dichiarazioni anti-semite del leader di Teheran e le ha definite “una disgrazia deplorevole”. Netanyahu ha affermato che “la più alta responsabilità dello Stato di Israele” è di non premettere che “chi nega l’Olocausto possa perpetrarne in futuro un altro ai danni del popolo ebraico”. (R.P.)

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    Terra Santa: con la visita del Papa i media israeliani faranno conoscere il cattolicesimo

    ◊   In Israele “c’è in generale una diffusa ignoranza sul cattolicesimo e sui cambiamenti rivoluzionari dell’atteggiamento della Chiesa verso l’ebraismo e il popolo ebraico in particolare”. Questo rende ancora più delicato il ruolo dei media nella copertura della prossima visita di Benedetto XVI in Terra Santa. Ad affermarlo, in un’intervista all’agenzia Cns è il prof. Daniel Rossing, direttore del Centro per i rapporti ebraico-cristiani di Gerusalemme. Il problema – dice lo studioso – è che il Cristianesimo non è insegnato nelle scuole”. Se viene insegnato qualcosa “è sulle Crociate e sull’Inquisizione, non esiste nessuno studio comparato delle religioni”. Analoga la diagnosi avanzata dal rabbino Ron Kronish, co-direttore del Consiglio di coordinamento interreligioso di Israele (ICCI), un organismo impegnato nella promozione della conoscenza reciproca dei credenti delle tre fedi monoteiste: “I ragazzi che escono dal liceo non sanno assolutamente nulla del Concilio Vaticano II. Non ho mai sentito di nessuno che si sia preso la briga di educare gli ebrei sui cristiani del dopo Concilio”, ha detto il religioso alla Cns. Secondo il prof. Rossing questa ignoranza, diffusa anche nella comunità arabo-musulmana, spiega anche l’atteggiamento delle nuove generazioni verso la religione cristiana. Da una recente indagine condotta dal suo Centro in collaborazione con il Jerusalem Institute for Israel Studies, emerge che i meno tolleranti verso il cristianesimo sono proprio i più giovani. Un risultato che - afferma lo studioso - non dovrebbe sorprendere: “Le persone tra i 18 e i 20 anni sono il prodotto dell’attuale sistema educativo. Essi non hanno alcun contatto con il mondo cristiano, mentre persone più mature hanno avuto altre esperienze”. Secondo Rossing, l’assenza di nozioni di base sul cristianesimo e sulla cultura cristiana impedisce agli israeliani di avere una corretta visione storica del mondo. In questo senso - sottolinea - la funzione dei media durante il prossimo pellegrinaggio di Benedetto XVI sarà cruciale. Proprio per preparare i media all’evento il Centro per i rapporti ebraico-cristiani di Gerusalemme ha organizzato un simposio qualche giorno prima dell’arrivo del Papa. (L.Z.)

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    Iraq: ancora violenze sui cristiani. Uccisi tre mandei

    ◊   Nonostante un relativo miglioramento delle condizioni di sicurezza, in Iraq non si fermano le violenze nei confronti dei cristiani. Le ultime vittime sono tre mandei, (un'antica comunità gnostica nota con il nome di cristiani di san Giovanni Battista) uccisi in un agguato domenica scorsa, a seguito del quale sono inoltre rimasti feriti altri tre fedeli della comunità di Baghdad, fra cui un bambino di sette anni. I tre – si legge in un comunicato diffuso dal rettore dei mandei e citato dall’Osservatore Romano – sono stati uccisi da gruppi anonimi che hanno fatto irruzione all’interno del negozio nel quale lavoravano. L’episodio è avvenuto a Tobji, nel distretto della capitale irachena. La comunità mandeana ha risposto a questo ennesimo attacco inviando una lettera al primo ministro iracheno, Nuri al Maliki, nella quale si esorta il governo ad individuare e punire i responsabili di questi efferati episodi, per porre fine alle continue violenze fisiche, rapimenti e uccisioni che hanno portato all’emigrazione di decine di migliaia di cristiani. Proprio nei giorni scorsi il vice presidente iracheno, Abdul Mahdi, ha esortato la minoranza cristiana a non abbandonare il Paese e ha chiesto l’aiuto della comunità internazionale per proteggerla dagli estremisti. Secondo numerosi leader religiosi cristiani, 200mila degli 800mila cristiani che vivevano in Iraq prima della seconda Guerra del Golfo, sono stati costretti ad abbandonare il Paese. (M.G.)

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    Russia: appello ai giovani del Patriarca Kirill: “A voi la costruzione del futuro”

    ◊   “Khristos voskrese!”,“Cristo è risorto”, ha ripetuto più volte il patriarca Kirill ai fedeli, che rispondevano: “Voistinu voskrese!” “E' veramente risorto!”. Cattedrale di Cristo Salvatore nella capitale russa, gremita di migliaia di persone, domenica scorsa, per la prima liturgia pasquale presieduta dal nuovo patriarca di Mosca e di tutte le Russie, che ha anche rivolto nell’occasione un commosso appello ai giovani russi: “A voi è affidata la costruzione del futuro del nostro popolo e della nostra Chiesa. - ha detto il patriarca citato da Avvenire - Possano le forze, i talenti, le capacità, donate a voi dal Signore, essere utilizzate per la realizzazione della santa volontà di Dio”. Parole raccolte anche dal presidente DmitriJ Medvedev e dal premier Vladimir Putin oltre che da metropoliti, vescovi, sacerdoti, diaconi e gente comune. Le chiese ortodosse che seguono il calendario giuliano hanno festeggiato infatti la Pasqua del Signore domenica scorsa. Una festa liturgica che ha visto sotto la nuova era del patriarca Kirill due importanti novità: il ritorno del rito della lavanda dei piedi il giovedì santo, ripristinata dopo svariati anni e l’introduzione della lettura, nella domenica pasquale, dei primi versi tratti dal Vangelo di Giovanni, quando afferma che “In principio era il Verbo”, in diverse lingue. In questo si è voluto vedere un simbolo per affermare l’universalità della Chiesa russa che non vuole essere solo nazionale. (A.V.)

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    Per Bartolomeo I la risurrezione è l'unica risposta alla disperazione dell'uomo di oggi

    ◊   Sulla vittoria della vita sulla morte e la speranza che fa nascere la risurrezione del Dio Uomo negli uomini, è impostato il messaggio pasquale del Patriarca ecumenico Bartolomeo, che vuole anche essere una risposta a coloro che, come i pensatori Nietsche e Sartre, e i loro seguaci, annunciano la morte di Dio. Queste dichiarazioni dei filosofi atei, rileva Bartolomeo, hanno sicuramente turbato le coscienze degli uomini. Ne è derivata una grande confusione nel campo dello spirito e della letteratura, dell’arte e pure di una certa teologia e, specialmente in Occidente, si è iniziato a dar voce anche a una “Teologia della morte di Dio”. La Chiesa naturalmente - sottolinea il Patriarca nel messaggio ripreso dall'agenzia AsiaNews - non ha mai avuto e non ha alcun dubbio che Dio sia morto. Questo è avvenuto nel 33 d.C., sul monte Golgota, a Gerusalemme, durante Ponzio Pilato, il governatore romano della Giudea. Dopo aver sofferto una passione inaudita, è stato crocifisso come un malfattore e, verso l’ora nona del venerdì, disse “E’ compiuto!” e rese lo spirito. Fin qui concordiamo con i filosofi. Accetteremmo anche che la chiese, i templi, siano dette “le tombe”, “i sepolcri” di Dio!. Tuttavia, continua Bartolomeo, noi conosciamo, viviamo e adoriamo il Dio vivente, come “un morto che è a capo della vita che dopo la tremenda passione sofferta è risorto. E questa, la risurrezione, è allo stesso modo una realtà storica innegabile che ha delle conseguenze benefiche su tutti noi per tutti noi. E’ risorto il Figlio di Dio, il Quale è allo stesso tempo anche Figlio dell’Uomo! E’ risorto Dio, con tutto il bagaglio dell’umanità: il Corpo che ha preso dalla natura immacolata della Santissima Madre di Dio, e la Sua Santa Anima. E’ risorto dai morti, “ha rigenerato Adamo risorgendo come Amico degli uomini”. E con Lui è risorto il vero sole della giustizia. Dobbiamo essere grati, conclude il Patriarca Ecumenico, che Dio è morto, perché la Sua morte è divenuta la nostra vita e risurrezione! Per fortuna, quindi, esistono tanti “sepolcri” nel mondo, tanti santi templi, dove può entrare liberamente colui che è addolorato, per liberarsi dalla propria morte. Per fortuna che esistono le chiese del Cristo Crocifisso, Morto, Risorto ed eternamente Vivente, in quanto l’uomo di oggi che vive nella disperazione, perché tradito da tutti i suoi idoli, da tutti i “deùcci” dalle idee fallaci, che gli hanno rubato il cuore, cioè l’economia, l’ideologia, la filosofia, la metafisica di questo tempo, trova rifugio, consolazione e salvezza. (R.P.)

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    Messico: i vescovi rinnovano la consacrazione del Paese allo Spirito Santo

    ◊   I vescovi del Messico, con una solenne concelebrazione eucaristica nel Santuario di “Nostra signora di Guadalupe” hanno rinnovato ieri la consacrazione del Paese allo Spirito Santo dando inizio così alla loro 87.ma Plenaria chiamata a “discernere il cammino di rinnovamento pastorale della parrocchie alla luce del documento di Aparecida” per dare anche uno “slancio alla Missione continentale”. Alla plenaria prendono parte 125 vescovi e 100 vicari pastorali di tutte le diocesi del Messico chiamati a riflettere sulla realtà odierna della parrocchia e sulle loro sfide e condizioni di lavoro. La Santa Messa, ieri, è stata presiduta dall’arcivescovo di Tlalnepantla, mons. Carlo Aguiar, presidente dell’episcopato, il quale nella sua omelia ha voluto ricordare che l’evangelizzazione, “primo e centrale scopo della Chiesa” e “possibile solo grazie al dono dello Spirito Santo. Oggi, ha aggiunto, i vescovi messicani, riuniti nel tempio di Tepeyac, ai piedi della madre di Guadalupe, vogliono rinnovare la consacrazione della nazione allo Spirito Santo così come fu fatto per la prima volta il 12 ottobre 1924 nella cornice del Primo Congresso eucaristico nazionale”. L’arcivescovo ha poi spiegato che questo atto di fede si compie tenendo presente “i gravi sintomi di decomposizione sociale e dunque, oggi come ieri, vogliamo proclamare a tutti che Gesù ha vinto sul male e che quest’esperienza può e deve essere rivissuta in Messico. Perciò oggi chiediamo al Signore di compiere ancora la sua promessa, fatta ai suoi discepoli, di concedere a tutti noi lo Spirito Santo”. Questo atto di consacrazione, il giorno della Pentecoste, il 31 maggio, sarà ripetuto in tutte le diocesi come fecero nel 1925 tutti i vescovi messicani. Mons. Aguiar ha anche rilevato con forza la presenza del male nella storia dell’umanità, “ripetitiva e ciclica” ha detto e poi ha spiegato che questo male “è sempre un dramma e una tragedia poiché spesso impone la legge del più forte e calpesta la dignità della persona”. Si tratta di una realtà che finisce per “generare una spirale di violenza che sembra non finire mai e che fa credere falsamente che la pace e il bene sono troppo lontani o irraggiungibili”. L’accenno alla violenza come espressione del male s’inquadra nelle preoccupazioni dei vescovi del Messico e, com’è stato anticipato, sarà uno dei temi sul quale si rifletterà a fondo. Infatti, il Paese, da diversi mesi attraversa un’ondata di atti violenti senza precedenti, in particolare nelle zone confinanti con gli Stati Uniti. Si tratta di una violenza legata soprattutto al narcotraffico e ai cartelli che controllano lo smistamento della cocaina verso gli Stati Uniti e più recentemente anche verso l’Europa. Della questione la settimana scorsa hanno discusso e preso importanti accordi, il Presidente messicano, Felipe Calderòn, e quello statunitense, Barak Obama. (L.B.)

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    Cile: pastorale sacramentale, ecologia e tossicodipendenza al centro della Plenaria dei vescovi

    ◊   Termineranno venerdì prossimo, con un documento finale i lavori della 97.ma Assemblea plenaria di vescovi cileni che ieri si sono aperti con la Santa messa presieduta dal nunzio apostolico mons. Giuseppe Pinto. L’agenda è molto impegnativa, ha precisato il vescovo di Rancagua e Presidente della conferenza episcopale mons. Alejandro Goic, il quale parlando con i giornalisti ha sottolineato: “Nel novembre scorso abbiamo realizzato la nostra visita ad Limina e nell’incontro con il Santo Padre abbiamo ricevuto un messaggio preciso. Ora dobbiamo tracciare un bilancio della visita e soprattutto rivedere quanto ci ha detto il Papa per situare questo magistero nel contesto del Piani pastorale 2008 – 2012, del documento di Aparecida e della Missione continentale”. D’altra parte, ha spiegato mons. Goic, in quest’occasione “come tema specifico d’approfondire abbiamo scelto quello delle sfide ecologiche, i problemi del ambiente che affronta il nostro Paese e che sono importanti e urgenti”. Altri temi che saranno trattati in questi giorni sono la pastorale sacramentale e quella concernenti il problema della tossicodipendenza e delle persone in essa coinvolte. I vescovi, in questa circostanza e in un modo del tutto eccezionale, si trovano riuniti nella città di Villarrica, nell’estremo australe, poiché domenica prenderanno parte alla consacrazione del nuovo vescovo mons. Francisco Javier Stegmeier, “per rendere visibile la comunione episcopale” ha rilevato mons. Goic che ha anticipato anche che il documento conclusivo della Plenaria sarà presentato alla stampa il 28 aprile. Con riferimento alla campagna elettorale in corso nel Paese, il presidente dell’episcopato ha detto che naturalmente il futuro del Paese, e le strade che potrà intraprendere, sono cose che preoccupano la Chiesa cilena senza però entrare nella controversia partitica. Il presule ha detto anche che “non si deve avere paura delle differenze e delle discrepanze ma che ciò, in nessun modo, può superare i limiti del rispetto reciproco e della trasparenza”. Interpellato dai giornalisti sull’indagine giudiziaria riguardo presunte connivenze tra case farmaceutiche e politica, mons. Goic ha espresso dolore “poiché queste cose danneggiano i poveri, in particolari i malati poveri”. “Dietro a questo - ha aggiunto prima di concludere - c’è quello che Papa Benedetto XVI ha già descritto: quando si mette al primo posto il lucro tutto il resto non conta; meglio se gli altri non sono importanti. Occorre ricordare che la prima cosa è la solidarietà e la condivisione, che sono le vie dell’uomo”. (A cura di Luis Badilla)

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    L’inaugurazione ieri dell’assemblea della Conferenza episcopale spagnola

    ◊   Con un importante discorso del cardinale Antonio Mª Rouco Varela si è aperta ieri a Madrid la 93.ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale spagnola. Dopo i consueti saluti e le informazioni sulle ultime novità sulla situazione dei vescovi, il cardinale Rouco ha affrontato alcuni importanti argomenti di grande attualità. “Un processo di deterioramento nella coscienza morale si é registrato anche in Spagna negli ultimi decenni riguardo al valore sacro della vita umana. Dal 1983, quando la legislazione ha introdotto la depenalizzazione dell’aborto, “la situazione è peggiorata nella realtà stessa e nell’ambito delle leggi”, ha affermato. La predicazione del vangelo della vita e della famiglia e la sua applicazione alla vita individuale e sociale non è un’azione politica in senso stretto. Anzi, riguarda la promozione dei valori che sono alla base di ogni sistema sociopolitico e senza i quali crollerebbe lo stesso ordinamento democratico privo della necessaria base morale. Occorre dunque una nuova evangelizzazione che porti alla formazione delle coscienze sul valore della vita fin dal suo concepimento fino alla morte naturale. Sulla disciplina scolastica denominata “educazione per la cittadinanza” il cardinale Rouco ha ricordato il diritto della famiglia e della scuola nella determinazione dei valori fondamentali da offrire nel sistema educativo. Una risposta alternativa, all‘attuale ordinamento legale sarebbe l’insegnamento dei diritti umani o sulla Costituzione spagnola, rispettando sempre il diritto dei genitori e della scuola sui valori morali fondamentali da insegnare. L’attuale crisi economica é stato uno tra gli argomenti più importanti nel discorso del cardinale Rouco. Da quando la precedente assemblea della Conferenza episcopale ha preso alcune misure concrete per far fronte a questa crisi, la situazione continua a peggiorare e a mettere in difficoltà anche l’intera struttura delle Caritas. Una gran parte dei fedeli chiedono un esame in profondità sulle cause etiche, individuali e sociali che hanno portato all’attuale crisi internazionale. Sulla prossima Giornata Mondiale della Gioventù prevista per il mese d’agosto dell’anno 2011 a Madrid, il cardinale Rouco ha precisato che non si tratta solo di alcune celebrazioni in un luogo e in un momento preciso ma un lungo cammino che bisogna percorrere in tutto il Paese con la collaborazione delle diocesi e di tutti gli agenti pastorali. Ed ha annunciato che dal 26 aprile prossimo la croce delle Giornate mondiali farà un pellegrinaggio lungo tutte le diocesi spagnole. Dopo la conferenza del cardinale Rouco, mons. Manuel Monteiro de Castro, nunzio in Spagna, ha pronunciato un breve discorso nel quale ha affrontato due argomenti: le reazioni alla lettera del Santo Padre sulla questione dei lefevbriani e la prossima celebrazione, a partire dal 19 giugno, dell’Anno sacerdotale. (Dalla Spagna, Ignacio Arregui)

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    Catalogna: alcuni istituti cancellano i riferimenti cristiani dalle festività del calendario scolastico

    ◊   Stravolgere le festività del calendario in omaggio di un distorto concetto di laicità. È quanto hanno deciso di fare alcune scuole pubbliche della Catalogna che hanno cancellato ogni riferimento alla tradizione cristiana attraverso acrobazie linguistiche incomprensibili. Ed è così che il Natale diventa la “festa d’inverno” e la Pasqua la “festa di primavera”. Ma la battaglia di retroguardia relativista raggiunge il grottesco con il giorno di San Giorgio, patrono di Catalugna, che si celebra il 23 aprile: in occasione della ricorrenza gli studenti festeggeranno i giochi floreali. Per gli stessi motivi, tramite una circolare, è stato naturalmente proibito agli insegnati di svolgere attività relative al Natale e alla Pasqua e di ornare le aule con simboli religiosi come il presepe. Fra gli istituti che hanno deciso di stravolgere il calendario ci sono il Cervantes e Arenal di Llevant. “Queste festività hanno assunto nella nostra regione un carattere profano – ha spiegato in un intervista alla stampa locale, poi ripresa da Avvenire, la responsabile del Cervantes Isabel Nadal -. Ed è giusto che i nomi vengano adeguati per non urtare la sensibilità dei laici”. La singolare decisione di questi istituti ha suscitato l’immediata reazione della comunità cristiana: l’associazione E-Cristians si è mobilità per chiedere al Dipartimento di educazione di riportare la normalità “lessicale e culturale”. D’altra parte l’associazione evidenzia che per nessun catalano il 25 dicembre è la festa d’inverno, “in tutto l’occidente lo chiamano da sempre Natale”. La guerra lessicale proclamata da queste scuole ha quindi il solo risultato di confondere gli allievi e di privarli delle proprie radici e identità. “La costituzione afferma la laicità dello Stato ma parla anche di collaborazione tra istituzioni e fedi religiose. – conclude il comunicato di E- Cristians – La a-confessionalità dello stato, pertanto, non implica la a scomparsa della religione dalla vita pubblica”. (M.G.)

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    Stato di New York: no dei vescovi alla legalizzazione dei "matrimoni omosessuali"

    ◊   Dopo il Vermont, l’Iowa, il Connecticut e il Massachussets, anche lo Stato di New York potrebbe presto legalizzare i cosiddetti “matrimoni omosessuali” Un disegno di legge in tal senso è stato presentato nei giorni scorsi dal Governatore dello Stato David A. Patterson. In concomitanza con l’annuncio, i vescovi delle otto diocesi dello Stato hanno riproposto una dichiarazione diffusa l’anno scorso, per chiedere al Congresso statale la bocciatura del provvedimento, per il quale, affermano, “non esiste alcun interesse pubblico e che indebolirà piuttosto che rafforzare l’istituto del matrimonio”. “Lo studio più elementare della storia, della sociologia, della biologia, o della teologica – si legge nel testo - dimostra la verità incontrovertibile che il matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna, che uno Stato non dovrebbe e non deve modificare”. Una verità, incalzano i vescovi, “che dovrebbe essere evidente a tutti”, credenti e non credenti. I presuli respingono quindi, ancora una volta, come fallace l’argomentazione secondo cui il matrimonio tradizionale è una forma “di ingiusta discriminazione contro persone omosessuali”. Ogni discriminazione “è sbagliata e dovrebbe essere respinta da tutti. Ma lo Stato non può ignorare la realtà della legge naturale o migliaia di anni di tradizione umana nel trattare questo argomento”. L’opposizione della Chiesa, puntualizza ancora il testo, “non va in alcun modo interpretata come una condanna delle persone omosessuali o un attacco contro la loro dignità umana”. Secondo i vescovi newyorkesi lo Stato ha il dovere di legiferare per eliminare eventuali discriminazioni contro coppie non sposate, ma non può approvare per legge relazioni omosessuali. Oltre New York, attualmente altri otto Stati dell’Unione stanno dibattendo a livello politico l'approvazione di legislazioni simili. Tra questi i vicini New Hampshire, il New Jersey e il Maine. In altri Stati, come ultimamente l’Iowa, la legalizzazione dei cosiddetti “matrimoni omosessuali” è stata decisa da una sentenza della Corte Suprema statale. (L.Z.)

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    I vescovi Usa denunciano l’utilizzo del Reiki negli istituti cattolici

    ◊   Il Reiki "non trova sostegno né nelle scoperte della scienza naturale né nella fede cristiana". Così recita il documento – citato dalla Zenit - elaborato dal comitato dottrinale della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti dal titolo le "Direttrici per la valutazione del Reiki come Terapia Alternativa". L’organo della Conferenza vescovi statunitensi, presieduto dal vescovo di Bridgeport, mons. William Lori, ha osservato che "la Chiesa riconosce due classi di cure: la cura mediante la grazia divina e la cura che utilizza i poteri della natura", che "non si escludono a vicenda". Sulla base di queste considerazioni si è quindi concluso che il Reiki, medicina alternativa giapponese, manca di credibilità scientifica ed è estranea alla fede cristiana, e per questo motivo è inaccettabile per le istituzioni sanitarie cattoliche. Le Direttrici indicano che questa tecnica di cura "è stata inventata in Giappone alla fine dell'Ottocento da Mikao Usui, che studiava i testi buddisti". "Secondo gli insegnamenti del Reiki – si legge ancora nel documento stilato dal comitato dottrinale -, la malattia è provocata da qualche tipo di disfunzione o squilibrio nell''energia vitale' di una persona. Un medico Reiki cura collocando le mani in certe posizioni sul corpo del paziente per facilitare il flusso del Reiki, l''energia vitale universale', dal medico Reiki al paziente". La terapia, spiega il testo, ha alcuni aspetti religiosi, venendo "descritta come un tipo di cura spirituale", con i propri precetti etici o "forma di vita". Ma il Reiki "non è stato accettato dalle comunità scientifica e medica come una terapia efficace", osservano le Direttrici. "Seri studi scientifici testimoniano che il Reiki manca di efficacia, così come di una spiegazione scientifica plausibile su come potrebbe essere efficace". Neanche la fede può essere la base di questa terapia, sostengono i vescovi, visto che il Reiki è diverso dalla "cura divina conosciuta dai cristiani". Per i presuli, "la differenza radicale si può vedere in modo immediato nel fatto che il potere di guarigione del medico Reiki è a disposizione dell'essere umano". Per i cristiani, rilevano, "l'accesso alla cura divina si compie attraverso la preghiera a Cristo come Signore e Salvatore". "Per un cattolico credere nella terapia Reiki presenta problemi insolubili - dichiarano le Direttrici -. In termini di cura della salute fisica propria o altrui, impiegare una tecnica che manca di sostegno scientifico - e anche di verosimiglianza - è in generale imprudente". A livello spirituale, il documento indica che "esistono pericoli importanti". "Per usare il Reiki bisognerebbe accettare, almeno in modo implicito, elementi centrali della visione del mondo che sta dietro alla terapia Reiki, elementi che non appartengono né alla fede cristiana né alla scienza naturale". "Senza giustificazione né della fede cristiana né della scienza naturale, quindi, un cattolico che riponga la sua fiducia nel Reiki starebbe agendo nell'ambito della superstizione, quella terra di nessuno che non è né fede né scienza". "Visto che la terapia Reiki non è compatibile né con l'insegnamento cristiano né con le prove scientifiche, non sarebbe appropriato che istituzioni cattoliche, come istituti sanitari e centri di ritiri, o persone che rappresentano la Chiesa, come i cappellani cattolici, promuovano o forniscano la terapia Reiki", termina il documento. (M.G.)

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    Solidarietà e bene comune al centro delle Giornate sociali cattoliche per l’Europa

    ◊   “Solidarietà. La sfida per l’Europa”. E’ il tema della prima delle sette sessioni di lavoro delle Giornate sociali cattoliche per l’Europa, promosse dall’8 all’11 ottobre a Danzica, in Polonia, dalla Commissione degli episcopati della Comunità Europea (Comece). L’obiettivo dell’incontro è di approfondire la realtà della solidarietà nell’Unione Europea sulla base del magistero sociale della Chiesa. I temi delle altre sessioni riguardano la persona umana e i suoi diritti, le famiglie in Europa e il modello socioeconomico. Il programma delle Giornate prevede anche sessioni incentrate sulla necessità della solidarietà come fondamento dell’Unione Europea, sul bene comune globale e sulle generazioni future. Presentando questi appuntamenti, il vicepresidente della Comece e presidente della Commissione preparatoria delle Giornate Sociali Cattoliche per l’Europa, mons. Piotr Jarecki, ha affermato che l’odierno modo di intendere la persona umana, il concetto di famiglia, le problematiche economiche, culturali e politiche confrontati con l’antropologia cristiana “permetteranno ai cattolici di rendersi conto sul punto in cui siamo”. Sarà anche l’occasione – ha spiegato mons. Jarecki – per “distinguere quali soluzioni, anche istituzionali, ma soprattutto quali scelte morali o trend culturali si concilino con il magistero della Chiesa”. Chi ha acquisito un’adeguata formazione - ha aggiunto il vicepresidente della Comece - dovrebbe trasformare “in progetti concreti gli insegnamenti delle omelie e delle encicliche sociali, senza perdere la propria identità e senza accettare intollerabili compromessi”. Le Giornate sociali cattoliche per l’Europa si ispirano alle Settimane Sociali promosse in vari Paesi del Continente. L’appuntamento di Danzica, in vista del quale è stato pubblicato nelle scorse settimane un Manifesto, “avrà una valenza simbolica poiché proprio in quella cittadina - ha ricordato mons. Jarecki - è nato nel 1980 il movimento di Solidarnosc che ha portato alla trasformazione dell’Europa”. L’incontro si terrà 30 anni dopo il primo viaggio in Polonia di Giovanni Paolo II, a 70 anni dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e 80 anni dopo il crack della Borsa di Wall Street. Ricordando anche questi eventi, nel manifesto si sottolinea che “per uscire dalla crisi e per assicurare una pace durevole, è necessaria una combinazione di valori personali e politici inclusi nel termine ‘solidarietà’ che, fondata sulla dignità umana e sulla libertà, è al centro dell’insegnamento sociale della Chiesa”. (A.L.)

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    Africa: emergenza meningite, servono due milioni e mezzo di vaccini

    ◊   Fame e meningite mettono in ginocchio diversi Paesi dell’Africa occidentale e centrale, dal Senegal all’Etiopia. Alla mancanza di cibo si unisce pure la virulenta malattia, che colpisce le membrane cerebrali a causa del meningococco, avente più di un sierogruppo. Rigidità della nuca e forte cefalea i sintomi nelle persone colpite dal virus, solitamente per via aerogena (saliva, sangue). Dall’inizio dell’anno sono state già 2519 le vittime. Il dato è stato diffuso dall’Unicef (Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia) che sottolinea – in una nota rilanciata dall’agenzia Misna - “l’urgenza di campagne di vaccinazione capillari”. Servono subito due milioni e mezzo di dosi per vaccinare la popolazione del Nigeria, la più colpita dall’epidemia, che ha ucciso 1701 persone. Trecentomila spettano al solo Niger, che insieme a Burkina Faso e Ciad contano numerose perdite di vite umane, così come a Mali e nel Togo. Secondo il Governo del Ciad sono 102 le vittime dal gennaio scorso. L’aggravarsi della situazione era stata denunciata a fine marzo anche dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità). Il flagello delle epidemie colpisce la popolazione di questi Paesi specie nelle stagioni più calde che vanno dal mese di gennaio a maggio. (A.V.)

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    Camerun: la Chiesa istituisce un'unità operativa contro la tratta dei bambini

    ◊   La Commissione Giustizia e Pace della Chiesa camerunese ha istituito nell’arcidiocesi nord-occidentale di Bamenda un’unità di protezione e riabilitazione dei bambini vittime della tratta di esseri umani. L’obiettivo – riferisce l’agenzia cattolica africana CISA - è di proteggere i soggetti più esposti a questo turpe traffico, particolarmente diffuso nei Paesi che si affacciano sul Golfo di Guinea: Camerun, Togo, Nigeria e Benin. “La tratta di esseri umani è contraria ai valori del Vangelo e Giustizia e Pace ha alzato un cartellino rosso contro i trafficanti”, ha spiegato la coordinatrice della Commissione diocesana Laura Naddin Ngwa al quotidiano “Cameroon Tribune”. Casi di bambini rapiti, o addirittura venduti dai loro genitori non sono rari in questa regione del Camerun: “Negli ultimi tempi più di 50 vittime sono state identificate nelle enclaves di Boyo, Bui e Donga Mantung che sono i principali serbatoi di rifornimento di bambini schiavi a causa della povertà dei loro genitori”, ha denunciato la responsabile. Le misure predisposte dall’arcidiocesi contro questa piaga comprendono campagne di prevenzione, la costituzione di gruppi di vigilanza nelle comunità e l’assistenza psicologica e il sostegno alle giovani vittime. Nella prevenzione rientra soprattutto l’informazione: così la popolazione viene messa in guardia sulla sorte che tocca ai bambini venduti, che spesso finiscono nel giro della prostituzione. Essa sta inoltre premendo sulle autorità locali per chiedere l’introduzione del carcere per i trafficanti, ma anche per i genitori che vendono i propri figli: “Il commercio di esseri umani - spiega la coordinatrice di Giustizia e Pace - è anche una forma di violenza e ai genitori diciamo di amare e proteggere e di non dare via i loro bambini, perché essere umani e rispettati risponde alla volontà di Dio, mentre essere venduti o comprati a scopo di sfruttamento è una cosa diabolica”. Come si ricorderà, quello della tratta di esseri umani è stato uno dei temi “caldi” del recente viaggio in Africa di Benedetto XVI. Al suo arrivo a Yaoundé, il Santo Padre aveva ricordato che in un Continente “che, nel passato, ha visto tanti suoi abitanti crudelmente rapiti e portati oltremare a lavorare come schiavi, il traffico di esseri umani, specialmente di inermi donne e bambini, è diventato una moderna forma di schiavitù.” (L.Z.)

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    La visita in Africa del preposito generale dei Gesuiti

    ◊   Il Superiore generale della Compagnia di Gesù, padre Adolfo Nicolás, è dal 15 aprile in Africa per una visita di poco più di due settimane che lo porterà in Ghana, Costa d’Avorio e Nigeria. Scopo principale della visita è la partecipazione all’incontro del JESAM, la Conferenza dei Superiori dei Gesuiti dell’Africa e del Madagascar, che si svolge da ieri fino a venerdì a Cape Coast, in Ghana. La prima tappa del viaggio è stata Abidjan, in Costa d’Avorio. Tra i numerosi incontri si segnalano quello all’ITJC, il teologato panafricano di lingua francese, dove sono presenti oltre trenta giovani gesuiti in formazione di varie Province dell’Africa; quello con il CERAP (Centre de Recherche et d’Action pour la Paix), un “Centro di educazione allo sviluppo e alla pace che intende in primo luogo promuovere la dignità della persona umana e la sana gestione dei conflitti tra tutti i settori della società”; e ancora, la visita alla parrocchia di Saint Philippe d’Abobo-Sagbé, in un quartiere povero alla periferia della città. Qui nel 1994 il P. Michel Guéry ha cominciato l’ASMU (Action Sociale en Milieu Urbain), un’opera sociale per andare incontro ai bisogni materiali e spirituali di questo agglomerato che conta circa 1.500.000 persone. Ad Abidjan il Superiore generale si è anche incontrato con vari gruppi che appartengono alla “Famiglia Ignaziana”: Movimento Eucaristico Giovanile (MEJ), le Comunità di Vita Cristiana (CVX) e altri gruppi di simpatizzanti. Sempre ad Abidjan, padre Nicolàs ha incontrato la Communauté du Chemin Neuf, una comunità cattolica a vocazione ecumenica che trae ispirazione dalla spiritualità di sant’Ignazio e da quella del movimento carismatico: vi si incontrano uomini e donne di diverse confessioni cristiane che scelgono di vivere, pregare ed evangelizzare insieme, senza rinunciare alla propria identità e alla comunione con le rispettive Chiese di appartenenza. Padre Nicolás farà rientro a Roma il 2 maggio. (L.Z.)

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    Anche i Francescani della Cina festeggiano gli 800 anni dell’approvazione della Regola di San Francesco

    ◊   I Francescani presenti in Cina si sono radunati nella diocesi di Feng Xiang della provincia dello Shaan Xi, per festeggiare gli 800 anni della nascita dell’ordine, segnata dall’approvazione della “protoregola” di san Francesco da parte di Papa Innocenzo III, in comunione con la grande famiglia francescana sparsa nel mondo. Durante la solenne Concelebrazione Eucaristica - riferisce l'agenzia Fides - sono stati anche emessi i voti perpetui. Diverse congregazioni che si ispirano al carisma francescano, provenienti dalle province di He Bei, Shan Xi, Shaan Xi, hanno preso parte della solenne Eucaristia presieduta da mons. Luca Li Jing Feng, vescovo 87enne della diocesi di Feng Xiang, (che era stato invitato dal Santo Padre al Sinodo e aveva scritto una lettera di ringraziamento al Santo Padre letta durante il Sinodo), insieme a 38 sacerdoti concelebranti. L’anziano vescovo ha esortato i Francescani a dedicarsi completamente alla missione “di riparare la casa di Dio in rovina”, contrastando con fermezza la secolarizzazione, il consumismo e il liberismo che danneggiano la Chiesa e la società, predicando il Vangelo con coraggio, offrendo la testimonianza di Gesù Cristo nella società cinese di oggi. (R.P.)

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    Il nuovo vescovo di Hong Kong indica le priorità pastorali

    ◊   Il rilancio delle vocazioni, soprattutto tra i giovani, e l’attuazione del Sinodo diocesano del 2001. Saranno queste le priorità pastorali di mons. John Tong Hon, chiamato a succedere al card. Joseph Zen Ze-kiun alla guida della diocesi di Hong Kong. Intervistato dall’agenzia Ucan, mons. Tong ha evidenziato che una delle sfide più urgenti della diocesi è la crisi delle vocazioni, conseguenza – ha detto - del materialismo e del benessere. Degli attuali 70 sacerdoti che svolgono il loro ministero a Hong Kong, solo 18 sono stati ordinati nell’ultimo ventennio e molti degli ultimi in età matura. La promozione delle vocazioni è dunque una priorità ed è un compito che interpella tutti i fedeli, sacerdoti e laici, ha sottolineato il vescovo: “Amministrare una parrocchia è difficile e i parroci hanno energie limitate, ma dobbiamo dare priorità alla formazione vocazionale”. Nell’intervista mons. Tong ha anche parlato dei punti di forza della diocesi di Hong Kong: tra questi la significativa presenza della Chiesa locale nel campo dell’educazione e della sanità e la partecipazione dinamica dei fedeli laici all’opera di evangelizzazione. Egli ha quindi affermato l’intenzione di proseguire l’attuazione del Sinodo diocesano del 2001, iniziata dal cardinale Zen. Tra gli impegni scaturiti dal Sinodo vi era stata la promozione della pastorale familiare e giovanile e l’intensificazione delle attività di formazione alla fede nelle parrocchie. Nato ad Hong Kong, 69 anni fa (70 il prossimo luglio), mons. Tong è stato ordinato sacerdote a Roma nel 1966, vescovo ausiliare della diocesi nel 1996 ed è stato nominato coadiutore del card. Zen nel gennaio 2008. (L.Z.)

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    Le reliquie di don Bosco in pellegrinaggio nel mondo per il bicentenario della nascita del Santo

    ◊   In preparazione al bicentenario della nascita di san Giovanni Bosco che si celebrerà nel 2015, il prossimo 25 aprile sarà presentata e benedetta a Valdocco, Torino, nella Basilica di Maria Ausiliatrice, l’urna contenente una reliquia del fondatore della Congregazione Salesiana che percorrerà i cinque continenti fino al 31 gennaio del 2014. Il pellegrinaggio della teca, che attraverserà le nazioni in cui sono presenti i Salesiani, è un’iniziativa voluta dallo stesso Rettore Maggiore della Congregazione, don Pascual Chávez Villanueva. Dopo aver presieduto l’Eucarestia, secondo quanto riferito dall'Agenzia Info Salesiana e ripreso dalla Zenit, don Pascual Chávez benedirà il reliquiario che sarà portato processionalmente dall’interno della Basilica di Maria Ausiliatrice al cortile esterno. L’urna, progettata dall’architetto Gianpiero Zoncu e realizzata in alluminio, bronzo e cristallo, è considerata un oggetto di considerevole valore artistico. Il basamento rappresenta un ponte sostenuto da quattro piloni sui quali sono riportate le date che definiscono il bicentenario: 1815-2015. I piloni sono decorati da formelle quadrangolari con volti di giovani dei cinque continenti realizzati dallo scultore Gabriele Garbolino. Lo stemma della Congregazione salesiana, che quest’anno celebra i 150 anni di fondazione, e il motto carismatico che adottò lo stesso Don Bosco – “Da mihi animas, cetera tolle” – completano la decorazione della teca. All’interno dell'urna è posta una statua di don Bosco simile a quella che si trova nell’urna conservata nella Basilica di Maria Ausiliatrice. Al termine della breve cerimonia di benedizione, l’urna inizierà il suo pellegrinaggio per il mondo. La prima tappa sarà il Lazio: dopo una sosta al Monastero Clarisse di Città della Pieve, l’urna passerà per alcune città - Frascati, Latina, Formia, Castelgandolfo, Genzano -, fermandosi in alcune opere salesiane della capitale. Il pellegrinaggio laziale si concluderà a fine giugno presso la Casa Generalizia dei Salesiani in via della Pisana per poi proseguire in America Latina. La prima tappa internazione del pellegrinaggio si snoderà nella Regione salesiana America Cono sud e attraverserà il Cile, l’Argentina, l’Uruguay, il Paraguay e il Brasile. (M.G.)

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    Roma: dal 23 al 25 aprile il “Meeting” degli insegnanti di religione organizzato dalla Cei

    ◊   “Io non mi vergogno del Vangelo (Rm 1, 16). L’Irc per una cultura a servizio dell’uomo” è il titolo del Meeting promosso dal Servizio nazionale Irc (Insegnamento della religione cattolica) della Cei, che si svolgerà a Roma dal 23 al 25 aprile. L’evento prevede che, per la prima volta, gli insegnanti di religione cattolica in Italia potranno ascoltare “una parola diretta” del Papa sull’Irc, “ricevendo nuovo vigore e sostegno nel difficile compito educativo”. Il tema della tre giorni, spiegano i promotori dell’incontro al Sir, “intende richiamare, da una parte, la portata umana del Vangelo, ispiratore della civiltà dell’amore nell’attuale contesto socio-culturale; dall’altra, l’Irc come disciplina scolastica a servizio della persona umana e della sua crescita integrale, per cui l’Idr esercita la sua professionalità docente con la sua identità credente e appartenenza ecclesiale”. Tutto ciò, partendo dalla consapevolezza che “la cura e la competenza con cui gli Idr svolgono la loro quotidiana azione scolastica è una risorsa non solo per la scuola, ma per l’intera società, giacché va incontro ai bisogni culturali ed educativi degli alunni e delle loro famiglie, mostrando un impegno educativo per la piena realizzazione dell’uomo”. Il Meeting Irc si articolerà in due momenti: il primo è il Congresso, in programma il 23 e 24 aprile a Roma al Jolly Midas ed è riservato a circa 500 persone in rappresentanza delle singole diocesi. Dopo l’introduzione di don Vincenzo Annichiarico, responsabile del Servizio Irc della Cei, è prevista la relazione del cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, su “L’insegnamento della religione cattolica oggi in Italia”, seguita da quella del ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini (“L’insegnante di religione cattolica una risorsa per la scuola italiana”). Il secondo momento del Meeting è il 25 aprile in Vaticano, al quale presenzieranno oltre 7 mila persone: dopo il saluto di mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, alle 12 si svolgerà l’incontro con Benedetto XVI, preceduto dal saluto del cardinale Bagnasco. Stando agli ultimi dati dall'annuario Irc, nella scuola dell'infanzia gli Idr specialisti non di ruolo sono 2.099, 19.857 gli insegnanti di sezione, 684 gli specialisti di ruolo. Nella scuola primaria gli Idr specialisti non di ruolo sono 4.036, 52.285 gli insegnanti di sezione, 4.422 gli specialisti di ruolo. Nella scuola secondaria di primo e secondo grado sono 8.407. (M.G.)

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    “Un paese non basta”, l’ultimo libro di Arrigo Levi che difende Pio XII

    ◊   “Che il clero ed i credenti, fossero stati i principali protagonisti del salvataggio di migliaia e migliaia di ebrei italiani ci apparve subito evidente ed è fuori dubbio”. Ma quali silenzi, sembra dire sull’indimenticato pontefice, Arrigo Levi, natio della comunità ebraica di Modena. “Nessuno di noi – continua il famoso giornalista e scrittore - si interrogò allora su quello che il Papa avesse o non avesse fatto. La cosa importante ci apparve allora quello che il Papa, o i preti, i frati, le suore, avevano fatto: non a caso l’ebraismo mondiale fu, subito dopo la fine della guerra, generosissimo di complimenti ed espressioni di gratitudine verso Pio XII. Impossibile immaginare che tanti sacerdoti avessero aiutato gli ebrei perseguitati (o i partigiani) e avessero dato la vita per salvarli, senza il consenso della Chiesa, fino ai suoi più alti livelli”. Sgombra il campo da ogni dubbio l’ex firma del Times, che ha presentato al pubblico, l’altra sera alla comunità di sant’Egidio, il suo ultimo volume dal titolo “Un paese non basta”. Un viaggio nei ricordi di Levi, che parla della giovinezza, del fascismo, della fuga in Argentina a seguito delle leggi razziali, il ritorno in patria, la divisa indossata per un anno in Israele e naturalmente del giornalismo. “Noi, i sopravvissuti, con il ritorno in Italia – è la sua testimonianza alla serata seguita dall’Osservatore Romano e di cui dà notizia l’agenzia Sir - ci rendemmo anche conto del debito che noi ebrei avevamo nei confronti di quello stuolo di giusti che avevano contribuito alla nostra salvezza, che non erano stati abbagliati dal carisma infernale di Hitler, che avevano rifiutato, con il rischio della loro stessa vita, di piegarsi alla logica allucinata del genocidio della nostra gente, motivati da un istinto profondo della natura umana, istinto di solidarietà, di carità e di amore del prossimo”. “Noi ebrei italiani – conclude la grande firma del giornalismo italiano - ci rendemmo conto che eravamo stati particolarmente fortunati” perché “avevamo trovato nel popolo italiano protezioni ed appoggi che altre comunità ebraiche europee non avevano forse trovato nei rispettivi Paesi”. Non è la prima volta che Levi difende il ruolo operato silenziosamente dalla Chiesa negli anni della persecuzione razziale. Già nell’ottobre del 2008 aveva affrontato l’argomento da diretto protagonista di eventi così tristi. E, l’altra sera a Roma, è tornato sulla vicenda: “Soltanto oggi ci si può chiedere come possa, il Papa, aver taciuto vedendo razziare, al di là del Tevere, gli ebrei di Roma, i «suoi» ebrei, senza recarsi a dire: fermatevi. Se lo avesse fatto, la Chiesa avrebbe vissuto un momento di gloria suprema. Ma migliaia e migliaia di ebrei non si sarebbero salvati”. (A.V.)

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    Al via il 23 aprile la maratona Gerusalemme-Roma: 1300 km sulle orme di San Paolo

    ◊   “Correre sulle orme di San Paolo” è il titolo della maratona-staffetta paolina che attraverserà cinque Paesi per un totale di 1300 km di marcia. La carovana, che partirà da Betlemme il 23 aprile e giungerà a Roma il 27 maggio, sarà inoltre scandita da convegni, veglie di preghiera e testimonial del mondo dello sport. Atto finale in Piazza San Pietro con il saluto del Santo Padre. La maratona è un grande evento sportivo, culturale e religioso organizzato dalla “Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport” in collaborazione con la Sezione Chiesa e Sport del Pontificio Consiglio per i Laici, l’ Ufficio nazionale per la Pastorale del turismo, sport e tempo libero e il Servizio nazionale per il Progetto Culturale della Conferenza episcopale italiana, il Centro Sportivo Italiano, l’Azione Cattolica Italiana, la Federazione Ciclistica, la Federazione Danza Sportiva, il Gruppo Sportivo dell’Esercito, l’Associazione “I Pellegrini” di Verona e i Papaboys. L’intento dei promotori, come indicato da Papa Benedetto XVI, è quello di riscoprire attraverso una testimonianza pubblica l’attualità e la forza carismatica di San Paolo nel bimillenario della sua nascita. Sarà dunque una grande opportunità per promuovere i valori, le virtù e i nuovi luoghi educativi dello sport. Infatti lo sport è un bene educativo prezioso per tutti i ragazzi e nessuno può esserne privato. Inoltre si vuole commemorare il 25.mo anniversario del primo Giubileo degli sportivi promosso da Giovanni Paolo II (Aprile 1984, Stadio Olimpico) e il grande patrimonio pastorale, culturale e spirituale affidato al mondo dello sport da Papa Wojtyła. Si partirà da Betlemme il 23 aprile passando per Gerusalemme e si giungerà a Roma il 27 maggio, dopo aver percorso le strade di Israele, Grecia, Malta, Italia e Città del Vaticano. In Grecia la maratona paolina sarà curata dall’associazione “I Pellegrini” di Verona. Giungerà in Italia il 6 maggio a Siracusa. Da Siracusa raggiungerà Catania per arrivare a Messina, da qui ci sarà “l’attraversata a nuoto” dello stretto fino a Villa S. Giovanni. (M.G.)

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    Pellegrinaggio messicano a San Paolo degli organizzatori del VI Incontro Mondiale delle Famiglie

    ◊   La Basilica di San Paolo fuori le Mura ha accolto oggi, pellegrini dell’Anno Paolino, gli organizzatori, religiosi e laici, del VI Incontro mondiale delle Famiglie svoltosi lo scorso gennaio a Città del Messico. A guida del pellegrinaggio, di oltre 250 persone, il cardinale Norberto Rivera Carrera, arcivescovo di Mexico, accompagnato da uno dei suoi ausiliari, il vescovo Jonás Guerrero Corona e da uno dei suoi vicari generali, mons. Enrique Glennie Graue, che ebbero responsabilità direttive dell’Incontro e che hanno concelebrato l’Eucaristia, presso il Sepolcro dell’Apostolo, con il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e mons. Grzegorz Kaszak, già segretario dello stesso Consiglio ed oggi vescovo in Polonia, nonché con una trentina di altri sacerdoti. A dare il saluto agli ospiti è stato il priore dell’Abbazia benedettina che ha ricordato come a questa Messa centrale della mattinata, dedicata ai pellegrini, partecipassero gruppi di italiani provenienti da Pisa, Salerno, Milano e dell’Austria. Anche il cardinale Antonelli ha salutato i numerosi pellegrini in quel momento riuniti attorno all’altare, di diverse culture e provenienza, e ricordati gli organizzatori dell’Incontro delle Famiglie, ha sottolineato la relazione speciale di affetto stabilita tra il Pontificio Consiglio con la Chiesa di Città del Messico e il popolo messicano. Il cardinale Rivera Carrera nell’omelia ha parlato dell’apostolo Paolo e della grazia dell’Anno Paolino. Gli ospiti sono stati quindi accompagnati in visita alla Basilica dall’arciprete cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo. (A cura di Graziano Motta)

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    24 Ore nel Mondo



    Emergenza umanitaria in Sri Lanka, mentre l’esercito annuncia l’attacco finale

    ◊   È emergenza umanitaria in Sri Lanka, mentre l’esercito annuncia una fase finale dell’attacco contro i ribelli dell'Esercito di Liberazione delle Tigri Tamil, che fanno sapere che non si arrenderanno mai. Il servizio di Fausta Speranza:

     
    È scaduto da qualche ora l'ultimatum dato alle Tigri tamil e l'esercito di Colombo ha sferrato l'attacco finale. Di fatto, si tratta di attaccare pochi chilometri quadrati nel nord del Paese ne quali i guerriglieri sono ormai asserragliati, avendo perso terreno altrove da tempo. Tantissimi civili sono già scappati, altri lo stanno facendo dalle aeree di Puthukudirippu e da Puthumathalan, attraverso la "No fire zone" (Nfz), l'area di sicurezza approntata dall'esercito nella quale ci sarebbero comunque diversi cadaveri di civili uccisi nei combattimenti. Al momento, sono oltre 49 mila i civili sfollati che in queste ore stanno raggiungendo le tendopoli allestite in aree protette. Secondo fonti dell'esercito cingalese, se ne attendono molte altre migliaia. Il punto è che i campi predisposti sono già al collasso: secondo le organizzazioni internazionali, come Croce Rossa, Nazioni Unite e Unicef, nelle tendopoli manca tutto, in particolare cibo e medicinali. A mezzogiorno, di oggi, le 8.30 in Italia, è scaduto l'ultimatum di 24 ore che il governo del presidente, Rajapaksa, aveva inviato al leader dei ribelli dell'Esercito di Liberazione delle Tigri Tamil, Vellupillai Prabhakaran, chiedendo la resa alle truppe dell'esercito. Alla scadenza dell'ultimatum, un leader dei ribelli fa sapere che non si arrenderanno mai. Così i militari hanno cominciato l'avanzata verso l'ultimo bastione delle cosiddette tigri nella parte nord orientale.

     
    Kenya
    Nella Rift Valley, zona centrale del Kenya, è sfociata in una battaglia notturna, con un bilancio di 24 morti e un numero imprecisato di feriti, la tensione che covava da tempo tra gli abitanti della zona e i Mungiki, setta segreta e fuorilegge che, secondo tutti gli osservatori, guida gran parte della malavita del Paese africano. I Mungiki controllano con spietata violenza moltissimi traffici, soprattutto quello dei trasporti. Proprio da un'ulteriore gabella imposta agli operatori del settore della zona (300 scellini al giorno, circa tre euro, molto per quelle aree) pare sia scattata una sorta di rivolta popolare, con la creazione di gruppi di autodifesa che cercavano di stanare ed uccidere i presunti membri della setta. Tutti i mungiki sono di etnia kikuyu.

    Pirateria: rilasciata una nave al largo della Somalia, attaccata una turca
    Una nave turca è stata attaccata la notte scorsa al largo di Port-Harcourt. I pirati nigeriani hanno preso in ostaggio il capitano e l'ufficiale di macchina. La nave Ilena Mercan, che batte bandiera turca, aveva fatto scalo a Lagos ed era in rotta verso il porto di Onne, nei pressi di Port-Harcourt. Trasporta materiali da consegnare al gruppo petrolifero francese Total. Intanto, al largo delle coste somale è stata invece rilasciata la nave battente bandiera giapponese sequestrata quasi cinque mesi fa. Liberi anche i 23 membri dell'equipaggio, sembra tutti filippini. Lo rendono noto a Nairobi fonti del Servizio di assistenza navale per l'Est Africa, precisando che è stato pagato un riscatto ma senza indicare la cifra. Ieri, era stata liberata una nave battente bandiera togolese che era stata sequestrata nel Golfo di Aden: anche in questo caso è stato pagato un riscatto: si parla di 100 mila dollari.

    Domani elezioni in Sudafrica
    Domani, il Sudafrica vota per rinnovare il parlamento. Sono le quarte elezioni generali dalla fine del regime segregazionista e l’instaurazione di un sistema democratico. Ampiamente favorito alla vigilia del voto l’African national congress (Anc), il cui leader Jakob Zuma appare il probabile successore alla presidenza della Repubblica. Non mancano, tuttavia, le incognite legate soprattutto alla difficile situazione economica e alla povertà diffusa. Una situazione che ha portato il Congresso del popolo, partito che raccoglie i leader del dissenso, a minacciare il predominio dell’Anc. Sulle ragioni della possibile perdita di consenzo dell’African National Congress Stefano Leszczynski ha intervistato Laura Mezzanotte giornalista esperta di politica sudafricana.

    R. - Molti sostengono che ci sarà effettivamente una perdita, causata sostanzialmente da una grossa disillusione delle persone, soprattutto rispetto alle politiche contro la povertà e rispetto alla criminalità. Però, ci sono stati anche grossi problemi interni all’Anc, che non ha dato grande immagine di sé negli ultimi tempi, perchè ha avuto scandali, corruzione, problemi che hanno lasciato una brutta immagine.

     
    D. - Tuttavia, c’è un’opposizione che sta diventando sempre più forte, con una nuova formazione politica...

     
    R. - Questo partito che è nato da qualche mese - il Cope - per molti è un partito risultato di una divisione interna tra l’ex presidente, Tabo Mbeki, e l’attuale e futuro presidente, Zuma. Sicuramente è un partito che toglie il voto di molti neri disillusi, ma anche di neri più “colti”, cioè persone che guardano alle cose in maniera pragmatica e non dal punto di vista ideologico, che appunto vede l’African national congress invece come il partito che ha liberato il Paese.

     
    D. - Quali sono le priorità per il Sudafrica che devono essere affrontate?

     
    R. - Le priorità di tipo sociale sono sicuramente quelle legate alla povertà: c’è ancora una sostanziosa quantità di popolazione che vive in condizioni di povertà - povertà che vuol dire soprattutto mancanza di case. L’altra è il crimine, e poi una possibile preoccupazione sulla situazione economica come riflesso della crisi mondiale.

     
    D. - Quando si parla di Sudafrica il pensiero ovviamente va ad uno dei suoi grandi personaggi contemporanei, cioè Nelson Mandela. Come mai pur avendo un ruolo di "padre della patria" non ha un’influenza particolare sullo svolgimento della politica attuale e soprattutto sulla soluzione dei problemi del Paese?

     
    R. - Mandela ha fatto una scelta, quando ha deciso di non fare più il presidente dopo il primo mandato e ha fatto la scelta di non essere parte diretta della politica del Paese e di essere invece una voce di coscienza per il suo partito, l’African national congress.

     
    Il presidente sudanese in visita in Etiopia
    Il presidente sudanese, Omar el Bashir, è arrivato stamani in Etiopia per una visita non annunciata in precedenza. Lo ha reso noto la tv satellitare Al Jazira. Secondo fonti diplomatiche il presidente sudanese, contro il quale il 4 marzo scorso la Corte penale internazionale (Cpi) dell'Aja ha spiccato mandato di arresto per crimini di guerra, avrà incontri bilaterali col governo etiopico. Quello di oggi è il sesto viaggio all'estero di el Bashir da quando è stato emesso il mandato della Cpi.

    Iraq-Siria
    Alla guida di una vasta delegazione, il primo ministro siriano, Muhammad Naji al Utri, è giunto questa mattina a Baghdad per una visita di due giorni su invito del suo collega iracheno, Nuri al Maliki, destinata a rafforzare ulteriormente i rapporti tra i due Paesi. “Il premier siriano presenzierà alla riunione dell'Alto comitato congiunto Iraq-Siria, a cui prenderanno parte anche i ministri siriani del Petrolio, Finanze, Interno, Economia, Sanità, Trasporti, Industria”, ha detto il portavoce governativo. Ali Debbagh, citato dall'agenzia Aswat al Iraq. La delegazione siriana, ha aggiunto Debbagh, “firmerà diversi accordi per rafforzare la cooperazione nei settori finanziari e commerciali”. Dopo decenni di difficili rapporti politici e diplomatici, Siria e Iraq si sono riavvicinati verso la fine del regime di Saddam Hussein, deposto nel 2003. Nell'autunno 2006, Damasco e Baghdad hanno ufficialmente ripristinato i loro rapporti diplomatici, interrotti nel 1980, subito dopo l'inizio della guerra tra l'Iraq e Iran, storico alleato strategico della Siria.

    Italia e Colombia presentano a New York proposta di riforma dell’ONU
    Italia e Colombia, a nome dei Paesi del gruppo "Uniting for Consensus", hanno ufficialmente presentato oggi a New York ai 192 membri delle Nazioni Unite una nuova proposta per la riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il testo è stato illustrato al Palazzo di Vetro dall'ambasciatore italiano, Giulio Terzi, in occasione della riunione che ha chiuso la prima fase del negoziato sulla riforma. “Non è un offerta 'prendere o lasciare' - ha spiegato Terzi - è invece un pacchetto che affronta insieme tutti i diversi aspetti di una riforma da cui dovrà nascere un Consiglio di sicurezza più rappresentativo della realtà internazionale del ventunesimo secolo e più capace di reagire alle nuove sfide”. Maggiore efficenza, trasparenza nei metodi di lavoro, limitazioni al potere di veto, più spazio alle regioni del mondo meno rappresentate, a cominciare dall'Africa, e la prospettiva di un seggio europeo: sono questi i principali aspetti della proposta.

    Russia
    Prima svolta positiva a favore di un imputato della lunga vicenda processuale legata all'ex colosso petrolifero russo Yukos: un tribunale rionale di Mosca si è dichiarato a favore della liberazione anticipata di Svetlana Bakhmina, ex legale del gruppo energetico condannata per evasione fiscale. Bakhmina - ex capo dell'ufficio legale del fallito gigante petrolifero Yukos, guidato da Mikhail Khodorkovski - era stata condannata a sei anni e mezzo di prigione per evasione fiscale e malversazione nella Società Tomskneft. Il 21 ottobre scorso, aveva chiesto la grazia al capo del Cremlino, Dmitri Medvedev. A favore della donna, durante la sua ultima gravidanza, era stata promossa anche una petizione on line firmata da oltre 35 mila persone. Anche il Premio Nobel per la pace, Mikhail Gorbaciov, aveva chiesto al Cremlino la scarcerazione della detenuta.

    Osservatori OSCE fermati tra Georgia e Ossezia
    Alcuni osservatori dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) sono stati fermati per “attraversamento illegale della frontiera” tra la Georgia e l'Ossezia del sud. Lo riferisce l'agenzia Interfax citando il presidente della regione georgiana separatista, Eduard Kokoiti. “Gli osservatori dell'Osce hanno attraversato illegalmente la frontiera con l'Ossezia del sud nel distretto di Tskhinvali e sono stati fermati dalle nostre guardie di frontiera. Ora saranno portati a Tskhinvali al Ministero degli esteri dell'Ossezia del sud”, ha spiegato Kokoiti. “Le azioni degli osservatori dell'Osce hanno un carattere provocatorio e il Ministero degli esteri dell'Ossezia del sud farà una dichiarazione sulla vicenda”, ha aggiunto.

    Coree
    Slitta il vertice tra le due Coree, previsto per questa mattina nella città industriale di Kaesong a ridosso della frontiera, dopo che le parti non hanno trovato un accordo sulle modalità per avviare i colloqui. Si trattava del primo vertice annunciato dopo oltre un anno. L'incontro, il primo in assoluto tra emissari di Pyongyang ed esponenti dell'amministrazione sudcoreana guidata dal presidente Lee Myung-bak, dovrebbe essere incentrato sul destino della zona economica speciale di Kaesong, la città nordcoreana al confine dove ha sede un consorzio industriale intercoreano. Secondo quanto riferisce il portavoce del Ministero per l'unificazione sudcoreano, Kim Ho-nyoun, i delegati di Seul hanno varcato il confine intorno alle 8:45 locali, ma è mancata un'intesa sugli aspetti tecnici del vertice, come ad esempio il luogo preciso in cui tenere i colloqui, e la Corea del Nord non ha ancora formalmente indicato i nomi dei propri rappresentanti al vertice, “una cosa - ha detto il portavoce di Seul - mai vista prima”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 111

     
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