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Sommario del 20/04/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • La gratitudine del Papa per il sostegno avuto nei quattro anni di Pontificato: le reazioni del cardinale Lajolo, di don Andrea Toniolo e Salvatore Martinez
  • Reso noto il programma della visita del Papa tra i terremotati d'Abruzzo
  • Udienze e nomine
  • Mary Ann Glendon: grande rispetto all'Onu per la voce del Papa e della Santa Sede
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Conferenza di Ginevra. Mons. Tomasi: Santa Sede presente per lottare contro razzismo e discriminazione
  • La vita umana prima di tutto: accolti in Sicilia i profughi rifiutati da Malta
  • Conclusa l’assemblea nazionale dell’Usmi: le riflessioni di Madre Ballarin
  • Koinè: a Vicenza la Rassegna internazionale di arredi e oggetti liturgici
  • Chiesa e Società

  • Orissa: gli estremisti obbligano i cristiani a votare i partiti indù
  • Egitto: due cristiani copti uccisi nella notte di Pasqua
  • Mons. Sako: no al ghetto per i cristiani nella piana di Ninive
  • Il nunzio in Israele: la Shoah non può essere messa in discussione
  • Mons. Crepaldi: l'individualismo corrode la solidarietà nelle famiglie e nel lavoro
  • La Chiesa del Salvador: se si indebolisce il matrimonio si colpisce la famiglia
  • Plenaria dei vescovi messicani sul rinnovamento pastorale delle parrocchie
  • La Chiesa brasiliana si mobilita per il Pellegrinaggio nazionale in favore della famiglia
  • Ecuador: giovedì il lancio della Missione nazionale
  • Cina: iniziata la distribuzione delle prime centomila Bibbie stampate da Taizé
  • L’Associazione degli universitari cattolici di Hong Kong in aiuto dei bambini poveri
  • Torna la lavanda dei piedi nella Pasqua ortodossa russa
  • Namibia: le Chiese cristiane preoccupate dalle crescenti violenze politiche
  • Nigeria: l’Associazione Cristiana chiede al governo di combattere i politici corrotti
  • Camerun: mons. Bakot invita i fedeli a far tesoro delle parole pronunciate dal Papa
  • L’attesa della Fondazione Follereau per la canonizzazione di padre Damiano
  • Marsiglia: dal 23 aprile il quarto congresso internazionale sulla disabilità
  • Convegno sulla spiritualità coniugale di Karol Wojtyla nella Cracovia del dopoguerra
  • Il cardinale Tettamanzi ricorda don Primo Mazzolari nel 50.mo della morte
  • 24 Ore nel Mondo

  • Tentativi per sciogliere la tensione sulla questione nucleare in Corea del Nord
  • Il Papa e la Santa Sede



    La gratitudine del Papa per il sostegno avuto nei quattro anni di Pontificato: le reazioni del cardinale Lajolo, di don Andrea Toniolo e Salvatore Martinez

    ◊   Mitezza d’animo unita a saldezza dottrinale. Mentre il Pontificato di Benedetto XVI inizia il suo quinto anno, è questo il “ritratto” del Papa che emerge con più insistenza nei commenti all’interno della Chiesa. In questi giorni di anniversari il Pontefice ha ringraziato più volte - con una riconoscenza intrisa di affetto - tutti coloro che lo hanno sostenuto e lo sostengono anzitutto con la preghiera. Una gratitudine che ha certamente tra i primi destinatari i collaboratori di Benedetto XVI. Alessandro De Carolis ha sentito uno di loro, il cardinale Giovanni Lajolo, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e presidente del Governatorato:

    R. - Questo grazie fiorisce sulle sue labbra e lo si nota, per esempio, in tutte le occasioni in cui lui incontra la gente: fiorisce sulle sue labbra perché ce l’ha nel cuore. In realtà, siamo noi tutti che dobbiamo grande gratitudine al Papa per il suo meraviglioso magistero e per la guida della Chiesa, molto sicura. Ma il Papa sa anche quanto è prezioso l’affetto dei fedeli e di tutta la Chiesa, che lo sostiene nel suo ufficio così unico. E’ un ufficio unico quello del Papa, ma questo non vuol dire affatto che il Papa sia solitario, sia isolato, come qualcuno dice. Chi dice che il Papa è isolato probabilmente vive in un altro mondo. Il Papa è circondato dal popolo, dai sacerdoti, dai vescovi e anche da tanti non cristiani, non cattolici, non credenti, che lo sostengono e quindi ringrazia. Questo è un corrispondere di affetti che c’è fra il Papa e gli altri. E’ questo "grazie" che così sovente fiorisce proprio dal cuore del Papa sulle sue labbra: così dolce, così sorridente, così amabile. Perché il Papa è uomo di alta dottrina: nessuno lo potrà negare questo, che si accetti o non si accetti quello che lui insegna. Tutti, però, devono ammettere che è un uomo di una squisita amabilità: un’amabilità sincera, non nascosta e fatta per maniera. E' ciò che lui sente. Rimango sempre meravigliato della sua disponibilità ad andare incontro agli altri, nel colloquiare, nel sentirsi non come uno che è sopra - e lo è - ma come uno che sente sempre questo affetto familiare che c’è nella Chiesa.

     
    D. - Nel suo cuore, cosa conserva del magistero e del Pontificato finora compiuto come momenti importanti?

     
    R. - Più che come momenti - e certo si può vedere le sue meravigliose encicliche, la Deus caritas est, la Spe salvi, che sono grandi momenti - più ancora di quello, mi piacciono le sue omelie che sono veramente di sapore sapienziale, nelle quali lui "rumina" insieme con noi la Parola di Dio e ce la fa comprendere in ciò che essa ha di valido per la nostra vita di tutti i giorni e anche per quel grande movimento che è la vita della Chiesa.

     
    Sentimenti analoghi hanno suscitato le parole di Benedetto XVI anche nel presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo, Salvatore Martinez, al microfono di Alessandro De Carolis:

    R. - Abbiamo profonda gratitudine al Signore per la capacità di questo Pontefice di coniugare la mitezza del cuore - che si esprime poi in questa capacità di resistere alle prove, alle difficoltà, alle incomprensioni, anche interne, che ha subito e di cui ci ha voluto dare notizia - con quella nobiltà e dolcezza di tratto umano che la gente, anno dopo anno, ha imparato a scoprire in lui e che, in fondo, è espressione della forza, dell’intelligenza e della passione umana che animano il Pontefice.

     
    D. - Dalla sua elezione ad oggi, Benedetto XVI ha sfidato e sfida continuamente il "pensiero unico", imposto da una certa cultura, basato sul “come se Dio non esistesse”. Come vede e vive lei questa sfida?

     
    R. - Direi che il Pontefice abbia riscritto questa espressione, provando a spingere gli uomini a vedere in che modo Dio, invece, esiste nella storia. Benedetto XVI ripropone non solo l’attualità del Vangelo ma la sua attuabilità in ogni ambito dello scibile umano, con un linguaggio fresco e spirituale. Credo che oggi più che mai il Pontificato di Benedetto XVI, che è in profonda continuità con il pensiero di Giovanni Paolo II, ci dica che la via di Dio è l’uomo: di un uomo ragionevole, di un uomo che non può mancare di un principio interiore, soprannaturale. Solo così possiamo rimuovere i conflitti che derivano dalle contraddizioni che ci sono nella natura umana. L’umanità ha bisogno di un ordine spirituale. Le crisi del nostro tempo sono in fondo lo smarrimento e la confusione degli uomini dinanzi alla nozione di bene e di male. Il Pontefice ogni giorno ci educa a richiamare le parole con il loro nome, a dire “bene” al bene e “male” al male.

     
    D. - C’è un’altra sfida, quella dell’unità della Chiesa, che lei poco fa ha ricordato, alla quale in più occasioni il Papa si è richiamato di recente. Qual è la risposta sua e del Rinnovamento nello Spirito Santo a questa sollecitazione?

     
    R. - E’ la cultura delle Pentecoste, la cultura del “noi”. La cultura della Pentecoste è l’antidoto alla cultura del relativismo che ha un veleno mortale: l’esaltazione narcisistica dell’Io. Questo messaggio oggi è chiaro agli islamici, agli ebrei, e, in fondo, è chiaro anche a coloro che si dicono atei ma con una laicità che non sconfessa il dialogo, la reciprocità. C’è da imparare, dall’umiltà del Pontefice e dalla forza dei suoi ragionamenti quanto questa umanità debba riscoprire il valore dello Spirito Santo, il pronome dello Spirito Santo che è il “noi”.

    Le omelie e le encicliche, dunque, ma anche i viaggi pastorali e le centinaia di udienze tenute in questi anni, rappresentano i documenti attraverso i quali il Papa ha espresso il suo ministero. Don Andrea Toniolo, preside della Facoltà Teologica del Triveneto, si sofferma sui tratti essenziali del Pontificato, nell’intervista di Federico Piana:

    R. - All’elezione cominciò dicendo: “Sono un umile lavoratore nella vigna del Signore”. Quindi, questi quattro anni di Pontificato ci hanno mostrato un atteggiamento molto umile, semplice, di questo Pontefice che, tuttavia, ha lavorato su alcuni settori, su alcuni solchi molto importanti. Mi pare di poter dire che forse il primo grande carisma, dono e compito che ha assunto questo Pontefice è quello del “munus docendi”, cioè il dono è il compito dell’insegnamento. Soprattutto, questa capacità di insegnamento e di comunicazione della fede, si esprime attraverso la sua predicazione domenicale, le catechesi, che sono comunicazioni straordinarie, semplici, ma profonde della fede, e attraverso i suoi testi, di cui ricordo in particolare le due encicliche, che sono due documenti, due lettere – la parola enciclica vuol dire “circolare” – due lettere circolari rivolte a tutti i cristiani su due temi: il tema del Dio amore, della carità, e il tema della speranza.

     
    D. - Molti all’inizio hanno detto: è un Papa teologo che non ha la capacità di comunicare. Invece abbiamo visto in questi quattro anni che è vero il contrario…

     
    R. - Penso che basti ascoltare anche il breve pensiero che richiama il Vangelo della domenica, dove in pochissimi minuti riesce a condensare il significato del Vangelo, attualizzandolo. Direi che la capacità di comunicazione è tipica di questo Pontefice: tradurre in maniera semplice e accessibile a tutti il messaggio della fede cristiana. Ed è un dono. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Reso noto il programma della visita del Papa tra i terremotati d'Abruzzo

    ◊   La Sala Stampa della Santa Sede ha reso noto il programma dettagliato della visita in Abruzzo che Benedetto XVI compirà il prossimo 28 aprile nelle zone terremotate. Il Papa arriverà verso le 9 in elicottero presso la tendopoli di Onna, dove visiterà gli sfollati e pregherà per i defunti. Quindi, alle 10, raggiungerà l’Aquila e sosterà alla Basilica di Collemaggio per venerare l’urna di Celestino V e deporre come omaggio uno dei Pallii Pontifici. Il Papa compirà poi una breve sosta presso la Casa dello studente, sotto le cui macerie hanno trovato la morte otto giovani. Il Pontefice incontrerà un gruppo di studenti, quindi verso le 10.45 sarà nella caserma della Guardia di Finanza di Coppito. Sul piazzale della caserma, Benedetto XVI si intratterrà dapprima per un breve saluto con i sindaci e i parroci dei paesi più colpiti dal sisma e quindi, alle 11, rivolgerà un discorso anche ai fedeli e al personale impegnato nei soccorsi, che sarà concluso dalla preghiera del Regina Coeli. E davanti alla statua della Madonna di Roio, Nostra Signore della Croce - portata per l’occasione - il Pontefice deporrà una rosa d’oro. Infine, verso le 12 Benedetto XVI ripartirà in elicottero, sorvolando alcune delle zone terremotate prima di rientrare in Vaticano. Sulla situazione in Abruzzo, il servizio di Salvatore Sabatino:

     
    A due settimane dalla prima fortissima scossa, l’Aquila e la sua provincia sono alle prese con un lento ritorno alla normalità, che passa anche attraverso la riapertura di numerose scuole e di oltre 100 negozi. Ma il centro storico del capoluogo abruzzese resta sigillato, a causa del pericolo di crolli. E mentre già si pensa alla ricostruzione, gli inquirenti indagano sulle presunte responsabilità dei costruttori nel cedimento di alcune strutture di recente edificazione. Per il procuratore capo della Procura della Repubblica dell’Aquila, Alfredo Rossini, “nel giro di 4 mesi si potrà giungere ai primi risultati concreti nelle indagini”. Intanto il governatore della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, ha sottolineato che il 70% delle case è agibile o agibile con piccoli interventi, pur nella consapevolezza che nessuno torna nelle proprie abitazioni per la paura di nuove scosse: una di magnitudo 3.1 sulla scala Richter è stata avvertita dalla popolazione alle 9.13 di questa mattina. Infine, da segnalare, che continua a muoversi concretamente la macchina degli aiuti: dalla Caritas Italiana, la notizia che dal 6 aprile scorso, giorno del sisma, sono stati raccolti 3 milioni di euro in offerte, cifra alla quale vanno ad aggiungersi i 5 milioni donati dalla Conferenza Episcopale Italiana. A questi soccorsi andranno sommati i fondi raccolti nella colletta nazionale promossa ieri dalla Cei in tutte le chiese d'Italia. All’Aquila abbiamo incontrato padre Luciano Antonelli, del Convento di Santa Chiara, che era in fila ad una postazione mobile dei Vigili del Fuoco che raccoglieva le richieste per recuperare gli oggetti personali dalle case lesionate. Ascoltiamo questa testimonianza:

     
    R. - Questa mattina siamo in fila per andare a recuperare le cose preziose che abbiamo nella sagrestia: paramenti sacri, coppe e calici, tutte queste cose ancora rimaste lì. Alcune cose personali le abbiamo già recuperate, ora ci restano queste, e poi la grande biblioteca; insomma, dobbiamo fare ancora molte cose.

     
    D. – La struttura è stata danneggiata dal terremoto?

     
    R. – Fortemente danneggiata. Le mura perimetrali, a distanza, sembrano ancora buone; in realtà hanno delle profonde crepe, hanno ceduto i soffitti, è venuto giù anche il soffitto della Chiesa, la sagrestia, il coro. E’ una grande rovina.

     
    D. – Però il vostro ruolo, in questo momento, è anche quello di dare la speranza…

     
    R. – Possiamo dire che il nostro ruolo, adesso, si è intensificato, ancor più di prima, in quanto stiamo lavorando presso questi nostri fratelli e sorelle, nella stazione ferroviaria, nel campo principale – qui, di piazza D’Armi – e presso l’ospedale, che avevamo già in custodia, ed anche presso gli altri campi; stiamo girando davvero dappertutto. Quindi diciamo che la nostra azione di testimonianza e di vicinanza a questo nostro popolo è ancora aumentata.

     
    D. – La gente ha bisogno proprio della vostra vicinanza…

     
    R. – Tanta, tanta, anche se molte volte vuole riflettere, vuole fare per conto proprio; forse non vuole essere disturbata, però ha tanto bisogno di noi, e vengono sia a confessarsi, sia a chiedere consigli alle nostre funzioni religiose.

     
    D. – Vuole lanciare un messaggio a chi l’ascolta, in questo momento?

     
    R. – Dico a tutti questi nostri fratelli e sorelle che ci ascoltano che, una pietra dopo l’altra, ricostruiremo questa nostra città, ma non deve venir meno la fede, il fondamento che c’è nell’intimo di noi, l’amore verso il Cristo che è con noi, in questa circostanza, ancor più di prima.

    Anche Piànola, paese che dista 4 chilometri dall’Aquila, ha subìto pesanti danni durante il sisma del 6 aprile. Nel campo sportivo è stata allestita una tendopoli che ospita 700 persone. Qui abbiamo incontrato Carla D’Agostino, presidente dell’Associazione Pro-Civ di Nova Siri, in provincia di Matera, che gestisce il campo, e che ci racconta quali sono le difficoltà incontrate dalla popolazione:

    R. - La loro difficoltà riguarda soprattutto il seguito, ciò che avverrà dopo questo primo momento; perché per quanto riguarda, ad esempio, le derrate alimentari, l’organizzazione della tendopoli, l’accoglienza da parte nostra, dei volontari, loro sono molto soddisfatti. Ogni volta che parte un gruppo, loro piangono e fanno piangere anche noi.

     
    D. - Quando siete arrivati che situazione avete trovato?

     
    R. - La tendopoli era quasi tutta montata, però abbiamo sistemato tutta la parte dei percorsi. Poi, abbiamo sistemato le derrate alimentari all’interno dei container, abbiamo montato le docce e costruito quattro lavandini perché ce n’era uno solo disponibile. Qui, ci troviamo all’interno di un campo sportivo, per cui abbiamo utilizzato gli spogliatoi e c’era un solo lavandino, un solo bagno.

     
    D. - Voi siete considerati un po’ gli “angeli”…

     
    R. - Sì, abbiamo fatto amicizia con la gente del posto, ci siamo scambiati i numeri, ci chiameranno. Io ho detto loro: “se avete bisogno di qualcosa noi continuiamo la nostra mobilitazione”. Il nostro tempo, però, qui è finito perché ci diamo il cambio con altri gruppi.

     
    D. - Tra l’altro voi venite dalla Basilicata, una terra che è stata fortemente colpita dal terremoto…

     
    R. – Sì, il sisma del 1980 è stato qualcosa di incredibile e anche lì c’è il seguito, c’è ancora gente che continua a vivere le conseguenze del terremoto e, quindi, sappiamo cosa vuol dire. Noi nella fascia Metapontina non siamo stati colpiti direttamente da quel terribile terremoto, ma abbiamo vissuto di riflesso tutto lo sconvolgimento che tutto questo può portare.

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    Udienze e nomine

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina il cardinale Agostino Vallini, vicario generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma; un altro gruppo di presuli della Conferenza Episcopale di Argentina, in visita "ad Limina"; mons. Paul Richard Gallagher, arcivescovo tit. di Holdelm, nunzio apostolico in Guatemala. Al termine della preghiera mariana del Regina Cæli , di ieri, il Santo Padre ha ricevuto il cardinale Javier Lozano Barragán, presidente emerito del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute).

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Cuenca (Ecuador), presentata da mons. Vicente Rodrigo Cisneros Durán, per raggiunti limiti di età. Il Papa ha nominato nuovo arcivescovo metropolita di Cuenca padre Luis Cabrera Herrera, dell’Ordine dei Frati Minori, finora definitore generale del suo Ordine. Padre Cabrera è nato ad Azogues l’11 ottobre 1955. Ha frequentato il Seminario Minore francescano in Azogues e Quito, la Filosofia e la Teologia nella Pontificia Università Cattolica dell’Ecuador ed ha ottenuto il Dottorato in Filosofia presso l’Antonianum di Roma. È stato ordinato sacerdote il 3 settembre 1983. Ha svolto i seguenti incarichi: aiutante del maestro di novizi dell’Ordine e poi maestro di noviziato di Riobamba; membro del Consiglio Provinciale dell’Ordine, incaricato della pastorale vocazionale e della formazione degli aspiranti della provincia francescana; direttore dell’Istituto filosofico-teologico "Card. B. Echeverría" di Quito; segretario del settore per l’ecumenismo della Commissione Episcopale di Magistero e Dottrina della Conferenza Episcopale Ecuadoriana. Nell’ agosto 2000 è stato eletto ministro provinciale dei Francescani della Provincia dell’Ecuador e vicepresidente della Conferenza dei Religiosi. Dal 2003 è a Roma come definitore generale dell’Ordine per l’America Latina e il Caribe.

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    Mary Ann Glendon: grande rispetto all'Onu per la voce del Papa e della Santa Sede

    ◊   La Missione della Santa Sede presso le Nazioni Unite ha promosso in questi giorni un Simposio per commemorare il primo anniversario del discorso che Benedetto XVI tenne all’Assemblea Generale dell’ONU il 18 aprile dell’anno scorso, durante il suo viaggio negli Stati Uniti. L’incontro al Palazzo di Vetro ha visto la partecipazione di membri della diplomazia, del mondo accademico ed ecclesiale. L’ex ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, Mary Ann Glendon, ha tenuto il discorso principale. Tracey McLure l’ha intervistata:

    R. – What was impressive to me...
    Quello che per me è stato impressionante è che la voce della Santa Sede all’Onu sia così rispettata e il segno di questo rispetto è stato che non solo hanno riempito la sala quando il Papa è venuto, un anno fa, e gli hanno tributato una standing ovation alla fine, ma sono ritornati un anno dopo a riunirsi in un Seminario per riflettere e porsi domande su quello che ha detto. Quello che colpisce è una sorta di paradosso, perché se da una parte questa è un’organizzazione che come istituzione raramente agisce seguendo le raccomandazioni diplomatiche pronunciate dalla Santa Sede, dall’altra i singoli diplomatici sono interessati non solo ad ascoltare il Papa, ma desiderano anche ascoltare quello che la Santa Sede come osservatore permanente ha da dire sulle grandi questioni del nostro tempo. Io ho cercato di capire perché sono così interessati, quando così raramente sembrano prestare attenzione nel momento in cui effettivamente sono chiamati a votare. Penso che stia accadendo qualcosa. E’ chiaro che la voce della Santa Sede sia una delle più rispettate, persino forse la voce più rispettata alle Nazioni Unite. C’è un qualcosa che muove questi diplomatici come individui ad ascoltare gli argomenti discussi ad un livello superiore rispetto a quello della politica del potere.

     
    D. – Cosa è questo ‘qualcosa’?

     
    R. – Well, I think the something is...
    Penso che questo “qualcosa” sia molto chiaro: è ciò che si trova al cuore del discorso del Papa e al centro della diplomazia della Santa Sede all’Onu. E’ questo porre l’essere umano al centro dell’interesse e questa formulazione è oltremodo importante. Il Papa parla di un’idea della persona che non sia né individualista, né totalmente comunitaria nel senso che l’individuo si perde nella massa. I diplomatici desiderano sentirsi ricordare quale sia la loro missione. Il Papa un anno fa ha detto ai diplomatici che la diplomazia è l’arte della speranza. Penso che i diplomatici vogliano sentire a quali alti ideali sono chiamati come rappresentanti delle Nazioni Unite.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Non mi sento mai solo: all'Angelus, nel quarto anniversario di pontificato, gli auguri di Benedetto XVI alle Chiese orientali che celebrano la Pasqua.

    Il Papa - in occasione della conferenza dell'Onu a Ginevra sulla dichiarazione di Durban - chiede un'azione ferma e concreta contro ogni forma di discriminazione e intolleranza.

    Obama alla conquista dell'America: in rilievo, nell'informazione internazionale, le conclusioni del vertice di Port of Spain.

    Un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo "Il Governo somalo cerca concreto sostegno internazionale dopo l'introduzione della sharia".

    Nono centenario della morte del teologo Anselmo d'Aosta: in cultura, i contributi di Alessandro Ghisalberti, Stefano Maria Malaspina e Inos Biffi.

    Versioni di una morale flessibile: l'intervento di Maria Luisa Betri alla presentazione del libro "Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia" di Margherita Pelaja e Lucetta Scaraffia.

    La storia di un giornalista per caso: stralci dal libro autobiografico di Arrigo Levi "Un Paese non basta". 

    Nell'informazione religiosa, il gesuita Klemens Stock sull'annuale assemblea plenaria della Pontificia Commissione Biblica.

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    Oggi in Primo Piano



    Conferenza di Ginevra. Mons. Tomasi: Santa Sede presente per lottare contro razzismo e discriminazione

    ◊   In un clima di divisioni e assenze clamorose, si è aperta stamane a Ginevra la seconda Conferenza delle Nazioni Unite sul razzismo, la discriminazione razziale e la xenofobia, 8 anni dopo la prima svoltasi a Durban in Sud Africa. Oltre 150 i Paesi partecipanti, 30 i ministri degli Esteri e 4 i capi di Stato presenti, oltre ad una delegazione della Santa Sede. Ad aprire i lavori è stato il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon. Il servizio di Roberta Gisotti.

     
    “Sono profondamente deluso” – ha esordito Ban Ki-moon – “rimpiango profondamente che alcuni abbiano scelto di farsi da parte”. E poi ha aggiunto “possiamo superare le divergenze”, quindi l’appello “a tutti i Paesi a considerare questo processo come un inizio e non una fine.''

     
    Le lunghe trattative e i compromessi raggiunti sulla bozza di dichiarazione finale per eliminare le accuse di razzismo contro lo Stato di Israele e i toni ritenuti antisemiti non hanno impedito l’assenza oggi a Ginevra di Stati Uniti ed Israele, che ricordiamo avevano già abbandonato la Conferenza di Durban. Ma la crepa nella casa ONU dopo 8 anni si è allargata ad Australia, Nuova Zelanda, Canada e in Europa a Germania, Olanda, Polonia ed Italia, che dopo consultazioni febbrili per raggiungere una posizione comune nell’Unione Europea hanno deciso di boicottare i lavori di Ginevra.

     
    A scaldare ulteriormente gli animi l’incontro ieri tra il presidente elvetico Merz e il presidente iraniano Ahmadinejad, verso cui si appuntano le critiche più aspre. Per questo l’ambasciatore israeliano ha abbandonato stamane Ginevra in segno di protesta, mentre il premier Netanyahu, ha sottolineato come nel giorno in cui Israele celebra la memoria della Shoah, la Conferenza contro il razzismo “accoglie un razzista e negazionista”. Grande attesa dunque per l’intervento di Ahmadinejad previsto nel pomeriggio, su cui pesa il monito della Francia, che lascerà l’aula alle prime dichiarazioni razziste o antisemite del capo di Stato iraniano, che questa mattina ha incontrato, a margine della Conferenza, Ban Ki-moon, forse nel tentativo del segretario generale dell’ONU di arginare uno scontro ancora più duro con i Paesi che hanno disertato Ginevra.

     
    Tornando all’intervento in aula di Ban Ki-moon, questi ha denunciato che il razzismo non è scomparso “e può essere istituzionalizzato, come l’Olocausto ma può anche esprimersi in modo meno ufficiale, sotto forma di odio verso alcune classi o persone particolari”, citando “l’antisemitismo” e “la nuova islamofobia”. “Le vittime del razzismo “ci guardano ma cosa vedono?" - si è chiesto il segretario generale dell’ONU: ''parliamo di tolleranza e mutuo rispetto, ma puntiamo l'indice gli uni contro gli altri e ci rivolgiamo gli uni agli altri le stesse accuse'' del passato, ha deprecato Ban Ki-moon, denunciando poi il traffico di esseri umani e le nuove politiche xenofobe in aumento. Per il capo dell'Onu, ''la discriminazione non sparisce da sola. Deve essere affrontata. Altrimenti può diventare causa di disordini e violenze sociali”. Ultimo monito: “dobbiamo essere particolarmente vigilanti in questo periodo di difficoltà economica''.

     
    Il Papa ieri al Regina Caeli, a Castel Gandolfo, ha ribadito la richiesta di “un’azione ferma e concreta, a livello nazionale e internazionale, per prevenire ed eliminare ogni forma di discriminazione e di intolleranza. Occorre, soprattutto – ha detto - una vasta opera di educazione, che esalti la dignità della persona e ne tuteli i diritti fondamentali”. Quindi ha sottolineato che “solo il riconoscimento della dignità dell’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, può costituire un sicuro riferimento per tale impegno”. Sulle polemiche alla conferenza Onu e il boicottaggio di alcuni Paesi ascoltiamo l’osservatore permanente della Santa Sede all'Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra mons. Silvano Maria Tomasi, al microfono di Sergio Centofanti:

    D. – Dal punto di vista della Santa Sede, noi guardiamo anzitutto alla sostanza di questa conferenza e, cioè, che in questo momento ci sono delle forme nuove di razzismo, che si manifestano in discriminazioni verso gruppi emigrati, verso comunità indigene, verso gruppi che sono economicamente emarginati. E, quindi, si vede la necessità di rinnovare, come propongono le Nazioni Unite, uno sforzo comune della Comunità internazionale per combattere il razzismo in tutte le sue manifestazioni. Il primo punto di partenza è che si tratta di una questione etica, cioè che non si può violare la dignità di nessuna persona, tutte le persone sono figli di Dio, di uguale valore. Davanti a questa necessità, la presenza nei negoziati e nella conferenza stessa, ci pare una necessità al giorno d’oggi, appunto per facilitare questo cammino della comunità internazionale nel trovare nuove forme per combattere le discriminazioni. Certo, l'assenza di alcuni Paesi crea un po’ di disagio, nel senso che non si capisce bene, dopo che l’ultimo documento del negoziato - che sarà il testo su cui questa conferenza si baserà per approvare le sue conclusioni - ha eliminato i punti che erano stati sollevati come punti di disaccordo. E, in particolare, vorrei citare la questione dell’antisemitismo: in questo documento viene riaffermato che bisogna combattere ogni forma di antisemitismo, di islamofobia e di cristianofobia. Si fa una menzione esplicita dell’Olocausto, che non si deve dimenticare, si fa poi una riformulazione del diritto alla libertà di espressione in maniera molto chiara, cioè dicendo che l’esercizio al diritto della libertà di espressione deve essere sostenuto e mantenuto. Quindi, non si capisce bene la ragione di queste assenze. Certo, il primo paragrafo del nuovo documento, dell’ultimo documento, riafferma la dichiarazione e il programma di azione della prima conferenza di Durban del 2001. E’, però, la prassi normale delle Nazioni Unite di fare conferenze di esame per vedere come sono stati applicati i programmi e le decisioni prese nella prima Conferenza. Perciò, non si poteva fare a meno di fare riferimento a questo documento, che era stato del resto approvato da tutti i Paesi che avevano partecipato a Durban, eccetto i due che erano assenti, gli Stati Uniti e Israele. Quindi, direi che in questo momento la conferenza è cominciata con una certa serenità. Ha parlato il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che ha deplorato l’assenza di alcuni Paesi, citando il presidente americano Roosvelt che diceva che è meglio essere nell’arena a combattere che essere assenti. Davanti a questo svolgimento io ho fiducia che si continui su questo cammino e che non ci siano delle occasioni di disturbo.

     
    D. – C’è stato anche chi ha criticato la Santa Sede per la sua partecipazione…

     
    R . – La Santa Sede non è legata a nessuna posizione politica di carattere immediato, va direttamente al cuore del problema, che è un problema umano di grande importanza: che la dignità di ogni persona deve essere valorizzata e rispettata e che non si può accettare che ci siano delle categorie di persone che vengano considerate inferiori o di minor valore per ragioni di razza o di appartenenza etnica o di confessione religiosa. E' importante che tutte le persone indistintamente siano protette e rispettate. Questo è il motivo di fondo che spinge la Santa Sede ad esser presente come ha detto il Santo Padre nel Regina Coeli di ieri. Quindi, noi ci muoviamo su questa direttiva che ci è stata indicata dal Santo Padre e camminiamo per migliorare la situazione, dialogando, invece che utilizzare metodi più aggressivi, che non creerebbero un dialogo sereno.

     
    D. - Per la Santa Sede occorre lottare contro ogni forma di discriminazione, contro l’antisemitismo e l’islamofobia, ma è crescente e meno considerata anche la discriminazione contro i cristiani sia dove sono un minoranza sia in Occidente….

     
    R. – Io ho avuto occasione di parlare all’ultima sessione del Consiglio dei diritti umani, non molto tempo fa, esplicitamente di questa necessità di guardare con più attenzione ai cristiani i cui diritti umani non vengono rispettati. Di fatto, fra tutte le confessioni e le religioni, i cristiani sono il numero più grande di persone che soffrono la violazione dei loro diritti. Si parla addirittura di 200 milioni di cristiani di tutte le confessioni che si trovano in situazioni precarie o in situazioni di discriminazione. Questo problema lentamente sta emergendo e entrando anche nella coscienza internazionale, ma penso che ci sia ancora un cammino piuttosto lungo da fare.

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    La vita umana prima di tutto: accolti in Sicilia i profughi rifiutati da Malta

    ◊   L’Italia chiede all’Unione Europea un intervento forte per il rifiuto di Malta ad ospitare i 140 immigrati salvati dal cargo “Pinar”, giovedì scorso. Oggi dopo un lungo braccio di ferro che ha obbligato la nave turca per quattro giorni a stazionare tra le coste italiane e maltesi, i migranti sono sbarcati in Sicilia, a Porto Empedocle. La Commissione UE si è intanto detta pronta a lavorare con entrambi i Paesi per fornire sostegno umanitario e per aiutare gli sforzi diplomatici. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Laura Boldrini portavoce dell’Alto Commissariato ONU per i rifugiati.

    R. – Questa vicenda ci ha insegnato ancora una volta che, di fatto, chi salva vite umane poi viene messo in condizioni difficili e, quindi, questo scoraggia altamente altri a fare lo stesso. Dal nostro punto di vista, come agenzia dell’ONU per i rifugiati, l’aspetto negativo della vicenda è che il ping-pong tra Stati danneggia sia i migranti e i richiedenti asilo, ma anche gli equipaggi responsabili che invece decidono di non tirarsi indietro e di rispettare le leggi del mare.
     
    D . – La vita umana prima di tutto…

     
    D. La vita umana prima di tutto, e nelle sedi opportune devono essere chiarite le responsabilità.

     
    D . – In questa vicenda Malta non ha aperto il proprio porto. Alla fine è stata l’Italia ad accogliere gli immigrati. Qual è il potere che ha l’Unione europea in situazioni di questo tipo?

     
    R. – Al momento ci sono delle Convenzioni internazionali ma anche degli emendamenti a queste Convenzioni che non tutti gli Stati hanno sottoscritto. Ad esempio, Malta non ha sottoscritto gli emendamenti alla Convenzioni Solas e Sar che sono proprio in merito al soccorso in mare, mentre l’Italia li ha firmati. E’ ovvio che poi questo causa un corto circuito, per cui è come se si rispondesse a due protocolli diversi. Sarebbe auspicabile che in sede europea si arrivasse a un codice comune di comportamento e che sia anche vincolante per tutti gli Stati

     
    D . – Malta è sulle rotte migratorie come la Sicilia, ma più volte la Guardia Costiera italiana ha salvato persone proprio nelle acque territoriali maltesi…

     
    R. – Sembrerebbe che lo scorso anno, addirittura il 60 per cento degli interventi di soccorso è stato fatto in acqua di competenza maltese. E’ vero che Malta ha dei limiti rispetto alla capacità sia tecnica, con mezzi adeguati, sia di assorbimento di una presenza più alta di immigrati o richiedenti asilo, però è anche vero che allora bisogna riconsiderare il sistema delle aree di competenza che spettano ad ogni singolo Paese, se poi data la dimensione del Paese questo non riesce poi a ottemperare ai suoi obblighi.

     
    D. – Qual è l’auspicio dell’Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite.

     
    R. – L’auspicio è che in qualche modo non si ripetano queste situazioni di stallo e che le persone continuino ad essere salvate e soccorse in mare. Poi, gli strumenti e le sedi devono essere decisi dagli Stati membri ma noi evidenziamo la necessità che questo avvenga.

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    Conclusa l’assemblea nazionale dell’Usmi: le riflessioni di Madre Ballarin

    ◊   “Quale profezia della vita religiosa femminile oggi in ascolto della Parola”: è stato questo il tema della 56.ma Assemblea nazionale dell’Usmi, l’Unione Superiore Maggiori d’Italia che si è conclusa venerdì scorso, a Roma. Delle riflessioni emerse Fabio Colagrande ha parlato con Madre Viviana Ballarin, presidente nazionale dell’Usmi:

    R. – Iniziando l’assemblea, auguravo a tutte le madri presenti che facessero un’esperienza, piuttosto che un tempo solo di ascolto o di riflessione. Mi pare che quando ci siamo salutate, dalle espressioni che sorgevano così spontanee, l’assemblea abbia raggiunto il suo obiettivo. L’esperienza in che cosa può essere consistita? Di essere andate al cuore di quella che è la nostra identità vocazionale. La parola “profezia” significa voler cercare di comprendere sempre di più come essere oggi presenti nel nostro mondo, laddove operiamo. La parola “profetica” vuol dire essere una parola, non tanto pronunciata con le labbra, ma testimoniata con la vita; una parola di Dio all’umanità del nostro tempo. Non è stato solo un ascoltare, uno scambiare opinione, ma è stato un sentire profondamente qual è la nostra identità.

     
    D. – Ecco, per le donne che scelgono la vita consacrata, quale compito profetico c’è davanti oggi, secondo lei?

     
    R. – Essere presenti ed essere gratuiti, rimanendo e abitando continuamente nell’incontro con una persona, vivendo la nostra vita quotidiana, che a volte è molto attiva, una vita che però potrebbe diventare agitata se non coltiviamo la consapevolezza, il desiderio e la nostalgia di abitare la Parola. Ma “parola” non è qualcosa di astratto. Lasciarsi abitare dall’incontro con una persona, che è la persona di Gesù Cristo, che nel suo eccesso di amore ci ha affascinate. E per un eccesso di amore ci siamo lasciate affascinare da Lui, per cui abbiamo deciso di abitare con Lui. Abitando con Lui, ecco che scaturisce con naturalezza questo essere presenti, essere presenti alla storia delle persone, degli eventi, dei fatti del luogo dove abitiamo anche fisicamente ed esserlo con amore gratuito.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Koinè: a Vicenza la Rassegna internazionale di arredi e oggetti liturgici

    ◊   E’ in corso in questi giorni a Vicenza, Koinè, ovvero la Rassegna internazionale di arredi, oggetti liturgici e componenti per l'edilizia di culto. Iniziata nel 1988 grazie all’interesse e al sostegno dell’Ente Fiera e della diocesi di Vicenza, è diventato in venti anni di attività un appuntamento nazionale e internazionale per tutti coloro che si interessano del vasto campo delle arti e dell’artigianato per la liturgia e per il culto. Dal punto di vista culturale Koinè si è proposto di far arrivare capillarmente il messaggio innovatore del Concilio Vaticano II agli operatori del settore. Sentiamo come, nell’intervista di Davide Dionisi con uno dei promotori dell’iniziativa, l’architetto mons. Giancarlo Santi:

    R. – Il gruppo che si è preoccupato con me di animare dal punto di vista culturale l'evento, ha cercato di tradurre in concreto caso per caso, il messaggio del Concilio Vaticano II. Noi ci siamo sforzati di proporlo e qualche effetto c’è stato. In particolare lo abbiamo notato per quanto riguarda i paramenti, c’è stata una certa evoluzione nel senso di una maggiore semplicità della decorazione, del taglio, delle impostazioni, credo anche per effetto dei nostri convegni e delle mostre.

     
    D. – Mons. Santi vuole spiegarci un po’ le diverse sezioni che animano Koinè?

     
    R. – C’è una parte prevalente, quella commerciale, con esposizioni di piccoli oggetti per la devozione personale, per i paramenti, per il culto, il settore delle campane; tutto ciò che può essere utile per la vita di una parrocchia. Poi, c’è il settore culturale che si compone di due parti: una serie di convegni a tema e un settore concorsi e mostre. Abbiamo sempre cercato di coinvolgere progettisti, designer, architetti, nella progettazione di oggetti di qualità. Questo anche per cercare di far vedere direttamente ai produttori che questo contatto era possibile e dava anche buoni risultati.

     
    D. – Quali sono le novità dell’edizione 2009 di Koinè?

     R. – E’ sostanzialmente un tentativo di guardare il percorso di questi venti anni e credo che alla fine guardando il lavoro fatto, ci renderemo conto che ci sono state davvero tante opportunità, tanti contatti e, soprattutto, ci siamo resi conto che il mondo del design e anche quello della moda si è lasciato coinvolgere attivamente ed è potenzialmente un alleato della Chiesa in questo campo. Scoprire questo è molto importante perché vuol dire che in futuro si potranno fare molti altri passi in avanti in quella direzione. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Orissa: gli estremisti obbligano i cristiani a votare i partiti indù

    ◊   “Fai la croce sul loto!”. È la minaccia che i cristiani del villaggio di Gujapanga, nel nord del Kadhamal, si sono sentiti ripetere ai seggi elettorali il 16 aprile, all’inizio della tornata elettorale in India. Il loto è il simbolo del Bharatiya Janata Party (Bjp) e i sostenitori del partito nazionalista indù hanno sorvegliato i villaggi del distretto dell’Orissa per intimidire dalit e cristiani. Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians, racconta ad AsiaNews di aver ricevuto da più villaggi notizie di intimidazioni come quelle di Gujapanga. Padre Ajay Singh, direttore del Jan Vikas, opera sociale della diocesi di Bubhaneswar, che ha girato per alcuni centri e paesi del distretto, racconta che “nei villaggi di Kattingia e Lingagada chi si è presentato a votare ha ricevuto minacce. A Nilungia, dove un cristiano tribale era stato ucciso nei mesi scorsi, la gente mi ha detto che almeno una quarantina di cristiani - fuggiti dopo le violenze dell’anno scorso - non sono tornati a votare per paura di essere picchiati”. Padre Singh afferma che di sfollati non rientrati nei loro villaggi per paura ce ne sono tanti: “Basta visitare Phirigada, Gunjibadi, Badabanga, Dodingia, Raikola, Chanchedi. Nella sola zona del mercato di Gudayagiri ci sono 43 famiglie fuggite dalle loro case, che vivono in condizioni pietose, ma non tornano a casa”. Stesso discorso vale per migliaia di sfollati che vivono ormai negli stati di Maharastra e Gujarat. Il sacerdote cita anche il caso di alcuni cristiani di Betticola, villaggio dove gli estremisti indù vogliono costruire un tempio sulle macerie della chiesa bruciata durante i pogrom dell’agosto scorso. “Nemmeno una delle 38 famiglie del villaggio risiede nella propria casa - dice padre Singh - e a sette cristiani che si sono presentati ai seggi è stato vietato di votare perché non avevano documenti. A nulla sono servite le loro spiegazioni. Hanno ricordato agli ufficiali elettorali che le loro carte di identità e i certificati erano stati bruciati durante le violenze". (R.P.)

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    Egitto: due cristiani copti uccisi nella notte di Pasqua

    ◊   Uccisi a colpi di colpi di arma da fuoco mentre tornavano alle celebrazioni della Veglia del Sabato Santo della pasqua del rito orientale copto. È successo a due cristiani copti nel villaggio di Hagaza, sulle rive del Nilo, nel sud dell’Egitto. Nell’agguato un terzo fedele è rimasto gravemente ferito. Secondo quanto riferisce AsiaNews a compiere l’omicidio sarebbero stati alcuni fedeli musulmani della zona, che poi sono riusciti a dileguarsi. La polizia locale pensa che si tratti di una vendetta inserita in una lotta tra clan che dura da anni. Fonti delle forze di sicurezza sostengono infatti che i due cristiani assassinati erano da poco usciti di prigione, dove avevano scontato tre anni di reclusione per l’accusa dell’omicidio di un musulmano avvenuta in scontri tra clan. Gli investigatori sono ora alla ricerca di quattro persone legate alla famiglia del musulmano ucciso anni fa. Dal 2002 ad oggi sono diversi i casi di omicidi frutto di vendette tra clan rivali. Ma quello che potrebbe risultare come semplice criminalità comune assume un significato più allarmante se si considera che nella maggior parte dei casi le vittime appartengono alla comunità di cristiani copti che rappresentano il 10% della popolazione egiziana, una minoranza inserita nei quasi 80 milioni di abitanti a maggioranza musulmana. (M.G.)

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    Mons. Sako: no al ghetto per i cristiani nella piana di Ninive

    ◊   Ai cristiani iracheni non serve un “ghetto” per vivere in sicurezza. È netta la contrarietà – raccolta dal Sir - dell’arcivescovo di Kirkuk, mons. Sako, al progetto di un’enclave per soli cristiani nella piana di Ninive, portata avanti da personalità irakene, politiche e religiose, fuori dell’Iraq. Per Sako “chiedere un’enclave per i cristiani è un gioco politico molto pericoloso: un ghetto porterebbe scontri settari, religiosi e politici”. Ma soprattutto “reclamare la creazione di un ghetto è contro il messaggio cristiano – spiega ancora il presule -, che ci vuole sale e lievito in mezzo alla pasta dell’umanità. Noi cristiani siamo una presenza significativa nella vita sociale e religiosa del Paese e siamo iracheni a tutti gli effetti”. L’arcivescovo di Kirkuk sostiene quindi che “l'avvenire dei cristiani iracheni deve essere studiato prima di tutto dai cristiani che vivono in Iraq: caldei, assiri, siri e armeni, attraverso la mediazione di competenti e disinteressati leaders politici, che devono prendere una posizione chiara sul futuro dei cristiani”. Mons. Sako punta così il dito contro “alcuni politici, intellettuali e anche religiosi che, dal di fuori dell'Iraq, chiedono l’istituzione di una zona autonoma”. “Un'interferenza che creerà problemi gravi. Queste persone - dice il vescovo - che vivono in sicurezza mentre noi cristiani dell'Iraq siamo spesso esposti ad attentati terroristici e alla morte, forse con il nobile intento di aiutarci, di fatto pretendono di decidere a nostro nome senza averne ricevuto il mandato”. “Ciò che invece costituisce un bene per la comunità cristiana di questo Paese – evidenzia infine mons. Sako - è incoraggiare l’unità della Nazione, la democrazia, la convivenza pacifica,  la cultura pluralistica, la promozione del riconoscimento dell'altro come persona umana nel rispetto concreto della sua dignità, la collaborazione con tutti per la costruzione di una società migliore, basata sul rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali sanciti dalla Costituzione nazionale e dal diritto internazionale”. (M.G.)

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    Il nunzio in Israele: la Shoah non può essere messa in discussione

    ◊   “La Shoah è qualcosa che non può essere messa in discussione in alcuna maniera. Essa è per tutti un ricordo ed uno stimolo a creare quelle condizioni necessarie ad evitare queste aberrazioni”. Così il nunzio apostolico in Israele, mons. Antonio Franco, alla vigilia della Giornata del ricordo dei martiri e degli eroi dell’Olocausto, che si celebra domani nello Stato ebraico , sul tema “I bambini nell’Olocausto”. Secondo quanto riferisce il Sir, anche il rappresentante vaticano parteciperà alle manifestazioni che si svolgeranno contemporaneamente in diversi Paesi del mondo. Il programma della giornata, diffuso dallo Yad Vashem, prevede, a Gerusalemme, alle ore 10, il suono delle sirene cui seguirà una solenne cerimonia alla presenza del presidente Shimon Peres e del premier Benjamin Netanyahu. Durante la cerimonia sei sopravvissuti accenderanno sei torce, mentre andranno in onda dei brevi video relativi alla loro testimonianza di vita. Per conoscere il programma completo si può visitare il sito www.yadvashem.org. (M.G.)

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    Mons. Crepaldi: l'individualismo corrode la solidarietà nelle famiglie e nel lavoro

    ◊   “Come la famiglia viene sempre più individualizzata, così anche il lavoro viene sempre più individualizzato” e il fenomeno della rarefazione familiare va di pari passo con la “corrosione della solidarietà nel mondo del lavoro”. È questo in sintesi l’allarme lanciato da mons. Giampaolo Crepaldi, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, nel discorso pronunciato al convegno sul tema “Lavoro e famiglia”, organizzato dal Forum delle persone e associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro, che si è svolto a Roma. Il Forum è stato animato dal Movimento Cristiani Lavoratori, dalla Compagnia delle Opere, dalla Cisl, dalla Confartigianato e dalla Confcooperative. Davanti a una platea di 800 persone il segretario del dicastero vaticano – ripreso dalla Zenit - ha spiegato che “la famiglia è soprattutto relazione”, il luogo della primordiale socializzazione della persona e che in famiglia “l’uomo apprende virtù e atteggiamenti che poi faranno la differenza anche nella società e sul posto di lavoro. Anche il lavoro è ormai soprattutto relazione”. In questo contesto mons. Crepaldi ha osservato come sia in atto un fenomeno che “indebolisce le capacità relazionali della famiglia e che si chiama rarefazione familiare”. A conferma delle preoccupazioni esposte dal presule ci sono i dati sulla famiglia di quasi tutti i paesi europei che mettono in evidenza che in famiglia le relazioni si stanno assottigliando a causa della diminuzione dei matrimoni e l’aumento delle convivenze, per i divorzi e le separazioni, per l’inverno demografico in atto, per il numero degli aborti e, da ultimo, per una certa prassi eugenetica che sta montando all’orizzonte. Aumentano le famiglie monoparentali e i figli unici. Aumentano i legami intrafamiliari ad intermittenza. Le esperienze di relazione, così, diminuiscono non solo in quantità ma anche nella gamma della loro qualità: sono sempre più limitate, di corto respiro, di breve durata e standardizzate. Mons. Crepaldi ha quindi criticato i nuovi modelli di famiglia, perché non è vero che “la flessibilità familiare sarebbe il congruo corrispondente della flessibilità lavorativa”, al contrario la moderna divisione del lavoro richiede “maggiore forza interiore, più sviluppate capacità di stabilire continuità di relazioni e stili di vita, una maggiore coerenza di visione” e quindi “più famiglia e non meno famiglia”. Per questo motivo c’è bisogno di nuove politiche che valorizzino e incentivino la famiglia tradizionale. Successivamente ha ricordato che la globalizzazione favorisce le concentrazioni ma assegna anche nuovi compiti al piccolo e al locale e che l’attuale crisi della finanza creativa ci rimette con i piedi per terra e ci richiama alla concretezza dei rapporti produttivi. Mons. Crepaldi ha poi sottolineato che “se il lavoro passa sempre più dalla società civile, esso passa sempre di più dalla famiglia, che della società civile è la prima cellula”. E’ infatti evidente che la famiglia svolge compiti sociali di fondamentale importanza, “innerva la rete del risparmio produttivo, dirotta energie verso la cura alla persona, fa da ammortizzatore sociale primario in tempi di crisi, anima il volontariato, stabilisce rapporti con la piccola industria e con il credito su base locale, sviluppa una educazione alla socialità di grande importanza per il lavoro”. Il Segretario del Pontificio Consiglio ha infine invocato politiche ‘family friendly’, quali la legislazione sui tempi e sulle condizioni di lavoro, la legislazione sui congedi e sulla sospensione del lavoro, misure per favorire i compiti di cura della famiglia, sostegni da parte di enti pubblici, imprese, terzo settore e reti informali. Tutto questo, ha concluso, al fine di “superare la logica individualistica da una parte e quella della programmazione rigida degli interventi da parte del solo Stato dall’altra” perché “sappiamo che si tratta di un corto circuito che ha già provocato molti danni in passato”. (M.G.)

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    La Chiesa del Salvador: se si indebolisce il matrimonio si colpisce la famiglia

    ◊   L’arcivescovo di San Salvador, mons. José Luis Escobar, ha rinnovato ieri la richiesta indirizzata all’Assemblea nazionale affinché sia approvata la riforma costituzionale che protegge il matrimonio eterosessuale escludendo così qualsiasi tentativo, e non mancano, di creare le premesse per legalizzare le unioni omosessuali. In questi giorni l’Assemblea discute su diversi emendamenti costituzionali e tra questi, entro il 30 aprile, data ultima, dovrà ratificare o rifiutare la modifica costituzionale della legislatura precedente che sanciva l’unione eterosessuale come l’unica legale e possibile da definire come “matrimonio”. In questo Paese centroamericano le riforme costituzionali seguono un percorso particolare poiché devono essere fatte da una legislatura, ma al tempo stesso devono essere sancite o cancellate dalla legislatura successiva. Ed è questo ciò che dovrà accadere entro la fine del mese e per approvarla occorrono almeno 56 voti degli 84 legislatori. Per ora, secondo la stampa locale, la ratifica della modifica così come auspica la Chiesa avrebbe un sostegno di 52 voti, ma diversi partiti non si sono ancora pronunciati. Il partito al governo, che sostiene il presidente Mauricio Funes, il “Fronte Farabundo Martì per la liberazione nazionale”, solo oggi deciderà la sua posizione e al riguardo è in corso un dibattito interno molto vivace. Mons. Escobar, ha precisato ieri che a suo avviso non si tratta di un principio giuridico che si vorrebbe “stabilire e sancire per andare contro qualcuno. Al contrario di quanto dicono alcuni - ha aggiunto - non è una proibizione, bensì la salvaguardia della natura ultima e vera del matrimonio; una difesa della sua missione e della sua funzione nella società”. Ricordando che quando si indebolisce il matrimonio si indebolisce la famiglia e dunque la società, il presule ha chiesto che “la questione non venga politicizzata e mal interpretata, anche perché in questa richiesta si riassumono molti valori in cui il popolo salvadoregno crede e si riconosce”. Perciò, ha concluso l’arcivescovo, la cosa naturale sarebbe “che i partiti lasciassero libertà di coscienza ai legislatori”. Oggi, mons. José Luis Escobar andrà alla sede dell’Assemblea nazionale per consegnare 200mila firme che sono state raccolte a sostegno della ratifica della riforma. (A cura di Luis Badilla)

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    Plenaria dei vescovi messicani sul rinnovamento pastorale delle parrocchie

    ◊   Da oggi al 23 aprile, i vescovi del Messico si riuniranno a Città del Messico per la 87.ma Assemblea plenaria della Conferenza dell’episcopato messicano (CEM), allo scopo di “discernere il cammino di rinnovamento pastorale delle parrocchie, alla luce di Aparecida e nell’impulso della Missione continentale in Messico”. Parteciperanno all’Assemblea - riferisce l'agenzia Fides - 125 vescovi e 100 vicari episcopali di Pastorale di ognuna delle chiese particolari del Paese. In accordo con il tema centrale, “La Parrocchia”, lo strumento di lavoro sarà il documento conclusivo di Aparecida, soprattutto per il contenuto relativo della parrocchia. L’apertura dell’incontro ha luogo nella basilica di Guadalupe, con la celebrazione della Giornata del Papa e la Consacrazione del Messico allo Spirito Santo. L’Eucaristia sarà presieduta da mons. Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Tlalnepantla e presidente della CEM. Durante i lavori di domani verrà offerta una visione di insieme della tematica ed analizzato l’adempimento pastorale delle parrocchie, all’interno del contesto sociale ed ecclesiale del Messico, al fine di determinare le priorità per il rinnovamento parrocchiale. Mercoledì si cercherà di illuminare, alla luce di Aparecida e di altri documenti pastorali, il modo di essere e le procedure della parrocchia, segnalando le grandi linee e i campi del suo potenziale missionario. Giovedì, infine, saranno condivisi alcuni mezzi concreti per la realizzazione della missione continentale nelle parrocchie al fine di individuare gli apporti più adeguati. (R.P.)

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    La Chiesa brasiliana si mobilita per il Pellegrinaggio nazionale in favore della famiglia

    ◊   Risvegliare le coscienze sull’importanza e sul valore della centralità della famiglia di fronte alle crisi attuali. Secondo il presidente della Commissione episcopale pastorale per la Vita e la Famiglia del Brasile, l’arcivescovo di Londrina mons. Orlando Brandes, è questo l’obiettivo del Pellegrinaggio nazionale in favore della famiglia, organizzato per il prossimo 24 maggio ad Aparecida. Secondo quanto riferisce la Fides, per l’occasione la Commissione cercherà inoltre di incrementare e fortificare i legami familiari presenti nelle direttrici generali dell’Azione evangelizzatrice della Chiesa in Brasile e nel documento di Aparecida. “La Famiglia rappresenta una delle assi trasversali dell’azione evangelizzatrice”. A partire da questa frase presente nel documento di Aparecida, si cercherà di rendere consapevoli le famiglie sulla necessità dell’azione evangelizzatrice e sul bisogno di comunicare alle autorità legislative le priorità più urgenti per la famiglia. “Con questo evento - ha affermato mons. Orlando Brandes – si confermerà la necessità di difendere la famiglia, di fortificare, aiutare e sostenere i suoi membri affinché ne stimino il valore primordiale, ed in questo modo possano ottenere urgente approvazione le varie richieste relative a questo campo tanto importante”. Tra le attività previste, il giorno 23 maggio, alle ore 19 si celebrerà una Santa Messa nella basilica nazionale seguita da una processione con fiaccole. Domenica 24 avrà invece luogo il “grande raduno a sostegno della famiglia”: alle ore 8 è programmata la Celebrazione eucaristica nella basilica e a seguire si celebrerà un evento festivo in favore della famiglia. (M.G.)

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    Ecuador: giovedì il lancio della Missione nazionale

    ◊   Giovedì prossimo, la Chiesa dell’Ecuador darà ufficialmente inizio alla Missione nazionale con una solenne Santa Messa che si celebrerà nella basilica del Voto Nazionale. L’avvio della Missione avrà luogo nel corso dell’Assemblea plenaria dell’episcopato, il cui inizio è previsto per mercoledì presso il Centro di Formazione Sociale “Bethania”. La Santa Messa - riferisce l'agenzia Fides - sarà presieduta da mons. Antonio Arregui Yarza, arcivescovo di Guayaquil e presidente della Conferenza episcopale ecuadoriana, e sarà concelebrata da tutto l’episcopato; conterà inoltre sulla presenza di sacerdoti delegati di tutte le province del Paese, di rappresentanti delle comunità religiose e dei fedeli laici. La Missione nazionale ha come obiettivi: “Fare della nostra Chiesa ecuadoriana una Chiesa discepola e missionaria ad gentes”; “far trasparire in ogni momento che la vita piena in Cristo è un dono ed un servizio che viene offerto alla società e alle persone che la compongono, affinché possano crescere e superare i loro dolori e conflitti con un profondo senso di umanità, vivendo la speranza contenuta nella Buona Novella”. Con la Missione si cerca anche di fare in modo che “le comunità, le organizzazioni, le associazioni e i movimenti ecclesiali si mettano in stato di missione permanente, e che questo processo missionario giunga a tutti i settori della popolazione ecuadoriana, mantenendo viva in questo modo la gioia di essere discepoli e missionari di Gesù Cristo, trasformandoci in messaggeri di ‘buone novelle’, annunciando permanentemente il Vangelo della Vita, della dignità umana, della famiglia”. Una delle prime attività della Missione nazionale riguarda la realizzazione, da oggi al 24 aprile, di tre laboratori di formazione rivolti a vescovi, sacerdoti e comunità di religiosi e religiose. Successivamente saranno realizzate Giornate missionarie in tutto il Paese ed in tutti i settori della società: parrocchie, famiglie, comunità ecclesiali, movimenti giovanili parrocchiali. In tal modo si metterà in atto uno degli impegni assunti dalla Chiesa ad Aparecida (Brasile), già concretizzato formalmente con la celebrazione del Congresso Missionario Americano, CAM 3, attraverso il quale si diede inizio alla Missione continentale alla presenza dei vescovi presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il continente. (R.P.)

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    Cina: iniziata la distribuzione delle prime centomila Bibbie stampate da Taizé

    ◊   E’ iniziata la distribuzione in Cina delle prime 100 mila copie della Bibbia che la comunità ecumenica di Taizé ha fatto stampare “in risposta al bisogno dei cristiani cinesi”. A dare l’annuncio è frère Alois, priore della comunità: “Abbiamo preso l’iniziativa – ha detto al Sir - di stampare e distribuire un milione di Bibbie in Cina. Le prime 100 000 sono state completate e la distribuzione è iniziata a Pasqua. E’ un modo di dare supporto ai numerosi cristiani in questo grande paese”. L’iniziativa rientra nella “Operazione speranza” con la quale la comunità di Taizé sostiene persone in difficoltà nei vari continenti, tra gli altri anche bambini indigenti o malati. Riguardo all’impegno preso per la Cina, la comunità sta coprendo il costo della stampa delle Bibbie mentre la carta è donata dall’Alleanza biblica. La stampa di questa edizione, secondo la traduzione francescana “studium biblicum”, con introduzioni e note, è stata realizzata a Nanjing. Le 900 mila copie rimanenti saranno distribuite nell’intera Cina tra il 2009 ed il 2010. In Cina i responsabili delle chiese incoraggiano la lettura della Bibbia, soprattutto per i giovani, i catecumeni ed i nuovi credenti. (R.P.)

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    L’Associazione degli universitari cattolici di Hong Kong in aiuto dei bambini poveri

    ◊   Massima attenzione ai bambini poveri: è la priorità assoluta dell’impegno del prossimo anno del Movimento internazionale degli studenti cattolici di Hong Kong deciso durante l’Assemblea annuale di marzo. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dalla Fides), ieri, il nuovo esecutivo del Movimento ha assunto ufficialmente il mandato durante una solenne Celebrazione eucaristica, ribadendo ancora una volta il suo impegno. Secondo il presidente del Movimento, “l’attuale sistema dell’istruzione impedisce ai bambini poveri di godere pienamente del loro diritto all’educazione. Gli universitari cattolici hanno il dovere di aiutarli secondo le proprie possibilità. Dobbiamo applicare la giustizia sociale secondo l’insegnamento cristiano”. In precedenza anche il nuovo vescovo diocesano, mons. John Tong, ha incoraggiato il Movimento “a partecipare attivamente alla cura dei bambini poveri con spirito di servizio, svolgendo un ruolo profetico nella società”. L’organizzazione laicale diocesana degli Studenti cattolici di Hong Kong, appartiene al Movimento Internazionale degli Studenti cattolici ed oggi conta 480 membri provenienti da 11 università di Hong Kong. (R.P.)

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    Torna la lavanda dei piedi nella Pasqua ortodossa russa

    ◊   “Come facevano gli schiavi durante l’Ultima Cena, stando in ginocchio, Cristo ha lavato i piedi ai suoi discepoli. Così ha mostrato come ogni uomo sia prezioso agli occhi di Dio” ha spiegato il Patriarca di Mosca, Cirillo, in occasione del rito della lavanda dei piedi, ripristinato dopo decenni al termine della liturgia del giovedì santo della Pasqua ortodossa russa, che si è celebrata ieri. Durante il rito, il Patriarca Cirillo, in quella che fu cattedrale della diocesi di Mosca all’epoca sovietica, la chiesa di Teofania, accompagnato dai vescovi ausiliari di Mosca, ha riposto il sakkos e l’omoforio, per lavare i piedi a dodici sacerdoti. Ciò in ricordo dell’ “umiltà del Signore Gesù Cristo”. Un rito che, nell’usanza bizantina, vede il Patriarca leggere le parole di Cristo, il celebrante quelle dell’apostolo Pietro e il diacono il commento dell’evangelista. “Con il sacramento dell'Eucarestia e la forza dello Spirito santo noi partecipiamo non solo alla Mistica Cena, ma anche a tutto ciò che Cristo ha compiuto”, ha concluso Cirillo al termine del rito, che ha visto anche la benedizione del crisma (myron), che il solo Patriarca ed il metropolita di Kiev, possono benedire. Questo crisma sarà distribuito poi in tutte le diocesi e servirà per il sacramento della cresima che segue il battesimo. (A.V.)

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    Namibia: le Chiese cristiane preoccupate dalle crescenti violenze politiche

    ◊   Le Chiese cristiane in Namibia guardano con crescente preoccupazione all’intensificarsi della violenza politica nel Paese, dove il prossimo novembre si terranno le elezioni generali. In una dichiarazione congiunta firmata anche da esponenti della Chiesa cattolica, esse invitano “le organizzazioni cristiane a denunciare tutti gli insulti e i propositi diffamatori di dirigenti politici, membri dei partiti, delle organizzazioni della società civile e dell’opinione pubblica e qualsiasi iniziativa che possa mettere a repentaglio la pace e lo stato di diritto”. Le Chiese cristiane si impegnano quindi ad informare i propri fedeli sulla legge elettorale e sulla Costituzione del Paese e a lavorare per assicurare elezioni pacifiche, libere e giuste. A questo scopo, ha spiegato all’agenzia ecumenica Eni il pastore luterano Abisai Shejavali, ex segretario generale del Consiglio delle Chiese della Namibia, esse collaboreranno con la Commissione elettorale per formare osservatori che saranno dispiegati nelle aree più remote del Paese. La nota precisa infine che le Chiese cristiane non permetteranno di farsi usare dai partiti politici “come tribune per le campagne elettorali dei partiti” o come serbatoi di voti. Le violenze in Namibia sono iniziate alla fine del 2007, quando alcuni esponenti della SWAPO, l’Organizzazione del Popolo del Sud-Ovest Africano” (al potere dall’indipendenza del Paese nel 1990) sono usciti dal partito per costituire una nuova formazione politica, l’Unione per la Democrazia e il Progresso (RDP). Da allora si sono moltiplicati gli scontri tra le due parti, al punto che, secondo quanto riferiscono i media locali, diverse zone intorno alla capitale Windhoek e nel nord della Namibia (roccaforte della SWAPO) sono diventate off-limits per i membri della RDP. (L.Z.)

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    Nigeria: l’Associazione Cristiana chiede al governo di combattere i politici corrotti

    ◊   L’Associazione Cristiana della Nigeria (CAN), nello Stato di Kano, ha chiesto al governo federale del Paese di perseguire gli esponenti politici corrotti e di evitare pressioni che interferiscano con le indagini già in corso. “Qualsiasi forma di interferenza sulle indagini già avviate sulla corruzione – ha detto il rev. Ransom Bello, vicepresidente della CAN – non servirebbe a conseguire l’obiettivo della vera unità nazionale”. “La Nigeria ha bisogno di sacrifici a tutti i livelli – ha aggiunto il rev. Bello – per riuscire a realizzare tutti i suoi sogni”. E per fare ciò, occorre “un leader che abbia il coraggio di promuovere la verità nella governance”, “un difensore della verità in ogni momento”. Quindi, il rev. Bello ha invitato l’attuale esecutivo a diversificare l’economia “per andare incontro alle sfide del mondo moderno”, spiegando che “investimenti in settori inediti potrebbero senza dubbio dare nuovo slancio al mercato nazionale”. Per questo, il vicepresidente della CAN ha ribadito la necessità di investire sull’agricoltura, invitando il governo a porre attenzione a questo settore. (I.P.)

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    Camerun: mons. Bakot invita i fedeli a far tesoro delle parole pronunciate dal Papa

    ◊   “Le parole pronunciate dal Santo Padre in terra camerunense impegnano l’avvenire del nostro Paese e del continente africano”: così scrive “L’Effort Camerounais” dopo la visita di Benedetto XVI in Camerun. Una visita nel corso della quale, ha detto mons. Victor Tonye Bakot, arcivescovo di Yaoundé nell’omelia pronunciata il giorno di Pasqua nella cattedrale di Nostra Signora delle Vittorie, il Papa ha ribadito che “il messaggio cristiano deve essere portatore di speranza e conforto” in un contesto minato dai flagelli della sofferenza, della corruzione e dall’abuso del potere. Mons. Bakot ha anche sottolineato come la “vitalità e il dinamismo” della Chiesa cattolica romana del Camerun siano emerse tanto da iscriversi nella storia della visita pastorale di Benedetto XVI. “L’Effort Camerounais” invita adesso ciascuno, “alla luce delle parole del Papa, ad impegnarsi per la giustizia, la riconciliazione e la pace”. Ricordando poi la consegna dell’Instrumentim Laboris della seconda Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi dell’Africa, il periodico della Conferenza episcopale del Camerun sottolinea che attraverso di essa il Papa “invita implicitamente ogni cristiano ad apportare la propria pietra nel vasto cantiere della ricostruzione della pace, della giustizia e della riconciliazione” e che “è importante … andare oltre la superficialità e l’entusiasmo che spesso circondano i grandi eventi, per far fruttificare sul piano ecclesiale e sociale gli insegnamenti di Benedetto XVI”. “Il Santo Padre ci interpella sul senso della famiglia, la fedeltà nel matrimonio, il dialogo interreligioso, il senso della sofferenza – scrive L’Effort Camerounais – dopo la visita del Papa è venuto il tempo dell’azione, della meditazione dei suoi insegnamenti: lavorate per eliminare l’ingiustizia, la povertà e la fame”. (T.C.)

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    L’attesa della Fondazione Follereau per la canonizzazione di padre Damiano

    ◊   Il prossimo 11 ottobre, Benedetto XVI iscriverà padre Damiano De Veuster nella Gloria eterna dei Santi in Paradiso. Si chiude così la causa di canonizzazione tanto sostenuta dalla Fondazione Raoul Follereau. Un percorso partito il 17 aprile 1967 – riferisce la Fides - quando Raoul Follereau, meglio conosciuto come il “Vagabondo della Carità”, varcò il Portone di Bronzo in Vaticano per recarsi all’udienza privata che Papa Paolo VI gli aveva accordato. Insieme a lui, gli altri membri del Movimento internazionale che promuoveva la beatificazione di padre Damiano de Veuster. Consegnarono al Santo Padre una petizione. Da 52 paesi del mondo, 32.864 malati di lebbra, di qualunque confessione, e 302 vescovi cattolici, testimoniarono così la loro riconoscenza ed il loro rispetto per padre Damiano. Dieci anni più tardi, il 7 luglio 1977, Paolo VI promulgò il decreto che riconosceva le virtù eroiche del Servo di Dio, padre Damiano de Veuster, missionario belga che ha dedicato la sua vita all’apostolato fra i lebbrosi. La Fondazione Raoul Follereau è felice del contributo dato dal suo Fondatore alla canonizzazione dell’Apostolo dei lebbrosi, e ricorda le parole che Raoul Follereau rivolse al Santo Padre, che oggi risuonano più che mai attuali: “Ciò di cui il mondo ha bisogno, è un diluvio di carità, e io vorrei che la festa di padre Damiano venisse un giorno ad illuminare la Giornata dei Lebbrosi nel calendario della Chiesa universale per insegnare agli uomini ad amarsi ancora di più. Poichè l'arma per vincere questa guerra contro la fame, la miseria, le malattie, l'ignoranza, è proprio quella di padre Damiano: è la Carità!”. (M.G.)

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    Marsiglia: dal 23 aprile il quarto congresso internazionale sulla disabilità

    ◊   “Stimolare la società a una maggiore coscienza della dignità e dei diritti della persona disabile, favorire il dialogo nei Paesi del Mediterraneo tra le diverse figure professionali e tra le istituzioni del settore per stimolare il lavoro di rete, promuovere un’adeguata informazione e prevenzione attraverso la conoscenza degli esiti delle ricerche scientifiche, promuovere la formazione delle diverse figure professionali”, è l’intento che anima dall’associazione “Mediterraneo senza handicap”, che ha promosso il quarto congresso internazionale “Dignità e cittadinanza reale della persona con disabilità”, che si terrà a Marsiglia dal 23 al 25 aprile. Patrocinato dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute e dall’Agenzia per le Onlus, l’appuntamento vede in scaletta gli interventi di autorevoli relatori: mons. Georges Paul Pontiers, arcivescovo di Marsiglia; Philippe Langevin (Università del Mediterraneo-Francia); Adriano Pessina (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Roma–Italia); Nuha El Nahhas (Centro Nostra Signora della Pace per persone con bisogni speciali–Giordania). La tre giorni sarà inoltre motivo di approfondimento e confronto sui contenuti della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità per individuare le strategie da applicare per la loro promozione e l’effettiva inclusione sociale, tra gli obiettivi del IV Congresso internazionale. “Quando una persona ha una voglia vivissima di bene rompe tutte le barriere” è il motto dell’associazione “Mediterraneo senza handicap” , sorta nel 2001 per iniziativa di un gruppo di persone che hanno unito il loro interesse per favorire la prevenzione, la riabilitazione e l'integrazione sociale nell'ambito della disabilità. Persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale nei settori dell'assistenza sociale e socio-sanitaria, della ricerca scientifica, dell'istruzione ed educazione delle persone disabili, della formazione, formazione professionale e orientamento degli operatori. Beneficia per le proprie attività di elargizioni liberali, contributi di enti pubblici e privati. (M.G.)

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    Convegno sulla spiritualità coniugale di Karol Wojtyla nella Cracovia del dopoguerra

    ◊   L’amore e la sua regola. La spiritualità coniugale secondo Karol Wojtyła. È il titolo della Giornata di Studio che si terrà venerdì prossimo presso l’auditorium del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, nei palazzi di San Giovanni in Laterano. In occasione del seminario verrà presentata per la prima volta in assoluto, insieme ad altri testi riguardanti la spiritualità coniugale, un eccezionale documento inedito ritrovato da un dottorando del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II: si tratta della “Regola per il gruppo delle coppie di sposi Humanae vitae” scritta dall’allora arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyła, frutto delle amicizie con le coppie che facevano parte di Środowisko, l’ “Ambiente” della pastorale familiare, fortemente voluto da Wojtyła che tante energie spese in questo lavoro nelle difficili circostanze storiche della Polonia comunista. Il Magistero di Giovanni Paolo II sull’amore sponsale, sul matrimonio e sulla famiglia ha le sue radici nell’humus religioso e culturale di Cracovia nei primi anni dopo la II Guerra Mondiale. Paradossalmente, il regime comunista, sciogliendo tutte le organizzazioni cattoliche, ha “aiutato” i cristiani a ritrovare la verità della Chiesa, Sposa di Cristo nella vita sacramentale ed anche nelle relazioni interpersonali tra i laici e i loro pastori, nelle amicizie, nella vita coniugale e familiare. In questa situazione, in modo spontaneo, sono nati gruppi di amici uniti dal desiderio di realizzare la vocazione cristiana nello specifico della loro vita. La giornata intende mettere a tema proprio questa storia che ha avuto luogo a Cracovia, attraverso tre figure di Servi di Dio: due sacerdoti, Jan Pietraszko e lo stesso Karol Wojtyła, ed il laico Jerzy Ciesielski. Al Seminario parteciperanno tre testimoni della “Środowisk”: Danuta Ciesielska, vedova di Jerzy Ciesielski, la prof.ssa Teresa Malecka e il prof. Gabriel Turowski. (M.G.)

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    Il cardinale Tettamanzi ricorda don Primo Mazzolari nel 50.mo della morte

    ◊   Parrocchiani e fedeli venuti da tutta Italia hanno gremito ieri la chiesa di Bozzolo, in provincia di Mantova, per la messa in memoria di don Primo Mazzolari, scomparso il 12 aprile 1959. La celebrazione è stata presieduta dall’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, e hanno concelebrato i vescovi Dante Lafranconi (Cremona) e Roberto Busti (Mantova), con numerosi sacerdoti, fra cui don Giuseppe Giussani, presidente della Fondazione che porta il nome del prete-scrittore. Nel cinquantesimo della morte del sacerdote lombardo, definito da Giovanni XXIII “tromba dello Spirito santo in terra mantovana”, l’arcivescovo di Milano ne ha ricordato durante l’omelia i tratti biografici e alcuni elementi del pensiero e della spiritualità. “Nel profilo sacerdotale di don Primo mi sembra davvero centrale la verità, meglio l’esperienza della misericordia divina”, ha detto il porporato citato dal Sir. “Mazzolari – ha poi aggiunto il cardinale Tettamanzi nella chiesa di Bozzolo - era ben cosciente della situazione italiana, delle sofferenze della Chiesa, delle violenze che subiva, dei trecento preti uccisi nei tragici anni della fine della seconda guerra mondiale. Era ben cosciente delle ingiustizie sociali, dei tentativi di irretire la Chiesa e soggiogarla agli interessi dei ricchi per farne il loro punto di forza nello sfruttamento delle classi lavoratrici. Era ben cosciente delle profonde trasformazioni culturali che si andavano sviluppando nel costume e nella mentalità e non tralasciava occasione di denunciarle con estrema chiarezza”. “Sempre, però – ha precisato l’arcivescovo di Milano -, con cuore di prete, con il cuore di chi si è fatto servo per amore, poiché è immagine viva e presenza concreta di quel Gesù che per gratuito e umilissimo amore si è fatto servo dei servi”. Numerosi, nell’omelia, i rimandi ai libri, ai discorsi, agli articoli giornalistici di don Primo Mazzolari, il quale “volle portare sulle sue spalle di prete tutti coloro che la Provvidenza gli aveva affidato. Volle portarli con amore, anzi per amore di Lui, di Cristo, il Maestro”. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Tentativi per sciogliere la tensione sulla questione nucleare in Corea del Nord

    ◊   Il ministro degli Esteri russo, Lavrov, sarà in Corea del Nord mercoledì 22 o giovedì 23 aprile per discutere le conseguenze del recente lancio del missile-satellite e del futuro dei negoziati a sei sulla denuclearizzazione della penisola coreana. I negoziati a sei - in stallo da dicembre 2008 e abbandonati da Pyongyang dopo la condanna del Consiglio di sicurezza Onu per il lancio del missile-satellite del 5 aprile scorso - coinvolgono le due Coree, gli Usa, la Russia, la Cina e il Giappone. Da parte sua, il capo dell'AIEA (Agenzia internazionale per l'energia atomica), Mohamed El Baradei, in una conferenza stampa a Pechino, ha lanciato un appello per una ripresa rapida dei negoziati a sei sul programma di denuclearizzazione della Corea del Nord e per permettere un ritorno dei suoi ispettori nel Paese.

    Ottimismo per la questione nucleare sul fronte dell’Iran
    La questione nucleare è aperta anche in relazione all’Iran. Su questo fronte, sempre il segretario generale dell'Aiea, El Baradei, si è detto “molto ottimista” sull'esito degli sforzi per risolvere il dossier sul programma nucleare dell'Iran - che l'Occidente accusa di nascondere la ricerca di armi atomiche - alla luce delle aperture avanzate di recente sia da Washington che da Teheran. “Sono “estremamente contento del cambiamento della politica degli Stati Uniti, che abbandonano la contrapposizione per il dialogo e il mutuo rispetto”, ha dichiarato in una conferenza El Baradei da Pechino, dove partecipa ad una Conferenza internazionale sull'energia atomica.

    Esplosione in miniera in Iran
    Dodici persone sono morte in seguito a un'esplosione in una miniera di carbone presso la città di Zarand, nel sud dell'Iran. Lo scoppio è stato provocato da una fuga di metano, ha detto il governatore della città nella provincia di Kerman, Hassan Rahmani. Nella stessa miniera, nel 2005, c'era stata un'altra esplosione che provocò la morte di nove operai.

    Pakistan
    Un duro scontro è avvenuto nelle ultime ore nella Orakzai Agency, una delle aree tribali del Pakistan alla frontiera con l'Afghanistan, fra militanti talebani e un reparto dell'esercito, con un bilancio di vittime che varierebbe fra 10 e 20. Secondo fonti locali, un commando di uomini di Hakimullah Mehsud, braccio destro nella zona del temibile Baitullah Mehsud, hanno attaccato uomini della sicurezza nella Orakzai Agency. In risposta, elicotteri da guerra si sono levati in volo ed hanno bombardato la zona.

    Nelle ultime ore attentati a Baquba e Falluja
    Nella città irachena di Baquba un attentatore suicida si è fatto esplodere ad un posto di blocco uccidendo almeno tre soldati americani e quattro poliziotti iracheni. Nella città di Falluja, due bimbi sono rimasti uccisi in un attentato contro un capitano dell'esercito iracheno.

    Medio Oriente
    Il premier israeliano, Benyamin Netanyahu (Likud), è pronto ad impostare negoziati di pace con i palestinesi senza condizioni preliminari. Ma nel corso di quelle trattative i palestinesi dovranno “riconoscere Israele come lo Stato nazionale del popolo ebraico”. Netanyahu ha pubblicato questo comunicato dopo aver maturato la sensazione che mezzi stampa locali avessero frainteso la sua linea politica. Da parte sua, il negoziatore capo palestinese, Saeb Erekat, ha lamentato che ancora il nuovo governo israeliano “deve esprimere un impegno sincero per la soluzione dei due Stati, per la sospensione della colonizzazione e per altre questioni su cui si sono impegnati i governi precedenti”. Da parte sua, l'emissario americano per il Medio Oriente, George Mitchell, ha parlato oggi del rilancio del processo di pace con re Abdullah dell'Arabia Saudita, ultima tappa della sua prima missione nella regione per conto dell'amministrazione democratica di Obama. Prima dell'Arabia Saudita, Mitchell ha visitato Israele, i Territori palestinesi e l'Egitto.

    Vince l’opposizione alle elezioni nella Repubblica turca di Cipro
    Novità alle elezioni svoltesi ieri nella Repubblica turca di Cipro. Il Partito di unità nazionale, finora all’opposizione, ha vinto nettamente le consultazioni legislative, ottenendo la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari. Il risultato pone una serie di interrogativi sul futuro dei negoziati con la parte greco-cipriota per la riunificazione dell’isola e sull’ingresso in Europa della Turchia, alla quale Bruxelles chiede di favorire la soluzione della divisione di Cipro. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Furio Morroni, responsabile della sede Ansa di Ankara:

    R. - La vittoria è stata netta. Il Partito nazionalista eletto si è aggiudicato il 44 per cento dei voti. Questo farà sì che l’ex premier, Dervis Eroglu, potrà con 26 seggi su 50 in parlamento costituire un governo monocolore. Naturalmente, il presidente turco-cipriota, Mehmet Ali Talat, resterà al suo posto, ma la forte presenza del partito di unità nazionale ne limiterà senz’altro la possibilità di manovra negoziale con la parte greco-cipriota per la riunificazione dell’isola. I negoziati sono stati lanciati lo scorso settembre da Talat, assieme al presidente greco-cipriota, Dimitris Christofias. I due hanno una visione abbastanza comune per uno Stato unico su base federale. Il partito di unità nazionale pretende invece la divisione dell’isola in due Stati, con un’adesione più vicina alla politica estera della Turchia. Va ricordato che alla Turchia, però, occorre al più presto una soluzione al problema cipriota, perché è una precondizione per l’adesione della Turchia all’Unione Europea.

     
    D. - Con la vittoria dei nazionalisti sembra messo in crisi lo scenario europeo...

     
    R. - È in crisi e rischia di allontanarsi, perché qualora dovessero fallire i negoziati, si tornerebbe a 37 anni fa, quando c’erano a Cipro, appena occupata militarmente, 100 mila soldati turchi.

     
    Sri Lanka
    Mattina di alta tensione in Sri Lanka dove l'esercito, dopo aspri combattimenti, è riuscito a liberare dai 30 ai 35 mila civili intrappolati dall'Esercito di Liberazione delle Tigri Tamil (LTTE) nel nordest dello Sri Lanka. Lo riferiscono fonti governative. Secondo le stesse fonti, durante la fuga dei civili un kamikaze si è fatto esplodere, uccidendo almeno 17 persone. Secondo Tamilnet, aspri scontri sono in corso dalla notte vicino alla zona dei laghi e i militari avrebbero lanciato un razzo contro l'ospedale di Puthumaaththàlan, costringendo i pazienti alla fuga.
     
    Nepal
    Il governo maoista del Nepal e i vertici dell'esercito sembra siano impegnati da alcuni giorni in un serrato confronto, al punto che il primo ministro, Pushpa Kamal Dahal, ha chiesto al comandante dell'esercito, il generale Rookmangad Katawal, di dimettersi volontariamente. Un incontro fra il premier e Katawal, avvenuto nel palazzo del governo, si è concluso con un nulla di fatto. Successivamente, il ministro della Difesa ha inviato una lettera urgente all'alto ufficiale chiedendo chiarimenti su tre argomenti che hanno sorpreso il governo. Si tratta della politica di reclutamento del personale, del prepensionamento di otto generali e della decisione di abbandonare i Giochi nazionali per la presenza di una squadra dell'Esercito di liberazione del popolo (Pla).

    Messico
    Almeno un centinaio di feriti, di cui 36 in modo grave: è il bilancio, ancora provvisorio, di un incidente ferroviario causato dello scontro tra due convogli, la scorsa notte, su una linea extra urbana di Città del Messico, nel municipio di Tlalnepantla. Molto complesse le operazioni di recupero dei 600 passeggeri. Il segretario per le Comunicazioni, Gerardo Ruiz, ha parlato di “errore umano” ed ha aggiunto che l'impresa dei trasporti ferroviari extraurbani potrebbe ricevere “gravi sanzioni”, compreso il "ritiro della licenza". (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
      
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 120

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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