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Sommario del 08/04/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI ai terremotati dell’Abruzzo: verrò a trovarvi appena possibile. Il Papa invita i fedeli ad aprire i cuori al Mistero Pasquale
  • Colloquio telefonico tra il Papa e l'arcivescovo dell'Aquila
  • Nomina
  • I vescovi della Cerao contro la manipolazione pianificata delle parole del Papa sull'Aids
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Abruzzo: si continua a scavare tra le macerie in cerca di superstiti
  • Don Mauro: sono crollate case e chiese, ma non la fede
  • Chiesa e Società

  • Il Papa dona oltre 15 mila euro per un nuovo centro per disabili a Cuba
  • Il cardinale Levada ha ricordato a Roma i martiri della fede
  • Terra Santa: Israele concede permessi per la Pasqua e la visita del Papa ai cristiani dei Territori
  • Iraq: la statua di Padre Pio arrivata a Baghdad come segno di pace
  • Giordania: ancora una Pasqua da rifugiati per migliaia di cristiani iracheni
  • L'Onu e Kigali ricordano il 15.mo anniversario del genocidio rwandese
  • Nuova tragedia dell’immigrazione nel Golfo di Aden
  • L'Europa chiede la ratifica della Convenzione contro la tratta degli esseri umani
  • Dichiarazione dei vescovi dell'Iowa dopo la sentenza che legalizza i matrimoni omosessuali
  • Inchiesta dei vescovi canadesi sui finanziamenti a cinque organizzazioni pro-aborto
  • Brasile: annullato il processo per l'assassinio di suor Dorothy Stang
  • Perù: condannato l’ex presidente Fujimori
  • Lettera dei vescovi della Patagonia in difesa dei poveri
  • Indonesia: provincia a maggioranza cristiana posticipa il voto per la Pasqua
  • L’impegno dei cattolici del Nepal contro l’influenza delle caste
  • Filippine: la Pasqua a Manila baciando la croce di Cristo
  • Sudafrica: i vescovi contro la decisione della Procura sul caso Zuma
  • Angola: appello del vescovo di Luanda per la crescita umana del Paese
  • Bénin: inaugurazione di due case per l’infanzia
  • Le cerimonie di Pasqua nella Basilica di San Paolo fuori le Mura
  • 24 Ore nel Mondo

  • Il presidente moldavo accusa Bucarest per i disordini a Chisinau
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI ai terremotati dell’Abruzzo: verrò a trovarvi appena possibile. Il Papa invita i fedeli ad aprire i cuori al Mistero Pasquale

    ◊   Non siete soli, il Papa è con voi: all’udienza generale di stamani in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha espresso, commosso, la sua vicinanza alle popolazioni abruzzesi sconvolte dal terremoto ed ha annunciato la sua visita all’Aquila appena possibile. Il Papa ha assicurato la sua preghiera ed ha incoraggiato quanti stanno portando aiuto e conforto ai terremotati. Nella catechesi il Pontefice ha spiegato l’importanza dei riti della Settimana Santa, fulcro dell’intero anno liturgico. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    L’Abruzzo sconvolto dal terremoto è nel cuore di Benedetto XVI che spera di poter presto visitare le popolazioni colpite. All’udienza il Papa rinnova la sua vicinanza spirituale alla “cara comunità dell’Aquila e degli altri paesi” sconvolti dal sisma che ha seminato morte e distruzione:

     
    “Ancora una volta desidero dire a quelle care popolazioni che il Papa condivide la loro pena e le loro preoccupazioni. Carissimi, appena possibile spero di venire a trovarvi. Sappiate che il Papa prega per tutti, implorando la misericordia del Signore per i defunti, e per i familiari e i superstiti il conforto materno di Maria e il sostegno della speranza cristiana”.

     
    “La sollecitudine con cui autorità, forze dell’ordine, volontari e altri operatori stanno soccorrendo questi nostri fratelli – ha detto ancora il Pontefice – dimostra quanto sia importante la solidarietà per superare insieme prove così dolorose”. Prima delle parole sull’Abruzzo, il Papa ha offerto la sua riflessione sulla Settimana Santa che, ha detto, ci permette di immergerci negli eventi centrali della Redenzione, aprendo i nostri cuori “alla comprensione del dono inestimabile che è la salvezza ottenutaci dal sacrificio di Cristo”:

     
    “Quanto meraviglioso, e insieme sorprendente, è questo mistero! Gesù, pur essendo Dio, non volle fare delle sue prerogative divine un possesso esclusivo; non volle usare il suo essere Dio, la sua dignità gloriosa e la sua potenza, come strumento di trionfo e segno di distanza da noi. Al contrario ‘svuotò se stesso’ assumendo la misera e debole condizione umana”.

     
    La “condivisione radicale e vera” della nostra natura, in tutto fuorché nel peccato, ha spiegato il Papa, condusse Cristo "fino a quella frontiera che è il segno della nostra finitezza, la morte”. Ma, ha sottolineato, tutto questo non è stato frutto di una cieca fatalità, “ma piuttosto di una sua libera scelta, per generosa adesione al disegno salvifico del Padre”:

     
    “Tutto questo il Signore dell’universo lo ha compiuto per amore nostro: per amore ha voluto ‘svuotare se stesso' e farsi nostro fratello; per amore ha condiviso la nostra condizione quella di ogni uomo e di ogni donna”.

     
    Benedetto XVI si è quindi soffermato sul significato dei riti che caratterizzano la settimana più importante dell’anno. Preludio del Triduo Pasquale, ha ricordato, è la solenne Messa Crismale, nella mattina del Giovedì Santo. In questa solenne celebrazione, ha detto, “vengono rinnovate le promesse sacerdotali pronunciate il giorno dell’Ordinazione”. E’ un’occasione, ha aggiunto, “quanto mai propizia in cui i sacerdoti ribadiscono la propria fedeltà a Cristo che li ha scelti come suoi ministri”. Quest’incontro sacerdotale, ha rilevato, è quasi “una preparazione all’Anno sacerdotale” indetto in occasione del 150.mo anniversario della morte del Santo Curato d’Ars. Con la Messa in Coena Domini nel pomeriggio, ha proseguito, la Chiesa commemora l’istituzione dell’Eucaristia, il Sacerdozio ministeriale e il Comandamento nuovo della Carità. “Sotto le specie del pane e del vino”, è stata la riflessione del Papa, Cristo “si rende presente col suo corpo dato e col suo sangue versato”:

     
    “E’ il sacrificio della nuova e definitiva alleanza offerta a tutti, senza distinzione di razza e di cultura. E di questo rito sacramentale, che consegna alla Chiesa come prova suprema del suo amore, Gesù costituisce ministri i suoi discepoli e quanti ne proseguiranno il ministero nel corso dei secoli”.

     
    Il Giovedì Santo, ha soggiunto, “costituisce pertanto un rinnovato invito a rendere grazie a Dio per il sommo dono dell’Eucaristia, da accogliere con devozione e da adorare con viva fede”. Per questo, ha detto, la Chiesa incoraggia, dopo la celebrazione della Santa Messa a vegliare in presenza del Santissimo Sacramento. E siamo così al Venerdì Santo, giorno in cui, ha ribadito, ci poniamo in silenzio di fronte a Gesù appeso al legno della Croce, che “ha voluto offrire la sua vita in sacrificio per la remissione dei peccati dell’umanità”:

     
    “Come di fronte all’Eucaristia, così di fronte alla passione e morte di Gesù in Croce il mistero si fa insondabile per la ragione umana. Siamo posti davanti a qualcosa che umanamente potrebbe apparire assurdo: un Dio che non solo si fa uomo, non solo soffre per salvare l’uomo caricandosi di tutta la tragedia dell’umanità, ma muore per l’uomo”.

     
    La morte di Cristo, ha aggiunto, “richiama il cumulo di dolore e di mali che grava sull’umanità di ogni tempo: il peso schiacciante del nostro morire, l’odio e la violenza che ancora oggi insanguinano la terra. La Passione del Signore continua nella sofferenza degli uomini”. Il Venerdì Santo, ha costatato, è “giorno pieno di tristezza”, ma al tempo stesso giorno “quanto mai propizio per ridestare la nostra fede” e “rinsaldare la nostra speranza e il coraggio di portare ciascuno la nostra croce, con umiltà, fiducia ed abbandono in Dio”. Una speranza, è stata la sua riflessione, che “si alimenta nel grande silenzio del Sabato Santo, in attesa della Risurrezione di Gesù”:

     
    “Il raccoglimento e il silenzio del Sabato Santo ci condurranno nella notte alla solenne Veglia Pasquale, ‘madre di tutte le veglie’, quando proromperà in tutte le chiese e comunità il canto della gioia per la risurrezione di Cristo. Ancora una volta, verrà proclamata la vittoria della luce sulle tenebre, della vita sulla morte, e la Chiesa gioirà nell’incontro con il suo Signore”.

     
    Il Papa ha quindi invitato i fedeli a vivere intensamente il Triduo Santo “per essere sempre più profondamente partecipi del Mistero di Cristo”. Al momento dei saluti ai pellegrini, il Santo Padre ha rivolto un pensiero speciale agli oltre 4 mila partecipanti al Convegno internazionale UNIV, promosso dalla Prelatura dell’Opus Dei. “Cari amici – ha detto il Papa - vi esorto a rispondere con gioia alla chiamata del Signore per dare un senso pieno alla vostra vita: nello studio, nei rapporti con i colleghi, in famiglia e nella società”.

     
    Il dramma delle popolazioni abruzzesi è stato, dunque, molto presente nei pensieri e nelle preghiere dei fedeli all’udienza generale di stamani. Patrizio Ciprari ha raccolto alcune testimonianze in Piazza San Pietro:

    R. – Sono presidente di un’associazione provinciale di protezione civile e sono qua a Roma per una riunione, per poi decidere dal nord alcuni interventi. Abbiamo provato un senso veramente di tristezza, di dolore, soprattutto per le vittime, perché ci sono decine di migliaia di persone sfollate e abbiamo il dovere, assolutamente, di poter aiutare queste persone in difficoltà. Pochissime parole e tanti fatti.

     
    R. – Sarà una Pasqua di dolore, ma anche una Pasqua di speranza. La mettiamo nelle mani del Signore: Lui può arrivare in queste situazioni di oscurità e di dolore, laddove noi non possiamo vedere nulla.

     
    D. – Cosa dire di fronte a questa tragedia in Abruzzo?

     
    R. – Si può provare soltanto una grande sofferenza e anche un momento di smarrimento: “Ma guarda cosa può succedere su questa terra da un momento all’altro”. Dopo la riflessione, bisogna accettare... E’ stato molto bello che si sia innescata una gara di solidarietà per aiutare tutti. Nell’anima deve nascere subito questo desiderio di venire subito incontro a questi fratelli.

     
    D. – Qual è l’immagine che le rimarrà più impressa di questa enorme catastrofe?

     
    R. – Le vite che se ne sono andate e, comunque, anche la risposta di fede di voler aiutare, di calore umano, e la compassione che tutti dovremmo avere davanti a delle sofferenze così grandi.

     
    D. – Occorre fare ma anche pregare...

     
    R. – Con molta insistenza. E’ un momento di combattimento. Alla domanda “perché?” solo Dio può rispondere...

     
    D. – Come vivrà questa Pasqua?

     
    R. – Sarà una Pasqua più di preghiera che di festa. E’ davvero bella questa solidarietà che si sta scatenando e, nelle mie zone ad esempio, in Sicilia, in diverse amministrazioni comunali, stanno evitando fuochi o feste sfarzose per donare il tutto in favore della gente dell’Abruzzo. Sarà una Pasqua di cuore.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Colloquio telefonico tra il Papa e l'arcivescovo dell'Aquila

    ◊   Si terranno venerdì mattina, alle 11, nello stadio dell'Aquila i funerali delle vittime del terremoto. Le esequie saranno presiedute dall’arcivescovo Giuseppe Molinari, che questa mattina ha appreso con gioia del desiderio di Benedetto XVI di venire in visita sui luoghi del disastro, espresso sia all'udienza generale sia in una successsiva telefonata allo stesso mons. Molinari. Il portavoce della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha poi precisato che la visita papale non avverrà in questi giorni di festività pasquali. Le parole del presule al microfono di Luca Collodi:

    R. - Il Santo Padre mi ha telefonato lui stesso dopo l’udienza generale e mi ha confermato quello che ha detto nell’udienza: che è contento di venire a mostrare la sua vicinanza anche fisica, ha promesso la sua preghiera e ha trasmesso una benedizione e un saluto a tutti quanti di solidarietà e di affetto paterno.

     
    D. - Mons. Molinari, questo annuncio come è stato accolto tra i terremotati nelle tendopoli?

     
    R. - Penso con tanta gioia da parte di tutti.

     
    D. - La Caritas come si sta muovendo?

     
    R. - Si stanno soprattutto adoperando per l’organizzazione del servizio religioso nelle varie tendopoli, anche per i funerali delle vittime, che ci saranno Venerdì Santo, la mattina alle 11.00.

     
    D. - Per quanto riguarda lo stato d’animo delle popolazioni nelle tendopoli, lei ha avuto modo di incontrare queste persone?

     
    R. - Ne ho incontrate diverse. Anche le comunità più provate aspettano una parola di speranza, soprattutto dai sacerdoti, e chiedono anche questo servizio religioso. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Nomina

    ◊   Il Santo Padre ha nominato vescovo di Trier (Germania) mons. Stephan Ackermann, finora vescovo titolare di Sozopoli di Emimonto ed ausiliare della medesima diocesi. Mons. Stephan Ackermann è nato a Mayen (diocesi di Trier) il 20 marzo 1963. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici dapprima presso la Facoltà teologica di Trier e poi nella Pontificia Università Gregoriana come alunno del Pontificio Collegio Germanico-Ungarico. E’ stato ordinato sacerdote il 10 ottobre 1987 a Roma per la diocesi di Trier. Dal 1989 al 1991 ha ricoperto l’incarico di vice-parroco a Bad Breisig. Dal 1991 al 1998 è stato vice-rettore del Seminario Maggiore di Trier e dal 1996 anche vicario del Duomo di Trier. Durante tale periodo ha proseguito gli studi teologici, conseguendo nel 2001 il dottorato in teologia presso l’Alta Scuola Filosofico-Teologica di Frankfurt. Nel 1999 è stato nominato rettore della Casa di Studi per vocazioni adulte "St. Lambert" a Burg Lantershofen. Il 14 marzo 2006 è stato eletto vescovo titolare di Sozopoli di Emimonto ed ausiliare del vescovo di Trier. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 14 maggio 2006.

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    I vescovi della Cerao contro la manipolazione pianificata delle parole del Papa sull'Aids

    ◊   I vescovi della Cerao, la Conferenza episcopale regionale dell’Africa Occidentale francofona, che comprende le Conferenze episcopali di dieci Stati africani (Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea, Guinea-Bissau, Mali, Mauritania, Niger, Senegal e Togo), hanno pubblicato un documento in cui denunciano, in modo molto forte, le polemiche costruite ad arte sulle parole pronunciate dal Papa sull’Aids in occasione del suo recente viaggio in Africa. Il servizio di Sergio Centofanti.

    I vescovi esprimono “stupore” e “sorpresa” di fronte a quella che definiscono “manipolazione oltraggiosa pianificata” delle parole del Papa sull’Aids: frasi tolte dal loro contesto e oggetto di pronunciamenti “irriverenti e ingiuriosi”. In particolare i presuli denunciano le trasmissioni di Radio France Internationale e di altri media francesi che hanno attuato un “occultamento sistematico” del messaggio di speranza, giustizia e pace, lanciato da Benedetto XVI nel suo viaggio in Africa, aizzando contro il Pontefice masse di individui che ritengono di poter parlare "di ciò che non hanno avuto cura di conoscere con precisione". Una deformazione della verità che discredita professionalmente questi comunicatori, tra cui – affermano i vescovi – si ritrovano talvolta anche “degli africani che senza vergogna pongono la loro firma al soldo della ricchezza sporca di quelli che hanno spogliato i loro popoli”. L’informazione si trasforma così in un “sensazionale scandalistico” per attaccare la Chiesa e la sua missione evangelizzatrice. I vescovi si dicono attoniti anche di fronte a quanti “si dicono cattolici”, non solo francesi, ma anche spagnoli ed europei, e “se la sono presa col Papa con volgarità, arroganza e ingiurie”. Il documento condanna con forza “l’attentato contro la verità che è il peccato del nostro mondo post-moderno” e che provoca sempre più “gravi ferite” alla Chiesa. Il Papa viene disprezzato come persona “irresponsabile” da quanti si presentano come “benefattori” dell’umanità ma che in realtà vogliono eliminare i valori autenticamente umani dell’Africa come “le tradizioni che valorizzano la verginità prematrimoniale”. “Non si risolverà il problema dell’Aids – affermano i presuli – fiaccando le forze spirituali e morali ... soprattutto di adolescenti e giovani” riducendoli a “cumuli di desideri sessuali” e privandoli “dell’allenamento al dominio dello spirito sul corpo e le sue pulsioni”. “Distruggere la morale è un crimine contro l’umanità”. Si dicono così assolutamente d’accordo con Benedetto XVI quando dice che “non si può risolvere il problema dell'Aids soltanto con degli slogan pubblicitari” e “con la distribuzione dei preservativi”. Il testo parla di una "propaganda mediatica" che finisce col "disprezzare l'Africa". I vescovi affermano infatti con vigore che “gli africani hanno la capacità di pensare con la loro testa”. Denunciano il crimine di quanti li hanno trattati come “merci e beni mobili” e oggi “si accaniscono a pensare e a parlare” per gli africani che non sono ritenuti in grado di farlo da soli. Inoltre – aggiungono - a dei comunicatori africani è stato “abilmente” affidato “lo sporco lavoro di fare i pagliacci per divertire il mondo e rendere l’Africa doppiamente pietosa: non solo materialmente ma anche moralmente”. “Noi esigiamo – affermano – che si smetta di pensare per noi”. I vescovi dell’Africa occidentale infine esprimono il loro rispetto e affetto per il Papa con cui condividono “l’impegno comune in favore dei poveri, dei feriti della vita e dei piccoli”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Presto il Papa fra i terremotati dell'Abruzzo: all'udienza generale Benedetto XVI invita alla solidarietà per superare questa prova dolorosa.

    In prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia dal titolo "Il Dio che difende le vittime": di fronte all'Ultima cena leonardesca di Santa Maria delle Grazie a Milano.

    Il Libano dai mille volti: nell'informazione internazionale, Luca Possati su tensioni e strategie nella campagna per le legislative del 7 giugno.

    La bellezza è un frutto che sfida l'usura del tempo: in cultura, l'introduzione dell'arcivescovo Gianfranco Ravasi al nuovo numero di "Luoghi dell'Infinito" - periodico di "Avvenire" - dedicato ai dieci anni della "Lettera agli artisti" di Giovanni Paolo II.

    Con la volontà di affermare realtà e non parole: Stefano Maria Malaspina presenta il volumetto, a cura di Inos Biffi, "La Settimana Santa. Celebrazione e contemplazione".

    I mille volti del popolo della Parola: Silvia Guidi recensisce "La Bibbia giorno e notte" di Giuseppe De Carli ed Elena Balestri.

    Ciò che l'occhio non vide mai: Timothy Verdon sulla Pasqua nell'arte.

    L'alba del Rinascimento: il Beato Angelico ai Musei Capitolini.

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    Oggi in Primo Piano



    Abruzzo: si continua a scavare tra le macerie in cerca di superstiti

    ◊   Mentre il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, ha annunciato per domani mattina una visita nelle zone terremotate, il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha detto oggi che la ricerca di eventuali superstiti ancora sotto le macerie proseguirà fino a Pasqua. Ieri, ha suscitato commozione il salvataggio di Eleonora, la giovane riminese estratta dalle rovine dopo 43 ore, anche se le sue condizioni sono state giudicate "a rischio" dai sanitari. Nella nuova conferenza stampa di questa mattina, a L'Aquila, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha aggiornato il dilancio delle vittime - 260 morti - e quello degli sfollati - 28 mila - ai quali si aggiungono i circa 1200 feriti - 100 dei quali in modo grave - una decina di dispersi. Il premier ha anche assicurato la sua presenza ai funerali di venerdì prossimo e ha annunciato, fra l'altro, l'introduzione del reato di sciacallaggio, come deterrente contro i furti nelle case terremotate. Berlusconi ha anche assicurato lo stanziamento di 16 milioni di euro per la ricostruzione della Casa dello studente, sotto le cui macerie è stato ritrovato oggi il cadavere dell'ultimo giovane, un israeliano. Salito a 8.500, infine, il numero dei soccorritori e aumentato a 31 il numero delle tendopoli per i senza tetto, sulle cui condizioni ci riferisce Eugenio Bonanata, che ha visitato uno dei centri di raccolta allestito nello stadio del rugby dell’Aquila:

    Un centinaio di tende per 600 persone, che lentamente continuano ad arrivare con le loro valigie, qualcuno però ha anche lasciato la struttura perché magari è riuscito a trovare ospitalità presso parenti o amici. Alle 12.34 un boato, poi il silenzio. Una nuova scossa di 3,1 sulla scala Richter. La paura, palpabile, è durata pochissimo, poi di nuovo tutti al lavoro. La macchina organizzativa sta funzionando bene, è stata superata l’emergenza delle prime ore. I responsabili del campo ci hanno spiegato che sono in arrivo due moduli bagno-doccia per garantire l’igiene personale, cosa finora difficile con i soli bagni chimici. A fronte di tutto, una cisterna di acqua da seimila litri collegata all’acquedotto della città, che evidentemente non ha subito danni strutturali. Nessun problema sul fronte del cibo, come si è ripetuto più volte in queste ore. Stanno giungendo molti aiuti praticamente da tutta Italia, per cui adesso si tratta solo di ricevere una unità frigo aggiuntiva per la conservazione delle merce deperibile. Prosegue, inoltre, senza sosta la distribuzione di acqua potabile e succhi di frutta. Non mancano coperte e vestiti e altri generi di prima necessità sono custoditi in container collocati nella struttura. Per ogni evenienza di carattere sanitario, c’è un punto medico con dieci operatori che si alternano a turni da quattro per tutte le 24 ore. Nello stadio ci sono, poi, una decina di ambulanze, numerose quelle parcheggiate fuori nel piazzale antistante pieno di auto private, molte delle quali con cuscini e coperte all’interno, segno evidente di un riparo notturno.

     
    Per gli sfollati quella appena trascorsa è stata la seconda notte fuori casa. Una notte segnata da tensione, perché la terra abruzzese non ha mai smesso di tremare, spesso con scosse impressionanti, come quella delle 19.47 di ieri, che ha provocato panico e nuovi crolli. E sfollati per precauzione, questa mattina, sono stati anche i 120 detenuti del carcere aquilano. Eugenio Bonanata ha raccolto la testimonianza di una sopravvissuta, la signora Loredana Marini, incontrata sempre nel punto di raccolta dello stadio del basket dell’Aquila:

    R. - Ci hanno dato prima vestiti e roba di prima necessità per i bambini e gli anziani e continueranno a darli, per il freddo. Poi davano i sacchi a pelo, giubbotti...

     
    D. - Quali sono le esigenze più impellenti?

     
    R. - Non avere la doccia la mattina, cambiarsi gli abiti. E mancano i medicinali, come a mia madre.

     
    D. - Ci dicono che stanno allacciando l’acqua...

     
    R. - Sì, perché se no si resta senza nemmeno potersi lavare le mani. Poi, certo, qua fanno di tutto e di più: hanno organizzato in due giorni veramente tantissimo. I pasti sono tanti e abbondanti, di continuo: c’è tutto quello che si desidera.

     
    D. - Ieri sera, che cosa è successo qui nel campo? Qual era l’immagine più forte?

     
    R. - L'immagine che ho è la tristezza per la mia città, che è rasa al suolo. Non avrei mai immaginato di vivere così. Non è la tristezza del campo, anzi forse questo ti dà la gioia di vivere, perché vedi quanta gente è solidale in certi momenti. Quanta gente è qui da tutta Italia. Si vede veramente la solidarietà. Vedere un campo così, ti dà la gioia. Ci sta veramente tirando su il morale. Poi, però, mi rattristo a vedere la mia città così ridotta, la mia bellissima città.

     
    D. - La sua casa?

     
    R. - La mia casa è una delle case più solide. Quando io sono andata via era in piedi. Il palazzo dove abito nel centro storico è rimasto in piedi, però, intorno era una catastrofe, anche di chiese. Io abito vicino alla chiesa di San Berardino.

     
    D. - Come vede lei le prossime ore?

     
    R. - Diciamo che per qualche giorno, almeno fino a Pasqua, resterò qui, anche perché purtroppo ho la mia mamma che non sta bene. Dopo, però, vorrei andare da qualche parte. Non lo so. In realtà, vorrei tornare a casa mia, ma ho il terrore. Vedo la situazione triste, tanto triste.

     
    Continuano ad arrivare da tutta Italia e dall’estero offerte di aiuto per gli abruzzesi colpiti dal sisma. Albergatori romani hanno messo a disposizione 1500 posti letto, l’Associazione degli ospedali privati le 550 strutture sanitarie sul territorio nazionale. E poi Israele e Algeria, fra gli ultimi Paesi che hanno fatto giungere al governo italiano offerte di solidarietà. Il servizio Benedetta Capelli:

    La paura nei volti delle persone, il dolore di chi sotto la macerie ha lasciato gli affetti e le cose care, le immagini della devastazione delle case e dei palazzi. Forse è questa la spinta che non fa arretrare di un centimetro la solidarietà intorno alla popolazione abruzzese. Una macchina composta da migliaia volontari che, seppur nelle difficoltà, non conosce sosta: un moto di vicinanza che sta producendo i suoi frutti tra i terremotati. Una conferma in tal senso arriva da don Claudio Tracanna, responsabile dell’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi dell’Aquila, intervistato da Rosario Tronnolone:

     
    R. - La nostra gente ha una grande dignità e non perde tempo, in questi giorni, a protestare o a lamentarsi per ciò che magari è un po’ in ritardo o che può mancare, che è inevitabile in un’emergenza. C'è una grande solidarietà, veramente, tra tutti gli aquilani e tutti coloro che stanno bene, hanno una casa e si sono dati da fare per poter alleviare un po’ le sofferenze degli altri. Le storie sono tantissime: gente che estratta da sotto le macerie poi ha continuato a scavare per salvare altri… Poi ci sono anche situazioni più tristi, come quella di ieri sera, quando una mamma ha ritrovato le due figlie, tutte e due morte. Situazioni particolari, però tutto fatto con un grande cuore che è tipico degli aquilani.

     
    D. - Oltre alla necessità dell’aiuto pratico, questo è un momento ovviamente in cui molta gente ha anche bisogno di aiuto spirituale. Lei in quanto sacerdote, come sente questa esigenza?

     
    R. - La gente ha bisogno anche della figura del sacerdote, perché ci sentiamo tutti così piccoli, veramente, nelle mani del Signore in questo momento.

     
    Sono tre i milioni di euro, derivanti dall'otto per mille, stanziati dalla Conferenza episcopale italiana, che per la domenica di Pasqua ha lanciato una raccolta di fondi a livello nazionale. Numerose le sottoscrizioni a favore delle persone colpite, tantissime le proposte giunte al governo italiano: dalle multinazionali, che offrono risorse a favore delle tecnologie, ad una partita del cuore organizzata dalla nazionale cantanti. Mobilitata anche la politica con deputati e senatori che sottrarranno mille euro ciascuno dal loro stipendio. Tanti gesti volti ad accelerare il ritorno alla normalità, necessario soprattutto nei bambini. Ma come stanno reagendo? Eugenio Bonanata ha raccolto la testimonianza di Alfredo Capasso, della Croce Azzurra di Pontassieve, in provincia di Firenze, che sta operando in una delle tendopoli allestite all’Aquila:

     
    R. - Da quello che abbiamo potuto vedere, non si sono impauriti tanto, perché forse i genitori sono stati bravi a non scuoterli dopo tutta la tragedia.

     
    D. - Cosa manca qui al campo?

     
    R. - L’igiene. I bagni chimici non sono all’altezza di tanta gente che c’è qui. C’è parecchia gente che chiama, ci sono persone con handicap e bambini. Siamo in emergenza e dobbiamo un po’ arrangiarci, però che sia un’emergenza di qualche giorno e non di settimane o mesi.

     
    D. - Mi sembra di capire che bisogna fare presto per l’acqua…

     
    R. - L’acqua non c’è, c’è soltanto quella potabile, che viene portata in bottiglie.

     
    D. - Un’immagine che l’ha colpita in queste ore…

     
    R. - Ieri abbiamo fatto un recupero nelle macerie. Mi ha colpito vedere i familiari che aspettavano, per sapere se il corpo che stavamo estraendo fosse loro o della famiglia accanto: questa è una cosa che rimane impressa.

     
    Non mancano dunque le tensioni: ad evidenziarlo è Antonio Salerno, della pubblica assistenza Croce Azzurra di Comano, in provincia di Massa Carrara, sempre al microfono di Eugenio Bonanata:

     
    R. - La gente è esasperata, appena avverte una piccola scossa urla, si mette le mani nei capelli, piange.

     
    D. - Abbiamo visto tanti bambini che cercano anche di giocare a pallone, qui all’angolo del campo: è un bel segno di speranza…

     
    R. - Sì, l’ho visto anch’io già ieri. Non so come si sentano questi bambini dentro di loro, però li ho visti giocare e speriamo non risentano degli shock, specialmente se sentono le scosse. Certo io non sono un medico, sono un volontario.

     
    D. - Prima si parlava di sprazzi di normalità. Arrivando qui c’era gente che salutava, anziani che passeggiavano…

     
    R. - Le persone erano un po’ spaesate, non vedevano niente davanti a loro. Mentre noi mettevamo su le tende, aspettavano con ansia di poter andare a riposare un attimo, non davano segni… Io penso che non vedessero neanche le persone intorno a loro.

     
    Ad operare in una città distrutta, anche un gruppo cinofilo romano, che ha lavorato nel paese di Onna, ormai raso al suolo. I cani vengono utilizzati per cercare le vittime rimaste sotto le macerie. Questa la testimonianza di Maurizio:

     
    R. - La disperazione dei parenti è la cosa che ti lascia più sconvolto. Noi cerchiamo di fare molta attenzione al lavoro che fa il nostro cane cercando di non lasciarci coinvolgere dalla situazione intorno. Nel momento in cui noi proviamo forti emozioni, il nostro cane che vive e lavora con noi, percepisce questa difficoltà che noi abbiamo e anche il suo lavoro viene “distratto” dalla nostra preoccupazione. Capisco che nell’emergenza non ci si pensa mai, e forse è giusto così: il fatto è che noi viviamo con i nostri animali, quindi vedere lì i cani abbandonati per giorni, senza che nessuno possa fare nulla anche per loro in qualche modo ci colpisce.

     
    All’Italia continuano ad arrivare messaggi di vicinanza, l’ultimo dal presidente afgano Karzai e dal premier israeliano Netanyahu, disponibile ad inviare esperti nel campo del salvataggio e della riabilitazione. Inoltre, l'incaricato d'affari dell'ambasciata Usa in Italia ha autorizzato lo stanziamento di 50 mila dollari per fornire assistenza umanitaria alle vittime del terremoto.

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    Don Mauro: sono crollate case e chiese, ma non la fede

    ◊   Il Ministero italiano dei Beni culturali ha annunciato di voler reperire 10 milioni di euro per i primi interventi di ricostruzione del patrimonio artistico abruzzese, danneggiato dal sisma. La ricognizione della task force di esperti costituita dal Ministero permetterà di valutare gli ingenti danni subiti anche dalle antiche e monumentali chiese dell’Aquila e provincia, per le quali ieri anche la Casa Bianca ha promesso stanziamenti. Amedeo Lomonaco:

    Gli interventi per la ricostruzione o il restauro di molti monumenti e luoghi di culto potranno essere realizzati anche con il sostegno degli Stati Uniti: il presidente americano, Barack Obama, ha dichiarato che il governo di Washington è disponibile a contribuire alla ricostruzione dei beni culturali e delle chiese danneggiate dal terremoto in Abruzzo. Nubi e macerie avvolgono il patrimonio culturale e religioso dell’Aquila, fondata secondo la tradizione sul modello della Città Santa. Pochi interminabili secondi hanno deformato secoli di storia e inferto laceranti ferite alla “Gerusalemme d’Italia”: nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, capolavoro romanico realizzato nel XIII secolo per volere del futuro Papa Celestino V, lo scenario è desolante. Nubi di polvere sollevate dalle macerie sostituiscono parte della volta, l’abside e l’altare maggiore. La facciata, apparentemente intatta, si è invece salvata grazie anche alla ragnatela di tubi predisposta per il restauro. Nelle prossime ore è previsto un sopralluogo alla tomba di Celestino V. Ad essere profondamente ferito è uno dei patrimoni più conosciuti e amati dell’Aquila, come spiega al microfono di Federico Piana, il rettore della Basilica, don Nunzio Spinelli:

    “E’ rimasto dentro il mio cuore qualcosa che non riesco neanche a spiegare. Quando la mattina sono venuto e ho aperto la porta, ho provato tanta tristezza. La Basilica di Collemaggio era il fiore all’occhiello dell’Aquila. Era proprio il simbolo dell’Aquila. Si celebrava qui la festa, il Giubileo di Celestino, ogni anno. Per l’Aquila era il cuore della religiosità, tutti volevano sposarsi in questa Basilica. Collemaggio è il luogo di tanti ricordi per la gente aquilana”.

    Nella città dell’Aquila hanno poi riportato gravi danni anche la chiesa di Sant’Agostino, una delle maggiori testimonianze del barocco aquilano, e la chiesa di San Silvestro, dall’elegantissima facciata in pietra bianca. La chiesa di Santa Maria del Suffragio, dalle imponenti e al contempo raffinate volumetrie barocche, non ha più la cupola. La cattedrale, che si affaccia sulla scenografica Piazza del Duomo, è quasi completamente distrutta. Anche la provincia aquilana, una delle più estese d’Italia, è una terra di tesori oggi drammaticamente “depredata” dal sisma. A Fossa è crollato il campanile della chiesa di Santa Maria, costruita nella seconda metà del 1200 e di origine cistercense. Sono poi crollate due chiese storiche, l'Immacolata Concezione di Paganica e Santa Maria delle Grazie a Tempera. A Pratola Peligna è gravemente lesionato il Santuario della Madonna della Libera, dove è custodito un quadro XV secolo raffigurante la Vergine in atto di proteggere i devoti. In questo scenario, simile a quelli di città e paesi sconvolti dal dramma della guerra, migliaia di fedeli dell’arcidiocesi dell’Aquila non potranno partecipare agli eventi della Pasqua nelle chiese dichiarate inagibili. All’Aquila sono comunque arrivati diversi sacerdoti provenienti anche da Roma. In tutti i campi allestiti per ospitare gli sfollati sarà infatti celebrata la Santa Messa. I cumuli di detriti non potranno spegnere la speranza e la forza della fede.

    Mathilde Auvillain, inviata in Abruzzo della nostra redazione francese, ha incontrato don Mauro, parroco di Sant’Elia in provincia dell’Aquila, uno dei sacerdoti che hanno vissuto il dramma umano del terremoto e insieme la tristezza di veder crollare la propria chiesa. Ecco la sua testimonianza:

    R. - E’ stata, vi assicuro, un’esperienza terribile. La chiesa è praticamente distrutta. La parte portante sembra che non abbia subito grosse lesioni, però tutti i muri di tamponamento sono totalmente andati. Fa impressione perché è sventrata, pure se la struttura portante ancora regge. Altre chiese dovranno essere abbattute totalmente, perchè non esiste più nulla. Queste chiese moderne, degli Anni ’70, non so con quali criteri siano state costruite, sono cadute in un attimo. La casa canonica è il punto di riferimento per la gente e sarà qui. Quindi, io rimarrò qua nella mia parrocchia: non vado via, finché ci sarà anche un solo parrocchiano nel mio territorio. Cerco di essere presente il più possibile anche nei campi qui intorno e il vescovo stesso ha chiesto a noi sacerdoti questa presenza, perché c’è tanta gente disperata. Credo che la presenza di un sacerdote possa fare davvero tanto: una parola, una carezza, uno stare lì ad ascoltare. Fanno anche delle domande del tipo: “ Davanti a tutto questo, Dio esiste?”. E in questi frangenti non è facile dare delle risposte. Mi ha fatto anche molto piacere riscoprire l’affetto di una famiglia parrocchiale. Tanta gente viene con le lacrime agli occhi a salutarmi e ad abbracciarmi. Nel frattempo, noi continueremo a vivere qui, in questa piazza. Staremo qui. Ieri le campane hanno suonato per la Messa, ma probabilmente la grande paura ha trattenuto tutti nei vari posti. Eravamo proprio pochissimi. Io, comunque, ho detto a quelli che ho incontrato che continuiamo a celebrare non in chiesa, ma sul piazzale, perché credo che possono crollare le case, ma la fede non deve crollare, soprattutto in questi momenti.

     
    D. - Lei ha subito allestito questo piccolo altare fuori...

     
    R. - Sì, mi sono addentrato tra i calcinacci con tanta paura, ma sono riuscito a trovare almeno il necessario per le Messe di questi giorni e, in particolare, per poter celebrare almeno la Pasqua. Pensate che avevo fatto con le mie mani - lo faccio da anni - il cero pasquale, bellissimo, tutto lavorato. L'ho visto in pezzi e quindi non lo avremo ... non avremo tante cose. Ma ci ricorderemo della Pasqua, che quest’anno deve essere ancor più una Pasqua di Resurrezione.

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    Chiesa e Società



    Il Papa dona oltre 15 mila euro per un nuovo centro per disabili a Cuba

    ◊   Il centro medico psicopedagogico “La edad de oro” dell’Avana entro tre mesi avrà una nuova sede che amplierà e migliorerà l’assistenza sociosanitaria a centinaia di disabili fisici e mentali cubani. Secondo quanto riferisce l’Osservatore Romano, la struttura all’avanguardia sarà portata a termine anche grazie agli aiuti stanziati dal Benedetto XVI, che ha voluto destinare le offerte della Messa del Giovedì Santo presieduta dal Papa il 20 marzo 2008 a San Giovanni in Laterano. Si tratta di 15.956,86 euro che consentiranno al centro medico psicopedagogico “La edad de oro”, ospitato attualmente in un edificio fatiscente del Cerro, uno dei municipi più poveri della capitale cubana, di trasferirsi nel nuovo complesso che sorgerà nelle vicinanze. Il gesto assume un valore particolarmente significativo se si considera che l'istituto è di proprietà dello Stato cubano ed è amministrato e diretto dal ministero della Salute pubblica. D’altra parte la Chiesa ha sempre contribuito alla gestione delle struttura attraverso la preziosissima opera delle Suore vincenziane che vi hanno prestato servizio fin dalla sua nascita che risale al 1914. Ma adesso l'attuale sede del centro versa in grave stato di deterioramento come testimonia suor Fara Gónzalez Gónzalez, superiora della comunità: "Non abbiamo strutture adeguate per i bisogni dei nostri ospiti ed esistono barriere architettoniche considerevoli. Inoltre mancano aree di ricreazione e di svago, le condizioni sanitarie sono precarie e il sovraffollamento penalizza la qualità della vita delle persone". Il nuovo complesso, dunque, sarà concepito e realizzato "per corrispondere alle condizioni fisiche e sanitarie degli ospiti del centro, ma soprattutto - assicura la superiora - per garantire un'adeguata qualità della vita delle persone che vi risiedono". I lavori sono appena agli inizi. Si stanno scavando le fondamenta. Attualmente l'istituto ospita in regime assistenziale interno 180 persone fra maschi e femmine di età compresa fra i 3 e i 69 anni. Provengono per lo più dalla capitale e sono figli di genitori non in grado di mantenerli, molti hanno famiglie che si disinteressano completamente di loro:  alcuni vengono abbandonati per strada e affidati alla tutela dello Stato. "Il nostro - puntualizza la superiora delle vincenziane - è un centro medico psicopedagogico che si occupa di persone con disabilità fisiche e intellettuali complesse. Nella maggior parte dei casi sono affette da patologie che limitano la loro capacità di muoversi autonomamente e di essere indipendenti a livello personale e sociale. Presentano inoltre un ritardo mentale grave e profondo unito alla loro patologia di base". Tutto questo fa di loro "persone con bisogni fisici, affettivi, sociali, educativi e spirituali che richiedono particolare attenzione". Il compito delle suore - che lavorano insieme a circa 380 operatori e collaboratori - è anzitutto quello di "rendere umana la vita degli ospiti del centro, soddisfacendo in modo personalizzato i loro bisogni fondamentali relativi all'alimentazione, l'igiene, l'affetto, la salute, lo svago, l'attenzione psicologica e spirituale". Si punta anche al recupero del rapporto con le famiglie di origine, deterioratosi nella maggior parte dei casi. "Comunque - aggiunge infine la religiosa - cerchiamo di aiutare il personale che lavora nel centro a prendere coscienza della dignità degli uomini e delle donne che vengono assistiti e, di conseguenza, della responsabilità che comporta questa missione". (M.G.)

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    Il cardinale Levada ha ricordato a Roma i martiri della fede

    ◊   “Quanti uomini e donne nei secoli, hanno accettato di attraversare il buio della Croce, di patire e, magari, di attraversare una morte ingiusta, infame e ignominiosa, di essere disprezzati e reietti dagli uomini per seguire Gesù, per amore a Lui e a tutto il Bene, tutta la Verità, tutta la Giustizia che vengono da Lui! Quanti uomini e donne che hanno patito il martirio ci sono davvero fratelli e sorelle - ci sono compagni di strada - su questa via!”. Lo ha detto ieri sera il card. William Joseph Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, presiedendo a Roma nella Basilica di Santa Maria in Trastevere una veglia di preghiera per i martiri della fede. “È un destino grandioso e drammatico insieme quello di chi accoglie il Vangelo: un destino – ha detto il porporato - che si compie quotidianamente nel segreto del cuore di ciascuno, nel quotidiano amare Gesù e spendersi per il Bene, e che per qualcuno diviene anche sorte del ‘martirio’, eclatante o meno, nelle mille forme in cui i carnefici di ogni tempo la sanno tragicamente realizzare”. Durante la veglia - riferisce l'agenzia Sir - si è pregato ricordando i nomi di chi è morto per il Vangelo in ogni parte del mondo. Veglie di preghiere si sono svolte in diverse città italiane e del mondo mentre oggi una veglia è prevista nella Chiesa di San Bernardino di Milano con la partecipazione di rappresentati di diverse chiese cristiane. (R.P.)

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    Terra Santa: Israele concede permessi per la Pasqua e la visita del Papa ai cristiani dei Territori

    ◊   I cristiani palestinesi dei Territori riusciranno a partecipare alle celebrazioni pasquali in Terra Santa e a quelle in programma per la prossima visita di Benedetto XVI in maggio. Il Governo israeliano ha concesso un permesso della durata di quattro settimane a tutti i fedeli provenienti dalla Cisgiordania. A dare la notizia è il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, che al Sir ha illustrato gli appuntamenti della Settimana Santa a Gerusalemme. “La partecipazione dei cristiani locali, in gran parte palestinese abitante nei Territori – ha detto padre Pizzaballa - è stata resa possibile dal rilascio da parte di Israele di un permesso della durata di quattro settimane e non di due, come di solito accade per le grandi festività come Natale e Pasqua, cosicché possano partecipare sia alle celebrazioni pasquali che a quelle della visita del Papa in maggio. A tale riguardo la Pasqua segna un po’ anche l’apertura ufficiale della preparazione a questo viaggio apostolico”. Resta diversa la situazione, invece, per i cristiani di Gaza che, come riferito recentemente dallo stesso parroco padre Musallam al Sir, dovrebbero ricevere circa 200 visti sui 250 richiesti. Una speranza rafforzata anche dalle assicurazioni date dallo stesso governo israeliano al nunzio in Israele, mons. Antonio Franco, relative al rilascio dei visti. (M.G.)

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    Iraq: la statua di Padre Pio arrivata a Baghdad come segno di pace

    ◊   I fedeli iracheni vivranno la Settimana Santa con la “speciale presenza” della statua di Padre Pio, donata dall’arcivescovo di Manfredonia, Vieste e San Giovanni Rotondo, mons. Domenico Umberto D’ambrosio e dal superiore del convento dei Frati Minori Cappuccini di Santa Maria delle Grazie, frate Carlo Maria Laborde. Secondo quanto riferisce l’agenzia Fides, è stato mons. Shleimun Warduni, vicario del Patriarca caldeo di Baghdad, a prendere contatti e a interessarsi direttamente per far giungere nel Paese del Golfo la statua del santo di Pietralcina. Mons. Warduni ha chiesto a Dio, per intercessione di San Pio, la grazia per la pace in Iraq. Con la “peregrinatio” della statua di San Pio, il vescovo spera di diffondere tra la popolazione cristiana irachena la conoscenza del Santo, della sua opera e della sua missione. Come informa il notiziario baghdadhope.blogspot.com, la statua è partita dall’Italia circa due anni fa alla volta di Amman, dove è rimasta custodita presso la nunziatura apostolica. Con il migliorare delle condizioni di sicurezza, da Amman la statua è stata trasferita ad Erbil, nel Kurdistan iracheno, e poi a Baghdad, dove è arrivata lo scorso 28 marzo. “Alla fine di questo lungo viaggio – ha informato mons. Warduni – la statua del Santo sarà custodita definitivamente nella Chiesa della Vergine Maria a Baghdad: siamo grati a tutti quelli che hanno reso possibile questo sogno”. La gioia per l’arrivo della statua di San Pio ha pervaso la Settimana Santa: “La Domenica delle Palme le chiese erano piene di fedeli. Essi hanno voglia di celebrare il Signore e di ritrovarsi a pregare”, nota con speranza il vescovo. “In alcuni quartieri la situazione è ancora difficile ma speriamo, con l’aiuto del Signore, che tutto il Paese torni alla normalità e che tutte le chiese possano riaprirsi ed accogliere i fedeli. Operiamo perchè questa speranza diventi realtà. Nel quartiere di Mekanic, nella parte sud di Baghdad, ad esempio, è finito il restauro della chiesa dei Santi Pietro e Paolo”. Durante il solenne Triduo Pasquale, i fedeli iracheni pregheranno per la pace e anche per le famiglie dei quattro fedeli cristiani uccisi nei giorni scorsi a Kirkuk, Baghdad e Mosul: gli episodi hanno fatto temere una recrudescenza della violenza nei confronti della minoranza cristiana. (M.G.)

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    Giordania: ancora una Pasqua da rifugiati per migliaia di cristiani iracheni

    ◊   Sarà ancora una volta una Pasqua lontana da casa quella dei rifugiati cristiani iracheni in Giordania, circa 20 mila in totale. Padre Raymond Moussalli, vicario patriarcale dei caldei in Giordania, che da tempo ormai li assiste, descrive così al Sir lo stato d’animo dei suoi fedeli: “attendono la Pasqua con speranza ma l’ansia è sempre dietro l’angolo e la paura non li abbandona. A guardare ciò che accade appare evidente che vogliono cacciare i cristiani dall'Iraq. Per questo chiediamo che la comunità internazionale faccia qualcosa e speriamo che il Papa nella sua prossima visita in Giordania, Israele e Palestina possa levare la sua autorevole voce per fermare questa emorragia di cristiani dal Medio Oriente”. Padre Moussalli aggiunge quindi che “seppure la sicurezza stia migliorando, continuano ad arrivare notizie di uccisioni di cristiani. Le ultime pochi giorni fa a Baghdad, Kirkuk e Mosul”. (M.G.)

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    L'Onu e Kigali ricordano il 15.mo anniversario del genocidio rwandese

    ◊   “Prevenire il genocidio è una responsabilità collettiva. Solo da questa sfida si può risolvere la partita dei sopravvissuti e veramente onorare la memoria di coloro che sono morti in Rwanda 15 anni fa”. Così recita il messaggio del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, in occasione del 15.mo anniversario del genocidio rwandese, stimato in 800 mila persone, in maggioranza tutsi ma anche hutu moderati, uccisi dalle milizie estremiste hutu. “Le Nazioni Unite continuano la loro opera fondamentale per evitare future tragedie, si legge ancora nella nota. Abbiamo intensificato la nostra attenzione sulla prevenzione dei conflitti e costruire la nostra capacità di mediazione. Stiamo facendo di più per proteggere i civili catturati in conflitto. Il Tribunale penale internazionale per il Rwanda e di altri tribunali internazionali sono l'invio di un segnale forte che il mondo non tollererà l'impunità per gravi violazioni dei diritti umani internazionali e del diritto umanitario”. Un impegno che si traduce con il continuo monitoraggio di segni di potenziali problemi, svolto dal consigliere speciale per la prevenzione del genocidio, che opera nel quadro della “dottrina delle Nazioni Unite volta a rafforzare la prevenzione, la protezione, i meccanismi di risposta e di ricostruzione”. Ban Ki-Moon riferisce inoltre che quest’anno si è voluto ricordare il genocidio del 1994 attraverso gli occhi dei protagonisti di quei drammatici giorni. Attraverso un progetto organizzato dal Dipartimento di Pubblica Informazione chiamato "Visioni del Rwanda: Immagini di sopravvivenza, di riconciliazione, di perdono e di speranza", l’Onu ha documentato le storie di un uomo che nascose centinaia di persone dai loro potenziali assassini, un assassino ancora ossessionato dal suo crimine e una donna che ha cercato di ricostruire la propria vita dopo il massacro del marito e dei suoi tre figli. Il segretario generale dell’Onu ha spiegato che queste testimonianze rappresentano “un paese su un percorso verso la riconciliazione. Ma il silenzio delle più di 800 mila vittime innocenti, ancora tormenta la coscienza collettiva”. E in Rwanda le commemorazioni ufficiali sono state presiedute dal presidente, Paul Kagame, che ha deposto una corona di fiori e acceso una candela per tutte le vittime in un luogo simbolo di questa tragedia: la collina Nyanza, dove furono uccise 5000 persone abbandonate dai ‘caschi blu’ dell’Onu. Secondo quanto riferisce la Misna, nel suo intervento Kagame ha avuto parole dure nei confronti della comunità internazionale che non fece nulla per fermare il genocidio. L’11 aprile, cinque giorni dopo l’inizio delle violenze, migliaia di persone si rifugiarono sulla collina di Nyanza dove si trovava il contingente di ‘caschi blu’ della missione Onu Unamir, mettendosi sotto la loro protezione. Ma ai soldati internazionali fu dato ordine di ritirarsi dopo che 10 militari dell’Onu furono uccisi dell’esercito rwandese, lasciando i civili alla mercè degli estremisti hutu, Interehamwe, e dei militari rwandesi. La comunità internazionale “fa parte di questa storia e delle cause primarie del genocidio” ha continuato Kagame. Il genocidio rwandese cominciò il 7 aprile del 1994 all’indomani dell’abbattimento dell’aereo su cui viaggiava l’allora presidente Juvenal Habyrimana con il suo omologo burundese; gli attentatori sono rimasti sconosciuti, ma secondo gli storici l’uccisione del capo di Stato era il segnale per far cominciare una strage lungamente pianificata. (M.G.)

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    Nuova tragedia dell’immigrazione nel Golfo di Aden

    ◊   Ennesima strage di migranti nelle acque del golfo di Aden. È di almeno 8 morti e 22 dispersi il bilancio, ancora provvisorio, nel naufragio di due imbarcazioni, avvenuto lo scorso weekend a largo della costa yemenita della regione di Hadramout, circa 660 km a est di Aden. La prima imbarcazione, che trasportava 40 somali, si è capovolta sabato sera mentre i passeggeri iniziavano a sbarcare per raggiungere la costa yemenita, a circa 80 km a est di Mayfa’a, dove l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) gestisce un centro di accoglienza. 20 persone sono riuscite a raggiungere la costa vicino a Rass al Kalb, dove uno dei partner dell’Unhcr, la Shs (Society for Human Solidarity), ha dato loro acqua e cibo prima di trasferirli a Mayfa’a dove hanno ricevuto ulteriore assistenza. Non è stato recuperato nessun corpo e il destino dei dispersi rimane ignoto. I sopravvissuti hanno riferito che l’imbarcazione era partita da Marera, a est della città somala di Bossasso. Nel tardo pomeriggio di domenica si è consumata la seconda tragedia al largo della costa di Rujeema, 120 km a est di Mayfa’a. I sopravvissuti hanno detto che 8 persone sono morte e 2 sono disperse dopo che l’imbarcazione su cui viaggiavano ha iniziato a imbarcare acqua per il mare mosso. Secondo i testimoni alcuni dei decessi sarebbero avvenuti per soffocamento dopo che gli scafisti avevano coperto l’area passeggeri con un telo impermeabile per evitare che entrasse l’acqua. 13 persone sono riuscite a sbarcare vicino a Rujeema. Sono state subito soccorse dalla Shs e poi trasferite al centro di accoglienza di Mayfa’a. I sopravvissuti hanno riferito che l’imbarcazione era partita dalla città somala di Elayo, a ovest di Bossasso. Solo quest’anno 339 imbarcazioni e 17.035 persone sono arrivate in Yemen dopo aver affrontato il pericoloso viaggio dal Corno d’Africa attraverso il Golfo di Aden. Finora 74 persone sarebbero morte e 51 disperse in mare. Coloro che affrontano la traversata sono in fuga da situazioni disperate di guerra civile, instabilità politica, povertà e carestia in Somalia e in tutto il Corno d’Africa. (M.G.)

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    L'Europa chiede la ratifica della Convenzione contro la tratta degli esseri umani

    ◊   Ratificare, applicare e rispettare la Convenzione del Consiglio d’Europa contro la tratta degli esseri umani: è quanto chiede la Conferenza delle commissioni Giustizia e Pace d’Europa. In una nota diffusa ieri, si sottolinea come questo crimine sia “un fenomeno mondiale che racchiude diverse violazioni del diritti dell’uomo, tra cui lo sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, alcune forme di schiavitù come l’accattonaggio e l’espianto di organi a scopo di lucro”. La tratta degli esseri umani è un crimine clandestino, si legge ancora nella nota, ma che, secondo l’UNESCO, solo nel 2007 ha coinvolto tra le 500mila e i due milioni di persone. “Si tratta di un crimine che colpisce tutti i Paesi – afferma la Conferenza delle commissioni Giustizia e Pace d’Europa – Le conseguenze della tratta distruggono non solo le stesse vittime, ma anche la società intera. Secondo Papa Giovanni Paolo II, questo commercio degli esseri umani è un’offesa scandalosa fatta alla dignità umana e una violazione grave dei diritti umani fondamentali”. Di qui, l’appello lanciato dalle Commissioni Giustizia e Pace a tutti i governi ed i Paesi europei, affinché ratifichino la Convenzione comunitaria contro questo crimine e lavorino insieme “per un’applicazione completa ed un rispetto minuzioso di tutte le misure contenute non solo nella Convenzione stessa, ma anche nel Protocollo addizionale alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata, che mira a prevenire, reprimere e punire la tratta delle persone, in particolare delle donne e dei bambini”. Un ulteriore invito è rivolto “a riconoscere l’obbligo morale dell’Europa ad analizzare la ‘domanda’, nei Paesi di destinazione, che alimenta il mercato della tratta degli esseri umani”, così come “a prendere in considerazione i diversi bisogni delle vittime della tratta, tra cui l’accesso alle cure mediche, il sostegno psicologico, l’assistenza giuridica e lo stanziamento di risarcimenti finanziari. (I.P.)

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    Dichiarazione dei vescovi dell'Iowa dopo la sentenza che legalizza i matrimoni omosessuali

    ◊   “Una decisione che rifiuta la saggezza di migliaia di anni di storia umana e che danneggerà gravemente famiglie e bambini”. È il duro commento dei vescovi dell’Iowa alla sentenza con cui la Corte Suprema dello Stato ha dichiarato incostituzionale la legge che limita il matrimonio alla unione tra un uomo e una donna. La sentenza – riferisce l’agenzia Cns - è stata approvata il 3 aprile all’unanimità dai sette giudici del tribunale, dopo il ricorso di sei coppie omosessuali che si erano viste rifiutare il riconoscimento legale della loro unione. In una dichiarazione i vescovi dello Stato si dicono in totale disaccordo con la decisione, ribadendo la loro determinazione a continuare la battaglia in difesa del matrimonio tradizionale. Con la nuova sentenza lo Iowa diventa il terzo Stato dell’Unione a riconoscere i matrimoni omosessuali, dopo il Massachusetts e il Connecticut. Come si ricorderà, una sentenza analoga emessa un anno fa dalla Corte Suprema della California, era stata invece ribaltata lo scorso novembre da un referendum costituzionale. (L.Z.)

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    Inchiesta dei vescovi canadesi sui finanziamenti a cinque organizzazioni pro-aborto

    ◊   La Conferenza episcopale cattolica del Canada a chiesto a due vescovi di presiedere una commissione di inchiesta per fare luce su cinque organizzazioni messicane. Si tratta di associazioni che hanno ricevuto finanziamenti da Sviluppo e Pace, l’agenzia fondata dai vescovi canadesi nel 1967 per aiutare il sud del mondo. Nel corso delle ultime settimane, infatti, sarebbe emerso che le cinque organizzazioni messicane avrebbero manifestato il loro sostegno in favore dell’aborto. Un fatto comunque negato dai cinque gruppi in questione. Dal 15 al 18 aprile, quindi, due vescovi canadesi, mons. Martin W. Curie, arcivescovo di St. John’s, e mons. François Lapierre, vescovo di Saint-Hyacinthe, si recheranno in Messico per avviare l’inchiesta. Ad accompagnarli sarà mons. Carlos Quintana Puente, direttore esecutivo del Segretario per la Chiesa in America Latina, organo della Conferenza episcopale statunitense. L’inchiesta, ha affermato il presidente dei vescovi canadesi, mons. V. James Weisberg, sarà condotta dalla Conferenza episcopale del Canada (CECC). “Questa situazione – ha aggiunto – ha suscitato molte domande nei cattolici del nostro Paese. È dunque importante offrire delle risposte ai gravi problemi che sono stati sollevati”. I risultati dell’inchiesta verranno resi noti con un comunicato ufficiale e verranno poi presentati al Consiglio permanente della CECC. (I.P.)

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    Brasile: annullato il processo per l'assassinio di suor Dorothy Stang

    ◊   Il Tribunale di giustizia dello stato amazzonico del Pará ha annullato il verdetto di innocenza emesso nel maggio dello scorso anno nei confronti di un latifondista processato per l’assassinio di suor Dorothy Stang, la missionaria statunitense naturalizzata brasiliana uccisa il 12 febbraio 2005 ad Anapu. La massima corte del Pará ha respinto per “vizi tecnici” la sentenza con cui era stato assolto Vitalmiro Moura, detto ‘Bida’, ritenuto il mandante dell’omicidio della religiosa, impegnata al fianco dei contadini ‘senza terra’ e contro il saccheggio della selva amazzonica; secondo i giudici, i difensori di ‘Bida’ hanno utilizzato una prova illegale per dimostrare l’innocenza del loro assistito. La sentenza era stata accolta con “indignazione” dai vescovi della Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb) e dal presidente Luiz Ignácio Lula da Silva, che l’aveva definita “una macchia” per l’immagine del Brasile. Insieme a ‘Bida’ nel maggio dell’anno scorso era stato processato ma condannato a 28 anni Rayfran das Neves Sales, reo confesso dell’omicidio di suor Dorothy; all’inizio dell’inchiesta Neves Sales aveva dichiarato di aver agito per ordine di ‘Bida’ ma in seguito aveva ritrattato scagionando il proprietario terriero. Secondo fonti giudiziarie locali consultate dalla Misna, Neves Sales, di professione ‘peão’ - una sorta di tuttofare impiegato in un’azienda agricola – aveva prosciolto ‘Bida’ perché, con ogni probabilità, era stato lo stesso latifondista a pagare le sue spese legali; sia per ‘Bida’ che per Neves Sales sarà fissato un nuovo processo perché a carico del ‘peão’ esiste un’aggravante (aver accettato un compenso in denaro per l’omicidio) che potrebbe comportare un aumento della pena. 'Irmã' (sorella) Dorothy, come era conosciuta, fu uccisa all’età di 73 anni con sei colpi di pistola, mentre si stava recando insieme a un collaboratore all’insediamento ‘Esperança’, dove dal 1999 lavorava a un ‘Progetto di sviluppo sostenibile’: “un’utopia” estranea agli interessi di latifondisti e commercianti di legname per consentire a 400 famiglie di contadini indios, meticci e immigrati di vivere in un’area di 1400 chilometri quadrati nel rispetto della natura grazie a un’agricoltura a bassa intensità e ai prodotti della foresta. Per l’assassinio di suor Dorothy, oltre a Neves Sales, sono stati condannati finora uno dei mandanti, Amair Feijoli da Cunha, e un altro sicario, Clodoaldo Batista. (R.P.)

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    Perù: condannato l’ex presidente Fujimori

    ◊   “Una pietra miliare di straordinaria importanza nella lotta contro l’impunità che mostra come nessuno sia esente dal rendere conto del proprio operato”. Così Amnesty International ha commentato la condanna dell'ex presidente peruviano Alberto Fujimori, emessa ieri dalla Sezione criminale speciale della Corte suprema peruviana, in relazione ai casi di Barrios Altos (15 persone assassinate nel 1991), de La Cantuta (nove studenti e un docente universitario sequestrati e poi uccisi nel 1992 da un gruppo paramilitare legato all’esercito) e dei sotterranei Sie (dove vennero tenute due persone sequestrate). Secondo quanto riferisce il Sir, i tre giudici, all’unanimità, hanno concluso che l’ex presidente Fujimori è responsabile personalmente e penalmente in ciascuno dei tre casi, avendo all’epoca il comando militare effettivo su coloro che commisero i crimini in giudizio. “È stata fatta giustizia in Perù'', ha dichiarato Javier Zuñiga, osservatore di Amnesty International al processo nei confronti di Alberto Fujimori . “È una giornata storica, – ha poi spiegato l’esponente dell’organizzazione - non capita tutti i giorni di vedere un ex capo di Stato condannato per violazioni dei diritti umani quali torture, sparizioni e sequestri di persona. Speriamo sia solo il primo di molti processi del genere in America Latina e nel resto del mondo”. (M.G.)

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    Lettera dei vescovi della Patagonia in difesa dei poveri

    ◊   I sei vescovi della Patagonia argentina, in occasione della Settimana Santa, con una lettera collettiva si rivolgono ai fedeli delle loro diocesi, parte rilevante del Paese, per riflettere sulla crisi “che attenta contro gli aneliti di dignità che risiedono nel cuore di ogni essere umano”. Nel proporre il magistero contenuto nell’esortazione dell’episcopato del novembre scorso, i presuli ritengono che le principali sfide siano “le situazioni di esclusione economica”, la solitudine di coloro che “lasciati al proprio destino non hanno protezione”, e in particolare le occupazioni, che è giusto condannare, ma che rivelano un legittimo reclamo riguardo il diritto alla terra e all’alloggio”. Per i vescovi l’insieme dei fenomeni sociali ed economici che colpiscono milioni di abitanti della regione ha dato origine a forti sentimenti di paura e perciò ritengono che sia urgente e fondamentale “nella lotta contro le cause ultime di queste sofferenze”, combattere la paura poiché priva il cuore di ciascuno della speranza, oggi più necessaria che mai. Perciò, sottolineano i presuli “noi, credenti cattolici, rivolgiamo lo sguardo verso la presenza reale di Gesù Cristo, vivo e risorto nell’Eucaristia, affinché ci converta in una vera comunità di fratelli”. Nessuno deve dimenticare, chiedono i vescovi, che “chi riceve Gesù nel suo cuore riceve anche l’altro”. Nelle loro lettere i presuli riflettono a lungo sulla paura che le crisi scatenano rinforzando, senza giustificazione dicono, reazioni egoistiche che minano il senso della comunità e della solidarietà. Al riguardo i vescovi analizzano diverse situazioni in cui la paura finisce per “intrappolare e paralizzare” la società mettendo uno contro l’altro e a volte “facendo credere che la soluzione è l’esclusione”. “Non pochi tra l’altro finiscono per autoescludersi poiché pensano di non avere nulla da dire, di dare fastidio e di essere di troppo”. La stessa paura che conduce molti, dicono i presuli argentini, verso ogni tipo di dipendenza e autodistruzione”. Lo stesso si può dire per quanto riguarda la violenza e la conseguente insicurezza che causa in tanti cittadini. Per i credenti, questi giorni santi, concludono i presuli, la risurrezione di Cristo ci invita a “non avere paura. La vita nuova del Cristo Risorto ci dona dei motivi autentici per superare le paure sul sentiero dell’amore che nasce dalla fede”. (A cura di Luis Badilla)

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    Indonesia: provincia a maggioranza cristiana posticipa il voto per la Pasqua

    ◊   La Commissione elettorale di East Nusa Tenggara (Ntt), provincia indonesiana a maggioranza cristiana, ha posticipato al 14 aprile il voto per le elezioni politiche e legislative in programma domani. La decisione è stata presa dopo settimane di proteste – massicce, ma pacifiche – di migliaia di cristiani della zona, i quali chiedevano di poter partecipare alle celebrazioni previste per il Giovedì santo minacciando, in caso contrario, di disertare il voto. In passato la provincia di Ntt è stata teatro di conflitti a sfondo confessionale: nel settembre 2006 la fucilazione di tre cristiani ha scatenato violenti scontri di piazza. I tre uomini erano stati condannati a morte nel 2001, giudicati responsabili del massacro di numerosi musulmani durante gli scontri interreligiosi del 2000 a Poso. Lo spostamento del voto è accolto con favore anche dalla comunità musulmana locale, solidale con i cristiani. “I fedeli vanno in chiesa per celebrare il Giovedì santo – spiega Abdul Kadir Yahya, musulmano e presidente della Commissione elettorale di East Flores – piuttosto che presenziare ai seggi elettorali. Se noi votassimo quel giorno, mentre i fedeli di altre religioni decidono di non farlo, ciò innescherebbe un conflitto interconfessionale”. Le manifestazioni di solidarietà dei musulmani sono apprezzate dalla comunità cristiana, cattolica e protestante, che rappresentano più del 90% della popolazione della provincia. (R.P.)

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    L’impegno dei cattolici del Nepal contro l’influenza delle caste

    ◊   Portare la missione nel Ovest del Nepal. È questa la parola d’ordine della tre giorni di seminari dedicati all’evangelizzazione, presso il St. Vianney Postoral Center di Godavari, 15 chilometri a sud-ovest di Kathmandu. Sacerdoti, religiosi e laici hanno dunque raccolto l’invito di mons. Anthony Sharma, vicario apostolico del Nepal: “Dobbiamo portare il nostro slancio missionario nell’ovest del Paese perché anche lì si compiano i progressi avvenuti nell’est”. Tra gli interventi principali dei tre giorni di lavoro, dal primo al 3 aprile, quello di mons. Thomas Menamparampil, arcivescovo di Guwahati e responsabile dell’ufficio per l’evangelizzazione della Conferenza episcopale indiana. Mons. Menamparampil è stato scelto da Benedetto XVI per scrivere le meditazioni  per la Via Crucis di quest’anno al Colosseo. Nel suo intervento, di cui riferisce AsiaNews, il presule ha sottolineato la sempre maggiore invadenza nelle regioni dell’Asia del sud della cosiddetta “zafferanizzazione” che comprende la suddivisione della società in caste secondo la cultura brahmina. Mons. Menamparampil ha rilevato come questo fenomeno insidi la tradizione di diverse minoranza della regione: “Buddisti, jainisti, fedeli di Ashoka e altri credenti delle comunità tribali che popolano la regione sub-himalayana sono determinati a preservare il loro ethos egualitario dalle pressioni del brahminismo”. “Per poter salvaguardare la loro cultura e tradizione”, afferma il vescovo indiano, “comunità deboli e popolazioni rurali stanno cercando un leader come Mosè che li aiuti a ridefinire la loro identità nella nuova situazione”. Per mons. Menamparampil, il compito di aiutare queste comunità nel “nuovo esodo attraverso il Mar Rosso” è affidato ai cristiani anche quando essi rappresentano una piccola minoranza come in Nepal, dove i cattolici sono 8mila circa, immersi in una popolazione di oltre 27 milioni di abitanti di cui l’86% sono induisti, il 7% buddisti, il 3,5% musulmani. (M.G.)

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    Filippine: la Pasqua a Manila baciando la croce di Cristo

    ◊   La Settimana santa dei cattolici filippini è accompagnata dai canti della Pabasa, il racconto in tagalog della Passione, morte e resurrezione di Gesù. “È il modo tradizionale di professare la nostra fede - spiega Marfic Castro, 46enne madre di due ragazze - di esprimere il nostro amore per Gesù e partecipare alla sua passione”. I canti ritmati della Pabasa e la lettura della Pasiong Mahal, la narrazione della Passione in tagalog, sono riti che riuniscono le famiglie e raccolgono il vicinato durante la Quaresima ed in particolare nella Settimana santa. Per questa Pasqua, la Chiesa filippina ha invitato i fedeli a riscoprirne tanto il valore comunitario quanto quello personale. Mons. Pedro Quitorio, responsabile della comunicazione della Conferenza episcopale delle Filippine, spiega ad AsiaNews che i cattolici del Paese sono invitati a riflettere sui gesti della tradizione e sui momenti liturgici del triduo pasquale. “Quando una persona bacia Cristo che porta la croce - afferma mons. Quitorio - significa che bacia la sua croce personale. Molti pensano, con una punta di superstizione, che baciando la croce Gesù elimini i loro pesi, mentre invece quel gesto significa abbracciare con Lui la propria croce quotidiana e quella di ogni uomo”. L’esortazione ad immedesimarsi con la passione e morte del Signore è l’invito che la Chiesa delle Filippine rivolge in particolare ai giovani. Il cardinale Ricardo Vidal, arcivescovo di Cebu, lo ha ribadito durante la Giornata mondiale dei giovani, celebrata quest’anno a livello diocesano. Ai 3mila ragazzi riuniti per quattro giorni al santuario di San Francesco di Assisi a Naga City, nel sud del Paese, il cardinale Vidal ha chiesto di non abbandonarsi ai facili ideali che la società di oggi propone, ma di aprirsi all’amore di Gesù che ha dato la sua vita per ogni uomo. (R.P.)

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    Sudafrica: i vescovi contro la decisione della Procura sul caso Zuma

    ◊   “La decisione della Procura generale che non continuerà il procedimento a carico di Jacob Zuma, ha negato sia a Zuma che al Paese di stabilirne l’innocenza o la colpevolezza una volta per tutte attraverso i normali percorsi giudiziari”: a dirlo, in una nota ripresa dall'agenzia Misna, è stato il portavoce della Conferenza episcopale sudafricana (Sacbc), l’arcivescovo di Durban Wilfrid Napier. Per la Sacbc, tuttavia, questo era il momento di sottrarsi a “questa spiacevole situazione” e di “impegnarsi” per un governo trasparente e responsabile. “È necessario – ha concluso monsignor Napier – che chiunque sia in posizione di responsabilità ricavi da questo episodio la voglia di combattere la corruzione in ogni sua forma”. Jacob Zuma, presidente dell’African National Congress (Anc), è accusato di frode, riciclaggio di denaro sporco e corruzione per un giro di tangenti chieste a un’azienda di armi francese. La decisione, definita dal procuratore generale Mokotedi Mpshe la “più difficile” della sua carriera, giunge due settimane prima delle elezioni legislative alle quali Zuma partecipa come capolista dell’Anc e possibile nuovo capo dello stato. Per l’accusa di aver versato tangenti all’azienda francese è stato già processato e condannato Schabir Shaik, consulente finanziario e stretto collaboratore di Zuma. Il dirigente dell’Anc ha sempre sostenuto di essere vittima di una macchinazione politica e ha perfino denunciato un presunto coinvolgimento dell’ex presidente Thabo Mbeki, che si è dimesso in settembre al culmine della crisi politica aperta dalla disputa giudiziaria. La decisione della procura generale è stata condannata con decisione dall’opposizione: Helen Zille, capo dell’Alleanza democratica, ha parlato di “crisi istituzionale”. (R.P.)

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    Angola: appello del vescovo di Luanda per la crescita umana del Paese

    ◊   Il 4 aprile scorso, in Angola, si è celebrata la settima Giornata nazionale di pace e riconciliazione. Per l’occasione, nella capitale Luanda, si è tenuta una cerimonia ecumenica di ringraziamento, alla quale ha partecipato il vescovo ausiliare della città, mons. Anastácio Kahango. Durante la celebrazione, il presule ha lanciato un appello alle autorità pubbliche affinché “lavorino di più alla crescita umana del Paese, a partire dai doveri dei singoli individui”. “Durante questi sette anni di pace – ha detto don Kahango – il governo ha compiuto molti considerevoli sforzi per migliorare le condizioni dei cittadini, la libera circolazione di persone e di beni materiali, così come il rapido aumento delle infrastrutture a livello nazionale”. Tuttavia, il presule ha esortato l’Angola a continuare a “lavorare per la pace, il perdono e la riconciliazione, in modo da vincere la violenza, la paura, l’infelicità e l’odio”. Al termine della cerimonia, il ministro angolano per la Famiglia e la promozione delle donne, Genoveva Lino, ha ribadito che “la pace ha portato un grande sviluppo nel Paese, dal punto di vista sia materiale che sociale”. Ed il merito della riconciliazione va anche alla Chiesa che, ha concluso il ministro, “ha creato e crea le condizioni spirituali e psicologiche giuste perché l’Angola recepisca i valori morali”. (I.P.)

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    Bénin: inaugurazione di due case per l’infanzia

    ◊   Domani e sabato 11 aprile saranno inaugurate a Cotonou e a Ina, nel Bénin, due case di accoglienza per l’infanzia. La prima, situata nella periferia della capitale economica del Paese, è riservata ai bambini di strada, finora ospitati in un edificio posto nell’interno della città, costruito qualche anno fa grazie all’appello lanciato da padre Raniero Cantalamessa, Predicatore della Casa Pontificia, agli ascoltatori del Programma “A sua immagine” durante una visita al piccolo Paese africano. La seconda casa, quella di Ina, è destinata a ricevere i ragazzi delle scuole secondarie che abitano nei villaggi circostanti e che sono costretti a fermarsi in questa cittadina del Nord del Paese, una zona estremamente povera e flagellata dal vento del deserto che periodicamente la copre con una coltre di sabbia. Le due maisons d’accueil si debbono alla generosità dello Studio Rainbow, produttore del famoso cartone animato Winx, realizzato a Recanati (MC) e distribuito in 130 Paesi. Nato da un’idea dell’artista Iginio Staffi, il “cartone” è trasmesso in Italia da Raidue e dal canale Rai satellitare per ragazzi. Le sei fatine protagoniste hanno ispirato anche un musical, un omonimo fumetto e una lunga serie di prodotti destinati a bambine fra i 5 e i 12 anni. Si è stimato che le Winx siano le terze bambole più popolari nel mondo occidentale. In quello “in via di sviluppo” stanno entrando con queste due case in cui i ragazzi, che non sanno nulla di loro, beneficeranno della loro fama e del loro successo. (Dal Bénin, padre Egidio Picucci)

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    Le cerimonie di Pasqua nella Basilica di San Paolo fuori le Mura

    ◊   L’Anno Paolino, in pieno svolgimento, richiamerà molti pellegrini italiani e stranieri per le celebrazioni liturgiche del Triduo Pasquale e della Resurrezione del Signore nella Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura a cui attenderanno, come per tradizione secolare, i monaci benedettini dell’attigua Abbazia. Giovedì Santo assisteranno alla Missa in Coena Domini, presso il Sepolcro dell’Apostolo, dei pellegrini francesi guidati dal cardinale Roger Etchegaray, argentini, messicani e spagnoli nonché gruppi di pellegrini italiani di Modena e di Venezia. La Basilica che si solito viene chiusa alle ore 19, resterà aperta sino alle 22 per consentire l’afflusso dei fedeli alla Cappella del Santissimo Sacramento per l’Adorazione Eucaristica. Il Venerdì Santo la recita dell’Ufficio delle Letture avverrà nell’Abside della Basilica, dove alle ore 17 si celebrerà la Passio Domini; alle 19 seguirà, secondo un’antica tradizione monastica, il canto delle “Lamentazioni” di Geremia in latino e in varie lingue. Sabato Santo la recita dell’Ufficio delle Letture avverrà ancora nell’Abside. Alle ore 22 la Veglia Pasquale avrà inizio nel Quadriportico della Basilica ove, al centro, dinanzi alla statua di San Paolo, sarà acceso il fuoco nuovo e preparato il Cero; la Messa della Resurrezione all’Altare della Confessione sarà presieduta dall’abate padre Edmond Power che pure vi celebrerà quella della Domenica e che pure presiederà alla recita delle Lodi solenni e dei Vespri. Per il Lunedì dell’Angelo è annunciato un afflusso continuo di pellegrini; francesi da Chanteloup, spagnoli da Burgos e italiani da numerose città, fra cui Acerra, La Spezia, Lazzate, Lecco, Milano, Nova Milanese, Terni. L’indomani, martedì, alle ore 17,30, e prevista la celebrazione della Statio di Pasqua. (A cura di Graziano Motta)

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    24 Ore nel Mondo



    Il presidente moldavo accusa Bucarest per i disordini a Chisinau

    ◊   Il presidente moldavo, Vladimir Voronin, ha definito i disordini e le azioni di violenza di ieri a Chisinau un chiaro tentativo di colpo di Stato. Manifestazioni sono scoppiate ieri in Moldova dopo la vittoria elettorale dei comunisti nelle consultazioni del 5 aprile. Migliaia di manifestanti hanno preso d'assalto la presidenza e il parlamento denunciando brogli e inneggiando all’annessione alla Romania, ormai parte integrante dell’Unione europea. Una persona è morta negli scontri e 193 sono state arrestate, tra cui un leader dell'opposizione. Il servizio di Fausta Speranza:

     
    L'ambasciatore romeno a Chisinau è stato dichiarato persona ‘non grata' ed è stato annunciato il regime dei visti con la Romania. Sono le misure annunciate dal presidente Voronin, che parla esplicitamente di ingerenza della Romania negli affari interni della Moldova e di partecipazione di cittadini romeni ai disordini di ieri a Chisinau. L’opposizione chiama anche oggi a raccolta nella capitale gente da tutto il Paese e Voronin minaccia l’uso della forza. È stata presto smentita, infatti, la voce di un accordo per nuove elezioni o nuovo scrutinio dei voti: il ministro degli Esteri russo definisce l’ipotesi “assolutamente priva di fondamento”. Ma la Russia si spinge oltre: Mosca lancia un monito contro ogni tentativo di ingerenza esterna nella vita politica della Moldova, condividendo di fatto le accuse del presidente moldavo nei confronti della Romania. Dopo la "rivoluzione arancione" in Ucraina, quella delle rose in Georgia e quella dei tulipani in Kirghizistan, un esponente del partito di Putin parla di rivoluzione dei lillà. La Romania nega un proprio coinvolgimento nei disordini scoppiati in Moldova, a Chisinau, parlando di provocazione. Bucarest sottolinea che ''la Romania non prenderà simili misure sul personale dell'ambasciata della Moldova a Bucarest e manterrà il sistema di visti gratuiti per i cittadini moldavi''. Da parte sua, il presidente del Senato romeno afferma che la scontentezza della gente in Moldova è stata nutrita dalla mancanza cronica di vita democratica autentica. Resta da riferire dell’appello rivolto a tutte le parti coinvolte dal segretario generale dell’Onu: evitare la violenza.

     
    Scontri in Cisgiordania
    Dodici palestinesi feriti e altri quindici intossicati da gas lacrimogeni sono il bilancio di una mattinata di duri scontri divampati fra coloni israeliani e contadini palestinesi nella zona di Betlemme (Cisgiordania). Gli incidenti sono iniziati quando da Bat Ayan (dove una settimana fa un palestinese ha assassinato a colpi di scure un ragazzo ebreo) è partito un corteo di coloni diretti verso una vicina altura per celebrare un rito religioso. La loro presenza nelle immediate vicinanze del villaggio palestinese di Beit Safa ha allarmato la popolazione locale che ha fatto accorrere gli abitanti dei vicini villaggi di Beit Umar e Zurif. La situazione è allora degenerata e per riportare l'ordine l'esercito israeliano ha fatto ricorso a gas lacrimogeni, a proiettili rivestiti di gomma e ha anche sparato alle gambe contro dimostranti che risultavano essere particolarmente violenti.

    Israele e il processo di pace
    Il processo di pace con i palestinesi è ormai “in un vicolo cieco” e il nuovo governo israeliano con guida a destra intende avanzare “idee nuove”, senza farsi condizionare dalle "interferenze" altrui. Parola del neoministro degli Esteri, Avigdor Lieberman (destra radicale), il quale - per nulla impressionato dalle sollecitazioni del presidente americano, Barack Obama, e di altri esponenti della comuntà internazionale - è tornato stasera a rimettere indirettamente in discussione i cardini negoziali del passato recente: inclusa, evidentemente, la prospettiva dei "due Stati per due popoli". Intanto, il ministro degli Esteri italiano Frattini, in una conferenza stampa congiunta oggi a Damasco con il collega siriano Walid Al-Moallem, ha dichiarato che l’occupazione delle alture del Golan da parte di Israele costituisce uno dei principali ostacoli alla pace in Medio Oriente. Frattini, inoltre, ha commentato la disponibilità alla pace da parte della Siria: ''Ho raccolto dal presidente siriano, Bashar Al-Assad, la volontà di contribuire alla pace in Medio Oriente e di collaborare con l'Unione europea e con l'Italia”. Il titolare della Farnesina, dopo la missione in Libano e Siria, è ripartito da Damasco per fare il suo rientro in Italia.

    Iraq
    Sette persone morte e 23 feriti sono il bilancio dell’esplosione di un potente ordigno nei pressi di una moschea sciita a Baghdad. Lo hanno riferito fonti di polizia citate dall’agenzia Nina, secondo cui ancora non è chiaro se l'esplosione sia dovuta ad un ordigno innescato con un telecomando o se sia opera di un attentatore suicida. Nel frattempo il presidente americano Barack Obama ha sostato ieri a sorpresa in Iraq, dov’è rimasto per meno di cinque ore nel percorso di ritorno a Washington alla conclusione del viaggio europeo di otto giorni, nato con l’intento dichiarato di cambiare l’immagine dell’America nel mondo.

    Libano
    Sono in totale 702 gli esponenti politici che hanno registrato il proprio nome nelle liste dei candidati e che si contenderanno i 128 seggi del parlamento libanese alle elezioni del prossimo 7 giugno. Lo ha reso noto il ministro degli interni Ziad Barud, allo scadere dei termini per la presentazione delle candidature. Ma il numero dei candidati dovrebbe diminuire entro il 21 aprile, ultima data prevista per il ritiro delle candidature. Intanto, è stato annunciato che sorgerà nella centrale piazza dei Martiri di Beirut, simbolo al tempo stesso delle divisioni e dell'unità dei libanesi, il “Memoriale delle vittime della guerra civile” (1975-1990). Lo ha reso noto oggi la stampa libanese a pochi giorni dal 34.mo anniversario dello scoppio del conflitto interno che fece circa 150 mila vittime.

    Pakistan-Usa
    L'inviato speciale degli Stati Uniti per l'Afghanistan ed il Pakistan, Richard Holbrooke, ha lasciato stasera Islamabad per New Delhi, al termine di una visita di due giorni durante la quale ha incontrato le massime autorità pachistane. Lo riferiscono i media locali. Nella sua missione, che ha toccato anche l'Afghanistan, Holbrooke è accompagnato dall'ammiraglio Michael Mullen, capo degli Stati Maggiori statunitensi. Dopo i contrasti con le autorità pachistane sul delicato tema dei bombardamenti compiuti con aerei senza pilota (droni) sui territori alla frontiera con l'Afghanistan, Holbrooke avrà domani difficili colloqui con esponenti governativi indiani. Da giorni i massimi responsabili della politica estera di New Delhi temono infatti che in questa fase del loro intervento nella regione, gli Usa privilegino il Pakistan a scapito dell'India.

    Ocse: nel mondo metà della forza lavoro è senza contratto regolare
    Più della metà della forza lavoro mondiale sta lavorando senza un contratto regolare e questa realtà è destinata a crescere nei prossimi 10 anni. Questo l'allarme lanciato dall'Ocse, che nello studio "Is Informal Normal?" evidenzia che 1,8 miliardi di persone, pari a più della metà della forza lavoro mondiale, stanno lavorando senza un contratto di lavoro formale e un'assicurazione sociale, a fronte di 1,2 miliardi i lavoratori che beneficiano di contratti formali e della protezione di un'assicurazione sociale. Questo numero, secondo l'Ocse, è destinato a crescere diventando i due terzi della forza lavoro entro il 2020, considerando un andamento stabile della popolazione e della crescita, e potrebbe essere ancora più alto se la crisi economica farà perdere altri posti di lavoro e altri immigrati decideranno di tornare al proprio Paese d'origine scegliendo lavori informali.

    In Italia bloccato per la seconda volta l’esame sul decreto sicurezza
    La Camera dei Deputati italiani ha approvato a scrutinio segreto gli emendamenti del Pd e dell'Udc al decreto sulla sicurezza: dunque, viene soppresso l'articolo 5 del decreto legge, che aumentava a 180 giorni i tempi di permanenza nei Cpt degli immigrati. Il relatore Caterina Lussana della Lega ha chiesto la sospensione immediata dell'esame del provvedimento. La votazione si è svolta a scrutinio segreto su richiesta dei gruppi dell'Udc, del Pd e dell'Idv. È la seconda volta che il governo viene battuto in Parlamento sempre sulla stessa norma sugli immigrati irregolari, e sempre con voto segreto. Al Senato venne bocciata la norma, allora contenuta nel disegno di legge sicurezza. La Lega, in particolare il ministro dell'Interno Roberto Maroni, decise di riproporre la stessa misura in questo decreto del governo, all'esame della Camera.
     
    Paraguay
    Una cinquantina di poliziotti del Paraguay, tra cui tre capi della Polizia nazionale, sono stati accusati di arricchimento illecito. Fra gli imputati ci sono l'ex comandante della polizia, il commissario generale Fidel Izaza, e due suoi diretti sottoposti, i commissari generali Pedro Mendez e Carlos Alsina. Il giudice che si occupa del caso ha sequestrato i beni dei 44 imputati, bloccando un patrimonio complessivo di circa 4 milioni di dollari. Il ministro dell'Interno del Paese, Rafael Filizzola, ha detto che “il livello di corruzione nella polizia e nelle istituzioni è molto alto ed ha goduto per lungo tempo della protezione dei più alti ranghi del governo. La quantità di furti nel corpo di polizia è stata davvero scandalosa”. Dopo la fine dell'era del Partito Colorado e l'inizio del governo di Fernando Lugo, in Paraguay sono venuti alla luce numerosi fatti di corruzione in tutte le istituzioni ed in particolar modo nella polizia.

    Nave danese sequestrata da pirati in acque somale
    Una nave container danese, che opera per un gruppo statunitense è stata sequestrata oggi da pirati nelle acque somale, circa 400 chilometri al largo della capitale Mogadiscio. Secondo le prime informazioni in possesso di Mawangura, la nave container stazza 17.000 tonnellate, e l'equipaggio sarebbe composto da 21 persone, tutte statunitensi che starebbero bene. È la sesta nave sequestrata nelle acque somale da sabato scorso.

    Grecia
    Il parlamento greco ha nominato oggi una commissione d'inchiesta per indagare su un ex ministro e attuale deputato del partito di governo Nuova Democrazia (Nd) coinvolto in un nuovo scandalo che mette a repentaglio la fragilissima maggioranza di un seggio e potrebbe costringere il premier Costas Karamanlis ad elezioni anticipate. Con voto segreto il parlamento unicamerale aveva votato la scorsa notte per 215 contro 67, e cioè con l'appoggio della stessa maggioranza, per l'apertura di un'inchiesta sulle accuse di corruzione contro Aristotele Pavlidis che potrebbe essere costretto alle dimissioni nell'ultimo degli scandali che hanno fatto precipitare nei sondaggi il partito di Karamanlis. Secondo gli osservatori, se la Commissione decidesse di consentire l'incriminazione di Pavlidis diventerebbe più probabile l'ipotesi, sempre finora esclusa dal premier, di elezioni anticipate. Nel frattempo Pavlidis, accusato di avere estorto denaro ad un armatore, si dichiara innocente e rifiuta di dimettersi rendendo imbarazzante, per un governo giunto al potere con la parola d'ordine della lotta alla corruzione, avere nel deputato sospetto la chiave della maggioranza di 151 seggi su 300.(Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 98

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