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Sommario del 06/04/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Disastro in Abruzzo: terremoto provoca decine di morti. Il dolore del Papa, solidarietà da tutto il mondo
  • Le testimonianze dei vescovi dell'Aquila e di Avezzano e del direttore della Caritas italiana
  • Benedetto XVI ai ragazzi spagnoli: la Croce della Gmg rappresenta l'incontro con Colui che è morto e risorto per noi
  • Nomina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Aperto ad Istanbul il Forum dell'Alleanza delle Civiltà
  • Dare speranza ai giovani: la testimonianza di un sacerdote in missione tra gli emarginati del Paraguay
  • Chiesa e Società

  • Iraq: uccisi quattro cristiani
  • Celebrazione a Gerusalemme della Domenica delle Palme
  • Orissa: sconcerto per la candidatura dell’assassino di un missionario australiano
  • Elezioni in Malawi. I vescovi: i fedeli riflettano sulla scelta di un leader politico
  • L'arcivescovo di Santo Domingo: no a modifiche costituzionali su aborto e unioni omosessuali
  • Preoccupazione dell’episcopato del Nicaragua per il clima di scontro nel Paese
  • Bolivia: appello dei vescovi alla riconciliazione nazionale
  • Nelle baraccopoli argentine dilaga il consumo di droga
  • Cina: il corpo dei primi cinque vescovi di Hong Kong traslato nella cripta della cattedrale
  • Thailandia: l'opera di padre Pelosin per i bambini di strada di Bangkok
  • Myanmar: nuovi formatori per l’evangelizzazione del Paese
  • Egitto: violenze dopo l’uccisione di un musulmano
  • La Sacra Sindone custodita dai Templari. L’ipotesi rilanciata dall’Osservatore Romano
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nessun accordo all'Onu sul satellite-missile della Corea del Nord
  • Il Papa e la Santa Sede



    Disastro in Abruzzo: terremoto provoca decine di morti. Il dolore del Papa, solidarietà da tutto il mondo

    ◊   Si fa sempre più drammatico il bilancio del violento terremoto, che stanotte alle ore 3.32, ha colpito l’Abruzzo e in particolare la zona dell’Aquila. L’epicentro del sisma è stato individuato a una decina di chilometri a nord del capoluogo abruzzese. L’ultimo tragico aggiornamento parla di oltre 92 morti, molti dei quali bambini, centinaia di feriti, migliaia di case distrutte o lesionate e circa 50 mila sfollati. Il sisma, dell’ottavo-nono grado sulla scala Mercalli, è stato avvertito distintamente in tutto il centro Italia. Profondo dolore è stato espresso da Benedetto XVI. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, indirizzato a mons. Giuseppe Molinari, arcivescovo dell’Aquila, il Papa manifesta la sua viva partecipazione al dolore delle popolazioni colpite dal tragico evento. La drammatica notizia, si legge nel telegramma, ha riempito di costernazione l’animo del Santo Padre. Nell’assicurare le sue fervide preghiere per le vittime, in particolare i bambini, il Papa invoca dal Signore conforto per i famigliari e incoraggia quanti in vario modo si stanno prodigando nelle operazioni di soccorso. Per fare il punto della situazione ci riferisce Alessandro Gisotti:

    L’Abruzzo è in ginocchio, sconvolto da un terribile terremoto che ha devastato L’Aquila, soprattutto nel centro storico, e i paesi vicini al capoluogo abruzzese. Una delle situazioni più drammatiche si registra nella frazione di Onna, pressoché rasa al suolo, dove si contano al momento 8 morti e decine di dispersi. A Poggio Picenze i morti sono almeno cinque, tre bambini e due mamme. Grave la situazione pure a Paganica dove le vittime accertate sono almeno sei, tra i quali Gemma Antoniucci, 61 anni, madre superiora del monastero di Santa Chiara di Paganica, il cui corpo è stato estratto dalle macerie dai Vigili del Fuoco. L’Aquila si presenta oggi come una città di profughi con migliaia di persone accampate nelle piazze principali, mentre le vie sono disseminate di detriti e calcinacci. Ecco alcune drammatiche testimonianze di cittadini aquilani, raggiunti telefonicamente da Antonella Palermo e Roberta Rizzo:

    (Tatiana):
    R. - Che le posso raccontare: una catastrofe, un incubo. E pensare che c’è gente sotto le macerie che è morta, bambini. E’ indescrivibile. Non si può descrivere una cosa del genere. La prima forte scossa c’è stata a mezzanotte e 40, dopo c’è n'è stata una alle 3.30 ma non ci ha lasciato neanche il tempo di capire che cosa stesse succedendo, non abbiamo avuto nemmeno il tempo di scappare in strada. Ora stanno arrivando notizie di persone morte, nostri amici, nostri parenti... è che il centro storico è stato completamente devastato. Purtroppo è venuta a mancare una bimba, la sorella di un mio amico ... una bambina di cinque anni ... Ci sono ancora persone sotto le macerie, sotto i palazzi e non si sa se sono vivi o morti. E’ una cosa terrificante. Ed anche ora, che sto parlando con lei, la terra continua a tremare perché dalle 3.30 non ha mai smesso. C’è uno sciame sismico continuo. Comunque, si sta mobilitando tutta la città. Il nostro ospedale civile è stato evacuato e quindi stanno allestendo un ospedale mobile vicino all’attuale ospedale e le sale operatorie purtroppo non sono agibili, quindi è un caos, un caos.

     
    (Concetta)
    R. - Praticamente la casa è tutta aperta, tutta lesionata, tutta spaccata. Stiamo qua fuori, c’è qualche vigile del fuoco, le autoambulanze.

     
    D. – Signora, ma lei dove abita di preciso?

     
    R. – Praticamente al centro vecchio, la vecchia zona dell'Aquila. E’ stata una cosa terribile, mai vista: le case vecchie sono state spaccate, lesionate, non c’è rimasto proprio niente, ci sono solo sassi.

     
    D. – Voi state tutti bene?

     
    R. – Noi sì, grazie a Dio.

     
    (Giorgio)
    R. - Abbiamo dormito tutti fuori, oltretutto senza luce perché è saltata. Al freddo, abbiamo dormito in pigiama in macchina e adesso, per fortuna, è tornata la luce. Sono rientrato in casa per vedere cosa è successo. Ci sono diverse lesioni e ne vedo una anche sopra la mia testa ma non sono in grado di dire quanto sia pericolosa.

     
    (Anna)
    R. - I primi campanelli di allarme li abbiamo avuti ieri sera verso le 11, quando è arrivata la prima scossa. Dopo due ore ne è arrivata subito un’altra, verso l’una, diciamo. Dopo ci siamo rimessi a letto e, alle 3.30, è arrivata questa scossa molto più forte delle altre. E’ da gennaio che all'Aquila avvertiamo scosse sismiche quindi un po’ c’eravamo abituati alle tipiche tre o quattro scosse al giorno. Subito ci siamo alzati dal letto e ci siamo messi sotto i muri portanti. Il terremoto è durato circa una quindicina di secondi. Appena finito il tremore, c’è stato un grande boato e poi siamo usciti fuori e ci siamo recati in piazza dove sono arrivati i soccorsi per le persone che sono rimaste bloccate nei palazzi perché non tutti sono riusciti a scappare subito. Ho visto che la zona più danneggiata è quella di Via XX Settembre: sono crollati dei palazzi e la Casa dello Studente si è letteralmente piegata su se stessa.

     
    D. – Vi avevano preparato al terremoto, vi avevano detto come comportarvi?

     
    R. – Più che altro, c’eravamo preparati da soli perché comunque sapevamo che sarebbe successo.

     
    Si scava, dunque, senza sosta per estrarre i superstiti dalle macerie. Tuttavia, le operazioni di soccorso sono rese difficili dal protrarsi delle scosse di assestamento. All’Aquila sono numerosi i palazzi e gli alberghi crollati in parte o completamente, mentre l’ospedale cittadino è stato dichiarato inagibile al 90 per cento. Per questo, sono stati allestiti quattro punti di primo soccorso. Distrutti o gravemente lesionati anche numerosi monumenti simbolo dell’Aquila: dalla Cattedrale alla Chiesa di Collemaggio, ancora la Chiesa di San Bernardino e la cinquecentesca fortezza spagnola. D’altronde, oltre all’aquilano, sono almeno 26 i comuni abruzzesi interessati in modo serio dal terremoto. “È la peggiore tragedia dall'inizio di questo millennio”, ha dichiarato il capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, aggiungendo che, nonostante l’Abruzzo sia interessato da uno sciame sismico da diverse settimane, non era prevedibile una scossa di tale intensità.

    Colonne mobili di vigili del fuoco, carabinieri e poliziotti di tutta Italia stanno convergendo all’Aquila, almeno 1500 uomini informa il Viminale, ma anche i collegamenti verso la zona colpita risultano difficili: chiuse per verifiche tecniche le autostrade A24 Roma-L'Aquila e l'A25 Roma-Pescara. Dal canto suo, il premier italiano, Silvio Berlusconi, ha convocato per stasera alle 19 un Consiglio dei ministri straordinario. Stamani, Berlusconi aveva firmato lo stato d’emergenza mobilitando anche le forze armate. Intanto, mentre il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è detto profondamente colpito dalle tragiche notizie provenienti dall’Abruzzo si moltiplicano di ora in ora gli appelli di solidarietà in Italia e all’estero. Mobilitate in particolare la rete Caritas, le Misericordie d’Italia e la Croce Rossa. Solidarietà e condoglianze al popolo italiano sono state espresse, tra gli altri, dal presidente della Commissione europea, Barroso, dal presidente americano Obama e russo Medvedev.

    La frazione di Onna dunque è tra le più devastate. L’ha raggiunta da Paganica, Lorenzo Colantonio, un giornalista del quotidiano locale “Il Centro”. La sua testimonianza al microfono di Antonella Palermo:
     
    R. – A Paganica ho potuto assistere in diretta ad una scossa che ha staccato la facciata della Chiesa principale. Poi ho proseguito e sono venuto qui ad Onna che è il punto più devastato in assoluto: il paese è stato letteralmente raso al suolo. Finora hanno recuperato otto corpi. E’ tutto distrutto e mi dicono che sotto queste macerie ci sono almeno 50 corpi. C’è un silenzio irreale. Ecco... hai sentito la scossa adesso?

     
    D. – Sì...

     
    R. – Nell’ultima ora ce ne sono state almeno cinque. Devo dire che qui sono l’unico giornalista in questo momento e sto qui solo ed esclusivamente perché un mio collega, una persona con cui lavoro da 20 anni, ha sotto queste macerie i due figli e il papà e stiamo aspettando che qualcuno venga a toglierle per recuperare due ragazzi di 16 e 18 anni. Siamo entrambi vicecaporedattori del giornale quotidiano “Il Centro” e siamo vicini in questo momento terribile...

     
    “Il terremoto è un fenomeno imprevedibile. Ciò che si può fare per contenerne le conseguenze è costruire edifici antisismici”: molti esperti interpellati in queste ore hanno sostanzialmente concordato su questa posizione. L’Italia in particolare - considerata in gran parte a rischio sismico - dovrebbe svolgere un’adeguata politica di prevenzione. Lo conferma, ai nostri microfoni, anche il direttore del Centro nazionale terremoti, Giulio Selvaggi:

    R. – Purtroppo l’Italia è un Paese sismico. La sua storia è segnata da eventi sismici che hanno fatto nel tempo danni, simile alla tragedia che stiamo vivendo adesso.

     
    D. – La serie di sciami sismici registrata da molto tempo non poteva far prevedere quello che è accaduto la scorsa notte?

     
    R. - No, perché questo tipo di sequenze sismiche non è un fatto eccezionale. In Italia abbiamo tantissime sequenze sismiche anche di questo tipo, alle quali non segue un forte terremoto. La normalità è che ci sono sequenze che poi si esauriscono. In questo caso, come in altri casi, non è stato così.

     
    D. - Ovviamente, quando c’è un terremoto si parla e si cerca di individuare subito l’epicentro, e poi si parla della profondità cui il sisma è avvenuto. Significa che più è profonda, più è debole la scossa in superficie? C’è qualche legame?

     
    R. - E’ abbastanza chiaro che più il terremoto è vicino alla superficie più i suoi effetti sono distruttivi, proprio perché siamo più vicini al terremoto, questo è semplicemente un fatto geometrico. Se il terremoto è più in profondità, quello che osserviamo è che i danni, a parità di magnitudo, sono inferiori.

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    Le testimonianze dei vescovi dell'Aquila e di Avezzano e del direttore della Caritas italiana

    ◊   Ferita, ma in prima linea nei soccorsi, è ovviamente la diocesi dell’Aquila. Molti i racconti di sacerdoti, religiosi e suore che, nei luoghi colpiti dal sisma, stanno prodigandosi per portare conforto ai sopravvissuti. Luca Collodi ha raccolto la testimonianza dell’arcivescovo del capoluogo abruzzese, Giuseppe Molinari, la cui sede arcivescovile è stata danneggiata in modo grave:

    R. - Noi in questi giorni abbiamo pregato - io ho esortato tutti a pregare - ho ripetuto che bisogna affidarci al Signore, perché è Lui che ha nelle sue mani la storia di ognuno di noi, sa tutto, e ho citato anche le parole che dice Gesù: “I capelli del vostro capo sono tutti contati e non ne cade neppure uno se il Padre celeste non lo permette”. E’ il momento di credere sul serio a queste parole e affidarci totalmente al Signore. Non ci rimane altro. Poi, certo, anch’io esorterò tutti a stare molto attenti alle direttive della Protezione civile, a fare tutto quello che umanamente è possibile per prevenire altri pericoli, per metterci al sicuro. Fondamentalmente, però, resta l'affidarsi totalmente al Signore. Ringrazio quelli che già hanno mostrato solidarietà e anche a tutti quelli che ci daranno una solidarietà concreta. E’ scattata già una gara di solidarietà e questo ci fa piacere. Ringrazio già tutti. Soprattutto grazie alla Protezione civile.

     
    Analoghi i sentimenti di dolore che si registrano in altre aree dell’Abruzzo. Il vescovo di Avezzano, Pietro Santoro, descrive al microfono di Luca Collodi la situazione nella sua città e la disponibilità ad accogliere eventuali sfollati in arrivo dall’epicentro del terremoto:

    R. - Ovviamente, la scossa è stata avvertita in maniera fortissima questa notte anche qui ad Avezzano, tenendo conto che Avezzano è zona sismica. Non dimentichiamo che nel 1915 è stata completamente distrutta - sia Avezzano che la Marsica - con 30 mila vittime. Per quanto riguarda la mia diocesi stiamo aprendo un canale per accogliere eventuali sfollati, perché in provincia dell’Aquila la notte è molto fredda, e quindi siamo in contatto con la protezione civile per tutto quello che può servire per l’occasione. E’ un momento di grande dolore. Ovviamente, però, la speranza ce l’abbiamo nel cuore tutti. E soprattutto la Chiesa vuol farsi carico di questa situazione, camminando dentro le sofferenze del nostro popolo.

     
    D. - Mi sembra di capire che il territorio della diocesi di Avezzano potrebbe ospitare gli sfollati di questo terremoto...

     
    R. - Stiamo cercando appunto dei canali, ma è un momento di grande confusione. Noi, comunque, apriamo il cuore e anche le nostre strutture. Tenendo conto che anche qui abbiamo tantissimi edifici lesionati. Anche l’episcopio di Avezzano ha delle lesioni.

    La Caritas Italiana – come abbiamo detto – è già all’opera per i soccorsi. Sulla modalità dell’intervento ecco quello che ha detto il direttore mons. Vittorio Nozza, al microfono di Luca Collodi:

    R. – Andremo a costituire una modalità di presenza attraverso un coordinamento che possa servire sia per la realtà locale colpita da questo pesante terremoto, sia per quanti, soprattutto dall’Italia – delegazioni, Caritas diocesane e altre realtà – vogliano, nel giro di pochi giorni, incominciare, a mettere in atto una modalità di intervento a sollievo delle persone. Si tratta di una presenza continuativa, che faciliti, diremmo così, la lettura dei bisogni delle persone e, contemporaneamente, si vada anche, nel tempo, a costruire tutta una serie di interventi che certamente potranno essere messi in atto nella misura in cui ci sarà anche un ampia solidarietà da parte della popolazione italiana.
     
    Per inviare offerte a Caritas Italiana: causale “TERREMOTO ABRUZZO” C/C POSTALE N. 347013 o tramite CartaSi e Diners telefonando a Caritas Italiana tel. 06 66177001. Intanto anche le Misericordie hanno aperto una raccolta di fondi per le popolazioni dell'Abruzzo. Chi vuole partecipare può farlo con un versamento bancario su un conto corrente appositamente aperto presso il Monte dei Paschi di Siena. Per effettuare il versamento il codice Iban è: IT03 Y010 3002 8060 0000 5000 036.

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    Benedetto XVI ai ragazzi spagnoli: la Croce della Gmg rappresenta l'incontro con Colui che è morto e risorto per noi

    ◊   Benedetto XVI ha incontrato questa mattina in udienza i giovani spagnoli che ieri, durante la Messa della Domenica delle Palme, hanno ricevuto dai loro coetanei australiani la Croce della Giornata mondiale della gioventù, che si svolgerà a livello internazionale nel 2011 a Madrid. Parlando di questo prossimo appuntamento, il Papa ha detto che il periodo di preparazione della Gmg è già “una straordinaria opportunità di sperimentare la grazia di appartenere alla Chiesa”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Le Giornate mondiali della gioventù mostrano “l’eterna giovinezza della Chiesa”. Una Chiesa che affascina, perché casa dove si respira gioia e si percepisce l’amore personale di Dio per ognuno. Benedetto XVI si è rivolto con queste parole ai circa settemila ragazzi spagnoli - e al cardinale arcivescovo di Madrid, Antonio Maria Rouco Varela - riuniti in Aula Paolo VI per questo incontro ravvicinato con il Papa, dopo la solenne Messa di ieri. La Croce della Gmg ricevuta dai giovani di Sydney rappresenta, ha detto, l’incontro con Colui che è morto ed è risorto per noi. “Sono lieto di sapere - ha detto il Pontefice - che questa croce che avete ricevuto la innalzerete il Venerdì Santo, durante la processione per le strade di Madrid perché sia acclamata e venerata”. Ed ha aggiunto:

     
    “Responded vosotros al amor de Cristo...
    Rispondete all'amore di Cristo, donando la vostra vita con amore. Così, i preparativi per la Giornata Mondiale della Gioventù, i cui lavori sono iniziati con grande entusiasmo e impegno, saranno premiati con il frutto che che si attende da questa Giornata: rinnovare e rafforzare l'esperienza dell’incontro con Cristo morto e risorto per noi”.

     
    Vi invito “a formarvi nella fede che dà senso alla vostra vita e a rafforzare la vostra fede, per poter restare saldi nelle difficoltà di ogni giorno”, è stata l’esortazione di Benedetto XVI ai giovani spagnoli. E sulla strada che porta a Cristo, ha proseguito:

     
    “Sepais atraer a vuestros jovenes amigos...
    Sappiate attirare i vostri giovani amici, compagni di studio e di lavoro, perché anche loro lo conoscano e lo professino come Signore della loro vita (…) I giovani di oggi hanno bisogno di scoprire la vita nuova che viene da Dio, saziarsi della verità che ha la sua sorgente in Cristo morto e risorto, e che la Chiesa ha ricevuto come un tesoro per tutti gli uomini”.

     
    Possa questo “atteggiamento profondamente cristiano”, ha concluso Benedetto XVI, rendere Madrid un luogo che irradi fede e vita, dove giovani di tutto il mondo celebrino con entusiasmo Cristo:
     
    “Orad en comun, abriendo las puertas...
    Pregate insieme, aprendo le porte delle vostre parrocchie, associazioni e movimenti in modo che tutti possano sentirsi nella Chiesa come a casa propria, amati con lo stesso amore di Dio. Celebrate e vivete la vostra fede, con grande gioia, che è il dono dello Spirito. Così, i vostri cuori e quelli dei vostri amici si prepareranno a celebrare la grande festa che è la Giornata della Gioventù e tutti faranno l’esperienza di una nuova epifania della giovinezza della Chiesa".

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    Nomina

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Kalamazoo (Usa), presentata da mons. James A. Murray, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Paul J. Bradley, finora vescovo titolare di Afufenia ed ausiliare della diocesi di Pittsburgh. Mons. Paul J. Bradley è nato il 18 ottobre 1945 a McKeesport, Pennsylvania, nella diocesi di Pittsburgh. E’ stato ordinato sacerdote per la diocesi di Pittsbugh il primo maggio 1971. E’ stato consacrato vescovo il 2 febbraio 2005.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il telegramma inviato dal cardinale Tarcisio Bertone, a nome del Papa, all'arcivescovo dell'Aquila dopo il violento terremoto che ha colpito la città e la provincia.

    Non possiamo rassegnarci alle tragedie dell'immigrazione: all'Angelus Benedetto XVI ricorda gli africani morti lunedì scorso nel naufragio di tre barconi al largo delle coste libiche.

    Ecco lo sposo che viene nel mezzo della notte: in prima pagina, Manuel Nin sulla settimana santa nella tradizione bizantina.

    Nell'informazione internazionale, in rilievo la visita del presidente dell'Autorità palestinese a Baghdad per rilanciare il dialogo nella regione.

    Il patibolo e la tomba vuota: in cultura, Fabrizio Bisconti sulla crocifissione e la resurrezione nell'arte cristiana delle origini.

    Un articolo di Giuseppe Fiorentino dal titolo "La sostenibile leggerezza dei 'Fab two'": McCartney e Ringo Starr suonano insieme a New York.

    Stralci dell'ultima conferenza tenuta - il 27 maggio 2008 - dalla storica Marta Sordi sul tema: "San Paolo: Apostolo delle genti".

    Luca Pellegrini recensisce "La Bohème cinematografica", diretta da Robert Dornhelm, e intervista Piero Maranghi, direttore del canale televisivo italiano Classica, interamente dedicato alla grande musica.

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    Oggi in Primo Piano



    Aperto ad Istanbul il Forum dell'Alleanza delle Civiltà

    ◊   Promuovere la convivenza pacifica e il dialogo tra culture e religioni diverse e fornire un contributo per la comprensione reciproca. Sono alcuni degli scopi dell'Alleanza delle Civiltà, organismo dell’Onu costituito nel 2005 per iniziativa di Spagna e Turchia, di cui si è aperto oggi ad Istanbul il secondo Forum, alla presenza di oltre 80 Paesi e organi decisionali nei settori dell'economia privata, dei media e della società civile. Intervenendo alla due giorni, il premier turco Erdogan ha parlato di “comprensione e tolleranza possibile tra tra cristiani, musulmani ed ebrei, e tra Est ed Ovest”, biasimando “i pregiudizi che possono essere soltanto pericolosi”. Dei temi in programma, Adriana Masotti ha parlato con Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace.

    R. – Innanzitutto, c’è il confronto tra le grandi religioni, tra il cristianesimo e l’islam, e poi c’è sul piano culturale e politico il Medio Oriente, dove si concentrano culture, popoli e religioni che, anziché minacciarsi l’un l’altro, possono e, credo, debbano trovare una strada per rianimare un futuro che oggi sembra comparire all’orizzonte.

     
    D. – L’Alleanza delle Civiltà riunisce vari attori, governi, ma anche la società civile e i mass media. Con quali ruoli e quali responsabilità?

     
    R. – E’ un grande laboratorio, uno straordinario laboratorio di persone che hanno responsabilità diverse e che però sono unite dalla consapevolezza che il futuro esiste solo se c’è un dialogo, se si fa tesoro delle ricchezze, delle diversità, delle culture e non si ha paura l’uno dell’altro. Questo è un grande mondo che cerca di costruire ponti, occasioni di incontro, di conoscenza, proprio per far tesoro di questa straordinaria ricchezza che è nelle mani dell’umanità e che spesso viene oscurata da mezzi di comunicazione e anche da forze politiche che infiammano gli animi, che seminano odio, che incoraggiano lo scontro.

     
    D. – Dialogo è una parola molto usata oggi e anche il Forum dedicherà diverse sessioni all’educazione al dialogo. Ma a che punto siamo su questo aspetto?

     
    R. – Siamo ancora all’inizio. Spesso il dialogo è una parola abusata, perché poi non lo si costruisce fino in fondo. Dialogo vuol dire riconoscimento delle diversità. Tutto questo non può essere ottenuto con un colpo di bacchetta magica, c’è bisogno di un lavoro faticoso da parte di tutti.

     
    D. – Il Forum di Istanbul intende promuovere nuove iniziative concrete, quali ad esempio?

     
    R. – Progetti e strumenti concreti per mettere in comunicazione innanzitutto chi questo dialogo e questa collaborazione la pratica già. Non c’è un’unica medicina per il male di cui stiamo un po’ tutti soffrendo. Ci sono tante soluzioni, tante medicine che devono essere usate attraverso un’assunzione di responsabilità plurale. Quindi, i gruppi di base della società civile, le chiese, le istituzioni locali, le città hanno una grande responsabilità nel trasformare questi luoghi in luoghi di incontro, anziché di scontro. Queste sono le idee di fondo, che poi si trasformano davvero in centinaia di progetti che saranno presentati e sviluppati in questi giorni.

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    Dare speranza ai giovani: la testimonianza di un sacerdote in missione tra gli emarginati del Paraguay

    ◊   Donare la speranza ai giovani del Paraguay. E’ il compito che dal 1985 porta avanti, tra mille difficoltà, padre Aldo Trento. La sua parrocchia di San Raffael ad Assuncion è diventata il punto di riferimento per piccoli e non, alcuni affetti da gravi disabilità, per inventarsi un futuro di inserimento nella società e nel lavoro. Da quel fulcro sono poi nate altre iniziative indirizzate a donne in difficoltà, ragazze madri e altre situazioni di emarginazione. Sull’inizio di questa avventura al servizio di chi soffre, nella quale don Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, ha avuto un ruolo fondamentale, sentiamo proprio don Aldo Trento intervistato dalla collega del programma spagnolo, Patricia Ynestroza:

    R. - Era un periodo in cui stavo molto male e Dio si è servito di don Giussani, di questo uomo, per salvare la mia vita. Lui mi ha accolto come un padre accoglie un figlio, nella mia disperazione. Quando tutti volevano mandarmi in ospedale, lui mi ha detto: “Bene adesso io ti mando in Paraguay, perché mi sento sicuro di te. Vai lì e costruisci quello che accadrà in te, quello che il Signore farà di te”. So che, camminando lentamente, Dio ha ricostruito il mio io e ricostruendo il mio io mi sono reso conto della realtà nella quale vivevo, della miseria e della povertà, per cui sentivo come l’esigenza di rispondere a tutte queste attese, a queste grida umane di persone abbandonate - bambini, adulti e anziani - e ho capito che la vita è una compagnia e che il punto è dare fiducia a qualcuno che ti vuole bene. Perché qualunque forma di violenza, qualunque forma di disperazione, qualunque forma di rabbia, qualunque forma di povertà nasce dalla mancanza di amore. Per cui, essendo io stato tanto amato, non potevo non dilatare questo amore verso tutte quelle persone che nessuno ama.

     
    D. - Che cosa succede nella quotidianità di ogni giorno?

     
    R. . - Non c’è niente che accada senza che abbia un significato e se Dio costruisse un’opera che non sei tu a volere, ma capisci che è Lui che la vuole, Lui si arrangerà con la tua libertà nel darti tutti i mezzi necessari perché quest’opera possa andare avanti. Infatti, tutta la gente non può capire e non riesce a capire, quando mi chiedono: “Dove hai preso i soldi?”. Se Dio vuole salvare il mondo, come ha dimostrato in suo Figlio - e lo dimostra continuamente - è evidente che scelga anche delle persone perché facciano lo stesso. Ma se le persone non hanno fede, Dio non può far niente. Io, grazie al cielo, e grazie al dolore che Dio mi ha dato nella vita - ho vissuto una gravissima depressione, che mi ha portato sul baratro della disperazione, a non voler più vivere -, e accettando fino in fondo questa sfida di sofferenza, consegnandomi e ripetendo tutti i giorni “Sì, o Signore, sì o Signore”, alla fine ho capito che Dio ha permesso questa prova, per vedere se io ero docile al suo disegno e al progetto che Lui aveva su di me. E quando Dio si è reso conto che ero docile, mediante questo povero peccatore, Dio ha costruito una cittadella dove tutti quelli che sono depressi mi scrivono e vogliono venire da tutte le parti del mondo per vedere come la malattia sia una grazia. E’ una grazia in quanto permette di avvicinarsi a Cristo. Certo, è una grazia se c’è qualcuno vicino che ti dice: “Guarda che questo è Gesù che te lo permette, perché tu gli voglia più bene”. Per cui, giorno dopo giorno, l’unica cosa che faccio è guardare a Cristo, pregare, offrire la mia vita per queste persone, stare al fianco di chi soffre, di chi muore, di chi è malato, di chi ha qualsiasi tipo di infermità, però sempre con il cuore e con lo sguardo fisso su Gesù, dicendo: “Gesù, Tu sai bene che a me non interessa nient’altro che una sola cosa: che Tu sia conosciuto, che Tu sia amato”. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Iraq: uccisi quattro cristiani

    ◊   Torna la paura in Iraq dove 4 cristiani sono stati uccisi mercoledì e giovedì scorsi durante le celebrazioni del capodanno assiro. Gli omicidi mirati hanno sconvolto la minoranza cristiana che, negli ultimi tempi, aveva registrato un sensibile miglioramento sul fronte della sicurezza. Baghdad e Kirkuk sono gli scenari nei quali si sono verificati in due giorni tre attacchi contro la minoranza cristiana, costati la vita a 4 persone. Una scia di sangue – riferisce Avvenire - che è coincisa con la festività del capodanno della comunità assira quando molte famiglie sono solite trascorrere insieme la giornata. Manca ancora la rivendicazione degli agguati - vere e proprie esecuzioni - che minacciano la sopravvivenza dei cristiani nel Paese del Golfo. Da qualche tempo la situazione sul fronte della sicurezza era in miglioramento, lo aveva evidenziato anche lo stesso arcivescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako nonostante le pesanti stime sulle vittime cristiane in Iraq: 750 morti in 5 anni. Quanto accaduto riporta in primo piano il timore di “una pulizia etnico-religiosa” denunciata più volte dalle associazioni cristiane e mette in pericolo il rientro dei profughi iracheni. Le organizzazioni umanitarie hanno condannato le ultime uccisioni ed hanno espresso preoccupazione per l’escalation di violenza dopo le recenti elezioni provinciali nel Paese. Durante il regime di Saddam Hussein la presenza cristiana era pari al 3%, oggi è dimezzata per gli assassini, i rapimenti e le violenze che hanno costretto le persone alla fuga, ripiegando soprattutto in Libano, Siria e Giordania. (A cura di Benedetta Capelli)

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    Celebrazione a Gerusalemme della Domenica delle Palme

    ◊   Dopo la solenne celebrazione del mattino nella basilica del Santo Sepolcro, presieduta dal Patriarca Latino di Gerusalemme mons. Twal, canti e inni in tutte le lingue e un pomeriggio caldo e assolato, hanno fatto da sfondo alla tradizionale processione delle Palme. Un lungo fiume di gente che partendo dal santuario di Betfage si è snodato lungo la china del Monte degli Ulivi, ed ha accompagnato e preceduto il Patriarca latino mons. Twal, il nunzio in Israele mons. Antonio Franco, il custode di Terra Santa e il vescovo cattolico melkita di Gerusalemme. Un clima di gioia e festa ha caratterizzato anche quest’anno questa processione nella Città Santa. Difficile quantificare i partecipanti, pellegrini provenienti dai paesi più diversi, ma anche tanti emigrati in Israele per lavoro. Migliaia di cattolici sono venuti anche da Nazareth e dai villaggi cristiani di Galilea, e tanti gruppi di giovani scout hanno sfilato in Gerusalemme con tamburi e cornamuse. Si parla di oltre diecimila persone. In occasione delle festività di Pasqua fino alla visita del Santo Padre in Terra Santa, infatti, tutti gli arabi cristiani dei territori palestinesi, compresa Gaza, hanno ottenuto i permessi per potersi spostare e partecipare alle celebrazioni a Gerusalemme. La processione, che è entrata nella Città Santa varcando la porta di S. Stefano – che immette sulla via Dolorosa - si è conclusa nel cortile della basilica di S. Anna presso la Piscina Probatica. Qui il Patriarca ha salutato e benedetto la folla con la reliquia della S. Croce, e rivolgendosi ai presenti ha ricordato come siano contrastanti i sentimenti che si provano in questo giorno. “Prima della passione il Signore visse questo momento di gloria – ha detto mons. Twal – ed entrò in Gerusalemme senza passare attraverso check point o muri, in tutta semplicità, compiendo la profezia di Zaccaria”. Gerusalemme che significa “fondazione di pace” oggi diventa luogo di dramma, ha proseguito il patriarca, che ha sottolineato come la Settimana Santa sia un invito a seguire Gesù contemplando l’amore che esploderà in questa città, per creare un mondo nuovo. (Da Gerusalemme: Sara Fornari)

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    Orissa: sconcerto per la candidatura dell’assassino di un missionario australiano

    ◊   Una candidatura accolta con tristezza e che “non annuncia nulla di buono per il futuro del nostro Paese”. Così il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e presidente della Conferenza episcopale Indiana, interpellato dall’agenzia Asianews, ha commentato la notizia della candidatura alle prossime elezioni provinciali in Orissa di Dara Singh, responsabile dell’assassinio del missionario protestante australiano Graham Stewart Staines. Il religioso venne ucciso la notte del 22 giugno 1999 da un gruppo guidato da Dara che bruciò la sua auto. Nell’attacco persero la vita anche i figli del missionario: Philip, di 7 anni, e Timothy di 9. L’assalitore condannato al carcere a vita è uno strenuo sostenitore della cultura nazionalista e fondamentalista indù e feroce oppositore delle conversioni al cristianesimo. Dara è coinvolto in diversi processi tra cui quelli per gli omicidi del sacerdote cattolico Arul Doss e del commerciante musulmano Sheikh Rehman, avvenuti anch’essi nel 1999 durante le rivolte indù nel distretto di Mayurbhanj, in Orissa. Per il cardinale Gracias la democrazia ha bisogno di “leader che lavorino per la salvaguardia della Costituzione, per salvaguardare l’unità, la pluralità multietnica e multilinguistica dell’India, leader che siano puliti e lavorino per la comune armonia e lo sviluppo del popolo”. Secondo il porporato la candidatura di Dara  “non aiuterà l’India” e tantomeno il distretto di Keonjhar “un’area dominata dai tribali in cui la sua candidatura aumenterà le divisioni e la diffidenza”. (B.C.)

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    Elezioni in Malawi. I vescovi: i fedeli riflettano sulla scelta di un leader politico

    ◊   “La Quaresima è un periodo in cui i cristiani riflettono sulle sofferenze, sulla morte e sulla Risurrezione di Gesù Cristo. È un periodo nel quale noi cristiani siamo sfidati a sradicare tutto ciò che è male dai nostri cuori, dalle nostre famiglie, dalle nostre Chiese e dalla nostra Nazione. Il 2009 è un anno elettorale in Malawi, la Quaresima è quindi un tempo opportuno per riflettere sulla scelta del leader che dobbiamo fare!” afferma la lettera pastorale per la Quaresima pubblicata dalla Commissione Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale del Malawi. Nella lettera, inviata all'agenzia Fides, si ricorda che sono tre le modalità a cui cristiani devono prestare attenzione durante la Quaresima: preghiera, digiuno e carità. “Un'intensa Vita di preghiera deve animare tutte le nostre attività. - afferma il messaggio - Gesù ci insegna a pregare sempre. Perché pregare significa essere in contatto con Dio e lasciare che Dio diriga la nostra vita quotidiana. La preghiera deve essere la cosa più importante nella nostra vita. Dio è nostro Padre ed Egli è l'unico che soddisfa le nostre ambizioni e desideri. Quello che è importante è non essere ipocriti nella nostra preghiera. Non si tratta di costringere Dio a fare ciò che vogliamo, ma di essere in contatto e in ascolto di Dio. Nel periodo quaresimale possiamo intensificare la nostra vita di preghiera in modo che Dio possa illuminare le nostre menti e i nostri cuori a scegliere i nostri leader con saggezza”. Per quel che riguarda il digiuno, i vescovi del Malawi ricordano che “siamo invitati a negare a noi stessi certe cose, come cibo e bevande, in un spirito di condivisione con la sofferenza di Gesù. Questo è il tempo di formare noi stessi a concentrare la nostra attenzione solo su Dio. L'autonegazione è un modo virtuoso di allenarsi a combattere il male”. Queste privazioni possono inoltre essere utili a offrire agli altri quello di cui necessitano. La giustizia sociale, infine, deve essere al centro delle riflessioni degli elettori perché “nelle prossime elezioni dobbiamo scegliere i leader che hanno a cuore il benessere di tutti i malawiani specialmente i più poveri e gli emarginati. Abbiamo bisogno di leader che siano in grado di costruire la nazione e che possano promuovere l'unità, la giustizia, lo sviluppo e la pace. Non vogliamo leader avidi e vanitosi. Non dobbiamo essere sedotti da leader che promettono la vita facile senza sacrifici e lavoro duro”. (R.P.)

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    L'arcivescovo di Santo Domingo: no a modifiche costituzionali su aborto e unioni omosessuali

    ◊   L’arcivescovo di Santo Domingo, nella Repubblica Dominicana, cardinale Nicolás de Jesús Cardenal López Rodríguez, attuale Presidente della Conferenza episcopale, ha indirizzato una lettera ai membri della “Asamblea Revisora”, la commissione del Parlamento che studia diversi emendamenti alla Carta costituzionale. Nel testo si chiede ai legislatori di mantenere inalterata le parti concernenti il divieto di aborto e i matrimoni dello stesso sesso. A nome dei vescovi dominicani, il porporato prega i parlamentari di “lasciarsi illuminare da Dio” affinché nella Costituzione siano ribaditi i principi che difendono, proteggono e promuovono la vita umana. In particolare, nella lettera, si riflette sull’importanza di garantire la difesa della vita in un modo integrale e cioè, come afferma la dottrina della Chiesa, “dal suo concepimento sino al suo termine naturale”. Tra l’altro, ricorda il cardinale López Rodríguez, l’esecutivo nella sua proposta mantiene la dicitura originale dell’articolo 30 che recita “che il diritto alla vita è inviolabile dal concepimento sino alla morte”. Così facendo, assicura il porporato, si rispetta il “sentimento nazionale” e “l’insieme di valori di fondo che fanno parte dell’essere stesso della nazione”. Per quanto riguarda il matrimonio tra persone dello stesso sesso le cose sono diverse e attualmente questa possibilità è vietata. Nel caso dell’aborto invece, i legislatori dovrebbero occuparsi di proposte di modifiche per l’eventuale introduzione dell’aborto terapeutico. Il cardinale di Santo Domingo spiega che un’eventuale introduzione di tale forma di unione entrerebbe in conflitto giuridicamente e culturalmente con l’intero impianto costituzionale che si basa sul ruolo unico e insostituibile della famiglia intesa come legame tra un uomo e una donna. L’ “Asamblea Revisora” che dovrebbe studiare e analizzare le numerose proposte di riforma costituzionale, alcune del potere esecutivo, altre dello stesso Parlamento e altre di gruppi e associazioni della società civile, dovrebbe cominciare i suoi lavori nei prossimi giorni. Alla fine dovrebbe consegnare alla Plenaria del congresso un insieme di proposte per un’ultima e definitiva analisi prima dell’approvazione. (L.B.)

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    Preoccupazione dell’episcopato del Nicaragua per il clima di scontro nel Paese

    ◊   “Trovo preoccupante che i nicaraguensi pensino alle armi ogniqualvolta debbano difendere i propri diritti”. Così mons. Abelardo Mata, vescovo di Estelí e vice presidente della Conferenza episcopale, in un’ampia intervista in cui analizza la situazione del Paese, esprimendo molta preoccupazione per la polarizzazione e l’assenza di dialogo tra tutti i settori della nazione “che proprio ora dovrebbero affrontare insieme le sfide del momento”. Tra queste preoccupazioni, secondo il vescovo, la più pressante riguarda “l’esistenza di gruppi armati”, in particolare nelle località San Juan de Río Coco e di Cerro Blanco, che – ricorda - fa venire in mente la “notte oscura” di cui parlò Giovanni Paolo II quando visitò il Paese centroamericano. A giudizio del vescovo, che riporta un comune sentito dire, questo malessere in particolare dei contadini è nato dalla recente controversia per i risultati delle elezioni amministrative ritenute da più parti, fuori e dentro del Paese, non trasparenti e poco democratiche. “Dobbiamo aspettare che si cominci a sparare per risolvere i nostri problemi?” si chiede il presule e aggiunge: “Come cittadino e come pastore sono preoccupato di fronte a tanta cecità e soprattutto che si dia ascolto solo ad una parte del popolo come se l’altra parte non fosse il popolo”. In un’ora così difficile mons. Mata ritiene che la Chiesa non può tacere e perciò, come hanno già fatto in passato i vescovi nicaraguensi, rinnova il suo “appello al dialogo, alla conversione personale e collettiva e alla partecipazione popolare”. “Non si può costruire una nazione – aggiunge - facendo saltare le teste delle persone né tanto meno usando la mitragliatrice poiché un uomo con un’arma non è altro che un amico della morte”. D’altra parte, mons. Mata teme che molte situazioni odierne siano simili a quelle degli anni ’80 quando, per esempio, la gente pensava solo a fuggire perché vinta dal disfattismo e dalla disperazione. La crisi internazionale aggrava quanto sta accadendo, il tasso di criminalità è cresciuto del 47% secondo il dato ufficiale della polizia. “Vorrei sbagliarmi” spiega mons. Mata che teme che le cose stiano come crede e, al tempo stesso, lamenta che da parte delle autorità non siano venute risposte tempestive e convincenti alle preoccupazioni e agli appelli dell’episcopato. Il presule nicaraguese, nelle sue riflessioni, si interroga anche sulle terribili conseguenze di una nuova guerra civile e dunque richiama tutti, senza esclusione, a prendere coscienza della gravità del momento. Chiede poi ai cittadini e ai governanti “una visione complessiva della nazione come progetto e comunità”, unico antidoto al governo dei “capricci personali e delle bandiere di parte”. In tale contesto, mons. Mata torna a parlare di due questioni delicate non ancora chiarite: da un lato la minaccia di far chiudere i dispensari farmaceutici della Chiesa e le eventuali restrizioni alle sovvenzioni all’educazione privata. “Abbiamo chiesto di legiferare sull’educazione sovvenzionata” conclude mons. Mata, in particolare “sull’educazione basata sui valori umani poiché così si costruisce la patria di tutti”. “La Chiesa – precisa - dà il suo contributo e questo dovrebbe essere sostenuto. A nulla serve soffocare la sua voce. Abbiamo bisogno di leggi permanenti affinché l’educazione non dipenda dai capricci personali”. (A cura di Luis Badilla)

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    Bolivia: appello dei vescovi alla riconciliazione nazionale

    ◊   "I valori della speranza, della riconciliazione, il dono incondizionato di sè, il servizio agli altri e la vita piena in Gesù Cristo che riaffermiamo durante questi giorni, insieme ai progressi della nostra società nell'inclusione, nella partecipazione sociale e nella rivalutazione delle culture, non siano opacizzati dai sentimenti di confronto, divisione, prevaricazione, autoritarismo, imposizione, intolleranza e dagli oltraggi alla dignità umana che minacciano la famiglia boliviana". È l'appello lanciato dalla Conferenza episcopale boliviana per questa Settimana Santa 2009 attraverso un comunicato in cui si ribadisce l'attualità dei valori cristiani. I vescovi - riferisce l'agenzia Fides - ritengono che la Settimana Santa costituisca "un'occasione privilegiata per approfondire il senso della nostra fede e per servire meglio i nostri fratelli e la nostra Patria, la Bolivia". Inoltre è un momento che ci permette "di rivivere il mistero della passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo, avvenimenti portatori di messaggi sempre attuali per la nostra vita personale, familiare e comunitaria". D'altra parte ricordano che la Settimana Santa è un appello "alla coerenza di vita". "I credenti sono chiamati ad esercitare la loro libertà e il loro discernimento in tutti gli avvenimenti della loro esistenza - continua il messaggio -. Al contrario, la strumentalizzazione di gruppi sociali e l’imposizione di ideologie non si addicono alla libertà dei figli di Dio". Ricordando di seguito che "Gesù Cristo non è venuto a cambiare le leggi, bensì a dare loro pienezza nell'amore", affermano che "il sistema democratico e lo stato di diritto di una nazione devono garantire l'esercizio pieno dei diritti e delle libertà fondamentali di persone e gruppi sociali, e non possono essere arbitrariamente manipolati per questioni a detrimento del bene comune. Il cammino della croce ci porta alla vita" continua il Messaggio. Perciò in questo tempo "tutti i battezzati sono invitati a mettersi ai piedi della croce per ricevere la vita che Gesù ci consegna e per rispettare, promuovere e curare questo dono". In questo senso "gli oltraggi alla dignità umana, il confronto fratricida, l'insicurezza cittadina, il narcotraffico, gli assassini ed ogni violenza che provoca morte, costituiscono una grave offesa a Dio che ama la vita". (R.P.)

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    Nelle baraccopoli argentine dilaga il consumo di droga

    ◊   Nuova denuncia da parte della Commissione arcivescovile per la pastorale di emergenza nelle favelas argentine. Don Pepe di Paola, membro della commissione, ha definito “drammatica” la situazione per il diffondersi di droga, criminalità e fame, nel corso di una conferenza stampa, il cui contenuto è stato riportato dall’Osservatore Romano. Il sacerdote ha evidenziato come “a favorire l’uso e il conseguente traffico della droga contribuiscano le possibilità interpretative delle norme in tema di punibilità del consumatore di droga”. Alcuni esperti sottolineano infatti che si è di fronte ad una depenalizzazione del consumo pertanto don Pepe, oltre a presentare il quadro della realtà delle favelas, ha proposto strategie operative di recupero dei giovani alle quali le istituzioni devono contribuire. “Si tratta – ha detto – di diffondere la cultura della prevenzione e ricercare efficaci metodi di recupero dei tossicodipendenti e il loro reinserimento nella società e nel dinamismo del lavoro”. “Ogni dipendenza – ha aggiunto don Pepe – è una malattia spirituale” e pertanto è necessario “un contagio di vita” che deve trovarsi nella famiglia ma anche nella scuola. Diventa così fondamentale creare nei quartieri più poveri “centri qualificati di aggregazione dove i giovani possano recuperare la speranza”. (B.C.)

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    Cina: il corpo dei primi cinque vescovi di Hong Kong traslato nella cripta della cattedrale

    ◊   “Ricordando i precursori e invocandone l’aiuto, proseguiamo il loro cammino dell’evangelizzazione”: così mons. John Tong, vescovo ausiliare di Hong Kong ha incoraggiato i presenti alla cerimonia della traslazione del corpo dei primi cinque vescovi di Hong Kong dal cimitero alla cripta della cattedrale. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese, ripreso dall'agenzia Fides), il 25 marzo, con una solenne celebrazione cui hanno partecipato oltre 30 sacerdoti, religiosi/e e fedeli, la diocesi di Hong Kong ha trasferito il corpo dei suoi primi vescovi: mons. Giovanni Timoleone Raimondi, del Pime, (1874-1894); mons. Domenico Pozzoni, del Pime, (1905-1924); mons. Enrico Valtorta, del Pime, (1926-1951); mons. Francis Hsu Chen-Ping, il primo vescovo cinese della diocesi, (1969-1973) e Mons. Peter Lei Wang-Kei (1973-1974). In seguito si trasferiranno nello stesso luogo anche le tombe di mons. Lorenzo Bianchi, sempre del Pime, (1951-1969) e del cardinale John B. Wu Cheng-Chung (1975-2002). La celebrazione si è svolta nella cripta, che è denominata la Cappella dell’evangelizzazione, arricchita da vetrate che ricordano la storia della Chiesa di Hong Kong. In questo contesto mons. John Tong ha sottolineato che la traslazione dei corpi dei primi vescovi nella cattedrale “è un richiamo all’evangelizzazione”. I primi vescovi sono tutti missionari del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere). Secondo padre Cumbo, attuale superiore provinciale del Pime ad Hong Kong, che era presente alla traslazione, “tutti i missionari del Pime hanno considerato Hong Kong come la propria casa, e ci fa piacere vedere tanti fedeli rendere omaggio ai vescovi che hanno guidato la Chiesa di Cristo. Sono modelli per i fedeli. Credo che questa sarà la meta di pellegrinaggio per molti fedeli italiani”. (R.P.)

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    Thailandia: l'opera di padre Pelosin per i bambini di strada di Bangkok

    ◊   Salvare i bambini dalle violenze sessuali, tenerli lontani dai narcotrafficanti e dalla criminalità organizzata, garantire loro una formazione scolastica e agevolare l’inserimento sociale e lavorativo. È la missione di padre Adriano Pelosin, sacerdote del Pime da 28 anni in Thailandia; nel 1998 il sacerdote ha avviato un’opera nelle baraccopoli della periferia di Bangkok dedicata a bambini e ragazzi orfani o abbandonati dai genitori. L’opera caritativa avviata da padre Pelosin è caratterizzata da otto case famiglia che ospitano più di 100 bambini. La Casa degli Angeli, in particolare, è dedicata ai bambini con disabilità gravi. La cura di cinque case famiglia è affidata alle suore della carità di Ottawa, assistite da una ventina di laici thailandesi che si occupano di cucina, formazione ed educazione dei ragazzi. Le case si trovano nel distretto di Pak Kret, a circa 30 km da Bangkok. Padre Pelosin, assieme a volontari, suore ed educatori, fornisce anche assistenza a 800 bambini che vivono in situazioni di difficoltà o disagio nelle baraccopoli.

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    Myanmar: nuovi formatori per l’evangelizzazione del Paese

    ◊   La formazione di sacerdoti, religiosi e laici è essenziale per la missione della Chiesa ed è molto importante per poter proclamare la Buona Novella. Con questa consapevolezza il “Myanmar Institute of Formation” continua a formare e donare alla Chiesa locale personale ecclesiastico, religioso e laico, per il lavoro pastorale e l’evangelizzazione. Di recente, dieci sacerdoti, nove suore e una laica si sono diplomati, in una cerimonia che ha visto la partecipazione di mons. Salvatore Pennacchio, delegato apostolico in Myanmar, di numerosi vescovi, religiosi, e laici. “Ogni istituto cattolico di formazione dev’essere prima di tutto un luogo dove incontrare il Dio vivente che in Gesù Cristo rivela il suo amore e la sua verità”, ha affermato mons. Pennacchio, consegnando i diplomi. L’Istituto - riferisce l'agenzia Fides - propone un itinerario di formazione di tre anni, che comprende corsi estivi, incontri speciali e seminari all’estero, a seconda delle specializzazioni prescelte. L’Istituto è convenzionato con il Pontificio ateneo di teologia di Dublino, che ne riconosce i crediti. E’ stato avviato in Myanmar dalla Società di San Colombano, su richiesta dei vescovi birmani, nel 2003. Vi si possono seguire, fra gli altri, corsi di antropologia, vocazione cristiana, sviluppo umano, spiritualità, consulenza familiare, sessualità e celibato, preghiera cristiana, dottrina cristiana, direzione spirituale. Il direttore dell’Istituto, padre Michel McGuire, della Società di San Colombano, ha sottolineato che la formazione va sempre coniugata con la relazione, che sviluppa nei candidati fede e speranza. “Lo studio e l’impegno di quanti frequentano l’istituto rappresentano un seme di speranza per la Chiesa in Mynamar” ha detto, invitando i neodiplomati a essere pronti a rispondere alle sfide che li attendono, per la diffusione del Vangelo. (R.P.)

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    Egitto: violenze dopo l’uccisione di un musulmano

    ◊   Clima teso ad Alessandria d’ Egitto dove ieri si sono registrate violente aggressioni contro negozi di commercianti copti e contro una caserma di polizia. A scatenare la rabbia l’uccisione di un musulmano, Ahmed Abdel Razeq Gomaa, ucciso a pugnalate da tre fratelli copti, proprietari dell’appartamento nel quale viveva. Le aggressioni – riferisce un sito internet - sono state compiute da una folla inferocita che si è prima radunata davanti alla moschea dove si celebravano i funerali dell’uomo e poi si è spostata fino alla stazione di polizia del quartiere di Karmuz. Danneggiate le vetrine e gli ingressi dei negozi di copti che sono stati presi a sassate e colpiti con bastoni. (B.C.)

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    La Sacra Sindone custodita dai Templari. L’ipotesi rilanciata dall’Osservatore Romano

    ◊   E’ atteso nei prossimi giorni la pubblicazione di un libro sulla Sacra Sindone di Barbara Frale, officiale della Biblioteca Vaticana che, sull’Osservatore Romano, ha rilanciato l’ipotesi che la reliquia fosse nelle mani dei Templari. La Sacra Sindone scomparve dalla cappella degli imperatori bizantini durante il saccheggio di Costantinopoli nel 1204 e non si seppe più nulla. La studiosa parla di “importanti tasselli” che avvalorerebbero la sua tesi; i Templari si procurarono la reliquia “per scongiurare il rischio che il loro ordine subisse la stessa contaminazione ereticale che stava affliggendo gran parte della società cristiana al loro tempo: era il miglior antidoto contro tutte le eresie". Infatti "i catari e gli altri eretici affermavano che Cristo non aveva vero corpo umano ne' vero sangue, che non aveva mai sofferto la Passione, non era mai morto, non era risorto; per questo non celebravano l'Eucarestia, considerata a loro giudizio un rito privo di senso non avendo Cristo mai avuto una vera carne". I Templari vennero, a loro tempo, accusati dal re di Francia di "adorare segretamente un misterioso 'idolo', un ritratto che raffigurava un uomo con la barba", per alcuni studiosi proprio la sindone di Torino, "chiusa in una teca speciale fatta apposta per lasciar vedere solo l'immagine del volto, e venerata in assoluto segreto in quanto la sua stessa esistenza all'interno dell'ordine era un fatto molto compromettente: l'oggetto era stato rubato durante un orribile saccheggio, sugli autori del quale Papa Innocenzo III aveva lanciato la scomunica, e anche per il traffico delle reliquie era stata sancita la stessa pena dal concilio Lateranense IV nel 1215". (B.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    Nessun accordo all'Onu sul satellite-missile della Corea del Nord

    ◊   Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, riunitosi in serata a New York, non è riuscito, al termine di una prima riunione di tre ore, a mettere a punto una risposta unanime alla vicenda del missile-satellite lanciato ieri dalla Corea Del Nord. Pyongyang parla di satellite sperimentale per le telecomunicazioni, mentre la comunità internazionale parla di missile Taepodong-2. Giappone, Stati Uniti e Francia hanno espressamente richiesto una forte presa di posizione nei confronti della Corea Del Nord, ma Paesi come la Cina e la Russia frenano, convinti che sia meglio non isolare ancora di più il regime di Pyongyang. La discussione all’ONU proseguirà. Intanto, il Giappone fa sapere che deciderà venerdì prossimo le sanzioni da adottare nei confronti della Corea del Nord. Al microfono di Massimiliano Menichetti, il presidente del Centro studi internazionali, Andrea Margelletti.

    R. - Indiscutibilmente, il fatto che la Corea del Nord sottoponga a test missili che hanno capacità Icbm, cioè balistico intercontinentali, è un problema. Quello che forse la Corea del Nord non ha guardato con attenzione è che nell’agenda del nuovo presidente statunitense c'è - insieme ovviamente alla lotta al terrorismo - anche quella alla controproliferazione, la lotta alle armi nucleari, ma non solo, e dunque anche ai vettori in grado di portare queste armi devastanti.

     
    D. - Gli Stati Uniti chiedono nuove sanzioni. È possibile che si applichino ad un Paese già duramente provato?

     
    R. - Forse non immediatamente, ma certamente è una delle opzioni forti in questo momento che la comunità internazionale sta pensando.

     
    D. - Cina e Russia invitano alla calma. Reazioni che mostrano interessi e preoccupazioni diverse...

     
    R. - Naturalmente sì, anche perché esiste uno scontro politico tra gli Stati Uniti, la Russia e la Cina per quanto attiene all’atteggiamento nei confronti della Corea del Nord che - ricordiamo - è uno degli ultimi baluardi di un mondo che ormai non esiste più.

     
    D. - La Nato parla di azione provocatoria e chiede di rispettare da subito la moratoria contro il lancio di missili a lunga gittata...

     
    R. - Senza alcun dubbio, c’è il tentativo della Corea del Nord di forzare la mano. Ma un’altra cosa che preoccupa molto la Nato, e non solo: e cioè, che la Corea del Nord non solo sviluppa armi a lungo, lunghissimo raggio, ma le vende pure. E questa è una cosa in diretta correlazione con i programmi iraniani, che sono basati sostanzialmente su progetti coreani.

     
    D. - Questo episodio, secondo lei, avrà delle ritorsioni sui colloqui a sei sul nucleare nordcoreano, che vedono coinvolti anche Giappone, Cina, Russia, Stati Uniti e Corea del Sud?

     
    R. - Il Giappone ha preso una posizione molto dura. Credo soprattutto che i negoziatori della Corea del Nord si troveranno davanti ad un’agenda americana che lascia pochi spazi di manovra. Diplomazia sì, ma con punti fermi.

     
    Obama in Turchia
    "Gli Stati Uniti non sono e non sono mai stati in guerra con l'Islam" ha detto il presidente Usa Barack Obama parlando al parlamento turco nella sua prima visita a un Paese musulmano. "Il nostro obiettivo sarà - ha aggiunto - un'alleanza con la gente di tutto il mondo musulmano". "Ascolteremo attentamente, risolveremo i malintesi e cercheremo di trovare un terreno comune". "Saremo rispettosi - ha proseguito il presidente – anche laddove non saremo d'accordo e trasmetteremo il nostro profondo apprezzamento per la fede musulmana che tanto ha fatto nel corso dei secoli per migliorare il mondo, incluso il mio Paese". Da parte sua il presidente turco, Gul, durante la conferenza stampa con Obama, rispondendo a una domanda di un giornalista circa i massacri di armeni compiuti ai tempi dell'Impero Ottomano, ha affermato che si tratta “di un episodio storico, non politico”. Obama poco prima aveva affermato di non avere cambiato opinione circa una risoluzione del Congresso americano che parla di "genocidio" degli armeni. Gul ha detto inoltre che, ai tempi dell'Impero Ottomano, “prima della fondazione della Repubblica turca, si è vissuta una tragedia ed anche i turchi hanno subito tante perdite. Gli storici - ha aggiunto Gul - debbono fare un'indagine in proposito come farà un'apposita commissione congiunta turco-armena. Il presidente americano Obama è in visita in Turchia, ultima tappa del suo primo viaggio oltreoceano. Durante il colloquio con il presidente turco è emerso anche l’impegno comune contro il terrorismo. La Turchia è considerata il miglior alleato degli Stati Uniti nel mondo musulmano. Oltre ad una visita d'insolita lunghezza (due giorni pieni), Obama ha inviato segnali d'amicizia al governo di Ankara, compreso il fermo sostegno, ieri a Praga, al vertice Ue-Usa all’ammissione della Turchia nell’Unione Europea. Ma, mentre su tutto il resto Obama ha registrato piena sintonia con l’Ue (nucleare, ambiente etc), per quanto riguarda l’ingresso della Turchia nell’Ue, Francia e Germania hanno risposto con forti riserve, mentre l’Italia si è detta favorevole ad un compromesso. Al vertice Nato di Strasburgo, la Turchia ha risposto in modo positivo alla richiesta di Obama di rinunciare al veto alla scelta del danese Rasmussen a segretario generale dell’Alleanza atlantica.

    Repubblica Ceca
    Solo una settimana fa a Strasburgo, davanti al parlamento europeo, il presidente di turno della Ue, Mirek Topolanek, aveva definito il piano anticrisi di Obama “la via per l'inferno”, non senza creare grande imbarazzo. Ieri, invece, dopo lo storico discorso del presidente Usa nella piazza dell'antico castello di Praga, il premier ceco dimissionario ha definito le parole di Obama “importanti non solo per noi cechi ma per tutti i cittadini europei”. Migliaia di cittadini cechi hanno acclamato in piazza il presidente Usa. Intanto, a proposito della crisi di governo a Praga, ieri sera i partiti della coalizione governativa uscente con l'opposizione hanno concordato che il successore del premier dimissionario Topolanek sarà Jan Fischer, attuale direttore dell'Ufficio statistico ceco. Fischer dovrà guidare un governo transitorio di tecnici fino alle elezioni anticipate previste nella prima metà di ottobre. Potrebbe entrare in carica a maggio e portare a conclusione il semestre di presidenza ceca dell'Ue, che si conclude il 30 giugno.

    Iraq
    Sale ad almeno 34 il numero delle persone rimaste uccise in un'ondata di attentati messi a segno questa mattina a Baghdad, che hanno provocato anche oltre 130 feriti. Lo riferiscono fonti della sicurezza citate dall'agenzia Nina, secondo la quale gli attentati più gravi sono avvenuti nel quartiere Um al Maalef, nella parte sud della città - dove 12 persone sono morte e 25 sono state ferite - e a Sadr City, dove i morti sono stati 10 e feriti 65. In tutto, gli attentati sono stati cinque, compiuti con sei autobomba.

    Pakistan-Usa
    L'inviato speciale statunitense per l'Afghanistan ed il Pakistan, Richard Holbrooke, arriverà domani ad Islamabad, proveniente da Kabul. Lo ha annunciato una fonte ufficiale pakistana. Holbrooke, si è appreso, sarà accompagnato dal capo degli Stati maggiori statunitensi, l'ammiraglio Mike Mullen. Al riguardo, l'emittente GEO Tv ha indicato che le due personalità incontreranno responsabili governativi e militari pakistani, all'indomani dell'annuncio del presidente Barack Obama di una nuova politica per la regione afghano-pachistana.

    Darfur
    I due operatori umanitari di Aide Medicale Internationale, sequestrati ieri nella regione sudanese del Darfur, sono di nazionalità francese e canadese. I due volontari sono stati rapiti da uomini armati e, secondo fonti giornalistiche sudanesi, i rapitori avrebbero richiesto il pagamento di un riscatto.

    Somalia
    È stata sequestrata questa mattina da alcuni pirati somali una nave britannica gestita da una società italiana. Lo ha reso noto il portavoce della Compagnia che si occupa della sicurezza nell’Oceano Indiano, Andrei Mwandura, secondo il quale il sequestro è avvenuto all’alba in una località non ancora esattamente identificata al largo della Somalia.

     
    Algeria
    Prima donna in Algeria e in tutto il mondo arabo ad aver puntato alla più alta carica dello Stato già nel 2004, Louisa Hanoune ci riprova e anche se giovedì prossimo non avrà speranza contro il presidente, Abdelaziz Bouteflika, potrebbe conquistare il secondo posto: un successo in un Paese dove il Codice della famiglia, ispirato alla legge islamica, rende le donne "minorenni" a vita. Ma l'agguerita leader del Partito dei lavoratori (PT, trotzkista), 54 anni, occhi neri sottolineati da un leggero 'kajal' e capelli sempre raccolti in un rigoroso chignon, non ama essere definita “il candidato delle donne, ma di tutto il popolo.

    Moldova
    Il partito comunista della Moldova ha ottenuto la vittoria nelle elezioni legislative di ieri con circa il 50% dei voti, assicurando a questa formazione la maggioranza assoluta in parlamento. Lo ha annunciato la commissione elettorale. La percentuale dovrebbe consentire al partito di avere in parlamento 61-62 seggi, quindi una maggioranza dei tre quinti necessaria per l'elezione del nuovo capo dello Stato, prevista tra l'8 aprile e l'8 giugno. Il partito liberale ha ottenuto il 12,9%, il partito liberaldemocratico il 12,24% e Nostra Moldavia il 9,87%. La Repubblica ex sovietica della Moldova è uno dei Paesi più poveri d'Europa.

    Macedonia
    Ljubomir Frckovski, candidato dell'opposizione socialdemocratica al ballottaggio per le presidenziali tenuto ieri in Macedonia, ha riconosciuto la scorsa notte la sconfitta ed ha detto ai suoi sostenitori di essersi congratulato con Gjorgje Ivanov, il candidato del centrodestra vincitore della consultazione. I risultati definitivi non sono ancora noti ma in base agli ultimi dati disponibili, Ivanov, del partito Vmrp-Dpme, aveva raccolto oltre 200 mila suffragi mentre il suo avversario era fermo a poco più della metà. L'affluenza è stata del 42 per cento, una delle più basse nella storia della giovane Repubblica balcanica, e di due punti appena oltre il quorum del 40 per cento previsto dalla costituzione.

    India
    È salito a 6 il bilancio delle vittime dell'attentato di oggi a Guwahati, nello Stato indiano di Assam, con oltre 30 feriti. Il primo ministro indiano, Manmohan Singh, ha annunciato che domani farà come previsto la sua visita in Assam per una manifestazione elettorale. È la terza bomba a deflagrare in Assam in una settimana, la seconda a Guwahati. Tra i feriti ci sono alcuni scolari appena usciti da scuola. Domani, il primo ministro si recherà a Dibrugarh, 500 km a est di Guwahati, per un comizio elettorale in favore del Partito del Congresso. Sempre domani l'ULFA (United Liberation Front of Asom) - il movimento separatista che da anni si batte per l'indipendenza da New Delhi e che è indicato come responsabile dell'attentato di oggi - festeggia il 30.mo anniversario della sua fondazione.

    Sri Lanka
    L'esercito dello Sri Lanka ha annunciato oggi di aver conquistato l'ultimo bastione dell'organizzazione separatista LTTE (Esercito di Liberazione delle Tigri Tamil), prendendo pieno controllo del territorio di Puthukkudiriruppu e lasciando libera solo una zona franca per permettere ai civili di mettersi in salvo. Le autorità di Colombo sono convinte di essere alla soglia della vittoria finale. E il presidente, Mahinda Rajapakse, ha chiesto al capo dei ribelli, la primula rossa Prabhakaran, di deporre le armi e di arrendersi. Negli ultimi tre giorni, di combattimenti, sarebbero caduti almeno 420 ribelli, 250 nella sola Puthukkudiriruppu. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 96

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