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Sommario del 02/04/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai vescovi argentini: annuncio e testimonianza del Vangelo, primo servizio dei cristiani al mondo
  • Messa presieduta da Benedetto XVI a quattro anni dalla morte di Papa Wojtyla
  • Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale Betti
  • Altre udienze e nomine
  • Conclusa in Vaticano la riunione della Commissione per la Chiesa in Cina
  • Mons. Migliore: i Paesi ricchi rendano i popoli poveri protagonisti del loro sviluppo
  • Nelle meditazioni della Via Crucis di mons. Menamparampil i mali del mondo letti con gli occhi della fede
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il G20 a Londra: si cerca un'intesa sul documento finale
  • Legge 40. Preoccupazione dopo la sentenza della Consulta
  • La Kek pubblica le linee guida in vista delle elezioni europee
  • Giornata mondiale di sensibilizzazione all’autismo
  • Chiesa e Società

  • A rischio il diritto voto dei profughi cristiani dell’Orissa
  • Sri Lanka: arrestato attivista cristiano
  • Gibuti: rilasciato don Sandro De Pretis
  • Il Comune di Baghdad donerà un terreno per la costruzione di una chiesa caldea
  • Nord Kivu: dramma umanitario per migliaia di profughi
  • Zimbabwe: appello della Caritas per proseguire l’assistenza umanitaria
  • Consenso dei vescovi toscani per l’apertura della causa di beatificazione di don Zeno
  • Messaggio della Cei per la Giornata dell’Università Cattolica
  • Roma: il cardinale Vallini domani al carcere di Rebibbia per la Via Crucis con i detenuti
  • Al via le 100 ore dell'Astronomia
  • 24 Ore nel Mondo

  • Cisgiordania: palestinese uccide un bambino israeliano di nove anni
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai vescovi argentini: annuncio e testimonianza del Vangelo, primo servizio dei cristiani al mondo

    ◊   L’urgenza di realizzare una vasta e incisiva azione evangelizzatrice” che “porti a una rinascita spirituale e morale” delle comunità ecclesiali e della società è stata sottolineata stamani dal Papa durante l’incontro con un altro gruppo della Conferenza episcopale argentina in visita ad Limina. Il servizio di Sergio Centofanti.
     
    “L'annuncio e la testimonianza del Vangelo – ha ribadito Benedetto XVI - sono il primo servizio che i cristiani possono rendere a ogni persona e all'intero genere umano” perché “non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con Lui”.

     
    “Evangelizzare – ha proseguito il Papa - è anzitutto testimoniare, in maniera semplice e diretta, Dio rivelato da Gesù Cristo, nello Spirito Santo. Testimoniare che nel suo Figlio ha amato il mondo”. Pertanto non significa soltanto “trasmettere o insegnare una dottrina, ma annunciare Cristo, il mistero della sua Persona e del suo amore”.

     
    “Questo annuncio chiaro ed esplicito di Cristo come Salvatore degli uomini – ha aggiunto - si inserisce nella ricerca appassionante della verità, della bellezza e del bene che caratterizza l’essere umano” e tenendo conto che “la verità non si impone che per la forza della verità stessa”.

     
    Ogni attività evangelizzatrice – ha sottolineato il Pontefice - nasce da “un triplice amore”: amore “per la Parola di Dio, per la Chiesa e per il mondo”. “Compito prioritario della Chiesa, all'inizio di questo nuovo millennio, è innanzitutto nutrirsi della Parola di Dio” che "non si può comprendere separata e al margine della Chiesa" ma va accolta “in spirito di comunione e fedeltà al Magistero”.

     
    Il Papa ricorda che “la prima forma di evangelizzazione è la testimonianza della propria vita”:
    oggi più che mai – ha concluso – c’è bisogno di sacerdoti, religiosi e laici santi che possano attrarre a Cristo gli uomini del nostro tempo con la testimonianza chiara di una vita coerente ed esemplare.

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    Messa presieduta da Benedetto XVI a quattro anni dalla morte di Papa Wojtyla

    ◊   Sono passati esattamente quattro anni dalla morte del Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II. Nella Basilica Vaticana alle 18.00 sarà celebrata la Santa Messa presieduta da Benedetto XVI. Al termine del rito, Benedetto XVI scenderà nelle Grotte Vaticane e pregherà insieme con alcuni giovani davanti alla tomba di Giovanni Paolo II. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Benedetto XVI ha invitato specialmente i giovani a partecipare alla Santa Messa nel quarto anniversario della morte di Giovanni Paolo II per ricordare “l’amato predecessore” e preparare insieme la Giornata mondiale della Gioventù che si celebrerà domenica a livello diocesano. Si vuole così rinnovare lo stretto legame con i giovani protagonisti del pontificato di Giovanni Paolo II, come spiega al microfono di Gabriella Ceraso il vaticanista e scrittore Gian Franco Svidercoschi:

    “Credo che l’attenzione ai giovani sia stata una cosa prioritaria del Papa, fin dal primo momento, fin dal primo giorno, dalla prima Messa: 'voi siete il futuro della Chiesa - disse - siete il mio futuro'. In qualche modo lui ha ribaltato un atteggiamento delle nuove generazioni che allora, alla fine degli anni ’70, si stavano distaccando dalla Chiesa. Penso che questo sia dovuto, soprattutto, al fatto che lui ha parlato e annunciato il Vangelo in maniera radicale: ha parlato di doveri, di diritti. I giovani hanno sentito di avere questo punto di riferimento per i loro problemi fondamentali, un punto di trascendenza: lui gli ha fatto capire che c’era qualcosa di più oltre questa vita, anche se quella trascendenza si poteva cominciare a vivere già ora, qui. I giovani si sentivano coinvolti in questa responsabilità. Wojtyla ha plasmato una nuova spiritualità, una nuova maniera di essere cristiani nella società di oggi senza rinunciare alla propria identità, ma senza nemmeno aver paura della società di oggi”.

    Le pagine del Vangelo sfogliate dal vento durante il funerale di Giovanni Paolo II sono rimaste scolpite nella memoria e la testimonianza data da Papa Wojtyla è oggi un messaggio di speranza soprattutto per i giovani. E’ quanto sottolinea, sempre al microfono di Gabriella Ceraso, la responsabile del Centro Internazionale dei giovani nei pressi di San Pietro, Leen Den Blauwen:

    “Il suo atteggiamento forse ha aperto la Chiesa ad un mondo di giovani che non era stato ancora molto scoperto ma penso che sia una scoperta della società, della cultura in generale. Penso che Papa Giovanni Paolo II abbia dato ai giovani il messaggio della speranza, speranza di poter cambiare il mondo in sé o la speranza anche per la propria vita. Penso che i giovani di oggi abbiano bisogno di una guida ed è questo che abbiamo trovato in Papa Giovanni Paolo II e adesso anche in Benedetto XVI. Quando Papa Karol Wojtyla è morto c’è stato da un lato il dolore ma anche poi la gioia di avere un intercessore molto forte per la Chiesa ed anche per i giovani”.

    Giovanni Paolo II - scrive sull’Osservatore Romano il direttore dei Programmi della nostra emittente, padre Andrezej Koprowski – “è stato il vero mistico che ha saputo vedere non le folle ma le singole persone”: ha guidato il cristianesimo nell’areopago sociale, culturale e politico del mondo contemporaneo. In molti cuori sono custodite emozioni, immagini e parole, oggi ricordate con grande commozione dai tanti pellegrini che si sono recati alla tomba di Giovanni Paolo II. Ecco alcune testimonianze:

    R. - Era molto dolce, dava tanta serenità.

     
    R. - Per me, è il “mio” Papa, sono nata nel ’79, quindi sono cresciuta con lui e per me sarà sempre il “mio” Papa.

     
    R. - Secondo me Giovanni Paolo II è stato un Papa che ha dato un grande esempio, per il suo spiccato senso di partecipazione verso i giovani. E’ stato un personaggio importante per la storia del ’900.

     
    R. - Giovanni Paolo II è stato un Papa veramente straordinario e ogni cosa e ogni pensiero ci riporta a lui. E’ una presenza forte che continua a vivere nei nostri cuori.

     
    R. - E’ venuto a Como e quando è passato si è fermato, mi ha dato la mano, ho baciato l’anello. Non lo dimenticherò mai!

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    Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale Betti

    ◊   Si è spento ieri nel convento di San Francesco a Fiesole, in provincia di Firenze, il cardinale Umberto Betti, dell'Ordine dei Frati Minori e già rettore della Pontificia Università Lateranense: aveva compiuto 87 anni il 7 marzo scorso. Il Papa, in un telegramma inviato a padre José Rodriguez Carballo, ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, ha espresso il suo “profondo dolore” per la scomparsa del porporato ricordando “con animo grato al Signore” il ministero da lui svolto “con zelo … particolarmente quale illustre teologo perito del Concilio Vaticano II” e come “apprezzato consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede e della Segreteria di Stato e magnifico rettore della Pontificia Università Lateranense”.

    Nato a Pieve Santo Stefano, diocesi di Arezzo, era stato ordinato sacerdote il 6 aprile 1946.
    Professore di teologia dogmatica ha collaborato attivamente alla elaborazione delle Costituzioni dogmatiche Lumen gentium e Dei verbum durante il Concilio. Nel 1995 Giovanni Paolo II gli aveva conferito la Croce pro Ecclesia et Pontifice. Benedetto XVI lo aveva creato cardinale il 24 novembre del 2007. Le esequie si svolgeranno domani nella cattedrale di Fiesole alle 16 e saranno celebrate dal prefetto della Congregazione per i Vescovi il cardinale Giovanni Battista Re.

    Con la sua scomparsa il Collegio Cardinalizio è ora composto da 186 porporati, di cui 115 elettori e 71 ultraottantenni.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale Italiana.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Rourkela (India), presentata da mons. Alphonse Bilung, dei Verbiti, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. John Barwa, anch’egli dei Verbiti, coadiutore della medesima diocesi.

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    Conclusa in Vaticano la riunione della Commissione per la Chiesa in Cina

    ◊   Si è conclusa ieri in Vaticano la seconda riunione della Commissione che Benedetto XVI ha istituito nel 2007 per studiare le questioni di maggiore importanza, relative alla vita della Chiesa in Cina. In un contesto di intensa partecipazione e di un vivo desiderio di offrire un servizio alla Chiesa in Cina – riferisce un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede - la Commissione, i cui lavori sono iniziati il 30 marzo, ha approfondito il tema della formazione dei seminaristi e delle persone consacrate e la formazione permanente dei sacerdoti.

    “In unione con i Vescovi della Chiesa in Cina, principali responsabili delle comunità ecclesiali – riporta il comunicato della Sala Stampa - si cercherà di promuovere una più adeguata formazione umana, intellettuale, spirituale e pastorale del clero e delle persone consacrate che hanno l’importante compito di agire come fedeli discepoli di Cristo e come membri della Chiesa e di contribuire al bene del loro Paese come esemplari cittadini”. Al riguardo sono risuonate illuminanti le parole della Lettera che Benedetto XVI ha indirizzato nel 2007 ai cattolici in Cina: “La Chiesa, sempre e dovunque missionaria, è chiamata alla proclamazione e alla testimonianza del Vangelo. Anche la Chiesa in Cina deve sentire nel suo cuore l’ardore missionario del suo Fondatore e Maestro. (…) Ora spetta a voi, discepoli cinesi del Signore, essere coraggiosi apostoli del Regno di Cristo. Sono sicuro – scrive il Papa - che grande e generosa sarà la vostra risposta” (n. 17).

    “I partecipanti – prosegue la nota - facendo anche riferimento alla propria esperienza, a volte sofferta, hanno messo in risalto problematiche complesse dell’attuale situazione ecclesiale in Cina, che derivano non solamente dalle difficoltà all’interno della Chiesa ma anche dai rapporti non facili con le Autorità civili. In questo contesto – si legge nel comunicato - si è appresa con profondo dolore la notizia del nuovo arresto di mons. Giulio Jia Zhiguo, vescovo della diocesi di Zhengding. Situazioni di questo genere creano ostacoli a quel clima di dialogo con le competenti Autorità … auspicato vivamente” dal Papa. “Non si tratta, purtroppo, di un caso isolato – precisa la Sala Stampa: anche altri ecclesiastici sono privati della libertà o sono sottoposti a indebite pressioni e limitazioni nelle loro attività pastorali”. A tutti costoro, i partecipanti assicurano la loro “vicinanza fraterna” e la “costante preghiera, in questo tempo quaresimale, illuminato dal Mistero Pasquale”.

    La riunione si è conclusa con un incontro con il Santo Padre, che “come successore di Pietro, perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità dell’Episcopato (cf. ivi, n. 5), ha sottolineato l’importanza di aiutare i cattolici in Cina a far conoscere agli altri la bellezza e la ragionevolezza della fede cristiana e a presentarla come la proposta che offre le migliori risposte dal punto di vista intellettuale ed esistenziale”. Benedetto XVI ha infine “ringraziato i presenti per il loro impegno nel campo della formazione e li ha incoraggiati a continuare il loro servizio per il bene della Chiesa in Cina”.

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    Mons. Migliore: i Paesi ricchi rendano i popoli poveri protagonisti del loro sviluppo

    ◊   Intervento critico ieri dell’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, alla Commissione su Popolazione e sviluppo, riunita nel Palazzo di Vetro a New York. Il servizio di Roberta Gisotti.

     
    Per raggiungere il progresso globale si deve puntare “primariamente sui programmi e i valori che sostengono lo sviluppo personale e sociale”. Lo ha ribadito a nome della Santa Sede l’arcivescovo Migliore. “Accesso all’educazione, opportunità economiche, stabilità politica, sanità di base e supporto per le famiglie devono restare i fondamenti per raggiungere gli obiettivi di sviluppo”, fissati nel 2000 dalle Nazioni Unite nel Vertice del Millennio. Invece – ha notato il presule – nel leggere i documenti preparatori della Commissione si ha “l’impressione che le popolazioni siano viste come un ostacolo” piuttosto che “contributrici essenziali” per il successo di quegli obiettivi e di uno sviluppo sostenibile.

     
    E se prima della Conferenza sulla popolazione e lo sviluppo al Cairo nel ’94 – ha ricordato il rappresentante vaticano - molti demografi e politici paventavano un incremento della popolazione mondiale che avrebbe creato un carico opprimente con terribili possibili conseguenze, quali penurie alimentari, fame generalizzata, distruzioni ambientali e conflitti, ora dopo 15 anni la crescita demografica ha cominciato a rallentare e la produzione di cibo continua a crescere al punto che è in grado di sostenere una popolazione più numerosa. E per ironia – ha rimarcato mons. Migliore - la maggior distruzione ambientale è perpetrata dagli Stati con più bassa crescita demografica, che in patria sostengono la crescita ma contemporaneamente lavorano per ridurla nei Paesi in via di sviluppo.

     
    La Chiesa e i tutti i suoi diversi organismi – ha sottolineato ancora il presule - mostrano con le loro opere ed attività che l’attenzione verso il povero - assieme alla riduzione generale della povertà - “serve da modello per un approccio allo sviluppo centrato sull’uomo”. E per questo la Santa Sede conferma le sue “riserve” poste alla Conferenza del Cairo e a quella di Pechino sulla donna nel ’95, e così anche rinnova la “ferma dichiarazione” riguardo l’aborto che “non è forma legittima” che possa rientrare nei campi della salute sessuale e riproduttiva, dei diritti o dei servizi.

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    Nelle meditazioni della Via Crucis di mons. Menamparampil i mali del mondo letti con gli occhi della fede

    ◊   Un percorso lungo le vie dell’umanità, 14 stazioni dove si incontrano le ingiustizie e le sofferenze di oggi, gli odi e le guerre che distruggono intere nazioni: sarà tutto questo la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo presieduta dal Papa e meditata dall’arcivescovo di Guwahati, in India, mons. Thomas Menamparampil. I testi del presule indiano, salesiano, alla guida di una diocesi che conta 50 mila cattolici su 6 milioni di abitanti, arriveranno nei tre punti vendita della Libreria Editrice Vaticana – in piazza San Pietro, piazza Pio XII e via di Propaganda – il 6 aprile, Lunedì Santo. Le meditazioni offrono un ampio sguardo sulla realtà di oggi, dove spesso il senso del sacro e lo slancio verso Dio sono soffocati dall’effimero e da scelte opportunistiche. Il servizio di Tiziana Campisi:

    “Tutto non è perduto nei momenti di difficoltà. Quando le cattive notizie si susseguono” e “siamo oppressi dall’ansia”, quando la disgrazia scoraggia, le calamità fanno vittime e la “fede è messa alla prova”: è questo il cuore del messaggio delle meditazioni dell’arcivescovo di Guwahati. I testi della Via Crucis di mons. Thomas Menamparampil fanno riflettere sul mistero della sofferenza cristiana, sulla violenza che dilania gruppi etnici e religiosi e imperversa in alcune nazioni, sui conflitti tra interessi economici e politici. Mali che scaturiscono dall’avarizia, dall’orgoglio e dalla concupiscenza, dal nostro rincorrere “soddisfazioni effimere e idee indimostrate”.

     
    C’è da farsi un esame di coscienza di fronte ad odio e guerre, scrive il presule, “quando la giustizia viene amministrata in modo distorto nei tribunali, quando la corruzione è radicata, le strutture ingiuste schiacciano i poveri, le minoranze sono soppresse, i rifugiati e i migranti maltrattati”. Non c’è da puntare il dito verso gli altri “quando la persona umana è disonorata sullo schermo, … le donne sono costrette ad umiliarsi” e “i bambini dei quartieri poveri vanno in giro per le strade a raccogliere i rifiuti”, c’è invece da domandarsi quanta parte possiamo avere avuto in queste forme di disumanità. Nella realtà di oggi, osserva mons. Menamparampil, ci si “preoccupa di ciò che procura … soddisfazione immediata. Ci si accontenta di risposte superficiali. Si prendono decisioni non sulla base di principi di integrità, ma di considerazioni opportunistiche”, non si scelgono “opzioni moralmente responsabili” e “si danneggiano gli interessi vitali della persona umana e della famiglia”. Il cristiano, invece, deve avere una condotta giusta, integra e onesta, deve avere il “coraggio di assumere decisioni responsabili” quando rende “un servizio pubblico”, deve combattere per la giustizia sfidando “il nemico con la giustezza della propria causa” e suscitando “la buona volontà dell’oppositore”, perché “desista dall’ingiustizia con la persuasione e la conversione del cuore”. Gli esempi ce li hanno offerti Gandhi e tanti “piccoli di Dio”.

     
    Sono arricchite da citazioni di Dante, Shakespeare, Tagore, Newman, le 14 stazioni del vescovo indiano; hanno parole semplici, che colpiscono per la loro chiarezza, soprattutto quando propongono similitudini fra il Calvario di Gesù e il mondo contemporaneo. Così, le umiliazioni subite da Cristo oggi possono essere intraviste nella banalizzazione del sacro, nel riporre il sentimento religioso “tra i resti sgraditi dell’umanità”. Eppure, medita mons. Menamparampil, i Simone di Cirene ci sono ancora. In quei “milioni di cristiani di umili origini con un profondo attaccamento a Cristo”, in uomini e donne “d’Africa, d’Asia” e di lontane isole, terre dove fioriscono vocazioni, dove “piccole comunità e tribù” sono profondamente radicate nei valori etici e si aprono al Vangelo e dove si scopre “la grandezza di ciò che sembra piccolo”, come ci ha mostrato Madre Teresa di Calcutta.

     
    E non dimentica, l’arcivescovo di Guwahati, di denunciare le iniquità che colpiscono l’universo femminile quando ricorda l’incontro di Gesù con le donne di Gerusalemme. E il pianto per i propri figli oggi è ciò che aspetta le nuove generazioni in un ambiente degradato, dove si sprecano risorse e vi è noncuranza per il futuro, si abbandonano i valori familiari, le tradizioni religiose e non si rispettano norme etiche.

     
    Attraverso la figura di Maria, poi, il vescovo indiano cerca di far capire che il perdono va vissuto nella fede e nella speranza. La madre di Gesù non ha mostrato segni di risentimento sotto la croce, non ha avuto parole di amarezza; così, dinanzi alle “offese storiche che per secoli feriscono le memorie delle società”, il perdono deve farci trasformare l’“ira collettiva in nuove energie d’amore”.

     
    Quello del vescovo indiano è un continuo richiamo alla morte che conduce a vita. Morendo Cristo ci ha portato redenzione, sicché tragedie come uno tsunami ci dicono che “la vita va presa seriamente”, e città come Hiroshima e Nagasaki sono da guardare come luoghi di pellegrinaggio. Poiché “quando la morte colpisce da vicino, un altro mondo ci si fa accanto. Allora ci liberiamo dalle illusioni ed abbiamo la percezione di una realtà più profonda". Realtà che per i cristiani è Gesù, potenza e sapienza di Dio.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Sacerdoti irreprensibili per testimoniare Cristo: Benedetto XVI ai vescovi della Conferenza episcopale argentina.

    Anche a Pechino la fede può essere ragionevole: riunione in Vaticano sulla Chiesa in Cina.

    Un articolo di Giuseppe M. Petrone dal titolo “La nuova frontiera del multilateralismo”.

    L’Europa è nata in pellegrinaggio: in cultura, il primo capitolo del volume “Identità dissolta” dell’arcivescovo Rino Fisichella.

    Artisti in esilio. Chi si adatta, chi si porta dietro la casa: Giulia Galeotti in merito a uno studio sugli intellettuali rifugiati negli Stati Uniti.

    Un articolo di Emilio Ranzato dal titolo “Easy Rider ai prodromi dell’epica della contro-epica”: quarant’anni fa l’America della crisi del Vietnam e del dopo Kennedy tornava a nutrirsi di una nuova leggenda.

    Quelli che erano nati per essere selvaggi: Giuseppe Fiorentino e Gaetano Vallini sul manifesto in musica della generazione hippy.

    La premessa di Stefania Zuliani al suo libro “Effetto museo. Arte, critica, educazione”.

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    Oggi in Primo Piano



    Il G20 a Londra: si cerca un'intesa sul documento finale

    ◊   In una Londra blindata ha preso il via il G20, preceduto ieri da una serie di incontri bilaterali ma anche di scontri tra la polizia e i manifestanti – quasi 90 gli arresti - e conclusosi con la morte di un uomo, trovato senza vita in un vicolo e probabilmente deceduto per cause naturali. Intanto i lavori del summit sono entrati nel vivo ma restano divisioni sulle misure da prendere per far rientrare la crisi economica globale. Il servizio di Benedetta Capelli:

    Agire al più presto per ripulire il sistema bancario, porre fine ai paradisi fiscali, sostenere la cooperazione economica ed aiutare i Paesi in via di sviluppo. Sul raggiungimento di questi obiettivi si giocherà il successo del G20. Si profilano due blocchi già definiti: da una parte gli Stati Uniti e la Gran Bretagna che vorrebbero interventi immediati ed efficaci per far ripartire l’economia; dall’altra la Francia e la Germania che invece chiedono regole stringenti per ridisegnare il sistema finanziario internazionale. Divisioni si registrano sul nodo dei paradisi fiscali, forti le resistenze sulla messa a punto di una “black list'', la cui identificazione potrebbe slittare forse al G8 di luglio alla Maddalena. La Cina difende lo status privilegiato di Macao ed Hong Kong mentre Austria, Liechtenstein, Lussemburgo e Belgio sarebbero disposte a fare alcune concessioni sul segreto bancario finora tenacemente difeso. Oltre al tema dei paradisi fiscali, la discussione è aperta anche sul rafforzamento delle risorse da destinare al Fondo Monetario Internazionale (Fmi), arrivando a 750 miliardi di dollari, e sulle misure per stimolare la crescita economica nonché sulla proposta di fissare un tetto planetario ai compensi dei manager delle banche. Tutti i punti sui quali circola un certo ottimismo per il raggiungimento di un’intesa. Infine il premier italiano Berlusconi sarebbe riuscito a far inserire nella bozza finale del documento un esplicito riferimento ad un “social pact”, cioè un richiamo alla “dimensione umana della crisi”, insistendo sulla necessità di proteggere e sostenere coloro che perdono il lavoro.

    Al G20 di Londra le grandi potenze si confrontano per uscire dall’emergenza economica, ma senza mostrare una particolare unità nelle strategie da adottare. C’è il rischio che da questa situazione si creino fratture ancora più profonde tra mondo industrializzato e Paesi in via di sviluppo? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Sergio Marelli, direttore generale della Focsiv, la Federazione degli organismi cattolici impegnati nel volontariato:

    R. – Questo rischio sicuramente è presente e sarebbe, almeno credo, una delle conseguenze più negative che potrebbero emergere da questo G20. Il G20 rappresenta oggi il 90% della ricchezza prodotta a livello mondiale, ma anche l’80% dell’emissione dei gas inquinanti e addirittura il 66% della popolazione mondiale. Se non si dovesse trovare un accordo che tenga conto degli oltre 160 Paesi che non stanno dentro questo club e dunque una soluzione concordata, unanime e, soprattutto, efficace nell’urgenza di mettere in atto delle azioni per uscire da questa crisi, sarebbe davvero un problema ulteriore che penso non potrebbe che peggiorare le situazioni che dovrà affrontare il mondo intero nei prossimi mesi.
     
    D. – Le grandi potenze si stanno giocando in queste ore la leadership nel gestire l’emergenza economica. Secondo lei, sarebbe più opportuna invece una posizione comune?

     
    R. – Sicuramente. Penso che una delle cause per cui siamo oggi in questa crisi, a livello planetario, che non è solo una crisi finanziaria ed economica ma anche ambientale, di approvvigionamento in energia, una crisi dei prezzi e alimentare, è l'aver pensato di poter affrontare questi problemi in maniera separata. Se si dovesse continuare con questo approccio allora ci sarebbe un aggravamento delle situazioni. E allora è per questo che una dichiarazione finale - come sembra essere ormai definita e nella quale gli accenni e le menzioni ai Paesi poveri e ai loro destini sono così scarse - lascia ancora una volta intuire che forse si pensa di poter risolvere una crisi globale con delle soluzioni parziali. I poveri non sono parte del problema, ma i poveri sono una risorsa fondamentale proprio per risolverlo e per uscire da questa crisi.

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    Legge 40. Preoccupazione dopo la sentenza della Consulta

    ◊   La Corte Costituzionale ha dichiarato ieri la parziale illegittimità della legge 40, che regola la fecondazione assistita. Bocciato in particolare il limite dei tre embrioni da impiantare. Negativo il giudizio del Movimento per la Vita e dell'Associazione Scienza e Vita. Il servizio di Giampiero Guadagni.

    I giudici della Consulta hanno dichiarato la illegittimità costituzionale nel punto in cui la Legge 40 prevede che ci sia un unico e contemporaneo impianto superiore ai tre embrioni. La Corte costituzionale ha bocciato anche la parte della legge in cui non si prevede che il trasferimento degli embrioni debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna. Respinte tutte le altre questioni sollevate. Immediate le reazioni: il genetista Bruno Della Piccola, presidente di Scienza e Vita, contesta che le leggi siano ormai fatte dai giudici, critiche all’intervento della Consulta anche dal centrodestra e dall’Udc, mentre soddisfatti sono i radicali e l’associazione Luca Coscioni. Molto perplesso il sotto segretario al Welfare, Eugenia Roccella, che annuncia nuove linee guida alla legge per eliminare qualsiasi contraddizione. Va ricordato che i dati contenuti nella recente relazione al Parlamento dimostrano che la Legge 40, in questi tre anni di applicazione, ha funzionato sia per quanto riguarda la salute della donna, sia per quanto riguarda la tutela dell’embrione.

     
    All’indomani della sentenza della Corte costituzionale, l’Associazione Scienza & Vita afferma in una nota che “i pilastri della legge sono ancora, alla prova dei fatti, quasi tutti ben saldi”, ma si dichiara anche “innegabilmente preoccupata della possibilità che la sentenza ha aperto per la creazione di un nuovo numero illimitato di embrioni il cui destino appare incerto e per le gravi conseguenze che la necessaria iperstimolazione ovarica avrà sulla salute delle donne”. Scienza & Vita “si dice comunque certa che il continuo affinamento delle tecniche, la rinnovata professionalità dei centri di Pma italiani e la crescente coscienza degli operatori del settore, argineranno le alterazioni causate da questa ferita inferta all’impianto primigenio della legge”. Una “ferita”, si legge nella nota, “voluta in maniera pretestuosa anche contro ogni evidenza scientifica” e contro i dati sull’applicazione della legge 40 nel 2007. L’auspicio è che “da parte del ministero del Welfare vi sia un intervento deciso, anche attraverso le linee guida, finalizzato ad eliminare ogni possibile ambiguità e ad operare una radicale limitazione del danno, fatto salvo l’impianto garantista della legge nei confronti sia dell’embrione sia della donna”. Sulla decisione della Consulta Paolo Ondarza ha sentito il parere del presidente del Movimento per la Vita, Carlo Casini:

    R. – Il limite per gli embrioni era preordinato a salvaguardare il diritto alla vita dell’embrione perché se si fanno più di tre embrioni, che fine fanno? Si congelano o si distruggono. Quindi, si va a ledere il diritto alla vita. Se viceversa si dice di impiantarli tutti quanti si va verso un rischio di dover poi procedere ad un aborto per riduzione fetale perché se si impiantano tutti diventa pericoloso per la donna. Leggeremo la sentenza, ma intanto esprimo la mia non adesione a questa scelta.

     
    D. – Di fatto, dichiarare parzialmente incostituzionale una legge significa metterla in discussione…

     
    R. – Certamente sì. L’impianto fondamentale della legge è quello di dire: tu non devi uccidere mai un essere umano anche se generato in provetta, anche se poi attraverso il successivo impianto nel seno della donna, a causa dello scarso successo di queste tecniche molti muoiono, ma almeno non li uccidi in modo premeditato e diretto. Questo punto è messo in grandissima discussione dalla decisione della Corte.

     
    D. - La Corte ha anche dichiarato illegittimo il comma tre, la parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna…

     
    R. – Anche questo esige che si legga attentamente la sentenza, ma l’attuale testo, prima della sentenza della Corte costituzionale, il testo vecchio, era anche questo un testo preordinato a determinare un punto di equilibrio tra la salute della donna e il diritto alla vita dell’embrione. In altri termini, la donna e il suo marito, o compagno, ci devono pensare attentamente prima di stabilire se fare o non fare la fecondazione artificiale, ma una volta che il bambino è generato, per loro volontà e per loro libera scelta, soltanto fatti eccezionali non prevedibili - secondo il testo originario della legge - potevano giustificare il congelamento dell’embrione e non il trasferimento immediato. Sembra che in questo modo lo si possa ammettere tutte le volte che si teme che la salute della donna sia in pericolo. Ma cosa si intende per salute della donna? Anche quella psichica? E questa la si può verificare davvero? Si ricade in qualche modo negli equivoci della legge 194, quella sull’aborto, così mi sembra.

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    La Kek pubblica le linee guida in vista delle elezioni europee

    ◊   Povertà ed esclusione sociale al centro delle linee guida pubblicate dalla Conferenza della Chiese Europee (Kek) in vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo a giugno prossimo. Tra gli altri temi, i cambiamenti climatici e l’ambiente, pace e sviluppo, migrazioni e protezione dei rifugiati. Il servizio, da Bruxelles, di Fausta Speranza:

    La Conferenza delle Chiese europee (Kek) fondata nel 1959, riunisce 126 membri: ortodossi, protestanti, anglicani, vetero-cattolici e 43 organizzazioni di tutti i Paesi del continente europeo. La Chiesa cattolica partecipa in qualità di osservatore. Con la pubblicazione fatta in questi giorni, in vista del voto di giugno per il rinnovo del Parlamento europeo, mette l’accetto su alcune priorità. Incontrando qui a Bruxelles, Elina Eloranta della Commissione Chiesa e Società della Conferenza delle Chiese Europee, abbiamo parlato di priorità in tempo di crisi economica:
     
    R. – Well, in the election we are…
    Nelle elezioni ci rivolgiamo naturalmente al Parlamento europeo e agli Stati che siedono nel Parlamento. L’esclusione sociale e la povertà sono ambiti che il Parlamento sta affrontando attraverso il suo potere e anche indirettamente, perchè sta toccando anche la legislazione, il mercato interno e l’agricoltura. Quindi, vorremmo ricordare al Parlamento il suo ruolo indiretto, e che non può pensare di trattare solamente questioni sociali e di non essere toccato da tutto questo, e ricordargli che ha la responsabilità della vita degli europei e della coesione della società europea anche quando sta affrontando un altro ambito. Poi, ci sono anche altre aree che il Parlamento sta gestendo, per esempio il servizio sociale, che è molto importante per l’inserimento sociale. E noi speriamo che il Parlamento crei una struttura legislativa, un’intelaiatura, in cui vengano offerti servizi di qualità agli europei.

     
    Proprio in considerazione della globale crisi economica e finanziaria, abbiamo chiesto a Torsten Moritz, della Commissione per i migranti in Europa, quali preoccupazioni ci sono:

     
    R. – Yes, obviously...
    Certo, ovviamente, c’è molta preoccupazione per l’impatto della crisi finanziaria sui rifugiati e sugli immigrati. Dobbiamo dire che finora i segnali che abbiamo avuto dall’Europa sono molto deboli. Quindi, ancora non è sicuro cosa accadrà realmente. Quindi, si tratta in parte di speculazioni. C’è ovviamente la paura che se la disoccupazione cresce, questo sarà un pretesto contro gli immigrati e i rifugiati per accusarli di ogni crimine e di cose di cui non sono responsabili. C’è la preoccupazione che quelli che sono molto vulnerabili, per esempio immigrati senza permesso, che lavorano irregolarmente, saranno ulteriormente sfruttati per far funzionare l’economia e c’è la paura che la tensione che è già presente da anni diventi anche più forte e che l’Europa si chiuda ancora di più. Ma come ho detto, queste sono finora solo anticipazioni. Abbiamo pochissime indicazioni su ciò che potrebbe provocare l’impatto della crisi finanziaria.

     
    Alle istituzioni europee, dunque, Torsten Moritz rivolge un appello:

     
    R. – Our general line is to say…
    La nostra linea generale è dire che dobbiamo essere più realisti, riguardo alla necessità dell’immigrazione all’interno dell’Unione Europea e inoltre dobbiamo proteggere globalmente le persone che sono particolarmente vulnerabili, come per esempio i rifugiati. E’ un dato di fatto che l’Europa sia solo migliorata grazie all’immigrazione. E sta diventando sempre più chiaro che l’immigrazione sarà piuttosto una soluzione per alcuni dei problemi che abbiamo in Europa. C’è anche la questione secondo la quale si pensa spesso che l’Europa abbia le principlai responsabilità nella protezione dei rifugiati nel mondo. Ma questo non è vero. Sono le lontane regioni dell’Africa e dell’Asia che hanno le più grandi responsabilità nel proteggere i rifugiati. E la nostra linea è dire che pensiamo che l’Europa abbia delle tradizioni molto forti, un impegno molto forte nei diritti dell’uomo, ma sulla base di questo dovremmo fare di più e possiamo fare di più.

     
    In ogni caso e per qualunque tematica, l’arcivescovo di Praga, Miloslav Vlk, esprime una raccomandazione:

     
    R. - A mio avviso, il piano per l’Unione Europea aveva altri padri d’Europa. Allora, essi avevano una visione cristiana ed anche il logo, che era formato all’inizio dalle 12 stelle di Maria, mostrava che, solo su questa via, si poteva andare avanti. Noi cristiani abbiamo l’esperienza che l’unità è una cosa davvero divina, direi, che si deve e si può costruire con le forze, con i principi del Vangelo. Si può dire che la Chiesa, oggi, ha poche forze ma nel seno della Chiesa si sviluppano questi grandi movimenti ecclesiali – ce ne sono più di 100 - e questi movimenti sono un moderno cristianesimo pieno di vita. Questi movimenti si incontrano per lavorare e collaborare per costruire questa Unione Europea. Io penso che così, in questa direzione, c’è una speranza; senza valori, è evidente che non si può costruire niente attorno a noi. Anche nel secolo scorso, questi due grandi regimi comunista-nazista sono crollati perché non hanno avuto veramente le basi spirituali. Lo stesso si vede nel mondo di oggi. Allora, per questo, sono convinto che solo con i valori cristiani, spirituali, si può costruire l’Unione Europea.

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    Giornata mondiale di sensibilizzazione all’autismo

    ◊   Ricorre oggi la Giornata mondiale di sensibilizzazione all’autismo, ovvero la Sindrome clinica causata da alterazione del sistema nervoso centrale di diversa natura. Indetta dall’Assemblea Generale dell’ONU il 18 dicembre 2007, su proposta del Qatar, l’iniziativa vuole accrescere la conoscenza e l’attenzione nei confronti di un disturbo che colpisce alcuni milioni di persone. Richiamata anche dal Santo Padre Benedetto XVI all’Angelus di domenica scorsa, la Giornata ha come obiettivo quello di incoraggiare la diagnosi precoce e l’intervento tempestivo. Un altro scopo è quello di evidenziare i talenti e le capacità misconosciute delle persone vittime della malattia. Davide Dionisi ha intervistato il dottor Paolo Curatolo, ordinario di neuropsichiatria infantile all'università di Roma Tor Vergata e presidente della Società internazionale di neurologia infantile e la dottoressa Luisa Lopez, del Villaggio Eugenio Litta, l’Istituto di Riabilitazione che accoglie pazienti affetti da minorazioni psichiche, fisiche e sensoriali gestito dalla Provincia Romana dell’ordine dei Religiosi dei Camilliani:

    D. –Dottor Curatolo, cosa si sa oggi dell’autismo?

     
    R. – Oggi dell’autismo si sa che è un disturbo di tipo neurobiologico, che è geneticamente determinato in gran parte ed è dovuto ad una predisposizione legata ad un’alterazione di molti geni che guidano il neuro sviluppo. E quindi per questa ragione alcune strutture cerebrali ne risultano disfunzionate e determinano le caratteristiche del disturbo di comunicazione, di relazione, delle difficoltà del linguaggio e del ridotto repertorio di gioco e di interessi. E' specifico del bambino nei primi tre anni di vita, quando presenta questa sintomatologia autistica.

     
    D. – A che punto è la ricerca scientifica?

     
    R. – La ricerca scientifica nel campo delle neuroscienze pediatriche sta andando molto avanti e ha compiuto grandi progressi, proprio nel comprendere come e in che modo questi geni possono distorcere il normale sviluppo cerebrale e determinare questi sintomi. Ma dobbiamo dire chiaramente che non c’è una cura definitiva per l’autismo.
     
    D. – Dottoressa Lopez come ci si orienta nella diagnosi e nel trattamento di un paziente autistico?

     
    R. – Per fortuna da molti anni abbiamo iniziato a capire molto di più di questa patologia. Intanto, abbiamo capito che fa parte di un quadro chiamato disturbo pervasivo dello sviluppo e che è ben caratterizzato come disturbo di origine neurobiologica. Molte delle cose che prima si sapevano, adesso finalmente cominciamo a inquadrarle meglio. Ci sono delle linee guida internazionali, sia per quanto riguarda l’aspetto diagnostico sia per quanto riguarda l’aspetto di trattamento. E’ molto importante fare correttamente la diagnosi proprio perché centra i tre problema principali del disturbo autistico, cioè il disturbo della comunicazione, della relazione e il repertorio degli interessi.

     
    D. – Quali sono gli errori più comuni che si commettono nell’affrontare tale patologia?

     
    R. – Prima si commettevano tutti errori diagnostici perché per molto tempo questa patologia è stata attribuita a delle situazioni di tipo psicologico, dando delle responsabilità al contesto familiare, ai genitori, ed altre cose che erano non vere responsabilità. Per molti anni ci sono stati, di fatto, degli errori. Adesso sarebbe veramente illegale fare questo errore di attribuzione. Credo che questo ormai sia poco frequente. Nella terapia ci si attiene a delle linee guida internazionali. In Italia, ad esempio, la società italiana di neuropsichiatria infantile ha formulato delle linee guida e in tutti i centri dove si applica la terapia cognitivo-comportamentale dell’autismo si interviene osservando attentamente a che punto è quel particolare bambino. Nella relazione noi pensiamo che sia sufficiente metterlo insieme ad altri bambini per poterlo aiutare nel socializzare. Questo non è sempre efficace perché a volte non conosce delle regole sociali con cui interagiscono gli altri, perché non sono state apprese implicitamente e, quindi, dovremo spiegare e far capire. Questo se succede molto precocemente è più facile da fare. Quando succede più tardi, con diagnosi più tardive, bisogna fare attenzione anche a smontare delle strategie di compenso che questi bambini attuano, perché ovviamente tutti i bambini evolvono e cercano di fare il meglio con l’ambiente che hanno a disposizione. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

    L’autismo colpisce soprattutto i bambini con un’incidenza dell’0,6% nella popolazione generale, una percentuale che risulta essenzialmente più alta se si considerano gli atteggiamenti autistici che a volte sfuggono all’occhio dei familiari. Proprio la famiglia diventa un cardine essenziale nella lotta alla malattia. Benedetta Capelli ha parlato di questo con Fiorella Gurrieri, genetista dell’Università Cattolica di Roma:

    D. – Come si prepara una famiglia a cercare di gestire un problema come quello dell’autismo?

     
    R. – Nessuno è mai pronto ad affrontare una situazione di questo genere, anche perché molto spesso la diagnosi di autismo arriva dopo un po’ di anni dall’esordio, perché si fa fatica a riconoscerlo fin dall’inizio. Il bambino cha ha ancora 18 mesi, che non parla, o che parlava e poi si arresta: tutto questo viene comunque giustificato con un trauma o con la nascita di un secondo bambino. Per i genitori è veramente difficile accettare la verità. La prima cosa è decolpevolizzarli, perché per molti anni sulla causa dell’autismo c’è stata questa cappa pesante della responsabilità del rapporto con la mamma. Invece forse adesso è stato estremamente sminuito anche dal fatto che sono state trovate alcune cause genetiche.

     
    D. - In definitiva si possono escludere cause ambientali?

     
    R. – Non sempre. Si parla tanto di intolleranza alimentare, ci sono stati molto studi su questo e molti tentativi di sottoporre i bambini autistici a diete che mirassero proprio a ridurre al massimo l’apporto di sostanze a cui il bambino poteva essere intollerante e che potevano, in qualche modo, scatenare sintomatologia autistica. C’è una componente ambientale ma c’è anche un componente biologica che è ancora quasi del tutto sconosciuta.

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    Chiesa e Società



    A rischio il diritto voto dei profughi cristiani dell’Orissa

    ◊   Consentire ai cristiani nei campi profughi dell’Orissa di partecipare alle elezioni del 16 e 23 aprile per il rinnovo del Lok Sabha, il parlamento indiano. L’appello, raccolto da AsiaNews, viene da Raphael Cheenath, arcivescovo di Cuttak-Bhubaneswar. Al momento sono oltre 70mila i cristiani i cui nomi non sono inseriti nelle liste elettorali, la maggior parte provengono dal distretto di Kandhamal. Tuttavia, molti di loro non possono tornare nei villaggi d’origine e rischiano di non poter esercitare il diritto di voto. Si sospetta quindi che l’eliminazione del voto cristiano sia all’origine dei pogrom di agosto e settembre, a tutto vantaggio del Bharatiya Janata Party (Bjp), di stampo nazionalista, che difende l’estremismo indù. “Dopo sette mesi ci sono ancora 3200 persone nei campi profughi”, afferma mons. Cheenath, e denuncia che “la campagna di odio e violenza continua inalterata e sta crescendo con l’avvicinarsi delle elezioni”. Secondo il presule “la commissione elettorale deve fare una verifica della situazione del Kandhamal e prendere decisioni per permettere elezioni libere e tranquille. L’amministrazione distrettuale dovrebbe rendere pubblici i numeri di quanti sono realmente tornati nei villaggi e quanti potranno partecipare al voto senza timori”. L’arcivescovo di Bhubaneswar chiede infine “sforzi adeguati per permettere agli abitanti dei villaggi di andare alle urne” e afferma che “senza questi provvedimenti le elezioni saranno solamente travestite di democrazia”. Interpellato da AsiaNews, Sajan K. George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic) afferma invece che “sarebbe più appropriato posticipare le elezioni” nel distretto e aggiunge che a causa della mancanza di documenti “nessuno cristiano potrebbe usufruire del voto postale”. Secondo il presidente del Gcic “privare del diritto di voto equivale a soffocare la minoranza cristiana”. (M.G.)

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    Sri Lanka: arrestato attivista cristiano

    ◊   È bastato il possesso di alcuni documenti sulla crisi umanitaria nel Vanni a far scattare l’arresto per l’attivista cristiano Santha Fernando, segretario della Commissione giustizia e pace della “National Christian Conference” dello Sri Lanka. Secondo quanto riferisce AsiaNews, il fermo è avvenuto il 27 marzo all’aeroporto internazionale di Colombo. La divisione investigativa anti-terrorismo dello Sri Lanka (Tid) ha preso in custodia Fernando prima che si imbarcasse per New Delhi per un seminario di due giorni organizzato da The Other Media sulla situazione del nord dello Sri Lanka, martoriato dalla guerra tra esercito e Tigri tamil. L’organizzazione "Media Freedom in Sri Lanka" afferma che i documenti in possesso dell’attivista per i diritti umani erano stati scaricati da internet. Il ministero della Difesa di Colombo ha comunque deciso 30 giorni di custodia per Fernando, il cui ordine d’arresto è motivato dalla legge anti-terrorismo. Ad oggi il segretario del Cjp ha ricevuto la visita in carcere della moglie e di Wickramabahu Karunaratne, segretario generale del Nava Sama Samaja Party (Nssp), che sulla vicenda dichiara: “È evidente che il governo ha paura della verità sulle sofferenze della popolazione dello Sri Lanka”. (M.G.)

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    Gibuti: rilasciato don Sandro De Pretis

    ◊   Dopo 18 mesi tra carcere e libertà vigilata è finito l’incubo giudiziario del missionario trentino don Sandro De Pretis, detenuto a Gibuti per accuse generiche fra cui “corruzione di minori”. L’udienza di pochi minuti ha infatti fissato una pena corrispondente al periodo di carcere preventivo già scontato dal religioso, che ora si ritrova quindi in libertà. “Ringrazio tutti quanti mi sono stati vicini anche con la preghiera”, ha detto ad Avvenire il missionario che non ha voluto comunque commentare la sentenza ma ha inviato una mail agli amici più stretti dove esprime la felicità per la fine di questa storia, conclusa con una condanna sulla base di una “accusa che due settimane fa era stata cambiata per la sesta volta”. La vicenda presenta infatti molti lati oscuri e lo stesso vescovo di Gibuti, Giorgio Bertin, parlò senza mezzi termini di processo politico, essendo da subito convinto dell’innocenza del missionario. Le accuse erano state raccolte in modo pretestuoso, come le foto di bambini nudi con bubboni sul braccio archiviate in un computer per essere sottoposte al parere di medici. Anche il contesto di tutto il processo alimenta i sospetti della Chiesa locale che ricorda come don Sandro fosse l’unico occidentale presente nel Paese del Corno d’Africa nel 1995, quando venne ucciso il giudice francese Bernand Borrell. Un testimone dunque scomodo. Quello di don Sandro è diventato un caso di giustizia internazionale con la diplomazia italiana più volte impegnata a chiedere la liberazione del sacerdote. Pressioni che si sono aggiunte a quelle provenienti dalla stampa cattolica che ha raccolto oltre 5000 firme di solidarietà. (M.G.)

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    Il Comune di Baghdad donerà un terreno per la costruzione di una chiesa caldea

    ◊   Il Comune di Baghdad ha intenzione di donare alla comunità cristiana un terreno per costruire una chiesa. E’ quanto rivela al sito internet Baghdadhope mons. Shleimun Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad. “Due giorni fa – ha detto il presule – il sindaco della capitale irachena, Saber Nabet Al-Essawi, ha informato il cardinale Emmanuel III Delly, patriarca di Babilonia dei caldei, dell'intenzione del Comune di donare un terreno per la costruzione di un nuovo luogo di culto”. “Per ora – ha aggiunto - si tratta di una promessa”. Il cardinale Emmanuel III Delly ha espresso “gratitudine per gli sforzi della municipalità per la ricostruzione di Baghdad (...) e per promuovere migliori servizi agli abitanti della città, senza distinzioni”. Secondo mons. Philip Najim, visitatore apostolico per i fedeli Caldei in Europa, il fatto che gli iracheni possano tornare ad utilizzare i loro beni è “un chiaro segno di democratizzazione del Paese”. “Nel caso specifico - ha spiegato mons. Najim al Sir - questa scelta denota che i cristiani sono cittadini iracheni a pieno titolo. Il terreno viene loro donato non tanto come cristiani ma come cittadini iracheni”. In una nota diffusa dall’ufficio del sindaco si informa che sono già state date disposizioni per individuare e donare alla comunità caldea un terreno in un’area della città. (A.L.)

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    Nord Kivu: dramma umanitario per migliaia di profughi

    ◊   Non si attenua l’emergenza umanitaria nella turbolenta regione congolese del nord Kivu. Secondo un bilancio della Caritas – ripreso dalla Misna – sono almeno 100mila gli sfollati, molti dei quali tagliati fuori dall’assistenza umanitaria. I profughi sono quindi aumentati rispetto all’ultima stima di 70 mila unità, diffusa dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli aiuti umanitari. Nonostante la firma dell’accordo di pace tra il governo della Repubblica Democratica del Congo e i ribelli la scorsa settimana, la gente continua a fuggire e quelli già fuggiti hanno paura a rientrare nei villaggi. La sicurezza è ancora instabile e ciò rende difficile portare aiuti: “la Caritas sollecita le autorità civili e militari ad aumentare la sicurezza nella regione cosicché gli aiuti di emergenza possano arrivare alla popolazione a Kanyabayonga, Kanya, Kirumba e Kikuvo a sud di Lubero” ha detto Bruno Miteyo, direttore della Caritas-Congo. L’organizzazione pastorale e umanitaria aggiunge dettagli allarmanti: da mesi 2000 famiglie di sfollati a Kanya non hanno ricevuto aiuti e nelle ultime settimane 20mila persone sono fuggite nella foresta di Rutshuru. La Caritas teme che nei campi profughi affollati e nella foresta l’insufficienza di cibo e la mancanza di acqua potabile possano far insorgere malattie. I vescovi del Congo la scorsa settimana hanno espresso delusione per il fatto che l’attenzione internazionale si sia ormai spostata dal Congo orientale malgrado la crisi umanitaria non sia rientrata e non si faccia abbastanza per garantire un sicuro ritorno a casa di decine di migliaia di persone. (M.G.)

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    Zimbabwe: appello della Caritas per proseguire l’assistenza umanitaria

    ◊   Le operazioni umanitarie della Caritas nello Zimbabwe sono a rischio a causa della mancanza di fondi che minaccia la sopravvivenza di migliaia di persone. Al momento nel Paese africano l’organizzazione della Chiesa assicura l’assistenza sanitaria ad oltre 250 mila persone e fornisce acqua pulita a 16 mila famiglie. Per questo motivo Caritas Internationalis ha lanciato un appello a gennaio per la raccolta di 7 milioni di dollari. Secondo quanto riferisce l’agenzia Zenit, fino a questo momento è stata raggiunta solo la metà della cifra necessaria. E a causa della mancanza di finanziamenti, Caritas Zimbabwe ha potuto ordinare cibo per appena due mesi. Cornelius Hamadziripi, direttore di Caritas Zimbabwe, ha affermato che la popolazione affronta “fame e malattie”. Gli abitanti del Paese “hanno urgente bisogno di più risorse per assicurare la copertura alimentare per i prossimi sei mesi”. “Il mondo non può abbandonarci mentre affrontiamo questa tragedia”, ha poi ammonito Hamadziripi. Il problema dei fondi arriva mentre nel Paese si sta iniziando a diffondere l'ottimismo in seguito a un accordo per la divisione del potere tra il presidente Robert Mugabe e il primo ministro Morgan Tsvangirai. “Prima una crisi seguiva un'altra crisi, lasciando la gente senza respiro”, ha ammesso Hamadziripi. “Il nuovo accordo affronta alcune delle sfide politiche esistenti e speriamo che la gente lo sostenga dentro e fuori lo Zimbabwe”. Con i fondi richiesti la Caritas conta di fornire razioni mensili di cibo a 164.212 persone, dare una “formazione agricola” a 4.607 famiglie e garantire l’assistenza medica di base a 5.000 persone. Lo staff dell'organizzazione promette inoltre di risanare pozzi, costruire bagni, rendere potabile l'acqua e promuovere la prevenzione del colera. (M.G.)

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    Consenso dei vescovi toscani per l’apertura della causa di beatificazione di don Zeno

    ◊   In occasione della sessione ordinaria primaverile della Conferenza episcopale toscana, tenutasi il 30 e 31 marzo presso il Convento dei Padri Passionisti al Monte Argentario, i vescovi toscani hanno dato il consenso all’apertura della causa di beatificazione di don Zeno Saltini, fondatore della Comunità di Nomadelfia, che verrà introdotta dalla diocesi di Grosseto. Secondo quanto riferisce un comunicato ripreso dal Sir, i presuli hanno inoltre manifestato “affettuosa solidarietà”, “vicinanza e riconoscenza al Santo Padre”, per “il suo illuminante Magistero e per la sua ferma e paterna guida della Chiesa in un contesto di avversità e incomprensioni”. I presuli hanno espresso “particolare gratitudine” al Papa anche “per la lettera inviata recentemente a tutti i vescovi del mondo”. Dopo la relazione del presidente, l’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori, circa il Consiglio permanente della Cei riunitosi nei giorni scorsi a Roma, i vescovi toscani hanno riflettuto sulla “emergenza educativa dal punto di vista della scuola cattolica, dell’insegnamento della religione, dal punto di vista sociologico e pedagogico con particolare attenzione al mondo giovanile”. (M.G.)

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    Messaggio della Cei per la Giornata dell’Università Cattolica

    ◊   “L’impegno dell’università nella formazione delle giovani generazioni”, è questo il tema dell’85.ma Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore, in programma il 26 aprile. In vista della ricorrenza i vescovi italiani hanno diffuso oggi un messaggio – citato dal Sir- sull’“emergenza educativa” che si “pone il problema di una sfida il cui cuore sta nella nuova responsabilità a cui sono chiamati in primo luogo i docenti, soprattutto universitari”. La Cei sottolinea quindi che nell’attuale momento storico “diventa prioritario un più incisivo impegno per sostenere con forza un piano di formazione ed educazione finalizzato non solo alla trasmissione di nozioni e competenze, ma anche alla crescita dell’essere e del pensare”: in una parola, secondo la Cei, “alla maturazione integrale dell’individuo, come parte attiva e propositiva della società”. Un obiettivo, questo, per i vescovi italiani “sempre più diffusamente percepito come una vera e propria urgenza personale e sociale”, e che “esige il rilancio dell’idea stessa di educazione, della sua natura e delle sue finalità”. Questa “sfida impegnativa”, si legge nel messaggio, “chiama in causa non marginalmente l’università, per evitare che la pur doverosa attenzione alle questioni del metodo porti a trascurare il fatto che l’educazione è un atto finalizzato a una precisa concezione della persona”. Per questo motivo bisogna promuovere “la capacità di interrogarsi su quali valori costruire il proprio progetto di vita, favorendo nel contempo relazioni educative autentiche, sostenute da docenti accuratamente preparati, ecclesialmente impegnati e capaci di testimonianza”. La Cei, a questo riguardo, ricorda il ”fulgido esempio” del fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, padre Agostino Gemelli, di cui si ricorda proprio quest’anno il 50.mo anniversario della scomparsa: “brillante scienziato e insigne educatore, si impegnò strenuamente nel realizzare un polo universitario che fosse all’altezza dei migliori atenei italiani e stranieri, perché i giovani disponessero non solo della formazione necessaria per fare fronte ai cambiamenti del Paese, ma anche di una proposta integrale di crescita umana”. “Anche in una stagione di frammentazione culturale – affermano i vescovi italiani nel Messaggio per la prossima Giornata per l’Università cattolica - i credenti non possono rinunciare alla sfida dell’elaborazione di cammini orientati alla realizzazione integrale della persona e al conseguimento del bene comune”. “Uno sforzo – si legge ancora nel testo – che ben si inserisce nel progetto che la Chiesa persegue da anni nella ricerca di un rinnovato protagonismo nell’ambito educativo”. Nello stesso tempo, per la Cei, “le persone devono essere aiutate a leggere la loro esistenza alla luce del Vangelo”. “Questo doppio registro educativo – è la conclusione del messaggio - non può che costituire l’orizzonte di riferimento anche per l’Università Cattolica, chiamata a offrire una proposta culturale e scientifica orientata alla ricerca della verità sull’uomo e sulla storia, e capace di declinare le attese di speranza delle nuove generazioni a partire dalla fedeltà ai valori evangelici”. (M.G.)

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    Roma: il cardinale Vallini domani al carcere di Rebibbia per la Via Crucis con i detenuti

    ◊   “Un modo per stare vicini ad un mondo segnato più di ogni altro dalla solitudine”. Così mons. Guerino Di Tora, direttore della Caritas diocesana di Roma, spiega il senso della Via Crucis che si svolgerà domani pomeriggio nel carcere romano di Rebibbia e alla quale parteciperà il cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma. L’iniziativa - organizzata dai volontari della Caritas romana in collaborazione con i detenuti ed il personale carcerario – si colloca all’interno della “Settimana della carità”, che prevede una serie di incontri, manifestazioni e liturgie per “aiutare la città a prepararsi alla Pasqua accanto a chi soffre ed è emarginato”. “Andremo a pregare – riferisce al Sir mons. Di Tora – per stare insieme e per prepararci alla Pasqua, confermando la vicinanza della Chiesa di Roma che si sostanzia in molte iniziative di solidarietà e nell’opera di centinaia di volontari”. In una nota la Caritas romana ricorda che Roma, con i suoi cinque istituti penitenziari, accoglie la più numerosa popolazione di detenuti in Italia, una “vera città nella città”, un “mondo caratterizzato da discriminazione, emarginazione e povertà, situazioni ancor più accentuate dal malfunzionamento del sistema giudiziario”. (M.G.)

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    Al via le 100 ore dell'Astronomia

    ◊   Nell’ambito dell’Anno internazionale dell’Astronomia 2009, partono oggi le “100 ore dell’Astronomia”, una maratona celeste che coinvolgerà per quattro giorni scienziati, astrofili e il pubblico di ogni età in osservatori e luoghi di ricerca del mondo intero; l’iniziativa include una serie di trasmissioni audio-video on-line su attività di osservazione condotte dai più grandi osservatori astronomici del globo. Uno degli obiettivi centrali dell’evento è quello di rendere accessibile ad un vasto numero di persone l’osservazione al telescopio inaugurata da Galileo 400 anni fa. Il periodo scelto per l’evento è favorevole all’osservazione nelle prime ore della sera, un momento propizio anche per la visione di Saturno. Oltre all’uso del telescopio, i partecipanti avranno modo di di scoprire i diversi strumenti astronomici e di apprendere i rudimenti dell’astronomia. I due più importanti eventi inaugurali si tengono al Franklin Institute di Philadelphia e all’Istituto e Museo della Storia della Scienza di Firenze, nei quali saranno mostrati i telescopi usati da Galileo, con l’illustrazione delle scoperte compiute dal genio pisano. La Specola Vaticana parteciperà all’avvenimento dall’Arizona, presentando le osservazioni fatte con il telescopio vaticano di Mount Graham. Al telescopio ci sarà l’astronomo gesuita, padre Richard Boyle. (M.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    Cisgiordania: palestinese uccide un bambino israeliano di nove anni

    ◊   Nuova escalation di violenza in Cisgiordania. Uno sconosciuto armato d’ascia è entrato nell'insediamento ebraico di Bat Ayn, nell'area di Hebron, e ha aggredito le persone presenti. Un bambino israeliano di 9 anni è rimasto ucciso e un altro ferito. L’uomo è scappato e ora si cerca in tutta la zona. A livello politico Avigdor Lieberman, al suo primo giorno da capo della diplomazia dello Stato ebraico, ha affermato che Israele non è vincolato agli impegni assunti alla Conferenza di Annapolis del novembre del 2007. Il neo ministro degli Esteri ha inoltre aggiunto che Israele si ritiene vincolato solo agli impegni assunti con la road map. Ma quali sono le differenze sostanziali tra i due piani realizzati per sviluppare il processo di pace israelo-palestinese? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Janiki Cingoli, direttore del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente:

    R. – La road map prevede un negoziato per fasi: nella prima ci devono essere le misure di garanzia, tra cui il blocco del terrorismo da parte palestinese, il blocco degli insediamenti e la rimozione dei blocchi stradali da parte israeliana. Solamente una volta adempiute queste misure, si sarebbe potuto passare alla fase del negoziato finale. Invece, per quanto riguarda il piano di Annapolis, sono state messe le due parti in parallelo, salvo il fatto che se si raggiungeva l’accordo sul negoziato finale, prima si dovevano rispettare misure di fiducia. Adesso, sostanzialmente, la posizione di Lieberman è cancellare tutta questa parte di lavoro sul negoziato finale. Non si vuole riconoscere il lavoro fatto da Olmert e ricominciare da zero.

    D. – Questa posizione di Lieberman non rischia di interrompere il già difficile processo di pace israelo-palestinese?

     
    R. – E' discutibile che in questo momento ci sia un processo di pace israelo-palestinese. Rischia certamente di essere in contrasto con l’impostazione di Obama, il quale continua ad insistere sul concetto dei due Stati. Quindi accentua la sostanziale traiettoria di conflitto con l’amministrazione di Obama ed il nuovo governo di Netanyahu di cui ci sono già state delle anticipazioni.

    D. – Bisogna dire che Netanyahu, da parte sua, non si è espresso. Si possono immaginare, a questo punto, ripercussioni sul suo esecutivo?

     
    R. – No, non si è espresso in prima persona ma il portavoce o le personalità autorevoli del suo gabinetto hanno detto che la posizione di Lieberman anticipa la posizione di Netanyahu. Probabilmente Netanyahu avrebbe preferito non esprimere, con questa brutalità, questa cosa che pure condivide, per non entrare in conflitto con l’amministrazione Obama fin dal primo giorno.

    Filippine
    E’ stata rilasciata oggi Mary Jean Lacaba, la volontaria filippina della Croce rossa internazionale, rapita nei giorni scorsi dal gruppo integralista islamico Abu Sayyaf insieme a due suoi colleghi, lo svizzero Andreas Notter e l’italiano Eugenio Vagni. I due uomini – ha detto- sono vivi. La donna è in buone condizioni anche se presenta evidenti segni di stress. Il Comitato internazionale della Croce Rossa ha rivolto un nuovo appello ai sequestratori perché siano rilasciati al più presto anche gli altri due ostaggi.

    Nato
    Imponenti misure di sicurezza a Strasburgo dove già oggi sono previsti i primi cortei contro le celebrazioni per il 60.mo anniversario della Nato che si aprono ufficialmente domani. Attesi 28 capi di Stato e di governo. Ieri sera non sono mancati i disordini tra la polizia e alcuni manifestanti. Nella cittadina francese giungeranno migliaia di persone che daranno vita ad un vero e proprio contro-summit, più di 600 organizzazioni di 33 Paesi hanno dato la loro adesione. Intanto da ieri la Nato ha due nuovi membri che fanno salire a 28 il numero dei suoi componenti. Si tratta di Albania e Croazia che ieri sono entrate nell’Alleanza Atlantica nel corso di una cerimonia a Washington.

    Corea del Nord
    Il lancio del missile-satellite da parte della Corea del Nord sarebbe una violazione delle risoluzioni Onu e farebbe scattare una risposta ''unita e severa''. E' la posizione degli Stati Uniti, illustrata dal presidente Obama al suo omologo sudcoreano, Lee Myung-Bak, nel corso dell'incontro bilaterale avuto a margine del G20 di Londra. Intanto Pyongyang ha iniziato la fase di alimentazione del missile-satellite, con il riempimento dei serbatoi, in vista del lancio atteso tra il 4 e l'8 aprile. Pur rivendicando il carattere “pacifico” dell’operazione la Corea del Nord ha minacciato rappresaglie contro Usa Corea del Sud e Giappone - che vedono nel progetto un test di missile balistico a lunga gittata – nel caso in cui il satellite venisse intercettato dai sistemi antimissile dispiegati nell'area.

    Sudan-Darfur
    ''Sono venuto qui con la mano tesa e dipenderà dal governo sudanese come vorra' mandare avanti questo rapporto”. Sono queste le parole dell’inviato Usa in Sudan Scott Gration, dopo il colloquio con il sottosegretario agli esteri sudanese Mutrif Siddiq. Il governo statunitense e l'Europa si stanno impegnando seriamente per evitare che la crisi umanitaria possa aggravarsi ulteriormente in Darfur. Dopo l'espulsione delle organizzazioni non governative, oltre a quelle alimentari e di igiene, preoccupano le condizioni di sicurezza, soprattutto nei campi di sfollati e profughi.

    Borse-G20-Bce
    Sulla scia delle attese per le decisioni del G20, i mercati europei hanno aperto in rialzo mentre la Borsa di Tokyo ha chiuso gli scambi al 4,40%, trainata dai guadagni di Wall Street e dai dati migliori delle attese per l'economia Usa. Intanto la banca Centrale europea ha deciso di tagliare i tassi di 25 punti base, portando il tasso principale dall'1,50 al 1,25%. Con questa decisione, il tasso arriva ad un nuovo minimo storico.

    Grecia-sciopero
    In occasione del G20 di Londra, in Grecia si sta attuando uno sciopero generale di diverse ore contro la politica economica del governo. Fermo il traffico aereo, ferroviario e marittimo, chiuse le scuole, in emergenza anche gli ospedali. Atene ha stanziato un pacchetto di misure anti crisi pari a 28 miliardi di dollari per favorire il credito alle piccole e medie imprese, ha congelato i salari nel settore pubblico ed ha imposto una tassa di solidarietà sui redditi sopra i 150 mila euro annuali. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli e Antonio D'Agata)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 92

     

     
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