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Sommario del 31/08/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa chiede ai fedeli di pregare affinché la Parola di Dio sia conosciuta e vissuta come fonte di gioia e libertà
  • Sui media internazionali, le parole rivolte per lettera dal senatore Ted Kennedy al Papa prima della morte e quelle in risposta di Benedetto XVI
  • Udienze e nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Fame e povertà in Sudan. L'appello di mons. Mazzolari
  • Giappone: dimissioni di Taro Aso dopo la storica vittoria dei Democratici
  • Regionali in Germania: la Cdu cala ma resta il primo partito
  • Apre a Ginevra la Conferenza mondiale sul clima
  • Chiesa e Società

  • Denuncia dell'Onu: in aumento le sparizioni involontarie di persone
  • Giornata per la salvaguardia del creato: messaggio del Patriarca Bartolomeo
  • Si è spento in India padre Augusto Colombo, apostolo dei "fuori casta"
  • India: richiesto il diritto di casta per i dalit convertiti al cristianesimo e all'islam
  • La riforma della scuola in India mina la libertà di oltre diecimila istituti cattolici
  • Bangladesh: l'impegno della Caritas per la scolarizzazione dei bambini poveri
  • Vescovo del Bangladesh: i cambiamenti climatici stanno aumentando la povertà
  • Solidarietà delle diocesi cinesi per le popolazioni di Taiwan colpite dal tifone Morakot
  • Turchia: mons. Padovese attende la concessione della Chiesa di Tarso
  • Il presidente dei vescovi del Perù: evangelizzazione e lotta alla povertà, priorità della Chiesa
  • La Chiesa del Guatemala: non si è cristiani senza l'accoglienza degli immigrati
  • Celebrato a Cuba il Congresso nazionale dell’Infanzia Missionaria
  • Cile: case di legno per i più poveri
  • L’impegno della Chiesa in Spagna per contrastare i matrimoni di convenienza
  • Russia: delusione dei Gesuiti per il verdetto sull’omicidio di padre Otto Messmer
  • In Africa seconda edizione del premio letterario internazionale “ Baobab”
  • Pellegrinaggio dell'Unitalsi "Bambini di pace" in Terra Santa
  • 24 Ore nel Mondo

  • Mons. Martinelli: tragica la situazione degli immigrati respinti in Libia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa chiede ai fedeli di pregare affinché la Parola di Dio sia conosciuta e vissuta come fonte di gioia e libertà

    ◊   “Perché la Parola di Dio sia più conosciuta, accolta e vissuta come fonte di libertà e di gioia”: è l’intenzione di preghiera generale del Papa per il mese di settembre. Benedetto XVI rinnova dunque ai fedeli l’esortazione a mettere la Parola di Dio al centro della propria vita. Un’esigenza particolarmente sentita dal Pontefice che, proprio a questo tema, ha dedicato l’ultimo Sinodo dei Vescovi, nell’ottobre del 2008. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Solo la Parola di Dio può cambiare davvero il cuore dell’uomo: è il messaggio che Benedetto XVI rinnova costantemente dall’inizio del suo Pontificato. “Ignorare le Scritture è ignorare Cristo”, avverte il Papa riprendendo San Girolamo. La Sacra Scrittura, sottolinea il Pontefice, non va letta come “parola del passato, ma come Parola di Dio che si rivolge anche a noi”. E aggiunge, la Scrittura va letta “in comunione con la Chiesa viva” per non cadere in una interpretazione condizionata dal tempo e dalle mode:

     
    “Quanto è oggi modernissimo, domani sarà vecchissimo. La Parola di Dio, invece, è Parola di vita eterna, porta in sé l’eternità, ciò che vale per sempre. Portando in noi la Parola di Dio, portiamo dunque in noi l’eterno, la vita eterna”. (Udienza generale, 7 novembre 2007)

     
    Tutti i cristiani, è l’esortazione del Papa, sono chiamati a rendere ragione della speranza che è in loro. Ma per essere testimoni credibili bisogna conoscere e soprattutto vivere ciò che si annuncia:

     
    “Solo chi si pone innanzitutto in ascolto della Parola può poi diventarne annunciatore. Egli infatti non deve insegnare una sua propria sapienza, ma la sapienza di Dio, che spesso appare stoltezza agli occhi del mondo”. (Discorso per il 40.mo della Dei Verbum, 16 settembre 2005)

     
    Ancora, per essere annunciatori credibili, il Papa invita i fedeli a praticare la Lectio divina, la lettura meditata e pregata della Parola di Dio:

     
    “Essa consiste nel rimanere a lungo sopra un testo biblico, leggendolo e rileggendolo, quasi ‘ruminandolo’ come dicono i Padri e, spremendone, per così dire, tutto il ‘succo’, perché nutra la meditazione e la contemplazione e giunga ad irrigare come linfa la vita concreta”. (Angelus 6 novembre 2005)

     
    Il 5 ottobre dell’anno scorso, si apre in Vaticano il Sinodo dei Vescovi sulla “Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. Il Papa vuole così mettere l’accento sull’urgenza di rendere sempre più efficace l’annuncio del Vangelo:

     
    “Avvertiamo tutti quanto sia necessario porre al centro della nostra vita la Parola di Dio, accogliere Cristo come unico nostro Redentore, come Regno di Dio in persona, per far sì che la sua luce illumini ogni ambito dell’umanità: dalla famiglia alla scuola, alla cultura, al lavoro, al tempo libero e agli altri settori della società e della nostra vita”.

     
    E sempre nella Messa che inaugura il Sinodo, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, Benedetto XVI ribadisce che nutrendosi della Parola di Dio gli uomini possono davvero cambiare il proprio cuore:

     
    “Solo la Parola di Dio può cambiare in profondità il cuore dell’uomo, ed è importante allora che con essa entrino in una intimità sempre crescente i singoli credenti e le comunità”.

     
    Nella Messa di chiusura del Sinodo, il 26 ottobre nella Basilica Vaticana, il Papa auspica che si faccia conoscere la Parola di Dio anche a chi è lontano, specialmente a quanti sono in sincera ricerca del senso della vita. E sottolinea che per rendere efficace l’evangelizzazione, va favorito un contatto “vivo e intenso con le Sacre Scritture”:

     
    “E poiché non di rado l'incontro con la Scrittura rischia di non essere 'un fatto' di Chiesa, ma esposto al soggettivismo e all'arbitrarietà, diventa indispensabile una promozione pastorale robusta e credibile della conoscenza della Sacra Scrittura, per annunciare, celebrare e vivere la Parola nella comunità cristiana, dialogando con le culture del nostro tempo, mettendosi al servizio della verità e non delle ideologie correnti e incrementando il dialogo che Dio vuole avere con tutti gli uomini”.

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    Sui media internazionali, le parole rivolte per lettera dal senatore Ted Kennedy al Papa prima della morte e quelle in risposta di Benedetto XVI

    ◊   Hanno avuto molta risonanza le parole che Benedetto XVI ha rivolto per lettera al senatore americano Ted Kennedy, scomparso lo scorso 25 agosto, dopo che questi aveva fatto recapitare al Papa una sua missiva, in occasione della visita in Vaticano del presidente Barak Obama. Agenzie e organi di stampa hanno ripreso gli stralci del carteggio resi noti sabato scorso dall’arcivescovo emerito di Washington, Theodore McCarrick, durante il rito della sepoltura da lui presieduto nel Cimitero degli eroi di Arlington, in Virginia. Sul contenuto delle due missive riferisce nel suo servizio, Alessandro De Carolis:

    “So che sono stato un essere umano imperfetto - scrive Ted Kennedy - ma con l’aiuto della fede ho cercato di raddrizzare il mio cammino”. Replica Benedetto XVI: “Prego che nei giorni a venire lei sia sostenuto dalla fede e nella speranza”. Comunicano così, per lettera e a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, il senatore statunitense e il Papa. Qualche prestigiosa rivista si è interrogata sull’assenza di un messaggio del Papa nel giorno del cordoglio mondiale dopo la morte dell’anziano leader politico americano, forse ignorando che la prassi vaticana prevede l’invio di un telegramma di cordoglio solo in caso di scomparsa di un presidente, di un ex presidente o di un capo di governo. Tuttavia, in questa occasione, è soprattutto il contatto cercato e ottenuto nelle ultime settimane di vita dall’esponente della famiglia Kennedy con il Pontefice a suggellare l’importanza di una comunicazione umana e spirituale che si è mantenuta nella discrezione del fatto privato.

     
    E’ stata la vedova del senatore, Vicki, a volere che il testo della lettera di suo marito - consegnata a Benedetto XVI dal presidente Barack Obama durante la visita in Vaticano del 10 luglio - fosse reso pubblico. “Scrivo con profonda umiltà - si legge in uno stralcio della lettera - per chiederle di pregare per me mentre la mia salute declina. Mi hanno diagnosticato un cancro al cervello oltre un anno fa e, nonostante le cure, la malattia sta avendo il sopravvento. Ho 77 anni e mi sto preparando al prossimo passaggio della vita''. Vita che il senatore Kennedy riconosce in tutta la sua straordinarietà, per il fatto - dice - di essere stato benedetto dall’essere “parte di una meravigliosa famiglia” e perché, aggiunge, “entrambi i miei genitori, soprattutto mia madre, hanno tenuto la fede al centro delle nostre vite. Il dono della fede - afferma - mi ha sostenuto e nutrito nelle ore più buie”. Poi, Ted Kennedy racconta al Pontefice lo spirito del suo servizio agli Stati Uniti, nei “quasi 50 anni” trascorsi al Congresso.

     
    La propria “vicinanza spirituale” è il primo sentimento che Benedetto XVI esprime nella sua risposta al senatore Kennedy, inoltratagli circa due settimane dopo attraverso funzionari vaticani. Il Papa si dice preoccupato per la salute del leader politico ma anche “particolarmente grato della promessa di preghiere per lui e per i bisogni della Chiesa”. Prego, scrive il Pontefice, che lei “riceva la grazia della gioiosa resa alla volontà di Dio”, invocando “la consolazione e la pace promessa dal Salvatore Risorto a quanti condividono le sue sofferenze e la fiducia nella vita eterna”.

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    Udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi; mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia, con il prof. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, e con il prof. Marco Impagliazzo, presidente della medesima Comunità; mons. Livio Melina, preside del Pontificio Istituto "Giovanni Paolo II" per Studi su Matrimonio e Famiglia, della Pontificia Università Lateranense.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Scranton (Usa), presentata da mons. Joseph Francis Martino, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha accettato la rinuncia all'ufficio di ausiliare della diocesi di Scranton presentata da mons. John Martin Dougherty per raggiunti limiti di età.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La famiglia terreno fertile per le vocazioni sacerdotali e religiose: all'Angelus il Papa sottolinea il legame tra matrimonio e verginità.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, le elezioni in Giappone: ai democratici la maggioranza assoluta.

    La guerra dei cinquant'anni: in cultura, Andrea Possieri intervista lo storico Ernesto Galli della Loggia. Il primo settembre 1939 l'esercito tedesco dava inizio all'invasione della Polonia.

    Un simbolo per due mondi: Anna Foa sul significato del sangue nella cultura ebraica e in quella cristiana.

    Quando Ambrogio inventò la lettura "senza voce"; la "lectio divina" da Origene ad Agostino: anticipazione della relazione di Ernesto dal Covolo al decimo colloquio internazionale a Cracovia.

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    Oggi in Primo Piano



    Fame e povertà in Sudan. L'appello di mons. Mazzolari

    ◊   Siccità, carestia, povertà, una pace fragile, milioni di sfollati e orfani di guerra: questa è la tragica situazione del Sudan, il più grande Paese dell’Africa, ricchissimo per le risorse naturali, così poco sfruttate dalla popolazione sudanese. Di tutto questo Luca Collodi ha parlato con mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek, una città nel sud del Paese:

    R. - La situazione attualmente in Sudan è di una pace firmata più di quattro anni fa, però è una pace molto fragile e messa in pericolo da molti conflitti. Il più noto è quello del Darfur ma a sud del Darfur esistono due altre zone della parte nord del Sudan molto in pericolo e poi al sud ci sono molti conflitti minori che mettono in pericolo la pace ma soprattutto che indicano che c’è una mano esterna, forse dal nord, che accende questi conflitti, porta le armi, porta una tattica nuova per creare dissenso e divisione tra la gente. Questo è deleterio per la pace, soprattutto in vista delle elezioni che dovevano essere nel luglio 2009 e invece, finalmente, dovrebbero avvenire nell’aprile del 2010.

     
    D. – Che cosa stanno facendo le Chiese in questo momento così importante per il Sudan?

     
    R - Il Consiglio ecumenico di Khartoum si è riunito dal 10 al 14 di agosto per dire due cose: richiamare la popolazione sudanese, soprattutto i cristiani, a fare di Dio la legge principale e il sostegno principale della propria vita, con l’obbedienza alla nostra fede. Poi, rivolgendosi ai dirigenti, di amare la gente e di lavorare per il bene comune, perché loro saranno i governanti che dovremmo rieleggere. Inoltre il Consiglio ecumenico si è rivolto accoratamente alla comunità internazionale, ai Paesi del Corno d’Africa e a tutte le Ong che operano nel Sudan, affinché vengano nel Paese in modo che la nostra povera gente sia istruita su come fare le elezioni e poi per supervisionare le elezioni stesse e provvedere con mezzi sufficienti perché sia un voto per tutti, non solo per pochi, e che finalmente i risultati di queste elezioni siano obiettivi, internazionalmente riconosciuti e non soltanto approvati o decisi da Khartoum come avviene usualmente.

     
    D. – Mons. Mazzolari la povertà della popolazione riguarda soprattutto il sud Sudan o tutto il Paese?

     
    R. – Principalmente è al sud ma la situazione di povertà è estesa in tutto il Sudan e nelle zone appena sopra il 12.mo parallelo e nelle zone del Darfur. Viviamo nella più grande ristrettezza, miseria, l’economia è veramente fallimentare quindi la comunità internazionale deve vedere e valutare come può intervenire per prevenire una fame che sta dilagando perché anche la natura sembra che sia contro di noi! Non piove e siamo a metà della stagione delle piogge. Nel sud nessuno ha coltivato perché non piove e quindi ci sarà la fame, e noi dipendiamo dalla comunità internazionale. Soprattutto il Pam, il Programma alimentare mondiale dell'Onu, dovrebbe intervenire per sfamare almeno i più piccoli, i più poveri, e mantenerci in vita come ha fatto durante la guerra.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Giappone: dimissioni di Taro Aso dopo la storica vittoria dei Democratici

    ◊   Il partito democratico giapponese vince le elezioni ed infrange il primato di quasi 54 anni di governo ininterrotto dei liberaldemocratici. Taro Aso, leader del Kiminto e primo ministro, ha dovuto riconoscere la netta sconfitta ed ha rassegnato le dimissioni sia dal governo che dalla guida della sua formazione politica. I democratici hanno infatti conquistato la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera Bassa. Il servizio da Tokyo di Piergiorgio Pescali:

    Sarà il partito democratico di Yukio Hatoyama ad avere il compito di trascinare il Giappone lontano dalle acque tempestose della recessione economica e sociale. Con 308 seggi alla Camera Bassa, i democratici conquistano la maggioranza assoluta, mentre i liberaldemocratici, dopo 54 anni di ininterrotta supremazia, passano all’opposizione con 119 deputati. Anche il tradizionale alleato del partito liberaldemocratico, il New Komeito Party, ha subito un tracollo passando da 31 a 21 membri. Tengono i comunisti e i socialdemocratici, che entreranno nella Camera Bassa con nove e sette rappresentanti. Con la vittoria del Partito democratico si conclude una lunga fase della storia giapponese. I nipponici hanno inviato una chiara intenzione di cambiamento alla classe politica. Hatoyama, che ha già confermato che il suo sarà un governo di coalizione con socialdemocratici e New People’s Party, dovrà ora mantenere le ambiziose promesse fatte durante la campagna elettorale.

     
    E sullo storico cambio alla guida della politica nipponica, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Antonio Fatiguso, responsabile della sede Ansa di Tokyo:

    R. – I cambiamenti all’inizio un po’ spaventano, però, nel caso del Giappone, sono sicuramente dei cambiamenti salutari. Salutari perché si tratta di un Paese che è stato praticamente egemonizzato negli ultimi 54 anni dal Partito liberaldemocratico, il quale ha portato anche ad ingessare il Paese e la sua struttura organizzativa. Uno dei punti forti del programma del Partito democratico è proprio la lotta alla burocrazia. Paradossalmente qui c’è stato un “partito-padre” per 54 anni, ma l’instabilità politica è stata altissima: il Partito liberaldemocratico è diviso in fazioni così agguerrite tra di loro che alla fine i governi hanno avuto vita piuttosto breve, tranne alcune eccezioni, come il primo ministro Junichiro Koizumi, ancora amatissimo. Dinanzi a questa instabilità chi alla fine ha diretto e governato il Paese è stata appunto la burocrazia, cioè gli alti burocrati che, ai vertici dei ministeri, sono stati i veri e propri ministri e la cosa è alquanto singolare.

     
    D. – Tra gli obiettivi dichiarati in campagna elettorale dal Partito democratico c’è quindi lo snellimento della politica interna?

     
    R. – Sì. In sostanza la politica deve riprendere il comando e la gestione dell’apparato amministrativo. La politica deve decidere l’apparato amministrativo, cosa che attualmente non fa.

     
    D. – Quale sarà, secondo gli osservatori, l’atteggiamento del nuovo governo in politica estera, soprattutto nei rapporti con le grandi potenze come ad esempio la Cina?

     
    R. – Oggi c’è stato un interessante intervento di Gerald Curtis, che è un professore di Scienze Politiche della Columbia University ed è un grande conoscitore del Giappone. Egli diceva che non succederà nulla, almeno nell’immediato, nel senso che – come ha detto lo stesso Hatoyama – il Giappone è un Paese asiatico e quindi è normale che abbia maggiori legami con il resto dell’Asia, nonostante non ci siano mai state delle grandi simpatie per motivi storici ed anche per altre ragioni. C’è comunque la consapevolezza, in Giappone – soprattutto nel fronte democratico – che l’Asia possa essere vista dal Giappone come una sorta di “mercato domestico”. Da questo punto di vista non possono che esserci dei vantaggi, anche perché il partner americano – che fino a non molto tempo fa era il primo in assoluto nell’interscambio commerciale – mostra qualche acciacco e per la ripresa ci vorrà, forse, ancora un po’ di tempo.

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    Regionali in Germania: la Cdu cala ma resta il primo partito

    ◊   In Germania, a quattro settimane dalle legislative, la Cdu del cancelliere Angela Merkel resta il primo partito ma ha subito pesanti perdite alle regionali di ieri in due laender. In Turingia e Saar il partito cristiano democratico ha perso la maggioranza assoluta e non potrà più governare da solo. In Sassonia, invece, ha tenuto e può continuare a governare da solo. Accanto alla sostanziale tenuta dei social democratici della Spd, la novità è la crescita del partito di sinistra, Linke, finora forte solo a est, nato dalla fusione dei postcomunisti della Pds e dei ribelli della Spd capitanati dall'ex leader fuoriuscito, Oskar Lafontaine. Si è parlato subito di possibili coalizioni a sinistra ma al momento il leader della sinistra radicale Linke le esclude decisamente. Ma come leggere questi risultati in vista delle elezioni politiche del 27 settembre? Fausta Speranza lo ha chiesto all’ex direttore di "Avvenire" ed esperto di questioni tedesche Angelo Paoluzi.

    R. - Tre laender su 16 sono circa un decimo dell’elettorato e si parla di situazioni non proprio significative, perché manca la Baviera, la Renania, il Baden-Württemberg, l’Assia, cioè laender molto più popolosi, molto più significativi. In ogni caso, la Cdu è andata indietro, ha perso probabilmente due presidenze regionali. In due situazioni ha perso addirittura il 25 per cento dei voti; in un’altra invece ha mantenuto le sue capacità elettorali. Ma di qui al 27 settembre vediamo come reagiranno i politici, come si animerà la campagna elettorale. È un risultato tutto da vedere. In generale le amministrative sono 20 elezioni locali nel giro di 5 anni, che possono essere lette in modo diverso, “a dente di sega”, nel senso che sono forse piccoli sondaggi, qualche volta umorali, che a volte possono essere effettivamente letti come previsioni e altre volte no. Ricordiamo che, per esempio, una decina di anni fa, il cancelliere Schroeder, che era stato dato per battuto dopo il voto locale, vinse le elezioni perché arrivò improvvisamente un’alluvione in Germania, lui si dette da fare, fu molto presente rispetto al suo avversario Stoiber e vinse le elezioni. Quindi, ci sono delle situazioni che possono cambiare di momento in momento. In questo caso, non direi che sia così: i sondaggi danno sostanzialmente valida l’ipotesi di una conferma della Cdu, appoggiata dai liberali di Guido Wesserwelle, che è al top del consenso popolare. È un leader molto ascoltato, amato, è un personaggio singolare, dal grande fascino personale, e può portare alla Cdu, in un’eventuale coalizione di tipo conservatore-moderato, quello che la Cdu perde al centro e a sinistra.

     
    D. – Ricordiamo che la Cdu ha perso parecchi voti e resta comunque il primo partito; i social democratici della Spd hanno sostanzialmente tenuto; a crescere sono stati sinistra radicale e liberali. Che cosa dire a 20 anni dalla caduta del Muro di Berlino?

     
    R. – C’è il cosiddetto fenomeno della “ostalgia”, cioè di una nostalgia dell’est. I tedeschi occidentali si sono comportati nei confronti della parte orientale come dei colonizzatori: sono arrivati e hanno spazzato via molte certezze, sicurezze e alcune garanzie, che poi non sono state recuperate, tanto che nella ex Germania orientale il tasso di disoccupazione è molto più alto che in Germania occidentale.

     
    D. – Vogliamo fare un’osservazione sul fatto che in Sassonia ha perso il partito neonazista...

     
    R. – Sì, questo fa parte delle fluttuazioni psicologiche tedesche. Nella mia esperienza ormai cinquantennale della Germania, questo tipo di destra va e viene, umoralmente: conquista una situazione, poi la perde, ne conquista un’altra, poi finisce in nulla. Sono voti a perdere, sostanzialmente non fanno storia.

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    Apre a Ginevra la Conferenza mondiale sul clima

    ◊   “La previsione e l’informazione climatologica al servizio dell’assunzione di decisioni”: è il tema al centro della III Conferenza mondiale sul clima che si apre oggi a Ginevra sotto l’egida dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale. Benedetto XVI ieri, al termine dell’Angelus, ha richiamato i Paesi industrializzati a cooperare per il futuro della Terra e perché non siano i più poveri a pagare il prezzo più alto dei cambiamenti climatici. Ma quanto è effettivamente possibile oggi prevedere tali cambiamenti? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto ad Antonio Gaspari, direttore del master in Scienze Ambientali dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.

    R. – Nonostante l’aumento della capacità tecnologica di vedere le nuvole e i venti abbiamo una previsione del tempo che si riferisce ad una durata massima di tre giorni. Questa era la stessa capacità di previsione che c’era nell’immediato dopoguerra. C’è quindi bisogno di una rivoluzione scientifica anche in questo campo. Ma la previsione meteorologica è il primo passo. Non basta avere una maggiore tecnologia, c’è anche bisogno di una buona politica. E’ lo sviluppo che garantirà una misura di difesa nei confronti delle variazioni climatiche.

     
    D. – Cosa manca per rendere questa previsione ancora più efficace?

     
    R. – Bisogna guardare tutto con un realismo maggiore ed utilizzare complessivamente questa capacità tecnologica e di previsione con molto raziocinio. Bisogna poi cambiare anche le prospettive: non si può pensare di utilizzare i cambiamenti climatici per manovre speculative. Si deve finalizzare l’intero processo tecnologico allo sviluppo reale dell’umanità. Questo significa avere un interesse verso l’uomo e non far prevalere, invece, gli interessi speculativi che tendono, ad esempio, a moltiplicare i titoli azionari. Ci deve essere un approccio complessivo che si liberi da questi condizionamenti della finanza, che punti ad usare tutte le virtù che la tecnologia offre. Ma, soprattutto, si deve favorire un approccio in funzione dello sviluppo dell’uomo.

     
    D. – Quale contributo offre e può ancora dare la Chiesa in un ambito così rilevante come quello climatologico?

     
    R. – Da questo punto di vista, l’ultima Enciclica di Benedetto XVI, “Caritas in veritate”, è un capolavoro. E’ un contributo fondamentale perché stabilisce quali siano i principi fondamentali – non solo antropologici ma anche concreti – per garantire lo sviluppo delle tecnologie e della scienza in funzione della crescita dell’uomo. Tutta l’Enciclica punta ad un cambiamento della mentalità e del cuore dell’uomo, ad un allontanamento da principi utilitaristici per favorire una crescita dell’umanità. Si deve promuovere un utilizzo della tecnologia non come “magia”, ma come un servizio in favore di questo progresso per tutti e non solo per una parte del mondo.

     
    D. – Le emergenze legate al clima possono realmente favorire una risposta responsabile da parte del mondo della politica?

     
    R. – Non c’è dubbio. Una maggiore conoscenza permette una maggiore capacità di affrontare i problemi ed anche, in alcuni casi, di risolverli. Il problema, però, rimane quello di capire quanto l’approccio scientifico legato ai problemi climatici sia anche efficace. Si discute ancora, ad esempio, se l’aumento della concentrazione di anidride carbonica (CO2) sia un fenomeno che sta davvero 'incendiando' il pianeta o se, invece, faccia parte di una fluttuazione naturale tipica del clima. La questione è di stabilire quanto costi questa riduzione di CO2 e quanto sia davvero efficace tale riduzione.

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    Chiesa e Società



    Denuncia dell'Onu: in aumento le sparizioni involontarie di persone

    ◊   50 mila episodi accertati di sparizioni involontarie, dal 1980 ad oggi. La denuncia ieri in occasione della Giornata Internazionale delle persone scomparse, da parte del gruppo di lavoro incaricato dalle Nazioni Unite di recensire i casi nel mondo intero. Solo nel 2008 sono stati 1203 contro 629 del 2007, con un incremento di oltre il 90%. L'Onu sottolinea che ''gli Stati sono obbligati a condurre inchieste'' su tali scomparse, anche e soprattutto quando le sparizioni sono legate a politiche di lotta al terrorismo. Spesso “equivalgono a sparizioni forzate” – accusa il gruppo di lavoro - ''gli arresti che avvengono durante le operazioni militari, le detenzioni arbitrarie e le rese in massa”. Ugualmente preoccupanti ''i rapimenti lampo''. L'Onu esorta quindi i Governi a ratificare la Convenzione internazionale contro le scomparse involontarie, adottata nel 2006, firmata da 81 Paesi, in attesa della ratifica di almeno altri 7 Paesi su 20 necessari per entrare in vigore. Tra i firmatari spicca l’assenza di grandi Paesi come Stati Uniti, Gran Bretagna, Russia, Cina. Questo trattato obbliga gli Stati a introdurre il reato di sparizione forzata, di indagare, proteggere i testimoni, perseguire penalmente sul proprio territorio ogni persona coinvolta a prescindere da dove il crimine sia stato commesso e di estradare i responsabili verso un altro Stato o di consegnarli a un Tribunale penale internazionale, riconoscendo infine il diritto delle famiglie a conoscere la verità e a ottenere riparazione del danno. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Giornata per la salvaguardia del creato: messaggio del Patriarca Bartolomeo

    ◊   Una dura condanna alla logica che fino ad oggi è stata perseguita in ambito economico e finanziario, ritenendo che il progresso umano fosse solo “accumulo di ricchezze e consumo sconsiderato delle risorse della terra”. “Sul volto di ogni bambino affamato è scritta una domanda alla quale dobbiamo dare una risposta: perché è accaduto?”. La domanda è del Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e riecheggia nel messaggio scritto per la Giornata per la salvaguardia del creato che anche il mondo ortodosso celebra domani, 1° settembre. La Giornata – scrive il Patriarca - è una opportunità per ripensare al passato e pentirci per tutto quello che abbiamo e non abbiamo fatto per la protezione della terra: guardiamo al futuro e preghiamo affinché sia la saggezza a guidarci in tutto quello che penseremo o faremo”. Il messaggio - riferisce l'agenzia Sir - centra la sua riflessione sulla crisi economica e finanziaria che ha colpito il mondo negli ultimi 12 mesi e che secondo il Patriarca offre oggi l'opportunità “di affrontare i problemi in modo diverso”. “Abbiamo fatto del mercato – scrive Bartolomeo - il centro dei nostri interessi, delle nostre attività e della nostra vita, dimenticando che questa nostra scelta avrebbe influito sulla vita delle generazioni future”. Il messaggio contiene anche un auspicio per la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà a Copenaghen in dicembre. (R.P.)

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    Si è spento in India padre Augusto Colombo, apostolo dei "fuori casta"

    ◊   E’ morto questa notte in India padre Augusto Colombo, uno dei personaggi più rappresentativi della Chiesa indiana nella difesa e promozione dei “fuori casta” (paria o dalit). Nato a Cantù (Como) nel 1927, come sacerdote del Pime è partito per l’India nel 1952, destinato allo stato di Andhra Pradesh dove l’Istituto lavora dal 1855. Erano gli anni in cui i paria prendevano coscienza della loro emarginazione e si volgevano al buddhismo e al cristianesimo. Augusto è stato uno dei fondatori della diocesi di Khammam (1988) con tre parrocchie. In quasi sessant’anni di missione in India, oltre al lavoro pastorale ha realizzato una quantità di iniziative per la promozione dei paria: case per i poveri, cooperative di produzione artigianale e di vendita, la “Lodi Farm” premiata in India per la produzione del “riso del miracolo”, impegno anche giuridico per difendere le terre dei paria, banche rurali per la lotta contro gli usurai, assistenza sanitaria e ai lebbrosi, educazione scolastica, lavoro artigianale per le donne (ricami e merletti di Cantù), scavo di pozzi, alfabetizzazione degli adulti, ecc. Padre Colombo si è dedicato soprattutto ai dalit, elevati mediante le scuole che fondava, dalle elementari alle superiori. Poco distante da Hyderabad, capitale dell’Andhra, in una terra arida e sassosa, padre Augusto ha costruito il College di ingegneria (“Institute of Technology and Science”), che oggi ha 1.500 studenti e laurea ogni anno 140-150 ingegneri, in cinque specialità diverse. Metà dei posti sono riservati ai paria e ai cattolici, che difficilmente entrano in altri istituti di studi superiori. Vista la buona riuscita della sua prima università, 12 anni fa padre Colombo ha acquistato a Warangal un modernissimo ospedale appena costruito con 600 letti, che dovrebbero diventare mille. Accanto all’ospedale c’è un inizio di costruzione dell’università di medicina, la seconda cattolica in India (la prima è a Bangalore). Padre Colombo ha chiamato tre ordini di suore pratiche di sanità e di ospedali,per la gestione di reparti diversi (fra cui anche le Missionarie dell’Immacolata). L’ospedale già funziona, ma il riconoscimento statale come università è ancora incerto, per le forti opposizioni che incontra una iniziativa cristiana in questo campo. In precedenza, il religioso ha fondato un lebbrosario e tre ospedali in particolare per la cura delle malattie oculistiche e dell'Aids. (R.P.)

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    India: richiesto il diritto di casta per i dalit convertiti al cristianesimo e all'islam

    ◊   I membri della maggioranza progressista dell'Assemblea legislativa dello Stato indiano dell'Andhra Pradesh hanno invitato il Governo a procedere all'assegnazione dello status d'appartenenza di casta (Sc) nei confronti dei dalit convertitisi alla religione cristiana e musulmana. L'invito – di cui riferisce L’Osservatore Romano – è stato espresso dalla maggioranza dei deputati a favore dei dalit convertitisi e per essere tradotto in un testo legislativo richiede comunque l'emendamento della Costituzione federale nella quale alle popolazioni dalit cristiane e musulmane non viene per ora assegnata alcuna casta. Tuttavia anche tra i deputati del parlamento dell'Andhra Pradesh vi sono forti contrasti. Quelli appartenenti allo schieramento dei partiti conservatori si oppongono a un provvedimento che, se venisse approvato, potrebbe cambiare le condizioni di quanti finora vivono ai margini della società. Il problema del riconoscimento dello "Sc" per i dalit convertitisi al cristianesimo e all'islam ha anche risvolti di tipo economico. Tale tipo di riconoscimento, infatti, implicherebbe per migliaia di cittadini appartenenti al ceto più povero della popolazione la possibilità di avere accesso alle quote programmate per i lavori nell'ambito dell'amministrazione statale. Il riconoscimento dello "Sc" avrebbe inoltre risvolti positivi per i ragazzi delle famiglie dalit in quanto darebbe loro la possibilità di poter ottenere borse di studio e altri benefici previsti dal sistema scolastico indiano per aiutare i ragazzi che studiano con profitto. Il sacerdote Anthoni Raj Thumma, segretario esecutivo della Federazione delle Chiese nello Stato dell'Andhra Pradesh, commentando la mozione avanzata dai deputati del parlamento, ha sottolineato che la possibilità di poter emendare la Costituzione in favore dei dalit convertiti è abbastanza concreta. Padre Thumma ha infatti ricordato che la Costituzione indiana è già stata precedentemente emendata per ben due volte per permettere l'assegnazione dello status d'appartenenza di casta ai dalit convertitisi alla religione sikh e a quella buddista. Per il religioso è quindi probabile che anche ai dalit cattolici dell'Andhra Pradesh possa finalmente essere riconosciuto un diritto che per loro è essenziale per uscire fuori da una condizione di emarginazione sociale. (R.G.)

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    La riforma della scuola in India mina la libertà di oltre diecimila istituti cattolici

    ◊   La Chiesa cattolica indiana teme che la nuova legge nazionale sull’educazione approvata dal parlamento rischia di minare la libertà di educazione, portando interferenze della politica nella gestione degli istituti privati. La legge, varata il 4 agosto, realizza il “Diritto dei bambini all’educazione gratuita e obbligatoria” che l’esecutivo del premier Manmohan Singh aveva inserito nell’agenda dei primi cento giorni di governo. Kapil Sibal, ministro per lo Sviluppo delle risorse umane, ha definito la legge “il segnale di una nuova era”. Per padre Babu Joseph, portavoce della Conferenza episcopale Indiana, “il governo ha compiuto una scelta importante nella giusta direzione” che ripara “ad un grave ritardo nell’assicurare la scuola a tutti i ragazzi, dai 6 ai 14 anni”. Tuttavia “la nuova legge - spiega padre Babu ad AsiaNews - include la clausola 21 in cui si afferma che tutti gli istituti che ricevono sovvenzioni dallo Stato devono costituire un comitato amministrativo che segua l’andamento della scuola composto da rappresentanti eletti dell’autorità locale, dei genitori degli alunni e degli insegnanti”. Lo scopo del comitato è quello di far sviluppare un sempre maggior legame tra la comunità locale e la scuola. Il portavoce della Chiesa indiana riconosce la bontà dell’intento, ma non nasconde che esso dia anche motivi di seria preoccupazione per gli oltre 10mila istituti cattolici sparsi nel Paese. “In primo luogo siamo preoccupati – afferma padre Babu – perché questa clausola offre un’eccessiva possibilità di intervento della politica nelle questioni amministrative. In secondo luogo le istituzioni sino ad oggi hanno lavorato senza intoppi. Il nostro sistema ha funzionato bene con la soddisfazione di tutti ed il direttore della scuola era deciso dal vescovo locale o dal superiore dell’istituto religioso insieme ai rappresentanti dei genitori e degli studenti. Non vediamo dunque un motivo ragionevole per cambiare sistema. In terzo luogo la nostra esperienza ci dice che le scuole pubbliche che hanno leader politici nei loro comitati amministrativi non sono gestite bene”. Per la Chiesa indiana il rischio molto concreto è che la Clausola 21 danneggi la libertà garantita alle istituzioni cristiane. Padre Babu afferma che le scuole “possono essere in pericolo di estinzione e minate dalla presenza di persone mal disposte o anche ostili verso di noi. In alcuni Stati la Chiesa patisce già per problemi con le leadership politiche e questa disposizione potrà solo aggravarli se diventa effettiva”. Le scuole cattoliche, unite a quelle protestanti, forniscono un contributo importante al sistema educativo del Paese, per la maggior parte affidato a istituti privati. Padre Babu afferma: “Il 60% dei nostri istituti si trovano in aree rurali e raggiungono i ragazzi più poveri ed emarginati della società che rappresentano il 55% della popolazione scolastica. Nei nostri istituti studiano ragazze, spesso escluse dall’istruzione e solo una piccola parte degli alunni è costituita da cristiani, perché la maggioranza sono indù, musulmani o di altre fedi”. (R.P.)

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    Bangladesh: l'impegno della Caritas per la scolarizzazione dei bambini poveri

    ◊   La Caritas del Bangladesh ha lanciato un programma di aiuto che contempla l’elargizione di borse di studio che permettono ai bambini indigenti di mantenersi agli studi. In una zona già devastata da una serie di catastrofi naturali, e dove i genitori non possiedono i mezzi necessari al mantenimento dei figli, l’iniziativa si pone come uno dei presupposti da cui partire per poter migliorare le condizioni di emergenza da cui è toccato questo Paese dell’Asia meridionale. La Caritas - secondo L’Osservatore Romano - costituisce per il Bangladesh un’importante risorsa per tante famiglie locali, essendosi impegnata a provvedere ad una cinquantina di bambini. La struttura ha messo a disposizione, per il 2009-2010, una somma pari a 1.946 dollari, mirante alla copertura di borse di studio, rinnovate a scadenza annuale, fino al completamento del ciclo di studi. La dispersione scolastica nel Paese è un problema molto diffuso e i bambini poveri spesso non hanno la possibilità di frequentare le scuole. Per ora la Caritas offre aiuto soltanto agli allievi delle scuole primarie, mentre per gli altri intervengono i sussidi statali. A dare speranza a questa sfortunata parte del mondo sono le numerose strutture missionarie per il sostegno educativo. In particolare a Satkhira, sono operanti due centri, gestiti rispettivamente dalle suore oblate di San Luigi Gonzaga e dalla Pia Società di San Francesco Saverio. Qui i giovani, oltre alle varie attività didattiche, hanno la possibilità di partecipare agli incontri di preghiera e di catechismo. Pertanto il diritto allo studio offerto dalla Chiesa, rappresenta per tantissimi bambini l’unica possibilità di riscatto da una vita di miseria e di povertà e che spesso si riduce ad una strenua lotta per la sopravvivenza. (G.C.)

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    Vescovo del Bangladesh: i cambiamenti climatici stanno aumentando la povertà

    ◊   Il riscaldamento globale sta penalizzando gli sforzi per fronteggiare l'estrema povertà in Bangladesh. Lo denuncia il vescovo Bejoy D'Cruze di Khulna, all'associazione caritativa cattolica Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) – riferisce l’agenzia Zenit - spiegando che i disastri naturali hanno fatto sprofondare ancor di più i bengalesi nella povertà. Sottolineando un aumento di queste catastrofi, il vescovo ha dichiarato: "Stiamo diventando vittime del riscaldamento globale. Ho sempre paura di cicloni, uragani e inondazioni". La diocesi di Khulna, nel sud del Paese, ha subito le conseguenze di vari cicloni e delle inondazioni, trovandosi vicina al delta del Gange, accanto al Golfo del Bengala. Solo nel 2007 il ciclone Sidr ha causato 3.243 morti e 34.500 feriti. Il vescovo D'Cruze ha affermato che la Chiesa sta facendo molto per le vittime dei disastri ambientali, indipendentemente da casta e credo, ed ha lodato il sostegno dato dalle agenzie caritative nel Paese. Il Bangladesh è ai primi posti dell'Indice 2009 dei rischi per i cambiamenti climatici, una lista dei 170 Paesi più vulnerabili ai mutamenti del clima compilata da Germanwatch, una Ong internazionale che si occupa di ambiente e sviluppo. (R.G.)

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    Solidarietà delle diocesi cinesi per le popolazioni di Taiwan colpite dal tifone Morakot

    ◊   L'appello lanciato dal Papa all’udienza generale di mercoledì 12 agosto scorso, per le popolazioni di Filippine, Taiwan, Cina e Giappone, colpite dal tifone Morakot, hanno avuto una grande eco nelle diocesi della Cina continentale, secondo le informazioni raccolte dall’Agenzia Fides. Il tifone “Morakot” nei giorni 8 e 9 agosto ha colpito una vasta regione dell' Asia nordorientale provocando decine di vittime e di sfollati, oltre ad ingenti danni materiali. Coordinate da Jinde Charities, l’ente caritativo cattolico cinese, le diocesi di Tang Shan della provincia dell’He Bei, Fu Jian e Zhe Jiang e tante altre diocesi della Cina continentale hanno ricordato le vittime durante l’Eucaristia, raccogliendo domenica 23 agosto, anche le generose offerte dei fedeli. Solo in una parrocchia della diocesi di Tang Shan sono stati raccolti 11,150 ¥ (equivalenti a circa 1.300 euro). Secondo le parole del coadiutore diocesano, mons. Fang Jian Ping, “chiediamo a tutti i fedeli di pregare per le vittime, aiutando i sopravvissuti. In quanto cristiani, la carità cristiana si deve vivere e dobbiamo praticare ciò che crediamo e professiamo”. Anche la provincia di Zhe Jiang, vicina di casa dell’isola di Taiwan, è stata colpita dal tifone, ma la comunità cattolica locale ha ugualmente dimostrato la propria solidarietà con quanti hanno subito i maggiori danni, partecipando alla raccolta e inviando 100 mila ¥ (equivalenti a circa 12 mila euro) alla popolazione di Taiwan. Mons. Feng Xin Mao, vescovo della diocesi di Heng Shui e presidente di Jinde Charities ha scritto un messaggio alla popolazione colpita, per la maggior parte composta da cattolici e protestanti, per esprimere la propria solidarietа. Inoltre Jinde Charities ha attivato una “linea verde” per le offerte e continua a seguire da vicino la distribuzione degli aiuti. (R.P.)

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    Turchia: mons. Padovese attende la concessione della Chiesa di Tarso

    ◊   Il flusso dei fedeli che si recano in pellegrinaggio a Tarso in occasione dell’Anno Paolino, continua ad essere ingente. “Ciò – secondo quanto ha riferito al Sir mons. Luigi Padovese, vicario apostolico di Anatolia e presidente dei vescovi turchi - potrebbe indurre le autorità turche a rivedere la decisione di riportare la chiesa a museo, adottata poco tempo dopo le celebrazioni del giubileo paolino, con l’obbligo ai fedeli di prenotare la messa almeno 3 giorni prima del loro arrivo, scelta che ha suscitato non poche proteste in tutta l’Europa”. E’ proprio l’affluenza copiosa dei pellegrini a lasciar ben sperare in un ripensamento da parte delle autorità turche, in merito alla richiesta di destinare la chiesa a luogo di culto permanente per i cristiani. “ Dobbiamo solo attendere - continua il presidente dei vescovi turchi - per meglio comprendere le reali intenzioni delle istituzioni, dal momento che di parole e promesse ne abbiamo ascoltate tante ma ora bisognerebbe passare ai fatti”. Già due mesi fa, in occasione della fine dell’ Anno Paolino, mons. Padovese aveva affermato che “la città di Tarso ha un debito con l’apostolo Paolo che l’ha resa famosa nel mondo. I pellegrini che continueranno ad affluire a Tarso, anche ora che l’Anno Paolino è stato chiuso, hanno bisogno di una chiesa in cui raccogliersi in meditazione. In un museo - ha sottolineato - non si può pregare. Ringrazio le autorità per aver compreso questa esigenza”. (G.C.)

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    Il presidente dei vescovi del Perù: evangelizzazione e lotta alla povertà, priorità della Chiesa

    ◊   Mons. Héctor Miguel Cabrejos Vidarte, arcivescovo di Trujillo e attuale presidente dell’episcopato peruviano ha ricevuto sabato scorso il dottorato honoris causa che il consiglio iberoamericano gli ha concesso per i suoi “alti meriti nel campo dell’educazione” e per il suo “lavoro pastorale al servizio della crescita dei valori della nazione”. Il presule, parlando con la stampa locale, è tornato a ribadire quanto detto recentemente da tutti i vescovi al termine della loro Assemblea plenaria. “Il primo compito della Chiesa in Perù - ha detto - è l’evangelizzazione, la diffusione del Vangelo nella nostra nazione. E’ un compito che ovviamente non possiamo svolgere fuori dalla realtà poiché Cristo stesso è il Dio incarnato. Nulla che sia umano, dunque, è alieno ai doveri e alla missione della Chiesa”. Con riferimento ai settori della popolazione più poveri, e più colpiti dalla crisi, il presule ha rilevato che ci sono persone la cui situazione “è una priorità per la Chiesa, che lavora perché l’iniquità sociale diminuisca, così come in numerosi conflitti sociali in atto, oltre 300”. Commentando il fatto che spesso si chiede alla Chiesa di mediare in questi conflitti, mons. Cabrejos Vidarte ha precisato che non è una cosa che la spaventa anche se nessuno può immaginare che la Chiesa “esista per spengere incendi”. Ribadendo che il compito fondamentale è la missione, il presule ha osservato che mai sarà negato da parte dei vescovi un contributo positivo “al dialogo” come slancio alla “partecipazione di tutti nella soluzione dei problemi”. In questo contesto il presidente dell’Episcopato riflette anche sul bisogno di evitare che i conflitti sociali s’incancreniscano sfociando nella violenza. Per il presule è dovere della Chiesa fare di tutto per evitare che siano scelte le vie della violenza perché sono le peggiori e, di norma, non risolvono nulla. Riguardo all’incontro dei vescovi con il presidente della Repubblica peruviana Alan Garcìa, avvenuto la settimana scorsa, mons. Cabrejos Vidarte ha dichiarato che si è trattato "di un dialogo fraterno e gradevole di oltre due ore. Noi lo abbiamo ascoltato ma anche lui ha ascoltato tutti noi. Gli abbiamo fatto presente che la Chiesa è presente nel luoghi più sperduti e lontani del Paese, dove a volte non c’è neanche presenza militare. Con lui abbiamo concluso che i rapporti in questo momento sono buoni e così dovrebbe essere nel futuro. Ciò che è accaduto tempo fa non dovrebbe incrinare questi rapporti. Anzi, oggi è chiaro che dobbiamo promuovere una comunicazione più agile e magari attraverso diversi canali". Il presidente dell’Episcopato si è riferito al fatto che alcune settimane fa un ministro peruviano ha accusato la Chiesa di istigare alla violenza durante il conflitto a Baguas, regione amazzonica, dove hanno perso la vita numerose persone tra poliziotti e aborigeni. Questi tragici fatti, ha concluso mons. Cabrejos Vidarte, dimostrano che la prima cosa da fare sempre è prevenire i conflitti e non appena scoppiano “si deve agire tempestivamente per anticipare gli eventi”. Rinnovando il dolore della Chiesa per le vittime così come la solidarietà alle famiglie, il presule ha ricordato che la morte deve essere sradicata dalla realtà sociale come strumento di lotta perché “la vita, meraviglioso dono di Dio, è sacra e tutti hanno il dovere di proteggerla e difenderla”. Mons. Héctor Miguel Cabrejos Vidarte ha rinnovato infine l’appello dei vescovi al dialogo e all’intesa come “vero cammino per costruire il bene comune e una società giusta e solidale”. (A cura di Luis Badilla)

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    La Chiesa del Guatemala: non si è cristiani senza l'accoglienza degli immigrati

    ◊   “Immigrazione e fede” è il titolo del messaggio scritto da mons. Álvaro Ramazzini, vescovo di San Marcos e presidente della Pastorale della mobilità umana della Conferenza episcopale del Guatemala, per la Giornata nazionale del Migrante, che si celebra nel Paese centroamericano domenica prossima. “Nessuna comunità cristiana potrà considerarsi tale se non accoglie con sollecitudine ed affetto i fratelli e le sorelle immigrati” si legge nel testo ripreso dall'agenzia Fides. Spesso, infatti, accade che “per migliaia di cristiani, cattolici e non cattolici, le sofferenze, le difficoltà, le angustie, i sogni, le illusioni e le speranze degli immigrati rimangono tali, senza intaccare la loro coscienza e i loro sentimenti”. Di fronte a questa situazione, occorre riaffermare l’“opzione preferenziale per i poveri”, la stessa ribadita dai vescovi ad Aparecida, come realtà “che deve attraversare tutte le nostre strutture pastorali”. Laddove ci sono persone vittime di una società “ingiusta ed escludente”, uomini e donne “feriti per la mancanza di opportunità”, i cristiani sono chiamati a portare il loro contributo, esercitando “genuinamente la loro fede”. Per mons. Ramazzini “la fede ci aiuta a vedere nel fenomeno dell’immigrazione un’opportunità unica per praticare la compassione e l’amore del Buon Samaritano”. Pertanto bisogna superare “una visione prettamente assistenziale, seppur necessaria, per cercare congiuntamente come Chiesa, popolo di Dio, Corpo del Signore, i modi e le strategie per giungere a politiche migratorie che rispettino la dignità e proteggano la vita degli immigrati. Se vogliamo essere credenti che vivono ciò che credono, non possiamo ignorare la situazione attuale degli immigrati che ogni giorno rischiano la loro vita a causa dei pericoli che incontrano durante il viaggio” si legge ancora nel testo. Allo stesso tempo, scrive il vescovo di San Marcos, “è doveroso ringraziare Dio per l’impegno apostolico di tutte quelle persone che hanno raggiunto i loro paesi di destinazione” e che “sono diventati evangelizzatori che condividono la loro esperienza di fede” nelle comunità che li hanno accolti. Attraverso il loro impegno apostolico e missionario, “aiutano a presentare la Chiesa come sposa splendente, senza macchia e senza ruga”. Il messaggio si conclude con un caloroso invito a tutte le comunità cristiane delle diocesi e dei vicariati del Paese a celebrare la Giornata dell’emigrante, “unendosi in maniera speciale ai familiari di quanti soffrono per la lontananza dei loro cari”. Da parte loro, tutti i guatemaltechi “vivano la carità evangelica del buon samaritano” attraverso gesti di solidarietà. (R.P.)

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    Celebrato a Cuba il Congresso nazionale dell’Infanzia Missionaria

    ◊   Dal 25 al 28 agosto, presso la Casa diocesana della Mercede a Camaguey, si è svolto il IV Congresso nazionale dell’Infanzia Missionaria. L’iniziativa, che aveva per tema “Con Gesù seminiamo pace e amore”, ha riunito 435 bambini ed adolescenti missionari e 58 animatori, in rappresentanza dei differenti gruppi delle 10 diocesi cubane. In apertura del congresso, le diverse delegazioni missionarie si sono dirette in pellegrinaggio verso la chiesa di San Giovanni di Dio, per pregare accanto ai resti di Fra Olallo, apostolo dell’amore e della misericordia, beatificato a Cuba il 29 novembre 2008. Durante la prima serata i partecipanti hanno accolto l’immagine della Vergine della Carità, che sin dal primo Congresso nazionale, celebrato nel settembre 2003, presenzia a tutte le attività. La giornata di mercoledì scorso, la più intensa, è culminata con la celebrazione di un'Ora Santa con diversi momenti di preghiera animata da padre Osvaldo Cambra. Durante la Santa Messa di chiusura del congresso, mons. Juan García Rodríguez, arcivescovo di Camaguey e presidente della Commissione nazionale per le Missioni, ha invitato i bambini ad essere missionari nelle loro famiglie, nel quartiere, nella scuola e nella comunità cristiana, incoraggiandoli ad approfondire la conoscenza dell’apostolo San Paolo e il suo messaggio per i cristiani di oggi. Inoltre ha chiesto loro di partecipare, con la gioia e l’entusiasmo che li caratterizza, alla missione che la Chiesa sta preparando in vista dei 400 anni del ritrovamento dell’immagine della Vergine della Carità. (R.P.)

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    Cile: case di legno per i più poveri

    ◊   In 48 ore hanno scaricato camion, livellato il terreno, scavato e piantato piloni e costruito con pannelli prefabbricati 16 casette di legno che ospiteranno per i prossimi mesi altrettante famiglie dell’insediamento ‘Esperanza y Fe’, nel settore nord di Santiago del Cile. Sono i giovani volontari dell’organizzazione ‘Un techo para mi país’, (un tetto per il mio paese), nata 12 anni fa per iniziativa del sacerdote gesuita cileno Felipe Berríos, già missionario in Africa per 25 anni, che coinvolge oggi 200.000 ragazzi in 15 paesi dell’America Latina. L’obiettivo è dare appunto un tetto, seppur precario e in attesa di case vere e proprie promesse dalle autorità, a persone che versano in povertà o indigenza; piccole abitazioni di appena 18 metri quadrati, prive di cucina e bagno – i servizi sono messi a disposizione del comune – il cui costo non supera l’equivalente di 350 euro. Alla costruzione di ogni casetta - riferisce l'agenzia Misna - partecipano in media 8-10 ragazzi, armati di pale, martelli e molto entusiasmo: dal 1997 a oggi, ‘Un techo para mi país’ ha realizzato, tra gli altri, 200 alloggi in Brasile, principalmente nella ‘favela’ Projecta di San Paolo, 900 in Argentina e quasi 8000 in Perù nell’ambito del processo di ricostruzione delle case crollate in seguito al terremoto dell’agosto 2007. “Il nostro non è assistenzialismo, le case sono molto semplici affinché non siano considerate una soluzione definitiva. L’idea è aiutare le famiglie a organizzarsi e a lottare per andare avanti” ha spiegato Claudio Castro, responsabile dell’organizzazione. L'organizzazione è presente anche in Bolivia, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Salvador, Guatemala, Messico, Nicaragua, Paraguay, Repubblica Dominicana e Uruguay. ‘Un techo para mi país’ conta di estendersi entro il 2010 a tutta l’America Latina. (R.P.)

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    L’impegno della Chiesa in Spagna per contrastare i matrimoni di convenienza

    ◊   Di fronte all'aumento dei matrimoni di convenienza con cui alcuni stranieri cercano di ottenere benefici per regolarizzare la propria situazione, la Chiesa in Spagna, ha aumentato gli sforzi per evitare queste unioni e annullare quelle che sono state celebrate. Riferisce l’agenzia Zenit che numerosi vescovadi hanno chiesto ai sacerdoti di vigilare in modo particolare sul rispetto delle regole nel matrimonio tra una persona spagnola e una straniera. Il concordato tra la Spagna e la Santa Sede dà riconoscimento civile al matrimonio canonico, e con il matrimonio civile si riducono i termini - da dieci anni a un anno - e i requisiti per ottenere la nazionalità. Per questo, alcuni stranieri illegali concordano di sposarsi con una persona spagnola per ottenere più rapidamente una situazione regolare o altri benefici economici. Esistono anche reti organizzate, su cui indaga la Polizia, che chiedono ingenti somme di denaro agli immigrati per organizzare loro un matrimonio fraudolento, e pagano una parte al cittadino spagnolo. Anche la possibilità concessa dall'attuale legislazione spagnola di divorziare rapidamente favorisce la perdita del rispetto per il contratto matrimoniale. In alcune occasioni, i fidanzati appena conosciuti hanno fretta di sposarsi o arrivano per la prima volta in una parrocchia o in un luogo in cui non risiedono. Quando i parroci individuano qualche irregolarità, si rifiutano di autorizzare la celebrazione del matrimonio e chiedono agli interessati di sposarsi prima civilmente, ha spiegato a Zenit il delegato per la comunicazione del vescovado di Gerona, Josep Casellas. In alcuni casi, i sacerdoti sono stati tacciati di razzismo e hanno anche ricevuto minacce. "Si sono verificati casi di intermediari di matrimoni di convenienza che hanno reagito in modo irato, poco educato, minacciando", ha sottolineato Casellas. Nonostante gli sforzi per evitare queste frodi, alcune persone riescono a celebrare le cosiddette "nozze bianche", alcune delle quali sono poi scoperte dalla polizia o dalla Chiesa stessa. La polizia interroga i parroci che, in certi casi, arrivano a essere imputati nei processi contro le frodi. Nell'ambito del diritto canonico, un tribunale ecclesiastico svolge un'indagine interna e, se si dimostra che non si tratta di veri matrimoni, li dichiara nulli e lo comunica al registro civile. "Non si tratta di sanzionare la stragrande maggioranza degli immigrati", ha spiegato l'arcivescovado di Santiago de Compostela, ma di "difendere la dignità dell'immigrato ed evitare l'estorsione da parte di gruppi di pressione". (R.G.)

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    Russia: delusione dei Gesuiti per il verdetto sull’omicidio di padre Otto Messmer

    ◊   “Siamo profondamente delusi dal verdetto sull’omicidio di padre Otto Messner, e siamo convinti che non sia stata fatta giustizia”. Con queste parole si sono espressi - secondo quanto riporta Zenit - i Gesuiti della Regione Russa di fronte alla sentenza di assoluzione di Mikhail Orekhov, emessa a Mosca la settimana scorsa, sull’assassinio dei sacerdoti Victor Betancourt e Otto Messmer entrambi assistenti pastorali nella Chiesa di San Luigi a Mosca. Entrambe le vittime furono ritrovate uccise nei loro appartamenti con dei colpi di pistola alla testa il 28 ottobre del 2008. Mentre per l’assassinio di padre Victor l’omicida è stato condannato a 14 anni di duro carcere, ha trovato invece piena assoluzione per l’uccisione di padre Otto. Nonostante sia reo confesso, l’accusato ha cambiato la sua versione dei fatti durante lo svolgimento del processo, sostenendo che il duplice omicidio è opera di un’altra persona di cui non conosce l’identità. La Compagnia di Gesù russa ha affermato in un comunicato stampa che “il processo si è svolto in modo professionale e obiettivo. Le circostanze della morte di Padre Victor Betancourt sono state valutate in maniera adeguata dalla giuria, ma al contempo il fatto che i suoi membri non abbiano riconosciuto la colpevolezza di Orekhov nell’omicidio di padre Messner, porta a pensare che per arrivare ad una simile sentenza le prove raccolte nelle indagini non siano state sufficientemente convincenti”. Da ciò i fortissimi dubbi che i Gesuiti nutrono sugli esami fatti e sull’ammissione di colpevolezza dell’accusato durante le indagini preliminari. Nel frattempo insieme ai loro avvocati stanno prendendo in seria considerazione la possibilità di intraprendere azioni legali per giungere ad una chiarificazione del caso. L’ unica nota positiva è giunta dalla solidarietà manifestata loro da quanti li sostengono nella ricerca della giustizia e a cui i Gesuiti hanno espresso tutta la loro gratitudine. (G.C.)

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    In Africa seconda edizione del premio letterario internazionale “ Baobab”

    ◊   E’ arrivato alla sua seconda edizione, il premio internazionale “ Baobab”, istituito per promuovere la letteratura africana per bambini e adolescenti. Il progetto - riferisce l'agenzia Sir - ha l’intento di scoprire nuovi talenti della letteratura africana, e avvicinare i più piccoli al mondo della narrazione orale. Il premio è rivolto ad autori di racconti brevi inediti destinati ad un pubblico compreso tra gli 8 e gli 11 anni e tra i 12 e i 15 anni. Per entrambe le categorie i vincitori saranno premiati con un assegno di 700 euro mentre lo scrittore giovane più promettente avrà un assegno di 500 euro. La scorsa edizione vide come vincitori del premio Lauri Kubuitsile ( Botswana) con il racconto “ Lorato and her wire car” e Ivor W: Hartman (Zimbabwe) per “ Mr. Goop”, mentre nella categoria di miglior scrittrice emergente fu premiata Aisha Kibwana ( Kenya), con “ Strange visitors than took her life away”. Quest’anno il premio prenderà in considerazione anche tutte le storie brevi arrivate alla giuria e che saranno pubblicate per una casa editrice ghanese. Gli scrittori di ogni età e di tutte le nazioni africane avranno tempo massimo per iscriversi fino al 15 aprile del 2010. “Il nostro fine - spiega Rama Shagaya, uno dei fondatori del premio - è quello di individuare i giganti della letteratura della prossima generazione e arrivare così a concepire storie che diventeranno classici. Vogliamo - continua - che gli scrittori africani liberino tutta la loro fantasia nel raccontare storie che non abbiamo mai sentito prima”. (G.C.)

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    Pellegrinaggio dell'Unitalsi "Bambini di pace" in Terra Santa

    ◊   150 bambini, 300 papà, mamme e nonni e 150 volontari sono in partenza per la Terra santa. Dopo Loreto, Assisi e Lourdes, dal 4 al 9 settembre parte, infatti, il pellegrinaggio Unitalsi “Bambini di pace” in Terra Santa, giunto alla sua sesta edizione. La presidenza nazionale Unitalsi ha predisposto 3 aerei con partenza da Milano, Roma e Catania sui quali viaggeranno circa 600 persone, tra pellegrini, volontari, bambini disabili e non, che prenderanno parte all’iniziativa che sarà presieduta da mons. Luigi Moretti, vice gerente di Roma e assistente ecclesiastico nazionale Unitalsi, e dal presidente nazionale Unitalsi, Antonio Diella. “Un momento molto atteso, da bambini e famiglie, un pellegrinaggio per vivere insieme una esperienza di vita, di fede e di gioco”, spiega Diella. “Questo pellegrinaggio in Terra Santa - sottolinea all'agenzia Sir mons. Moretti – non deve offrire solo suggestioni, ma valori. E il valore aggiunto è che Gesù si è fatto uomo, è morto per noi ed è risorto per far risorgere tutti noi. Questa è la sapienza più grande per i bambini e per noi: è il segreto della nostra vita”. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Mons. Martinelli: tragica la situazione degli immigrati respinti in Libia

    ◊   I conflitti in Somalia e nel Sudan. Sono questi i dossier al centro del vertice dell’Unione Africana che si è aperto stamani a Tripoli, in Libia. In particolare, i leader del continente cercano un accordo per un forte sostegno al governo di transizione somalo e per un rafforzamento delle missioni di peacekeeping nella martoriata regione sudanese del Darfur. Nel corso del summit saranno poi affrontate le situazioni politiche in Guinea e Madagascar, Paesi teatro di stati colpi di Stato condannati dall'Unione Africana. I capi di Stato prenderanno parte anche ai festeggiamenti per il 40.mo anniversario della rivoluzione che portò al potere Muammar Gheddafi. Ieri si è recato in Libia il premier italiano Berlusconi per il primo anniversario del Trattato di amicizia e cooperazione tra Roma e Tripoli. Per l’occasione, Berlusconi è tornato a parlare di immigrazione, mentre nel Canale di Sicilia avveniva un nuovo respingimento nei confronti di 75 migranti somali. In questo contesto, la Chiesa in Libia continua la sua attività pastorale. Sull’identità della Chiesa in questo Paese nordafricano ascoltiamo mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, al microfono di Bernard Decottignies:

    R. - E’ una Chiesa di diaspora, composta in prevalenza da stranieri. Potrei dire che è una fisionomia afroasiatica. Molti vengono dall’Asia per contratti di lavoro, negli ospedali e nelle compagnie, soprattutto filippini ed indiani. Altri vengono dall’Africa, buona parte dal sud-Sahara, qui in Libia in cerca di fortuna ed anche per passare dall’altra parte del Mediterraneo. Questi sono in prevalenza clandestini.

     
    D. - Come vive la fede la Chiesa in Libia?

     
    R. - In genere, non c’è stata mai grande difficoltà di culto. C’è rispetto, di norma. Per quanto riguarda il servizio religioso, siamo liberi di andare dovunque in tutta la Libia e nei diversi cantieri e nelle varie zone - dove ci sono soprattutto filippini - negli ospedali, sempre con il dovuto rispetto dei libici che ci danno questa possibilità di recarci in varie parti. Attualmente, è forte il fenomeno dell’immigrazione. Abbiamo possibilità di esprimere anche la nostra attività sul piano sociale, sia nell’assistenza a questa massa d’immigrati in arrivo, sia nelle visite nelle varie zone, soprattutto nelle prigioni, nei centri di raccolta.

     
    D. - Qual è la situazione in questi centri di raccolta?

     
    R. - Sono veramente preoccupanti, una tragedia: tutta questa massa d’immigrati che vengono in Libia per trovare delle vie di uscita, per cercare di andare dall’altra parte e come ben sappiamo sono rigettati. Rigettati in Libia, provano a trovare un modo per sopravvivere, perché non è sempre facile e non tutti riescono a trovare lavoro o sono in regola con i documenti. La Chiesa, perciò, è un punto di riferimento, almeno per i cristiani, per cercare di sopravvivere e quindi di ricevere le cure primarie.

     
    Afghanistan
    La situazione in Afghanistan è grave e si potrebbe comunque conseguire un successo rivedendo la strategia al momento applicata. Non lasciano indifferente la comunità internazionale le parole pronunciate oggi dal comandante Usa delle forze Nato in Afghanistan, Stanley McChrystal, pronunciate nell'ambito di un'attesa analisi della strategia per le forze dell’Alleanza atlantica. Ieri, sul terreno l’ennesima giornata di sangue con almeno 43 persone, tra cui sette civili e un soldato afghano, morte in diversi episodi di violenza. Operazioni congiunte tra polizia ed esercito, inoltre, sono state condotte nella provincia di Khost, portando all’uccisione di 35 talebani nei pressi della frontiera pachistana.

    Pakistan
    Non si ferma la violenza in Pakistan. Elicotteri dell’esercito hanno bombardato rifugi talebani nella valle dello Swat, nel nordovest del Paese, uccidendo 30 ribelli. Nella stessa regione, almeno 14 poliziotti hanno perso la vita in un attentato suicida a Mingora. Attaccato, inoltre, nella notte un convoglio di rifornimenti per le truppe della Nato in Afghanistan. L’imboscata ha causato un vasto incendio, che ha coinvolto almeno 25 automezzi fermi per le procedure doganali.

    Medio Oriente
    Israele non resterà inerte se i palestinesi dovessero decidere di proclamare uno Stato palestinese de facto entro i prossimi due anni. Il monito è stato lanciato oggi dal ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, in occasione della visita a Gerusalemme dell'Alto rappresentante dell'Unione Europea per la politica estera Javier Solana e dell'inviato del Quartetto (Usa, Ue, Russia e Onu) Tony Blair. Intanto, i legali dell'ex premier israeliano, Ehud Olmert, respingono le accuse che hanno portato ieri un tribunale di Gerusalemme a incriminare il loro assistito per riciclaggio di denaro sporco, corruzione ed evasione fiscale.

    Incendi in California e Australia
    In California, due vigili del fuoco hanno perso la vita nel corso delle operazioni per contenere il vasto incendio che dallo scorso mercoledì devasta la zona a nord di Los Angeles. Secondo il Servizio americano delle foreste nazionali, le fiamme al momento sono “fuori controllo” e hanno già distrutto oltre 17 mila ettari di vegetazione”. E per via dei roghi fuori stagione in Australia, lo Stato di Vittoria ha deciso di introdurre l'allarme incendi ai massimi livelli. Malgrado sia ancora inverno, nelle campagne si sono infatti già registrati diversi incendi alimentati da venti particolarmente forti e da temperature elevate. L’Australia rivive dunque i fantasmi delle devastazioni causate lo scorso febbraio dagli incendi senza precedenti del cosiddetto "sabato nero".

    Influenza A
    Il presidente della Colombia, Alvaro Uribe, è stato contagiato dal virus A/H1N1 e dovrà fare un periodo di quarantena. Lo ha annunciato il suo portavoce con una nota, dove comunque si assicura che “la malattia è sotto controllo”. Uribe aveva accusato i sintomi dell'influenza al suo ritorno sabato dal summit latino-americano a Bariloche, in Argentina. Sono stati quindi informati tutti i leader che hanno avuto contatti con lui. Intanto, si segnalano lievi segni di miglioramento per il giovane italiano ricoverato da alcuni giorni in gravi condizioni presso l’ospedale San Gerardo di Monza. Sempre in Italia, il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, ha escluso rinvii per l’apertura dell’anno scolastico.

    Taiwan: arrivato il Dalai Lama
    Il Dalai Lama è a Taiwan per portare conforto alle popolazioni colpite dal ciclone Morakot e pregare per le vittime. Una visita che mette però a dura prova le relazioni dell'Isola, da tempo in via di miglioramento, con il governo cinese. Pechino oggi ha duramente condannato gli esponenti dell'opposizione taiwanese, avvertendo che la visita del capo spirituale dei tibetani ''avrà necessariamente un'influenza negativa'' sui rapporti tra Pechino e Taipei. Taiwan è di fatto indipendente dalla Cina dal 1949, ma Pechino la considera ancora parte integrante del proprio territorio.

    Gabon
    Gli elettori del Gabon hanno votato ieri per eleggere il successore del defunto presidente Omar Bongo, morto nel mese all’inizio dell’estate dopo essere stato al potere per 41 anni. Il figlio di Bongo, Ali-Ben, 50 anni, affronta una decina di altri candidati ma il sostegno del Partito democratico al governo lo rende il favorito. I risultati provvisori sono attesi per il 2 settembre, ma il clima politico è già incandescente e sono tre i candidati che rivendicano la vittoria. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 243

     
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