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Sommario del 25/08/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Messaggio di Benedetto XVI alla 60.ma Settimana liturgica nazionale: maestri santi testimonino al mondo il valore della Misericordia divina
  • Il Papa concede l'indulgenza plenaria per gli 800 anni dalla nascita di Pietro da Morrone, futuro Papa Celestino V. Intervista con mons. Molinari
  • Pio XII, baluardo della pace: 70 anni fa, la voce di Papa Pacelli per scongiurare la Seconda Guerra Mondiale
  • I vescovi tedeschi e polacchi in un messaggio congiunto: ancora forte oggi il rischio di un uso propagandistico delle ferite inferte dagli eventi bellici
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Tensione negli Usa dopo la decisione di Obama di sollevare la Cia dagli interrogatori dei presunti terroristi. Le nuove regole non ammettono violenze
  • La Chiesa e la società dell'America Latina protagoniste della terza mattina di incontri al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione
  • Gli immigrati e l'Europa, quando la politica vuole univocità. Intervista con Oliviero Forti
  • Le due Coree d'accordo sulla ripresa delle riunificazioni delle famiglie spezzate dal conflitto del 1950. Intervista con Rosella Ideo
  • Grecia, la testimonianza di un architetto scampato agli incendi che hanno sfiorato Atene
  • Chiesa e Società

  • Taiwan: il tifone Morakot ha causato almeno 500 morti e 25 mila senza tetto
  • India: incontri di preghiera per le vittime delle violenze anticristiane in Orissa
  • Si è spento ieri mons. Fernando, "voce dei senza voce" dello Sri Lanka
  • Iraq: appello dei cristiani dopo i recenti attentati a Baghdad
  • Vietnam: i bulldozer del governo hanno raso al suolo l'antica chiesa di Tam Toa
  • Carestia e siccità in India a causa dei deboli monsoni
  • Caritas Mongolia assiste le popolazioni colpite dalle inondazioni
  • Somalia: secondo l'Onu la crisi umanitaria coinvolge quasi la metà della popolazione
  • Scagionato in Kenya da ogni accusa di abusi sessuali padre Renato Kizito Sesana
  • Brasile: il presidente dei vescovi dice no al ritiro dei simboli religiosi dagli Uffici pubblici
  • Thailandia: cattolici e buddisti uniti sui temi in difesa della vita
  • Canada: raccolta fondi per i bisogni della Chiesa
  • La Chiesa ortodossa rumena chiede l’obbligo dell’insegnamento religioso nelle scuole secondarie
  • Il saluto del vescovo di Pinerolo al Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste
  • Padre Abella rieletto superiore dei Missionari claretiani
  • L'Aquila: la Fiaccola della speranza stasera al santuario di San Gabriele dell'Addolorata
  • Nuovo sito web della Basilica di San Paolo fuori le Mura
  • 24 Ore nel Mondo

  • Afghanistan: ennesimo agguato alle truppe Usa, mentre a Kabul è tutto pronto per l'annuncio dei risultati parziali delle elezioni
  • Il Papa e la Santa Sede



    Messaggio di Benedetto XVI alla 60.ma Settimana liturgica nazionale: maestri santi testimonino al mondo il valore della Misericordia divina

    ◊   Oggi più che mai è necessario "un modo maturo di vivere e celebrare il sacramento della penitenza". Lo scrive, a nome di Benedetto XVI, il cardinale Tarcisio Bertone, nel messaggio inviato alla 60.ma Settimana liturgica nazionale, che si è aperta ieri nella città pugliese di Barletta. Il testo del segretario di Stato vaticano ha di fatto aperto i lavori della tradizionale assise organizzata come ogni anno dal Cal, Centro di azione liturgica. Il Papa auspica che la Settimana Liturgica "contribuisca a favorire una ripresa e un rinnovamento nella celebrazione della Misericordia e nell’esperienza significativa del Perdono divino". Il servizio di Mimmo Muolo, inviato a Barletta del quotidiano Avvenire:

    Benedetto XVI, ricorda il porporato, ritiene "quanto mai opportuna" la scelta di puntare quest’anno sul tema “Celebrare la Misericordia. Lasciatevi riconciliare con Dio”. Anche perché, a 35 anni dall’entrata in vigore per la Chiesa italiana del nuovo Rito della Penitenza, fa notare, "sarà interessante verificare se, al di là del cambiamento rituale, si sia formata un’adeguata mentalità teologica, spirituale e pastorale". In particolare, aggiunge il Pontefice nel Messaggio a firma del cardinale Bertone, "in questo nostro tempo costituisce una delle priorità pastorali quella di formare rettamente la coscienza dei credenti, perché nella misura in cui si perde il senso del peccato, aumentano purtroppo i sensi di colpa, che si vorrebbero eliminare con insufficienti rimedi palliativi".

     
    Per questo, Benedetto XVI invita tutti i pastori ad accompagnare spiritualmente l’esperienza della riconciliazione, anche mediante "una catechesi previa e una catechesi mistagogica per approfondire il sacramento". "C’è bisogno di maestri di spirito saggi e santi", conclude il Papa, additando l’esempio del Santo Curato d’Ars. Di tutto questo si parlerà fino a venerdì con l’intervento di numerosi relatori ed esperti.

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    Il Papa concede l'indulgenza plenaria per gli 800 anni dalla nascita di Pietro da Morrone, futuro Papa Celestino V. Intervista con mons. Molinari

    ◊   La prossima festa della Perdonanza celestiniana, che avrà come tradizionale fulcro la città de L’Aquila, sarà vissuta quest’anno dagli abruzzesi con sentimenti del tutto particolari. Nonostante le ferite inferte dal terremoto alla città, sono attese molte persone alle celebrazioni che si apriranno la sera del 28 agosto, alla presenza del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Ma quest’anno la Perdonanza è ulteriormente enfatizzata dal giubileo per gli 800 anni dalla nascita di Pietro da Morrone che fu eletto Papa nel 1294 col nome di Celestino V. La Penitenzieria Apostolica ha concesso, a nome di Benedetto XVI, una speciale indulgenza plenaria ai fedeli che nel corso dell’Anno Celestiniano, che si concluderà il 29 agosto 2010, pregheranno davanti alle spoglie dell’antico Pontefice, portate durante l’Anno nelle varie diocesi dell’Abruzzo e del Molise. Fabio Colagrande ne ha parlato con l’arcivescovo de L’Aquila, mons. Giuseppe Molinari:

    R. - E’ un fatto positivo che ci sia la Perdonanza anche quest’anno, malgrado tutto, e certamente sarà una Perdonanza sobria, senza cose eccessive, senza fronzoli inutili. Forse questa Perdonanza così sobria, ridotta all’essenziale, è quella che piace di più a San Celestino: Celestino voleva richiamarci alla grande verità dell’amore di Dio, del perdono di Dio, della riconciliazione, della conversione e della pace. E questo risalta meglio quando vengono a mancare altri contesti che rischiano di distrarre un po’.

     
    D. - La 715.ma celebrazione del Perdono di Celestino V ricorda anche, però, agli aquilani che la storia continua …

     
    R. - Certo. Sono 715 anni che si celebra la Perdonanza ed è bello che riusciamo a celebrarla anche quest’anno, malgrado tutto, con l’aiuto dei Vigili del Fuoco, di tutti gli addetti alla sicurezza che ci hanno reso disponibile una parte della basilica. Le celebrazioni avverranno all’aperto e poi, a piccoli gruppi, ci sarà la possibilità di entrare, di fare un percorso per cui si entra lo stesso nella Porta Santa di Santa Maria di Collemaggio.

     
    D. - Che significato assume la presenza del segretario di Stato vaticano alla cerimonia di apertura?

     
    R. - Noi sentiamo in questa presenza la presenza stessa del Santo Padre che ci ha fatto già un grande onore venendo qui il 28 aprile, quando ancora era fresca la tragedia del terremoto. Ricordiamo tutti la sua parola, ricordiamo tutti la sua umanità, il suo sostare prima di tutto in ascolto delle persone, il suo incoraggiarle. Ma ricordiamo anche quando ha visitato la Basilica di Collemaggio devastata, quando si è fermato di fronte all’urna di San Celestino.

     
    D. - Quel gesto che significato ha avuto per i tanti devoti di Celestino V?

     
    R. - Quel gesto ha tanti significati. Per noi ha il significato di una devozione, di un’ammirazione che Papa Benedetto ha per questo grande Papa che - è vero - agli occhi degli storici sembra un Papa che non ha conseguito tanti successi: in fondo, il suo Pontificato è durato pochi mesi e si è concluso con una rinuncia. Però, quel breve tempo è stato un periodo pieno di luce per la Chiesa, è stato un invito per tutta la Chiesa a rinnovarsi.

     
    D. - Sarà una Perdonanza particolare, quella del 2009, anche perché quest’anno, con la Perdonanza, si apre l’Anno Celestiniano: che significato ha questo giubileo?

     
    R. - Anche questa è una circostanza molto bella, perché ricorrendo questo centenario di San Celestino tutti i vescovi di Abruzzo e Molise insieme abbiamo voluto sottolineare il giubileo celestiniano proprio con questa peregrinatio in tutte le diocesi di Abruzzo e Molise: certamente, sarà un passaggio - quello dell’urna di San Celestino - che porterà grazia, conforto, che risveglierà la fede… Non sarà un fatto folkloristico ma è proprio un appello alla conversione, alla riconciliazione.

     
    D. - Mons. Molinari, quanto ha bisogno di riconciliazione, oggi, L’Aquila?

     
    R. - L’Aquila ha tanto bisogno di riconciliazione, come tutti. Soprattutto in questo periodo del post-terremoto, c’è rischio anche di divisioni, di conflitti e quindi questa forza riconciliatrice servirà senza dubbio a noi, alla nostra città, alla nostra comunità diocesana. Però, ci auguriamo che questo messaggio di Celestino vada oltre i confini del nostro Abruzzo e del nostro Molise per raggiungere tutta la nazione italiana, per raggiungere tutto il mondo. Perché, in fondo, è il messaggio stesso del Vangelo.

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    Pio XII, baluardo della pace: 70 anni fa, la voce di Papa Pacelli per scongiurare la Seconda Guerra Mondiale

    ◊   Nell’agosto di 70 anni fa si consumavano le ultime speranze di impedire lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Tra le voci in favore della pace, si levò alta quella di Pio XII, che eletto pochi mesi prima alla Cattedra di Pietro, ricorse allo strumento della Radio Vaticana per esortare i governanti a non intraprendere la via della distruzione. Un radiomessaggio, quello del 24 agosto del 1939, che rappresenta una pietra miliare nel servizio della Chiesa alla causa della pace. Il servizio di Alessandro Gisotti:

     
    (Musica)

     
    “E’ con la forza della ragione, non quella delle armi che la Giustizia si fa strada”: sono passati 70 anni dal radiomessaggio di Pio XII, all’indomani del "Patto Molotov-Ribbentrop", ma le parole di Papa Pacelli mantengono intatta la loro forza:

     
    “Imminente è il pericolo, ma è ancora tempo. Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra. Ritornino gli uomini a comprendersi”.

     
    “Ci ascoltino i forti per non diventar deboli nell’ingiustizia - fu l’invocazione di Pio XII - Ci ascoltino i potenti, se vogliono che la loro potenza sia non distruzione, ma sostegno per i popoli e tutela a tranquillità nell’ordine e nel lavoro”. Appello, purtroppo, inascoltato. Pochi giorni dopo, la Germania nazista invadeva la Polonia e l’umanità scivolava nell’abisso di un conflitto devastante. Ma quella voce, sopraffatta dal frastuono delle armi, non perse di valore e non fu dimenticata. Nel 25.mo della morte di Pio XII, Giovanni Paolo II, figlio della Polonia martoriata dalla guerra, ricordò così l’ impegno per la pace del suo predecessore:

     
    “Scrisse e operò instancabilmente perché la guerra - la terribile Seconda Guerra Mondiale - non scoppiasse; poi fece di tutto per ridurre gli effetti deleteri e tragici dell’immane conflitto, che si allargava sempre più e mieteva milioni di vittime; si adoperò con tutti i mezzi per affrettare la pace e per lenire le sofferenze del duro dopoguerra. 'Con la pace nulla è perduto, tutto lo può essere con la guerra!'; questa sua angosciata esclamazione, quasi gridata alla vigilia del disastro, non fu purtroppo ascoltata, e fu una profezia!” (8 ottobre 1983).

     
    Nel 2005, a 60 anni dalla fine della Guerra Mondiale, a un Papa polacco ne succede uno tedesco, segno provvidenziale di riconciliazione. Benedetto XVI non manca di ricordare quanto Papa Eugenio Pacelli si prodigò per ricondurre i governanti alla ragione, ad aprire il proprio cuore, nella convinzione che solo Cristo è la vera speranza dell’uomo:

     
    “Solo fidando in Lui il cuore umano può aprirsi all’amore che vince l’odio. Questa consapevolezza accompagnò Pio XII nel suo ministero di Successore di Pietro, ministero iniziato proprio quando si addensavano sull’Europa e sul resto del mondo le nubi minacciose di un nuovo conflitto mondiale, che egli cercò di evitare in tutti i modi: 'Imminente è il pericolo, ma è ancora tempo', aveva gridato nel suo Radiomessaggio del 24 agosto e continuava: 'Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra'.

     
    (Musica)

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    I vescovi tedeschi e polacchi in un messaggio congiunto: ancora forte oggi il rischio di un uso propagandistico delle ferite inferte dagli eventi bellici

    ◊   In occasione del 70.mo anniversario dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale, scoppiata il primo settembre 1939, i vescovi polacchi e tedeschi hanno diffuso un comunicato in cui sottolineano che ancora oggi “c’è bisogno di una viva premura per la pace e la formazione di uomini liberi dall’odio”. “Solo nel clima del perdono e della riconciliazione - si legge nel documento - può svilupparsi la cultura della pace che serve il bene comune”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Settant’anni fa, le forze armate della Germania invadevano la Polonia dando inizio alla Seconda Guerra Mondiale. Il ricordo di quella tragedia non incatena al passato ma rende liberi per il futuro. La memoria - scrivono i vescovi - è la “cura del passato”, un'eco di libertà che ancora oggi si riverbera nel ricordo di “milioni di vittime trucidate a causa dell’ideologia razzista”. La “politica di sterminio” che voleva annientare e rendere schiavi popoli interi non è solo un monito. Il ricordo dei volti di ebrei, rom, disabili, dissidenti e religiosi travolti dalla “barbarie di quel tempo” si trasforma oggi in preghiera, in un inno per la pace. I vescovi polacchi e tedeschi ricordano anche la drammatica eredità lasciata dalla Seconda Guerra Mondiale ai due Paesi: “La Polonia - spiegano i presuli - si trovò nell’area di influenza dell’unione Sovietica” andando incontro ad “ulteriori sofferenze”, ad un “sistema di isolamento e coercizione”. “Gli abitanti della parte orientale della Germania” furono assoggettati al sistema sociale comunista.

     
    Oggi, sono sempre meno i testimoni oculari della Seconda Guerra Mondiale. Sono sempre meno anche coloro “che hanno avuto il coraggio di pronunciare parole di pentimento e perdono, aprendo un nuovo capitolo nella storia dei nostri popoli”. Per questo - sottolineano i presuli tedeschi e polacchi - occorre che le nuove generazioni acquisiscano e conservino una giusta valutazione della Seconda Guerra Mondiale. Si devono “ricordare le atrocità del passato” e rinunciare agli “stereotipi” che possono minare i buoni frutti maturati nelle relazioni tra i due popoli.

     
    Le esperienze degli anni drammatici della guerra e di quelli successivi sono ancora attuali: “alcune tendenze nella società o nella politica - si sottolinea nel comunicato - svelano la tentazione di un uso propagandistico delle ferite inferte per riaccendere dei risentimenti alimentati da un’interpretazione faziosa della storia”. “La Chiesa intende per questo pronunciarsi contro un simile allontanamento dalla verità storica invitando ad un dialogo intenso, sempre legato alla capacità di sentire le ragioni dell’altra parte”. “La pace - concludono i vescovi - viene costruita giorno dopo giorno e può fiorire solo se tutti siamo pronti a riconoscere le nostre responsabilità”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In rilievo, nell’informazione internazionale, l’Afghanistan, dove crescono le denunce di brogli alle presidenziali e persistono le intimidazioni dei talebani.

    In cultura, un ampio estratto - a settant’anni dallo scoppio della seconda guerra mondiale - del discorso di Paolo VI all’udienza generale del 26 agosto 1964 e alcuni stralci dell’omelia tenuta dal Pontefice, il 10 giugno 1969, al Parco de la Grange di Ginevra, in occasione della sua visita in Svizzera.

    Dante era un classico (persino per Petrarca): Giuseppe Frasso sul confronto fra due padri della lingua italiana.

    Un articolo di Giulia Galeotti dal titolo “I racconti che hanno stregato la portiera”: leggere in vacanza i libri consigliati dai conoscenti.

    Cesare De Michelis su Giuseppe Berto e il coraggio di affrontare la vita con la scrittura.
     Nell’informazione religiosa, il messaggio del cardinale Tarcisio Bertone per la sessantesima settimana liturgica nazionale a Barletta.

    Nicola Gori intervista madre Maria Sofia Cichetti, badessa del monastero Mater Ecclesiae.

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    Oggi in Primo Piano



    Tensione negli Usa dopo la decisione di Obama di sollevare la Cia dagli interrogatori dei presunti terroristi. Le nuove regole non ammettono violenze

    ◊   Regna un’atmosfera cupa negli Stati Uniti tra l’amministrazione Obama e la Cia, principale organismo di intelligence statunitense. Il presidente infatti ha approvato la creazione di una nuova squadra speciale, che avrà il compito di condurre gli interrogatori degli individui considerati figure-chiave del terrorismo internazionale. Si chiamerà "Gruppo d'interrogatorio dei detenuti d'importanza elevata", e sarà composta da esperti cooptati in diverse agenzie d'intelligence e in vari corpi delle forze dell'ordine. Tra le regole inderogabili del nuovo organismo: divieto assoluto di ricorso alla violenza per estorcere informazioni ai sospetti. Per una valutazione di questa nuova misura varata dalla Casa Bianca, Stefano Leszczynski ha intervistato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International - Italia.

    R. - Anche se parziale, è un riconoscimento importante che qualcosa non ha funzionato nel corso della guerra al terrore, in particolare nella conduzione degli interrogatori gestiti dalla Cia all’interno dei centri di detenzione in Afghanistan, in Iraq e poi naturalmente a Guantanamo, e in altri luoghi ancora, nei quali la Cia era responsabile per il trattamento dei detenuti.

     
    D. - Viene, comunque, istituito un gruppo speciale, un gruppo ad hoc per gli interrogatori, con il divieto assoluto tuttavia di utilizzare qualsiasi forma di violenza...

     
    R. - Questa è una cosa importante. Non è una rivoluzione, visto che si tratta finalmente dell’applicazione delle norme del diritto internazionale in materia di trattamento dei detenuti. E’ anche importante sottolineare quanto la Cia ne resterà fuori e quanto l’Fbi sarà coinvolto. Questi due servizi, questi due organi dello Stato, sono stati più volte in conflitto, specialmente nella gestione del centro di detenzione di Guantanamo, sui metodi da applicare. Quindi, anche in questo caso è una cosa importante. Quello che va fatto, oltre a gestire meglio il presente e il futuro, è fare luce sul passato. Questo è ancora ciò che parzialmente manca, perché via via che il presidente Obama prende decisioni, e le prende evidentemente sulla base di informazioni che ha, è necessario che ci sia una piena assunzione di responsabilità per le torture, i maltrattamenti, le detenzioni arbitrarie, che hanno segnato quasi due mandati interi del presidente Bush.

     
    D. - La strada imboccata da Obama indica che prima o poi si potrebbe giungere a qualche forma di incriminazione e a istituire dei processi per i quadri dell’intelligence americana...

     
    R. - Il presidente Obama ha più volte detto di voler guardare avanti, modificando ciò che non andava del passato. Le vittime, però, della violazione dei diritti umani sono obbligate a guardare indietro e Amnesty con loro, fino a quando non ci sarà giustizia e dunque inchieste e accertamento delle eventuali responsabilità e sanzioni.

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    La Chiesa e la società dell'America Latina protagoniste della terza mattina di incontri al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione

    ◊   Le tematiche a sfondo sociale, considerate su scala mondiale, sono state tra le protagoniste dei dibattiti e delle tavole rotonde finora in programma al 30.mo Meeting di Rimini, promosso e organizzato dal Movimento di Comunione e Liberazione. La terza mattina di incontri ha posto oggi in risalto la situazione della Chiesa e della società latinoamericana, con l’intervento - fra gli altri - di mons. Filippo Santoro, vescovo della diocesi brasiliana di Petrópolis. Il nostro inviato a Rimini, Luca Collodi, lo ha intervistato:

    R. - La situazione della Chiesa brasiliana è abbastanza complessa e diversificata. Il punto che determina tutta la azione pastorale e anche la riflessione teologica è la Conferenza di Aparecida, quindi la V Conferenza dell’episcopato latinoamericano è un punto di riferimento chiarissimo in Brasile come in tutta l’America Latina, un punto di riferimento profondo, intenso. Perciò, tutta la Chiesa brasiliana è mobilitata su questo aspetto: ripartire da Cristo per formare discepoli e missionari. Quindi, un’attenzione rinnovata sull’esperienza della fede, senza trascurare l’impegno sociale, che è il marchio registrato dell’azione pastorale dei vescovi brasiliani, ma con una centratura più evidente sull’aspetto della fede, dell’esperienza cristiana, della liturgia e quindi dell’annuncio; una centratura maggiore sulla fede, un’insistenza rinnovata sull’azione sociale, un’insistenza intensissima sulla missione. Siamo tutti impegnati nella missione continentale, lanciata dalla Conferenza di Aparecida: la missione e la presenza nella società. L’azione della Chiesa si è sempre più caratterizzata in termini espliciti di annuncio di missione e allo stesso tempo di solidarietà.

     
    D. - La Caritas in veritate di Benedetto XVI che aiuto vi offre?

     
    R. - La Caritas in veritate è stata ricevuta con una gioia immensa. Perché? Perché unisce i due termini, unisce il termine della carità con il termine della verità. Non una sociologia della carità, e nemmeno un’ideologia della verità, ma l’abbraccio dei due elementi. Quindi, un soggetto di fede trasformato dall’incontro con Cristo che vive nel mondo la bellezza, la misericordia del Signore nell’abbraccio a tutti, in particolare ai più poveri.

     
    D. - Eccellenza, qual è la speranza della Chiesa brasiliana?

     
    R. - La speranza della Chiesa brasiliana è molto grande, perché il primo aspetto è il risvegliarsi dell’esperienza della fede, l’intensificarsi della dinamica missionaria. La speranza si chiama missione, in questo tempo, missione che esige un soggetto vivo come i primi, come gli Apostoli. Questo vale soprattutto per noi vescovi nella formazione dei sacerdoti: il sacerdote non più formato solo per il culto, non per l’organizzazione delle pastorali né per la pura azione politica, ma il sacerdote formato per la missione.

     
    D. - Il fenomeno delle sette in Brasile vi preoccupa?

     
    R. - Preoccupa sempre, però già nel fenomeno delle sette si vede un ridimensionamento nel senso che c’è una circolarità in terra, e c’è un risveglio dell’annuncio cristiano cattolico nella sua forma più intensa. E questa ricchezza ci fa ben sperare. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Gli immigrati e l'Europa, quando la politica vuole univocità. Intervista con Oliviero Forti

    ◊   Un gommone con 57 immigrati è stato soccorso stamani da un pattugliatore della Guardia di Finanza a circa 30 miglia a sud di Lampedusa, in acque di competenza maltese. Resta aperta, intanto, la discussione sul ruolo dell’Unione Europea, dopo che il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha denunciato l'assenza dell'Europa di fronte al problema dell'immigrazione clandestina. Rispondendo al capo della diplomazia italiana, fonti comunitarie fanno sapere che già alla prossima riunione dell’euro gruppo del due settembre sarà presentato un piano di ridistribuzione europeo per i rifugiati provenienti da Paesi terzi. Ma quanto è importante una gestione condivisa a livello europeo del fenomeno immigrazione? Debora Donnini lo ha chiesto a Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione della Caritas italiana:

    R. - Certamente, aiuterebbe in qualche modo a far decomprimere i flussi che attualmente vivono i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: l’Italia, Malta, piuttosto che la Grecia e la Spagna. E’ un problema certamente europeo, che ha bisogno di politiche condivise. Nessuno ha intenzione di voler risolvere la grande questione migratoria attraverso singole previsioni, però certamente una politica più lungimirante sarebbe di grande aiuto e sostegno a situazioni, che poi hanno in quelle tragedie, che abbiamo purtroppo vissuto solo qualche giorno fa, l’epilogo peggiore.

     
    D. - La Commissione Europea ha segnalato la necessità di condividere meglio la questione a livello europeo...

     
    R. - L’Europa non ha mai voluto realmente intervenire sul tema migratorio in maniera forte, come in altri casi. Solo su determinate questioni ha cercato di trovare una politica comune. Ma, sostanzialmente, l’immigrazione oggi è ancora tema strettamente legato alle politiche interne dei singoli Paesi. Finché questo avverrà, evidentemente sarà molto difficile lavorare congiuntamente, perché i singoli Paesi decidono modalità di ingresso, termini e modi per stabilire le quote e tutto questo spesso in maniera anche strumentale alle proprie politiche interne. Quindi, tutto ciò certamente non aiuta una gestione di flussi che riguardano le sponde sud dell’Europa, ma che in qualche modo vanno poi ad incidere su tutto il resto del continente, giacché spesso si tratta di migranti che si muovono e non rimangono né in Italia né in Grecia né in Spagna.

     
    D. - Secondo lei, però, sarebbe realizzabile a livello europeo una maggiore condivisione?

     
    R. - Non solo è fattibile, ma è necessaria. Certo, i tempi non sono stretti come qualcuno vorrebbe. Quindi, non si risolve tutto nell’arco né di qualche mese né di qualche anno. Bisogna, però, avviare il processo.

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    Le due Coree d'accordo sulla ripresa delle riunificazioni delle famiglie spezzate dal conflitto del 1950. Intervista con Rosella Ideo

    ◊   C’è accordo tra le due Coree per ripristinare il canale umanitario che si occupa di riunificare le famiglie del Nord e del Sud divise dalla guerra del 1950-53. Da domani prenderà il via un vertice di tre giorni in una località turistica nordcoreana per definire i dettagli delle procedure. Avviato dalla Croce Rossa nel 2000, il progetto era sospeso da circa due anni per la crescente tensione fra le due Coree. Sul valore della decisione per la popolazione e per la politica internazionale, Gabriella Ceraso ha sentito Rosella Ideo, docente di Storia Politica e Diplomatica dell'Asia Orientale presso l'Università di Trieste:

    R. - Ha un valore molto simbolico ed umanitario, che però non significa una vera riunificazione. L’unificazione per ora è molto lontana anche per la volontà delle due Coree. Implicherebbe uno sforzo economico enorme. I due Paesi hanno ormai maturato mentalità diverse, sono due mondi estremamente separati.

     
    D. - Qual è invece il valore politico di questa decisione, nell’ottica dei recenti rapporti tra Corea del Nord e Corea del Sud?

     
    R. - La cosa più importante da rilevare è che effettivamente, dopo due anni di grandi tensioni, la morte del presidente Kim Dae-jung ha dato l’occasione per un dialogo del Sud - che non c’era ancora stato per le ostilità mostrate dal presidente Lee - verso qualsiasi tipo di politica di distensione che ricordasse quella dei dieci anni precedenti. Pyongyang ha fatto il primo passo: ha cercato immediatamente di partecipare ai funerali dell’ex premier. La Corea del Sud ha accettato, ci sono stati dei colloqui e direi che ci sono buone prospettive affinché le due Coree ricomincino a dialogare.

     
    D. - La scomparsa del maggior promotore del dialogo, Kim Dae-jung non comporterà quindi un cambiamento di rotta?

     
    R. - Il momento è molto delicato. Vedrei più una schiarita che un ritorno ai tempi della “politica di pace a tutti i costi” che Kim Dae-jung aveva inaugurato. Quello che invece sottolineerei come un fatto positivo è che la Corea del Sud ed il presidente Lee hanno sottolineato la necessità di una riduzione degli armamenti atomici ma convenzionali. Finché non sarà firmato un trattato di pace, non vedo la possibilità di un dialogo sereno né di una reale sicurezza per la penisola coreana e per la stessa Asia nordorientale.

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    Grecia, la testimonianza di un architetto scampato agli incendi che hanno sfiorato Atene

    ◊   In Grecia gli incendi che per tre giorni hanno devastato l’Attica e assediato Atene sono sostanzialmente sotto controllo. Ma lo stato di allerta non diminuisce e il fuoco continua a minacciare ancora alcune zone. Sulla situazione nel Paese, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco, Nikos Katsimpínis, architetto del Ministero greco dei Lavori pubblici, che abita in una delle zone più colpite nei giorni scorsi dagli incendi:

    R. - Qui, in Attica, la situazione adesso si è normalizzata. Sotto la montagna di Kitairón, in Beozia, c’è ancora il fuoco. In quella zona, adesso, operano tutti gli aerei e gli elicotteri. Credo che la situazione si risolverà anche in quell’area.

     
    D. - Ci sono delle stime sui danni arrecati all’ambiente?

     
    R. - I danni sono enormi: con l'incendio nelle foreste credo sia stato completato il piano di distruzione totale del verde della periferia di Atene. Credo che gli effetti saranno terribili, sia quando comincerà a piovere, sia quando aumenterà la temperatura.

     
    D. - Si sono potute stabilire le cause di questo disastro?

     
    R. - I sospetti ci sono e sono uguali a quelli che esistono altrove. Il problema è la speculazione dei terreni. Si tratta di persone che qui in Grecia vengono chiamate “mangia-terreni”.

     
    D. - L’incendio è stato poi aggravato anche dalle alte temperature…

     
    R. - Sì, anche dal forte vento di questi giorni. Non si poteva fermare. Dove c’era una fonte di fuoco nell’arco di chilometri c'erano focolai a macchia d’olio. Non si poteva affrontare perché gli aerei e gli elicotteri non volavano. Le fiamme, alimentate dal vento, si sono propagate in tutta la montagna.

     
    D. - Una delle zone più colpite dagli incendi è proprio quella dove lei abita. Ha anche dovuto abbandonare la sua casa che è stata minacciata dall’avvicinarsi delle fiamme…

     
    R. - La montagna di Penteli si trova a nordest di Atene, ad un’altezza di 1.100 metri. Il centro abitato sta proprio al centro di questa montagna, dove si trova anche un noto monastero del 1500. Una parte di questo monastero è stato bruciato, ma per fortuna gli edifici sono rimasti intatti. La pineta che si trovava all’interno, invece, è stata completamente distrutta. Per fortuna, il centro abitato non è stato minacciato dalle fiamme. Il fuoco era ad una distanza di 500 metri da casa mia. Il fumo era terribile, come pure la cenere e non si poteva restare. E’ stato un momento molto critico: ho preso la mia famiglia e ci siamo allontanati in macchina. Abbiamo lasciato la nostra casa nelle mani di Dio.

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    Chiesa e Società



    Taiwan: il tifone Morakot ha causato almeno 500 morti e 25 mila senza tetto

    ◊   Il tifone Morakot ha colpito Taiwan con una violenza inaspettata, la più potente in oltre mezzo secolo. In poche ore il tifone ha riversato sull’isola decine di centimetri di pioggia, sommergendo case e strade, distruggendo ponti e strutture. Ieri il governo di Taipei - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha confermato che sono morte 292 persone e che altre 395 sono disperse. Il presidente Ma Ying-jeou, criticato per la lentezza con cui i soccorsi sono giunti alle popolazioni, ha detto che il bilancio finale dei morti potrebbe superare le 500 vittime. Più di 25 mila persone sono senza tetto. A tutt’oggi, mentre diverse strade e case vengono riparate, almeno 6 mila sfollati vivono in tende o alloggi di fortuna. L’alluvione di acqua e fango ha distrutto 136.400 case e inferto danni all’agricoltura per 14,4 miliardi di dollari di Taiwan (circa 300 milioni di euro). Il padre Paolo Spanghero, missionario del Pime, parroco in una zona della montagna taiwanese nel sud, fra le più colpite dal tifone, pochi giorni fa ha scritto ai suoi confratelli che “villaggi interi sono stati spazzati via da roccia e fango che diventano come fiumi liquidi e mortali che invadono tutto. Quel che è più doloroso – afferma padre Spanghero - è il bilancio di vite umane. Nel villaggio di Hsiaolin, 500 persone sono state seppellite nelle loro case distrutte. I pochi superstiti non vogliono che si scavi nella nuova collina che si è formata. Vogliono farne un cimitero unico e un memoriale. Anche la cittadina di Chisan dove c’è il seminario Redemptoris Mater, è stata in gran parte invasa dall’acqua e dal fango ed è stata quasi del tutto isolata”. (R.P.)

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    India: incontri di preghiera per le vittime delle violenze anticristiane in Orissa

    ◊   In alcuni Stati dell’India – riferisce l’Osservatore Romano - si prega per commemorare i cristiani uccisi dai fondamentalisti indù ad Orissa nell’agosto del 2008. Ad un anno dall’ondata delle violenze, causate dall'uccisione di un leader religioso indù, lo Swami Lakhmananda Saraswati da parte di gruppi estremisti, ieri ed oggi si sono svolti incontri interreligiosi per lottare contro l’odio e la violenza. Uniti nella preghiera contro la civiltà della distruzione e della morte per lanciare un messaggio di pace e di dialogo, elementi imprescindibili per ristabilire l’armonia e il civile confronto in un grande Paese multireligioso e multiculturale come l’India. L’arcivescovo di Cuttack- Bhubaneswar, mons. Raphael Cheenath, ha ricordato che “nella stessa Orissa, come in altri Stati dell’India gli episodi di violenza contro le comunità cristiane vengono tutt’ora perpetrati”. “Molti rifugiati – ha spiegato il presule - non rientrano nelle loro dimore per paura di essere di nuovo oggetto di attacchi e di possibili minacce. Molti dei criminali oppongono una strenua resistenza alla ricostruzione delle chiese e delle abitazioni”. “Inoltre – ha precisato mons. Cheenath - la soluzione del fenomeno è stata rallentata dalla mancanza di una decisa azione dell’amministrazione pubblica locale, anche se dei risultati, seppur minimi, si sono raggiunti”. (G.C.)

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    Si è spento ieri mons. Fernando, "voce dei senza voce" dello Sri Lanka

    ◊   La Chiesa dello Sri Lanka piange la scomparsa di mons. Frank Marcus Fernando, vescovo emerito di Chilaw, che si è spento ieri. Voce dei senza voce, difensore dell’ambiente, strenuo accusatore di ingiustizia e corruzione: i fedeli della diocesi in cui ha servito per 41 anni lo ricordano come un padre che ha speso la vita per la sua comunità e per il bene della società. Nato il 31 ottobre del 1931, mons. Fernando ha frequentato prima il seminario minore e poi quello maggiore di Colombo, prima di essere inviato a studiare Roma dall’allora arcivescovo della capitale, il card. Thomas Cooray. Ordinato sacerdote a Roma il 22 dicembre del 1956 rientra in patria dove nel 1965 diventa vescovo ausiliare di Colombo, a soli 34 anni. Nel 1972 viene mandato a Chilaw come coadiutore iniziando così la sua missione nella città costiera della North Western Province dove ha passato il resto della sua vita. La sua opera - riferisce l'agenzia AsiaNews - non si è mai limitata alla sola diocesi, ma ha avuto come orizzonte l’intero Paese ed anche l’Asia. I cattolici dello Sri Lanka ed i cristiani delle diverse confessioni presenti sull’isola ricordano l’impegno caparbio con cui, nel 2004, mons. Fernando ha guidato l’opposizione alla legge anticonversione proposta dal partito dei monaci buddisti, giungendo ad ottenere giustizia dalla Corte Suprema di Colombo. Convinto sostenitore dell’importanza dei mezzi di comunicazione nell’opera missionaria, nel 1978 mons. Fernando ha fondato il centro Sudasuna, che negli anni è divenuto uno dei più significativi media center cattolici dell’Asia del sud, e sostenne l’opera di Radio Veritas nelle Filippine come mezzo per evangelizzare le popolazioni del continente. Al vescovo emerito di Chiilaw si devono anche campagne a favore dei piccoli pescatori della sua diocesi. In loro difesa, negli anni ’80, si è opposto alla costruzione di un complesso destinato ad ospitare gli studi di Voice of America che avrebbe causato l’esproprio dei terreni su cui vivevano centinaia di famiglie di pescatori. Per difendere la popolazione più povera, mons. Fernando non ha esitato a scontrarsi anche con le autorità dello Sri Lanka quando queste progettavano di smantellare interi villaggi e deturpare l’ambiente per costruire un impianto di carbone a Norachcholai. Centinaia di fedeli, religiosi e suore hanno partecipato alla messa da requiem presieduta oggi da mons. Malcom Ranjith, arcivescovo di Colombo, presso la cappella del Sacro Cuore nella casa arcivescovile della capitale. Il funerale di mons. Fernando verrà celebrato nella cattedrale di Chilaw dove il corpo del vescovo è stato trasferito nel primo pomeriggio di oggi. (R.P.)

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    Iraq: appello dei cristiani dopo i recenti attentati a Baghdad

    ◊   Sebbene le chiese non siano state l'obiettivo dell'ultima ondata di attentati in Iraq, diversi capi religiosi si stanno appellando alla comunità internazionale affinché faccia tutto quello che è possibile per incoraggiare e dare sostegno al Paese flagellato dalla violenze e alla sua popolazione. In quella che è stata la giornata più cruenta nel Paese asiatico dal febbraio del 2008, si ricorda, diverse autobombe hanno causato la morte di almeno 95 persone e il ferimento di altre 400. Anche la chiesa di Nostra Signora di Fatima, a Baghdad, - riferisce l'Osservatore Romano - ha riportato danni ma l'arcivescovo di Baghdad dei Latini, Jean Benjamin Sleiman ha affermato di non credere che la chiesa sia stata oggetto di uno specifico attacco, nel quale comunque non si sono registrati feriti. Ciononostante, il presule ha sottolineato quanto sia importante per i credenti nel mondo fornire il loro incoraggiamento, nella situazione di corrente instabilità, ai cristiani iracheni già duramente colpiti dagli attacchi che nel mese scorso hanno colpito sette chiese e nei quali sono morte quattro persone: «Siamo scioccati — ha detto l'arcivescovo — da questa violenza. La paura della violenza è ovunque, la violenza sta colpendo tutti». Altri appelli si sono susseguiti all'indomani degli attentati recenti affinché la comunità internazionale e in special modo quanti sono impegnati in Iraq abbiano sempre presente quale priorità il bene del Paese e della sua popolazione. Il messaggio più importante consiste nell'esortazione a fare il bene comune piuttosto che gli interessi propri di singole fazioni. È del resto questo stesso messaggio a essere messo sotto attacco dagli attentatori, come confermato dallo stesso primo ministro al Maliki, il quale ha spiegato come chi ha ideato e portato a termine gli attentati sia animato dalla volontà di rendere vani gli sforzi di arrivare a un società irachena sicura e vivibile, senza barriere fisiche e ideali all'interno della popolazione. Uno sforzo quanto mai delicato, a circa due mesi dal ritiro delle forze militari degli Stati Uniti dalle città irachene in ottemperanza al programma che prevede il completo ritiro del personale militare entro la fine del 2011. Già dal prossimo anno tuttavia — entro agosto 2010 — le forze di combattimento dovranno aver abbandonato il Paese, lasciando a un solo contingente di circa 50.000 uomini il compito di addestrare le forze di sicurezza e altro personale iracheno in un periodo di transizione che, anche alla luce dei recenti attentati, si rivela particolarmente delicato. (L.Z.)

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    Vietnam: i bulldozer del governo hanno raso al suolo l'antica chiesa di Tam Toa

    ◊   Il braccio di ferro fra le autorità di Hanoi e i cattolici della diocesi di Vinh (nel Vietnam centrale) per l’uso delle rovine della chiesa di Tam Toa è giunto al termine: il 20 agosto scorso i bulldozer del governo cittadino hanno raso al suolo gli ultimi brandelli dell’edificio sacro, lasciando in piedi soltanto il campanile. Tre giorni prima, il 17 agosto, Bui Xuan Ngau, vice presidente del Comitato del popolo di Dong Hoi aveva pubblicato un decreto con cui ordinava la conversione della chiesa di Tam Toa in un parco pubblico. Il decreto è simile a quelli diramati per i casi della ex nunziatura di Hanoi e per la chiesa di Thai Ha. In tutte e tre le situazioni, i cattolici reclamavano il ritorno ai legittimi proprietari dei terreni che il governo, dopo averle requisite per il bene pubblico, voleva usare per speculazioni edilizie private. Di fronte alla resistenza dei cattolici - scrive l'agenzia AsiaNews - il governo ha deciso di cambiare la destinazione (almeno per ora) e trasformarli in parco pubblico. Per difendere l’uso sacro della chiesa di Tam Toa, i cattolici sono stati picchiati, arrestati, derubati; due preti sono finiti all’ospedale e centinaia di migliaia di fedeli hanno fatto veglie di preghiera e sit-in. La chiesa di Tam Toa sorge su un delicato scenario naturale. Il padre Claude Bonin che l’ha costruito nel 1887, aveva scelto una collina proprio sulla riva del fiume Nhat Le, pensando che per i cattolici era più facile giungere alla chiesa usando le barche. Con lo sviluppo economico ed edilizio della città (Dong Hoi), la zona è divenuta la più cara dell’area. L’ufficio della diocesi di Vinh ha protestato contro il decreto di Bui Xuan Ngau, ma invano. Per la festa dell’Assunta, lo scorso 15 agosto, almeno 200 mila persone si sono radunate a Xa Doi per la messa. Ma altre 500 mila sono state fermate dalla polizia, per il timore di nuove pressioni contro il governo. Le persone che non hanno potuto raggiungere Xa Doi per la concelebrazione, hanno deciso di celebrare messa ai bordi della strada, lungo l’autostrada n.1. I media di Stato hanno definito il gesto “illegale e produttivo di disordine pubblico”, ma per i locali esso è stato “una gesto meraviglioso, mai visto fino ad ora”. Durante la celebrazione del 15 agosto il vescovo di Vinh, mons. Paul Maria Cao Dinh Thuyen, 83 anni, ha espresso il suo dolore per le violenze della polizia contro i cattolici. (R.P.)

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    Carestia e siccità in India a causa dei deboli monsoni

    ◊   Momento difficile per l’India: quest’anno infatti i monsoni sono praticamente mancati ed il governo si prepara ad affrontare un’emergenza. Quasi metà del Paese soffre per la siccità e ciò potrebbe ridurre la produzione di riso del 10%. Il ministro dell’agricoltura, Sharad Pawar, ha però assicurato che il governo userà le sue riserve per tener sotto controllo i prezzi ed aumentare la disponibilità del riso. Se i prezzi aumenteranno, infatti - riferisce l'agenzia AsiaNews - il governo centrale immetterà sul mercato le sue scorte di riso e frumento. Dieci Stati hanno già dichiarato l’emergenza siccità in 246 distretti. Ciò equivale al 46% dei distretti di tutto il Paese. I giornali riportano casi di suicidi di contadini disperati: nel Vidarbha, solo la scorsa settimana si sono uccisi sei agricoltori. Il ministro Pawar ha detto che il governo centrale provvederà granaglie supplementari agli Stati per distribuirli a oltre 115 milioni di persone che vivono sotto la soglia della povertà. Nel frattempo egli ha proibito qualsiasi esportazione di riso, frumento e zucchero. Per tranquillizzare la situazione, il ministro delle finanze, Pranab Mukherjee, ha detto che il governo è pronto ad importare granaglie per affrontare l’impatto della siccità e garantire la disponibilità di beni essenziali. Con ogni probabilità nel Paese il prezzo del cibo rimarrà elevato. Lo scorso anno i prezzi degli alimentari sono diminuiti nel mercato mondiale, ma in India sono saliti. La paura è che quando l’India comincerà a comperare granaglie sul mercato mondiale, anche i prezzi cresceranno. (R.P.)

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    Caritas Mongolia assiste le popolazioni colpite dalle inondazioni

    ◊   Le forti piogge cadute alla fine di luglio in Mongolia hanno provocato gravi inondazioni nella città di Ulan Bator e nella provincia di Gobi-Altai, causando 34 morti. Come conseguenza, circa 20.000 persone continuano ad essere esposte a condizioni climatiche estreme, acqua inquinata e contaminata e servizi igienici carenti, e hanno perso tutto ciò che avevano. Caritas Mongolia - scrive l'agenzia Zenit - ha partecipato alla risposta immediata in coordinamento con il Governo, fornendo acqua potabile e mezzi di primo soccorso, e si è impegnata a fornire alloggi temporanei alla popolazione in zone più sicure. Con la collaborazione della rete internazionale Caritas, sta distribuendo 3.600 bidoni di acqua potabile e costruendo 10 pozzi nelle zone più colpite, così come 168 "Ger", la tenda utilizzata dai mongoli nomadi. (R.P.)

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    Somalia: secondo l'Onu la crisi umanitaria coinvolge quasi la metà della popolazione

    ◊   Negli ultimi sei mesi la crisi umanitaria in Somalia si è aggravata a un punto tale da riguardare quasi la metà della popolazione. Lo denuncia un rapporto diffuso oggi dalle Nazioni Unite e frutto di investigazioni sul campo condotte dai responsabili dell’Unità di analisi per la sicurezza alimentare (Fsau), secondo i quali la crisi coinvolge circa tre milioni e 760.000 persone, inclusi un milione e 420.000 sfollati. Inoltre, si sottolinea nel documento ripreso dall’agenzia Misna, un bambino su cinque soffre di malnutrizione. La maggior parte (75%) delle persone coinvolte, aggiungono i responsabili dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), si trova nel centro e nel sud del paese, zone di difficile accesso per gli operatori umanitari a causa dei violenti combattimenti tra esercito regolare e gruppi armati, e nelle regioni di Mudug, Galgadud, Hiran e Bakool, colpite negli ultimi due anni da una siccità che ha letteralmente decimato il bestiame. Lo studio evidenzia inoltre un aumento del 40% nel numero di sfollati nel Paese negli ultimi sei mesi, numero che ha raggiunto un milione e 420.000. Ad aggravare le preoccupazioni sono gli sviluppi sul terreno, teatro anche oggi di combattimenti e violenze. (R.P.)

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    Scagionato in Kenya da ogni accusa di abusi sessuali padre Renato Kizito Sesana

    ◊   E’ stato completamente scagionato, in Kenya, dall’accusa di pedofilia padre Renato Kizito Sesana. Il missionario comboniano italiano era stato coinvolto a metà giugno scorso in un’inchiesta su presunti abusi sessuali, dopo la denuncia in tal senso di due suoi collaboratori. Così come riporta il corriere.it, Eric Kiraithe, capo della polizia di Nairobi, in una dichiarazione pubblica ha riferito che le indagini “non hanno trovato nessuna prova e nessun indizio”, aggiungendo che “l’implicazione del sacerdote” “non è stata neanche lontanamente provata”. Piena assoluzione quindi per il missionario, già direttore della rivista comboniana Nigrizia, noto per le sue attività umanitarie in Kenya, in Sudan e in Tanzania. Dietro il complotto contro padre Kizito vi sarebbe stata la volontà di far espellere il sacerdote dal Kenya e impadronirsi dalla sua organizzazione e delle ingenti proprietà collegate, oggi gestite a frutto dei più bisognosi. I due accusatori – confidando nella fiducia accordata loro dal padre Kizito, che li aveva allevati e fatti studiare - avevano infatti già avviato la vendita a se stessi di tutti i beni dell’organizzazione, profittando della temporanea assenza del sacerdote impegnato per diversi mesi in Tanzania, ma rientrato appena in tempo - insospettito da alcune operazioni anomale – per sventare il raggiro, che avrebbe provocato poi la vendetta dei due collaboratori. “Le accuse mi hanno infangato in un attimo – ha commentato padre Kizito in chiusura dell’inchiesta - ma i miei amici mi si sono stretti intorno. Continuerò il mio lavoro come sempre. I bambini di strada hanno bisogno di me”. (R.G.)

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    Brasile: il presidente dei vescovi dice no al ritiro dei simboli religiosi dagli Uffici pubblici

    ◊   “Chiedere il ritiro dagli Uffici pubblici dei simboli religiosi è una violenza”, lo ha affermato mons. Geraldo Lyrio Rocha, arcivescovo di Mariana e presidente della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb). Il Ministero pubblico federale di Sao Paulo ha infatti chiesto il mese scorso alle autorità giudiziarie un verdetto per procedere al ritiro da tutti gli Uffici pubblici dei simboli religiosi. “Pretendere, appellandosi alla laicità dello Stato e al pluralismo della società - ha rilevato mons. Lyrio Rocha - di far cancellare tutti gli elementi che fanno già parte della cultura brasiliana è un atto di violenza”. Ricordando, inoltre che “la maggior parte della popolazione brasiliana è cattolica e la storia del Paese è segnata fortemente dalla presenza religiosa”, il presidente dei vescovi brasiliani ha sottolineato che la presenza dei simboli cattolici e religiosi più in generale fa parte della “tolleranza religiosa”. La questione ha provocato su alcuni organi di stampa un dibattito che, in qualche modo, si è intrecciato con la prossima approvazione definitiva dell’Accordo tra lo Stato brasiliano e la Santa Sede, che già è stato sancito nel primo passaggio congressuale. A chi immagina presunti o probabili benefici per la Chiesa cattolica, mons. Geraldo Lyrio Rocha ha risposto che ciò non corrisponde al vero e “che la Chiesa chiede per sé lo stesso che chiede per altre confessioni religiose”. Il presule inoltre ricorda che essere laici non significa essere anti-religiosi, o che lo Stato deva essere ateo, anche perché, sottolinea, “un’educazione veramente integrale deve necessariamente includere accanto ad altre dimensione della vita umana quella religiosa”. Infine, l’arcivescovo di Mariana ha voluto anche richiamare l’attenzione su alcune ambiguità concettuali affermando: “Che lo Stato sia laico non significa necessariamente che la società è laica”. (A cura di Luis Badilla)

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    Thailandia: cattolici e buddisti uniti sui temi in difesa della vita

    ◊   Cattolici e buddisti in Thailandia ribadiscono assieme il valore della vita e la difesa della dignità umana. È quanto accaduto in occasione di un convegno promosso dal Comitato nazionale sulla sanità, nel quale, fra l'altro, si è discusso dell'autodeterminazione e della possibilità di rifiutare le cure da parte dei malati terminali. Nel Paese asiatico - riferisce l'Osservatore Romano - l'opinione pubblica è coinvolta attulmente nel dibattito su un progetto di revisione costituzionale della legge sul fine vita. In particolare, durante i lavori del convegno sono stati avanzati pareri in merito al National Health Act del 1997 che, in un paragrafo, sancisce il diritto del malato a fissare i limiti di cura in caso di coma o di stato vegetativo. Tuttavia, è stato osservato, il diritto a fissare un limite alle terapie non deve ledere il valore supremo della dignità umana. Un monaco buddista, Phra Phaisan Visalo, ha precisato che «le persone devono morire di morte naturale», senza interventi esterni o strumenti che «costituiscono «un'eutanasia passiva» perché, ha sottolineato, «al di sopra di tutto vi è il rispetto per la vita». Un cattolico, John Baptist Siranon Sanpetch, direttore di un ospedale nella diocesi di Ratchaburi, ha chiarito che un eventuale testamento biologico deve «rendere più agevole il consenso tra medico e paziente sul tipo di cura da somministrare». Per il direttore dell'ospedale «il medico deve continuare a lenire i sintomi della malattia, ma a questi elementi vanno uniti la cura spirituale e il sostegno dei parenti». Il segretario generale del Comitato nazionale sulla sanità ha peraltro affermato che nel progetto di riforma vanno presi in esame diversi elementi, fra i quali «la legge, la società, la cultura e la religione, per non scatenare conflitti e garantire ai malati la scelta». Nel passato cattolici e buddisti avevano espresso insieme contrarietà anche all'aborto. (L.Z.)

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    Canada: raccolta fondi per i bisogni della Chiesa

    ◊   «La nostra Conferenza episcopale percorre la stessa strada di tutta l'umanità. Essa è obbligata ad adattarsi a una realtà mutevole, rivedendo costantemente come meglio essere presente nel mondo contemporaneo rendendo al contempo fedele testimonianza al Signore»; per questo ha bisogno di sostegno. Con queste parole, il presidente della Conferenza episcopale canadese, l'arcivescovo di Winnipeg, James V. Weisgerber, si è rivolto a parrocchie, organi di comunicazione cattolici e servizi di comunicazione diocesani del Paese nella lettera con la quale presenta la raccolta di fondi per i bisogni della Chiesa in Canada. La raccolta si terrà il 26 e 27 settembre: «Come presidente della Conferenza canadese dei vescovi cattolici (Cccb) — scrive nella lettera l'arcivescovo — colgo questa opportunità per chiedere la vostra collaborazione ancora una volta. La Bishops' Collection for the Needs of the Church in Canada - riferisce l'Osservatore Romano - si terrà nella maggior parte delle parrocchie del Paese il 27 settembre. L'obiettivo primario della raccolta è aiutare le diocesi nel loro annuale contributo alla Cccb. Attraverso il lavoro dei vescovi del Canada che ne sono membri, la Conferenza è coinvolta in aree nazionali e internazionali di attività pastorale, incluse relazioni ecumeniche e interreligiose, per la giustizia sociale, per l'aiuto ai Paesi in via di sviluppo, per la collaborazione con la popolazione aborigena, per la protezione della vita umana, per la liturgia e la catechesi. La Cccb inoltre fornisce ai vescovi uno spazio per condividere le loro esperienze e approfondimenti sulla vita della Chiesa e sui maggiori avvenimenti che caratterizzano la nostra società». Per questo, spiega l'arcivescovo Weisgerber, la Conferenza percorre la stessa strada dell'umanità stessa. E per questo ha bisogno di strutture e risorse per poter adempiere adeguatamente alla sua missione. Promuovendo questa raccolta di fondi — si legge ancora nella lettera — tutti i fedeli sono coinvolti nella missione e nel lavoro della Conferenza, esprimendo al contempo l'unità di tutti i membri della Chiesa come corpo di Cristo sulla terra. Grazie per la vostra inestimabile collaborazione». La Conferenza episcopale ha messo in rete il messaggio che le parrocchie sono chiamate a pubblicare nei loro bollettini nel fine settimana precedente quello della raccolta e per il fine settimana successivo, nel quale materialmente si raccoglieranno i fondi e altro materiale informativo. (L.Z.)

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    La Chiesa ortodossa rumena chiede l’obbligo dell’insegnamento religioso nelle scuole secondarie

    ◊   In una lettera aperta del Patriarca ortodosso della Romania, Daniel, al Capo dello Stato Traian Badescu, si chiede di rendere obbligatorio l’insegnamento della religione nelle scuole secondarie. Secondo quanto riportato dall’Osservatore Romano, la proposta del Patriarca ortodosso trova la sua ragion d’essere nella Costituzione romena che ne garantisce la libera scelta ad accedervi. Di contro c’e chi ritiene il progetto non attuabile dal momento che l’insegnamento della religione non si avvale di uno statuto ufficiale. Secondo i costituzionalisti l’introduzione dell’ora di religione nelle scuole secondarie dovrà essere facoltativa dando così la possibilità ai genitori degli allievi di poterla scegliere o meno. La disputa non riguarda invece le scuole primarie dove l’insegnamento della religione in Romania è garantito dalla legge 272 del 2004, anche se c’è chi afferma che non sempre la materia nelle scuole primarie rumene verrebbe insegnata con rispetto verso chi professa altre credi religiosi. (G.C.)

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    Il saluto del vescovo di Pinerolo al Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste

    ◊   “Dobbiamo rivalutare il comandamento dell’amore e lavorare insieme per il bene della città”. E’ questo il messaggio portato ieri sera all’assemblea sinodale delle Chiese valdesi e metodiste dal vescovo di Pinerolo, mons. Piergiorgio Debernardi a nome anche del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana e di mons. Vincenzo Paglia, presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo. “Dobbiamo – ha aggiunto - continuare a stare vicendevolmente in ascolto, non ci dobbiamo stancare mai. Perché oggi sembra proprio questo il rischio: di non ascoltarci più”. Nel suo discorso - riferisce l'agenzia Sir - mons. Debernardi non ha nascosto “le difficoltà che in questi anni sta attraversando il cammino ecumenico”, ma ha anche ricordato come, “nello scalare la montagna, in prossimità della meta, l’aria si fa sempre più rada e il passo più faticoso. Eppure – ha aggiunto - passi importanti nel dialogo ecumenico tra chiesa cattolica ed evangelici si sono verificati anche quest’anno”. Il vescovo ha ricordato il IV Convegno ecumenico nazionale svoltosi quest'anno a Siracusa intorno alla figura dell’apostolo Paolo; la firma a giugno del Documento sui matrimoni misti tra l’Unione cristiana evangelica battista d’Italia e la Conferenza episcopale italiana; il lavoro comune per la traduzione e la diffusione della Bibbia a livello nazionale. In riferimento alla crisi economica che ha colpito anche il Pinerolese, il vescovo ha ricordato come valdesi e cattolici della zona, attraverso un apposito fondo ecumenico di solidarietà, insieme tentano di dare delle risposte concrete di aiuto ad alcune famiglie: “Un’esemplare sinergia”. “Soprattutto ci unisce la preoccupazione per le gravi misure adottate dal nostro governo contro gli stranieri, con il pretesto di dare più sicurezza agli italiani”, ha dichiarato Debernardi sottolineando l’importanza di continuare a predicare il vangelo, e soprattutto di praticarlo. “Perché il Vangelo è il dono più prezioso che noi cristiani abbiamo da offrire alla nostra città” ha concluso, ripagato da un caloroso applauso dall’aula sinodale. Tra l'altro il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi ha deciso di indire per giovedì prossimo una giornata di digiuno e preghiera in solidarietà con gli immigrati e contro il “pacchetto sicurezza”. (R.P.)

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    Padre Abella rieletto superiore dei Missionari claretiani

    ◊   Padre José María Abella Batlle è stato confermato fino al 2015 Superiore generale della Congregazione dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria, noti come Claretiani. L’elezione – di cui riferisce l’agenzia Zenit - è avvenuta ieri nel corso del Capitolo generale riunito a Roma. Padre Abella, spagnolo, 60 anni, entrato nei Claretiani nel 1966, inviato da seminarista in Giappone, incardinato nella delegazione dell’Asia orientale, ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale nel 1975, coordinatore per sei anni dell'équipe diocesana di animazione missionaria nell'arcidiocesi di Osaka, ha lavorato nella pastorale parrocchiale e in quella giovanile, così anche nel mondo dell'istruzione e della formazione dei laici. Negli ultimi 18 anni è stato al servizio del governo generale della Congregazione come consultore generale e prefetto generale dell'apostolato, con la carica di Superiore generale dal settembre 2003. La Congregazione dei Missionari Claretiani è stata fondata da Sant'Antonio Maria Claret nel 1849 dopo la sua elezione ad arcivescovo di Santiago di Cuba. La Congregazione conta una ventina vescovi, oltre 2 mila sacerdoti e poco più di 3 mila religiosi sparsi in circa 500 comunità. (R.G.)

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    L'Aquila: la Fiaccola della speranza stasera al santuario di San Gabriele dell'Addolorata

    ◊   Questa mattina è partita da L’Aquila la fiaccola della speranza che questa sera è attesa al santuario di San Gabriele dell’Addolorata a Isola del Gran Sasso per l’apertura della XXIX tendopoli dei giovani. La fiaccola - riferisce l'agenzia Sir - è stata accesa lo scorso 12 agosto da Papa Benedetto XVI nel corso di un’udienza privata tenutasi nella residenza estiva di Castel Gandolfo. Questa mattina i podisti, provenienti da Montorio al Vomano, con la fiaccola sono partiti dalla Villa Comunale nel centro storico de L’Aquila dove vi è stato un breve momento di preghiera. Da lì il gruppo ha proseguito in via XX settembre fino alla Casa dello Studente dove è stato osservato un momento di silenzio. Successivamente ha raggiunto la scuola sottufficiali della Guardia di Finanza di Coppito. La marcia proseguirà poi alla volta di Arischia, comune dell’aquilano colpito dal sisma, dove è prevista una sosta nel centro storico prima della partenza verso il santuario di San Gabriele dove la fiaccola sarà accolta, attorno alle 23, da mons. Michele Seccia, vescovo della diocesi di Teramo-Atri. Il tema della tendopoli di quest’anno, sulla scia della rilettura dei 10 comandamenti, riguarderà il nono – non desiderare la donna d’altri – e lo slogan scelto è “L’amore mistero e incantato il tuo unico desiderio”. (R.P.)

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    Nuovo sito web della Basilica di San Paolo fuori le Mura

    ◊   A suggellare la recente chiusura dell’Anno Paolino, la Basilica di San Paolo fuori le Mura di Roma ha inaugurato – riferisce l’agenzia Zenit - un nuovo sito Internet dalla grafica rinnovata, dove si offrono molteplici servizi in sei lingue: italiano, inglese, francese, spagnolo, tedesco e portoghese. Tra le novità, un video di Benedetto XVI durante le celebrazioni a San Paolo ed i testi delle catechesi papali sull’Apostolo delle genti. Sul sito è possibile anche prenotare visite guidate al tempio e richiedere preghiere. (R.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Afghanistan: ennesimo agguato alle truppe Usa, mentre a Kabul è tutto pronto per l'annuncio dei risultati parziali delle elezioni

    ◊   Quattro soldati statunitensi sono morti oggi nel sud dell’Afghanistan a seguito di un attentato dinamitardo. Continuano infatti in tutto il Paese i combattimenti con i talebani, mentre a Kabul è tutto pronto per l’imminente annuncio dei risultati parziali delle presidenziali. La Commissione elettorale si augura che la comunicazione possa attenuare le polemiche tra il presidente uscente Karzai, che si proclama vincitore, e il suo maggiore antagonista, Abdullah Abdullah, che lo accusa di brogli. Ieri a sorpresa la visita dell’inviato americano Holbrooke a Kabul e l’incontro con i due candidati. Un colloquio nel quale il rappresentante della Casa Bianca non ha risparmiato dubbi e critiche sullo svolgimento del processo elettorale afgano. Il servizio di Elena Molinari:

    Durante il breve scambio di solo mezz’ora Holbrooke avrebbe messo in dubbio la legittimità della vittoria elettorale che il presidente afghano uscente rivendica. Il rappresentante di Barack Obama avrebbe anche presentato le rimostranze dell’amministrazione Usa sui presunti accordi fra Karzai e alcuni signori della guerra regionali. Holbrooke ha incontrato per ben tre ore anche l’avversario principale di Karzai, Abdullah Abdullah, che chiede un ballottaggio. E in Afghanistan l’inviato speciale di Obama ha anche ricevuto dai generali americani un messaggio che non sarà gradito a Washington. I comandanti della Nato, in Afghanistan, gli hanno fatto sapere di non disporre di un numero sufficiente di uomini per svolgere la propria missione. In particolare hanno messo in rilievo i problemi della parte meridionale ed orientale del Paese, dove i talebani continuano a bombardare città e villaggi.

     
    Iran
    È cominciato oggi in un nuovo processo contro gli attivisti che hanno partecipato alle manifestazioni di protesta seguite alle elezioni presidenziali del 12 giugno scorso. I capi d’imputazione letti dal magistrato mettono sotto accusa l’intero movimento riformista e il principale partito d’opposizione, il Mosharekat, reo di aver “deviato dai fondamenti del sistema islamico”. Intanto, uno dei leader dell’opposizione, Mehdi Karrubi, ha presentato una serie di documenti che proverebbero le accuse di violenza subite in carcere dai manifestanti.

    Iraq
    Nuovo duplice attentato ieri in Iraq: due minibus carichi di civili che viaggiavano a sud di Baghdad, sono esplosi nei pressi della città di Kut. Tragico il bilancio: almeno 20 le vittime, tra cui donne e bambini.

    Medio Oriente
    È cominciato il tour diplomatico europeo del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che sarà in Inghilterra e Germania. Il capo dell’esecutivo israeliano è giunto a Londra per una serie d'incontri destinati a trovare appoggi internazionali per riavviare il processo di pace mediorientale. La visita londinese prevede almeno due momenti chiave: l’incontro con il primo ministro britannico, Gordon Brown e il faccia a faccia con George Mitchell, emissario del presidente americano, Barack Obama, per il Medio Oriente. Intanto, in casa palestinese da Ramallah il premier Fayadd parla di Stato indipendente entro il 2011, mentre oggi in Egitto riprendono i colloqui di riconciliazione tra Fatah e Hamas. Sugli scopi del viaggio di Netanyahu in Inghilterra e Germania, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento Camille Eid, esperto di Medio Oriente del quotidiano “Avvenire”:

    R. – Il primo ministro israeliano conta sull’appoggio europeo per le sue proposte enunciate il 3 agosto scorso, quando ha gettato le basi di una futura pace con i palestinesi. Egli ha proposto cinque punti ed ha concluso con le preoccupazioni per la minaccia nucleare iraniana. Netanyahu conta, quindi, sull’appoggio della Gran Bretagna, che è membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ad un mese dalla sua visita al Palazzo di Vetro. Per quanto riguarda invece la Germania, essa è un partner economico di primaria importanza per l’Iran e quindi Israele conta sull’appoggio tedesco nell’imporre delle sanzioni contro Teheran riguardo ovviamente il programma nucleare. Sono quindi obiettivi diversi, ma conducono verso la ripresa dei negoziati con i palestinesi, che gli osservatori prevedono come imminenti.

     
    D. – Sul fronte palestinese si cerca di recuperare l’unità persa tra Hamas e Fatah…

     
    R. – Parlare di un governo di unità tra Hamas, a Gaza, e Fatah, in Cisgiordania, è ovviamente ancora prematuro, nonostante gli sforzi della mediazione egiziana. Questo danneggerà sicuramente la posizione palestinese, perché, se è vero che alla fine di settembre, in occasione della visita di Netanyahu e Abu Mazen alle Nazioni Unite, ci sarà un incontro con Obama. Presumo che quell’incontro proporrà con urgenza questa ripresa. Il tempo stringe, ma, secondo me, non ci sono le premesse per prevedere una cosa del genere.

     
    Obama conferma Bernanke alla Fed
    Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, annuncerà oggi la riconferma di Ben Bernanke alla guida della Federal Reserve per un secondo mandato, riconoscendogli il merito di aver allontanato l’economia americana dalla recessione. Lo hanno rivelato fonti dell'amministrazione Usa, secondo cui Obama annuncerà ufficialmente la sua decisione, con Bernanke al fianco, alle 9:00 del mattino ora locale, a Martha's Vineyard, la località del Massachusetts dove è in vacanza con tutta la famiglia.

    Cecenia
    Non accenna ad attenuarsi la violenza terroristica in Cecenia. Stamani un nuovo attentato suicida ha provocato diverse vittime. L’azione è avvenuta all’indomani della visita in Cecenia del premier russo, Vladimir Putin, e si inserisce nel clima di forte tensione nell’area caucasica per la recrudescenza di attacchi da parte dei separatisti radicali islamici. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

    L’ondata di violenza in Caucaso non accenna a placarsi. Oggi l’ennesimo attentato, questa volta in un villaggio della provincia cecena di Shali: un kamikaze ha ucciso quattro poliziotti e ne ha ferito gravemente un altro. Gli inquirenti stanno cercando di chiarire la dinamica dell’azione terroristica. Proprio ieri il premier russo Vladimir Putin aveva incontrato il presidente ceceno Ramzan Kadyrov, cui era stato affidato il compito di riportare l’ordine anche nella vicina Inguscezia. Come si ricorderà, il leader inguscio Yunus-Bek Yevkurov era stato ferito in un altro sanguinoso attentato in giugno. Ieri, dopo una lunga guarigione, Yevkurov ha ripreso le sue funzioni ed ha annullato il decreto con cui era stato promulgato lo stato di emergenza. La crisi economica a livello federale ha aggravato la situazione sociale nella Russia meridionale. Agli elementi scontenti della realtà quotidiana e del potere dei vari clan locali si aggiungono i separatisti e i radicali che, nonostante le sconfitte subite in questi anni, sembrano ancora in grado di colpire.

     
    Corea del Nord
    Pyongyang ha invitato il negoziatore di Washington per gli affari nordcoreani, Stephen Bosworth, per discutere la questione del proprio programma nucleare. A rivelarlo è il quotidiano sudcoreano JoongAng Ilbo, citando una non specificata fonte diplomatica americana. Sempre secondo le indiscrezioni raccolte dalla stampa una delegazione Usa guidata dallo stesso Bosworth presto arriverà in Asia per una missione diplomatica che toccherebbe Corea del Sud, Cina e Giappone prima di fare tappa a Pyongyang.

    Thailandia In Thailandia torna a colpire l’estremismo islamico. Un’autobomba imbottita di esplosivo è stata lanciata contro un ristorante nel centro di Narathiwat, principale città dell'omonima provincia meridionale, ferendo almeno 42 persone, sette delle quali versano ora in condizioni critiche. La maggior parte degli avventori del locale rimasti colpiti dall'esplosione erano pubblici funzionari, compreso il capo dell'amministrazione locale, tutti di fede buddista. Nel sud del Paese asiatico è in corso - dal 2004 - una sanguinosa rivolta scatenata dai gruppi radicali islamici.

    Cina incidente miniera
    Ennesimo grave incidente in una miniera cinese. Almeno undici minatori sono morti e altri tre sono dati per dispersi nella provincia dello Shanxi, nel nord del Paese. A causare la tragedia un’esplosione all’interno di una miniera di carbone. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 237

     
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