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Sommario del 23/08/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'Angelus: ancora oggi non pochi restano scandalizzati dalla fede cristiana. Occorre prendere parte per tutta la vita al volere di Cristo
  • Inaugurata a Rimini la XXX edizione del “Meeting per l’amicizia tra i popoli”
  • Terminate in Ungheria le celebrazioni per il millennio di fondazione della diocesi di Pécs
  • Oggi in Primo Piano

  • In India veglie e preghiere ad una anno dalle violenze anticristiane in Orissa. Il cardinale Toppo: si deve pregare insieme per l'unità e la pace
  • Prima Giornata europea in memoria delle vittime dello stalinismo e del nazismo
  • Giornata internazionale del ricordo della tratta negriera e della sua abolizione
  • Anno Sacerdotale: la testimonianza di don Elisée Ake Brou, da immigrato che chiede la carità a sacerdote che offre la Carità
  • Da domani a Barletta la Settimana Liturgica Nazionale sul tema: "Celebrare la misericordia"
  • Chiesa e Società

  • I Cavalieri di Colombo: il futuro della Chiesa negli Usa dipende dagli immigrati ispanici
  • Vietnam, la chiesa di Thu Thiem ed il terreno delle suore non saranno toccati
  • Anche la Chiesa episcopale pakistana condanna la legge sulla blasfemia
  • Guinea Bissau, i vescovi scrivono al primo ministro
  • Somalia, la siccità fa lievitare i prezzi e minaccia gli animali
  • I governi di Algeria e Tanzania puntano sulla ricerca scientifica
  • Si chiude oggi in Corea del Sud la conferenza dei giovani sul clima
  • Aumentano gli anziani a Singapore: appello ai volontari cattolici
  • Da Andria un messaggio in arabo e italiano per favorire il dialogo interreligioso
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Afghanistan cresce l'attesa per i risultati delle presidenziali
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'Angelus: ancora oggi non pochi restano scandalizzati dalla fede cristiana. Occorre prendere parte per tutta la vita al volere di Cristo

    ◊   Ancora oggi la fede cristiana scandalizza e c'è chi cerca di adattarla ai tempi e chi abbandona Cristo. Solo affidandoci interamente al Signore possiamo trovare la felicità. E' quanto ha detto questa mattina il Papa all'Angelus recitato a Castel Gandolfo. “Chiediamo alla Vergine Maria - ha aggiunto Benedetto XVI - di tenere sempre desta in noi questa fede impregnata di amore, che ha resa Lei, umile fanciulla di Nazaret, Madre di Dio e madre e modello di tutti i credenti”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Prima della preghiera mariana dell’Angelus l’applauso dei fedeli ha accompagnato le scherzose parole del Papa che riferendosi al recente incidente al polso ha detto:

    “Cari fratelli e sorelle, vedete che la mano è liberata dal gesso, ma ancora un po’ pigra! Un po’ devo ancora rimanere a scuola di pazienza, ma andiamo avanti!”

    Benedetto XVI ha poi ricordato che nel Vangelo di oggi Gesù chiede ai discepoli totale disponibilità al suo progetto di salvezza. Ma tanti dopo averlo seguito tornarono indietro. Anche nel mondo di oggi - osserva il Papa - non pochi restano “scandalizzati” dal paradosso della fede cristiana:
     
    “L’insegnamento di Gesù sembra “duro”, troppo difficile da accogliere e da mettere in pratica. C’è allora chi lo rifiuta e abbandona Cristo; c’è chi cerca di “adattarne” la parola alle mode dei tempi snaturandone il senso e il valore”.

    Benedetto XVI, ripetendo la domanda che Gesù aveva rivolto agli apostoli, poi chiede:
     
    “Volete andarvene anche voi? Quest’inquietante provocazione ci risuona nel cuore ed attende da ciascuno una risposta personale. Gesù infatti non si accontenta di un’appartenenza superficiale e formale, non gli è sufficiente una prima ed entusiastica adesione; occorre, al contrario, prendere parte per tutta la vita al suo pensare e al suo volere”.

    La sequela di Cristo impegna per tutta la vita: “SeguirLo – spiega il Santo Padre - riempie il cuore di gioia e dà senso pieno alla nostra esistenza, ma comporta difficoltà e rinunce perché molto spesso si deve andare controcorrente”. Alla domanda di Gesù - “Volete andarvene anche voi?” - Pietro risponde a nome degli apostoli ribadendo piena fiducia nelle sue “parole di vita eterna”:

    “Cari fratelli e sorelle, anche noi possiamo ripetere la risposta di Pietro, consapevoli certo della nostra umana fragilità, ma fiduciosi nella potenza dello Spirito Santo, che si esprime e si manifesta nella comunione con Gesù”.

    “La fede – aggiunge il Papa è dono di Dio all’uomo ed é, al tempo stesso, libero e totale affidamento dell’uomo a Dio; la fede è docile ascolto della parola del Signore, che è “lampada” per i nostri passi e ‘luce’ sul nostro cammino” (cfr Salmo 119, 105):

    “Se apriamo con fiducia il cuore a Cristo, se ci lasciamo conquistare da Lui, possiamo sperimentare anche noi, insieme al Santo Curato d’Ars, che la nostra sola felicità su questa terra è amare Dio e sapere che Lui ci ama”.

    Dopo l’Angelus, il Papa ha ricordato che oggi si è aperta a Rimini la XXX edizione del “Meeting per l’amicizia tra i popoli ”, che quest’anno ha come titolo “La conoscenza è sempre un avvenimento”:

    “Nel rivolgere un cordiale saluto a quanti prendono parte a questo significativo appuntamento, auguro che esso sia occasione propizia per comprendere che conoscere non è un atto solo materiale, perché … in ogni conoscenza e in ogni atto d’amore l’anima dell’uomo sperimenta un di più che assomiglia molto a un dono ricevuto, ad un'altezza a cui ci sentiamo elevati (Caritas in Veritate, n. 77)”.

    Il Papa ha salutato infine tutti i fedeli e i pellegrini arrivati a Castel Gandolfo per l’Angelus:

    "A tutti voi auguro una buona domenica e una buona settimana. Grazie per la vostra presenza".

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    Inaugurata a Rimini la XXX edizione del “Meeting per l’amicizia tra i popoli”

    ◊   Ha avuto inizio stamani a Rimini il “Meeting per l’amicizia fra i popoli” di Comunione e Liberazione. L’incontro si è aperto con la Santa Messa presieduta dal vescovo della città romagnola, mons. Francesco Lambiasi, che ha letto il messaggio del Santo Padre. Il servizio del nostro inviato a Rimini, Luca Collodi:

    “Il Meeting continui a raccogliere le sfide e gli interrogativi che i tempi di oggi impongono alla fede”. Nel messaggio inviato tramite il segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone, il Papa scrive come l’avvenimento cristiano rappresenti un’incontro e quindi un’esperienza di conoscenza per l’uomo. Ma come raggiungere una conoscenza affidabile e oggettiva? Benedetto XVI sottolinea come la gnoseologia, la teoria della conoscenza, e l’epistemologia, la conoscenza scientifica, abbiano portato alla luce il ruolo “determinante del soggetto della conoscenza”. Guardando in particolare alla scienza, sottolinea i limiti della conoscenza scientifica che proponga “il dogma positivista della pura obiettività, il cui oggetto sembra essere regolato dalla prospettiva dell’osservatore che condiziona il risultato”. Per il Papa la pura obiettività “risulta pura astrazione”, espressione di una conoscenza “inadeguata”. E ciò vale non solo per le scienze naturali, ma anche per la storia che spesso trasmette visioni del mondo legate “alla libertà degli uomini, alle loro scelte, alla loro diversità”. Lo studioso che accosta il suo oggetto di conoscenza, afferma Papa Benedetto, deve “sceverare tutto ciò”. Con la conseguenza che la conoscenza non può essere come la registrazione di uno spettatore distaccato. Ecco perché - riprende il Papa riferendosi al tema del Meeting - la conoscenza può essere un avvenimento. “Perché avviene come un vero e proprio incontro tra un soggetto e un oggetto, che non si mantengono ad asettica distanza, ma si influenzano reciprocamente proprio quando vengono in contatto”. Un processo di conoscenza che per Benedetto XVI passa attraverso “l’onestà intellettuale” e “la disponibilità all’ascolto” di chi vuole conoscere, accogliendo l’oggetto della conoscenza con “simpatia”. “E’ la forza conoscitiva dell’amore e amare significa conoscere. Ed è proprio l’amore lo strumento privilegiato per conoscere la verità e l’avvenimento dell’incontro” con il Creatore dell’uomo.

     
    La 30.ma edizione del Meeting di Comunione e Liberazione si è aperta nei padiglioni della Fiera con la celebrazione della Santa Messa da parte del vescovo della città, mons. Francesco Lambiasi, davanti a seimila persone:

    “Oggi non è più possibile essere cristiani per abitudine o per convenzione ma solo per scelta. E la scelta di Cristo può avvenire solo per innamoramento e per convinzione. Tutti i giorni sentiamo di qualcuno che si tira indietro e stacca i contatti con la Chiesa del Signore perché giudica il discorso cristiano troppo duro. Chi non crede in Gesù non conosce realmente il reale”.

    Sono oltre 3 mila i volontari che animeranno questa 30.ma edizione del Meeting provenienti dall’Italia, Russia, Spagna, Portogallo, Lituania, Kosovo, Francia, Svizzera, Gran Bretagna. La Fiera ospiterà fino al 29 agosto 116 incontri, 8 mostre, 26 spettacoli e 299 relatori e ospiti con una presenza attesa dagli organizzatori di oltre 700 mila persone.

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    Terminate in Ungheria le celebrazioni per il millennio di fondazione della diocesi di Pécs

    ◊   “Non abbiate paura: né della società secolarizzata, né della vostra stessa debolezza. Essa infatti è il presupposto perché voi andiate in umiltà e nell’amore di Cristo a cercare coloro che non conoscono più o non ancora il Vangelo”. E' un passo dell'omelia pronunciata stamani in Ungheria dal cardinale Christroph Schönborn, arcivescovo di Vienna, durante la Santa Messa per il millennio di fondazione della diocesi di Pécs. Il porporato, inviato speciale del Santo Padre, sottolinea al microfono di Marta Vértse, incaricata del programma ungherese della nostra emittente, l'importanza di questo anno del millennio per la diocesi di Pécs:

    R. – E’ un millennio, quello della diocesi di Pécs, che segna un momento di particolare importanza per la storia di tale diocesi ed anche per la storia dell’Ungheria. Pécs venne fondata dal Santo Re Stefano ed ha un significato molto speciale non solo per il Paese ma per la cristianizzazione di tutta l’Europa.

     
    D. – Il motto del Giubileo è tratto dalla Lettera ai Romani: “Se è santa la radice, lo saranno anche i rami”. Possiamo attualizzare le parole di San Paolo nelle nostre società fortemente secolarizzate?

     
    R. – Certo, ma parlando delle radici non dobbiamo dimenticare che la sorgente della fede è presente attraverso il Battesimo, i Santi che hanno vissuto in questa terra e la vita di fede, di preghiera, di sacrificio, di dono di se stessi da parte di tanti fedeli. Quegli stessi fedeli che spesso si trovano nascosti nell’umiltà della vita quotidiana, nonostante mantengano presenti le radici, la sorgente della quale vive la fede cristiana oggi. Non c’è dunque solo il compito di annunciare il Vangelo, ma anche di riscoprire la presenza della sorgente viva del Vangelo tra di noi.

     
    D. – Lei, come arcivescovo di Vienna, è particolarmente vicino alla Chiesa locale dell’Ungheria. L’Ungheria festeggia quest’anno il ventesimo anniversario del crollo della cortina di ferro fra l’Ungheria e l’Austria. Quali sono stati, secondo lei, i cambiamenti avvenuti durante questi due decenni?

     
    R. – Innanzitutto, il dono prezioso della libertà, anche con le sfide che essa comporta. Ci sono però anche le nuove sofferenze e le nuove sfide del post-comunismo, di un periodo abbastanza difficile – quello appunto del dopo comunismo – nel quale la Chiesa può avere un ruolo di aiuto per una società che vive un disorientamento alquanto drammatico.

     
    D. – Pécs si trova nella parte meridionale dell’Ungheria, nel Transdanubio, vicino alla frontiera con la Croazia e la Serbia. La città ha una rilevante minoranza etnica tedesca e non è un caso che sarà capitale europea nel 2010. Sarà questa un’ulteriore occasione per ribadire il legame inseparabile tra cultura e cristianesimo?

     
    R. – Sì, è una bella occasione comunque non priva di difficoltà, perché non è evidente la vicinanza della cultura e della fede e a volte il lavoro si basa tutto sull’avvicinare ciò che oggi può sembrare molto lontano l’uno dall’altro. Si devono quindi trovare anche qui le radici cristiane della cultura e questo non è un compito facile, bensì una sfida da affrontare. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Oggi in Primo Piano



    In India veglie e preghiere ad una anno dalle violenze anticristiane in Orissa. Il cardinale Toppo: si deve pregare insieme per l'unità e la pace

    ◊   Oggi ricorre in India il primo anniversario delle violenze contro i cristiani dell'Orissa costate la vita ad almeno 123 persone. Per ricordare e pregare si celebra il “Giorno della pace e dell’armonia”, promosso dalla Conferenza episcopale indiana. Sugli obiettivi della Giornata si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, l'arcivescovo di Ranchi, il cardinale Telesforo Placidus Toppo:

    R. – Radunare insieme tutti i popoli credenti di diverse religioni, trovare una via per la pace. Penso perciò che adesso si debba iniziare un dialogo, pregare insieme per l’unità e la pace.

     
    D. – La preghiera odierna è un coro di speranza al quale si uniscono anche altre voci oltre a quella cristiana. Si deve poi sottolineare che l’anima dell’India è profondamente pacifica. Possiamo dire che il dramma delle violenze contro i cristiani è stato un male passeggero?

     
    R. – Non può passare finché non troviamo un modo per vivere insieme in pace. Non è passato perché tante persone soffrono ancora, vivono nel campo dei rifugiati. Non abbiamo trovato ancora il modo per ripristinare la pace. E’ la prima volta che i cristiani soffrono così tanto. Per l’India questa è una disgrazia.

     
    D. – Quale appello lancia oggi la Chiesa indiana agli estremisti?

     
    R. –La violenza non è una soluzione. La tradizione indiana non parla di violenza. Perciò, come tutti gli indiani, dobbiamo vivere insieme, cercare un dialogo pacifico come fratelli, riconoscendo l’altro come un indiano, un fratello. Solo così possiamo vivere. Questo è un appello che Gandhi aveva già fatto in passato.

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    Prima Giornata europea in memoria delle vittime dello stalinismo e del nazismo

    ◊   Oggi ricorre il 70.mo anniversario del Patto di non aggressione tra Urss e Germania nazista. Un’intesa stretta tra i due principali totalitarismi del ‘900 che ha preceduto il II conflitto mondiale. Il Parlamento europeo ha scelto proprio la data del 23 agosto per proporre una Giornata europea per commemorare le vittime dei regimi totalitari in maniera imparziale. Sul significato di questa iniziativa Stefano Leszczynski ha intervistato Ennio Di Nolfo, storico e docente di relazioni internazionali presso l’Università di Torino:

    R. – Pare che in definitiva la Seconda Guerra Mondiale abbia davvero estirpato due forme di totalitarismo autoritario importanti come il nazismo e il fascismo. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che dalla Seconda Guerra Mondiale è uscito rafforzato lo stalinismo, cioè il comunismo alla sovietica e che anche oggi le forme di totalitarismo più o meno chiare, più o meno trasparenti, sono ancora numerose in tutte le parti del mondo.

     
    D. – Lei è uno storico, quindi è un “professionista della memoria collettiva”. Che necessità c’è oggi di ricordare le vittime dei totalitarismi?

     
    R. – Se si può dire “necessità”, questa c’è quando ci sono situazioni di transizione difficile, oppure quando vi è un potere che tende a sopraffare gli altri.

     
    D. - In Europa quanto può essere pericoloso dimenticare che i totalitarismi europei hanno provocato milioni di vittime?

     
    R. – Io penso che la nascita, l’esistenza stessa dell’Unione Europea rappresenti una specie di tutela, di garanzia che le forme di totalitarismo non possano ripetersi, non debbano ripetersi, se non in casi drammatici, cioè se non nel caso di esplosione di crisi economica o di crisi politica e che noi in questo momento non vediamo. Però, se guardo a tutta l’Europa integrata, non vedo nessun Paese nel quale il pericolo del totalitarismo possa emergere: forse ai margini dell’Europa, tra i Paesi candidati - senza fare i nomi - ce ne sono alcuni dove il totalitarismo è annidato e dove può a un certo punto emergere come alternativa o all’integrazione o alla disintegrazione interna.

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    Giornata internazionale del ricordo della tratta negriera e della sua abolizione

    ◊   Era la notte tra il 22 e il 23 agosto 1791: gli schiavi africani organizzavano un’insurrezione a Santo Domingo dando inizio al lungo processo di abolizione della tratta transatlantica. Sono trascorsi più di 200 anni da quell’evento e ancora oggi 175 milioni di persone ogni anno sono vendute, costrette al lavoro forzato o alla prostituzione. Sulla Giornata internazionale del ricordo della tratta negriera e della sua abolizione sotto l’egida dell’Onu e dell’Unesco, ascoltiamo al microfono di Mariella Pugliesi, padre Giulio Albanese, esperto di Africa:

    R. – Questo fenomeno, quello della tratta di tanta umanità dolente, è di grande attualità. Per certi versi sono cambiate le forme, ma di fatto c’è ancora un vero e proprio schiavismo nell’animo dei negrieri, di questi personaggi che in una maniera o nell’altra speculano sulle sofferenze altrui. Basti pensare al fenomeno migratorio, al fatto che ancora oggi c’è tanta gente che proprio per sopravvivere è costretta addirittura a prostituirsi, è costretta a vivere in condizioni subumane, a pagare cifre altissime. Poi, il fenomeno riguarda anche i giovani, i minori: pensiamo all’utilizzo dei baby-soldiers, dei bambini soldato …

     
    D. – Le donne e i bambini sono le maggiori vittime, quindi …

     
    R. – Non v’è dubbio! Sono quelle che, per certi versi, vengono maggiormente penalizzate. C’è da rilevare che in alcuni contesti sociali vengono praticate forme di sudditanza a livello sociale per cui la donna ancora oggi è emarginata e vive di fatto in una condizione di sottomissione che per certi versi ha a che fare con la schiavitù: una schiavitù nella ferialità della vita che è in flagrante violazione dei diritti umani.

     
    D. – Nonostante la promulgazione di leggi e convenzioni internazionali, di fatto il traffico degli esseri umani non è mai scomparso dalla storia dell’umanità. Vi è una mancanza di volontà di alcuni Stati nel discutere il dramma in corso?

     
    R. – Certo che c’è! C’è mancanza di volontà politica! Ma purtroppo gli aspetti economici, i risvolti del cosiddetto business prendono sempre il sopravvento, perché non dimentichiamo che la matrice della schiavitù, tornando indietro con la moviola della storia, ma anche in tempi più recenti, è comunque legata sempre all’aspetto mercantile.

     
    D. – Cosa possiamo fare noi, cittadini e cristiani, per combattere questo fenomeno?

     
    R. – Innanzitutto, promuovere la società civile: è uno dei compiti che stanno svolgendo egregiamente tante comunità cristiane nel Sud del mondo, particolarmente in Africa, a significare che il diritto-dovere di cittadinanza è fondamentale; per certi versi è parte integrante dell’evangelizzazione, nel momento in cui affermiamo che l’uomo e la donna sono stati creati a immagine e somiglianza di Dio. Detto questo, l’informazione, il dare voce a chi non ha voce, gioca un ruolo non indifferente soprattutto qui da noi. Mi viene in mente quello che diceva uno dei grandi che ha segnato davvero la storia contro ogni forma di schiavitù e di apartheid: il grande Martin Luther King. Affermava: “Non bisogna tanto avere paura delle parole dei malvagi, dei cattivi, dei satrapi, dei prepotenti, quanto piuttosto preoccuparci del silenzio degli onesti”. In questo senso, credo che ognuno di noi debba fare il proprio esame di coscienza.

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    Anno Sacerdotale: la testimonianza di don Elisée Ake Brou, da immigrato che chiede la carità a sacerdote che offre la Carità

    ◊   E’ un invito a metter da parte il pregiudizio per aprirsi all’incontro vero con l’altro, a lasciarsi sorprendere ed interpellare dalla scoperta di un cuore votato a Dio e al sacerdozio, da un cuore di migrante che al semaforo chiede ed offre la Carità. E’ l’esperienza di don Elisée Ake Brou, immigrato dalla Costa D’avorio, ordinato sacerdote lo scorso 29 giugno, nella diocesi di Monreale, in Sicilia. Nella testimonianza lasciata a Claudia Di Lorenzi ci racconta cosa lo abbia spinto a lasciare la sua terra e la sua famiglia:

    R. – Posso dire che prima è stata la mia fede cattolica. Sono stato battezzato a 14 anni, in una parrocchia dedicata al Curato d’Ars, San Giovanni Maria Vianney. E’ lì che inizia la mia vocazione, perché le parole che il prete che mi battezzava, pronunciava “Sei diventato re e sacerdote” mi hanno veramente spinto. Ero orfano di papà e mamma. E' stato difficile per me poter realizzare quello che sentivo dentro di me. Già da bambino sono sempre stato con i missionari, sono anche stato catechista e mi sono detto: andando in Italia, posso incontrare persone che possono aiutarmi a realizzare questo sogno.

     
    D. – Come è stato il primo “incontro” con l’Italia?

     
    R. – Sono venuto da “immigrato” a trovare qualcosa da fare nella mia vita, per potere aiutare anche i miei fratelli e sorelle che avevo lasciato. Quando sono arrivato qui ho lavorato, ma ovunque andassi le persone mi dicevano: una cosa è il lavoro che si deve fare, ma tu devi dare la tua vita al Signore! Le persone nel mio Paese me lo dicevano. Allora - mi sono detto - Signore, fa di me ciò che vuoi! E’ poi ho incontrato un prete, una suora che mi hanno aiutato ad entrare in seminario.

     
    D. – Per guadagnarsi da vivere, all’inizio si è trovato a dover fare il lavavetri, il badante. Come ha vissuto questa esperienza?

     
    R. – Vedo anche il lavoro domestico, quello del lavavetri, del posteggiatore come un servizio. Io lo facevo, questo, con tutto l’amore. A volte non chiedevo nemmeno i soldi. E la gente che mi dava del denaro …. Per esempio, le donne che andavano al mercato, quando avevano tante buste da portare fino all’ascensore, io le aiutavo. Era un gesto d’amore, di comunione, perché per me la fede è questo: vivere la propria fede con atti precisi, concreti.

     
    D. – Oggi lei è il prete degli immigrati, un punto di riferimento per tutti i migranti della Sicilia, perché con loro ha condiviso difficoltà e sogni …

     
    R. – A tutti gli immigrati io dico sempre: guarda, lo scoraggiamento non è per l’immigrato! Ci sono tre categorie di persone che Dio non abbandona mai: le vedove, gli orfani, gli stranieri. Io l’ho sperimentato. E’ vero, sono diventato prete per la diocesi di Monreale, per gli italiani, ma sono prete anche per gli immigrati, perché penso che già la mia presenza sia per loro un conforto. Quando hanno qualche difficoltà con la politica o nelle loro famiglie o nelle loro comunità, mi chiamano: io vado, perché in quanto immigrato arrivo ad entrare nella loro mentalità, perché io l’ho vissuta, sperimentata. Vado da loro per dare una parola che da gioia, conforto, una parola che perdona …

     
    D. – La sua esperienza simboleggia poi quel “lieto fine” che è l’auspicio di tutti i “viaggi della speranza” …

     
    R. – La speranza dev’essere la caratteristica di tutti gli immigrati. Dico loro: guarda, Dio esiste e la speranza è la caratteristica più grande di Dio. Il futuro c’è sempre, per ciascuno di noi. Mettiamo allora tutto nelle mani del Signore ma dobbiamo anche fare la nostra parte. Io dico sempre: gli italiani non sono obbligati ad amarci, ma noi dobbiamo amare loro, perché se noi amiamo loro, loro sapranno che veramente siamo veri … Il primo passo deve venire da noi immigrati: amare loro, rispettare le loro leggi, la loro cultura, la loro tradizione, i loro costumi. E poi, anche loro ci ameranno.

     
    D. - Nella sua vicenda, anche il monito a mettere da parte il pregiudizio verso i migranti ….

     
    R. – Posso dire che l’immigrazione ha un aspetto positivo ed un aspetto negativo, ma è soprattutto una risorsa, una ricchezza per il popolo italiano per i lavori che essi svolgono. Quando, per esempio, le persone mi chiamano e mi dicono: Padre Elisée, puoi trovare una persona di fiducia che possa venire a lavorare a casa mia per assistenza alla mia mamma, o per fare compagnia ai miei genitori? Io trovo queste persone, lavorano 24 ore su 24. Io dico sempre agli immigrati che vanno a fare questo lavoro: guarda, questo lavoro dev’essere prima di tutto un servizio e poi viene il guadagno. Allora loro mi ringraziano. E’ una ricchezza, un dono che dobbiamo cercare anche di valorizzare.

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    Da domani a Barletta la Settimana Liturgica Nazionale sul tema: "Celebrare la misericordia"

    ◊   Saranno cinque giornate di riflessione sul valore della penitenza e sulla riconciliazione con Dio. Fedeli, sacerdoti e operatori provenienti da tutta Italia si riuniranno da domani per la sessantesima edizione della Settimana Liturgica Nazionale. Sarà l’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie e Nazareth, in Puglia, ad ospitare l’appuntamento religioso che terminerà venerdì 28 agosto. Mariella Pugliesi ha intervistato mons. Felice Di Molfetta, vescovo di Cerignola - Ascoli Satriano e presidente del Centro di Azione Liturgica:

    R. – La Settimana liturgica, nella piena fedeltà alla sua tradizione e al magistero dei sommi pontefici, intende davvero riscoprire la realtà di questo dono pasquale, qual è il dono della penitenza o della riconciliazione. In tal senso, proprio perché l’uomo d’oggi ha particolarmente bisogno di riscoprire questa tenerezza di Dio in questo tempo. Noi, come dice il Papa, dovremmo riscoprire la priorità pastorale di una formazione della coscienza. Credo che l’Anno Sacerdotale dovrebbe essere un forte richiamo a noi presbiteri come padri che rivelano attraverso questo sacramento la tenerezza e l’amore di Dio senza misura.

     
    D. – Quali sono le sfide di oggi per un sacerdote?

     
    R. – Le sfide sono di avvertire quello che il Santo Padre non poche volte denunzia: l’atteggiamento del relativismo etico, l’atteggiamento dell’indifferentismo. In tal senso la sfida di ogni sacerdote chiamato a proclamare il Vangelo della misericordia è sempre incombente, perché di fronte a quella vanità che dovrebbe essere lontana da Dio, il sacerdote può avvertire anch’egli uno scoramento, un disagio, un segno di sconfitta. All’interno dell’economia della salvezza non è il peccato a dover essere detto come ultima parola ma è la vita che il Risorto ci offre. Credo che noi ministri della misericordia dovremmo puntare non sulla nostra debolezza, la nostra miseria, i nostri disagi, le nostre difficoltà pastorali, bensì sulla certezza che è fiducia indefettibile, incrollabile nei confronti di questo Dio che è sempre presente, sempre all’opera per la nostra salvezza.

     
    D. – Quali sono le sue aspettative per queste giornate di preghiera e confronto?

     
    R. – Sono quelle – e non possono non esserlo – in perfetta linea e consonanza, proprio secondo quello che il Santo Padre ci ha detto, proprio nell’intervento fatto alla Penitenzieria Apostolica. Come tutti i sacramenti anche quello della penitenza richiede una catechesi previa, una catechesi mistagogica, e quindi un risvegliare la coscienza in tutti i credenti sulla realtà del peccato ma soprattutto su questo bagno all’interno del lavacro misericordioso del nostro Dio. Il sacramento è opera di Dio, è opera del Cristo Signore Risorto che ci fa celebrare attraverso l’evento sacramentale la sua stessa Pasqua.

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    Chiesa e Società



    I Cavalieri di Colombo: il futuro della Chiesa negli Usa dipende dagli immigrati ispanici

    ◊   “Il futuro della Chiesa dipenderà in gran parte dall'influenza degli immigrati ispanici e, a sua volta, essa subirà l'influenza dell'accoglienza che gli immigrati ricevono dai cattolici che già si trovano negli Stati Uniti”: così si è espresso Carl Anderson, cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo in un incontro tenutosi in Arizona, che ha visto la partecipazione di oltre ventimila persone per rendere omaggio a Nostra Signora di Guadalupe. “Questi immigrati - ha continuato Anderson - non sono qualcosa di astratto. Sono nostri compagni di parrocchia e portano la promessa di essere sempre più numerosi in futuro”. Secondo la Conferenza episcopale degli Stati Uniti, gli ispanici rappresentano oggi più del trentacinque per cento di tutti i cattolici degli Usa e questo numero cresce sensibilmente. Il cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo ha inoltre paragonato gli immigrati ispanici “alla mitica araba fenice, l'uccello che risorge ogni 500 anni. Quasi 500 anni dopo che Nostra Signora di Guadalupe ha trasformato questo Continente, i nostri fratelli e sorelle ispanici rappresentano la possibilità di una rinascita e di una rivitalizzazione del cattolicesimo negli Stati Uniti”. “Oggi, cinque secoli dopo che Nostra Signora di Guadalupe è apparsa a Juan Diego e ha portato una nuova vita spirituale sulle rovine di un impero devastato - ha proseguito Anderson nel suo intervento, rilanciato dall’agenzia Zenit e ripreso dall’Osservatore Romano - gli ispanici hanno preso la sua immagine e il suo messaggio e hanno inspirato una nuova vita nella Chiesa degli Stati Uniti. Noi cattolici americani abbiamo la grande responsabilità di partecipare a questo processo di crescita. Non possiamo essere spettatori, dobbiamo essere partecipanti attivi. Il modo in cui noi cattolici accogliamo gli immigrati segnerà fortemente il futuro tanto della Chiesa quanto della Nazione”: questo perché - ha aggiunto - “senza il nostro aiuto e appoggio possiamo sperare che gli immigrati ispanici di oggi siano i padri cattolici di domani?”. “Negli Stati Uniti - spiega ancora Anderson - un cattolico su cinque è un immigrato: questa è una realtà che non possiamo ignorare. Non possiamo tardare a concludere questa missione” poiché “come cattolici dobbiamo amare tutte le persone: l'immigrato, il non nato, il disabile psichico. Noi non siamo chiamati a fare nulla che Nostra Signora di Guadalupe non abbia già fatto. Ella è apparsa a San Juan Diego, a un umile indio. Gli apparve come una meticcia, un'unione di culture europea e americana indigena”. “Seguendo il suo esempio — ha concluso Anderson — dobbiamo abbracciare i nostri fratelli e sorelle immigrati cattolici, rendendoci conto che essi hanno una dignità innata come persone e che, attraverso le Americhe, tutti condividiamo un vincolo trascendente: un vincolo di fede”. (A.V.)

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    Vietnam, la chiesa di Thu Thiem ed il terreno delle suore non saranno toccati

    ◊   Non sarà costruito il centro commerciale polivalente sul terreno delle suore così come richiesto dal Comitato del Popolo del Secondo distretto di Ho Chi Minh City. E’ la linea ufficiale assunta dalla Chiesa in riferimento all’ipotesi di spostare la chiesa di Thu Thiem ed usare il terreno delle religiose della congregazione delle Thu Thiem Holy Cross Lovers. La dichiarazione espressa dall’Ufficio episcopale segue le discussioni con il Comitato per gli affari religiosi della città e fa riferimento “in primo luogo all’esistenza della chiesa nella zona”. La richiesta che era stata avanzata dalle autorità l’11 giugno scorso, riguarda un terreno di 3,5 ettari, quello che resta dopo la confisca di 119 ettari di terreno con la scuola media e superiore, avvenuta dopo che l’allora Saigon è stata presa dai comunisti. Dal 1884, le suore si erano prodigate per trasformare una zona tropicale, umida e boscosa in case, chiesa, scuole e fattorie vivibili, per il proprio mantenimento e quello dei più poveri della zona. Nel corso di un incontro nel distretto di Thu Thiem, alcuni dirigenti locali hanno espresso “solidarietà” alle suore, che hanno organizzato classi di carità e attività sociali per aiutare i bambini, i giovani e i poveri del posto. “Vogliamo – hanno detto - parlarne con il Comitato del popolo”. Un’anziana suora si è anche rivolta alle autorità locali ricordando che “non si può escludere la religione, la storia e la cultura, dai nostri antenati ad oggi. Oggi gli abitanti della zona hanno la necessità di avere chiesa e tradizioni culturali locali. Se non si trova una soluzione opportuna, avremo droga, prostituzione, furti, giovani che violano la legge e molti altri mali sociali. Perderemo i valori della comunità”. In questo clima le suore hanno maturato l’idea di richiedere aiuto alla diocesi che dunque si è pronunciata sul caso. La Congregazione - ha spiegato all’agenzia AsiaNews suor Maria “non può spostarsi, perché la presenza delle suore è necessaria a loro e alla popolazione. Per più di un secolo, le suore sono vissute lì, contribuendo allo sviluppo economico, culturale ed educativo della comunità. Sono fattori, insieme con quello religioso, davvero importanti per la comunità e la città e non possono sparire”. I vescovi hanno ricordato di essersi espressi già l’anno scorso sulla necessità di rivedere la legislazione riguardante la proprietà della terra, riconoscendo il diritto di proprietà dei privati sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. I presuli hanno infine chiesto che nel caso di controversie “alcuni media” non facciano come è accaduto in passato, quando, invece di “costruire ponti”, hanno creato divisione. (A.V.)


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    Anche la Chiesa episcopale pakistana condanna la legge sulla blasfemia

    ◊   Anche la Chiesa episcopale pachistana chiede la fine delle persecuzioni contro la minoranza cristiana nel Paese. Il presidente dell’Episcopato, Katharine Jefferts Schori, ha firmato una petizione promossa dalla Chiesa anglicana, per chiedere al governo di Islamabad la cancellazione della legge sulla blasfemia in vigore in Pakistan. E’ proprio questa norma, che prevede la pena di morte per i colpevoli a servire da pretesto agli estremisti islamici per attaccare le comunità cristiane. La petizione è stata scritta dopo il massacro di Gojra, nel Punjab, dove otto cristiani sono stati arsi vivi e almeno 50 abitazioni sono state distrutte nell’incendio appiccato dalla folla inferocita. Pochi giorni prima erano state due chiese protestanti di Koriyan ad essere attaccate. A dare il via alla spedizione punitiva, composta secondo fonti locali da almeno 3 mila musulmani, è stata la notizia che durante una celebrazione di matrimonio sarebbero state bruciate alcune pagine del Corano. Il ministro federale per le Minoranze, Shabaz Bhatti, unico cattolico del Parlamento di Islamabad, ha ribadito che le accuse di profanazione sono “prive di qualsiasi fondamento” e ha accusato la polizia locale di negligenza. Il Parlamento stesso ha condannato l’atto all’unanimità. Il presidente pachistano, Asif Ali Zardari, ha annunciato risarcimenti per le famiglie delle vittime del Punjab e il premier, Yousuf Raza Gilani, dopo aver ordinato un’inchiesta sull’accaduto, ha dichiarato che il governo intende rivedere “le leggi che mettono a repentaglio l’armonia religiosa”. (V.F.)

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    Guinea Bissau, i vescovi scrivono al primo ministro

    ◊   Si è conclusa con le scuse un’irruzione militare priva di mandato giudiziario avvenuta il 15 agosto scorso presso la sede della custodia “San Francesco d'Assisi” dei frati minori di Bissau in Guinea-Bissau, allo scopo di individuare un ricercato. Un gruppo di militari armati, riferisce l’Osservatore Romano, erano alla ricerca di Conduto de Pina, un deputato che nei giorni precedenti era stato rilasciato, per assenza di prove, dopo essere stato accusato di complicità in un presunto tentativo di colpo di Stato. Indiscrezioni non confermate sostenevano che il deputato si fosse rifugiato presso i frati. Secondo diversi testimoni e come riportato dal verbale stilato dal custode Victor Luís Quematcha, i militari dopo aver inutilmente intimato di aprire la porta del convento, hanno scavalcato il muro di cinta, entrando attraverso la cucina. Hanno perlustrato le stanze, fino al contrordine di uno degli ufficiali di lasciare il convento. Nel pomeriggio dello stesso giorno, su ordine del capo di Stato maggiore delle Forze armate, il colonnello Sambà Djalò si è recato presso la custodia dei frati minori per chiedere scusa dell'accaduto. Un episodio che ha spinto i vescovi di Guinea Bissau a scrivere al primo ministro del Paese Carlos Gomes Júnior per ricordare che la missione della Chiesa è quella di lavorare per la promozione integrale dell'uomo, per difendere la dignità umana, accogliendo quanti rischiano di rimanere vittime di atti illegali e repressivi. (A.V.)

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    Somalia, la siccità fa lievitare i prezzi e minaccia gli animali

    ◊   “Ogni città conta un grande numero di sfollati per la mancanza di piogge che ha interessato almeno il 60% della popolazione rurale. Da est ad ovest, da sud a nord, non c’è luogo che non sia colpito”, ha detto Abdihakim Garaad Mohamoud, vice – ministro in Somalia per il Reinsediamento, la reintegrazione e la riabilitazione. Difficile tracciare un bilancio certo prodotto dalla crisi. Gli accampamenti sorti attorno ai centri urbani sono ormai sovraffollati mentre proseguono gli arrivi dalle zone più aride. Secondo le cifre fornite dalle autorità locali, sono centinaia di migliaia i pastori che spinti da un prolungato periodo di forte siccità hanno abbandonato le campagne per raggiungere le periferie dei principali centri urbani del Somaliland, regione semiautonoma del nord del Paese. Sono state segnalate scarse precipitazioni in alcune zone mentre i prezzi di alcuni generi alimentari di prima necessità continuano a salire. Secondo alcune fonti - scrive l’agenzia Misna - nella zona il costo dello zucchero è aumentato fino al 70% nel giro di poche settimane. Già a giugno fonti umanitarie avevano lanciato l’allarme avvisando che 700 mila pastori nelle aree del Sool fossero minacciati dalla siccità. “Stiamo pianificando una strategia – ha dichiarato il vice ministro – ma le nostre capacità sono limitate. Sappiamo che il 60% del bestiame è andato perduto, gli animali sopravvissuti sono stremati e potrebbero non resistere fino alle prossime piogge”. (A.V.)

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    I governi di Algeria e Tanzania puntano sulla ricerca scientifica

    ◊   Algeria e Tanzania investono sulla ricerca scientifica per frenare la “fuga di cervelli” all’estero. Fondi saranno stanziati da entrambi i governi per garantire l’attuazione di diversi progetti e laboratori sperimentali. Un miliardo di euro è stato già disposto da quello algerino per il sostegno del programma nazionale quinquennale di ricerca scientifica e tecnologica. Dal ministero dell’Istruzione e della ricerca scientifica di Algeri la notizia inoltre che saranno finanziati 34 grandi progetti, comprendenti 15 nuovi gruppi di ricerca, 900 nuovi laboratori, e nuove assunzioni di ricercatori. Sono previste anche integrazioni economiche a 22 mila scienziati algerini. Sono stati preferiti gli studi che uniscono la ricerca pura a quella applicata, allo scopo di produrre risultati utili allo sviluppo sociale ed economico in più regioni algerine. Il governo di Algeri ha infine annunciato che l’1% del prodotto interno lordo sarà destinato alla ricerca scientifica. Anche il governo tanzaniano ha stabilito che nel nuovo bilancio che l’1% del prodotto interno lordo sia destinato alla ricerca scientifica. L’ammontare per l’anno fiscale 2009/2010 – fa sapere l’agenzia Misna – è stimato in 311 miliardi di scellini tanzaniani, pari a poco più di 168 milioni di euro, gestiti da una direzione presso l’ufficio del primo ministro. (A.V.)

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    Si chiude oggi in Corea del Sud la conferenza dei giovani sul clima

    ◊   Un documento da consegnare ai Capi di Stato e di governo presenti alla conferenza di Copenhagen nel quale chiedono un accordo globale in cui siano fissati limiti vincolanti per il taglio delle emissioni di gas entro il 2020 e strumenti economici e finanziari adeguati per consentire ai Paesi in via di sviluppo di far fronte agli effetti negativi dei cambiamenti climatici. E’ quanto richiesto dai giovani partecipanti alla conferenza sui cambiamenti climatici che si chiude oggi a Daejeon, in Corea del Sud. Per la prima volta ad affrontare l’argomento e fare proposte sono stati proprio i giovani, oltre 800 giunti da oltre 100 Paesi per stare insieme dal 18 agosto ad oggi. “I ragazzi qui riuniti rappresentano la generazione che erediterà le conseguenze delle decisioni prese a Copenhagen e dopo” ha detto Achim Steinmer, portavoce del Programma dell’Onu per l'ambiente (Unep), aggiungendo che “i circa tre miliardi di bambini e ragazzi di oggi, vedranno nei prossimi anni i ghiacciai dell’Himalaya sciogliersi o resistere, i livelli del mare stabilizzarsi o crescere e la foresta Amazzonica proliferare o morire a seconda delle decisioni che saranno prese in un prossimo futuro”. L’incontro – riporta l’agenzia Misna - rientra nelle iniziative della campagna ‘Seal the deal’ (D’accordo sull’accordo) e si svolge a pochi mesi dalla conferenza sui cambiamenti climatici in programma a dicembre a Copenhagen, dove i governi di tutto il pianeta saranno chiamati a trovare un accordo sulle emissioni di gas serra che sostituisca il Protocollo di Kyoto dopo il 2012. (A.V.)

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    Aumentano gli anziani a Singapore: appello ai volontari cattolici

    ◊   Di anno in anno si registra a Singapore un aumento demografico della popolazione anziana. Per questo motivo, Lim Boon Heng, in qualità di rappresentante dell'Ufficio del primo ministro, ha richiesto un urgente aiuto ai volontari cattolici e, in particolare, a quelli che operano per il Catholic Welfare Service. Questa organizzazione – scrive L’Osservatore Romano - gestisce a Singapore tre strutture di ricovero riservate agli anziani, capaci di accogliere e di dare un'adeguata assistenza a circa cinquecento ospiti. Le tre cliniche per le persone della terza età sono intitolate rispettivamente a San Francesco, San Giuseppe e Santa Teresa. L’appello ai giovani volontari cattolici è stato lanciato nel corso di un simposio celebrativo del cinquantesimo anniversario di attività del Catholic Welfare Service, come riporta l'agenzia giornalistica UcaNews. Boon Heng ha invitato i volontari cattolici di Singapore a moltiplicare gli sforzi per assicurare un'assistenza adeguata alla popolazione sopra i 65 anni di età. L’obiettivo è di riuscire ad assistere il maggior numero di anziani presso il loro domicilio in modo che il costo della loro assistenza presso strutture pubbliche non assuma un onere troppo gravoso per le finanze dello Stato. “Portare l'assistenza agli anziani presso il loro domicilio è certamente un traguardo possibile – ha commentato il fratello monfortiano Emmanuel Paul Gaudet, da anni impegnato a Singapore nel campo dell'assistenza agli anziani - ma richiede ancora maggiori sforzi da parte del volontariato. Tuttavia l'assistenza domiciliare non sempre può essere effettuata, per via dello scarso numero dei volontari a fronte invece delle richieste. Forse una maggiore apertura del governo verso i volontari cattolici potrebbe consentire a questi di operare con più entusiasmo e di sentirsi meglio considerati”. A Singapore, il volontariato cattolico è molto attivo nel settore dell'assistenza alle persone di tarda età. Accade però che l'assistenza dei volontari della Chiesa cattolica alle persone ultrasessantacinquenni possa essere scambiata per una forma di proselitismo. Per dare un’idea di questa “emergenza” demografica basta osservare i dati del 2008, diffusi dal dipartimento di statistica di Singapore. Il numero delle persone di oltre i 65 anni è salito a 315.800 unità, circa l'8,7 per cento della popolazione di questa città-nazione che ammonta a 3,6 milioni. Nel 2030 il numero degli anziani potrebbe superare il milione. Per il loro mantenimento e l’assistenza, lo Stato dovrebbe essere in grado per quel periodo di spendere l'11 per cento del prodotto interno lordo. (A.V.)

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    Da Andria un messaggio in arabo e italiano per favorire il dialogo interreligioso

    ◊   E’ stato scritto in arabo ed in italiano un messaggio affisso all’ingresso della Casa di accoglienza “Santa Maria Goretti” di Andria in provincia di Bari. “E’ il momento – si legge - di riprenderci tutto intero il nostro diritto alla gioia, all’incontro e al dialogo, perché chi diffonde odio fra le religioni o proclama crociate e blasfemi giuramenti in tal senso non ha nulla di religioso, è un nemico dichiarato di Dio e dell’umanità, non è cristiano né musulmano né di qualsiasi altra religione”. A spiegare le motivazioni che hanno spinto a questo messaggio è padre Geremia Acri, direttore della Casa di accoglienza e del locale ufficio Migrantes. “E’ il frutto di una riflessione che abbiamo cominciato subito dopo l’approvazione in parlamento del cosiddetto “pacchetto sicurezza” e che nasce dalla profonda conoscenza maturata negli anni trascorsi a contatto quotidiano con i migranti e con gli italiani”. “Alla luce di discutibili iniziative politiche che vediamo essere adottate in alcune zone del nord Italia, - aggiunge padre Geremia - il nostro vuole essere un messaggio che invita al dialogo, alla comprensione ma anche ad aprire gli occhi. Conosco gente che vive qui da 20 anni, che lavora sfruttata in nero da datori di lavoro italiani e che ha ormai paura di tutto, anche di venire qui da noi. Eppure, e lo dimostrano i dati, su sei milioni di stranieri presenti in Italia, solo una minima e insignificante parte delinque come lo fanno gli italiani; e, come dimostrato anche dalla Banca d’Italia, gli stranieri non solo, non tolgono lavoro agli italiani, ma contribuiscono anzi a creare nuove opportunità”. Il messaggio affisso presso la Casa di accoglienza, solo per caso arriva alla vigilia del Ramadan, ma il mese sacro ai musulmani non è stato dimenticato – continua la nota diffusa dall’agenzia Misna che ha raccolto il pensiero del direttore della Casa di accoglienza e del locale Ufficio Migrantes. “Per i prossimi giorni – aggiunge don Geremia – abbiamo allungato i tempi di apertura in serata della nostra mensa; in questo modo, i musulmani avranno la possibilità di mangiare e rispettare la regola islamica che impone il digiuno fino al tramonto. Anche questo è dialogo, conoscenza di chi ci sta vicino”. (A.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    In Afghanistan cresce l'attesa per i risultati delle presidenziali

    ◊   Mentre cresce l’attesa per i primi risultati parziali delle elezioni, fra i media afghani si fa strada l’indiscrezione di un’eventuale vittoria al primo turno del presidente uscente Karzai. Di pari passo sono sempre più insistenti le accuse di brogli da parte Abdullah Abdullah, principale sfidante di Karzai. Inviti alla moderazione giungono dalla comunità internazionale che giudica prematuro ogni annuncio di vittoria. Da Kabul Barbara Schiavulli:

     
    Snervante l’attesa per i risultati delle elezioni presidenziali che arriveranno, parziali, solo nei prossimi giorni. Intanto cresce il problema del broglio: “Ne ho le prove”, dice il candidato rivale di Kharzai, Abdullah Abdullah. Centinaia le denunce mentre gli osservatori afghani parlano di schede comprate, di seggi non aperti, soprattutto quelli per le donne, e di almeno due dita tagliate agli elettori, come avevano minacciato i talebani. 750 su quasi 6.500 verbali delle schede che ancora stanno arrivando a Kabul sono stati vagliati, ci ha detto il portavoce della commissione elettorale, nel capannone superprotetto alla periferia della capitale dove decine di persone lavorano alla raccolta dei dati. E mentre si aspetta, Kharzai si comporta come se avesse già vinto. Inviti alla moderazione giungono dall’Europa e dagli Stati Uniti. Intanto, sono ripresi i combattimenti nel Sud del Paese: un’azione congiunta dell’esercito afghano con quello della Nato ha portato all’uccisione di quattro talebani e all’arresto di altri sei militanti nella provincia di Kandahar.

     
    Corea del Sud: funerali ex presidente Kim Dae-jung
    Alla presenza di migliaia di invitati e delegazioni estere, si sono tenuti stamani a Seul i solenni funerali di Stato dell’ex presidente sudcoreano, Kim Dae-jung. Kim, che ha ricoperto la carica di presidente dal 1998 al 2003. Fu insignito del nobel per la pace per l'attività di riconciliazione tra il suo Paese e la Corea del Nord. In occasione delle esequie anche Pyongyang ha inviato una delegazione di alto livello che ha incontrato il presidente sudcoreano, Lee Myung Bak, consegnandogli un messaggio del 'caro leader' della Corea del Nord, Kim Jong Il, esprimendo il desiderio di migliorare i rapporti tra i due Paesi. Per gli analisti si tratta di un segnale di avvicinamento tra le due Coree.

    Grecia incendi
    Atene assediata dalle fiamme. L'incendio che da ieri divampa alle porte della capitale greca stamani ha quasi raggiunto la periferia nord della città. Oltre 500 vigili del fuoco e 300 militari sono impegnati nelle operazioni per spegnere i roghi. Mezzi e uomini anche da Italia e Francia. Al momento non vengono segnalate vittime. Il servizio di Marco Guerra:

    L’incendio è partito ieri mattina dalla nota località di Maratona e, favorito dal forte vento che spira in questi giorni, è arrivato fino ai sobborghi settentrionali di Atene avanzando lungo un fronte di circa 80 chilometri. Nella sua corsa ha divorato boschi e numerose abitazioni di campagna e ha costretto le autorità a evacuare due ospedali e alcune colonie estive per bambini. Centinaia di persone hanno abbandonato i piccoli villaggi nei pressi della metropoli. Ora il fuoco si trova a meno di 15 chilometri dalla capitale. I sindaci dei comuni di Maratona, Dyonisos, Grammatiko hanno definito ''tragica'' la situazione. Il governo dal canto suo ha dichiarato lo stato di emergenza in tutta la regione dell'Attica, mentre sul terreno sono impegnati circa 500 vigili del fuoco, con centinaia di mezzi di terra, aerei ed elicotteri, aiutati dall'esercito e della marina greci. L’esecutivo, nella serata di ieri, aveva chiesto all'Unione Europea di poter avere dai Paesi membri ulteriori mezzi aerei. All’appello hanno risposto Italia e Francia con l’invio di quattro canadair. Il premier, Costas Karamanlis, ha assicurato che “obiettivo primario è salvare le vite dei cittadini” ed ha definito “sovrumano” lo sforzo dei pompieri. E nelle ultime 24 ore si segnalano focolai in tutto il Paese, il più esteso è sull’isola di Zante dove sono andati distrutti 400 ettari di macchia. E proprio al termine di una stagione che aveva risparmiato il peggio, la Grecia rivive l’incubo dei roghi del 2007 in cui persero la vita 77 persone.

     
    Iraq
    In Iraq otto persone hanno perso la vita in diversi attacchi ieri, in quello che era il primo giorno di Ramadan. Intanto il premier iracheno, Nuri al Maliki, ha annunciato la cattura di terroristi coinvolti nella catena di attentati che mercoledì scorso hanno causato a Baghdad la morte di almeno 95 persone. Buone notizie, infine, per l’economia del Paese del Golfo che registra il livello più alto di esportazioni di greggio dal 2003, ovvero dal momento della caduta del regime di Saddam. Il petrolio rappresenta per l’Iraq l'87% del budget del Paese.

    Medio Oriente
    Il congelamento delle colonie ebraiche sarà al centro dei colloqui di mercoledì a Londra tra il premier israeliano Benyamin Netanyahu e George Mitchell, emissario del presidente Usa Barack Obama per il Medio Oriente. Per il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, il blocco degli insediamenti è la precondizione per la ripresa di negoziati con Israele.

    Cisgiordania: Anp libera prigionieri Hamas
    Il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, ha ordinato la liberazione di 200 attivisti di Hamas che erano reclusi in Cisgiordania. Lo riferisce l'agenzia palestinese Maan, secondo cui il provvedimento sembra legato alla ricorrenza religiosa islamica del Ramadan, a un tentativo di allentare le tensioni politiche.

    Nigeria
    Con un comunicato inviato ai media il Movimento per l'emancipazione del Delta del Niger (Mend) ha annunciato che dal prossimo 15 settembre, al termine del suo cessate-il-fuoco, “riprenderanno feroci attacchi” contro gli impianti petroliferi della Nigeria. Il messaggio arriva dopo la sospensione dei colloqui con il governo nigeriano sull'amnistia, definiti “un puro inganno”. Poco prima, centinaia di ribelli del Mend, fra cui diversi leader del movimento, avevano consegnato le armi, approfittando dell'amnistia proposta dal presidente Umar Yar'Adua. L'amnistia, concessa il 25 giugno dal presidente Umar Yar'Adua a tutti coloro che consegneranno le armi all'esercito nigeriano, prevede la registrazione dei pentiti in un programma di reintegrazione che si concluderà il 4 ottobre.

    Economia Usa
    Con la chiusura della texana Guaranty Bank raggiunge quota 81 la lista degli istituti di credito americani falliti nel 2009 per la crisi finanziaria. I depositi della banca texana saranno acquisiti dalla seconda banca spagnola, il Bbva Compass. Tuttavia, negli Stati Uniti proprio in questi giorni si registrano forti segnali di ripresa, confermati anche dal presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, secondo il quale si “inizia ad emergere dalla recessione”. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 235

     
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