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Sommario del 22/08/2009
Memoria della Beata Vergine Maria Regina. Il Papa: la grandezza dell'uomo sta nella sua umiltà
◊ La Chiesa celebra oggi la memoria della Beata Vergine Maria Regina. Una memoria istituita da Pio XII nel 1955 per il 31 maggio e poi spostata dalla riforma liturgica al 22 agosto, a pochi giorni dalla Solennità dell’Assunta, per avvicinare la regalità della Vergine alla sua glorificazione nel cielo. Una regalità – ha affermato Benedetto XVI – strettamente legata all’umiltà di Maria. Ce ne parla Sergio Centofanti.
Maria è Regina – sottolinea il Papa - perché magnifica il Signore, cioè proclama grande Dio, non se stessa:
“Maria desidera che Dio sia grande nel mondo, sia grande nella sua vita, sia presente tra tutti noi. Non ha paura che Dio possa essere un 'concorrente' nella nostra vita, che possa toglierci qualcosa della nostra libertà, del nostro spazio vitale con la sua grandezza. Ella sa che, se Dio è grande, anche noi siamo grandi. La nostra vita non viene oppressa, ma viene elevata e allargata: proprio allora diventa grande nello splendore di Dio… Solo se Dio è grande, anche l’uomo è grande. Con Maria dobbiamo cominciare a capire che è così”. (Omelia per la Solennità dell’Assunzione a Castel Gandolfo il 15 agosto 2005)
Maria è Regina dell’Universo perché è la più umile di tutte le creature. Ha scelto l’ultimo posto, quello più vicino al Figlio, che, pur essendo Dio, si è fatto “obbediente fino alla morte e alla morte di croce”:
“L’umiltà di Maria è ciò che Dio apprezza più di ogni altra cosa in lei…Qui, il nostro pensiero va naturalmente alla Santa Casa di Nazaret che è il santuario dell’umiltà: l’umiltà di Dio che si è fatto carne, si è fatto piccolo, e l’umiltà di Maria che l’ha accolto nel suo grembo; l’umiltà del Creatore e l’umiltà della creatura. Da questo incontro di umiltà è nato Gesù, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo”. (Omelia per l’Agorà dei giovani a Loreto il 2 settembre 2007)
Il Papa lancia un appello ai giovani:
“Cari giovani… non seguite la via dell’orgoglio, bensì quella dell’umiltà. Andate controcorrente: non ascoltate le voci interessate e suadenti che oggi da molte parti propagandano modelli di vita improntati all’arroganza e alla violenza, alla prepotenza e al successo ad ogni costo, all’apparire e all’avere, a scapito dell’essere… Non abbiate paura, cari amici, di preferire le vie ‘alternative’ indicate dall’amore vero…Non abbiate paura di apparire diversi e di venire criticati per ciò che può sembrare perdente o fuori moda: i vostri coetanei, ma anche gli adulti, e specialmente coloro che sembrano più lontani dalla mentalità e dai valori del Vangelo, hanno un profondo bisogno di vedere qualcuno che osi vivere secondo la pienezza di umanità manifestata da Gesù Cristo. Quella dell’umiltà, cari amici, non è dunque la via della rinuncia ma del coraggio”. (Omelia per l’Agorà dei giovani a Loreto il 2 settembre 2007)
(applausi)
Maria è Regina perché grazie al Figlio ha il dominio sul male, ha il potere di schiacciare la testa del serpente. E il Papa invita a invocarla come Regina della Pace:
“Solo imparando, con la grazia di Cristo, a combattere e vincere il male dentro di sé e nelle relazioni con gli altri, si diventa autentici costruttori di pace e di progresso civile. La Vergine Maria, Regina della Pace, aiuti tutti i cristiani, nelle diverse vocazioni e situazioni di vita, ad essere testimoni della pace, che Cristo ci ha donato e ci ha lasciato come missione impegnativa da realizzare dappertutto”. (Regina Caeli del 24 maggio 2009 a Cassino)
Mons. Vegliò, dopo la tragedia nel Canale di Sicilia: rispettare sempre i diritti dei migranti, le società sviluppate non si chiudano nell’egoismo
◊ L’ennesima tragedia della migrazione, avvenuta nel Canale di Sicilia, ci ricorda quanto scrive Benedetto XVI nella Caritas in veritate: “Ogni migrante è una persona umana” che “possiede diritti fondamentali inalienabili” da rispettare “in ogni situazione”. E’ quanto afferma il presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, mons. Antonio Maria Vegliò, che al microfono di Alessandro Gisotti si sofferma sull’insegnamento del Papa sul fenomeno delle migrazioni:
R. - Il n. 62 dell'Enciclica sociale di Papa Benedetto XVI, Caritas in veritate, coglie in maniera molto pertinente la situazione attuale delle migrazioni a livello mondiale che poi si riflette a livello locale. Infatti, anche se le situazioni si verificano geograficamente in zone diverse, come accade nel Mediterraneo, nello stesso tempo ci sono circostanze di disperazione anche nel deserto alla frontiera tra Messico e Stati Uniti, oppure in Estremo Oriente, all'interno dell'Africa sub-sahariana, e ovunque ci siano rilevanti flussi migratori. La realtà è la medesima. Colpisce esseri umani che cercano di raggiungere Paesi o regioni economicamente più sviluppati, per fuggire povertà e fame. Per questo sono pronti a rischiare tutto, anche la loro stessa vita.
D. - Cosa possono fare gli Stati e la comunità internazionale?
R. - Questo problema, come dice il Santo Padre, "richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato". Quindi se da una parte è importante sorvegliare tratti di mare e prendere iniziative umanitarie, è legittimo il diritto degli Stati a gestire e regolare le migrazioni. C'è tuttavia un diritto umano ad essere accolti e soccorsi. Ciò si accentua in situazioni di estrema necessità, come per esempio l'essere in balia delle onde del mare. Per centinaia di anni i Capitani delle navi non sono mai venuti meno al principio fondamentale del diritto del mare, che prevede si debbano sempre soccorrere i naufraghi che si incontrano. Il Santo Padre aggiunge che si dovrebbero "armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati".
D. - C’è poi una questione di mentalità. Oggi l’immigrato viene visto con sospetto, addirittura con paura…
R. - Certamente le nostre società cosiddette civili, in realtà hanno sviluppato sentimenti di rifiuto dello straniero, originati non solo da una non conoscenza dell'altro, ma anche da un senso di egoismo per cui non si vuole condividere con lo straniero ciò che si ha. Poi si raggiungono estremi, ove la condivisione dei beni viene fatta provvedendo piuttosto al benessere degli animali domestici. Purtroppo i numeri continuano a crescere, infatti, secondo le ultime statistiche, dal 1988 ad oggi il numero di potenziali migranti naufragati o vittime alle frontiere dell'Europa ha contato oltre 14.660 morti. Il nostro Pontificio Consiglio è addolorato per il continuo ripetersi di queste tragedie e riafferma quanto detto dal Santo Padre nella Caritas in veritate: che “Ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione (142)”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Ghiaccio bollente: in prima pagina, Francesco Citterich sulla corsa internazionale alle risorse dell’Artico.
In cultura, i quarant’anni della Federazione biblica cattolica che ha contribuito al rinnovamento spirituale della Chiesa dopo il Concilio: i contributi del vicedirettore, del vescovo Vincenzo Paglia, di Cesare Bissoli e di Francesco M. Valiante.
La regina del giallo torna in cattedra: Gabriele Nicolò su un inedito di Agatha Christie.
Nell’informazione religiosa, un’intervista di Giampaolo Mattei dal titolo “Lo scudetto vaticano? Ai Gendarmi. E per gli Svizzeri ‘zero tituli’”: pronostici e pagelle dell’organizzatore Sergio Valci sul prossimo campionato di calcio all’ombra del Cupolone.
India: giornata della pace ad un anno dalle violenze anticristiane. Mons. Machado: la persecuzione non cancellerà la fede
◊ In India è trascorso un anno dalle violenze anti-cristiane compiute da estremisti indù e costate la vita ad oltre 120 persone. La comunità cristiana del Paese si prepara con veglie e incontri di preghiera a celebrare, domani, il “Giorno della pace e dell’armonia”. La Giornata, indetta dalla Conferenza episcopale indiana, sarà anche l’occasione per rinnovare l’impegno dei cristiani per la pace. E' quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il vescovo di Nashik, mons. Felix Anthony Machado:
R. – Domani, con questa giornata, vogliamo anche dare questo segnale alla gente: costruire la pace vuol dire promuovere un clima d’armonia nel Paese. I cristiani, come sempre, saranno i primi ad impegnarsi per questo.
D. – Quali ostacoli intralciano ancora il cammino verso la pace?
R. – La situazione non si è del tutto normalizzata. Rimane ancora la paura a causa di quello che è successo: è stato un ‘colpo’ veramente violento per la gente. La nostra esperienza in quest’anno ci mostra che ci sono stati comunque dei miglioramenti: oggi molte persone sono tornate nelle loro case. L’esito delle recenti elezioni è stato positivo. Anche in Orissa il Partito induista è rimasto isolato. Con questo governo nessuna religione è favorita e nessuna è discriminata rispetto alle altre. La nostra forza è sempre il Vangelo di Gesù, la presenza della Chiesa, il Corpo di Cristo. Per questo la Chiesa indiana ha lanciato questo appello.
D. – La fede e la croce di Cristo sono la vera forza dei cristiani, soprattutto in Paesi segnati da povertà e violenza. In India quali frutti porta ogni giorno questa forza?
R. – In questo momento mi trovo in una casa gestita dalle suore di Madre Teresa. Intorno a me ci sono persone emarginate, abbandonate e dimenticate dalla società. I sorrisi e la gioia delle sorelle di Madre Teresa rappresentano il grande dono che stiamo dando come Chiesa. E’ un servizio che facciamo per questa gente con grande gioia perché non c’è amore senza sofferenza. Solo una persona che ama incontra la sofferenza. Questo è il mistero della Croce di Gesù: la Chiesa è piena d’amore e quindi soffrirà sempre.
D. – E’ possibile, con la persecuzione, cancellare le tracce del cristianesimo?
R. – Questo non è mai successo. Molti hanno provato a cancellare, con la persecuzione, il cristianesimo, ma questo si è rivelato impossibile perché il sangue dei martiri è sempre il seme di nuova fede.
A Rimini la 30.ma edizione del Meeting di Cl incentrato sul rapporto tra fede e conoscenza. Intervista con Giorgio Vittadini
◊ Prende il via domani a Rimini il Meeting per l’amicizia fra i popoli promosso da Comunione e Liberazione e giunto alla sua 30.ma edizione e che ha per titolo “La conoscenza è sempre un avvenimento”. Un tema, questo, che intende proporre una riflessione sull’uomo, sulla sua ricerca di senso e il suo rapporto con il mondo. A Giorgio Vittadini, presidente della "Fondazione per la Sussidiarietà", Luca Collodi ha chiesto qual è la sfida dell’appuntamento di quest’anno:
R. – E’ una sfida potente. La conoscenza è un avvenimento: vuol dire che il modo di conoscere non è la deduzione kantiana moderna ma è la sollevazione della realtà partendo dal proprio desiderio di verità, giustizia e bellezza che approda, per chi ha questo dono, nella fede. La fede è perciò il riconoscimento di un avvenimento presente di Dio che si è fatto uomo nella storia – e che continua a permanere – e diventa fattore di conoscenza. Non un fattore d’estraniarsi dalla realtà ma di conoscere la realtà in tutti i suoi fattori, senza tagliare nulla di quello che esiste, come invece purtroppo avviene proprio per questa riduzione di conoscenza dovuta all’ideologia moderna.
D. – Oggi la conoscenza è per molti la scienza e l’economia...
R. – Sì. Dopo questi anni, però, bisognerebbe ripensare a ciò, perché l’economia portata come ideologia ha fallito clamorosamente e definitivamente la sua capacità d’interpretare la realtà non nel suo ambito, ma come fattore complessivo come ha tentato negli anni scorsi. Sappiamo bene, poi, che se la scienza a servizio dell’uomo è una grandissima cosa, altrimenti – lo vediamo anche nell’ultima Enciclica – la distruzione ambientale, la violenza sull’uomo, verso la vita e altro diventano pessimi fattori. Per cui dovremmo essere più coscienti del fatto che queste sono delle fughe non in avanti ma indietro, delle non conoscenze. Esse sarebbero cose importantissime se fossero strumenti ma diventerebbero pericolosissime se fossero invece strumenti ideologici o se assomigliassero alla politica così com’era fino a prima del 1989.
D. – Guardiamo a Papa Benedetto XVI: l’uso della ragione come può ampliare la nostra conoscenza?
R. – La ragione, apertura alla realtà, trova nella fede il suo compimento, perché la fede – come la concepisce Benedetto XVI e come ci ha insegnato don Giussani – è proprio il riconoscimento di una presenza pertinente al destino nella realtà che usa tutta la ragione e non la dimentica; fa si che la ragione sia un’apertura a tutto e non semplicemente una misura di tutte le cose, come accade in quell’età moderna che penso sia anche filosoficamente finita.
D. – Nel Meeting di Rimini si parla molto di storie umane. Questo è anche un altro elemento della conoscenza, cioè la testimonianza di vita?
R. – Direi di sì. Ma è una testimonianza intesa non come un bel racconto fiorettistico bensì come un modo con cui un uomo mostra con la sua diversità umana una pertinenza alla realtà, una sua capacità di stare di fronte al reale che fa vedere che quello in cui crede è adeguato. La testimonianza, quindi, vista come un modo per vedere la verità complementare al ragionamento, all’articolazione di pensiero. Ricordiamoci che anche nostro Signore ha mostrato – prima ancora della sua Resurrezione e morte – una sua diversità umana che colpì molto e la Chiesa, con questa diversità umana, ha mostrato la sua verità. Questo non vale solo per la Chiesa ma vale per tutti: quando vediamo un uomo diverso capace di stare sulla realtà, capiamo che egli sta vivendo un qualcosa di vero.
D. – Trent’anni di Meeting di Rimini: com’è cambiata l’Italia in questi 30 anni, è successo qualcosa di buono, nel nostro Paese?
R. – Pensando a qualcosa di buono, credo che il nostro Paese sia uno degli ultimi in cui resiste ancora una realtà popolare con una forte presenza ideale. Questo innanzitutto per la presenza del cristianesimo come una realtà non minoritaria e quindi popolare che stimola altre realtà di base ad essere presenti nella società anche come valore ideale. La persona, con i suoi valori, con i propri legami familiari ed associazionistici – fino a quelli politici – come presenza di base, in Italia, hanno ancora un significato. Penso che in questo il Meeting di Rimini ha dato un grandissimo contributo, perché ha permesso a gente di diverse ideologie di confrontarsi ascoltandosi e di vedere come tutto il mondo può essere visto come un luogo di amicizia fra i popoli.(Montaggio a cura di Maria Brigini)
Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
◊ In questa 21.ma Domenica del Tempo Ordinario la liturgia continua a proporci il Vangelo del discorso di Gesù sul Pane disceso dal cielo. Molti dei discepoli sono scandalizzati e vanno via dicendo: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù continua a spiegarla: poi chiede agli Apostoli se vogliono andare via anche loro. Simon Pietro risponde:
«Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia all'Università Lateranense:
Gesù dopo aver fatto dono delle sue parole fa anche un altro dono: quello della spiegazione del peso e del significato che esse hanno. Gesù spiega la natura e la qualità delle parole che ha espresso. Questa spiegazione era sommamente necessaria perché le parole di Dio non sono come le nostre parole. “Le parole che ho detto sono spirito e vita”. Nelle parole dell’uomo, nello spirito, nella vita, si trasfonde mai pienamente in esse. In Dio invece c’è perfetta unità tra il vivere, l’essere vivente, l’esprimere e l’essere spirituale. Per questo se uno le accoglie, le ascolta per intero, senza trasceglierne alcune e tralasciarne altre, inizia ad accogliere in sé lo spirito e la vita di Dio stesso. All’inizio, di questo ascolto c’è un atto di fede a cui fa seguito la conoscenza, cioè l’avere esperienza. Per questo Pietro di fronte alla domanda radicale di Gesù non risponde: “Dove andremo”, ma “Da chi andremo”. La vita dell’uomo si decide qui. L’uomo diventa quel che segue. Tutto si decide di fronte alla presenza dinanzi alla quale egli sta e vive e quindi dalle parole, dallo spirito e dalla vita che egli porta in sé. Noi portiamo in noi stessi le parole, lo spirito e la vita di Dio.
Conclusa la missione dei vescovi Usa a Cuba: un ponte tra i due Paesi
◊ Si è conclusa ieri la visita a Cuba di tre vescovi statunitensi. Una missione dal “valore immenso” ha detto mons. Juan de Dios Hernández, segretario generale della Conferenza episcopale cubana. L'arcivescovo di Boston, cardinale Sean O' Malley, il vescovo di Orlando (Florida) mons. Thomas Wenski e l'ausiliare di San Antonio (Texas) mons. Oscar Cantù, hanno visitato tre diocesi, l'Avana, Santiago di Cuba e Holguin, per seguire di persona le numerose iniziative di solidarietà che la Chiesa cubana sta realizzando grazie all'aiuto dei cattolici statunitensi. In particolare, i presuli hanno voluto conoscere l'andamento dei progetti di ricostruzione dopo il passaggio, l'anno scorso, di diversi uragani che hanno provocato morti e devastazioni. Sulla ricostruzione i vescovi americani hanno parlato anche con il presidente dell'Assemblea nazionale Ricardo Alarcón: secondo mons. Juan de Dios Hernández si è trattato di "un incontro di grande cordialità, ascolto attento e dialogo fraterno”. D'altra parte è stata affrontata anche la questione dei rapporti politici fra Cuba e Stati Uniti e le parti hanno concordato sulla "necessità di tendere ponti fra i due Paesi (...) per arrivare, in un modo graduale e sistematico alla fine dell'embargo commerciale e finanziario” che Washington mantiene sull'isola dal 1962, a partire dalla "crisi dei missili”. “E’ stata una conversazione molto seria in un clima di amicizia e cordialità", ha raccontato il segretario dell’Episcopato cubano. Martedì scorso, durante una conferenza stampa, i presuli statunitensi avevano già ribadito la loro posizione a favore della fine del cosiddetto “blocco”, così come hanno chiesto i vescovi di Cuba e come fece lo stesso Giovanni Paolo II alla vigilia della sua storica visita del 1998. Mons. Wenski ha osservato che anche questi “incontri, fra vescovi e comunità ecclesiali possono aiutare a creare un nuovo clima fra le due nazioni. Si tratta di alimentare fiducia reciproca e di non perdere mai un’opportunità che possa accrescere questo clima", ha aggiunto. Opinioni quasi identiche sono state espresse anche durante l’incontro, martedì scorso, fra il cardinale O'Malley e l’arcivescovo dell'Avana, il cardinale Jaime Ortega. I vescovi statunitensi e due consulenti, padre Jonathan Gaspar e padre Andrew Small, incaricato dell’Episcopato per i rapporti con le Chiese latinoamericane e caraibiche, hanno concelebrato la Santa Messa nel Santuario della Madonna de la Caridad del Cobre, e hanno visitato il nuovo seminario della capitale ancora in costruzione e i luoghi dove si sviluppano diversi progetti sostenuti con gli aiuti dei cattolici statunitensi che ormai sono pari a un milione di dollari. Divisi in gruppi, i membri della delegazione episcopale hanno anche incontrato le autorità della Caritas cubana, i più alti funzionari dell' Ufficio di rappresentanza statunitense all'Avana e gli organi di Stato che si occupano dei rapporti con le confessioni religiose come l'Ufficio che guida la signora Caridad Diego. Il cardinale O’Malley, prima di congedarsi, ha assicurato che sarà dato un aiuto speciale per il restauro del Santuario della Madonna del Cobre - che si prepara a celebrare nel 2012 il suo quarto centenario – e, auspicando “i cambiamenti necessari voluti del popolo cubano”, ha confermato che, dopo aver visitato periodicamente l'isola negli ultimi 20 anni, questa volta ha trovato "miglioramenti notevoli". (A cura di Luis Badilla)
La soddisfazione del cardinale Terrazas per l'accordo Stato-Chiesa in Bolivia
◊ “Il nostro è un impegno reale e concreto, e non teorico o transitorio”. Sono le parole del cardinale Julio Terrazas, arcivescovo di Santa Cruz e presidente dell’episcopato boliviano, dopo la firma, avvenuta l’altro ieri, di un Accordo quadro per la collaborazione tra la Chiesa e lo Stato della Bolivia. A siglare l’Accordo sono stati il porporato e il ministro degli Esteri David Choquehuanca, in rappresentanza del presidente Evo Morales. Nel corso della sua breve allocuzione, al momento della firma, il porporato ha manifestato la soddisfazione della Chiesa “poiché si tratta di un accordo che porterà beneficio alle persone più bisognose. In nessun caso, ha precisato, si tratta di un privilegio per la Chiesa; anzi, è uno strumento che consente di continuare la nostra risposta ai bisogni della popolazione”. Il cardinale Terrazas ha spiegato che la Chiesa boliviana è felice di poter accrescere il suo operato nel campo dell’educazione, della salute e nel complesso ambito della promozione umana. “La Chiesa - ha osservato - nel compimento della sua missione suprema, l’annuncio del Vangelo e di Gesù, ha anche il dovere di farlo attraverso opere concrete che si traducano in azioni al servizio del prossimo”. Il presidente dell’Episcopato ha voluto anche “ringraziare il ministro degli Esteri e il governo che rappresenta per la fatica che ha permesso di definire quest’Accordo e i servizi che può offrire, all’interno della cornice offerta dalla nuova Costituzione. Abbiamo lavorato per questo, e penso che siamo riusciti ad arrivare a un buon risultato”. Il porporato ha anche osservato che l’Accordo per i credenti rappresenta un impegno di grande importanza poiché, nella sua applicazione, occorrerà lavorare sempre “con il desiderio di vivere ed incarnare i valori che sgorgano dalla presenza di Dio tra gli uomini, consapevoli del dovere di costruire la pace, seminando giustizia e, in particolare, consolidando la famiglia”. “Sono valori, ha spiegato, che vanno anche testimoniati nella scuola e in tutti gli altri spazi della vita” (…) per combattere così “gli antivalori della disumanizzazione”. Infine, il cardinale Julio Terrazas ha sottolineato che con questa firma la “Chiesa desidera rinnovare il suo totale impegno al servizio del bene comune della Bolivia. Per noi, ha aggiunto, non è un messaggio teorico o transitorio. E’ un messaggio reale e concreto. Non siamo capaci di fare tutto e di stare ovunque. Siamo certi, ha concluso il porporato, che potremo collaborare con altri che in modi diversi desiderano servire ugualmente il bene della persona, della sua dignità e della nazione”. In Bolivia la Chiesa è responsabile di 1.500 istituti per l’istruzione e l’educazione media e superiore e si occupa di oltre 600 opere presenti nel campo della salute e dell’assistenza sanitaria ai più poveri. I suoi progetti di sviluppo, in particolare nelle zone rurali e indigene, sono attualmente 50, in buona parte finanziati con la solidarietà dei cattolici di altri Paesi.(A cura di Luis Badilla)
Nell’Oklahoma un giudice priva i medici del diritto all’obiezione di coscienza
◊ In Oklahoma una sentenza giudiziaria stravolge la legge sull’aborto. Martedì il giudice della Contea Vicki Robertson ha stabilito che la norma in vigore era “incostituzionale” perché violava “la privacy e la dignità delle donne”. Così ha sentenziato che non è più obbligatorio eseguire le analisi a ultrasuoni - necessarie a verificare le reali condizioni di salute del feto – ventiquattro ore prima di procedere all’interruzione di gravidanza. Vedere le immagini del proprio bambino e sentirne descrivere i particolari fisici visibili dal dottore potrebbe infatti finire per “influenzare” la scelta della donna. In più il giudice ha privato i medici dell’obiezione di coscienza: il personale degli ospedali non potrà più rifiutarsi di praticare un aborto “per ragioni morali o religiose”. Nel testo abrogato dalla sentenza erano proibite anche le cause contro i medici che non consigliavano l’aborto ai genitori di figli disabili. (A cura di Valentina Fizzotti)
Carestia in Sud Sudan: cibi paracadutati dall’alto per 300mila persone
◊ L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha annunciato con riferimento alla zona del Sud Sudan che darà il via libera a breve al Pam (Programma alimentare mondiale) che prevede il lancio dall’alto di cibo mediante paracaduti. Si tratta di pacchi destinati a circa 300mila persone colpite da una “pre-carestia”, è il termine con cui l’Onu definisce questo stadio alimentare sul territorio. Il Pam ha come obiettivo la distribuzione di 22mila tonnellate di cibo, metà di esse dagli aerei e l’altra metà via terra. Oltre 1,3 milioni di sud sudanesi hanno bisogno di assistenza nutrizionale, - scrive l’Avvenire - soprattutto i coltivatori che hanno subito gli effetti delle scarse precipitazioni atmosferiche di quest’anno. “Il lancio di cibo dagli aerei è più costoso rispetto al tradizionale sistema di distribuzione, poiché usiamo grandi aerei che scaricano direttamente in volo invece di piccoli veivoli che possono atterrare. – ha spiegato Kenro Oshidari, massimo ufficiale del Pam dalla capitale sudanese Khartum - Ma al momento ci sono aree del territorio completamente tagliate fuori e irraggiungibili a causa delle gravi condizioni stradali e dell’insicurezza nella zona”. Un quadro sociale gravato da un inizio di carestia e dalla instabilità politica. Nel giugno scorso almeno 40 sud sudanesi, tra soldati e civili, sono rimasti uccisi nel corso degli scontri scoppiati nella cittadina di Akobo, nello Stato di Jonglri. Scontri legati alla spartizione degli aiuti umanitari. L’Onu ha annunciato inoltre che proseguirà per i prossimi quattro anni nelle operazioni di disarmo iniziate nel febbraio scorso. L’agenzia Misna riferisce infine in una nota che migliaia di civili sono stati costretti alla fuga per una serie di attacchi del gruppo di ribelli nord-ugandesi dell’Esercito di resistenza del Signore (Lord’s resistance army, Lra) nella regione sudanese del Western Equatoria. Lo ha reso noto l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr/Acnur) che ha presentato ieri un rapporto sulla situazione nella zona, precisando che gli attacchi risalgono al 12 e 13 agosto nel distretto di Ezo, nei pressi del confine con la Repubblica democratica del Congo. Secondo il documento, un numero imprecisato di persone sarebbero state rapite e diverse case bruciate nel corso delle violenze avvenute in due villaggi a pochi chilometri dalla capitale regionale di Yambio, dove i ribelli avrebbero inoltre saccheggiato case e negozi. Una trentina di operatori umanitari dell’Unhcr – continua l’agenzia Misna - sono stati evacuati dalla zona rimasta priva di assistenza e aiuti, mentre da allora circa 5000 civili, tra cui donne e bambini, sono fuggiti verso nord. (A.V.)
Il cardinale Re ricorda De Gasperi a 50 anni dalla morte
◊ Per il cinquantesimo anniversario della morte di Alcide De Gasperi si è tenuta nella cattedrale di Pesaro una concelebrazione commemorativa presieduta dal cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione dei Vescovi, che ha fatto una dettagliata esposizione della figura dello statista italiano. “Nell'agosto di 55 anni fa Alcide De Gasperi chiudeva la sua vita invocando il nome di Gesù – ha detto il cardinale, che ha tracciato ai presenti un puntuale profilo del politico democristiano - Morí fra i suoi monti, a Selva di Valsugana, pregando. Noi lo vogliamo ricordare con la gratitudine che si deve a un uomo che tanto ha fatto per l'Italia e per l'Europa ... Nel momento più difficile dell'Italia moderna, cioè in quegli anni cruciali dopo la caduta del fascismo e la fine della seconda guerra mondiale, l'opera di De Gasperi ha segnato il cammino e ha determinato il futuro dell'Italia. È fuori dubbio infatti che gran parte della vita italiana di questi ultimi sessanta anni è stata determinata dalle decisive scelte compiute nel decennio che porta impresso il segno degasperiano e che hanno assicurato al Paese un futuro di libertà, di democrazia e di progresso”. Il prefetto della Congregazione per i Vescovi ha ripercorso le tappe politiche di Alcide De Gasperi e le vicende che lo provarono nel portare avanti i valori nella politica, ricordandolo come “Giovane deputato al Parlamento e segretario del Partito popolare, quando nel 1925 capisce che la “normalizzazione” del fascismo era diventata un'illusione, esprime dure critiche al fascismo. Per questo motivo viene dichiarato decaduto dal mandato parlamentare e, dopo un anno dal suo ritiro da ogni attività pubblica, De Gasperi viene arrestato mentre è sul treno verso Firenze, con l'accusa di tentativo di espatrio clandestino. E’ condannato a 4 anni di carcere. Di fatto però passerà nel carcere di Regina Coeli solo cinque mesi e poi quasi un anno nella clinica Cianciarelli di Roma, sotto stretta sorveglianza. Messo in libertà ma con l'obbligo di risiedere a Roma, sempre sotto stretta vigilanza, non trovava lavoro. Si guadagna qualche soldo traducendo dal tedesco in italiano per conto di una casa editrice. Con l'aprile del 1929, la Santa Sede — per dare a De Gasperi la possibilità di guadagnarsi il pane — lo assunse come collaboratore fuori ruolo alla Biblioteca Vaticana. Il Pro-Prefetto della Biblioteca Vaticana, cioè il suo superiore, scriverà in una lettera al Conte Della Torre (Direttore de “L'Osservatore Romano”) che De Gasperi “ha svolto nella Biblioteca un lavoro troppo umile per le sue capacità, ma tanto utile per noi: catalogo degli stampati, una descrizione breve di ogni volume, ecc...”. Un lavoro umile per un uomo della cultura e della statura di De Gasperi, da lui accettato con semplicità e svolto con impegno. Solo dopo 10 anni, cioè nel 1939, De Gasperi vedrà riconosciuto il suo valore e i suoi meriti: sarà nominato dal Papa segretario della Biblioteca Vaticana e vedrà riconosciuti agli effetti economici e pensionistici i precedenti 10 anni trascorsi fuori ruolo”. Secondo il porporato – scrive l’Osservatore Romano - le pagine più alte da lui scritte sono quelle della lettera inviata alla moglie il giorno dopo la condanna a sei anni di prigione (che furono poi ridotti in appello a quattro). “Quando la mattina gli misero le manette ai polsi per portarlo in tribunale, Alcide De Gasperi era convinto che sarebbe stato assolto, perché dal punto di vista procedurale non vi erano prove che egli stesse tentando di espatriare. Quando, però, dopo la sentenza, venne riportato nella cella di Regina Coeli, dopo avere pianto, nelle sue riflessioni De Gasperi si elevò a Dio che guida la grande storia del mondo e la piccola storia di ogni vita. In questa visione si inchina alla volontà di Dio adorando. E termina la lettera scrivendo: “Iddio non può essere né ingiusto né crudele. Egli ci ama e fa di noi qualche cosa che oggi non comprendiamo. Così ragionando mi sono alquanto consolato” (dalla Lettera del 31 maggio 1927). Per scrivere questo, in quella situazione, - ha commentato il cardinale Giovanni Battista Re - ci voleva una fede vera!”. “La testimonianza di Alcide De Gasperi come uomo, come cristiano e come statista — sono state le conclusioni del Prefetto - rimane una grande luce ed è di incoraggiamento a trovare nell'esempio da lui lasciato le energie per dare un colpo d'ala allo stile dell'impegno nel servizio dello Stato e della società, nel servizio del bene comune. L'augurio è che il suo esempio e la sua eredità continuino a illuminare il cammino dell'Italia e dell'umanità”. (A.V.)
Hong-Soon Han: "il capitalismo fallisce se non confida in Dio"
◊ “Come cristiani non possiamo seguire soltanto la logica del profitto più alto al più basso costo possibile”. Lo ha detto all’Osservatore Romano l’economista coreano Thomas Hong-Soon Han, revisore internazionale della Prefettura degli Affari Economici dal novembre scorso. Il compito principale dell'organismo in cui lavora è quello di esaminare bilanci preventivi e consuntivi della Santa Sede e del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, per offrire indicazioni in vista di una migliore gestione economica e patrimoniale. E dire la propria anche dal punto di vista etico, perché, come ha scritto Benedetto XVI nella “Caritas in veritate”, “Ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale”. Nella sua lunga intervista Hong-Soon Han torna più volte proprio alle indicazioni contenute nell’enciclica, come quando ricorda che “la carità esige giustizia”: in concreto la Chiesa deve ad esempio bocciare ogni offerta di appalto che sia colpevole di sfruttamento dei lavoratori. Non soltanto le gerarchie, ma anche i laici che da cristiani si dedicano ad attività economiche devono sempre porsi un interrogativo di fondo: “Qual è lo stile di vita che vogliamo portare in queste attività?”. Non sempre, ammette Hong-Soon Han, i comportamenti dei cristiani sono stati inappuntabili, perché “è facile cedere alla tentazione di ottenere anzitutto condizioni favorevoli dal punto di vista economico”. Ma il metro di valutazione, spiega, soprattutto quando è la Chiesa a gestire in prima persona le attività commerciali, “dev’essere sempre il Vangelo”. La prima cosa da tener presente “è che la Chiesa è il luogo dove si adora Dio e non ‘mammona’, il denaro, come ha ricordato di recente il Papa. La seconda cosa è considerare tutto dal punto di vista della missionarietà. Se un’iniziativa serve a promuovere la missione, allora va bene”. Per essere missionari bisogna restare fedeli all’insegnamento evangelico “dando un esempio soprattutto in termini di sobrietà e solidarietà”. L’economista suggerisce alla Chiesa di lasciar gestire questo tipo di attività a professionisti laici e di “evitare la tentazione di ampliarle sempre più: il rischio è che una parte della struttura ecclesiastica finisca per trasformarsi in una sorta di ente commerciale, per non dire in un grande supermarket”. Analizzando l’attuale crisi economica globale, poi, Hong-Soon Han spiega che i suoi effetti, a differenza di quelle precedenti, “è scoppiata nel Paese considerato la locomotiva dello sviluppo mondiale: gli Stati Uniti”. E in questo l’economista vede “un aspetto positivo, ‘un’opportunità’ come ha detto il Papa. Improvvisamente il mondo si è accorto che anche un gigante economico apparentemente solido può fallire”. La causa è profonda: “La radice di questa crisi – spiega - sta in un deficit morale. Il capitalismo non funziona senza una base etica. E il gigante crolla quando le sue fondamenta non sono costruite sui principi morali. Sul biglietto del dollaro c'è scritto In God we trust, ‘Noi confidiamo in Dio’. Per l’appunto: se il mercato si basa unicamente sull'interesse egoistico e non ‘confida in Dio’, fallisce”. (V.F.)
Nepal: morto il padre gesuita James Donnelly, per 40 anni missionario sull'Himalaya
◊ “È stato il mio maestro e la mia icona” testimonia commosso Ranjeet Baral, uno dei primi studenti del padre gesuita James Donnelly, scomparso in Nepal all’età di ottant’anni, di cui quaranta, vissuti proprio ai piedi dell’Himalaya. Un altro suo ex studente aggiunge: “Ora che ci ha lasciato spero di essere capace di trasmettere ai miei bambini ciò che lui ci ha insegnato”. Al funerale, celebrato il 17 agosto nella cattedrale dell’Assunzione di Dhobihat c’erano ex-studenti, amici e confratelli gesuiti. Padre Augustine Thomas, anch’egli gesuita e docente, ha detto per l’occasione: “Io ho perso un grande amico per il quale il Nepal era casa sua ed i nepalesi il suo popolo. Ha contribuito molto all’educazione del Paese e i suoi studenti lo ricorderanno sempre come un insegnante eccezionale ed un amico affezionato”. I ragazzi che lo hanno avuto come insegnante – riferisce l’agenzia AsiaNews - lo ricordano tutti con gratitudine e devozione. Di origini statunitensi padre James nacque nell’agosto del 1929 a Cincinnati. Dopo l’ordinazione era stato inviato subito in missione in Nepal, come docente nella scuola di San Francesco Saverio a Godavari e Jawalakhel. Da allora ha speso la vita per l’insegnamento dell’inglese ai giovani nepalesi contribuendo anche alla definizione del National Education System Plan introdotto nel Paese nel 1970. “Faceva sentire tutti i suoi studenti speciali“ il ricordo di Yougendra Sakya, che oggi dirige un hotel a Kathmandu. Gli fa eco Buddha Basnyat, oggi medico, che ricorda padre Donnelly come “una persona piena di vita”. Il sacerdote coltivava un animo sportivo, era infatti un appassionato di basket e si era innamorato delle vette himalayane. Basnyat lo descrive come “un uomo dall’umanità magnifica”. (A.V.)
Creta: nuovi attacchi vandalici nel cimitero cattolico di Chanià
◊ “L’unico settore questa volta non toccato è stato quello militare francese, dove riposano i soldati francesi caduti nei combattimenti per la liberazione di Creta (1896-1913)”, mentre “nel 2007 la distruzione è stata totale”. E’ la riflessione di mons. Fragkiskos Papamanolis, vescovo di Syros, Milos e Santorini, in riferimento agli attacchi vandalici consumatisi nella notte tra l’1 ed il 2 agosto scorso quando ignoti “hanno furiosamente danneggiato il Cimitero cattolico di Chanià, nell’isola di Creta, in Grecia, distruggendo le tombe dei morti, scoperchiando le tombe, spezzando i marmi e le croci, distruggendo le iscrizioni tombali”. E’ la quarta volta che accade un simile episodio già registrato nel marzo del 2005 e nell'ottobre del 2007. “In passato – ha affermato il vescovo Papamanolis – i danneggiamenti sono stati attribuiti a degli ignoti drogati. A quanto pare, però, andrebbero attribuiti a persone che vorrebbero allontanare o far scomparire il Cimitero cattolico da Chanià” ed ancora : “A tutti questi diciamo: 'Rispettate la memoria dei morti'”.“Due anni fa, quando era accaduto qualcosa di simile al Cimitero ortodosso di Constantinopoli,il nostro Governo lo aveva trasformato in problema nazionale”, ha ricordato il presule. “Però, quando le due volte precedenti il nostro Cimitero a Chanià è stato danneggiato da sacrileghi e vandali invasori – ha invece osservato –, tutte le autorità sono rimaste inerti, hanno coperto con il silenzio il problema e non hanno fatto niente per riparare l’oltraggio alla memoria dei morti, e nemmeno ci hanno aiutato per la reintegrazione dei danni”. Mons. Papamanolis rivolge una domanda: “Le ossa dei cristiani cattolici non si meritano forse il rispetto come le ossa dei nostri fratelli ortodossi?”. Infine l’appello: “Chiediamo ancora una volta ai Ministeri della Giustizia e dell’Ordine Pubblico di proteggerci perché le ingiustizie che subiamo, come Chiesa Cattolica, specialmente a Creta, si accumulano e si moltiplicano”. Su undici milioni di abitanti, la Grecia – scrive l’agenzia Zenit - conta solo 50mila cattolici greci (lo 0.5% della popolazione). Tuttavia, in meno di 20 anni, si è andato aggiungendo un alto numero di cattolici stranieri, polacchi, filippini, iracheni etc. – stabilitisi in terra ellenica soprattutto per ragioni di lavoro. Portando la comunità cattolica a 350mila unità. (A.V.)
A Casperia convegno sulla “Caritas in veritate”
◊ L’assessorato alla Cultura del comune di Casperia, in provincia di Rieti, ha organizzato un convegno sull’Enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate”. L’incontro si terrà stasera alle ore 18 presso la sala polivalente comunale di Casperia. Il convegno, dal titolo “L'Amore è nella Verità”, vedrà la partecipazione del vescovo di Sabina-Poggio Mirteto mons. Lino Fumagalli, del prof. Gian Franco Lami (docente di Filosofia politica alla Sapienza) e del prof. Paolo Armellini (docente di Storia delle dottrine politiche alla Sapienza). “Con questa Enciclica – si legge in una nota dell’assessore alla cultura di Casperia, Marco Cossu - Papa Benedetto XVI indica la rotta da seguire per una nuova e vera politica sociale”. (A.G.)
Afghanistan: luci e ombre sulle elezioni politiche a due giorni dalla chiusura delle urne
◊ "Una vittoria contro quelli che volevano impedire al popolo afghano di decidere il proprio futuro". Cosi gli osservatori dell’Ue commentano le elezioni afghane a due giorni dalla chiusura delle urne, pur sottolineando gli enormi problemi che hanno accompagnato le operazioni di voto. E a Kandahar i talebani avrebbero mantenuto fede alla terribile promessa di mutilare chi avesse osato recarsi alle urne, tagliando l’indice destro a due persone. Intanto il presidente uscente afghano, Hamid Karzai, e il suo principale rivale, Abdullah Abdullah, smorzano i toni della polemica causata da entrambe le parti con la rivendicazione della vittoria subito dopo la chiusura dei seggi. Da Kabul, Barbara Schiavulli:
Le donne che non hanno avuto un adeguato accesso al voto, la grossolana registrazione che fa rischiare brogli e la bassa affluenza, secondo gli osservatori europei hanno avuto un effetto sulle elezioni più negativo della violenza. “Impossibile ancora dire quante persone hanno votato di sicuro qui al nord e al centro”, ha detto il generale francese Morillon, presidente della Missione di osservazione europea. Grande attesa e tensione, nonostante gli appelli alla moderazione, per sapere chi abbia vinto le elezioni presidenziali in una Kabul cocente, rallentata dal primo giorno di Ramadan, il mese del digiuno islamico. Il conteggio è stato fatto ma non filtrano indiscrezioni. Bisognerà aspettare il 25 agosto per avere i risultati preliminari e la metà di settembre per avere quelli ufficiali, quando la commissione che si occupa dei brogli avrà vagliato tutte le denunce, almeno cento delle quali sono state firmate dallo stesso Abdullah Abdullah, il rivale del presidente Karzai, che rischia di andare al ballottaggio se non otterrà il 51 per cento delle preferenze. Intanto, sono ripresi i combattimenti, nel nord e nel sud sono stati uccisi una trentina di militanti, mentre uno dei responsabili delle teste di cuoio afghane è morto quando il suo veicolo è saltato su una mina insieme ad altri quattro militari nella provincia di Baghlan. Due poliziotti, invece, sono stati uccisi in un agguato nella periferia di Jalalabad.
Usa- Cina
Il presidente statunitense Barack Obama si recherà in visita a Pechino, in Cina, a metà novembre: lo ha reso noto oggi l'ambasciatore Usa nella capitale cinese. Sul tavolo dei rapporti sino-americani ci sono questioni spinose come quelle sulle politiche economiche e commerciali, le ambizioni regionali della Nord Corea e la sfida al cambiamento climatico.
Ripresa economica
L'economia mondiale ha evitato il peggio e inizia ad emergere dalla recessione. A dichiararlo, ieri, il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke. La ripresa, secondo il numero uno della Banca centrale americana, “all'inizio sarà lenta”. Il cauto ottimismo di Bernanke ha spinto in alto Wall Street e i listini europei che ieri hanno chiuso ai massimi da oltre 10 mesi. Ma il mondo è veramente uscito dalla crisi economica? Marco Guerra lo ha chiesto a Giacomo Vaciago, direttore dell’Istituto di Economia e Finanza dell’Università Cattolica di Milano:
R. – Già da aprile la produzione industriale ha smesso di scendere e nei mesi successivi questa ripresa si è consolidata. C’è però un problema: la ripresa è partita in Asia e nei Paesi emergenti quali Brasile, Cina, India, Singapore, Taiwan e così via. La vera sommessa è quanto questa ripresa potrà "contagiare" la domanda delle nostre economie, perché al momento sono ripartite le nostre esportazioni e quindi c’è ancora un rischio.
D. – E’ possibile prevedere una netta inversione di tendenza anche sul piano occupazionale?
R. – Non per ora. Settembre è ancora un mese molto pericoloso perché molte aziende, nella primavera di quest’anno, hanno licenziato poco rispetto alla caduta della produzione e quindi c’è un fabbisogno di riduzione del personale ancora presente.
D. – Secondo alcune stime, a settembre la crescita della Cina arriverà all’8,5 per cento ed è di oggi la notizia che Obama si recherà, a novembre, in visita a Pechino. Ormai l’asse dell’economia mondiale si è spostato sul Pacifico?
R. – Questa ripresa conferma quello che era già nell’aria negli anni scorsi: si era parlato di “Chimerica”, ossia China più America. Oggi Cina e Stati Uniti sono molto più convergenti rispetto ad Europa e Stati Uniti in quelli che sono gli interessi economici e strategici. L’Atlantico si è ampliato ed il Pacifico si è ridotto. Questo crea un problema enorme per l’Europa, perché noi, da soli, non contiamo più nulla.
D. – In questo quadro, quindi, quale sarà il ruolo dell’Europa e dell’Italia?
R. – L’Italia può solo far squadra in Europa ed io auspico sempre che il nostro governo riesca a lavorare con quello francese e tedesco. Insieme siamo ancora qualcuno. L’Europa deve chiaramente procedere sulla sua strada d’integrazione. I 27, insieme, hanno un Pil pari a quello americano e a quello di tutti i Paesi emergenti. Peccato che sono 27 Paesi non ancora uniti. L’unica speranza è che l’Europa dimostri di esistere.
Iraq
Tre soldati iracheni sono stati uccisi e altri 3 feriti in un attacco a Baghdad, nel primo giorno del Ramadan. Un altro soldato è morto in un secondo agguato avvenuto a Baquba, a 60 km dalla capitale. Ieri, intanto, nel Paese del Golfo, sono stati arrestati i componenti di un gruppo terroristico, fedeli a Saddam Hussein, ritenuti responsabili della catena di attentati di martedì scorso a Baghdad che hanno causato 95 vittime.
Iran
In Iran i religiosi conservatori si dicono contrari alla nomina di tre donne ministro, alla Salute, al Welfare e all'Istruzione, fatta dal presidente Mahmud Ahmadinejad giovedì scorso. Il dibattito sul nuovo esecutivo inizierà in Parlamento domani: il voto di fiducia è previsto il 30 agosto.
Libia
Continua a suscitare polemiche la vicenda dell’agente libico Megrahi, condannato all’ergastolo per la strage di Lockerbie e rilasciato dalle autorità scozzesi per le sue gravi condizioni di salute. Ieri il figlio del leader libico Gheddafi, in un’intervista, ha rivelato che il rientro nel Paese dell’agente è conseguenza di una serie di ''contratti per forniture di petrolio e gas'' stipulati negli anni scorsi fra Libia e Gran Bretagna. Immediata la smentita di Londra. Sempre ieri Gheddafi incontrando Megrahi, che si definisce vittima di un errore giudiziario, ha lodato il coraggio della Scozia.
Russia
Continua ad aggravarsi il bilancio, tuttora provvisorio, del disastro avvenuto lunedì scorso nella centrale idroelettrica di Sayano-Shushenskaya, in Siberia. La stima aggiornata dalle autorità russe parla di 66 morti accertati e ancora 9 dispersi. Nel frattempo proseguono le operazioni di bonifica dell'adiacente fiume Yenisei e dell'area circostante, dove si rischia la catastrofe ecologica a causa della fuoriuscita di un enorme quantitativo di olio combustibile.
Moldova
Il partito comunista moldavo, che ha perso la maggioranza dei seggi nelle ultime elezioni del 29 luglio dopo 18 anni ininterrotti di governo, ha annunciato che non parteciperà ad un governo di coalizione con gli oppositori liberali. Il quadro politico resta quindi caotico: quattro partiti di opposizione hanno dato vita ad una coalizione denominata “Alleanza per l'integrazione europea” e con i loro 53 seggi hanno i numeri per eleggere, la prossima settimana, il presidente del parlamento e anche il governo, ma non il nuovo presidente per il quale occorrono 61 voti. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 234
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