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Sommario del 13/08/2009
Lettera del Papa per il millennio della diocesi ungherese di Pécs. Le radici cristiane dell’Europa nel magistero di Benedetto XVI
◊ Un’occasione propizia affinché i fedeli mostrino una rinnovata fede e un particolare amore per la Chiesa e il Vangelo: è quanto scrive il Papa nella Lettera al cardinale Christoph Schoenborn, suo Inviato Speciale alle celebrazioni per il Millennio della diocesi ungherese di Pécs. L’arcivescovo di Vienna sarà dunque a Pécs il 23 agosto prossimo per celebrare i mille anni dell’istituzione della diocesi, denominata anche delle “Cinque Chiese”, avvenuta durante il Pontificato di Papa Sergio IV. Un evento che mostra quanto il Vangelo sia radicato nella storia di tutta l’Europa e che ci offre l’opportunità di riprendere alcune meditazioni di Benedetto XVI sulle radici cristiane del Vecchio Continente. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Europa sii te stessa: dall’inizio del suo Pontificato, Benedetto XVI esorta i popoli europei a non dimenticare le proprie radici cristiane. Un patrimonio inestimabile, una riserva di valori che anche oggi rappresenta un solido fondamento per la costruzione dell’Europa unita. Senza memoria non c’è futuro, sottolinea il Papa incontrando i vescovi della Comece, in occasione del 50.mo anniversario dei trattati di Roma, il 24 marzo 2007:
“Non si può pensare di edificare un’autentica 'casa comune' europea trascurando l’identità propria dei popoli di questo nostro Continente. Si tratta infatti di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo nei confronti dell’Europa. Tali valori, che costituiscono l’anima del Continente, devono restare nell’Europa del terzo millennio come 'fermento' di civiltà”.
Per non perdersi, l’Europa deve volgere lo sguardo a Cristo: è questo il messaggio che il Papa lancia nel suo viaggio apostolico in Austria, al Santuario di Mariazell, nel settembre del 2007:
“Come dimenticare che l’Europa è portatrice di una tradizione di pensiero che tiene legate fede, ragione e sentimento? Illustri filosofi, anche indipendentemente dalla fede, hanno riconosciuto il ruolo centrale svolto dal cristianesimo per preservare la coscienza moderna da derive nichilistiche o fondamentalistiche”. (Udienza generale 12 settembre 2007)
Recentemente il Papa torna a parlare delle radici cristiane dell’Europa nella sua visita all’Abbazia benedettina di Montecassino. Benedetto XVI rammenta che la cultura europea si basa sulla ricerca di Dio e sottolinea l’attualità del motto benedettino: “Ora et labora et lege”, “Preghiera, lavoro e cultura”:
“Nella vostra Abbazia si tocca con mano il ‘quaerere Deum’, il fatto cioè che la cultura europea è stata la ricerca di Dio e la disponibilità al suo ascolto. E questo vale anche nel nostro tempo”.
Richiamare le radici cristiane, sottolineare il valore del messaggio evangelico per la vita dell’Europa non mette in pericolo la dimensione di una “sana laicità”. Il Papa lo ribadisce nel suo viaggio pastorale in Francia, nel settembre dell’anno scorso:
“Il est en effet fondamental, d’une part, d’insister..”
“E’ fondamentale – avverte il Papa - da una parte, insistere sulla distinzione tra l’ambito politico e quello religioso al fine di tutelare sia la libertà religiosa dei cittadini che la responsabilità dello Stato verso di essi e, dall’altra parte, prendere una più chiara coscienza della funzione insostituibile della religione per la formazione delle coscienze e del contributo che essa può apportare, insieme ad altre istanze, alla creazione di un consenso etico di fondo nella società". Laicità, dunque, non significa riduzione della fede ad esperienza privata, intimista. Ciò vale in ogni ambito della vita, scuola compresa:
"La sana laicità della scuola, come delle altre istituzioni dello Stato, non implica infatti una chiusura alla Trascendenza e una falsa neutralità rispetto a quei valori morali che sono alla base di un’autentica formazione della persona”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Saggezza e umanità al servizio della persona umana: in prima pagina, Ferdinando Cancelli sulla riflessione bioetica in Francia.
Nell'informazione internazionale, un articolo di Luca M. Possati in merito all'intesa fra Stati Uniti e Ubs sul segreto bancario.
Pierluigi Natalia sulla missione di Hillary Clinton in Africa.
Silenzi e omissioni al tempo della Shoah: in cultura, Raffaele Alessandrini sulle posizioni di Washington e Londra di fronte alla tragedia degli ebrei europei.
Nella luce accecante del Mediterraneo: Sandro Barbagallo sulle opere di Joaquin Sorolla esposte al museo del Prado.
Un articolo di Silvia Guidi da titolo "Il teatro che non ti aspetti": identità e salvezza nell'opera di Bernard-Marie Koltes.
La strategia del dettaglio: Sabino Caronia sui racconti di Anita Desai.
Nell'informazione religiosa, Gianluca Biccini intervista monsignor Cesare Pasini, prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana.
Dibattito sulla sentenza del Tar contro l'ora di religione
◊ Continuano le polemiche in Italia dopo il pronunciamento del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, che ha escluso la partecipazione agli scrutini degli insegnanti di religione cattolica, ritenendo illegittimi i conseguenti crediti formativi. Il Ministro dell’Istruzione Gelmini, che ha annunciato ricorso presso il Consiglio di Stato, ha ribadito l’intenzione di voler “accrescere e valorizzare il ruolo degli insegnanti di religione” coinvolgendoli maggiormente sin dal prossimo anno in attività di formazione. Una sentenza, quella del Tar, secondo l’Osservatore Romano, che discrimina di fatto sei milioni di studenti e tutti quei docenti che, dopo un concorso, si trovano ora ad essere considerati professori di “serie B”. Federico Piana ha intervistato Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani:
R. – La tradizione religiosa italiana fa parte, in maniera costitutiva, delle tradizioni storico-culturali del nostro popolo. Cosa ha fatto fondamentalmente il Tar? Ha dequalificato i docenti di religione, riducendoli in qualche modo a docenti di 'serie B', e qualificando lo stesso insegnamento della religione, come un insegnamento privo di dignità didattica. Tant’è vero che i risultati, positivi o negativi, che un ragazzo potrebbe acquisire in questa disciplina, in base al Tar, dovrebbero essere completamente ignorati dal collegio dei docenti. Questo credo sia una vera e propria assurdità culturale, prima che giuridica.
D. – Il ministro dell’Istruzione Gelmini ha parlato di discriminazione...
R. – Poiché l’insegnamento della religione nasce, come sappiamo tutti, dal Concordato tra Stato e Chiesa, e poiché quello che ha fatto il Tar è comunque una lacerazione del Concordato, i cattolici giustamente potrebbero dire che questa sentenza del Tar si traduce di fatto in un atto di discriminazione nei loro confronti. E’ tutta la cultura italiana, però, che dovrebbe percepire questa sentenza del Tar come qualcosa che la ferisce, perché, ripeto, l’insegnamento della religione a scuola non ha nulla propriamente di confessionale, finalizzato al proselitismo, serve a far capire che non si può tagliar via la tradizione religiosa dalla storia e dalla cultura di un popolo. Ho tanta paura che, adottando prospettive inspiegabilmente laiciste, i magistrati del Tar non abbiano capito proprio questo: che se un giovane italiano cresce ed entra nell’età adulta, ignorando il fatto religioso cristiano, la sua identità culturale è terribilmente povera e lui sarà sempre un cittadino in qualche modo carente di una dimensione essenziale della sua formazione.
D. –Il Consiglio di Stato a questo punto cosa farà?
R. – Io mi auguro che il Consiglio di Stato faccia marcia indietro e annulli la sentenza del Tar. Certi attacchi laicisti alla tradizione cristiana sono palesemente pregiudiziali, muovono palesemente da atteggiamenti grottescamente dogmatici. Mai come quando attaccano la tradizione cristiana, i laici si danno la zappa sui piedi, negando uno dei presupposti della loro visione del mondo, e cioè il rispetto onesto nei confronti della realtà delle cose.
D. – Quindi, professore, il Tar ha fatto più un’operazione culturale che giuridica?
R. – Il Tar ha fatto una mediocre operazione culturale e speriamo che il Consiglio di Stato la sappia correggere.
Ma da quale atteggiamento muove la dicisione sull’ora di religione? Ascoltiamo al microfono di Antonella Palermo, il commento don Filippo Morlacchi, direttore per il Vicariato di Roma, dell’Ufficio per la Pastorale Scolastica:
R. – Sicuramente, un atteggiamento laicista o forse, più esattamente, anticlericale o avverso alla Chiesa cattolica, perché poi in realtà, tra i promotori di questa iniziativa ci sono diverse denominazioni cristiane non cattoliche e anche alcuni gruppi ebrei, il che significa persone che hanno un’intenzione, comunque, di promuovere la fede, il rapporto con Dio, la spiritualità. Unicamente, non vogliono che ci sia questo ruolo della Chiesa cattolica in Italia, e quindi c’è un atteggiamento forse più che contro la spiritualità, contro l’insegnamento della religione cattolica, considerato come una sorta di privilegio. A mio giudizio, non c’è nessun privilegio: è semplicemente una forma molto precisa, quello dell’insegnamento della religione cattolica in Italia, che si basa su alcuni principi molto chiari: viene insegnata da un docente che ha un’appartenenza cattolica esplicita e dichiarata ma non si richiede l’appartenenza confessionale degli studenti che ascoltano queste lezioni, proprio perché ha questo taglio culturale che serve ad inserire il ragazzo nella cultura italiana, dove certamente la Chiesa cattolica e il cattolicesimo costituiscono un elemento decisivo del patrimonio culturale della vita; potrebbe tranquillamente scegliere di ascoltare le lezioni di religione cattolica anche un ebreo o un musulmano! E di fatto, questo accade, perché si tratta di una formula particolare che da un lato lascia la grande libertà, il grande rispetto dell’interlocutore, dall’altra offre la garanzia che l’insegnamento avvenga secondo certi criteri.
D. – Cosa dovrebbero fare, secondo lei, gli insegnanti di religione cattolica a fronte di questa decisione?
R. – Adesso bisognerà vedere che cosa succede nei prossimi scrutini: in base alle innovazioni del ministro Gelmini, gli alunni che non hanno recuperato il debito formativo hanno questi scrutini di recupero che in alcune scuole sono stati fatti a fine luglio; in altre scuole si svolgeranno tra fine agosto e i primi di settembre. Probabilmente, lì ci sarà già un primo campo di battaglia: deve intervenire, non deve intervenire l’insegnante di religione … Io penso che l’insegnante di religione si debba comportare secondo logica e dire: se lo scrutinio di questi alunni si svolge con modalità diverse rispetto allo scrutinio degli alunni che sono stati scrutinati a giugno, si introdurrebbe una nuova disparità, una nuova ingiustizia. Quindi, per questi scrutini di settembre tutto dovrebbe continuare a svolgersi come è stato nella sessione estiva.
D. – Gli insegnanti di religione sono effettivamente considerati insegnanti di “serie B”?
R. – Qualcuno lo fa, certamente. Non credo che la maggioranza degli insegnanti di religione sia considerata di “serie B”, non tanto perché la disciplina in quanto tale ottenga loro il rispetto, ma perché con la loro capacità riescono a guadagnarsi la stima dei colleghi. Questo è il fatto, secondo me: cioè, nella maggior parte dei consigli di classe il parere dell’insegnante di religione è ascoltato con molto interesse. Mi sembra vero nella maggior parte dei casi, anche se certamente non in tutti e ci possono essere delle situazioni di insegnanti di religione non all’altezza del compito: questo non lo nego!, ma come succede in qualsiasi altra disciplina. Quello che è vero è che a partire dalla legge del 2003, gli insegnanti di religione sono stati anche immessi in ruolo. Quello che ha significato il ruolo per l’insegnante, cioè una loro legittimazione, lo sarebbe per la disciplina se ci fosse una valutazione seria. Cioè: come per l’insegnante di religione è stata una legittimazione agli occhi dei colleghi entrare in ruolo, per la disciplina “Insegnamento della religione cattolica” sarebbe una sorta di legittimazione pubblica se la valutazione di questa disciplina avvenisse esattamente alla pari con le altre discipline. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
I vescovi Usa: sì alla riforma sanitaria per tutti ma non diventi un veicolo per promuovere l’aborto
◊ In una lettera del cardinale Justin Rigali, arcivescovo di Philadelphia, alla Camera dei Rappresentanti statunitense, viene ribadita la posizione della Chiesa americana in tema di riforma dell’assistenza sanitaria. La lettera, datata 11 agosto, riprende e rafforza i concetti espressi dalla lettera indirizzata al Congresso dalla Conferenza episcopale statunitense il 17 luglio scorso. Il servizio di Fausta Speranza:
Il cardinale Rigali, presidente del Comitato pro-life dei vescovi statunitensi, ribadisce: la Chiesa appoggia con vigore la riforma dell’assistenza sanitaria, nella convinzione che sia “un diritto basilare per tutti gli esseri umani”, in particolare i più poveri e gli immigrati, e chiedendo che si distribuiscano i costi con equità. Da tempo si pronuncia a favore ribadendo il valore della vita e della dignità di tutti, ma chiede anche che la legge di riforma non sia “un veicolo per la promozione dell’aborto volontario”, ma che piuttosto “preservi il pluralismo e i diritti di coscienza”. In questo senso le perplessità sono chiare: attualmente le leggi federali e le polizze assicurative non prevedono l’aborto tra i benefit sanitari ed evitano che i soldi dei contribuenti sovvenzionino politiche contro la vita. Se la nuova riforma dovesse, come ipotizzato in alcune bozze, rimuovere questi paletti, la Chiesa che promuove il rispetto della vita dal suo concepimento alla morte naturale, non potrà che dirsi profondamente contraria. Il cardinale Rigali tra l’altro ricorda che tutto ciò non rappresenta la volontà della “maggioranza degli statunitensi che non vuole che l’aborto rientri nella copertura sanitaria”. Alla Camera dei Rappresentanti i vescovi statunitensi chiedono che vengano sostenuti gli emendamenti al testo di legge, che già esistono, che evitano tutto ciò. In particolare poi c’è un punto che preoccupa i vescovi che parlano di “mancanza seria”: il testo di legge proposto delega al Secretary of Health and Human Services il potere di inserire l’aborto senza restrizioni tra i benefit del piano di assicurazione sanitaria pubblica che il governo metterà a punto per tutti gli Stati Uniti. “Questo sarebbe un cambiamento radicale”, affermano i vescovi: “finora la legge federale ha escluso molte opzioni di aborto dai pacchetti di assicurazione sanitaria per impiegati e nessun programma sanitario federale impone la copertura dell'interruzione volontaria di gravidanza”.
Bce: la recessione mondiale sta per finire. Ripresa nel 2010
◊ “La recessione globale è al punto di svolta. L’economia rimarrà debole nel 2009 ma per il prossimo anno è in vista una graduale ripresa”. Così la Banca Centrale Europea, che nel proprio bollettino di agosto prevede per il Pil dell’area euro una diminuzione del 4,5%, quindi una crescita dello 0,3% nel 2010 e dell’1,5% nel 2011. Un ritratto che segna la fine della fase di emergenza della crisi, ma anche una crescita della disoccupazione. Segnali positivi da Francia e Germania, che a sorpresa registrano un Pil positivo con un +0,3%. Su questi dati, Linda Giannattasio ha raccolto il commento del professor Stefano Zamagni, ordinario di Economia Politica all'Università di Bologna.
R. - Era stato previsto già da tempo che agli inizi del nuovo anno l’economia avrebbe ripreso a marciare, il che è ovvio. Da quando esiste l’economia di mercato tutti sanno che ci sono gli andamenti ciclici e dopo una crisi c’è la ripresa. Il vero problema non è questo: è come sarà la ripresa. Ecco perché le fasi di crisi dovrebbero essere viste come opportunità per interrogarsi sul modello di sviluppo economico, perché se dopo questa fase acuta della crisi noi riprendiamo la strada degli ultimi anni basata sull’eccesso di consumi, sulla produzione di cose inutili, con la conseguente sovrapproduzione, andremo incontro a un’altra crisi, magari tra dieci, quindici anni.
D. - Un altro capitolo toccato da Francoforte è l’inflazione. Secondo la Bce la fase attuale caratterizzata da tassi di inflazione molto bassi è comunque di breve durata…
R. - Temo che abbiano ragione, perché in questi ultimi due anni i governi, italiano ma soprattutto americano e inglese, hanno immesso denaro per salvare delle grosse imprese dalla crisi; questo evidentemente ha aumentato enormemente il debito pubblico. Con l’aumento del tasso di inflazione questi Stati tendono in maniera forzata a costringere i cittadini a finanziare i loro debiti. Il vero problema è di fare in modo che questo tasso di inflazione inevitabile non raggiunga livelli insopportabili: il 3, al massimo il 4 %, è tollerato.
D. - Segnali positivi, invece, si sono registrati per Francia e Germania. Quali sono le misure messe in atto da questi Paesi?
R. – Nel 2006 la Francia ha approvato una legge che istituisce il Cesu, una specie di sistema di voucher per consentire alle persone o disoccupate oppure desiderose di migliorare i propri redditi mensili, di fare lavori artigianali presso famiglie. Il risultato è che nel giro di due anni in Francia sono nate centomila botteghe artigianali creando oltre un milione di posti di lavoro. Qualcosa del genere ha fatto la Germania su altri fronti. Il che allora dimostra che quando un Paese riesce ad avviare un’innovazione sociale, cioè un modo nuovo di affrontare i temi sociali, si può cambiare.
Afghanistan: uccisi 14 civili. Intervista al generale Bertolini
◊ Ancora violenze in Afghanistan, nell’approssimarsi delle elezioni presidenziali del 20 agosto, che chiameranno alle urne 17 milioni di persone. Quattordici civili, tra cui 11 membri della stessa famiglia, ed un soldato statunitense sono stati uccisi nelle ultime ore in diverse esplosioni nel sud del Paese. A Helmand, una bomba posta sul ciglio di una strada è stata fatta esplodere al passaggio di un furgoncino che trasportava dodici civili. Unica superstite: una bambina di sei anni. Un altro ordigno è saltato in aria a Kandahar: tre le vittime, tutti bambini. Sempre nella parte meridionale, un’altra bomba ha colpito un convoglio della Nato, uccidendo un militare Usa. Nella zona, proprio ieri le forze americane e britanniche hanno lanciato una nuova operazione contro gli insorti talebani. E l'ex presidente Rabbani è sfuggito ad un attentato talebano nella provincia settentrionale di Kunduz. Un momento, dunque, particolarmente difficile per il Paese, come spiega il generale Marco Bertolini, capo di Stato Maggiore della missione Nato Isaf in Afghanistan, intervistato da Fabio Colagrande:
R. – Questa è una fase difficile, una fase impegnativa. Noi stiamo aiutando le forze afghane ad esercitare il controllo su tutto il territorio. Per le prossime votazioni, ci sono moltissime stazioni elettorali in tutta l’area. E per alcune zone naturalmente siamo un po’ preoccupati, però siamo anche ottimisti. Crediamo che il desiderio degli afghani di arrivare ad una situazione di normalità nel loro Paese potrà avere la possibilità di essere soddisfatto.
D. – Quali sono i maggiori timori in vista dell’appuntamento elettorale?
R. – Il fatto che gli insorti abbiano deciso di boicottare o ostacolare il processo elettorale è un grosso problema, perché ciò potrebbe portare molti elettori afghani a rinunciare ad esercitare il loro diritto di voto. Proprio per questo, stiamo cercando di aiutare l’esercito afghano e la polizia locale ad aumentare il controllo sul territorio, in modo da dare fiducia agli elettori e consentire loro di raggiungere le stazioni elettorali.
D. – La polizia e l’esercito afghani hanno bisogno del vostro aiuto per garantire la sicurezza nei seggi elettorali?
R. – La sicurezza nei seggi elettorali verrà assicurata dalla polizia e dall’esercito afghano, in questo ordine. Noi rimarremo “in riserva”. Non disperderemo la nostra forza sul territorio, ma la manterremo in modo da poter intervenire ovunque, rapidamente, utilizzando tutti i mezzi, nel caso ci fossero problemi maggiori. Ma speriamo che questo non succeda.
D. – Generale, come capo di Stato Maggiore della missione Isaf in Afghanistan, qual è la sua valutazione sugli ultimi mesi, che sono stati particolarmente impegnativi, con attentati sempre più frequenti verso le truppe Nato?
R. – Ci troviamo nel pieno della cosiddetta “fighting season”, la stagione dei combattimenti, nella quale gli insorti danno – diciamo così – il peggio di sé da un punto di vista bellico. In alcune zone - soprattutto nel sud dell’Afghanistan, nella provincia di Helmand, dove operano inglesi e americani – ci troviamo a fronteggiare un’azione militare veramente forte da parte degli insorti: non si tratta di attentati, si tratta di azioni militari vere e proprie. Però, nonostante questo, siamo in condizioni di continuare ad esercitare il controllo del territorio, anche se stiamo pagando un altissimo prezzo in termini di vite umane dei nostri soldati – parlo dei soldati di Isaf – dei soldati afghani e naturalmente anche dei civili afghani. Tutto il Paese sta pagando un prezzo veramente altissimo per questa guerra che c’è tra gli insorti e il governo afghano.
D. – Quali sono le maggiori difficoltà che trovano i soldati italiani in particolare nello svolgere la loro missione?
R. – Si trovano a fronteggiare un’insurrezione armata ben equipaggiata ed addestrata notevole. La difficoltà è anche quella che noi non vogliamo limitarci ad esercitare il nostro sforzo da un punto di vista bellico. Vogliamo soprattutto supportare e proteggere la popolazione.
A Fatima, pellegrinaggio per i migranti guidato dall'arcidiocesi brasiliana di Porto Alegre
◊ Si conclude oggi in Portogallo il pellegrinaggio internazionale di agosto al Santuario di Fatima, presieduto dal vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Porto Alegre, mons. Alessandro Carmelo Ruffinoni. Il pellegrinaggio rientra nell’ambito della Settimana del migrante che si concluderà sabato prossimo in Portogallo. Sul significato di questa Settimana ascoltiamo, al microfono di Cristiane Murray, collega della redazione brasiliana, mons. Alessandro Carmelo Ruffinoni:
R. – E’ una settimana intensa di preghiere, di incontri, che culminerà con la fiaccolata di notte, con la recita del Rosario. Durante la Santa Messa, terminata a mezzanotte con la processione della Madonna, il popolo, tutto intorno, pregava, cantava con le fiaccole, con le candele. Quest’immagine mi ha ricordato Papa Giovanni XXIII che, guardando il popolo riunitosi per salutare l’apertura del Concilio ecumenico Vaticano II, si commosse talmente tanto da iniziare a dire: “Guardate, persino la luna è venuta a godersi questo spettacolo di fede di tante persone”. Tante persone erano lì per chiedere allo Spirito Santo una nuova luce, un nuovo spirito per la Chiesa. Il Concilio Vaticano II senz’altro è stato, e continua ad essere, una grande apertura della Chiesa al mondo. Anche qui si è voluto ripetere questo gesto di fede, questa presenza di piccole candele che sono piccole luci che ogni cristiano ha nel suo cuore, perché la grande luce è Gesù!
D. - Quale testimonianza volete dare?
R. - Noi vogliamo portare Gesù al mondo, al mondo che ancora ha bisogno di Dio, di fraternità, di solidarietà. Questi migranti sono gli strumenti – come diceva Giovanni Battista Scalabrini – nelle mani della Provvidenza, per spargere nel mondo Dio, la fede, la fraternità. Con questo gesto noi vogliamo anche dire che il problema migratorio non possiamo risolverlo solo con le leggi. Nessuno può fermare le migrazioni.
D. - Come aiutare i migranti?
R. - Dobbiamo aiutare i migranti ad essere accolti. Senz’altro il dialogo, sia della Chiesa e sia soprattutto degli Stati tra di loro, è importante per poter vedere come meglio risolvere questo problema. E’ un fenomeno, quello delle migrazioni, che esiste da quando esiste il mondo, per cui dobbiamo vedere insieme come possiamo meglio accogliere questo desiderio dell’uomo di volere una vita migliore, di volere per la sua famiglia una scuola, un ospedale, un lavoro, una casa migliore di quelli che ha.
Nel segno di Maria il meeting dei giovani dell'Associazione Opera dell'Amore
◊ È la spritualità mariana ad ispirare anche quest’anno il 18.mo meeting internazionale dei giovani di San Martino di Schio, nel vicentino, organizzato dall’Associazione Opera dell’Amore. Da oggi fino a domenica prossima ragazzi di tutta Europa si confronteranno attraverso la preghiera, la catechesi, le testimonianze e la musica sui profondi valori di vita e di fede cristiana. Al microfono di Mariella Pugliesi, Lino Eupani, del comitato organizzativo del meeting, si sofferma sui valori fondanti della manifestazione mariana:
R. – E’ nato soprattutto dall’esigenza di andare incontro ai giovani per far ritrovare loro la fede – per chi l’aveva un po’ smarrita – oppure per farli camminare in una fede più sicura. Quindi proponiamo una riscoperta della devozione mariana per fare incontrare la Vergine in maniera speciale con la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria. L’intento del Meeting è andare incontro ai giovani con vari strumenti, come la musica, però anche con tanta preghiera per portarli più vicini a Maria perché sappiamo che con Lei si cammina meglio nel nostro cammino di fede.
D. – Tema di riflessione di quest’anno è: “Tutti tuoi, o Maria – testimoni di speranza”. Ci spiega il significato?R. – Come ogni anno, noi seguiamo l’indirizzo che ci dà il Papa. Traiamo spunto dalla sua riflessione per tutti i giovani, in particolare dal suo messaggio di speranza. Dunque, i giovani testimoni di speranza in questo mondo così difficile ma meraviglioso per loro, in cui manca la misura, manca l’approccio giusto … C’è tanta disperazione tra i giovani! Noi vogliamo che tramite Maria, tramite questa conoscenza, si riesca a riportare la speranza nel loro futuro, nella loro vita, per indirizzarli appunto su binari più sicuri.
D. – Durante le quattro giornate di incontro, diverse saranno le attività in programma. Grande attesa per la tappa del tour 2009 del Festival internazionale di musica cristiana …
R. – Questo è un appuntamento ormai fisso: qui "giochiamo in casa", perché il Festival è organizzato da Radio Kolbe. Abbiamo dei protagonisti molto interessanti: abbiamo Giada Nobile da Roma che ha partecipato al musical “Madre Teresa”; poi abbiamo la nostra corale “Regina dell’amore”, e una proposta nuova, Francesco Dal Poz, un ragazzo di 14 anni.
D. – La vostra associazione è profondamente legata ad una forte vocazione mariana: da dove nasce?
R. – Questo nasce molti anni fa, dall’’85, in cui il nostro fondatore – Renato Baron, che è venuto a mancare nel 2004 – ha vissuto un'esperienza straordinaria: la presenza di Maria in questi luoghi. E noi, tramite il nostro fondatore che ha avuto questo carisma così straordinario, abbiamo riscoperto il valore della presenza mariana, soprattutto dell’aiuto di Maria in questi tempi difficili.
D. – Dunque, un supporto della spiritualità di Maria per i giovani?
R. – Assolutamente sì! Abbiamo visto come Giovanni Paolo II, con la sua vocazione mariana, è riuscito negli anni del suo Pontificato a far ritrovare milioni di giovani intorno a lui. Siamo sempre stati fedelissimi con il nostro carisma a Giovanni Paolo II e lo siamo ora a Benedetto XVI. Vogliamo essere sempre fedeli servitori del nostro Santo Padre!
Cile: i vescovi chiedono un indulto per il bicentenario dell'indipendenza
◊ Ieri, i membri della presidenza della Conferenza episcopale del Cile, sotto la guida del vescovo di Rancagua e presidente dell’episcopato, mons. Alejandro Goic, hanno avuto un “dialogo fecondo e gentile” con il presidente della Repubblica, la signora Michelle Bachelet, che aveva invitato giorni fa i presuli ad un pranzo di lavoro. In un comunicato dell’episcopato si precisa che si è parlato di diverse questioni e tra queste della proposta dei vescovi di pensare ad un “indulto giubilare” nel contesto delle celebrazioni del Bicentenario dell’indipendenza nazionale. Il comunicato, che lo stesso mons. Goic ha letto alla stampa alla fine dell’incontro, “ringrazia la generosa disponibilità del presidente a dialogare su differenti temi che preoccupano la società cilena, il governo e la Chiesa”. “Abbiamo espresso al presidente, ha osservato il presule, l’interesse della Chiesa affinché questa ricorrenza così importante possa essere un’occasione propizia per riflettere tutti insieme, con lungimiranza, sui grandi valori che caratterizzano la nostra convivenza, e che sono parte di ciò che il defunto cardinale Raúl Silva Henríquez chiamò ‘l’anima del Cile’ ”. D’altra parte si rileva che i vescovi hanno consegnato alla presidente “i fondamenti che la Conferenza episcopale ha elaborato per chiedere che sia concesso un indulto giubilare in occasione delle feste del Bicentenario per le persone che sono state condannate dai tribunali di giustizia”. Mons. Goic, ha però precisato che i presuli si sono riservati la possibilità di consegnare, prossimamente, “una proposta concreta quando si creeranno le condizioni per un dialogo cittadino sereno, condizione necessaria per un’iniziativa di questo tipo”. “Ad ogni modo ringraziamo la buona disponibilità che si è riscontrata e che, grazie a Dio, ha trovato in ampi settori quell’atteggiamento di misericordia adeguato e che sgorga dal nostro mandato evangelico sulla scia delle antiche tradizioni bibliche, nonché della storia della nazione”. All’incontro, che ha avuto un’ampia eco sulla stampa cilena che da diverse settimane parla sulla possibilità di quest’indulto, hanno presso parte anche l’arcivescovo della capitale, cardinale Francisco Javier Errázuriz e altri quattro vescovi. Da parte sua la signora Bachelet era accompagnata dal ministro degli Interni e altri suoi collaboratori della Segreteria generale della presidenza. Occorre ricordare che la questione dell’indulto in Cile tocca aspetti giuridici legati al passato, in particolare al lungo periodo del regime militare così come ai successivi processi e condanne per violazione dei diritti umani. La questione divide ancora fortemente alcuni settori dell’opinione pubblica e perciò, da più parti, si ritiene che la proposta dei vescovi incida direttamente sui necessari sforzi che la società cilena deve fare per camminare verso una vera, duratura e definitiva riconciliazione. (A cura di Luis Badilla)
Colombia. Il cardinale Castrillón Hoyos: contatti con le Farc per la liberazione dei sequestrati
◊ Alla fine di un incontro, ieri, con il presidente della Colombia, Alvaro Uribe, il cardinale Darío Castrillón Hoyos, ha detto alla stampa locale di aver avuto contatti telefonici con Alfonso Cano, massimo esponente delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) e, al tempo stesso, il porporato ha confermato l’interesse del capo di Stato per auspicati dialoghi di pace con questo gruppo armato. “Alcuni capi dell’opposizione armata” - ha detto il cardinale Castrillón Hoyos secondo l’agenzia Efe - “hanno parlato con me, sono venuti a casa mia e hanno espresso la loro volontà di dialogo”. In concreto il porporato ha fatto il nome del leader delle Farc, Guillermo León Sáenz, che si fa chiamare Alfonso Cano, scusandosi perché non ricordava il nome del secondo interlocutore. E’ noto che la Chiesa colombiana, da diversi mesi, e ultimamente con il plauso del governo, è impegnata in diverse possibili trattative con la guerriglia, con lo scopo di mettere fine alla terribile piaga dei sequestri. In concreto, i presuli a più riprese hanno dichiarato di voler fare tutto il possibile per raggiungere presto la liberazione di tutte le persone sequestrate, alcune delle quali da parecchi anni. Dopo le dichiarazioni del porporato alcuni organi di stampa, a conoscenza della posizione di Alfonso Cano, pubblicata oggi sulla rivista “Cambio”, hanno messo in dubbio la sincerità delle Farc poiché, scrivono, il leader della guerriglia è “molto duro, radicale e aggressivo” sia con il presidente Uribe sia con le prospettive di un dialogo. Il direttore della rivista Rodrigo Pardo ha detto che queste dichiarazioni sono molto lontane “dall’apertura politica e militare” che Cano aveva lasciato intravedere quando tempo fa assunse la leadership delle Farc dopo la morte, nel 2008, del suo fondatore, l’anziano Manuel Marulanda. Secondo Pardo la guerriglia non ha nessuna fiducia nel governo e non si fida del presidente, soprattutto da quando si parla della possibilità di far sbarcare in Colombia soldati statunitensi come ha lasciato intravedere lo stesso Alvaro Uribe. Questo per ora annunciato accordo militare tra Bogotà e Washington è stato, lo scorso 28 luglio, rifiutato con parole molto dure da parte delle Farc che lo ha definito “un atto di tradimento della patria”. In questo contesto la stampa sottolinea le parole del cardinale Darío Castrillón Hoyos che testimoniano, dopo il suo incontro con il presidente, che Alvaro Uribe “lascia le porte aperte al dialogo con lo scopo di raggiungere un accordo umanitario” sulla liberazione degli ostaggi, da un lato, e dei guerriglieri incarcerati attualmente. (L.B.)
Repubblica Centrafricana: 700 mila bambini rischiano la morte per fame
◊ Nella Repubblica Centrafricana 700 mila bambini di età fino a cinque anni sono al limite della sopravvivenza e rischiano la morte per fame. E’ quanto afferma in una nota l'Unicef che denuncia un drammatico aggravamento della malnutrizione dei bambini, che ha ormai superato la soglia d'emergenza. Secondo il rapporto dell'Unicef, ripreso dall’Osservatore Romano, lo stato nutrizionale dei bambini si è degradato rapidamente soprattutto nel sud del Paese. Studi di valutazione condotti dagli esperti dell'Unicef nelle province meridionali di Mambere Kadei, Sangha Mbaeré e Lobaye, hanno rivelato che il 16 per cento dei bambini con meno di cinque anni d'età soffre di malnutrizione acuta. Il 6,6 per cento sono nello stato definito di malnutrizione severa acuta, quello con altissime probabilità di morire di fame. Nella Repubblica Centroafricana la malnutrizione è strettamente legata all'estrema povertà del Paese, dove oltre il 60 per cento degli abitanti vive con meno di 1,25 dollari al giorno, al di sotto cioè di quella che i parametri internazionali definiscono soglia di povertà. Negli ultimi mesi la situazione economica del Paese è ulteriormente peggiorata per la caduta dei prezzi nel settore minerario, principale risorsa locale, in conseguenza della crisi economica e finanziaria globale. (A.L.)
Orissa: massima allerta nel primo anniversario delle violenze anticristiane
◊ Dodici plotoni dell’Orissa State Armed Police force e 500 funzionari delle forze speciali di polizia dispiegati nel Kandhamal per la festa indù di Janmastami. Nell’estate del 2008 la ricorrenza era stata segnata dall’omicidio di un leader estremista indù, lo Swami (maestro) Laxmanananda Saraswati, avvenuto il 23 agosto, da cui hanno avuto origine le violenze indù contro le comunità cristiane dell’Orissa. Quest’anno il Janmastami cade il 13 ed è considerato dai fedeli indù come il primo anniversario dell’omicidio dello Swami. Tutte le stazioni di polizia del Kandhamal sono in stato di massima allerta e una compagnia del Central Reserve Police Force (Crpf) staziona nel distretto. Suor Suma, missionaria della Carità nella parrocchia di Shankarakole, spiega ad AsiaNews che il loro villaggio “è in una zona molto delicata, vicinissima al Samadhi di Guruji, il luogo di sepoltura dello Swami”. Il 25 agosto scorso la parrocchia è stata una delle prime a subire gli attacchi indù. Gli scontri causarono la morte di padre Bernard Digal, picchiato per ore dai fondamentalisti e deceduto per le ferite riportate nell’assalto. Il sacerdote era andato a Shankarakole per incontrare il parroco, padre Alexander Chandi. Padre Chandi è sopravvissuto alle violenze e oggi continua a vivere tra la gente del villaggio “per portare l’amore di Dio alla gente, aiutarla a ricostruire la loro vita e la comunità, e prepararsi a nuove prove se queste dovranno arrivare”. Il clima di minaccia e insicurezza continua ad essere palpabile in molti villaggi del distretto e la situazione non è diversa in altri Stati indiani. È dell’11 agosto scorso la notizia diffusa dall’All India Christian Council di un assalto ad alcune opere caritative della comunità protestante del distretto di Annigere Gadag, nel Karnataka. Attivisti del movimento indù Rashtriya Swayamsevak Sangh hanno attaccato i locali dove la Chiesa evangelica svolge un programma di assistenza ai bambini accusando i presenti di compiere conversioni forzate. (V.V.)
A Manila la plenaria della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche
◊ Il cristianesimo in Asia “ha bisogno di un rinnovamento continuo” e “della costruzione di una vera Chiesa locale” capace di dialogare con le culture, le religioni e i popoli del continente. Sono le parole di mons. Orlando B. Quevedo, arcivescovo di Cotabato (Filippine). Il segretario della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche (Fabc), ha aperto così la IX Assemblea plenaria dell’organismo, fondato nel 1975, che in questi giorni raccoglie a Manila 137 delegati in rappresentanza di 23 Paesi del continente. Dopo l’incontro del 2004 in Corea, dedicato al ruolo della famiglia in Asia, i vescovi del continente si ritrovano nella capitale filippina per sei giorni di lavori, fino al 16 agosto, sul tema “Vivere l’Eucaristia in Asia”. Il IX incontro della Fabc, riferisce l'agenzia AsiaNews, si è aperto il 10 agosto con una Messa solenne presieduta dal cardinale Francis Arinze, inviato speciale di Benedetto XVI alla Plenaria. Il prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino ha ricordato nella sua omelia che il tema scelto per l’incontro è decisivo per il futuro della Chiesa nel continente. Aprendo i lavori mons. Quevedo ha parlato della missione della Chiesa in Asia. Il continente, che raccoglie il 60% della popolazione della terra, attende la parola di Dio e si offre alla Chiesa come un luogo d’incontro. “In molti posti dell’Asia - ha ricordato il presule - la testimonianza silenziosa della fede resta l’unico modo per proclamare il regno di Dio”. Per il vescovo di Cotabato i cristiani del continente sono invitati a guardare l’esempio di questi fedeli per far fiorire una nuova evangelizzazione. Essa deve partire “dalla costruzione di una vera Chiesa locale” attenta soprattutto ai giovani e ai poveri, e impegnata nella formazione dei fedeli laici a una fede consapevole, missionaria e capace di un’autentica partecipazione alla vita delle comunità. (V.V.)
Sudafrica: vita e ministero dei sacerdoti all’esame dell’assemblea dei vescovi
◊ Vita e ministero dei sacerdoti: è il tema su cui si è concentrata, venerdì scorso, l’attenzione dei presuli della Southern African Catholic Bishops Conference (Sacbc) riuniti a Mariannhill in Sudafrica per l’annuale assemblea plenaria. Il Comitato per la formazione permanente ha continuato la discussione su un progetto di ricerca che ha per tema “vita e ministero dei sacerdoti nell'Africa australe”. Il progetto ha suscitato tra i membri del comitato un approfondito dibattito in quanto l'argomento è di estrema attualità in vista del grande pellegrinaggio a Roma che si svolgerà nel giugno del 2010. Ai presuli è stato presentato inoltre un documento del Dipartimento di giustizia e pace della Southern African Catholic Bishops Conference sul rafforzamento delle strutture di base delle Chiese locali e sulla necessità di farle partecipare ai processi in favore delle riforme agrarie per distribuire i terreni coltivabili agli agricoltori diretti. Tali strutture, secondo la relazione del Dipartimento di giustizia e pace, sono gli agenti più attivi per sensibilizzare le popolazioni locali ai problemi ambientali più gravi, quali la deforestazione di ampie aree boschive e lo sfruttamento indiscriminato delle risorse minerarie che a causa dell'inquinamento delle acque sorgive. Gli altri temi esaminati nel documento riguardano i rapporti tra i rappresentanti della Chiesa e le autorità locali e la necessità di difendere i più deboli dalle prepotenze dei potenti attraverso un efficiente sistema di difesa legale. Viene anche esaminato il divario nel mondo scolastico tra il grande numero degli studenti che iniziano i corsi e quello, invece molto minore, di coloro che riescono a terminare gli studi. Nel corso dell'assemblea, è stata data la parola infine ad alcuni rappresentanti del volontariato cattolico, impegnati nell'opera di evangelizzazione del loro ambiente sociale, o tra i colleghi dell'ambiente di lavoro. (L.Z.)
Burundi: grande partecipazione al primo incontro dei giovani cattolici dei Grandi Laghi
◊ Migliaia giovani cattolici hanno partecipato alla prima edizione delle Giornate regionali della gioventù che si sono svolte dal 29 luglio al 3 agosto a Bujumbura in Burundi. Per preparare questo evento, a cui hanno partecipato ragazzi e ragazze provenienti da molte diocesi del Burundi, del Rwanda e dalla Repubblica Democratica del Congo, l'arcivescovo di Gitega, mons. Simon Ntamwana, si era recato nei giorni precedenti a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, per partecipare, in qualità di presidente dell'Associazione delle Conferenze Episcopali dell'Africa Centrale (Aceac), ai lavori del Comitato permanente e dell'assemblea plenaria dei presuli della Conferenza episcopale nazionale del Congo. Nel corso delle Giornate regionali della gioventù, vescovi e sacerdoti delle tre nazioni africane hanno annunciato il messaggio evangelico a migliaia di giovani entusiasti di potere per la prima volta incontrarsi e conoscersi grazie all'opera di riconciliazione svolta dalla Chiesa cattolica. Mons. Evariste Ngoyagoye, arcivescovo di Bujumbura e presidente della Conferenza dei vescovi cattolici del Burundi (Cecab) ha celebrato la Messa inaugurale dell'incontro. Il primo agosto, dopo una cerimonia dedicata al tema della pace, i giovani hanno piantato un piccolo albero nella piazza centrale di Bujumbura. A questa pianta è stato dato un valore simbolico: la sua crescita sarà anche la crescita dello spirito di pace tra le diverse etnie che abitano la regione dei Grandi Laghi. Nel corso dei lavori del Comitato permanente e dell'assemblea plenaria, i presuli hanno esaminato il futuro programma per la celebrazione di un doppio anniversario. Dal 30 novembre al 6 dicembre, infatti, si terranno speciali eventi a Kinshasa per la ricorrenza del venticinquesimo anno di fondazione dell'Associazione delle Conferenze episcopali dell'Africa centrale e del cinquantesimo anniversario della nomina della gerarchia ecclesiastica locale. (V.V.)
Brasile: le Monache Clarisse tornano nello Stato di Bahia
◊ Grazie all’interessamento di Dom Itamar Vian, arcivescovo di Feira de Santana, e di padre Rubival Cabral Britto, Ministro Provinciale dei Frati Minori Cappuccini della provincia Nossa Senhora da Piedade di Bahia-Sergipe, le Monache Clarisse hanno riaperto un monastero nello Stato di Bahia (Brasile). Arrivate dal Portogallo nel 1677, si stabilirono a Salvador, da dove si allontanarono nel 1916, costrette dalla situazione politica del tempo, che impediva, tra l’altro, di ricevere vocazioni. Nel dicembre scorso le Monache sono tornate, non più a Salvador, ma a Feira de Santana, la maggiore città dello Stato dopo la capitale. Vengono dal monastero di Belo Horizonte, capitale dello Stato di Minas Gerais, e sono sette, compresa una novizia e due postulanti. Momentaneamente sono ospitate in una casa di proprietà dell’arcidiocesi. Prossimamente, però, inizieranno i lavori per la costruzione del monastero, come ha annunciato l’arcivescovo durante la solenne concelebrazione per la festa di Santa Chiara, a cui hanno partecipato oltre 200 persone. Il terreno è già stato donato dall’arcidiocesi e quanto prima verrà posta la prima pietra nel “Bairro do Papagaio”, una zona in forte espansione e in cui si trova già un seminario con oltre un centinaio di seminaristi provenienti dalle diocesi di Feira de Santana, Paulo Afonso, Serrinha, Ruy Barbosa, Bomfim, Irecé e Barra. L’arcidiocesi si aspetta molto dalla presenza delle contemplative, soprattutto un maggior impegno cristiano nella vita quotidiana e una più assidua partecipazione ai sacramenti, in modo da contrastare l’impressionante espansione delle sette, che in Brasile hanno trovato (e trovano) un terreno incredibilmente fertile. (A cura di padre Egidio Picucci)
Universitari cattolici a Camaldoli per parlare di bioetica e questione antropologica
◊ “Atti degli Apostoli. Cittadini del mondo, cittadini del regno”; “La questione antropologica e le sfide della bioetica”. Sono questi i temi affrontati durante le Settimane teologiche della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (Fuci) appena conclusesi; un appuntamento che da oltre settant'anni richiama i giovani della Fuci nel monastero benedettino di Camaldoli, nell'Aretino. Anche quest'anno — per ognuna delle due settimane — una settantina di universitari provenienti da tutta Italia si sono ritrovati perpetuando una tradizione iniziata da Giovanni Battista Montini negli anni Trenta. Nella Prima Settimana Teologica, svoltasi dal 26 luglio al primo agosto la riflessione è stata guidata dal biblista padre Paolo Bizzeti, gesuita, e da Franco Riva, docente di etica sociale all'Università cattolica di Milano. Partendo dal testo degli Atti degli Apostoli si è discusso sulla duplice cittadinanza dei cristiani. Si è parlato di come poter testimoniare che il mondo e la storia sono per il cristiano non semplici contenitori della sua vita che pur proviene da altra sede e ad altro è destinata, ma “luoghi di santificazione, perché solo in essi e attraverso essi egli raggiunge la sua vera patria”. Nella seconda settimana, svoltasi dal 2 all'8 agosto, si è parlato di sfide della bioetica. Il principio fondamentale della dignità della persona umana pare, pur con notevoli sfumature, comune al pensiero religioso come a quello non religioso, ma non per entrambi l'affermazione di questa dignità presuppone una considerazione coincidente del valore della vita umana. (V.V.)
Il Consiglio di Sicurezza si divide sulla difesa di Aung San Suu Kyi
◊ Cresce l’indignazione dell’opinione pubblica internazionale per la condanna di Aung San Suu Kyi. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, si unisce alle richieste dell'Unione Europea e dell'Onu per la liberazione "immediata" e "senza condizioni" della leader dell'opposizione e degli altri detenuti politici. In seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è tuttavia consumata l’ennesima divisione su un testo di condanna nei confronti del Myanmar. Il servizio di Marco Guerra:
Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu era convocato ieri in seduta straordinaria per redigere un documento critico nei confronti della giunta militare birmana ma le perplessità di alcune nazioni si sono concretizzate con il rifiuto adottare la bozza promossa dagli Stati Uniti. La Cina, che aveva già intimato di rispettare la sovranità della giustizia birmana, ha espresso fin da subito la volontà di bloccare la dichiarazione di condanna. Determinanti anche i dubbi di Russia, Vietnam e Libia. La riunione dei 15 membri dell’organismo dell’Onu è stata quindi interrotta sul nascere e rinviata a stasera per prendere ulteriore tempo. Difficilmente, però, si riuscirà a coinvolgere Russia e Cina sul testo di Washington. Non è la prima volta, infatti, che i due Paesi bloccano tale misura.
Tifone Marakot
Almeno 108 morti a Taiwan, 22 nelle Filippine e 8 in Cina. Si aggrava il bilancio delle vittime del tifone Morakot che imperversa da domenica scorsa nell'est asiatico. Il tifone ha causato inoltre ingenti danni materiali e migliaia di sfollati. Continuano, intanto, le operazioni di soccorso nel sud di Taiwan, colpito dall’inondazione più violenta che il Paese ricordasse da almeno 50 anni. I soccorritori avrebbero finora messo in salvo almeno 700 persone bloccate da giorni sulle montagne dell’isola ormai ricoperta da fango. Circa 30 mila abitazioni sono sprovviste di energia elettrica ed oltre 750 mila non hanno fornitura idrica. Secondo il Consiglio dell'agricoltura i danni dovuti alla distruzione dei terreni ammontano ad almeno 160 milioni di euro. Un’altra tempesta stagionale, il tifone Etau, si è abbattuta in questi giorni sulle coste del Giappone provocando frane e alluvioni che sono costate la vita ad almeno 15 persone.
Filippine
Nel sud delle Filippine si riaccende lo scontro tra l’esercito di Manila e i miliziani islamici di Abu Sayyaf. Il bilancio dei nuovi combattimenti che imperversano nell’isola di Basilan è di almeno 54 vittime, di cui 23 soldati e 31 ribelli. Fonti militari affermano che gli scontri sono scaturiti da un'operazione militare “lanciata per rinforzare lo stato di diritto nella regione” in cui si trova la principale base di addestramento del gruppo fondamentalista.
Pakistan
Almeno 15 persone sono rimaste uccise in scontri tra le forze filo-governative pachistane e militanti affiliati al cosiddetto signore della guerra talebano, Baitullah Mehsud. Secondo fonti ufficiali dell'Intelligence pachistana l'esercito ha bombardato stamattina alcune postazioni dei ribelli nel nord ovest del Paese uccidendo otto militanti nel distretto tribale di Kurram.
Attentati nella città irachena di Kirkuk
Quattro poliziotti sono stati uccisi e altri sette hanno riportato gravi ferite in due diversi attentati avvenuti nella serata di ieri a Kirkuk, circa 250 km a Nord di Baghdad. Il più grave è avvenuto nel quartiere di Raheem Awa, dove un’autobomba è esplosa quando degli agenti di polizia hanno tentato di disinnescarla.
Human Rights Watch: Hamas a Gaza usò scudi umani
Il gruppo estremista palestinese Hamas ha commesso crimini di guerra usando civili palestinesi come "scudi umani" durante l'offensiva denominata Piombo fuso, lanciata dall'esercito israeliano alla fine dello scorso dicembre. Lo afferma Human Rights Watch, organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani che per la prima volta riconosce pubblicamente quello che Israele sostiene da tempo. In ogni caso, precisa il comunicato, questo non giustifica i presunti crimini che l'esercito israeliano ha a sua volta commesso. Il rapporto di Human Rights Watch arriva una settimana dopo la relazione diffusa dal ministero degli Esteri israeliano sull’operazione a Gaza.
Libano
Un'esplosione nella città di Tripoli, nel Nord del Libano, ha provocato oggi il ferimento di tre persone tra cui un bambino. Un ordigno ha colpito il quartiere di Jabal Mohsen, dove risiede la minoranza religiosa alawita.
Accordo Usa-Svizzera sul segreto bancario
Svolta storica in Svizzera: l'Unione banche svizzere e Stati Uniti hanno raggiunto un accordo in base al quale il fisco di Washington riceverà i nomi di migliaia di clienti americani che hanno depositato i loro risparmi presso l’istituto elvetico, evadendo gli obblighi fiscali. La firma ufficiale del patto avverrà tra qualche giorno. Solo allora se ne conosceranno i dettagli per capire come la Svizzera abbia conciliato l'accordo con il segreto bancario.
Nave scomparsa
È giunta oggi la notizia della scomparsa di una nave mercantile maltese, proveniente dalla Finlandia e diretta in Algeria, nell’Oceano Atlantico. A bordo ci sono 15 russi. L’imbarcazione, di cui non si hanno notizie da due settimane, sarebbe stata vittima, secondo l’Interpool, di un atto di pirateria.
Honduras
Nuova ondata di scontri in Honduras, dove continuano le proteste per il golpe del 28 giugno scorso. La polizia ha lanciato gas lacrimogeni per disperdere la folla di milioni di sostenitori del presidente deposto Zelaya, che hanno risposto scagliando pietre.
Vladimir Putin in visita in Abkhazia
Ad un anno dalla guerra lampo con la Georgia, la Russia mantiene le sue posizioni sul riconoscimento delle ex repubbliche sovietiche dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud come Stati indipendenti. Il premier russo, Vladimir Putin, arrivato ieri a sorpresa in Abkhazia, sfidando la Georgia e l’Onu ha promesso alla regione separatista sostegno militare e investimenti nel settore della Difesa pari a 500 milioni di dollari. La polizia locale ha aperto intanto un'indagine per terrorismo sulle due esplosioni verificatesi ieri, in coincidenza con la visita del premier, che hanno provocato due morti e sette feriti. Il secondo ordigno è esploso vicino ad un ristorante in cui si trovavano giornalisti e la delegazione russa di Putin. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Mariella Pugliesi)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 225
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