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Sommario del 10/08/2009
Festa di San Lorenzo. Il Papa: come lui, amate sino alla fine, combattendo il male con il bene
◊ La Chiesa celebra oggi la memoria di San Lorenzo, diacono e martire, ucciso nel 258 durante la persecuzione scatenata dall’imperatore romano Valeriano. Ce ne parla Sergio Centofanti.
Siamo nel III secolo dopo Cristo. L’Impero romano vacilla, è attaccato su più fronti, in particolare da goti e persiani. Valeriano, cercando di rafforzare l’unità dell’Impero attorno al culto pagano, scatena la persecuzione anticristiana. I discepoli di Gesù sono troppo diversi dagli altri e per questo sono ritenuti pericolosi: minano l’ideologia unica dello Stato. Differentemente dai suoi predecessori Valeriano non uccide tanto i semplici fedeli quanto i capi. Sotto il suo impero vengono decapitati due Papi: Stefano I e Sisto II. San Lorenzo, in quanto diacono, amministra i beni della Chiesa al servizio dei bisognosi. Per questo il prefetto dell’Urbe gli ordina di consegnargli il suo tesoro. Lui glielo porta: sono storpi, poveri, ciechi, malati. Ha già dato loro tutto. Viene bruciato vivo su una graticola. Il Papa lo ha ricordato ieri all’Angelus:
“Questi santi sono testimoni di quella carità che ama ‘sino alla fine’, e non tiene conto del male ricevuto, ma lo combatte con il bene (cfr 1 Cor 13,4-8). Da essi possiamo apprendere, specialmente noi sacerdoti, l’eroismo evangelico che ci spinge, senza nulla temere, a dare la vita per la salvezza delle anime. L’amore vince la morte!”(Angelus del 9 agosto 2009)
Valeriano, due anni dopo il martirio di San Lorenzo, viene catturato dai persiani, il cui re – secondo una tradizione – lo usa come sgabello per salire sul cavallo. Morirà prigioniero lontano dalla sua Roma. Qui invece, nel campo del Verano, viene sepolto il corpo di San Lorenzo. Il Papa addita il Santo Diacono come modello per tutti i cristiani:
“Carissimi, imitate il suo esempio e, come lui, siate sempre pronti a rispondere fedelmente alla chiamata del Signore” (Udienza generale del 10 agosto 2005)
Quando l’uomo dimentica Dio apre le porte al male: sulle parole del Papa all'Angelus la riflessione di Salvatore Martinez e Vittorio Possenti
◊ All’Angelus di ieri, Benedetto XVI ha messo l’accento sulle profonde divergenze che esistono tra un umanesimo ateo e l’umanesimo cristiano. In particolare, ha ricordato lo straordinario esempio di alcuni Santi martiri, come Edith Stein e San Massimiliano Kolbe, testimoni di una “carità che ama sino alla fine” e che combatte il male con il bene. Al microfono di Alessandro Gisotti, il presidente nazionale di Rinnovamento nello Spirito Santo, Salvatore Martinez, si sofferma sul valore del martirio nella vita dei cristiani:
R. – C’è un’espressione di Edith Stein che dice: “Essere di Cristo significa dare la vita a Cristo” ed è questa, in fondo, la definizione del martirio. Il cristiano è un uomo di sofferenza e di offerta e la propria vita è offerta nell’offerta di Cristo. Il cristiano è un “uomo espropriato”, pertanto non vive da sé, non vive per sé. Egli è un uomo di relazione, in perenne relazione, per cui egli più ama e più vive, più dona e più riceve, più soffre ingiustizie – e quindi il martirio è beatitudine -, più è fedele a ciò in cui crede. Sempre Edith Stein diceva che bisogna alimentare la vita spirituale se si vuol dare qualcosa agli altri. Questo è uno dei problemi del nostro tempo: un umanesimo sempre più fragile perché sempre più dimentico di Cristo e delle cose di Cristo. Se non c’è quest’elevazione, non c’è neanche incarnazione e pertanto non c’è vera umanità, non c’è vera vita.
D. – Quando l’uomo vive senza Dio il male prende il sopravvento, ha ricordato il Papa. I Santi ci ricordano invece la bellezza, la pienezza di una vita con Dio e in Dio…
R. – I Santi ci insegnano l’arte di vivere. Essi hanno centrato l’obiettivo della vita e questa è la sfida che ricorre da 2 mila anni. Il Manzoni ci direbbe che “essere senza Dio è già essere contro Dio”, pertanto il martirio è inesorabile nella vita del cristiano. I Santi ci insegnano, con la loro vita, che il male può essere vinto con il bene.
D. – Un altro rischio che corre l’uomo contemporaneo, ha detto Benedetto XVI, è il volersi sostituire a Dio, pretendendo di essere così più libero. Quale testimonianza sono chiamati a dare i cristiani?
R. – Il Novecento ha conosciuto il totalitarismo delle ideologie, mentre oggi siamo in presenza dell’onnipotenza della scienza e della tecnologia. Per questo parlo di un umanesimo “a misura d’uomo”, che riscopra con umiltà che una libertà sconfinata è l’inizio dell’inferno – lo diceva già Platone ne “La Repubblica” -. E’ la peggiore schiavitù degli uomini non porre limiti alla propria azione. Se l’uomo prova ad alzare lo sguardo e a distaccarsi dall’osservazione delle cose della terra, scoprirà che c’è un cielo e questo cielo bisogna che si avvicini sempre più alla terra, bisogna che questo destino eterno dell’uomo – che è insito nello spirito dell’uomo – trovi più spazio, perché è sempre più soffocato e prigioniero di tanti orgogli.
I lager nazisti, come il nichilismo contemporaneo, ha rilevato il Papa sempre all’Angelus, sono la conseguenza della negazione di Dio. Una riflessione su cui si sofferma il filosofo Vittorio Possenti, dell’Università di Venezia, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. – Quando evochiamo Auschwitz, ci troviamo dinanzi a un abisso del negativo, a un abisso del male che è stato percorso fino in fondo a partire da una posizione, quella del disprezzo dell’uomo. Il disprezzo dell’uomo emerge come risultato del disprezzo di Dio. Il destino dell’uomo e - se così posso esprimermi - il destino di Dio sono tra loro legati, essendo l’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio. Quindi, quando si inizia con un ateismo assoluto, vale a dire con un “antiteismo”, cioè una lotta guerriera in qualche modo contro Dio, molto presto questa lotta diventa anche una lotta contro l’uomo, un disprezzo dell’uomo. E’ stato evocato il complesso problema del nichilismo. Il nichilismo ha più cause. Una delle cause fondamentali teologiche è certamente l’ateismo e, come dicevo, la rivolta contro Dio. Ci sono anche delle cause filosofiche importanti del nichilismo, che hanno aggravato in qualche modo il problema. Quindi, la riflessione di Benedetto XVI coglie nel segno di una grande zona oscura e tenebrosa del ventesimo secolo.
R. – Il Papa ha sottolineato l’antitesi tra umanesimo ateo e umanesimo cristiano. L’umanesimo ateo alla fine è contro l’uomo?
D. – Questo è un altro grande interrogativo su cui la teologia e la filosofia, Papi, vescovi, filosofi e teologi si sono interrogati a lungo. Pensiamo ad esempio all’umanesimo integrale di Maritain o al dramma dell’umanesimo ateo come descritto dal teologo Henri de Lubac. Che cosa significa questa lotta che poi va contro l’uomo? Paolo VI aveva trovato un’espressione particolarmente sintetica e felice, diceva: “Senza Dio l’uomo può certamente edificare la terra ma non potrà che edificarla contro l’uomo”. Quello che inizialmente era un umanesimo scettico, come poteva essere l’umanesimo illuministico che si volgeva ad alleviare in vari casi la condizione umana, è diventato poi tra ottocento e novecento un umanesimo ateo o, come dicevo prima, esattamente “antiteistico” e dunque che produce il contrario di quello che vorrebbe. Forse, all’inizio, l’umanesimo secolarizzato desiderava una liberazione della condizione umana dai suoi mali, ma poi si è voltato in qualcosa che è contro l’uomo, secondo la frase molto acuta e molto profonda di Paolo VI.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Quando l’uomo dimentica Dio l’inferno si apre sulla terra: all’Angelus il Papa ricorda il martirio di Edith Stein e di Massimiliano Kolbe nei lager nazisti.
In rilievo, nell’informazione internazionale, l’Iraq, segnato da un recrudescenza della violenza.
Tranquilli, il robot non si ribella: in cultura, Giulia Galeotti intervista Maria Chiara Carrozza, bioingegnere industriale e direttore della Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento Sant’Anna di Pisa.
Un’isola latina nel bel mezzo del mare islamico: Giuseppe Buffon sulla complessa attività della Custodia di Terra Santa tra Ottocento e Novecento.
Una vita che parla alla vita: Cesare Pasini sulle poesie spirituali delle Romite ambrosiane.
Madagascar: accordo per uscire dalla crisi
◊ Un periodo di transizione politica di 15 mesi, al termine del quale si terranno nuove elezioni presidenziali e legislative. E’ l’accordo siglato la scorsa fine settimana a Maputo, in Mozambico, per mettere fine a mesi di violenze in Madagascar. Dopo un periodo di tensioni, cominciate a gennaio, con un bilancio di un centinaio di morti, i leader dei quattro principali movimenti dell’isola dell’Oceano Indiano, tra cui l’attuale presidente, Andry Rajoelina, e il deposto capo di Stato, Marc Ravalomanana, non hanno però raggiunto un’intesa sulla ripartizione dei futuri incarichi, stabilendo comunque che i membri dell’esecutivo transitorio non potranno presentarsi alle prossime consultazioni, all’infuori del presidente. Annullate poi le accuse per conflitto d’interessi nei confronti di Ravalomanana, che - da mesi in esilio in Sudafrica - potrà ora godere di una sorta di amnistia. Sull’importanza dell’accordo per il Madagascar, Giada Aquilino ha intervistato don Luca Treglia, direttore di Radio Don Bosco ad Antananarivo:
R. – Senz’altro avrà una ripercussione molto forte e positiva, perché sono mesi che il Madagascar vive una dura crisi. Grazie a Dio e anche alla buona volontà di molti, è stato messo a punto questo piano di uscita dalla crisi. Si spera che l’intesa porterà vantaggi immediati al popolo malgascio, perché la comunità internazionale aveva sospeso gli aiuti in Madagascar e il popolo, in questo momento, vive davvero male. Adesso, grazie all’intesa, gli aiuti affluiranno di nuovo e la vita della gente migliorerà senz’altro.
D. - In che condizioni vive la popolazione civile ora?
R. – Vive in uno stato di povertà estrema, perché il Madagascar dipende soprattutto dagli aiuti internazionali. Da sei mesi, questi aiuti sono stati congelati, quindi i beni di prima necessità adesso scarseggiano oppure costano tantissimo. Occorrono prodotti come riso, zucchero, olio. E servono gesti concreti, cioè servono dei fondi per far girare di nuovo l’economia malgascia.
D. - Entro 15 mesi ci saranno nuove elezioni legislative e presidenziali: c’è il rischio di altri disordini tra fazioni di Rajoelina e seguaci di Ravalomanana?
R. - Pensiamo di no. Certamente entriamo in una fase di nuove tensioni, perché nei prossimi 10 giorni i dirigenti politici dovranno scegliere le persone che governeranno in questi 15 mesi. E, quindi, ci sono delle rivalità che vanno superate. Però spero che scontri e conflitti siano davvero superati.
D. – In questo quadro, qual è l’impegno della Chiesa in Madagascar?
R. – L’impegno è sempre quello di sostenere il popolo e soprattutto di impegnarsi nel dialogo. Quindi, la Chiesa malgascia - che vive con la popolazione e prende su di sé i problemi del Paese - cerca con i dirigenti politici di trovare le soluzioni migliori affinché la gente possa vivere tranquilla, in pace e in serenità. Si sta facendo un grande sforzo, per far sì che le parti - che erano in disaccordo - possano trovare un’intesa definitiva attraverso la riconciliazione e il perdono.
Iran: ammesse le torture sui dissidenti in carcere
◊ Si inasprisce ulteriormente la crisi politica iraniana dopo l’ammissione, da parte delle autorità di Teheran, delle torture subìte da alcuni oppositori incarcerati dopo le elezioni del 12 giugno. Tra le vittime figura anche il figlio di uno stretto collaboratore dell'ex candidato conservatore alle presidenziali, Mohsen Rezaie. I leader dell’opposizione Mussavi e Karrubi denunciano inoltre con forza le violazioni dei diritti umani commesse contro i loro sostenitori, mentre la società iraniana è scossa per l’andamento dei processi contro gli oppositori al regime arrestati negli ultimi mesi. Tuttavia il capo dell’ufficio politico dei Pasdaran, Yadwollah Javani, ha chiesto che vengano messe sotto processo tre delle principali figure dell’opposizione: l’ex presidente Mohammad Khatami e i due candidati riformisti sconfitti alle elezioni. Stefano Leszczynski ha chiesto ad Antonio Papisca, titolare della cattedra Unesco per i diritti umani, la democrazia e la pace dell'Università di Padova, quale sia la situazione dei diritti umani in Iran:
R. – I diritti umani hanno in Iran un interstizio che diventa sempre più largo. Da un lato abbiamo semplici difensori dei diritti umani. A capo di questi oggi abbiamo senz’altro l’avvocatessa Shirin Ebadi che ha fondato proprio un centro dei difensori dei diritti umani che però è stato chiuso nel dicembre dell’anno scorso. Allo stesso tempo abbiamo in Iran altri che ora, per così dire, scoprono i diritti umani; fanno parte dell’opposizione e trovano utile riferirsi ai diritti umani. Insomma, da un lato c’è l’invocazione, la rivendicazione che consideriamo senz’altro genuina e dall’altro c’è una rivendicazione che possiamo chiamare “di opportunità”. Però, quando si tocca il tema diritti umani tutto diventa molto impegnativo, in particolare per le autorità di governo dell’Iran.
D. - Come possiamo leggere in quest’ottica l’ammissione delle autorità iraniane di aver avuto casi di tortura nelle prigioni contro gli oppositori politici e di voler punire i responsabili di queste torture, in particolare il direttore della prigione?
D. - E’ un gesto che presenta aspetti positivi, nel senso cioè che l’Iran, il governo in questo caso, intende rispettare quelli che sono dei principi molto forti di diritto internazionale. Ricordiamo che la pratica della tortura è uno di quei divieti fortissimi che si dice di “ius cogens”, cioè di un diritto consuetudinario che va al di là anche delle convenzioni scritte. Quindi è da prendersi alla lettera e su questo continuare la pressione internazionale.
D. – Abbiamo altri casi nel passato di Paesi o di sistemi politici in cui i diritti umani anche se utilizzati in maniera strumentale, per quanto possibile poi hanno fatto breccia, hanno contribuito al cambiamento …
R. – Il primo riferimento che mi viene in mente è quello del Sudafrica. Lì era una questione di apartheid, ma apartheid significava tante cose: violazioni estese e reiterate di tantissimi diritti fondamentali. Lì la pressione internazionale e l’azione molto decisa delle nazioni hanno sortito degli effetti. Si tratta sempre di agire con le tecniche e gli strumenti che sono connaturali al paradigma dei diritti umani. Quindi è da escludere sempre l’uso della forza, della violenza anche verbale.
D. - Quale sarà il futuro dei diritti umani in Iran?
R. – Certamente c’è da ricordare anche all’Iran che proprio in questo Paese ci fu la conferenza ufficiale del trentesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: la conferenza di Teheran, nel 1978. Poi teniamo presente che l’attenzione per i diritti umani è abbastanza antica in Iran.
Liberi i 16 marinai della Buccaneer sequestrati dai pirati somali
◊ Sono stati liberati i sedici marinai a bordo della nave Buccaneer sequestrata dai pirati nel Golfo di Aden, a largo delle coste Somale, lo scorso 11 aprile. A bordo del natante 10 italiani, 5 romeni e un croato. Soddisfazione è stata espressa dal ministro degli Esteri Franco Frattini che ha smentito il pagamento di un riscatto come sostenuto dai pirati. Il rimorchiatore sta ora procedendo verso Gibuti accompagnato dalla nave della Marina militare San Giorgio. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Silvio Bartolotti, general manager della Micoperi, l'azienda proprietaria del rimorchiatore.
R. – E’ il risultato di tanti sforzi, tante attese; è un senso di liberazione per tutti. Non ho più detto nulla, per me era come avere 16 figli in mezzo al mare.
D. – In questi mesi la parola d’ordine rispettata da voi ed anche dalla Farnesina è stata “massimo riserbo”. Una strategia che ha pagato?
R. – Sì, assolutamente, anche se qualche interferenza c’è stata. Il riserbo ha pagato tantissimo e mi dispiace che qualcuno non abbia capito che l’informazione a qualsiasi costo non ha ragione di esistere quando essa lede l’integrità fisica di uomini che si trovano comunque in balìa di persone che non hanno molti scrupoli.
D. – Mi può confermare che non c’è stato nessun blitz e nessun riscatto pagato?
R. – Nessun blitz e nessun riscatto. C’era stato un controllo assiduo e costante nell’ambito territoriale, dove c’erano i nostri uomini ed eravamo costantemente informati delle loro condizioni. Quando c’è stato bisogno di medicine e di viveri, in un certo periodo, siamo riusciti a mandarli a bordo. La cosa più importante è stata di certo la diplomazia e una sicurezza, per noi, è stata la Marina che, fin dal secondo giorno, ha sempre vigilato con molta attenzione sulla salute dei nostri marinai.
D. – Sedici persone a bordo, dieci italiani, cinque marinai romeni ed un croato. Torneranno tutti a casa?
R. – Sono in navigazione. Sono già stati visitati dai medici militari e non ci sono particolari problemi per nessuno di loro. Ci si aspetta che si dirigano su Gibuti dove, molto probabilmente, dovrebbero arrivare non prima di mercoledì.
D. – Da lì poi si sa già come torneranno in Italia?
R. – No, ancora non è stato deciso niente. Mi terrò in contatto con la Farnesina perché i tradizionali voli di collegamento aereo con Gibuti sono una cosa molto difficoltosa: ci vogliono due giorni per arrivare. Ritengo che la Farnesina vorrà fare qualcosa, ma ancora non è stato deciso cosa.
D. – I romeni ed il croato stanno tornando a Gibuti insieme agli italiani?
R. – Sì, sì, ma non sono mai stati separati, non c’è mai stato alcun problema. Il viaggio di rientro lo stanno facendo tutti insieme come insieme hanno vissuto quest’esperienza.
D. – Mi ha detto che hanno avuto già le prime cure mediche: come stanno?
R. – Ho sentito il comandante, il quale giustamente lamentava questo stato di stress che tutti hanno subìto in questo periodo di prigionia e di fermo, però ha detto che con i militari accanto si sentivano già molto più tranquilli.
Onu: forum sui popoli indigeni
◊ Con un Forum oggi alle Nazioni Unite si ricorda la Giornata internazionale dei popoli indigeni, che si celebra ogni anno il 9 agosto. Il servizio di Fausta Speranza.
370 milioni in 70 Paesi: sono queste le cifre che fotografano i cosiddetti popoli indigeni o popolazioni autoctone. Poi però bisognerebbe calarsi nelle più diverse realtà che vivono nei diversi continenti. Purtroppo hanno alcune problematiche in comune pur vivendo in Brasile o in Papua Nuova Guinea. Nonostante alcuni passi avanti - ricordiamo l’adozione della Dichiarazione dell’Onu sui diritti dei popoli indigeni da parte dell’Assemblea Generale nel 2007 - i nativi restano - afferma il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon nel suo messaggio per la Giornata - “tra le popolazioni più emarginate, che sopportano in modo sproporzionato la povertà e un accesso inadeguato all’istruzione. Molti affrontano discriminazione e razzismo quotidianamente e soffrono malnutrizione e cure inadeguate. Troppo spesso le loro lingue subiscono censure o sono minacciate dall’estinzione, mentre i loro territori vengono sacrificati per lo sfruttamento minerario e la deforestazione”. Il primo passo - sottolinea Ban - dovrebbe essere sconfiggere il “persistente e profondo divario tra il riconoscimento formale dei diritti dei popoli indigeni e la reale situazione di fondo”: di qui l'invito a governi e società civile “ad agire con urgenza e determinazione”. Padre Paolino che ha vissuto per anni in Papua, regione amministrata dall’Indonesia, ci racconta come qualcosa stia lì maturando:
"Per la mia esperienza personale la situazione è interessante perché l’Indonesia è un Paese multiculturale, un Paese con tante minoranze etniche: tuttavia c’è una discriminazione in tantissimi aspetti della vita sociale. In passato hanno tentato di cancellare alcune etnie dalla vita del Paese. La discriminazione c’è da tanto tempo ed è stata molto alimentata dal Partito comunista. Qualcosa sul piano legislativo sta migliorando. Ma c’è anche l’aspetto economico: nella parte occidentale della Papua ci sono molte ricchezze naturali ma non c’è sviluppo. Ora in Indonesia si parla molto di possibile sviluppo ma il punto è non imporre qualcosa dall’alto ma collaborare con i capi dei villaggi, distribuire e utilizzare veramente i fondi che sono destinati per questa gente e utilizzare davvero tutte le risorse che il governo mette a disposizione. C’è un ministro del governo che ha il mandato per occuparsi di tutto questo".
Quest’anno compie 20 anni la Convezione 169 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo/Oil), unica legislazione internazionale che riconosce e protegge i diritti territoriali delle comunità native e tribali. E’ stata siglata da appena 20 Paesi. Il punto è che non dovremmo parlarne solo in termini di protezione. Il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon, infatti, nel suo messaggio, ricorda che “i popoli indigeni del mondo sono i custodi di alcune delle zone biologicamente più diverse sulla terra; parlano la maggior parte delle lingue del mondo, e il loro sapere tradizionale, la diversità culturale e i modi di vivere sostenibile, ne fanno un contributo inestimabile per il patrimonio comune del mondo”.
La Caritas: il reato di clandestinità avrà un impatto negativo
◊ In Italia la stima degli immigrati irregolari dovrebbe aggirarsi intorno ad un milione di persone, cifra superiore ai dati 2009 offerti dall’Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che parla di 500-750 mila. La correzione è della Caritas che torna sul tema in un momento di tensione politica legata all’entrata in vigore del reato di clandestinità, con i primi arresti, e al ruolo che gli immigrati hanno nel settore lavorativo. Per un commento, al microfono di Gabriella Ceraso, sentiamo Oliviero Forti responsabile immigrazione di Caritas italiana.
R. – E’ evidente che la cifra di un milione è una stima. Quindi si muove in una forbice molto ampia che può andare da un minimo di mezzo milione di presenze irregolari al massimo di un milione. Ma non cambia molto. Si tratta di una cifra molto elevata di persone che oggi sono sul territorio nazionale, nella maggior parte dei casi a svolgere dei lavori all’interno delle famiglie italiane, e che non hanno un titolo di soggiorno. Questo perché? Perché storicamente non si è voluto affrontare il tema dei flussi di ingresso in maniera seria.
D. – Su questa cifra, comunque imponente, ora c'è l’impatto del reato di clandestinità: con quali conseguenze?
R. – Crediamo che non avrà nessun effetto positivo nella gestione dell’immigrazione nel nostro Paese. Non fa altro che appesantire le procedure, che già di per sé sono particolarmente gravose, ma alimenterà ancor di più un clima di intolleranza, un sentimento di rifiuto. Questo è quello che noi vorremmo superare.
D. – La maggior parte degli immigrati lavorano, lo ribadisce anche l’Ocse...
R. – Ormai il nostro è un Paese che ha bisogno, al di là del possesso o meno del permesso di soggiorno, di lavoratori per far fronte soprattutto ad un welfare così debole, ma non solo: penso al lavoro nei campi in questo periodo, al lavoro agricolo, che vede purtroppo un’altissima percentuale di irregolarità. Quindi, lo sforzo andrebbe fatto in misura maggiore. Quindi, non solo colf e badanti, ma regolarizzare anche le altre categorie.
D. – Le polemiche sono nate anche intorno alla necessità di integrare gli immigrati, anche sulla scorta dell’insegnamento della storia. Quale è la vera integrazione?
R. – L’integrazione avviene con un processo lungo, complesso, che deve sempre vedere l’interazione fra due parti. Non ci sarà mai una legge, una singola legge, una singola norma, che potrà in qualche modo definire questo processo. E’ chiaro però che bisogna fare uno sforzo in senso positivo.
Mons. Sigalini: vincere il jackpot è una disgrazia, diamolo a chi muore di fame
◊ In Italia il SuperEnalotto, arrivato ad un jackpot di oltre 127 milioni di euro, continua a sollevare anche questioni morali. Il catechismo della Chiesa cattolica afferma che “i giochi d’azzardo o le scommesse non sono in se stessi contrari alla giustizia. Diventano moralmente inaccettabili allorché privano la persona di ciò che le è necessario per far fronte ai bisogni propri e altrui. La passione del gioco rischia di diventare una grave schiavitù (2413)”. Il SuperEnalotto può dunque alimentare vere e proprie patologie che portano anche a gravi perdite economiche? Risponde al microfono di Amedeo Lomonaco mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina:
R. – Non credo che siamo a questi livelli, anche perché la maggioranza della gente fa delle puntate in termini piuttosto leggeri. Ci sono poi i sistemisti e tutte quelle persone che lo fanno per mestiere: lo fanno diventare davvero un gioco che può portare a delle perversioni e a dimenticare anche i propri doveri. Secondo me quello che più sottilmente c’è sotto questo gioco è che si affida la vita alla fortuna. Ci si illude che questa sia la soluzione ad ogni problema. Questo gioco, tra l’altro, fa il bene dello Stato: chi ci guadagna di più è sempre lo Stato. In pratica, continuando a giocare ... è come se un cittadino firmasse l’8 per mille per lo Stato!
D. – La crisi economica e la disoccupazione sono oggi causa di gravi difficoltà per molte famiglie. E’ morale che lo Stato proponga giochi con vincite milionarie di questo tipo?
R. – Non è morale che si continui ad incentivare questa sorta di speranza. E’ il modello comunicativo che dovrebbe essere un po’ più sottotono. Si dovrebbe fare un passo indietro rispetto a questi elementi.
D. – Proprio il rilevante spazio dato dai media, per esempio durante le estrazioni del SuperEnalotto, è lo specchio di un Paese che vive anche d’illusioni…
R. – Sì, però direi che un po’ tutti viviamo d’illusioni! Abbiamo tutti il desiderio di gratuità. Oserei dire che delle volte questo desiderio è quello di un “dio” che ci dà tutto senza che ce lo meritiamo. Evidentemente questa forma è un’idolatria, perché non ci rivolgiamo a Dio ma ai soldi. Anche qui, come sempre, bisogna avere saggezza. Si deve avere il coraggio e lo deve avere anche lo Stato, proprio perché c’è una crisi economica, di non calcare eccessivamente la mano su tutta questa proposta.
D. – Una vincita al SuperEnalotto porta ad uno stravolgimento della vita. Quali consigli vuole dare a chi vince ingenti somme al gioco?
R. – Il consiglio è innanzitutto quello di far silenzio, di non dir niente a nessuno, altrimenti non si vive più. Non bisogna poi credere di aver risolto il problema della vita: la storia dice che tutti quelli che hanno avuto vincite miliardarie sono finiti male. Si tratta di una disgrazia, non di una fortuna. Ci si deve infine far aiutare da persone sagge, da veri amici – che non sono quelli conosciuti dopo la vincita di una grande somma di denaro – per poter mantenere basso il tono d’euforia e mantenere la saggezza.
D. – E se a vincere fosse un uomo di Chiesa?
R. – Non vorrei assolutamente essere io il vincitore ... L’uomo di Chiesa, come tutti gli uomini, dovrebbe avere la grande saggezza di mettere a disposizione questi soldi, che non sono nostri ma della gente che muore di fame. Sono di tutti quelli che ne hanno bisogno per vivere!
D. – Spesso si accosta la parola “speranza” a quest’unica probabilità su 600 milioni di una vincita ultra milionaria. Quali sono, oggi, le autentiche speranze che possono liberare l’uomo da vizi e schiavitù?
R. – Le autentiche speranze sono quelle di avere una coscienza pulita, di sapere di stare a cuore a Dio e di sapersi amati dalle persone che abbiamo accanto. Questa è la speranza più bella. Il resto non serve.
Tifone Etau: decine di morti in Cina, Taiwan e Giappone
◊ La furia del tifone Etau ha colpito Cina, Taiwan e Giappone. A Taiwan il bilancio, ancora provvisorio, è di 14 morti a Taiwan. L'esercito sta cercando di salvare migliaia di persone isolate a causa del crollo di ponti. In Giappone frane e piogge torrenziali hanno provocato la morte di 13 persone. Il distretto più colpito è quello di Hyogo dove sono state travolte dall’acqua oltre 480 abitazioni. Nel sud della Cina, poi, un bambino è morto per il crollo di un edificio. Almeno 2 mila case sono state distrutte ed oltre un milione di persone ha abbandonato le proprie abitazioni. Da questa mattina – rende noto infine l’agenzia AsiaNews - il tifone Etau si è ridotto di intensità, divenendo una “tempesta tropicale”. (A.L.)
Lettera dell’arcivescovo di Papeete sull’Anno Sacerdotale
◊ Anno Sacerdotale come occasione per conoscere la vita dei santi sacerdoti e dei missionari che hanno portato la parola del Signore a Tahiti, in Oceania. È il messaggio, riportato dall’Agenzia Fides, dell’arcivescovo di Papeete, mons. Hubert Coppenrath, nella sua lettera pastorale per l’inizio dell’Anno Sacerdotale. Il presule sottolinea come l’anno si rivolga non soltanto ai preti ma anche alla Chiesa poiché tutti devono rinnovare la visione del sacerdote per meglio collaborare con loro e aiutarli nell’adempiere alla loro missione verso la santità. E’ importante, secondo mons. Coppenrath, che il sacerdote si senta amato ma in modo tale che sia stimolato a corrispondere sempre di più all’attesa di Colui che lo ha scelto, Gesù. Un’attenzione speciale deve essere accordata, continua il presule, alla promozione delle vocazioni al ministero ordinato. Riprendendo quanto affermato da Benedetto XVI e quanto ha scritto il cardinale Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, l’arcivescovo di Papeete richiama i tre obiettivi fondamentali dell’Anno Sacerdotale: “Pienamente umano come Gesù, il prete è anche, come Lui, consacrato; ciò significa che la sua persona e la sua attività appartengono totalmente a Dio. Per essere un testimone di Gesù Cristo, il sacerdote deve vigilare per guardare la sua vita in perfetta trasparenza e deve applicarsi per mantenere una coerenza costante tra quello che dice e quello che fa. Uomo di pace e di unità si sforza di riunire i fedeli nella carità sull’esempio del Buon Pastore”. (M.P.)
Il cardinale Bagnasco: San Lorenzo, campione di libertà, martire del potere ingiusto
◊ A San Lorenzo è intitolata la cattedrale di Genova, dove questa mattina il cardinale Angelo Bagnasco ha celebrato la solennità del Santo condannando la violenza e biasimando la società che dimentica i valori. Nell’omelia per San Lorenzo, definito campione di libertà, il cardinale Bagnasco ha ammonito come siano in molti i poteri ingiusti, che vorrebbero imprigionare la libertà del credente. Persecuzione fisica, tortura e morte in molte parti del mondo, contro le quali il porporato, arcivescovo di Genova e presidente Cei, ha detto di non sentire voci di condanna, se non quella del Papa. E ha ricordato che San Lorenzo, resistendo alle pretese ingiuste dell’imperatore Valeriano, che gli intimava di consegnargli tutti i beni della Chiesa di Roma, ha dato la vita: un grande esempio della difesa di professare la fede, testimoniandola con la carità. Ma tra i poteri ingiusti, ha affermato il cardinale, forse il più subdolo e strisciante è il dominio della cosiddetta opinione pubblica, quasi bene e male dipendessero da questa e ciò che è morale o immorale venisse stabilito dai numeri, dalla maggioranza, anziché dalla coscienza. Se San Lorenzo vivesse oggi, ha concluso Bagnasco, reagirebbe con decisione a questo imperio rovinoso per il singolo e la società, e ad un’ideologia che mina alla radice la costruzione dell’uomo, da cui potrebbe uscire un’umanità fragile esposta al più forte. (A cura di Dino Frambati)
Forgarìa nel Friuli: inaugurata la chiesa di San Lorenzo a 33 anni dal sisma
◊ Trentatre anni dopo il terremoto che nel 1976 ha danneggiato gravemente Forgaria, in provincia di Udine, è stata restituita ieri alla comunità “dov’era e com’era”' la chiesa parrocchiale di San Lorenzo. Alla simbolica consegna delle chiavi della chiesa nelle mani dell'arcivescovo di Udine, mons. Pietro Brollo, sono seguite la benedizione e l’unzione dell'altare e delle croci, realizzate dagli artigiani locali. “Si chiude idealmente il problema della ricostruzione delle chiese nel Friuli”, ha affermato l’arcivescovo, che nell’omelia si è soffermato sull’importanza della trasmissione dei valori alle nuove generazioni. All’inaugurazione - avvenuta grazie al contributo della Sopraintendenza delle Belle Arti e della Regione Friuli Venezia Giulia - sono intervenuti l’assessore regionale alla Cultura, Roberto Molinaro, e il colonnello della Base Usaf di Aviano, Donald Cole. Nel 1976 sono stati i militari americani ad aiutare per primi la popolazione terremotata. (A.L.)
Ban Ki-moon propone un'agenzia per la difesa delle donne
◊ Una nuova agenzia delle Nazioni Unite per la difesa dei diritti delle donne in tutto il mondo. E’ la proposta avanzata venerdì scorso dal segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, che ha ribadito la necessità di una seria azione di contrasto al fenomeno della violenza sessuale. "Malgrado i progressi compiuti in questi ultimi vent'anni - ha sottolineato Ban Ki-moon durante una riunione del Consiglio di Sicurezza - le aggressioni alle donne si diffondono su grande scala e in maniera sistematica". Il segretario generale delle Nazione Unite ha illustrato il suo proposito facendo riferimento in particolare ai conflitti in Ciad, nella Repubblica Democratica del Congo e in Sudan, dove i casi di violenza sulle donne sono molto diffusi. Ban Ki-moon ha inoltre esortato il Consiglio di Sicurezza ad autorizzare l'istituzione di una commissione indipendente incaricata di concentrarsi sulle violazioni dei diritti umani in questi conflitti e aree di crisi. A questo – rende noto l’Osservatore Romano - si ricollega anche la proposta di nominare un alto responsabile per la lotta alle violenze sessuali. Sulla stessa linea l'ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite, Susan Rice, secondo la quale "l'Onu, i Paesi membri e i mediatori, dovrebbero includere la lotta alle violenze sessuali in tutte le principali crisi in atto nel mondo". Un forte sostegno a queste iniziative è venuto anche dalla Francia: l'ambasciatore presso l'Onu, Jean-Pierre Lacroix, ha riferito che l'Eliseo "sostiene il principio di una commissione d'inchiesta che offra meccanismi più efficaci per contrastare i reati in questione". (A.L.)
L'impegno delle Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue per gli orfani della Nigeria
◊ Accolgono i bambini orfani e danno loro una possibilità e una speranza di vita. È la missione d’amore che le suore Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue trasmettono a Ikeduru, nella Nigeria orientale dal 2001. Da quell’anno, racconta l’agenzia Zenit, dopo il ritrovamento di una bambina nella foresta, tanti altri piccoli orfani arrivano nella Casa della Speranza creata e gestita dalle religiose. Sono neonati la cui madre è morta durante il parto e spesso i piccoli, incolpati del decesso materno, non hanno nessuno che si possa prender cura di loro a causa della povertà dei parenti. Ci sono anche bambini figli di madri nubili che avrebbero abortito se non ci fosse stato l’aiuto delle suore. Vengono accolti i bambini albini, piccoli che vengono rifiutati dalle famiglie in molti Paesi africani e spesso vittime di maltrattamenti. In Paesi come la Tanzania gli albini vengono uccisi dagli stregoni che credono che le parti del corpo racchiudano poteri magici. Per evitare che i bambini, una volta cresciuti, vivano in strada e finiscano vittime dei trafficanti di droga, le suore curano la formazione pastorale dei bambini e insegnano loro anche come portare avanti una casa e guadagnarsi da vivere onestamente. Le Figlie della Carità organizzano corsi per l’educazione al parto delle mamme visto che in Nigeria una donna su dieci muore durante il parto. (M.P.)
Missionarie dell'Immacolata in Papua Nuova Guinea
◊ È da vent’anni che le Missionarie dell’Immacolata sono presenti con la loro opera evangelica e di promozione umana nelle piccola Isole Kiriwina, in Papua Nuova Guinea. La popolazione indigena locale, sottolinea Fides, è molto legata alla cultura e alle tradizioni del posto e le religiose hanno abbracciato tale identità arricchendola con i valori evangelici. Sono tante le attività delle missionarie: visitano le famiglie e organizzano varie attività per bambini, adolescenti e adulti. Hanno creato anche un corso di formazione professionale chiamato “Progetto per lo sviluppo delle abilità” che aiuta i giovani a imparare un mestiere artigianale e ad avviare una piccola attività economica. Punto di riferimento per la popolazione e per tutta la Chiesa della Papua Nuova Guinea, le missionarie dell’Immacolata formano una comunità internazionale molto impegnata nel lavoro pastorale dal 1996, anno in cui sono arrivate per la prima volta nelle Isole Kiriwina. Oggi vi sono nel Paese 19 diocesi e la Chiesa in Papua opera per la comunione e l’unità rispettando i diversi gruppi etnici presenti portando avanti insieme con le altre confessioni cristiane anche un cammino ecumenico. (M.P.)
Raffica di attentati in Iraq: oltre 40 vittime
◊ Nuova sanguinosa offensiva del terrorismo in Iraq. Camion e auto bomba hanno fatto strage di civili a Baghdad e Mossul. Sul terreno sono rimaste almeno 46 vittime e oltre 200 feriti. Il servizio di Marco Guerra:
Autoveicoli imbottiti di esplosivo lanciati sulla folla. La micidiale tecnica terroristica ha colpito ancora, stamani, in rapida successione con due distinti attacchi. Il più grave è avvenuto a Kazena, un villaggio a maggioranza sciita a 20 chilometri da Mossul. Qui sono esplosi due camion bomba provocando almeno 33 morti e 150 feriti. Circa quaranta abitazioni sono andate distrutte e sul luogo dell’attentato ora ci sono due impressionanti crateri. Quasi contemporaneamente a Baghdad sono esplose due autobomba che hanno ucciso decine di operai edili che si erano riuniti prima di andare al lavoro. Il bilancio provvisorio parla di 16 vittime e 82 feriti. Dall’inizio del 2008, nel Paese del Golfo si è registrato un trend di netto calo della violenza. Preoccupa quindi la recente inversione di tendenza che coincide con il ritiro delle forze americane dai centri abitati, completato lo scorso primo luglio in base ad un accordo tra Washington e Baghdad.
Medio Oriente
Nuove preoccupazioni per il Medio Oriente. Gli israeliani hanno bocciato la piattaforma politica adottata al Congresso di al Fatah, in corso a Betlemme, perché non contiene alcun accenno alla costituzione di due Stati e riconosce, invece, il diritto a resistere del popolo palestinese. Alta tensione anche sul terreno dopo che, ieri, si sono registrati alcuni lanci di mortaio dalla Striscia di Gaza sul Negev. Immediata la risposta israeliana con il bombardamento dei tunnel nella zona compresa tra la città di Rafah e il confine con l’Egitto.
Sarkozy per la liberazione della cittadina francese detenuta in Iran
La liberazione della cittadina francese, Clotilde Reiss, arrestata in Iran per le proteste post elettorali, è un ''obiettivo prioritario'' del presidente Nicolas Sarkozy, che si sta impegnando in prima persona per ottenerne la scarcerazione. Lo hanno reso noto oggi fonti dell’Eliseo. La giovane Reiss, 24 anni, è attualmente sotto processo a Teheran per “attentato alla sicurezza nazionale”.
Missione del segretario di Stato Usa in Africa
Prosegue il viaggio in Africa del segretario di Stato americano, Hillary Clinton. Oggi il capo della diplomazia statunitense lascerà l’Angola per raggiungere la Repubblica Democratica del Congo, dove si recherà anche nell’est del Paese per incontrare alcune vittime delle violenze sessuali, piaga che imperversa nella regione devastata da numerosi conflitti. Ieri la Clinton ha firmato un importante accordo con le autorità angolane per un piano sanitario per combattere l’Aids.
Sri Lanka
Senza incidenti, ma in un clima militarizzato, si sono svolte sabato le elezioni amministrative nel nord dello Sri Lanka, zona controllata per oltre vent’anni dall'Esercito di liberazione delle Tigri Tamil. La coalizione governativa si è imposta nella capoluogo Jaffna, mentre alle forze filo-Tamil è andata la città di Vavuniya. Secondo i risultati parziali, l’Alleanza per la Libertà del Popolo Unito ha finora raggiunto il 50,67% delle votazioni, mentre l’Alleanza Nazionale Tamil ha superato il 38% dei consensi. Bassa l’affluenza alle urne. Per un commento su questa tornata elettorale, Emer McCarthy ha intervistato Jehan Perera, direttore del Consiglio nazionale per la Pace dello Sri Lanka:
R. - Penso che le elezioni possano essere viste come un passo avanti, perchè dove non c’erano rappresentanti tamil eletti, adesso ci sono. Le elezioni sono state relativamente pacifiche e sebbene non si possa dire siano state libere e trasparenti nel senso classico, perché alcuni dei partiti che partecipavano erano partiti paramilitari, gli osservatori hanno confermato che non sono state usate armi per intimidire la gente. I cittadini hanno potuto votare in segreto durante queste elezioni. E gli ufficiali preposti alle elezioni hanno fatto il loro dovere. Quindi, penso che questo sia stato positivo. Anche la situazione economica sta migliorando nel nord e il governo sta inviando maggiori risorse. Ma questo non basta.
D. – Qual è la situazione dei rifugiati tamil? Il governo sta facendo abbastanza per questa minoranza etnica?
R. – There is a big…
C’è una grande polarizzazione tra il modo di pensare dei tamil e del governo. Per esempio il governo, come è stato mostrato, sta tenendo 300 mila persone prigioniere in campi di detenzione circondati da soldati e questo non è accettabile per i tamil. I problemi dei tamil non sono presi in considerazione. C’è una democrazia parziale nel Paese: democrazia infatti significa anche che i diritti della minoranza debbano essere rispettati, non solo tenendo delle elezioni, ma anche rispettando i diritti umani fondamentali e le aspirazioni politiche. Penso che il governo debba fare molto di più.
Honduras – Missione Osa
L’Honduras ha detto sì alla missione diplomatica dell’Osa, l’Organizzazione degli Stati americani, bloccata fino a poche ore fa dal governo de facto di Roberto Micheletti. La delegazione sarà presente nel Paese latino americano in qualità di osservatore ma la data della visita sarà resa nota nei prossimi giorni.
Venezuela
Il presidente venezuelano Hugo Chavez ha accusato la Colombia di aver condotto un’incursione militare nel suo territorio, avvertendo che i suoi soldati risponderanno al prossimo attacco. Da tempo, i rapporti tra i due Paesi sono molto tesi e queste parole sono giunte alla vigilia del vertice sudamericano dell’Unasur, che si apre oggi in Ecuador.
Spagna: attentati dell’Eta
“Potrebbe esserci un commando Eta a Maiorca”. E’ una delle dichiarazioni avanzate ieri dagli inquirenti spagnoli dopo l’esplosione delle tre bombe piazzate nella località turistica delle Baleari. Intanto, l’organizzazione separatista basca ha rivendicato gli ultimi attentati tra cui quello del 30 luglio in cui sono rimasti uccisi due agenti. Per sapere come ha reagito la comunità dell’isola a questa catena di attentati, Rafael Alvarez Taberner ha raccolto la testimonianza del vescovo di Maiorca, mons. Jesus Murgui Soriano:
"Questo attentato ha generato un'autentica commozione in tutta la società di Maiorca e ovviamente anche nella Chiesa. Abbiamo condannato molte volte il terrorismo dell’Eta ed io ho chiesto ai miei parrocchiani della diocesi di Maiorca di mantenere la speranza. Ho poi invitato soprattutto i cristiani a un maggior impegno nella società, per la pace, la convivenza, il rispetto, per i valori fondamentali della persona. E’ anche un’occasione per riflettere sul momento sociale che stiamo vivendo oggi. Bisogna richiamare tutta la società a rivedere l’educazione, le relazioni sociali, la natura democratica delle nostre istituzioni, i politici, l’impegno di tutti per una nuova società".
Francia
È di cinque morti, fra cui tre bambini, il bilancio del rogo scoppiato in un edificio di nove piani a Parigi. Il rogo è scoppiato poco prima dell'alba in un alloggio popolare nella località di Sevran, a nordest della capitale francese. I pompieri sono riusciti a salvare 18 persone intrappolate nel palazzo.
Italia: Meeting antimafia
In Calabria, la società civile deve rompere il muro di omertà. È la sfida lanciata a Reggio Calabria alla terza edizione del meeting “Legalitàlia” organizzato dal movimento antimafia “Ammazzateci Tutti” e dalla Fondazione “Antonino Scopelliti” a 18 anni dall’uccisione del giudice antimafia calabrese. L’evento si chiude oggi dopo due giorni di dibattiti e tavole rotonde che hanno visto la presenza di personalità del mondo della politica, della magistratura e del giornalismo italiano e internazionale. Marco Bruno ne ha parlato con Aldo Pecora presidente del movimento “Ammazzateci tutti”:
R. – Sulla ‘ndrangheta ci sono scarse attenzioni mediatiche proprio a livello internazionale, però sappiamo che è la prima mafia nel mondo. Noi proviamo a dare questi messaggi di speranza, infatti, stiamo già pensando alla realizzazione non di due ma di sei giorni di dibattiti, per la prossima primavera del 2010, rivolgendoci soprattutto agli studenti delle scuole e delle università.
D. – Cosa rappresenta la figura del giudice Scopelliti?
R. – Rappresenta non solo un motivo di lotta ma anche d’impegno concreto. Ha rappresentato la pubblica accusa nei più importanti processi della storia dell’Italia della Prima Repubblica. Ricordiamo che da 18 anni a questa parte non i sa ancora chi sono i mandanti né gli esecutori di quell’omicidio.
D. – Qual è la situazione della legalità in Calabria dal delitto Scopelliti?
R. – Quello che emerge – ed è molto triste – è che la società civile, in Calabria, è quasi inesistente, se non fosse per rare eccezioni, come ad esempio le cooperative che s’ispirano all’azione di mons. Bregantini e quel poco che rimane dell’associazionismo cattolico, del cooperativismo sociale.
D. – Cosa rimane da fare per la legalità?
R. – Non andare ognuno per la propria strada, ma seguire una strada comune. E’ soprattutto la società civile che dovrebbe lavorare con le istituzioni e capire che le istituzioni sono dalla parte della società civile. Purtroppo, però, in alcune parti del territorio lo Stato non riesce ancora ad esercitare la propria sovranità e l’esercizio di questa sovranità è demandato ad altri organizzazioni che sono un corpo malato, una cellula tumorale all’interno dello Stato stesso.
D. – Al meeting avete invitato molte testate internazionali. Perché?
R. – Nel nostro piccolo cerchiamo di dare il nostro contributo a questa terra. Vogliamo far vedere che c’è una nuova generazione, in Calabria come in tutta Italia, di ragazzi tra i 13 ed i 25 anni che hanno deciso di percorrere insieme una strada e prima o poi speriamo di rompere definitivamente l'omertà e il silenzio. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 222
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