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Sommario del 07/08/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Ridurre lo scandalo della povertà e della disuguaglianza sociale: così il Papa nel Messaggio per la Colletta argentina "Más por Menos"
  • Nuovi martiri. Il Papa: testimoniano che l'amore di Cristo è più forte dell'odio
  • L’annuncio di Cristo, primo fattore di sviluppo: un mese fa la pubblicazione della Caritas in veritate. Benedetto XVI incoraggia l’economia di comunione
  • Messa del cardinale Comastri nell'anniversario della morte di Paolo VI
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Hillary Clinton conferma il sostegno Usa alla Somalia
  • Si chiude la decima edizione di Tonalestate
  • Al Festival di Locarno di scena la Via Crucis di Cerveno
  • Chiesa e Società

  • Pakistan: la Chiesa cattolica raccoglie firme per abolire la legge sulla blasfemia
  • I vescovi dell'Ecuador chiedono giustizia, libertà e pace per il Paese
  • Congo: attaccata la casa delle Suore del Cuore Immacolato
  • Nepal: la dissenteria sta uccidendo centinaia di persone
  • Il tifone Morakot diretto a Taiwan. Ventimila evacuati nel sud-est della Cina
  • Il cardinale Poletto spiega il no della Chiesa alla Ru486
  • Si è chiusa la visita del Patriarca Kirill in Ucraina: nuovo appello all'unità
  • L'impegno dei missionari Cappuccini in Madagascar al fianco di malati e bambini
  • Anno Sacerdotale: dal Quebec alla Colombia la campagna "adotta un sacerdote"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Iraq. Catena di attentati anti-sciiti: almeno 37 morti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Ridurre lo scandalo della povertà e della disuguaglianza sociale: così il Papa nel Messaggio per la Colletta argentina "Más por Menos"

    ◊   Benedetto XVI invita gli argentini a partecipare alla 40.ma edizione della Colletta "Más por Menos", che quest'anno si svolgerà il prossimo 13 settembre nel Paese latinoamericano sul tema "Più solidarietà per una minore esclusione". Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Il Papa, incoraggiando questa opera di solidarietà, auspica che possa contribuire a “ridurre lo scandalo della povertà e della disuguaglianza sociale, dando così compimento alle esigenze evangeliche che esortano a rendere possibile una società più giusta e solidale”. Nel Messaggio, reso noto dal nunzio apostolico in Argentina, mons. Adriano Bernardini, il Pontefice esprime la sua profonda gratitudine a tutti coloro che contribuiranno al successo di questa campagna che pone sotto la protezione di Nostra Signora di Luján, Patrona dell’Argentina. Proprio oggi si celebra a Buenos Aires, nel Santuario del quartiere di Liniers, la festa patronale di San Gaetano Thiene, nel giorno della memoria liturgica. Si tratta di una ricorrenza che vede la partecipazione di migliaia di persone da tutto il Paese. I fedeli, attraverso l’intercessione del Santo fondatore dei Teatini chiedono “giustizia, pane e lavoro”, pregano per l’unità delle famiglie, il sostegno dei malati e di quanti sono disperati, e il coraggio di costruire una “Patria di fratelli”. La celebrazione centrale sarà presieduta alle 11.00 dal cardinale Jorge Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires. Come ogni anno, è chiesto ai pellegrini di non offrire candele o fiori, ma di donare indumenti, alimenti non deperibili e medicinali per i più poveri. Gaetano Thiene, vissuto, nel 1500, fu vicino in particolare ai diseredati, agli orfani e ai malati incurabili e abbandonati. Per la sua illimitata fiducia in Dio è venerato come il Santo della Provvidenza. All’Angelus di domenica scorsa, Benedetto XVI ha ricordato una frase di San Gaetano: “Non con l’amore sentimentale, ma con l’amore dei fatti si purificano le anime”.

     
    Il Papa auspica dunque che la colletta “Más por Menos” possa contribuire a “ridurre lo scandalo della povertà”. Ma quali sono oggi le cause principali della povertà in Argentina e in America Latina? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al nostro collega Luis Badilla, esperto di questioni latinoamericane:

    R. – La povertà in Argentina è un problema tanto grave, come lo è in tutta l’America Latina. E’ una povertà che si riferisce sia a quella parte della popolazione argentina e latino-americana che vive al di sotto del livello minimo di sopravvivenza dignitosa sia a quella parte dei cosiddetti impoveriti. A quei ceti sociali cioè che, per via della crisi, hanno perso capacità o il potere di acquisto. Oggi si trovano ad ingrossare l’esercito dei poveri.

     
    D. – Lo scandalo della povertà, acuito dalla crisi economica mondiale, colpisce dunque non solo l’Argentina, ma diversi Paesi dell’America Latina. Come possono collaborare i governi e la Chiesa in questo Continente, per combattere contro questo flagello della povertà?

     
    R. – Per la Chiesa - lo dice il Santo Padre nella sua enciclica Caritas in veritate - il problema fondamentale è quello di mettere in piedi strategie in grado di abbattere l’iniquità sociale. Il problema fondamentale della povertà latino-americana è infatti quella dimensione di iniquità che la rende più scandalosa. Quando il Papa parla agli argentini di scandalo della povertà, riferendosi sicuramente a tutta l’America Latina, sta pensando soprattutto al fatto che sono nazioni in cui ci sono persone che non hanno nulla da mangiare. Si calcola, per esempio, che in Argentina almeno l’11 per cento dei bambini vada a letto senza mangiare. Ci sono poi bambini che devono fare diete per dimagrire perché mangiano troppo. Questo è lo scandalo ed è a questo che si riferisce il Papa.

     
    D. – Di fronte a questo scandalo ci sono poi realtà dell’America Latina che non si scandalizzano...

     
    R. – Certo, l’indifferenza è un altro scandalo. Ci sono coloro che fanno finta che nulla stia succedendo. Possono essere parte della classe governante, membri del crimine organizzato, del narcotraffico. Il loro è un comportamento di totale indifferenza o addirittura di sfruttamento del povero. Usano il povero e la sua disperazione, come nel caso dell’usura, nel caso delle povertà morali o spirituali, e come nel caso del narcotraffico che costringe un adolescente latino-americano a vivere senza lavoro, senza futuro, senza educazione, senza mangiare, nell’illusione che la droga risolva il problema.

     
    D. – Per vincere anche questa forma di indifferenza, la solidarietà può essere uno strumento efficace anche in questi tempi di recessione…

     
    R. – La solidarietà e la giustizia sono le basi senza le quali difficilmente si può superare la povertà. Per superare la povertà occorre il consenso sociale. Per promuovere il consenso sociale occorre che ci sia un insieme di valori condivisi. Quelli più condivisibili sono appunto la fraternità, la solidarietà e la giustizia. E’ poi importante ricordare e ribadire, con le parole del Papa, che la questione fondamentale riguarda la necessità di giuste strutture. Si supera la povertà solo se esistono strutture giuste. Ma come dice Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate, le strutture giuste non nascono dal nulla, nascono dal cuore giusto. La cosa fondamentale è quindi il cuore giusto, capace di generare strutture giuste.

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    Nuovi martiri. Il Papa: testimoniano che l'amore di Cristo è più forte dell'odio

    ◊   Oggi la Chiesa ricorda San Sisto II, Papa, e compagni martiri. Una memoria liturgica che ci ricorda come ancora oggi, nel Terzo millennio, tanti cristiani continuano a subire persecuzioni e discriminazioni. Il servizio di Sergio Centofanti.

    Sisto II, ad appena 11 mesi dall’elezione al soglio pontificio, viene decapitato con sei diaconi nel cimitero di San Callisto: era il 258. Un editto dell’imperatore Valeriano proibiva di parlare in nome di Cristo. Papa Sisto preferisce obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Così paga con la vita il suo amore per Gesù. Oggi, a 2000 anni dall’evento che ha cambiato la storia, i cristiani restano la comunità più perseguitata nel mondo. Benedetto XVI parla di “missionari, sacerdoti, vescovi, religiosi, religiose e fedeli laici perseguitati, imprigionati, torturati, privati della libertà o impediti nell’esercitarla perché discepoli di Cristo e apostoli del Vangelo”: invita a pregare affinché ai cristiani discriminati e perseguitati – circa 200 milioni di persone - siano “riconosciuti i diritti umani, l’uguaglianza e la libertà religiosa”. Nello stesso tempo guarda ai martiri dei nostri tempi alla luce della speranza:

     
    “Sono ‘speranza per il mondo’, perché testimoniano che l’amore di Cristo è più forte della violenza e dell’odio. Non hanno cercato il martirio, ma sono stati pronti a dare la vita per rimanere fedeli al Vangelo. Il martirio cristiano si giustifica soltanto come supremo atto d’amore a Dio ed ai fratelli”. (Angelus del 25 marzo 2007).

     
    “L’amore del nemico – afferma - costituisce il nucleo della ‘rivoluzione cristiana’, una rivoluzione non basata su strategie di potere economico, politico o mediatico”: è la rivoluzione silenziosa dell’amore che non poggia “sulle risorse umane, ma è dono di Dio che si ottiene confidando unicamente e senza riserve sulla sua bontà misericordiosa”:

     
    “Ecco la novità del Vangelo, che cambia il mondo senza far rumore. Ecco l’eroismo dei ‘piccoli’, che credono nell’amore di Dio e lo diffondono anche a costo della vita”. (Angelus del 18-2-2007)

     
    Il martire cristiano trasforma la morte in un’azione d’amore:

     
    “Quello che dall’esterno è violenza brutale, dall’interno diventa un atto d’amore che si dona totalmente. La violenza così si trasforma in amore e quindi la morte in vita” (Omelia a Marienfeld – Colonia, 21 agosto 2005).

     
    Il Papa guarda “con speciale vicinanza spirituale … a quei cattolici che mantengono la propria fedeltà alla Sede di Pietro senza cedere a compromessi, a volte anche a prezzo di gravi sofferenze”:

     
    “Tutta la Chiesa ne ammira l’esempio e prega perché essi abbiano la forza di perseverare, sapendo che le loro tribolazioni sono fonte di vittoria, anche se al momento possono sembrare un fallimento”. (Angelus del 26 dicembre 2006)

     
    C’è poi la sottile persecuzione del secolarismo, laddove si tende sempre più ad emarginare i cristiani riducendo a fatto privato la fede, ritenuta legittima solo se, confinata nelle sacrestie, non incide come libera voce nella vita sociale:

     
    “Come non dire poi che dappertutto, anche là dove non vi è persecuzione, vivere con coerenza il Vangelo comporta un alto prezzo da pagare? … chiediamo a Dio la grazia di vivere con coerenza la nostra fede, pronti sempre a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi”. (Angelus del 26 dicembre 2005)

     
    Il Papa ancora una volta invita a “non rispondere al male con il male, ma con la forza della verità e dell’amore”:

     
    “Maria Santissima, Regina dei Martiri, ci aiuti ad essere testimoni credibili del Vangelo, rispondendo ai nemici con la forza disarmante della verità e della carità”. (Angelus del 26 dicembre 2007)

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    L’annuncio di Cristo, primo fattore di sviluppo: un mese fa la pubblicazione della Caritas in veritate. Benedetto XVI incoraggia l’economia di comunione

    ◊   Un mese fa la pubblicazione di Caritas in veritate, prima Enciclica sociale di Benedetto XVI. Il documento, che ha suscitato uno straordinario interesse a livello mondiale e consensi trasversali, è diventato un best seller in numerosi Paesi. L’Enciclica, fin dall’incipit, sottolinea che lo “sviluppo umano integrale” ha bisogno della verità e della carità. Un binomio che rappresenta la chiave di lettura di tutta la Caritas in veritate. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “La Carità nella verità, di cui Gesù s’è fatto testimone” è “la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera”. Benedetto XVI lo sottolinea subito nella “Caritas in veritate” e ribadisce che “amore e verità” sono la “vocazione posta da Dio nel cuore e nella mente di ogni uomo”. D’altro canto, avverte, dato il rischio di fraintendere la carità, “di estrometterla dal vissuto etico”, va coniugata con la verità. Senza di essa, infatti, annota il Papa, “la carità scivola nel sentimentalismo. E rileva: “Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali”. Lo sviluppo ha bisogno della verità, ribadisce il Pontefice, perché senza di essa “l’agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società”. Come Paolo VI nella “Populorum Progressio”, Benedetto XVI afferma che “l’annuncio di Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo”. Uno “sviluppo umano integrale” che può essere perseguito solo “con la carità illuminata dalla luce della ragione e della fede”. “Senza la prospettiva di una vita eterna – è il monito del Papa – il progresso umano in questo mondo rimane privo di respiro”. Ecco perché “le istituzioni da sole non bastano”. Senza Dio, soggiunge, lo sviluppo viene negato, “cade nella presunzione dell’auto-salvezza e finisce per promuovere uno sviluppo disumanizzato”. Per questo, afferma, “l’umanesimo che esclude Dio è un umanesimo disumano”. “Caritas in veritate” rimarca che l’umanesimo cristiano, ravvivato dalla carità e guidato dalla verità, è “la maggiore forza a servizio dello sviluppo”. E’ l’amore, di Dio, l’umanesimo aperto all’Assoluto, ci ricorda il Papa, che “ci dà il coraggio di operare e proseguire nella ricerca del bene di tutti”.

     
    Nella Caritas in veritate, in particolare nel terzo capitolo, il Papa elogia l’esperienza del dono e della gratuità nei rapporti economici ed incoraggia l’economia di comunione. Un’esperienza, quest’ultima, nata nel 1991 in Brasile nell’alveo del Movimento dei Focolari. Ad un suo promotore, il dottor Alberto Frassinetti - già dirigente industriale ed ora consulente d’impresa - Alessandro Gisotti ha chiesto di spiegare i tratti distintivi dell’economia di comunione:

    R. - L’idea è quella di avere delle aziende che stanno sul mercato come tutte le altre, aziende che nascono per fare profitti ma che dividono questi profitti in tre parti: una parte viene destinata ad ai poveri con dei progetti di aiuto e di emersione dalla povertà; un’altra parte viene destinata per formare dei giovani a questa nuova cultura della gratuità, della fratellanza universale. E infine, una parte resta in azienda proprio per sviluppare l’azienda affinché possa continuare a prosperare e a produrre ancora utili negli anni a venire.

     
    D. – Può fare riferimento ad un’esperienza concreta?

     
    R. - Un’azienda dove stiamo facendo consulenza e che all’inizio dell’anno era in crisi, ha visto il suo mercato calare del 40 per cento. Il titolare ha riunito tutti i responsabili attorno a un tavolo ha detto: “Bene, adesso fatevi venire delle idee”. Da soli hanno deciso di varare un progetto di risparmio, che dopo quattro mesi aveva fruttato più di 25 mila euro di risparmi fra telefoni, luce e quant’altro. Il titolare ha deciso di dedicare una parte di questi risparmi a un progetto di aiuto per i poveri che fosse scelto dagli stessi dipendenti. Per loro è stata una gratificazione così importante che ognuno si è impegnato ancora maggiormente all’interno dell’impresa. Oggi, questa è un’impresa commerciale che non ha dovuto mandare ancora a casa nessuno.

     
    D. - Quali spazi di crescita ha l’economia di comunione?

     
    R. - A mio avviso ci sono ampi margini di miglioramento. Oggi è chiaramente un’esperienza di nicchia. L’economia di comunione è un’esperienza di uomini. Non servono idee imprenditoriali nate a tavolino, ma servono uomini con idee e con coraggio, che abbiano voglia di intraprendere una strada che sia una strada non solo per se stessi ma anche per gli altri. L’esempio tipico è il Polo Lionello Bonfanti che noi abbiamo costruito da poco ad Incisa, in Val d’Arno. Si tratta del polo italiano delle aziende di economia di comunione: ne raccoglie circa 23. E’ l’espressione più concreta di una dimensione di gratuità e del fatto che un’economia del genere non è solo per addetti ai lavori ma è anche per casalinghe, insegnanti, studenti, e per chiunque creda in un progetto dove l’economia sia uno strumento per migliorare il benessere di tutti quanti.

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    Messa del cardinale Comastri nell'anniversario della morte di Paolo VI

    ◊   Il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per lo Stato della Città del Vaticano, ha presieduto ieri pomeriggio, nella Basilica di San Pietro, la Santa Messa nel 31.mo anniversario della morte di Paolo VI. In Papa Montini – ha detto il porporato – è sempre stato vivo “il desiderio di farsi piccolo per far emergere la grandezza di Gesù”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il ritratto di Paolo VI presentato dal cardinale Angelo Comastri è un mosaico di immagini: la prima è quella di Papa Montini “solo in cappella, inginocchiato per terra, a luci spente”. Un’altra istantanea è racchiusa nelle parole di Paolo VI che, inaugurando il Concilio Ecumenico Vaticano II, si paragona ad Onorio III, rappresentato nel mosaico dell’abside di San Paolo fuori le Mura “di proporzioni minuscole e col corpo quasi annichilito” che bacia i piedi a Cristo Pantokrator. Paolo VI – ha detto il cardinale Angelo Comastri – era sempre animato da un desiderio:

    “…il desiderio di farsi piccolo per far emergere la grandezza di Gesù; il desiderio di scomparire per dare più spazio a Gesù nella Chiesa e nel mondo”.

    In Papa Montini pulsava un cuore missionario: “forse la stessa scelta del nome ‘Paolo’ – ha spiegato il cardinale Angelo Comastri - nasceva dal desiderio di spendersi come il grande Apostolo delle genti”. Soffermandosi sul viaggio apostolico del 1970 nelle Filippine, il porporato ha poi ricordato le significative parole pronunciate da Paolo VI in quell’occasione:

     
    “Io Paolo, successore di Pietro non sarei mai venuto da Roma fino a questo Paese estremamente lontano, se non fossi fermissimamente persuaso di due cose fondamentali: la prima è Cristo, la seconda è la vostra salvezza”.

    La passione missionaria – ha poi detto l’arciprete della Basilica di San Pietro – attraversa tutta la vita di Papa Montini. Quando ad esempio nel 1954 è nominato arcivescovo di Milano immediatamente percepisce la scristianizzazione delle masse urbane e confida con lacerante preoccupazione:

    “Questo mondo febbricitante e caleidoscopico, proteiforme e dalle mille facce… corre come un gigante lanciato. Ma facciamo attenzione: dove va? Ha occhi codesto gigante? L’uomo moderno ha la fame e il possesso dei mezzi, ma non ha l’ansia dei fini. E' un gigante cieco”.

    Paolo VI ha sempre ribadito l'importanza della missione evangelizzatrice della Chiesa: nel 1975, tre anni prima della sua morte, consegna alla Chiesa una profonda e coraggiosa riflessione sul tema della missione:

    “Senza mezzi termini, egli afferma: evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa , la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare”.

    Son parole forti – ha concluso il cardinale Angelo Comastri – che impongono una riflessione su tutta l’attività pastorale della Chiesa, affinché “sia tutta decisamente e coerentemente orientata all’evangelizzazione del mondo”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La foresta dei tassi e le bollicine speculative: in prima pagina, Ettore Gotti Tedeschi sull'imprevedibilità dell'andamento economico.

    In evidenza, nell'informazione internazionale, il Vicino Oriente: Al Fatah alla resa dei conti cerca una nuova leadership per la pace; al congresso di Betlemme chiesta una commissione d'inchiesta per fare chiarezza sulla morte di Arafat.

    In cultura, a cinquant'anni dalla morte, Andrea Possieri e Michele Pennisi ricordano don Luigi Sturzo.

    Agonia barocca nel gran teatro del mondo: Luca Pellegrini illustra un documentario - presentato a Locarno - dedicato alla settecentesca Via Crucis di Cerveno e intervista la regista Elisabetta Sgarbi.

    Un articolo di Maria Maggi dal titolo "E Thomas Harriot bruciò Galileo sul traguardo": nell'estate del 1609 l'astronomo inglese puntò un telescopio verso la Luna quattro mesi prima dello scienziato pisano.

    Nell'informazione religiosa, l'arcivescovo Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, in merito all'attesa per il documento postsinodale sulla Parola di Dio.

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    Oggi in Primo Piano



    Hillary Clinton conferma il sostegno Usa alla Somalia

    ◊   Un chiaro sostegno al governo di transizione in Somalia e un ulteriore contrasto ai gruppi estremisti islamici, ritenuti vicini ad al-Qaeda. Sono alcuni dei risultati emersi dall’incontro ieri a Nairobi, in Kenya, tra il segretario di Stato americano Hillary Clinton, in visita in Africa, e i vertici della Somalia. Oggi il capo della diplomazia statunitense è in Sudafrica, dove ha chiesto riforme politiche ed economiche per lo Zimbabwe. Alla luce dell’incontro tra la Clinton e il presidente somalo Sheikh Sharif Ahmed, avvenuto ieri a Nairobi, quale importanza assume il viaggio in Africa del segretario di Stato americano? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Mario Raffaelli, esperto di Africa del G8:

    R. – Il Corno d’Africa, al crocevia di tendenze politiche, culturali e religiose, al crocevia fra il mondo africano e quello arabo, è una regione strategica anche per la sua collocazione. Quindi ci sono interessi e problemi che attraversano le frontiere legati al traffico di droghe, al flusso degli immigrati. E’ una delle aree con le più grandi immigrazioni interne e punto di partenza per le migrazioni verso l’Europa. E’ un’area delicatissima che interessa particolarmente il mondo occidentale, europeo in primo luogo, anche perché quello che accade qui ha dei riflessi immediati per la contiguità assoluta fra quest’area e il Mediterraneo e l’Europa.

     
    D. – La promessa di interventi a tutto tondo dell’amministrazione americana sull’Africa potrebbero segnare un punto di svolta nella storia recente del Continente?

     
    R. – Penso di sì, perché intanto questo viaggio dimostra come l’Africa sia una priorità della nuova amministrazione americana. Ed è anche un modo nuovo di affrontare i problemi, nel senso che è più presente la connessione che c’è tra le questioni di sicurezza, le questioni militari e quelle politiche. Quindi, se da un lato si dà supporto anche di natura militare, di intelligence, al governo somalo, dall’altra si insiste sulla necessità di un processo politico che deve andare avanti e diventare più inclusivo. In più, probabilmente, c’è anche l’esigenza di bilanciare in qualche modo l’influenza crescente che la Cina ha nel Continente. Quindi in questo contesto rientra anche una strategia più ampia nei confronti della Cina.

     
    D. – Cos’è che rende diverso questo presidente somalo e questo tipo di governo di transizione dagli altri esperimenti che sono stati fatti?

     
    R. – Questo presidente è diverso perché proviene dal mondo islamico. Com’è noto, lui era uno dei due leader durante i sei mesi del periodo delle corti islamiche a Mogadiscio nel 2006, quindi legato anche ai successi che sono stati riconosciuti in termini di stabilità e di sviluppo in quei sei mesi dell’area sotto il loro controllo. E dall’altra, appunto, la possibilità di portare un dibattito all’interno del mondo islamico, confrontando queste due opzioni di un mondo islamico moderato, che persegue i suoi obiettivi, in un contesto però di rispetto e di dialogo con le altre componenti religiose e politiche nei confronti dei movimenti radicali. Purtroppo si è perso del tempo, da quando l’accordo a Gibuti è stato siglato fino alla sua implementazione. Questo ha modificato la situazione sul campo. Rappresenta ancora, però, l’unico punto di partenza possibile per un’inversione di questa tendenza pericolosa.

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    Si chiude la decima edizione di Tonalestate

    ◊   Si conclude oggi la decima edizione di Tonalestate che si è svolta tra il Passo del Tonale, in provincia di Trento, e Ponte di Legno, in provincia di Brescia, sul tema “Come l’uom s’etterna”, tratto dal XV Canto dell’Inferno dantesco. Per un bilancio della manifestazione ascoltiamo la presidente dell’Associazione Tonalestate, Maria Paola Azzali, al microfono di padre David Gutiérrez, responsabile del Programma in lingua spagnola della Radio Vaticana:

    R. – L’intento del Tonalestate è stato quello di creare questa possibilità di una scuola viva in cui mentre si ascolta, mentre ci si scambia anche un’idea, un’esperienza, si possa fare esperienza anche di questa attenzione e di questa indispensabilità dell’altro per la mia crescita. Quest’anno abbiamo voluto prendere spunto dagli anniversari della teoria evoluzionistica di Darwin per domandarci come e se veramente l’uomo si è davvero evoluto o se piuttosto non conserva in sé anche il male che l’uomo deve quotidianamente affrontare, fuori di sé e dentro di sé. L’uomo ha dentro di sé questa voce che incessantemente lo richiama all’Assoluto, lo chiama al bene e quindi forse se l’uomo ascoltasse e desse spazio a questa voce, il cammino verso questa eternità sarebbe più agevole.

     
    D. – Si può prevedere qualcosa per la prossima edizione di Tonalestate?

     
    R. – Oggi che è la giornata di chiusura del Tonalestate, in realtà è la giornata di inizio del prossimo Tonalestate perché tutti i gruppi che hanno partecipato, i giovani universitari, possano portare nei loro luoghi di studio e di lavoro tutte le provocazioni che il Tonalestate ha presentato e nel loro lavoro quotidiano arricchire e confrontarsi, farsi provocare anche da ciò che hanno ascoltato: così nel frutto del lavoro dell’anno arriveremo agli spunti per il prossimo Tonalestate. Ogni gruppo ha costituito ormai dei centri culturali nelle sue regioni e nei suoi paesi. Quindi, lo scopo del Tonalestate è fomentare questi centri culturali e il centro studi di Tonalestate, guidato dalla dottoressa Leoni, ha questo compito di coordinare, di sostenere e aiutare il lavoro culturale nelle varie parti del mondo che hanno partecipato al Tonalestate.

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    Al Festival di Locarno di scena la Via Crucis di Cerveno

    ◊   Nella vivace e curiosa sezione Ici et ailleurs del Festival del Film di Locarno viene presentato oggi il terzo capitolo che Elisabetta Sgarbi ha voluto dedicare alla scultura sacra. Dopo il film sui Compianti emiliani e quello girato al Sacro Monte di Varallo, L’ultima salita, La Via Crucis di Beniamino Simoni ci porta all’interno delle cappelle del Santuario della Via Crucis a Cerveno, in Val Camonica. Una esperienza visiva di grande suggestione in cui le statue di Simoni prendono vita accompagnandoci, in una ricchezza di volti e di particolari, sulla via dolorosa. Il servizio di Luca Pellegrini:

    E’ il gran teatro del mondo, quello che Beniamino Simoni evocò scolpendo dai pioppi della Val Camonica quasi duecento statue da inserire nelle quattordici cappelle che costeggiano la Scala Santa del Santuario della Via Crucis. Otto anni di lavoro febbrile, iniziato nel 1752 e sospeso per incomprensioni col parroco locale. Lo sguardo di Elisabetta Sgarbi, acuto, intelligente, curioso, si avvicina con prudenza alle statue di Simoni, quasi ne temesse una iraconda reazione: le scruta dal basso, le avvolge, le sovrasta, le coglie di sorpresa da dietro. Infonde loro la vita che non hanno, mentre l’evocativo commento musicale di Franco Battiato spesso precipita nel silenzio. Il film si avvale della fotografia caravaggesca di Daniele Baldacci, del montaggio prezioso di Luciano Marenzoni, della voce rapinosa di Toni Servillo, che legge, con discrezione di tempi e di modi, testi di Vittorio Sgarbi, Giovanni Testori, Erri De Luca, Remo Bodei, Emanuele Severino, Tahar Ben Jelloun. Abbiamo chiesto alla bravissima regista quali sono gli strumenti che hanno reso possibile "vivificare" la materia inanime delle figure che popolano le cappelle del Simoni. Elisabetta Sgarbi:

     
    R. - Sono gli stessi che ha utilizzato in questo progetto, che è una trilogia sulla scultura sacra, che parte dai “Compianti” in terracotta in Emilia Romagna, con il Pianto della statua, continua con il Sacro Monte di Varallo con “Non chiederci la parola” e si chiude con “L’ultima salita”. E mi è stato chiaro fin dall’inizio, in questa trilogia, che è stata a Locarno, anche nei precedenti episodi, che usando uno strumento che normalmente viene utilizzato negli studi televisivi e vivacizzando ciò che è in una situazione di staticità, si poteva in qualche modo creare un movimento a queste statue, che, nella Via Crucis di Simoni, si trovano raccolte in piccole cappelle.

     
    D. - Nella tradizione religiosa dei secoli passati, uno dei "capitoli" insegnati e tramandati era quello della preparazione alla "buona morte", dell'incontro con il Cristo risorto: è riuscita a leggere e cogliere tale pratica nella "salita" descritta dal film?

     
    R. - Io credo che ogni Via Crucis apra la porta della nuova vita e quindi ogni rappresentazione sacra in tal senso apre a questa nuova vita, a partire dalla buona morte. E nel caso specifico, Simoni ci fa vedere l’uomo, quell’uomo che è sempre pronto a offendere un altro uomo, ma che ad un certo punto si troverà faccia a faccia con una nuova dimensione di vita e dove dovrà fare i conti con quel dolore che ha procurato ad un uomo, ad altri uomini.

     
    D. - Secondo lei come riesce il film a parlare allo spettatore laico che non vive da credente il dramma della Passione di Cristo e non ha alcuna dimestichezza con la Via Crucis?

     
    R. – Ho voluto proprio coinvolgere degli scrittori, dei filosofi non sempre credenti, che comunque affrontano questa Via Crucis, e pure uno scrittore musulmano come Tahar Ben Jelloun, quindi di altra religione, che descrive ciò che vede. Anche laddove non c’è un supporto della fede, c’è però un coinvolgimento molto forte per quello che riguarda il tema del dolore. Quindi, ognuno di essi si trova coinvolto in una partecipazione emotiva, che è il racconto della sofferenza, che poi è un fatto che riguarda tutti gli uomini.

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    Chiesa e Società



    Pakistan: la Chiesa cattolica raccoglie firme per abolire la legge sulla blasfemia

    ◊   Il governo è più “sensibile” che in passato ai problemi causati dalla legge sulla blasfemia, ma un cambiamento sarà possibile solo se “vi è un movimento di massa” alle nostre spalle. Per questo abbiamo deciso di lanciare “una campagna di raccolta firme in tutto il Paese”. È quanto afferma ad AsiaNews Peter Jacob, segretario esecutivo della Commissione nazionale di Giustizia e Pace (Ncjp) della Chiesa cattolica in Pakistan. Ieri Yousuf Raza Gilani, premier pakistano, e Mian Shahbaz Sharif, primo ministro del Punjab, hanno visitato le famiglie cristiane di Gojra, colpite dalle violenze degli estremisti islamici. Il premier ha incontrato i leader cristiani e ha assicurato “giustizia e risarcimenti”. Una Tv privata pakistana riferisce inoltre che Gilani avrebbe annunciato una “revisione della legge” sulla blasfemia, pur non menzionando in maniera diretta la norma. Governo più sensibile, dunque, ma – commenta Peter Jacob – “è compito della società civile promuovere la questione. Le persone sono solidali con le vittime delle violenze ed è una solidarietà che può aiutare al cambiamento”. Egli spiega che il punto chiave è “la pressione che sarà in grado di esercitare la società civile sul governo”. In passato il governo di Pervez Musharraf ha più volte promesso una riforma della legge sulla blasfemia, ma le posizioni radicali di una parte del Paese hanno bloccato un reale cambiamento. “Abbiamo deciso di promuovere una campagna di raccolta firme – anticipa il segretario esecutivo di Ncjp – in tutto il Paese e contiamo di raccogliere centinaia di migliaia di adesioni nei prossimi 40 giorni”. In riferimento alle violenze anticristiane a Gojra, intanto, la Commissione pakistana per i diritti umani (Hrcp) denuncia che non si è trattato di “una reazione spontanea a un caso di blasfemia”, ma è stata “pianificata con largo anticipo”. (S.G.)

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    I vescovi dell'Ecuador chiedono giustizia, libertà e pace per il Paese

    ◊   “Come pastori di questo Paese non smetteremo mai di chiedere che la politica si fondi sulla morale e sull’etica”. Così, i vescovi dell’Ecuador, in un documento pubblicato ieri in occasione, il prossimo 10 agosto, del bicentenario dell’indipendenza nazionale, una ricorrenza celebrata negli ultimi mesi già da numerose nazioni latinoamericane. Ricordando il “grido liberatorio” di due secoli fa, i presuli ricordano che fin dall’inizio, la costruzione della nazione ecuadoregna è stata legata alla Croce e alla fede cattolica: “la Chiesa ha forgiato la nazionalità del Paese e, con la sua influenza religiosa e spirituale, è diventata “un fattore che ha irrobustito la nostra identità, umanizzato la vita sociale, e arricchito profondamente la cultura nazionale”. Per la Chiesa in Ecuador, questa ricorrenza rappresenta soprattutto un’occasione per rendere grazie al Signore, grazie per i tanti doni ricevuti e, in primo luogo, per la “libertà religiosa che riconosce il diritto a vivere senza impedimenti la propria fede, sia nella dimensione personale, sia in quella associata”. Il rispetto di questa libertà, sottolineano i vescovi ecuadoregni, ha consentito alla comunità ecclesiale di offrire il proprio contributo nei campi dell’educazione, dell’assistenza e della promozione umana. E, allo stesso tempo, ha lasciato spazio agli interventi pastorali su questioni di ordine sociale, politico, economico e culturale. Si è trattato sempre, e così sarà nel futuro, di indicare criteri e principi utili a quanti si impegnano in attività pubbliche e politiche. Si è trattato, inoltre, di trasmettere dei contenuti che stimolassero le strutture sociali a edificare una società giusta, fraterna e incentrata “sui valori umani fondamentali”. La Chiesa ecuadoregna ritiene questo spazio d’azione sufficiente e ribadisce il valore di queste libertà indispensabili. “Non abbiamo bisogno di privilegi né tantomeno di onori – aggiungono i presuli –. Vogliamo solo servire. Negli ultimi tempi, la nostra democrazia ha vissuto momenti di tensione. Abbiamo assistito a una profonda riorganizzazione della legislazione in vigore e le autorità hanno goduto di un consenso maggioritario. (…) A partire da questa realtà, occorre affrontare con ottimismo il futuro, individuando ciò che unisce e allontanando ciò che divide. Occorre placare gli scontri e alimentare una concordia feconda”. D’altra parte, i vescovi dell’Ecuador ricordano e sottolineano che la Missione continentale in corso si svolge con questo spirito. La Chiesa, infatti, è convinta che “l’azione delle autorità debba essere sempre al servizio della dignità delle persone e delle altre realtà che la costituiscono, a partire dalla famiglia”. Prima di concludere, i presuli rivolgono un pensiero speciale alle persone che soffrono “condizioni di vita” avvilenti per la loro dignità e rinnovano l’appello a tutto il Paese perché si intensifichino gli sforzi volti a far sì che la democrazia si rafforzi ed abbia “come colonne portanti la verità, la giustizia, la libertà e la pace”. (L.B.)

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    Congo: attaccata la casa delle Suore del Cuore Immacolato

    ◊   Giunge dall’arcidiocesi di Kananga, capoluogo del Kasai occidentale, nel Sud della Repubblica Democratica del Congo, una lettera che descrive “una situazione di insicurezza sistematica e permanente delle persone e dei loro beni” alimentata da non meglio identificati “individui in divisa militare”, della quale anche esponenti religiosi sono stati vittime. Il messaggio, trasmesso alla Misna, riferisce degli ultimi episodi di violenza, tra cui l’attacco, da parte di uomini armati, ad un’ala della casa generalizia Sant’Agnese delle Suore del Cuore Immacolato di Maria di Kananga, nella parte settentrionale della città. “Tra l’una e le 3.30 del mattino – si legge nella nota – una ventina di uomini armati ha dato luogo a un’operazione di aggressione, saccheggio e violenze fisiche” ai danni delle religiose, tre delle quali sono state “gravemente picchiate” con il calcio dei fucili. Due guardie colpite sono state ricoverate in ospedale, mentre sono stati rubati effetti personali, telefoni e altro materiale d’ufficio. Anche la residenza dell’arcivescovo è stata oggetto di un tentativo di scasso. Tali atti, sottolineano dall’arcidiocesi “non solo violano la dignità della persona umana, ma contribuiscono a minacciare la vita quotidiana, attraverso pratiche che favoriscono l’impunità”. (S.G.)

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    Nepal: la dissenteria sta uccidendo centinaia di persone

    ◊   I nepalesi indù delle regioni occidentali non hanno potuto celebrare l’annuale grande festa del Rakshya Bandhan (“Sacro Filo”), per un’epidemia di dissenteria che ha già causato centinaia di morti. Le autorità parlano di oltre 240 vittime, ma, secondo i gruppi di volontariato, sono almeno 500 e l’epidemia non si ferma. Il governo ha allestito 89 campi, sanitari, con quasi 300 medici, nelle zone contagiate, i distretti di Jajarkot e di Rukum. Al momento, non si sarebbero verificati decessi tra quanti sono seguiti in questi campi. Il rituale del Rakshya Bandhan - ricorda Asianews - prevede che una guida spirituale metta il "filo sacro" intorno al polso destro degli uomini e delle donne nubili e a quello sinistro delle donne sposate. Così avvinti, i fedeli recitano poi insieme le preghiere per implorare l’aiuto divino a tenere lontano il male. E' diffusa la convinzione che questo rituale aiuti ad avere una vita longeva. (S.G.)

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    Il tifone Morakot diretto a Taiwan. Ventimila evacuati nel sud-est della Cina

    ◊   Oltre 20 mila persone sono state evacuate per l’arrivo del tifone Morakot nella provincia del Fujian (sud est della Cina). Più di 30 mila tra battelli e navi sono state richiamate e messe al riparo nell’attesa del tifone che dovrebbe arrivare entro oggi o domani. Stamane - informa AsiaNews - il tifone Morakot ha cominciato a interessare le coste sud-est di Taiwan (alle 8.00 di mattina, ora locale, era a 200 km a sud est di Yilan). Il vento si è rafforzato fino a 144 km all’ora e le piogge continuano, divenendo “torrenziali”. A Taiwan la borsa è stata chiusa e i contatti navali con le isole Matzu sono cancellati, come pure molti voli fra Taiwan e la Cina e Taiwan e Hong Kong. Anche il treno ad altissima velocità che attraversa l’isola è bloccato a causa del forte vento. Sulle coste del Fujian si abbattono onde di oltre 6 metri e si prevede potranno alzarsi fino a 9 metri. In questa parte dell’anno i tifoni colpiscono con regolarità Cina, Taiwan, Filippine e Giappone, originandosi nelle acque calde dell’oceano Pacifico. Spesso, toccando terra, si indeboliscono diventando semplici tempeste tropicali. (S.G.)

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    Il cardinale Poletto spiega il no della Chiesa alla Ru486

    ◊   “Da punto di vista dottrinale si tratta sempre di un delitto. Per questo è molto pericoloso far credere che, con la pillola, quel delitto sarebbe più facile da compiere”. In un’intervista apparsa oggi sul quotidiano La Repubblica, il cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino, ribadisce quanto affermato ieri in un comunicato diffuso dalla sua sede episcopale e sottoscritto da numerose e autorevoli associazioni ecclesiali e scientifiche del Piemonte: la Ru486, la pillola che provoca l’aborto per via chimica, commercializzata in Italia dal prossimo settembre, è doppiamente condannabile. Essa, infatti, oltre a rappresentare uno strumento di morte, può avere delle pesanti ricadute sulla salute delle donne, tanto da rivelarsi, come hanno sottolineato nel documento torinese medici e operatori sanitari, “10 volte più pericolosa del metodo chirurgico” e inefficace nel 5-8 per cento dei casi, quando si rende necessario l’intervento operatorio. Strumentali, ribadisce oggi il cardinale Poletto, i paragoni con gli altri Paesi che da tempo adoperano la Ru486, paragoni chiamati in causa “a uso e consumo di chi li propone”, mai, ad esempio, quando si discute delle leggi sul finanziamento alle scuole private. “In tutti gli Stati – ricorda, comunque, il porporato – la Chiesa ha fatto sentire la sua voce contro l’aborto. Poi sono i parlamenti a decidere”. Massima apertura, infine, viene confermata nei confronti delle donne che abortiscono e se ne pentono, dal momento che “spesso quella scelta drammatica è compiuta proprio da donne che si sono sentite sole. Di fronte al pentimento la Chiesa non lascia nessuno fuori dalla sua Comunità”. (S.G.)

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    Si è chiusa la visita del Patriarca Kirill in Ucraina: nuovo appello all'unità

    ◊   “Lasciando l’Ucraina, spero che le parole da me pronunciate servano a facilitare la riconciliazione delle persone, la riunificazione e il ripristino dell’unità infranta della Chiesa di Cristo”. Si è conclusa, ieri, la visita del Patriarca Kirill in Ucraina, visita cominciata il 27 luglio scorso, e legata alle celebrazioni per i 1020 anni del battesimo del principe Vladimir nelle acque del fiume Dniepr, l’evento che dà inizio alla conversione della Rus, considerato punto d’origine della ortodossia russa. Durante tutti gli incontri Kirill ha sempre sottolineato questo legame spirituale e l’unità fra ortodossi russi e ucraini, pur nella contestazione di alcuni gruppi nazionalisti. “Ma è questo il dovere del Primate – ha ricordato il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie – esprimere la verità di Dio e niente altro, anche sapendo che non tutti accetteranno e comprenderanno le sue parole. Con tutto l’amore e l’umiltà ho cercato di dire questo al popolo ucraino”. Vsevolod Chaplin, responsabile del Patriarcato per le relazioni esterne, ha affermato che il pellegrinaggio di Kirill voleva esprimere il fatto che la Chiesa ortodossa russa si estende oltre i confini strettamente politici: “Noi non siamo solo la Chiesa della Federazione russa – ha detto – né solo quella del popolo russo”. Ieri il Patriarca Kirill ha incontrato il presidente russo Dimitri Medvedev raccontandogli le impressioni del suo viaggio in Ucraina, sottolineando che le divergenze politiche fra i due Paesi erano “sormontabili” grazie alla profonda unità spirituale fra i due Paesi. (S.G.)

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    L'impegno dei missionari Cappuccini in Madagascar al fianco di malati e bambini

    ◊   Nel 2002 il Madagascar ha ricevuto dall'Organizzazione mondiale della sanità il “trofeo della vittoria contro la lebbra”, malattia che ha flagellato l'isola per molti anni e che oggi è sotto controllo anche grazie al capillare impegno dei missionari cattolici. Per questo - informa Asianews - il Centro Saint Damien ad Ambanja, fondato dai Frati Cappuccini negli anni '60, si è riconvertito e si dedica oggi alla cura di altre malattie di tipo epidemico, a cominciare dalla tubercolosi. Il protocollo adottato per scongiurare la segregazione dei contagiati – due mesi in ospedale, sei di cure ambulatoriali – ha convinto il sistema sanitario pubblico e l'intero servizio è indicato come modello anche per l'efficiente sistema di auto-sostentamento alimentare che include la coltivazione di diversi ettari di terreno. Visti gli importanti risultati ottenuti oggi il centro si è lanciato in un terzo polo di attività, la scolarizzazione di bambini. “Può sembrare paradossale mettere insieme lebbra, tubercolosi e bambini – scrive su Continenti il Direttore dell'ex Léproserie St. Damien, padre Marino Brizi – ma è meglio così, perché i ragazzi, oltre a imparare a leggere e a scrivere, imparano così anche a prevenire le malattie che curiamo. L'analfabetismo è l'inizio di un circolo vizioso: ignoranza, mancanza di igiene, sottosviluppo, povertà, lebbra. Spezzando l'anello dell'ignoranza si vince anche la malattia”. Attualmente gli studenti ospitati sono circa 120, più altri 80 seguiti direttamente in città tramite le adozioni a distanza. La Léproserie sopravvive nel centro medico-chirurgico fondato dal padre cappuccino Stefano Scaringella. Ogni anno vengono effettuate 6-7 mila visite, circa 2.500 interventi di chirurgia generale, 300 di oftalmologia e 200 parti cesarei. (S.G.)

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    Anno Sacerdotale: dal Quebec alla Colombia la campagna "adotta un sacerdote"

    ◊   Adottare “spiritualmente” un sacerdote e sostenerlo con la propria preghiera: è l’obiettivo del movimento “Les Marguerites”, ispirato a Margaret O’Donnald e fondato in Quebec (Canada) nel 1978 da Louise Ward. Margaret – informa il Sir – era una giovane donna, invalida a causa della poliomielite, che nei primi anni ’50 ha avuto l’intuizione che “tutti i sacerdoti fossero adottati da laici, suore e diaconi”. Il movimento, oggi particolarmente attivo nella diocesi di Joliette (a nordest di Montreal), condivide con “Les Marguerites” della diocesi di Rouyn-Noranda, la “sponsorizzazione spirituale” di 70 sacerdoti delle diocesi di San Giuseppe a Irkutsk e di Novosibirsk, entrambe in Siberia: “sette persone – come i petali della margherita – che si impegnano a sostenere un sacerdote attraverso preghiere e rinunce durante i sette giorni della settimana”, spiegano dal movimento. A perseguire gli stessi obiettivi è anche “Lazos de Amor Mariano”, nato in Colombia il 16 luglio 1999 (festa della Vergine del Carmelo) che proprio nei giorni scorsi, in occasione del decimo anniversario di fondazione e dell’Anno Sacerdotale proclamato da Benedetto XVI, ha lanciato la campagna “Adotta un sacerdote”, invitando alla preghiera e al sacrificio per chiedere che Cristo doni ai sacerdoti forza e perseveranza nella loro missione. (S.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Iraq. Catena di attentati anti-sciiti: almeno 37 morti

    ◊   In Iraq una serie di sanguinosi attacchi sta scandendo le celebrazioni dei fedeli sciiti per l'anniversario della nascita dell'imam Al Mahdi. Almeno 37 persone sono morte e 72 sono rimaste ferite a seguito di un attacco suicida avvenuto al termine della preghiera del venerdì davanti ad una moschea sciita di Mosul. E sempre un attacco dinamitardo ha ucciso tre pellegrini sciiti nei pressi di Sadr City, quartiere di Baghdad. L’esplosione ha colpito l'autobus su cui stavano viaggiando di ritorno da Karbala, località raggiunta da migliaia pellegrini sciiti in questi giorni di celebrazioni per l’imam Al Mahdi.

    Afghanistan
    Prosegue l’offensiva talebana in Afghanistan in vista delle presidenziali del 20 agosto. Oggi 3 soldati britannici hanno perso la vita in un’imboscata della guerriglia nella provincia di Helmand, dove è in corso un’operazione senza precedenti contro le roccaforti dei miliziani integralisti. Poco prima il Comando Usa aveva reso nota la morte di altri 4 dei propri soldati in circostanze analoghe, sempre nella stessa provincia. Intanto, il neo segretario della Nato Rasmussen, in un’intervista alla Bbc, ha esortato tutti gli alleati ad aumentare le truppe sul terreno. E a due settimane dalle elezioni, "Amnesty International" denuncia gravi violazioni dei diritti umani e propone ai candidati un’agenda in dieci punti per affrontare la questione. Sui contenuti di questo appello Marco Bruno ha intervistato Riccardo Noury portavoce di "Amnesty Italia":

    R. - Rispettare gli obblighi che l’Afghanistan ha assunto e che si è dato anche attraverso piani di azione, riformare il sistema giudiziario, garantire un’applicazione efficace ed equa della legge, porre fine ad arresti arbitrali, detenzioni illegali e torture, combattere l’impunità, garantire libertà d’informazione, assistere le centinaia di migliaia di sfollati interni e profughi che hanno fatto rientro nel Paese, imporre una moratoria sulla pena di morte, proteggere la popolazione civile che finisce per essere coinvolta sempre di più nel conflitto e – come ricordavo - prendere misure urgenti per garantire in modo efficace e concreto e proteggere i diritti dei bambini e delle donne.

     
    D. – Qual è la situazione dei diritti umani in Afghanistan?

     
    R. - E’ una situazione pessima, in via di peggioramento anche di fronte alla nuova escalation di violenza. E’ una situazione nella quale la popolazione nel suo complesso vive quotidianamente nel rischio di subire la violazione dei diritti umani. Quello che è peggio, tutto ciò avviene in una situazione di profonda sfiducia nella capacità delle autorità afghane, nel creare condizioni migliori di vita e di rispetto dei diritti umani.

     
    D. – La popolazione è cosciente delle violazioni di questi diritti ?

     
    R. – E’ cosciente perché le vive direttamente sulla propria pelle, o le vive indirettamente, perché in molti sono coinvolti nel conflitto tra le forze internazionali e i talebani e ne subiscono purtroppo le conseguenze. Il 2008 é stato l’anno più duro dal punto di vista delle vittime, con migliaia di civili che sono rimasti uccisi dall’una e dall’altra parte. In ogni famiglia dove vi è una donna e in ogni famiglia dove vi è un bambino, i tassi di mortalità elevatissimi, la mancanza di scolarizzazione, la discriminazione, l’impossibilità di accedere a cure mediche, alle scuole, ai servizi essenziali, alla giustizia, sono cose che naturalmente incidono sulla percezione della popolazione di quello che potrà essere il proprio futuro.

     
    D. – Ritiene che i diretti interessati raccoglieranno le vostre raccomandazioni?

     
    R. – Sarebbe nell’interesse di tutti. Però, ad oggi, i 38 candidati alle elezioni ancora non hanno dato segni tangibili di voler prendere un impegno concreto in favore dei diritti umani.

     
    D. – Come evitare che il governo attuale si senta direttamente attaccato e ostacoli il dialogo su questi temi?

     
    R. – Le istituzioni nel loro complesso hanno bisogno di essere rafforzate, perché sono istituzioni, quelle afghane, da un lato ricattate dai "signori della guerra", dall’altro anche piene di corruzione e di persone all’interno del Parlamento macchiatesi di crimini di guerra. Dovrebbe uscire veramente, a partire da queste elezioni, un Afghanistan nuovo, con un governo forte, rafforzato ovviamente anche dal sostegno della comunità internazionale, che ponga fine a questo sistema di assenza di Stato di diritto o corruzione e impunità, che ha caratterizzato un po’ troppo questi ultimi anni.

     
    Pakistan
    Baitullah Mehsud, capo dei talebani pachistani, è stato ucciso ieri con la moglie da un missile lanciato da un drone statunitense. La notizia riferita da fonti pakistane e americane è stata confermata anche da un suo presunto collaboratore. Secondo la fonte, che ha chiesto l'anonimato, da questa mattina è in corso un consiglio degli anziani per scegliere il successore del leader talebano. Il missile ha colpito la casa di uno dei due suoceri di Mehsud nel Waziristan del Sud, una regione tribale pachistana al confine con l'Afghanistan.

    Iran
    È ancora altissima la tensione in Iran, dove alcuni blogger hanno segnalato ieri sera altri scontri tra polizia e manifestanti per le strade di Teheran. Intanto il presidente Ahmadinejad è già al lavoro per preparare la nuova squadra di governo.

    Tensione in Caucaso ad un anno dalla guerra tra Russia e Georgia
    È trascorso un anno esatto dalla guerra lampo combattuta nel Caucaso meridionale tra Russia e Georgia ma la tensione, mai del tutto attenuata, continua con lo scambio di accuse reciproche. Permane la paura di un nuovo scontro tra Tbilisi e Mosca. Il servizio di Mariella Pugliesi:

    Era la notte tra il 7 e l'8 agosto 2008 quando l’esercito georgiano attaccò la capitale della regione indipendentista dell'Ossezia del Sud e le forze armate russe in meno di una settimana sbaragliarono l'avversario. Il conflitto causò centinaia di vittime e ancora oggi sono più di 30 mila gli sfollati georgiani sprovvisti di scuole e ospedali e totalmente dipendenti da aiuti umanitari. Grazie alla mediazione dell’allora presidente di turno dell’Unione Europea, Nicolas Sarkozy, si arrivò a un cessate il fuoco. Le due regioni georgiane dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia si dichiararono indipendenti e il loro nuovo statuto è ancora oggi riconosciuto solo da Russia e Nicaragua. A un anno dal conflitto escono nuovi rapporti per attribuire le colpe della guerra e il presidente georgiano Mikheil Saakashvili non ha esitato a definire preoccupanti le manovre militari del Cremlino nella provincia dell'Ossezia del Sud. Intanto le aspirazioni della Georgia di entrare nella Nato sono rallentate dal nuovo segretario dell’Alleanza Atlantica, Rasmussen, che ha parlato dell’adesione come di una prospettiva lontana. Mosca non tornerà indietro sulle sue convinzioni, dichiara Medvedev, e dal ministero degli Esteri russo arriva anche l’ammonimento per gli Stati Uniti, accusati di fornire armamenti alla Georgia. Da un anno, 240 osservatori europei dell’Osce controllano le zone delle due ex repubbliche sovietiche.

     
    Belgio
    Tragedia in Belgio: nove anziani sono morti e altri trenta, tre dei quali in maniera grave, sono rimasti gravemente feriti per un incendio che si è sviluppato ieri sera in una casa di riposo nella cittadina di Melle, nelle Fiandre. Secondo i media locali, le fiamme si sarebbero propagate a seguito di un corto circuito ad un ventilatore.

    Iran: divieto di pellegrinaggio alla Mecca a causa dell’influenza A
    I pellegrinaggi degli iraniani alla Mecca saranno vietati per tutto il periodo del Ramadan, il mese del digiuno e il sacrificio per i musulmani. È la direttiva del ministro della Salute iraniano per prevenire il propagarsi dell’influenza A-H1N1 che ieri ha causato il primo morto in Iran. Intanto il direttore della ricerca sui vaccini dell'Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato che a settembre saranno disponibili i primi vaccini. Dal canto suo, ol presidente del Consiglio italiano ha autorizzato il ministero del Lavoro e della Salute ad acquistare i vaccini per proteggere dalla prevista epidemia almeno il 40% della popolazione.

    Ciad
    In Ciad due operatori di “Medici senza frontiere” sono stati dichiarati “dispersi” dopo una rapina a mano armata. La rapina sarebbe avvenuta nella regione dell’Ade, ai confini con il Sudan, nella notte di martedì. L’organizzazione internazionale non ha fornito ulteriori dettagli per non compromettere il rilascio dei due dipendenti.

    Italia: cade il Pil, ma ci sono segnali di ripresa
    Ancora in caduta libera il Prodotto interno lordo italiano: l’Istat registra una diminuzione dello 0,5 per cento rispetto al primo trimestre 2009 e del 6 per cento rispetto allo scorso anno. Ma si avvertono anche miglioramenti: l’Italia, infatti, seguita dalla Francia, è tra le economie dell’area Ocse - Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - l’unica che sta già dando segnali di ripresa. Ma cosa vogliono dire questi dati apparentemente in contrasto tra loro? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Giacomo Vaciago, docente di economia all’Università Cattolica di Milano.

     
    R. - Confermano la tendenza grave da ottobre, quando la crisi iniziata nella finanza globale è diventata industriale, quindi più grave nei Paesi industrializzati: Giappone, Germania e Italia. L’industria ha avuto un crollo in tutto il mondo, Italia compresa. La crisi non è colpa nostra, è la più grave crisi che abbiamo senza averne particolare colpa e riguarda anche le nostre industrie da cui sono semplicemente "scomparsi" gli ordini. E’ anche chiaro che questa crisi gravissima, ottobre-maggio, è già con giugno meno grave. Il problema è quanto ci metteremo a tornare ai livelli di un anno fa. Il timore è che un certo numero di aziende tiri i remi in barca e chiuda.

     
    D . – Quindi ci si possono aspettare anche dati peggiori di questo?

     
    R . –Sì, per il settore industriale.

     
    D . – Proprio oggi l’Ocse dice che l’economia sta mostrando segnali di progresso in particolare in Italia e in Francia…

     
    R. - Di ripresa futura, non già verificata. Diciamo che c’è ottimismo in numerosi settori di imprese che dicono che il peggio è passato e che nei prossimi mesi la situazione migliorerà.

     
    D. - Come mai particolarmente in Italia?

     
    R. - Perché appunto il nostro settore industriale, dopo il risanamento fatto negli anni passati, ha subito questa crisi ma era un settore che stava andando bene.

     
    D. – Cosa può fare il governo italiano per favorire una uscita dalla crisi?

     
    R. - Diciamo che la crisi industriale da ottobre è globale. La linea non può essere: il governo italiano da solo cambia il mondo. Siamo solo 60 milioni su sei miliardi! Però, insieme agli altri governi può fare di più per la ripresa e, comunque, con gli interventi sugli ammortizzatori sociali può evitare che il costo sia gravissimo per quelli che sono colpiti dalla crisi.

     
    Catturato il capo dei ribelli delle Tigri Tamil
    I ribelli tamil dello Sri Lanka hanno confermato la cattura del loro leader Selvarasa Pathmanathan, arresto annunciato stamattina dalla televisione nazionale cingalese. Pathmanathan è stato catturato mercoledì in Malaysia e consegnato alle forze armate del governo di Colombo. Il nuovo leader aveva assunto la guida dei separatisti Tamil lo scorso maggio dopo la sconfitta dell'organizzazione grazie all’offensiva dell'esercito nazionale e in seguito all'uccisione del suo predecessore Prabhakaran. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Mariella Pugliesi)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 219

     
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