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Sommario del 03/08/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Dolore del Papa per i cristiani uccisi in Pakistan: appello a porre fine alle violenze. Il nunzio punta il dito contro la legge sulla blasfemia
  • La bellezza vincerà il male e l'oscurità del mondo se avremo fede nel bene: così il Papa al termine del concerto a Castel Gandolfo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • I medici cattolici: obiezione di coscienza, questione di libertà
  • Il dramma delle nigeriane costrette alla prostituzione in Italia
  • Potenzialità e rischi dei social network: la riflessione di mons. Paul Tighe
  • Evangelizzazione sulle spiagge: intervista con don Brugnoli
  • Chiesa e Società

  • Si riunisce in Gambia l'Associazione delle Conferenze episcopali dell'Africa occidentale
  • Iraq: al via l'incontro vocazionale per aspiranti al sacerdozio
  • Sri Lanka: rischio epidemie nei campi profughi Tamil
  • Paraguay: gravi le ripercussioni della siccità sulla popolazione del Chaco
  • Allarme peste polmonare nel nord-est della Cina
  • Mozambico: protesta dei malati di Aids contro la chiusura dei Day Hospital
  • Burkina Faso: al lavoro il "Parlamento dei giovani"
  • La missione della Chiesa nelle università di Manila compie 30 anni
  • L'aumento della popolazione europea dovuto soprattutto agli immigrati
  • 24 Ore nel Mondo

  • Iran: Khamenei proclama Ahmadinejad presidente
  • Il Papa e la Santa Sede



    Dolore del Papa per i cristiani uccisi in Pakistan: appello a porre fine alle violenze. Il nunzio punta il dito contro la legge sulla blasfemia

    ◊   Profondo dolore di Benedetto XVI per “la tragica uccisione di uomini, donne e bambini innocenti e per l’immensa distruzione” provocata dagli “attacchi insensati” dei giorni scorsi contro la comunità cristiana pakistana della città di Gojra. In un telegramma - a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone - indirizzato al vescovo di Faisalabad, mons. Joseph Coutts, il Papa esprime vicinanza spirituale a quanti hanno sofferto a causa di questa violenza sfrenata che ha provocato la morte di almeno otto persone. Il servizio di Alessandro Gisotti:

     
    “In nome di Dio – si legge nel telegramma – il Papa chiede ad ognuno di rinunciare allo strumento della violenza che causa così tante sofferenze e di intraprendere la via della pace”. Al tempo stesso, il Pontefice chiede alla comunità cristiana del Pakistan di non rinunciare ai propri sforzi “per aiutare a costruire una società nella quale un profondo senso di fiducia nei valori umani e religiosi” sia caratterizzata “dal mutuo rispetto di tutti i suoi membri”. Comunità cristiana che ha deciso di protestare in modo pacifico chiudendo le proprie scuole da oggi per tre giorni. La cittadina del Punjab è ora pattugliata dalla polizia pachistana, mentre sarebbero centinaia le persone arrestate per i sanguinosi attacchi contro i cristiani perpetrati tra venerdì e sabato scorsi. Dal canto suo, il primo ministro del Punjab, Shahbaz Sharif, ha annunciato un risarcimento di 500 mila rupie, poco più di 4 mila euro, ai famigliari delle vittime. Negli attacchi dei fondamentalisti sono state bruciate almeno 50 case di cristiani, mentre migliaia di fedeli sono fuggiti per scampare al massacro innescato dalla falsa accusa di profanazione del Corano da parte di un cristiano. Tra le vittime di questo atto barbarico c’è anche un bambino di sette anni.

     
    Quella di Gojra è, purtroppo, solo l’ultima di una serie di violenze contro la minoranza cristiana del Pakistan. D’altro canto, pur essendo perpetrati da gruppi estremisti, questi terribili atti trovano spesso un pretesto nella legge sulla blasfemia in vigore in Pakistan. E’ quanto sottolinea il nunzio in Pakistan, mons. Adolfo Tito Yllana, raggiunto telefonicamente ad Islamabad da Alessandro Gisotti:

     
    R. – Veramente noi qui subiamo la persecuzione con questa legge che chiamano “blasphemy law”, legge sulla blasfemia. Ma tutti sanno qui che questa legge viene utilizzata proprio per andare contro le minoranze come i cristiani. Attuano la persecuzione accusandoli di blasfemia. C’è un grande capo religioso che comincia a gridare: “Questi sono infedeli, dobbiamo eliminarli, ucciderli perché loro hanno dissacrato…” E’ tutta un’invenzione, tutte queste accuse di blasfemia che sono state lanciate contro i cristiani non hanno fondamento, anche quest’ultima! Noi soffriamo e non è la prima volta. Non é una questione di religione, è proprio mancanza di umanità di un gruppo che vuol soggiogare un altro gruppo che è la minoranza.

     
    D. - E’ una Chiesa martire quella del Pakistan…

     
    R. – Purtroppo è così. Soffro molto. Sono deluso e soffro tanto per questo, però mi dà consolazione quando un cristiano ha parole di perdono, come uno di questi che ha sofferto per la casa bruciata, che ha detto: “Speriamo soltanto che Dio dia loro la luce di vedere la giusta via”. Questo è più potente di un’omelia che posso fare io! In mezzo a tutte le sofferenze almeno c’è lo spirito cristiano che regna ancora fra la gente sofferente.

     
    D. – La minoranza cristiana dopo quest'ultimo terribile evento chiede alle autorità di essere protetta…

     
    R. – E’ da tempo che lo aspettiamo perché questa violenza scoppia qui e lì. Fanno una sorta di riconciliazione, ci sono risarcimenti e poi invece questi incidenti si ripetono. Dovrebbero avere un po’ più di attenzione perché i più deboli siamo noi, i cristiani non hanno armi, le nostre case vengono bruciate, questo è vero. Noi non lo facciamo agli altri perché siamo cristiani. Qui anche le autorità che hanno studiato nelle nostre scuole sanno che la presenza cristiana è per il rispetto reciproco, per l’aiuto, però nonostante ciò "non vedono" niente, questo è molto grave. Il vescovo sta lì va a Gojra per vedere la situazione. Oggi sta lì, per incontrare i nostri cristiani, le famiglie, e poi anche il premier del Punjab che è andato lì probabilmente per dare aiuto finanziario ma i cristiani dicono: “Va bene, grazie, però quello che vogliamo è essere protetti, siamo indifesi, proteggici per favore”. Avevano anche avvertito tre giorni prima. Li perdonano! Però veramente non si può immaginare come soffrono questi cristiani nel vedere la propria famiglia bruciata viva. Come si può?

     
    D. – Vuole anche dire una parola, se vogliamo un appello, a chi ci ascolta in luoghi così lontani dal Pakistan dove forse non si ha proprio idea di quali siano le sofferenze di una Chiesa martire…

     
    R. - L’appello è soltanto, veramente, alla solidarietà che possono esprimere: la solidarietà specialmente nella preghiera, perché siamo ancora convinti e io sono convinto che questa sofferenza possiamo superarla con la preghiera. Io so che non c’è un male così potente che non possiamo superare con la preghiera. Inoltre, chiedo non si dimentichi la povera Chiesa piccola, in minoranza, che è ancora qui a professare la nostra fede al costo della nostra vita. Saremo sempre lieti e fieri di essere cristiani.

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    La bellezza vincerà il male e l'oscurità del mondo se avremo fede nel bene: così il Papa al termine del concerto a Castel Gandolfo

    ◊   La bontà e la bellezza della Creazione di Dio sconfiggeranno le devastazioni del mondo: è quanto ha detto ieri sera il Papa al termine del concerto eseguito in suo onore, nel Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, dall’Orchestra da Camera bavarese di Bad Bruckenau diretta dall’oboista Albrecht Mayer. Il programma ha previsto musiche di Bach, Mozart e Britten. Il servizio di Sergio Centofanti.

    (musica)

     
    Il Papa, parlando in tedesco, ha espresso il proprio grazie ai musicisti, scusandosi perché per la prima volta non ha potuto applaudire con vigore “dopo un concerto così bello”, a causa del piccolo incidente alla mano destra. Ha manifestato quindi la sua meraviglia per il fatto che da un semplice pezzo di legno, come l’oboe, possa fluire "un intero universo di musica: l'insondabile e il gioioso, il serio e il faceto, il grandioso e l'umile", rilevando quanto sia "magnifico che in un piccolo pezzo creativo si nasconda una tale promessa, che il maestro può liberare”:

     
    “Und das bedeutet…”
    “E ciò significa – ha aggiunto - che tutta la creazione è colma di promesse e che l'uomo riceve il dono di sfogliare questo libro di promesse almeno per un po’” usando non solo le forze della ragione ma anche quelle del cuore per andare a cercare “le promesse più profonde”.

     
    Ha poi descritto il fascino delle musiche ascoltate con la capacità quasi evangelica dei compositori di “tirar fuori dai loro tesori il vecchio e il nuovo” portando a nuova luce le potenzialità di quanto già era stato donato. “Un’ora di paradiso” - ha definito quindi la serata concertistica – che ha permesso di gustare “la bellezza incorrotta e il bene della creazione”:

     
    “Und es ist nicht eine Flucht…”
    “E questa – ha detto - non è una fuga dalla miseria di questo mondo e della quotidianità, perché possiamo continuare a contrastare il male e le tenebre solo se noi stessi crediamo nel bene e possiamo credere nel bene soltanto se lo sperimentiamo e lo viviamo come realtà”.

     
    Il Papa infine ha rivolto ai presenti alcune parole a braccio in italiano:
     
    "Cari amici, ho parlato in lingua tedesca, perché i musicisti e la gran parte dei partecipanti sono tedeschi. Purtroppo dopo gli avvenimenti della torre di Babele le lingue ci separano, creano barriere. Ma in questa ora abbiamo visto e sentito che c'è una parte indistrutta del mondo, anche dopo la torre e la superbia di Babele, ed è la musica: la lingua che noi possiamo tutti capire, perché tocca il cuore di noi tutti. Questo per noi non è solo una garanzia che la bontà e la bellezza della creazione di Dio non sono distrutte, ma che noi siamo chiamati e capaci di lavorare per il bene e per il bello, e sono anche una promessa che il mondo futuro verrà, che Dio vince, che la bellezza e la bontà vincono”.
     
    La musica è dunque “consolazione” e “conforto” nella fatica di ogni giorno – ha concluso il Papa - e di questo non si può non essere grati ai musicisti.

     
    (musica)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In evidenza le violenze contro i cristiani in Pakistan, con il telegramma che il segretario di Stato ha inviato a nome del Papa.

    Benedetto XVI torna a riflettere sull’Anno sacerdotale: all’Angelus la memoria dei santi di questi giorni; e il ricordo di Paolo VI, la cui vita è un dono che rimane nella Chiesa.

    Come un lampo nel malessere della civiltà: in prima pagina, un editoriale di Xavier Darcos sulla “Caritas in veritate”.

    Sui temi della vita serve più impegno dei laici cattolici italiani: il cardinale Angelo Bagnasco sulla pillola Ru486.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, l’Iran: la Guida suprema proclama Ahmadinejad presidente.

    A un prete che se la gode non ci si crede: in cultura, il discorso pronunciato il 18 novembre 1959 - nel centenario della morte di san Giovanni Maria Vianney – dall’arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini, ripreso dal libro, appena uscito, di padre Leonardo Sapienza dedicato al Curato d’Ars.

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    Oggi in Primo Piano



    I medici cattolici: obiezione di coscienza, questione di libertà

    ◊   “Il 70% di obiettori di coscienza dimostra che la classe medica è contro le logiche di morte”. Lo sostiene il presidente dell’Associazione medici cattolici italiani, Vincenzo Saraceni, fortemente critico per l’introduzione negli ospedali italiani della pillola abortiva RU486. Ieri il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, dalle pagine del quotidiano Avvenire aveva ribadito che “sui temi decisivi della vita umana non si può procedere per mediazioni”, auspicando che cresca l’obbiezione di coscienza dei medici. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento del prof. Vincenzo Saraceni:

    R. – L’obiezione di coscienza è sempre stata la nostra linea, i medici cattolici da sempre hanno chiesto ai medici di fare l’obiezione di coscienza e vedo che l’obiezione di coscienza nella classe medica è molto alta. Questo significa che la classe medica ha scelto da sempre la difesa della vita.
     
    D. – Le statistiche parlano di un 70 per cento di obiettori ma c’è chi dice che in realtà i medici consapevoli di una scelta etica, non solo religiosa, siano pochi e gli altri vogliano in realtà liberarsi dalle responsabilità…

     
    R. - Io penso che il dato sia talmente grande da non lasciare dubbi. Ci sarà anche qualche medico che per non avere problemi si dice obiettore, ma il 70 per cento indica un sincero rifiuto, da parte della classe medica, di qualunque pratica che porti alla morte.

     
    D. – C’è chi ribadisce un altro aspetto: il 70 per cento dei medici in obiezione di coscienza creerebbe di fatto un blocco per quanto riguarda la libertà degli individui…

     
    R . – Qui ci sono delle libertà che tra di loro stanno in qualche contrasto ma questo non é un problema dei medici. I medici devono esercitare in coscienza quello che possono fare e quello che non possono fare. Nessuno li può obbligare a compiere una pratica rispetto alla quale sono contrari.

     
    D. – Il cardinale Angelo Bagnasco ha parlato di una crepa nella civiltà che si è aperta con la commercializzazione della pillola abortiva RU486…

     
    R. – Credo di sì. La civiltà cresce nel rispetto della vita: quando la vita viene messa in discussione, anche in modo banalizzato, perché poi la RU486 rischia di diventare uno strumento di controllo delle nascite, allora questo è un passo indietro nel cammino della civiltà.

     
    D. – Voi vi siete subito espressi con un’assoluta contrarietà all’introduzione di questo prodotto…

     
    R. - Innanzitutto per motivi strettamente medici, perché sono troppe le segnalazioni di morti collegate con l’autorizzazione di questa pillola e sono molte le segnalazioni e gli effetti collaterali importanti. Poi, c’è evidentemente tutto il discorso culturale, anche etico: si rischia di banalizzare l’aborto e si rischia il ritorno ad un aborto clandestino perché poi le pillole hanno possibilità di circolazione anche all’esterno dell’ospedale e oltre ad essere un reato si rischia che numerosi aborti avvengano in casa.

     
    D. - Eppure questa pillola ha avuto il via libera dall’Aifa…

     
    R. – Però mi auguro che anche nei confronti di questa pillola, siccome è stato fatto nei confronti dell’aborto chirurgico, ci sia una vastissima obiezione di coscienza da parte dei medici.

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    Il dramma delle nigeriane costrette alla prostituzione in Italia

    ◊   Oltre 4000 ragazze nigeriane vengono condotte ogni anno in Italia ed in altri paesi Europei per essere introdotte nel mercato della prostituzione. E’ uno dei dati emersi dal dossier sulle donne nigeriane promosso dalla Cooperativa sociale per i diritti degli immigrati "Be Free", in collaborazione con l’ Assessorato ai servizi sociali e per la famiglia della Provincia di Roma, presentato nei giorni scorsi nella capitale. Nel dossier sono state intervistate 111 donne nigeriane ospitate nel Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma, che hanno raccontato il loro comune e drammatico percorso per arrivare in Italia, attraverso adescatori nigeriani e libici. Il servizio di Marina Tomarro.

    Dalla Nigeria attraverso il Niger, il Ciad, la Libia, per poi approdare con dei barconi di fortuna sulle coste di Lampedusa, in Italia. E’ il percorso della tratta delle nigeriane che, adescate nella loro terra d’origine vengono condotte nel Bel Paese per essere inserite nel mercato della prostituzione. Un viaggio doloroso, a tappe, che può durare oltre un anno. In particolare, arrivate in Libia queste ragazze vengono segregate in case ed obbligate con la violenza a vendersi. Carla Quinto legale della Cooperativa sociale "Be Free":

     
    “E’ un percorso che ha del paradosso in sé, nel senso che alla serie di violenze che subiscono durante tutto il viaggio di tratta, si aggiunge poi una risposta insufficiente da parte di qualsiasi Paese che costituisca per loro un transito. Noi abbiamo avuto modo di cogliere il loro totale essere sprovviste di qualsiasi tipo di risorsa, ed è questo che le rende vulnerabili ed è questo che facilita la loro immissione nel circuito del crimine transnazionale. Le storie sono piene di violenze, di soprusi, di gravi violazioni dei diritti umani, che purtroppo qui in Italia non trovano risarcimento. Quindi, la nostra preoccupazione è non soltanto di intervenire da un punto di vista legislativo, ma è anche quello di offrire una possibilità a queste ragazze, un’alternativa vera. E quindi, lavorare sull’accoglienza per dare loro un’altra possibilità”.
     
    Infatti per queste donne tornare indietro è impossibile perché sarebbero condannate a subire solo nuovi soprusi. Ma cosa si può fare per loro di concreto? Ascoltiamo ancora Carla Quinto:

     
    “Innanzitutto, un’azione di sensibilizzazione in tutti gli Stati coinvolti partendo da un medesimo presupposto. Noi, sul territorio italiano, possiamo ampliare l’applicabilità dell’articolo 18 anche a situazioni dove non ci sia stato uno sfruttamento sul territorio italiano. E quindi ampliare l’obbligo positivo della nostra legge, cioè, lo Stato si impegna a dare assistenza e ad offrire una possibilità di reinserimento sociale a queste persone”.

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    Potenzialità e rischi dei social network: la riflessione di mons. Paul Tighe

    ◊   Trovano ampia eco sulla stampa le dichiarazioni dell’arcivescovo di Westminter e primate d'Inghilterra e Galles, mons. Vincent Nichols, a proposito dei social network e del rischio di alienazioni e superficialità che hanno un legame con il numero di suicidi tra i giovani. Va detto che l’arcivescovo ha parlato del caso della ragazza di 15 anni che la scorsa settimana si è tolta la vita in Gran Bretagna dopo essere stata vittima di bullismo su una chat di un social network chiamato Bebo. In ogni caso, mons. Nichols ha sottolineato che i rischi sono legati a un uso eccessivo di questi strumenti di comunicazione così come di messaggini e email. Ma per una riflessione a partire dal punto di vista della Chiesa cattolica Fausta Speranza ha intervistato mons. Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

    R. – Io sono venuto a Roma per la prima volta 25 anni fa; a quel tempo, per sentire i miei genitori era necessario recarsi in centro, a Piazza San Silvestro, presso la centrale telefonica italiana, aspettare mezz’ora e sperare di trovare una linea telefonica. Ora, invece, ricevo ogni mattina un sms dai miei genitori. E’ un esempio molto semplice di come i nuovi mezzi ci consentono di mantenere rapporti che, in altri tempi, non sarebbe stato possibile mantenere. E questa è una benedizione. Ci permettono anche di essere molto più informati sulle cose che accadono nel mondo, e questa è una potenzialità importante. Nel suo messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni di quest’anno, il Papa ha parlato in termini molto positivi della potenzialità dei mezzi per creare comunità e per aiutare i giovani a mantenere e sviluppare amicizie. Mi sembra importante non dimenticare questo aspetto, che è facile dare per scontato …

     
    D. – Molto probabilmente, mons. Nichols dando per scontate tutte queste potenzialità che ha sottolineato il Papa, ha poi messo però l’accento su alcuni rischi …

     
    R. – Sì: l’arcivescovo parla di un uso eccessivo. Nel caso di un uso eccessivo dei mezzi digitali ci può essere il rischio che venga un po’ frenata la possibilità di avere amicizie diciamo così “normali”. Ma anche questo è stato sottolineato dal Papa: ha detto che la comunicazione digitale potrebbe condurre a meno comunicazione a livello di famiglia, con gli amici, con i colleghi di lavoro.

     
    D. – Senz’altro, trovarsi in un’occasione di incontro personale con una comunicazione anche non verbale è una ricchezza diversa …

     
    R. – Diciamo che il concetto di amicizia, che è molto importante nel mondo del social network, è un concetto molto importante anche nella tradizione cattolica e cristiana. E’ bello che per i giovani sia tuttora molto importante il concetto di amicizia, ma è necessario essere attenti a non svuotare questo concetto. Quello che mi piace del discorso dell’arcivescovo Nichols è che ha fatto riferimento ad un concetto di amicizia che ha a che fare più con la quantità che non con la qualità: ci sono giovani che affermano di avere 200, 300 amici su Facebook, ma non è la stessa cosa di avere un vero amico che ti sta accanto, che ti capisce, che ti aiuta, che ti sfida, come anche succede spesso nella vita. Si riferiva, peraltro, ad un contesto molto particolare: c’è stato un caso, in Inghilterra, di una giovane che si è suicidata e sembra che abbia sofferto di una sorta di bullismo su un social network. Ecco perché mons. Nichols intendeva sottolineare alcuni rischi: una cosa che aveva già fatto il Papa, ricordando che quando trattiamo con le persone attraverso i nuovi mezzi della comunicazione dobbiamo essere sempre attenti a rispettare il prossimo. E questo è un aspetto fondamentale.

     
    D. – E’ fondamentale in qualunque tipo di relazione …

     
    R. – In qualsiasi rapporto! Diciamo che quello che il Papa ha fatto è aver riconosciuto l’importanza dei social network nella vita dei giovani di oggi, ma ha anche detto loro quanto sia importante non trascurare i loro valori personali, tra cui la fede. Ha detto che questi mezzi possono essere usati per condividere la fede e altro, sempre rapportandosi con rispetto alle persone con cui si sta dialogando.

     
    D. – A proposito del problema dei suicidi, che purtroppo in Europa colpisce un numero alto di ragazzi: il problema non è né Facebook né gli sms e né le e-mail ma piuttosto è nella precarietà delle relazioni e anche nella precarietà della costruzione di se stessi. Nel momento in cui vengono meno le relazioni ci si può ritrovare con un senso di vuoto e incapaci di sostenere tutto ciò che la vita comporta, quindi tutta la bellezza ma anche tutta la complessità …

     
    R. – Io credo che sia molto importante che la Chiesa cerchi di appoggiare la famiglia, perché la comunicazione all’interno della famiglia rimane fondamentale. Non si tratta di dire ai giovani che non possono avere contatti digitali con il social network, ma è necessario far sì che questi contatti non servano a separare il figlio o la figlia dalla vita normale della famiglia.

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    Evangelizzazione sulle spiagge: intervista con don Brugnoli

    ◊   Anche la preghiera va in vacanza ovvero scende in spiaggia. Sono ormai 30 le diocesi italiane che aderiscono al progetto delle “Sentinelle del mattino”: centinaia di giovani, speciali Baywatch della fede, che si organizzano per diffondere la Parola di Dio tra i bagnanti. Megafoni a Chieti e Vasto, cappelle itineranti a Termoli e Cagliari, momenti di preghiera in Liguria e sulla Costiera amalfitana. Iniziatore è don Andrea Brugnoli, incaricato per la pastorale di strada della Diocesi di Verona. A lui Gabriella Ceraso ha chiesto se in questi dieci anni di attività sia cambiato qualcosa nelle risposte dei giovani e nei contenuti delle proposte di fede:

    R. – Sì, abbiamo già cominciato con un’evangelizzazione di notte, nel centro di Palermo e qualche settimana fa le varie “fiaccole” – così si chiamano i gruppi che sono presenti in Italia – organizzano varie attività. Per esempio, oggi, a Termoli, verrà montata la chiesa gonfiabile che da vari mesi portiamo in giro per l’Italia; dall’11 al 14 agosto andremo invece ad Amalfi e lì verrà fatta un’animazione di spiaggia, durante il pomeriggio, mentre la sera verrà aperta la chiesa che è proprio lì, sul lungomare, per poter accogliere tutti i giovani che vorranno entrare.

     
    D. – Da quando ha iniziato, con le “Sentinelle del mattino”, è cambiato qualcosa nelle risposte dei giovani e di conseguenza anche nel vostro approccio nei contenuti delle vostre proposte?

     
    R. – Direi di no. Fin da quando siamo partiti, dieci anni fa, abbiamo fatto una bella scoperta: i giovani che sono lontani dalla pratica della loro fede hanno in realtà un grande interesse di conoscere Dio, di confrontarsi con dei coetanei sulla loro fede o anche non fede. Da allora quindi la cosa bella è scoprire che questi giovani, contattatati per strada, talvolta vivono una vera e propria vita spirituale molto profonda, anche se purtroppo non mettono piede nelle nostre Chiese. Proprio per questo motivo abbiamo cercato di raggiungerli nei luoghi di divertimento per aprire con loro un dialogo e perché potessero raccontare le loro esperienze, fare delle critiche e trovare dei coetanei credenti con cui confrontarsi.

     
    D. – A proposito di critiche ed esigenze dei ragazzi che avvicinate, che cosa vi chiedono, che cosa cercano?

     
    R. – Innanzitutto sono molto contenti che la Chiesa li cerchi e chiedono ai nostri ragazzi come mai credono, perché, nonostante tutti i difetti che può avere la Chiesa, abbiano fatto questa scelta, come vivono la loro vita di preghiera ed anche la morale della Chiesa.

     
    D. – Il Papa ha detto che “se Dio manca, manca la bussola, non si sa dove andare” e poi ha chiesto di portare Dio nella realtà contemporanea. Il timore di proselitismo, il timore di essere presi in giro in un contesto come quello di una spiaggia, che è un posto di svago e di divertimento, non c’è e se c’è come lo affrontate?

     
    R. – La nostra proposta è molto libera. Non vogliamo portare in Chiesa nessuno attraverso un invito esplicito; c’è una Chiesa aperta di notte e Gesù vuole incontrarti e quindi le persone hanno la possibilità d’iniziare un piccolo dialogo di fede. Quelli che entrano - e sono parecchi: in una notte d’estate entrano più di mille giovani dentro la Chiesa – lo fanno con le loro gambe, mossi dalla curiosità o da una certa nostalgia che si risveglia nei loro cuori. Credo che il Papa abbia proprio ragione: oggi occorre portare il Vangelo nei luoghi della vita, attraverso dei testimoni credibili. Non è un prete o una suora che va in strada a parlare, ma è un giovane esattamente come loro, capace di divertirsi, vestito come tutti gli altri giovani, ma lui, nel cuore, ha fatto questa scelta e questo crea davvero una curiosità e da lì inizia un dialogo.

     
    D. – Questo incontro estivo riesce poi ad avere un seguito?

     
    R. – In genere, i gruppi che agiscono in Italia ripetono una volta al mese quest’evangelizzazione e allora lì si possono riscontrare dei bellissimi frutti. Per strada qualcuno viene risvegliato a questa nostalgia di Dio e il mese successivo torna, poi torna un’altra volta. E quindi ora, tra i nostri giovani, abbiamo la gioia di avere ragazzi e ragazze incontrati per strada, totalmente lontani dalla fede e dalla Chiesa, che sono diventati loro stessi evangelizzatori dei loro coetanei e sono anche i più credibili.

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    Chiesa e Società



    Si riunisce in Gambia l'Associazione delle Conferenze episcopali dell'Africa occidentale

    ◊   Un incontro promosso dall’Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa occidentale anglofona (AECAWA) si apre oggi in Gambia, alla presenza di circa 120 tra cardinali, arcivescovi, vescovi e rappresentanti del clero e del laicato. L’incontro, che si chiuderà sabato prossimo, desidera essere anzitutto una visita pastorale alla Chiesa del Paese che conta circa 42 mila fedeli, quasi il 3 per cento della popolazione. L’obiettivo è condividere momenti di preghiera e per conoscere dal vivo progetti, speranze e difficoltà delle comunità cattoliche locali. Nei giorni del convegno è inoltre prevista la tenuta di un Seminario sul tema “Gioventù e migrazione nell’Africa occidentale”, un aspetto di particolare rilevanza sociale, al quale i vescovi vogliono dedicare una riflessione comune. (M.V.)

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    Iraq: al via l'incontro vocazionale per aspiranti al sacerdozio

    ◊   Si apre oggi, ad Ankawa, in Iraq, l’incontro vocazionale destinato “ai giovani che vogliono seguire Cristo da vicino come sacerdoti”. Ad ospitare l’iniziativa, che proseguirà sino al 30 agosto, il monastero dedicato ai santi Addai e Mari. Tra gli organizzatori, informa il Sir, padre Fadi Lion, vice rettore del seminario caldeo di San Pietro, che spiega: “La difficile situazione nel Paese, l’incertezza nel futuro allontanano i giovani dalla vita sacerdotale a differenza del passato, per non tacere, poi, dell'emigrazione, che ha decimato la già poco numerosa comunità cristiana irachena”. La speranza, tuttavia, non è svanita del tutto come testimonia l’incontro vocazionale in corso, al quale dovrebbero partecipare circa dieci giovani e che sarà diretto da sacerdoti e formatori. Il seminario maggiore caldeo nel gennaio 2007 fu trasferito per sicurezza da Baghdad ad Ankawa, nel nord dell'Iraq e per ora, come lo stesso vice rettore spiega, non è possibile pensare alla riapertura della sede originaria. Sempre in tema di vocazioni, lo scorso 24 luglio nella cattedrale caldea di Mar Yousef a Baghdad, quattro giovani novizie sono entrate nell'ordine delle suore caldee della Figlie di Maria nel corso di una celebrazione tenuta dal patriarca cardinale Emmanuel III Delly, cui hanno partecipato anche il nunzio apostolico in Iraq e Giordania, mons. Francis A. Chullikat. (S.G.)

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    Sri Lanka: rischio epidemie nei campi profughi Tamil

    ◊   Inizia oggi il programma dell’Unicef insieme al ministero per la Sanità per vaccinare contro il morbillo gli oltre 40 mila bambini ospitati nei campi profughi della zona di Wanni, in Sri Lanka. Entro il 5 agosto si prevede di vaccinare tutti i bambini sotto i 5 anni già non immunizzati contro morbillo e poliomielite. Il dottor Athula Kahandaliyanage ha spiegato ad AsiaNews che si vuole contenere il diffondersi di sporadici casi di morbillo, registrati negli ultimi mesi. Le vaccinazioni saranno praticate presso 30 centri sanitari di Vavuniya e il personale medico sarà coadiuvato da 1.200 volontari. Esaurita l’attività, sono previste analoghe vaccinazioni nei distretti di Jaffna e Trincomalee. Il gruppo Human Rights Watch ha denunciato, in un documento del 28 luglio, che nei campi profughi tamil la situazione sanitaria è peggiorata. “Molti sono sovraffollati – scrive Hrw – e qualcuno ha un numero di ospiti doppio di quanto raccomandato dall’Alto Commissario Onu per i rifugiati. C’è una penuria di latrine e l’accesso all’acqua è inconsistente, con conseguenti problemi igienici. Solo a giugno ci sono stati oltre 8mila casi di diarrea e centinaia di contagi di epatite e di varicella”. (S.G.)

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    Paraguay: gravi le ripercussioni della siccità sulla popolazione del Chaco

    ◊   La siccità, fenomeno endemico nell’arido Chaco paraguayano, è tornata a colpire con forza i popoli indigeni, tra i più poveri del Paese, con gravi ripercussioni sul settore agricolo e dell’allevamento. La penuria di precipitazioni registrata già dall’inizio dell’anno nella regione occidentale del Chaco ha spinto il governo di Asunción a dichiarare lo stato d’emergenza: a oggi la Segreteria di emergenza nazionale (Sen) - informa la Misna - ha assistito quasi 30 mila famiglie di 393 comunità con la distribuzione di viveri e altri beni di prima necessità. Per contribuire a fare fronte all’emergenza, la Commissione Europea ha stanziato nuovi aiuti umanitari per 150 mila euro “per le necessità immediate” degli abitanti dei due dipartimenti affidandone la consegna all’organizzazione non governativa italiana ‘Coopi’, presente in Paraguay dal 2001. Saranno complessivamente 941 le famiglie, circa 4700 persone, che beneficeranno di progetti per facilitare l’accesso all’acqua potabile, riparare e mantenere in funzione i sistemi idrici esistenti sul territorio, aiutare le autorità locali ad assistere le comunità più esposte al rischio di disastri naturali. (S.G.)

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    Allarme peste polmonare nel nord-est della Cina

    ◊   È di due morti il bilancio, provvisorio, della peste polmonare che ha colpito una zona remota nel nord-ovest della Cina. Le autorità sanitarie hanno messo in quarantena 10 mila persone nella cittadina di Ziketan, provincia di Qinghai, abitata in maggioranza da esponenti di etnia tibetana. La zona è scarsamente popolata e ciò favorisce il contenimento della diffusione del virus. I parenti delle due vittime accertate, circa dieci persone, avrebbero contratto la malattia e sono sotto stretta osservazione. Nell’ottobre 2008 - informa AsiaNews - la Cina ha annunciato una profonda riforma sanitaria (non ancora attuata) per favorire assistenza e cure mediche anche alle popolazioni più povere delle aree remote del Paese. Centinaia di milioni di operai e contadini sono, infatti, costretti a pagare ogni prestazione, mentre i migliori ospedali sono concentrati nelle città. Secondo dati del Ministero cinese della salute, almeno l’80 per cento dei contadini muore senza aver mai visto un medico, a causa del prezzo delle visite e delle cure. Tale situazione ha favorito la diffusione di epidemie mortali come la Sars nel 2003 e l’influenza aviaria. Pechino ha deciso di collaborare con le organizzazioni sanitarie internazionali, favorendo controlli serrati come è avvenuto, di recente, con la nuova influenza H1N1. (S.G.)

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    Mozambico: protesta dei malati di Aids contro la chiusura dei Day Hospital

    ◊   Il Mozambico ospita oggi diversi raduni in favore dell’accesso universale ai trattamenti antiretrovirali, sia nella capitale Maputo che nella città di Beira. L’iniziativa è stata promossa dalle associazioni mozambicane di malati di Aids e dai movimenti per l’accesso ai farmaci. A indurre gli organizzatori a lanciare i raduni è stato il recente annuncio del Governo di voler chiudere le strutture ospedaliere diurne (Day Hospital) per l’assistenza ai malati, una decisione che ha comportato l’abbandono delle terapie da parte di molti pazienti, l’aumento del numero dei decessi e una più marcata discriminazione contro le persone colpite dalla pandemia. In una prospettiva più generale, le manifestazioni di protesta in Mozambico si collocano nel quadro delle iniziative di sensibilizzazione sul raggiungimento degli Obiettivi del Millennio, in particolare sulle mete del VI Obiettivo, quello di bloccare la propagazione dell'HIV/AIDS entro il 2015 e di garantire entro il 2010 la fruizione universale delle cure. (M.V.)

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    Burkina Faso: al lavoro il "Parlamento dei giovani"

    ◊   Sono già al lavoro i 96 ragazzi e ragazze provenienti da 45 province del Burkina Faso che formano il ‘Parlamento dei giovani’, inaugurato a Ouagadougou, con l’obiettivo di coinvolgerli sui temi della gioventù, dello sport, della cultura. I giovani parlamentari – di età compresa tra i 17 e i 25 anni, per metà di sesso femminile – sono stati scelti come membri dell’organismo per tre anni e avranno anche il compito di informare i loro coetanei sulle leggi che li riguardano in discussione al Parlamento; potranno anche interpellare direttamente i deputati in caso di incomprensioni o disaccordi, una cosa che un semplice cittadino non è autorizzato a fare. I neo-parlamentari – informa la Misna – saranno seguiti nel loro percorso politico-istituzionale da un gruppo di 15 esperti composto da deputati, funzionari del ministero della Gioventù e membri di associazioni di settore. Il presidente dell’Assemblea nazionale, Roch Marc Christian Kaboré, ha sostenuto che il progetto segna “un punto di partenza di una dinamica positiva, potenzialmente portatrice di pace, sviluppo e di impegno civico”. La creazione di parlamenti giovanili è stata approvata nel 1999 dai capi di Stato e di governo dell’Organizzazione internazionale della francofonia (Oif); assemblee di questo tipo sono già operative in Niger, Mali e Gabon. (S.G.)

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    La missione della Chiesa nelle università di Manila compie 30 anni

    ◊   “Siate pilastri di fede”. Questo l’invito rinnovato dal cardinale Gaudencio Rosales, arcivescovo di Manila, a quanti si dedicano alla formazione spirituale dei giovani. Il porporato -informa AsiaNews - ha voluto, infatti, celebrare i 30 anni della presenza della Chiesa nei campus della capitale filippina, visitando personalmente alcuni dei college e delle università, pubbliche e private, dove sacerdoti e laici condividono con gli studenti le giornate di studio per accompagnarli nella loro formazione ed educazione alla fede. Mons. Vicente Bauson, direttore della pastorale universitaria per la diocesi di Manila, ha definito così il compito affidato alle migliaia di persone coinvolte nell’apostolato dei giovani: “Vogliamo far crescere dei ragazzi che siano testimoni del Vangelo ed una comunità di fedeli di futuri leader a cui è affidato un mandato profetico per il servizio della società”. Agli oltre duemila incaricati della pastorale universitaria che hanno assistito alle sue visite, il cardinale Rosales ha chiesto di essere veri formatori dei ragazzi, cioè capaci di accompagnarli ed educarli in “un’intima relazione con Cristo”. È da essa, ha detto il porporato, che sorgono “i solidi valori religiosi e del Vangelo di cui gli studenti hanno bisogno per affrontare le sfide della tecnologia e della società moderna”. (S.G.)

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    L'aumento della popolazione europea dovuto soprattutto agli immigrati

    ◊   Come l'Italia, anche l'Europa registra un aumento della popolazione grazie all'immigrazione, ma anche una lieve crescita naturale della popolazione iniziata dal 2004 e legata in parte all'aumento del tasso di natalità, in parte ad un tasso di mortalità costante. Secondo un rapporto pubblicato oggi da Eurostat, nel 2009, l'Unione Europea ha registrato un aumento di oltre 2 milioni di persone, delle quali quasi un milione 600 mila immigrate, mentre l'area euro ha avuto un incremento di circa un milione e mezzo di persone, di cui due terzi immigrate. Gli europei sono ad un soffio dal mezzo miliardo, 300 milioni di individui nell’area euro. In Italia il saldo naturale è negativo per 1.000 abitanti mentre diventa positivo grazie agli immigrati. (S.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Iran: Khamenei proclama Ahmadinejad presidente

    ◊   Dopo settimane di manifestazioni, rivolte e scontri in tutto l’Iran, il presidente Mahmoud Ahmadinejad è stato confermato ufficialmente stamattina alla guida del Paese. È stato il leader supremo, l’ayatollah Ali Khamenei, ad annunciare in modo formale la rielezione, alla luce dei risultati delle presidenziali del 12 giugno scorso, fortemente contestate dall’opposizione. Sabato - tra le critiche degli oppositori - è cominciato il processo per i disordini che hanno provocato almeno 30 morti e portato all’arresto di oltre 2mila persone. Nonostante le tensioni, Ahmadinejad giurerà mercoledì alle Camere ed entro due settimane presenterà una lista dei ministri. Durante la cerimonia, il presidente non ha mancato di denunciare il coinvolgimento di certi Paesi stranieri nel fomentare le proteste delle scorse settimane. Ma a quali Stati sono rivolte tali accuse? Giada Aquilino lo ha chiesto al giornalista iraniano Ahmad Rafat, già presidente della Stampa Estera in Italia:

    R. – Se guardiamo a quello che è successo in Iran e a ciò che hanno scritto nei giorni scorsi, penso che le parole di Ahmadinejad siano rivolte soprattutto alla Gran Bretagna e ai governi olandese e statunitense. Perché giorni fa il procuratore di Teheran ha citato alcune fondazioni di questi Paesi parlando del coinvolgimento in quella che loro chiamano la Rivoluzione di Velluto contro Ahmadinejad e Khamenei.

     
    D. – I leader dell’opposizione Moussavi e Karroubi e l’ex presidente Rafsanjani non erano presenti alla cerimonia, ma da Moussavi - come pure dall’ex presidente riformista Khatami - sono giunte nuove critiche al processo contro gli oppositori al regime. Si parla di confessioni estorte ai manifestanti con la tortura...

     
    R. – Questo pericolo che avrebbero estorto agli arrestati le confessioni con le pressioni, con le torture psichiche, piuttosto che fisiche, era già circolato ed era atteso. Conosco di persona alcune di queste persone che hanno confessato, tra cui il vice presidente di Khatami, Abtahi, e sinceramente devo dire che quando ho visto la sua faccia ieri in televisione, se non ci fosse stato il suo nome in sovrimpressione, non l’avrei riconosciuto.

     
    D. – Ahmadinejad giurerà nelle prossime ore alle Camere, mentre la protesta corre su Internet. Su cosa si concentrerà questo secondo mandato, dopo la più grave crisi politica dal ’79 ad oggi?

     
    R. – Un maggior protagonismo a livello internazionale e una riforma totale della cultura. Credo che ci sarà una stretta sul cinema, sugli scrittori, sui giornali. E un più ampio protagonismo sulla politica internazionale sarà un maggior sostegno a gruppi o formazioni estremiste, come Hamas ed Hezbollah, e un maggior scontro verbale con la comunità internazionale, che poi è ciò che ha caratterizzato il primo mandato di Ahmadinejad.

     
    D. – La grande paura è sempre la bomba atomica. Quanto è reale questo timore?

     
    R. – Che l’Iran lavori sul progetto di una bomba atomica ormai è certo. Per quanto riguarda i tempi, gli esperti parlano di un periodo che va da sei mesi a tre-cinque anni.

     
    Pirati somali rilasciano due navi
    Rimessi in libertà gli 11 marinai indonesiani nelle mani dei pirati somali dallo scorso 16 dicembre. Il rimorchiatore che si trovava vicino le coste dello Yemen sarebbe stato liberato dopo il pagamento di un riscatto. E un altro riscatto di 2,7 milioni di dollari ha portato al rilascio di una nave-container tedesca presa in ostaggio nell’aprile scorso con a bordo 5 tedeschi, tre russi, 2 ucraini e 14 filippini. Intanto oggi il primo ministro della Somalia Omar Abdirashid Ali Sharmarke ha assicurato al ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, un impegno personale nella trattativa per la liberazione del rimorchiatore Buccaneer sequestrato lo scorso 11 aprile dai pirati somali.

    Nigeria
    È salito ad almeno 780 morti il bilancio di cinque giorni di combattimenti fra esercito e integralisti islamici nel nord della Nigeria, a maggioranza musulmana. Lo riferisce la Croce Rossa precisando che si tratta ancora di cifre provvisorie. Intanto le autorità dello Stato africano hanno iniziato a seppellire in fosse comuni i cadaveri delle persone che non sono stati reclamati dalle famiglie.

    Accuse contro il ministro degli Esteri israeliano Lieberman
    Appropriazione indebita, riciclaggio di denaro e ostruzione alla giustizia. Sono le accuse della procura israeliana a carico del ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, leader del partito di destra radicale. Lieberman che rischia una pena di dieci anni di reclusione ha dichiarato che darà le dimissioni se sarà incriminato dal procuratore capo Mazuz. L’inchiesta contro Lieberman dura da circa dieci anni quando, prima di diventare ministro, avrebbe organizzato un meccanismo basato su diverse compagnie alle quali cambiava nome di volta in volta per incassare e ripulire milioni di dollari da destinare a se stesso e al partito.

    Afghanistan
    In vista delle elezioni presidenziali del 20 agosto non si ferma l’escalation di violenze in Afghanistan. Almeno 12 persone sono rimaste vittime di un attacco nel quartiere centrale di Herat, nell’ovest del Paese. Una trentina i feriti. Ferma la condanna del presidente afghano Hamid Karzai. Il servizio di Marco Guerra:

    Un ordigno fatto esplodere a distanza al passaggio delle forze di sicurezza. In Afghanistan ormai non passa giorno senza che si registrino attentati di questo genere. Oggi la guerriglia ha colpito in un quartiere centrale di Herat nell’ovest del Paese. L'obiettivo era il capo della polizia locale che stava spostandosi accompagnato da alcuni agenti. L’esplosione ha investito tutto il gruppo ma tra le 12 vittime ci sono ben 8 civili. 26 i feriti. L’attacco è avvenuto a soli 300 metri di distanza dalla base del comando italiano che opera nella provincia di Herat. Sul posto è infatti immediatamente intervenuta un’unità della folgore. E con l’avvicinarsi del voto si fanno sempre più energiche le condanne agli atti terroristici del presidente Karzai. “Con questo attacco – ha dichiarato il capo dello Stato - i terroristi non riusciranno a portare a buon fine i loro obiettivi inumani”. Karzai ha quindi ordinato alle forze di sicurezza di “aprire un’inchiesta e portare gli autori dell’attentato davanti ai tribunali”. Nelle stesse ore sono arrivate intanto le dichiarazioni del neosegretario della Nato Rasmussen che nella sua prima conferenza stampa dal suo insediamento, avvenuto il 31 luglio scorso, ha indicato l’Afghanistan fra le priorità dell’Alleanza Atlantica. La Nato resterà finché serve – ha detto - ma è necessario che tutta la comunità internazionale lavori come una squadra.

     
    Honduras
    Il presidente deposto dell’Honduras, Manuel Zelaya, ha lasciato ieri la sua base in Nicaragua per quello che ha definito un “viaggio strategico” per Managua, dove incontrerà rappresentanti degli Stati Uniti, e Città del Messico, dove è stato invitato dal presidente Felipe Calderon. A Tegucigalpa, intanto, il capo del governo de facto, Roberto Micheletti, si è detto sorpreso dell’appoggio degli Stati Uniti al deposto Zelaya.

    Nuovo attentato in Cecenia
    Riprendono gli attentati contro le forze di polizia in Cecenia, cinque poliziotti sono morti in un’imboscata messa in atto ieri sera da militanti armati nel sud montagnoso della repubblica caucasica. Altri cinque uomini hanno riportato gravi ferite. Negli ultimi mesi in Cecenia e nelle altre due repubbliche caucasiche del Nord di Inguscezia e Daghestan c’è stato un forte aumento di attentati terroristici.

    Georgia-Russia
    Si riaccende la tensione tra Georgia e Russia. Tbilisi ha accusato ieri Mosca di dispiegare le proprie truppe nella repubblica separatista dell’Ossezia del Sud e di occupare nuovamente territorio georgiano. Le dichiarazioni giungono ad un anno dallo scoppio della guerra tra i due Paesi.

    Arresti nello Xinjiang
    Altre 319 persone sono state arrestate dalle autorità cinesi perché coinvolte nella rivolta della minoranza musulmana degli uighuri, scoppiata il 5 luglio a Urumqi, capitale della regione autonoma dello Xinjiang. Molte delle persone arrestate sono state rintracciate e identificate grazie a informazioni fornite dalla popolazione locale. Proprio ieri sera il leader di un gruppo denominato Partito islamico del Turkistan aveva diffuso su internet un video con un appello ai musulmani affinché attaccassero persone e attività cinesi per punire Pechino colpevole di aver compiuto un massacro di uighuri musulmani. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Mariella Pugliesi)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 215

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