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Sommario del 16/09/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Messaggio del Papa all'ONU: "l'intera famiglia umana possa godere dei benefici della globalizzazione". La riflessione di mons. Migliore
  • Il cardinale Tauran: un successo il viaggio del Papa in Francia
  • I vescovi di Panamá in visita ad Limina. Il presidente della Conferenza episcopale: la Chiesa è impegnata a formare cristiani autentici
  • Presentato in Vaticano un Convegno sull'evoluzionismo. Mons. Ravasi: fede e teorie evoluzioniste non sono incompatibili
  • Il cardinale Bertone presiede la Messa per i vescovi novelli
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • India: la violenza anticristiana si estende dall'Orissa al Karnataka
  • La crisi del Caucaso fa cadere il governo ucraino
  • Convegno a Roma sul Motu Proprio Summorum Pontificum: l'intervento di don Nicola Bux
  • Chiesa e Società

  • Nuovi scontri in Darfur: migliaia di profughi senza cibo e medicine
  • Crisi alimentare in Etiopia: interventi di MSF in favore di migliaia di bambini malnutriti
  • Paraguay: a rischio 100 mila indigeni nel Chaco a causa della siccità
  • Filippine: rapite due volontarie di un’organizzazione cristiana
  • La Chiesa di Palermo ricorda don Pino Puglisi a 15 anni dalla sua uccisione
  • Mons. Sharma: in Nepal la Chiesa cattolica sta vivendo una stagione felice
  • Inizia in Sri Lanka il primo Congresso asiatico per la promozione della liturgia
  • Brasile: avanzata la proposta di un sussidio statale per i genitori adottivi
  • Al via i lavori del gruppo ONU-UA per il peacekeeping in Africa
  • Seminario delle Missioni Cattoliche Italiane a Lione
  • Alla Gregoriana il primo Convegno internazionale della retorica biblica e semitica
  • Il prof. Luis Romera è il nuovo rettore dell’Università della Santa Croce
  • 24 Ore nel Mondo

  • Medio Oriente: attesa per l'incontro tra Abu Mazen e Olmert che domani si dimetterà dalla guida del partito Kadima
  • Il Papa e la Santa Sede



    Messaggio del Papa all'ONU: "l'intera famiglia umana possa godere dei benefici della globalizzazione". La riflessione di mons. Migliore

    ◊   Ricordando “con gratitudine” la visita compiuta al Palazzo di Vetro ad aprile scorso, il Papa ha espresso parole di saluto e preghiera in occasione della Celebrazione ecumenica che si è svolta ieri alle Nazioni Unite alla vigilia dell’apertura dell’Assemblea generale. Il messaggio del Papa, a firma del Segretario di Stato cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, è stato letto dall’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU. Il servizio di Fausta Speranza:

    “Guida e forza necessarie per affrontare le urgenti sfide dei prossimi mesi”: è quanto auspica il Papa per le Nazioni Unite. Assicurando la sua preghiera, Benedetto XVI rinnova il suo appello ai leader internazionali affinché si riapproprino “di un’alta visione morale e di trascendenti principi di giustizia”. E’ un appello rinnovato perché si tratta di uno dei punti del discorso che Benedetto XVI ha pronunciato in occasione della visita alle Nazioni Unite lo scorso aprile. In quell’occasione, ci sono state, poi, parole sul principio di sussidiarietà che dovrebbe animare la “famiglia di nazioni” e i suoi obiettivi di sviluppo, non dimenticando appunto “l’Africa o altre parti del mondo che rimangono ai margini di un autentico sviluppo integrale”. Forte il monito in tema di ricerca scientifica e tecnologica: “Nonostante i benefici che l’umanità può trarne – aveva detto Benedetto XVI all’ONU – alcuni aspetti della loro applicazione rappresentano una chiara violazione dell’ordine della creazione, sino al punto in cui non soltanto viene contraddetto il carattere sacro della vita, ma la stessa persona umana e la famiglia vengono derubate della loro identità naturale”. Inoltre, nel 60.mo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, il Papa ha detto che “la promozione dei diritti umani rimane la strategia più efficace per eliminare le disuguaglianze tra Paesi e gruppi sociali, come anche per un aumento della sicurezza”. Resta da dire che il Papa, nel suo messaggio di ieri all’ONU, nomina anche alcune di quelle che definisce “urgenti sfide”: innanzitutto i cosiddetti ‘obiettivi del Millennio’; poi “il programma NEPAD, New Partnership for Africa’s Development, e le altre iniziative volte ad assicurare che l’intera famiglia umana condivida i benefici della globalizzazione”. Su questo punto abbiamo chiesto all’arcivescovo Celestino Migliore quanto siamo lontani dal raggiungere gli obiettivi del millennio:

     
    R. – Gli obiettivi del millennio sono otto precisi obiettivi stabiliti nel 2000 dai capi di Stato e di governo al fine di raggiungere un livello di superamento della fame, delle epidemie come l’HIV, la mortalità materna e infantile, e anche di garantire l’accesso all’istruzione primaria, all’acqua, alle pari opportunità uomo-donna entro il 2015. Rimangono una buona quarantina di Paesi che sono molto indietro …

     
    D. – Mons. Migliore, nel discorso all’ONU dell’aprile scorso, Benedetto XVI ha denunciato quello che ha definito “l’ovvio paradosso di un consenso multilaterale che continua ad essere in crisi a causa della sua subordinazione alle decisioni di pochi”. Nella sua esperienza di osservatore, quanto è grave questo paradosso?

     
    R. – Credo che sottolineando quel particolare paradosso, il Papa abbia toccato il vero problema della riforma dell’ONU, che purtroppo sembra segnare il passo. La formula – cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza con il diritto di veto – fu il risultato di un’ingegneria di politica internazionale che 60 anni fa permise, almeno, di organizzare l’ONU. Ma oggi non funziona più! Ci vuole maggiore e grande rappresentatività dei Paesi, delle culture, delle economie ma soprattutto si deve trovare una soluzione anche al veto: per esempio lo si potrebbe rendere parificato sia per numero sia per questioni sulle quali si esercita. Altrimenti, si rischia la paralisi e l’ingiustizia internazionale!

     
    D. – Mons. Migliore, sempre in occasione della sua visita alle Nazioni Unite, Benedetto XVI ha detto che “il rispetto dei principi che sono alla base dell’ordine internazionale non deve mai essere interpretato come un’imposizione indesiderata e una limitazione di sovranità”. Nella questione georgiana questo può aiutare a far riflettere i vari leader internazionali?

     
    R. – Certo, perché tra questi principi ce n’è uno che si sta facendo strada lentamente, ma con buone promesse, cioè quello della responsabilità di proteggere. Per tanto tempo questo principio è stato interpretato – e purtroppo viene ancora interpretato oggi – per giustificare mire espansionistiche sia territoriali, sia etniche o culturali. L’ONU, nel 2005, lo inserì in un suo documento importante soprattutto per indicare l’intervento umanitario con mezzi pacifici o mezzi armati, se necessario, laddove un governo non può o non vuole proteggere la sua popolazione. La cosa importante è che nel suo discorso all’ONU Papa Benedetto XVI ha allargato e messo questo principio in un nuovo promettente contesto, cioè la responsabilità di proteggere è il nome nuovo di governo, di autorità, di sovranità. La sovranità e il governo sono sì dati da procedure democratiche, ma soprattutto consistono in una responsabilità dei governanti di proteggere e di promuovere le popolazioni.

     
    D. – Mons. Migliore, nel 60.mo della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo a che punto è nel mondo il rispetto del diritto di libertà religiosa?

     
    R. – Direi che ci sono luci ed ombre, ma in questi tempi se pensiamo a quanto sta accadendo nello Stato di Orissa, in India, prevalgono le ombre. Il punto è che troppi Paesi, culture, tradizioni interpretano questo diritto alla libertà religiosa come spettante ad un territorio, ad una cultura, ad una religione particolare, per cui se in quella regione la maggioranza ha sempre praticato quella determinata religione, non c’è spazio per altre, anzi: altre religioni sono considerate come una minaccia da contenere o da respingere. Il diritto alla libertà della religione spetta alle persone, agli individui ed ai gruppi. Quando governi, società civili – religioni comprese – si concentreranno su questo vero senso del diritto della libertà religiosa, penso che avremo un rispetto molto maggiore in tutto il mondo della libertà della religione.

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    Il cardinale Tauran: un successo il viaggio del Papa in Francia

    ◊   Benedetto XVI è rientrato ieri pomeriggio nella sua residenza di Castel Gandolfo a conclusione della visita pastorale in Francia compiuta in occasione del 150.mo anniversario delle apparizioni di Lourdes. Un viaggio molto intenso: ma che bilancio fare? Romilda Ferrauto lo ha chiesto al cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso:

    R. – C’est un bilan extrêmement positif…
    Il bilancio è assolutamente positivo. Intanto, mi ha colpito molto la confidenza tra questo Papa e la gioventù: il Santo Padre ha suscitato un grande entusiasmo quando, in particolare, ha affidato loro i suoi due tesori, la Croce e lo Spirito Santo, è stato molto coraggioso da parte sua ed è stato commovente vedere la risposta. Il Papa ha visto la Chiesa di Francia così com’è, e dall’altro canto, la Francia ha visto chi è questo Papa. Qualcosa di nuovo è apparso davanti agli occhi di tutti: una comunità cattolica in Francia molto viva, che non ha paura di mostrarsi così com’è, che è serena di fronte alle difficoltà. Poi, c’è un'altra cosa che mi ha molto colpito ed è stata l’alta qualità delle liturgie, soprattutto quella di Parigi, che penso sia stata praticamente perfetta, e questo dimostra che si sta facendo il meglio in materia di liturgia dopo il Concilio.

     
    D. – Era stato detto che sarebbe stato un viaggio difficile, la Francia è un Paese secolarizzato, i vescovi hanno grandi preoccupazioni a livello pastorale, Benedetto XVI non era ben conosciuto dai francesi che avevano anche dei pregiudizi nei suoi riguardi … Ora, tirando le somme, una gran parte della stampa francese parla di successo. Lei condivide questa impressione?

     
    R. – Oui. Oui, je pense oui, effectivement. D’ailleurs, c’est ce que je le lui ai dit…
    Sì. Sì, penso proprio di sì. Peraltro, è quello che gli ho detto quando l’ho salutato. Gli ho detto: “Santo Padre, ha conquistato la Francia”. Nel discorso al Collegio dei Bernardini, egli ha chiaramente ribadito la fecondità dell’incontro tra la fede e la ragione: questo è importante per la Francia che ha un’eredità “anticlericale” …

     
    D. – Uno dei discorsi più forti di questo viaggio è senza alcun dubbio quello che il Papa ha rivolto ai vescovi, riuniti domenica pomeriggio a Lourdes. Benedetto XVI non ha eluso nessuno degli argomenti spinosi, compreso il noto Motu Proprio Summorum Pontificum e la situazione dei divorziati risposati. Il Papa ha rivolto ai vescovi una serie di raccomandazioni: cosa pensa lei del tono di questo discorso?

     
    R. – C’est un message fraternel. Plusieurs fois il a félicité les évêques pour leurs efforts …
    E’ un messaggio fraterno. Più di una volta, si è compiaciuto con i vescovi per il loro impegno apostolico, ha detto loro che conosce le loro fatiche, che la situazione non è facile ma che li sostiene. C’è un appello forte per la pastorale delle vocazioni – è stato uno dei temi più importanti, ed i vescovi sono stati molto colpiti da questo messaggio.

     
    D. – Eppure, alcuni giornalisti hanno detto che abbia voluto riprendere i vescovi …

     
    R. – Comme vous dites, ce sont les journalistes…
    Come ha detto bene lei, sono stati i giornalisti, ma questa non è l’impressione dei vescovi : nessun vescovo ha detto qualcosa del genere. E’ stato il Pastore della Chiesa universale che ha condiviso con i pastori di una Chiesa locale le loro preoccupazioni e le loro priorità pastorali, come le vocazioni, la catechesi, la liturgia e la famiglia.

     
    D. – Benedetto XVI e Nicolas Sarkozy: c’era tanta attesa per le loro considerazioni sulla laicità…

     
    R. – Alors, vous le savez, c’est un sujet que j’ai traité pendant des années quand j’étais …
    Lei sa che questo è un argomento che ho trattato per anni, quando ero in Segreteria di Stato, incaricato dei Rapporti con gli Stati, e al quale ho riservato grande attenzione. Vorrei sottolineare una cosa: il Papa non ha parlato di separazione né di distinzione, e in realtà è giusto perché non si può separare la Chiesa dalla società; ha detto anche che c’è ancora molto terreno aperto per il dialogo ed ha auspicato ancora una nuova riflessione sul vero senso della laicità. Credo effettivamente – è una questione che mi sta molto a cuore – che il Papa abbia affrontato il problema molto bene!

     
    D. – Lei si aspetta un’evoluzione in questo campo?

     
    R. – Ça dépendra de la procédure du dialogue …
    Questo dipenderà dalla procedura del dialogo tra il governo e la Chiesa, con questa commissione presieduta dal nunzio apostolico. Credo che veramente il clima sia cambiato, ma quello che serve ora è raggiungere dei risultati concreti, perché la teoria va bene, ma poi bisogna “atterrare”, come si suol dire …

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    I vescovi di Panamá in visita ad Limina. Il presidente della Conferenza episcopale: la Chiesa è impegnata a formare cristiani autentici

    ◊   I vescovi di Panamá hanno iniziato in Vaticano la visita ad Limina. Molte le sfide che la Chiesa di questo piccolo ma importante Paese centroamericano sta affrontando. Ce ne parla mons. José Luis Lacunza Maestrojuán, vescovo di David e presidente della Conferenza episcopale panamense. L’intervista è di Alina Tufani.
     
    R. - A Panamá convivono scandalosamente una crescita economica straordinaria, pari al 10 per cento del PIL, con una povertà estrema che colpisce il 40 per cento della popolazione. È un problema molto serio che come pastori non possiamo trascurare: una società che si definisce cristiana e cattolica (l'85 % dei panamensi si dichiara cattolico) non può tollerare questa situazione di iniquità e, diciamo, di discriminazione economica. Altri problemi sono la violenza che esiste nella nostra società, senza trascurare i giovani, la presenza delle sette eccetera. Da un punto di vista ecclesiale, siamo impegnati ad applicare il documento conclusivo della V Conferenza del CELAM che si è svolta più di un anno fa ad Aparecida, in Brasile. Si tratta di risvegliare il sentimento missionario della Chiesa: bisogna rendersi conto che la Chiesa è per sua natura missionaria, che essere cristiano battezzato, discepolo di Gesù, comporta necessariamente uno stato di missione permanente.

     
    D. - Quali sono le cause della povertà e cosa si sta facendo?

     
    R. - Non è facile indicare quali siano le cause reali del problema. Da parte dell'attuale esecutivo c'è la volontà di ridistribuire i proventi del Canale di Panamá, cui si deve gran parte della crescita economica. Il governo sta compiendo alcuni passi che, tuttavia, credo non siano sufficienti.

     
    D. - La Chiesa in America Latina sta affrontando le questione cruciali della vita e della famiglia. Qual è la situazione a Panamá?

     
    R. - Anche a Panamá subiamo attacchi, più o meno diretti. Soprattutto negli ultimi due anni ci sono stati tentativi di introdurre nella legislazione sanitaria e nei programmi educativi il concetto di identità di genere e la propaganda per la contraccezione. E’ chiaro che la maggior parte di questi progetti sono il frutto di direttive provenienti da organismi internazionali cui i governi si piegano per ricevere in cambio qualche tipo di aiuto economico. Le nostre proteste non sono solo in nome della Chiesa ma di tutta l'umanità a favore di una visione più integrale della persona, della vita e della famiglia.

     
    D. - Qual è la situazione vocazionale?

     
    R. - Grazie a Dio e grazie a una pastorale giovanile più incisiva, stiamo riscontrando una maggiore risposta dei giovani alle vocazioni. Ma occorre segnalare due realtà: da un lato, il nostro cristianesimo, come è accaduto in Europa (e ora se ne vedono le conseguenze), è diventato un cristianesimo culturale, non di convinzione o di scelta. Quindi è un cristianesimo che soccombe facilmente a qualsiasi tipo di attacco, sia da parte di ideologie politiche che religiose: penso alla diffusione delle sette. Dall'altro lato, questa mancanza di convinzione e formazione fa sì che i nostri laici trascurino la partecipazione alla vita interna della Chiesa, ai gruppi liturgici, ai movimenti, all’impegno sociale. Non ci si assume la responsabilità di costruire il mondo reale. La Conferenza di Puebla ha detto che i cristiani devono essere "uomini di Chiesa nel cuore del mondo" e "uomini del mondo nel cuore della Chiesa". Ma questo non accade e così abbiamo in America Latina Paesi con una maggioranza cattolica, ma le cui società non hanno né un'etica né un'identità cattolica.

     
    D. - Quali sono le aspettative dei vescovi panamensi per questa visita ad Limina e l'incontro con Benedetto XVI?

     
    R. - Per noi la visita alla Santa Sede e questi sia pur brevi momenti di condivisione con il Santo Padre sono sempre molto belli. Il fatto di stare qui insieme per una settimana come gruppo, di poter condividere con i diversi Dicasteri le difficoltà, le realtà e le esperienze della nostra Chiesa è un'occasione molto bella per sentirci uniti a tutta la Chiesa e a Pietro. Non si tratta di una visita burocratica, né di una visita di cortesia, bensì di una visita di comunione, in cui la Chiesa panamense sente con Pietro e rinnova con Pietro la sua missione di servizio, non solo alla Chiesa di Panamá, ma a tutta la Chiesa. In questo senso, per noi è un momento, diciamo, di ecclesialità e di comunione che corresponsabilizza tutti alla vita e alla missione della Chiesa intera.

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    Presentato in Vaticano un Convegno sull'evoluzionismo. Mons. Ravasi: fede e teorie evoluzioniste non sono incompatibili

    ◊   “L’evoluzione biologica: “Scienza e fede: dibattito sull’evoluzione”: presentato stamane in sala stampa il Convegno internazionale - che avrà luogo a Roma dal 3 al 7 marzo del prossimo anno - organizzato dalla Pontificia Università Gregoriana e dalla Notre Dame University negli Stati Uniti, sotto il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura. L’iniziativa nasce nell’ambito del Progetto STOQ, ovvero Scienza, Teologia e Questione ontologica, cui partecipano sette Università pontificie, coordinate dal Dicastero vaticano. Progetto teso a costruire un ponte tra scienza e teologia. Il servizio di Roberta Gisotti:

    "L’evoluzione biologica: fatti e teorie”: a 150 anni dalla pubblicazione dell’"Origine della specie" di Charles Darwin, scienziati di varie discipline e filosofi - credenti e non credenti - chiamati da tutto il mondo, insieme a teologi, faranno il punto sulle teorie evoluzionistiche, sgombrando anzitutto il campo da un equivoco che potrebbe inficiare i lavori, come ha premesso il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, mons. Gianfranco Ravasi:

     
    "Io vorrei ribadire la non incompatibilità a priori tra le teorie dell'evoluzione con il messaggio della Bibbia e della teologia. Darwin, sapete, non è mai stato condannato, 'l'Origine della specie' non è all'indice, ma soprattutto ci sono pronunciamenti molto significativi nei confronti dell'evoluzione da parte dello stesso Magistero ecclesiale, e sarà interessante seguire questo Congresso internazionale perché esso cerca in tutti i modi di intrecciare in armonia da un lato sicuramente la parte scientifica, che avrà un grande rilievo nei primi giorni, con la parte filosofica e la parte teologica".

     
    L’arcivescovo Ravasi, ha citato il pronunciamento di Pio XII nell’‘Umani Generis’ nel 1950 e il discorso di Giovanni Paolo II nell’ottobre del ‘96 all’Accademia delle Scienze. Il presule ha quindi auspicato che tre virtù possano animare il dibattito in questo Congresso: anzitutto la ricerca, seria, non approssimativa, oltre i luoghi comuni, gli stereotipi, le arroganze, i radicalismi ed anche oltre i complessi d’inferiorità di cui a volte soffre la teologia. Le altre due virtù raccomandate sono l’umiltà e l’ottimismo:

     
    "Noi, certo, il teologo da una parte, lo scienziato dall'altra, abbiamo i piedi piantati su terreni diversi, su regioni differenti che hanno bandiere differenti, statuti differenti. Ma l'importante è che la linea di demarcazione non sia una 'muraglia cinese' o una 'cortina di ferro', oltre la quale non si guarda per disprezzo o per non-desiderio; ma ci sia proprio la nobiltà, io direi, della distinzione: la distinzione che non è separatezza. La distinzione è necessaria! Quindi, ci vuole un atto di umiltà anche da parte del teologo, che deve ascoltare e imparare e dall'altra parte, occorre superare quell'arroganza di alcuni scienziati che sbeffeggiano chi si ostina nella fede, considerata - la fede o la teologia - come il relitto di un paleolitico intellettuale buttato ormai ai margini di un luminoso e progressivo viale battuto dalla scienza".

     
    Presenti alla conferenza stampa il prof. Marc Leclerc, ordinario di Filosofia della Natura alla Gregoriana, il prof. Alessandro Minnelli docente di Zoologia all’Università di Padova ed il prof. Gennaro Auletta, direttore scientifico del Progetto STOQ, che ha riassunto nello slogan ‘No ad evoluzionismo chiuso Sì ad un evoluzionismo in evoluzione', come la ricerca in particolare degli ultimi decenni ha dimostrato. Infine, un'anticipazione di mons. Ravasi, che ha annunciato importanti eventi incentrati su Galileo Galilei per il prossimo 2009, proclamato dall'ONU Anno dell'Astronomia.

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    Il cardinale Bertone presiede la Messa per i vescovi novelli

    ◊   “Testimoniare l’amore misericordioso di Dio per ogni essere umano”: è questa la missione dei vescovi, ricordata stamani dal cardinale Tarcisio Bertone. Il segretario di Stato ha celebrato la Santa Messa per i presuli ordinati negli ultimi dodici mesi, durante il Convegno a loro dedicato, in corso fino al 23 settembre presso l’Ateneo “Regina Apostolorum”, a Roma. Ce ne parla Isabella Piro:

    È “un’utile esperienza di fraternità” – così l’ha definita il cardinale Bertone – il convegno organizzato dalla Congregazione per i Vescovi per tutti i presuli ordinati negli ultimi dodici mesi. A loro si è rivolto il segretario di Stato, nell’omelia pronunciata questa mattina: il “ministero episcopale – ha detto – è un compito reso sempre più impegnativo a motivo della complessità della moderna società globalizzata e delle esigenze dell’evangelizzazione, che deve tener conto delle molteplici attuali istanze religiose e culturali”. Di fronte alle “tante sfide” che i vescovi devono affrontare, il porporato ha indicato due strade: quella di “un’adeguata formazione personale dottrinale e pastorale” e quella di “una spiritualità profonda che coltivi l’intimo colloquio con il Signore Gesù e l’ascolto attento dei fratelli”. Centrale, inoltre, ha sottolineato il porporato, la necessità di “far crescere la cultura e la spiritualità dell’unità all’interno della Chiesa” e di “una comunione sempre più solidale tra i vescovi”, definiti “i primi instancabili costruttori, testimoni e ministri dell’unità e della comunione”. Poi, sull’esempio di San Paolo, il cardinale Bertone ha invitato i nuovi vescovi a “costruire ed alimentare la Comunione nella Chiesa”, ricordando che, come afferma l’Apostolo delle Genti, “la varietà dei ministeri e la pluralità dei carismi contribuiscono all’unità della Chiesa.” Essa, quindi, “non è un blocco monolitico, ma un’unità viva, capace di armonizzare ed orientare al bene comune ogni funzione, carisma e ministero”. Il card. Bertone si è quindi soffermato sul punto focale della missione episcopale, ovvero la testimonianza “dell’amore misericordioso di Dio per ogni essere umano”: “La Chiesa ed in primo luogo i Pastori – ha affermato - hanno il compito di suscitare ed educare alla fede” ed hanno “la missione di proclamare e testimoniare instancabilmente la gratuità della salvezza”. Di qui, l’auspicio che i vescovi siano “araldi della salvezza di Cristo” e testimoni di “una fede intrepida e coraggiosa, capace di aderire a Cristo sino al sacrificio della vita, se necessario”. Infine, il segretario di Stato ha ricordato il cardinale François-Xavier Van Thuân, di cui oggi ricorre l’anniversario della morte. Prigioniero per lunghi anni in Vietnam, il cardinale Bertone ne ha citato la “generosità ed il distacco da ogni umana ambizione”, sottolineandone la “bontà umile e gioiosa, la preghiera intensa e l’amore per Cristo”. Possa il suo esempio, ha concluso il porporato, aiutare i nuovi vescovi a servire Cristo “con ogni pensiero, parola ed azione, per il bene di tutta la Chiesa”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il messaggio di Benedetto XVI alla vigilia dell’apertura della LXIII sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite

    L’omelia del segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, alla Messa inaugurale del convegno per i presuli ordinati nell’ultimo anno

    Un articolo del vicedirettore Carlo Di Cicco sul viaggio di Benedetto XVI in Francia

    Nell’informazione internazionale, in primo piano il crollo di Lehman e gli effetti sulle borse mondiali

    Si apre a Venezia il XIII convegno internazionale di diritto canonico: un articolo di presentazione di Juan Ignacio Arrieta, presidente del Comitato Organizzativo del congresso, e stralci della relazione del Patriarca di Venezia cardinale Angelo Scola

    Roberto de Mattei interviene sul significato del rito romano antico e il suo rapporto con la secolarizzazione attraverso le riflessioni di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II

    Un articolo di Marcello Filotei su un convegno della Pave the Way Foundation dedicato all’azione di Pio XII in favore degli ebrei

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    Oggi in Primo Piano



    India: la violenza anticristiana si estende dall'Orissa al Karnataka

    ◊   La violenza contro i cristiani in Orissa si sta estendendo ad altri Stati della Federazione indiana. L'allarme giunge ora dallo Stato del Karnataka, nel sud ovest dell'India, dove domenica scorsa attivisti radicali indù hanno attaccato diverse chiese, luoghi di culto e istituzioni cristiane. Il cardinale Varkey Vithayathil, presidente della Conferenza episcopale, ha condannato fermamente i nuovi episodi di violenza, affermando che “gli attacchi contro i cristiani sono manifestazioni di una crescente intolleranza di alcuni settori della società che continuano a sfidare i diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini di questa nazione”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    “Chiediamo loro – afferma il porporato, le cui parole sono state rirprese dall'agenzia Fides - di intraprendere la strada del dialogo e del rispetto altrui per il confronto su ogni questione di natura politica, sociale o religiosa''. I vescovi hanno poi ribadito la loro posizione contro ogni forma di violenza che mina la convivenza civile, facendo appello a tutti i cittadini dell'India: ''Come nazione non possiamo permettere di farci risucchiare nel vortice degli istinti primitivi di conflitto e distruzione. La comunità cristiana vive in India in maniera pacifica anche in questo momento, sottoposta a provocazioni e violenze''. ''Questo atteggiamento - afferma ancora la Chiesa indiana - non va interpretato come debolezza, ma come un'opzione preferenziale basata sui principi del vivere civile. La comunità cristiana continua a rendere il proprio servizio a tutti i settori della società indiana, senza alcuna discriminazione. Intanto accuse infondate di conversioni fraudolente vengono lanciate da quanti hanno come scopo la polarizzazione sociale sulla base del credo religioso. Noi, come cittadini responsabili, non soccomberemo a questa strategia della divisione ma continueremo a operare, nello spirito di Cristo, nostro maestro, per l'unità, l'integrità ed il progresso della nazione''. I vescovi hanno condannato anche i recenti attentati terroristici verificatisi in alcuni mercati e strade di New Delhi, che hanno provocato la morte di almeno 20 persone ed il ferimento di altre 100. Gli attentati sono stati rivendicati dal gruppo militante dei ''Mujaheddin Indiani''. La Chiesa ha espresso cordoglio e solidarietà alle vittime e alle loro famiglie, affermando che ''tali gesti codardi non hanno alcun riguardo per la vita umana e per la sua sacralità”.

     
    Dal sud dell'Orissa le violenze contro i cristiani si sono dunque spostate nello Stato di Karnataka. Ma dietro questi attacchi ci sono motivazioni diverse rispetto a quelle che hanno innescato, recentemente, drammatiche violenze nello Stato di Orissa? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a padre Bernardo Cervellera, direttore dell'agenzia AsiaNews:

    R. – Sono sempre le stesse: l’obiettivo è di cercare di fermare i cristiani per bloccare le cosiddette “conversioni forzate” o “conversioni manipolate” al cristianesimo. Questo era anche all’origine degli attacchi in Orissa.

     
    D. – Il timore, adesso, è che le violenze in una regione possano ispirare attacchi in altre zone. Cosa si deve fare per evitare questo possibile effetto domino?

     
    R. – Certo, il governo dovrebbe fare di più perché il governo indiano è fondato sulla laicità dello Stato e, quindi, dovrebbe permettere a tutti di cambiare religione e di vivere la fede nella libertà più totale. Il problema è che si riscontra ormai, in diversi casi, anche nel Karnataka, in Kerala - come è avvenuto in Orissa - che la polizia in qualche modo o è inerte oppure sembra patteggiare proprio per i fondamentalisti indù.

     
    D. – A proposito di polizia, le autorità del Karnataka avevano rivelato, nei giorni scorsi, che erano al corrente di possibili attacchi contro i cristiani...

     
    R. – Secondo diversi osservatori indiani, il problema è che nel mondo della polizia c’è anche molta corruzione. C’è anche simpatia verso un nazionalismo indù che vuole affermare l’induismo, non semplicemente come religione di una parte degli indiani ma di tutta l’India e come cultura dell’India. Va aggiunta una cosa: che in tutti questi Stati c’è il dominio del Bharatiya Janata Party, partito induista all’opposizione. Questo partito cerca di mettere delle leggi anticonversione e protegge i fondamentalisti indù.

     
    D. – Gli estremisti, nello stato di KarnataKa, hanno agito quasi simultaneamente. Questo fa pensare ad un preciso piano contro i cristiani…

     
    R. – C’è questo piano di volere ‘ripulire’ l’India dai cristiani, soprattutto di voler ‘ripulire’ l’India da tutte le presenze diverse dall’induismo. La stessa cosa avviene contro i musulmani e contro altre religioni. Il problema è che verso i cristiani è più facile perché non hanno armi e non rispondono con la violenza.

     
    D. – In questa situazione così difficile, quali passi devono compiere i cristiani per salvaguardare il dialogo e cercare anche di far riprendere il cammino della pace?

     
    R. – Sia suor Nirmala, la superiora delle suore di madre Teresa, sia i diversi vescovi, hanno sottolineato che i cristiani desiderano soltanto essere liberi di proclamare la loro fede, di testimoniarla. Poi, nel servizio quotidiano, si vede la qualità del loro cristianesimo.

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    La crisi del Caucaso fa cadere il governo ucraino

    ◊   E' crisi politica in Ucraina. Si è ufficialmente sciolta la coalizione filooccidentale arancione composta dal partito “Nostra Ucraina” del presidente Viktor Iushenko e dal blocco guidato dall’attuale premier Iulia Timoshenko. Quest’ultima dovrà ora presentare le dimissioni ed esercitare le funzioni provvisorie. La Rada ha 30 giorni di tempo per formare una nuova maggioranza. In alternativa saranno convocate elezioni anticipate. I rapporti tra il premier e il presidente si sono incrinati dopo il conflitto russo-georgiano e la riduzione dei poteri presidenziali perseguita in aula dal blocco della Timoshenko con l’appoggio dell’opposizione filorussa. Una situazione che aveva indotto Iushenko a parlare di “golpe bianco”. Proprio sulle cause della crisi abbiamo raccolto il commento di Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto dell’area:

    R. – La rivalità tra il presidente Iushenko ed il primo ministro Iulia Timoshenko è cominciata nel momento in cui la Timoshenko si è un pò defilata rispetto alla linea fortemente anti-russa adottata dall’Ucraina in particolare quando è scoppiata la crisi tra Georgia ed Ossezia del Sud. Pur avendo un confine di migliaia di chilometri con la Russia, pur essendo in debito con Mosca dei due terzi delle forniture energetiche e di una porzione maggioritaria dell’interscambio commerciale, l’Ucraina in questi anni ha vissuto molto nell’illusione di poter praticare una politica anti-russa. Ora, al di là delle questioni di principio, la realtà della geografia ha un suo peso: non si può con un “vicino” di quel genere pensare di essere, in qualche modo, adottati dagli Stati Uniti. Il prezzo di quell’illusione viene pagato adesso.

     
    D. – Possiamo fare una previsione su dove andrà l’Ucraina anche tenendo conto della NATO e dell’Unione Europea?

     
    R. – Ultimamente, si è sentito dire in maniera piuttosto affrettata che è finita l’epoca della politica delle “sfere di influenza”. La realtà è che per un decennio, per tutti gli anni ’90 e anche oltre, questa è stata una politica assolutamente ed intensamente praticata ma da un’unica potenza cioè gli Stati Uniti. Qualcosa è cambiato perché la stessa politica provano a praticarla sia la Cina, sia la Russia. Ed è una strada non solo ben presente ma che lo sarà ancora di più in futuro. Io credo sia abbastanza inevitabile, per alcuni Paesi, tenere conto dei confini, tenere conto dei vicini. Come si può pensare di essere ostili alla Russia, dipendendo da Mosca per quello che riguarda il commercio e le fonti energetiche? Questo non vuol dire ovviamente sottomissione, non vuol dire vassallaggio e sudditanza: vuol dire semplicemente realismo politico perché poi alla fine quello che deve fare ogni governo è badare al bene e alla convenienza dei propri cittadini.

     
    D. – E l’ingresso in Europa?

     
    R. – L’Ucraina lo vorrebbe molto l’ingresso a differenza dell’entrata nella NATO che invece i cittadini ucraini contestano. Purtroppo è l’Europa che non vuole l’Ucraina.

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    Convegno a Roma sul Motu Proprio Summorum Pontificum: l'intervento di don Nicola Bux

    ◊   Si è aperto oggi a Roma, presso l’Istituto Maria Santissima Bambina, un Convegno sul Motu Proprio "Summorum Pontificum" di Benedetto XVI sulla liberalizzazione dell’uso del Messale di San Pio V, riformato da Giovanni XXIII nel 1962. Durante l’incontro, organizzato ad un anno dell’entrata in vigore delle disposizioni pontificie, sono stati rilevati progressi ma anche alcune difficoltà nella loro applicazione. Il Papa, incontrando i vescovi francesi a Lourdes domenica scorsa, aveva auspicato una “pacificazione degli spiriti” sulla questione, ricordando che “nessuno è di troppo nella Chiesa” e che “ciascuno, senza eccezioni, in essa deve potersi sentire ‘a casa sua’, e mai rifiutato”. Ascoltiamo in proposito, al microfono di Fabio Colagrande, il teologo don Nicola Bux, consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, presente al convegno di Roma:

    R. – L’intervento recente del Santo Padre in Francia, dicendo che nessuno è di troppo nella Chiesa, in un certo senso dovrebbe indurre tutti, a cominciare dai vescovi e dai sacerdoti, ad una riflessione sul concetto di comunione. La comunione non è una realtà che facciamo noi, che costruiamo noi, è una realtà che riceviamo dal Signore, che riceviamo dalla storia, dalla tradizione. Quindi, in questa comunione tutti noi ci ritroviamo. Non siamo noi i padroni. E la liturgia non è nient’altro che un’espressione di questa comunione con i secoli passati, con le generazioni che ci hanno preceduto, e trasmettiamo questa medesima comunione a coloro che verranno. Credo che questo sia il punto anche a fondamento del Motu Proprio di Papa Benedetto XVI. Lui l’ha scritto più volte, già quando era teologo e cardinale. Tutti noi parliamo di pluralismo, questa è una delle parole “magiche”. Certo, noi non professiamo nel Credo la Chiesa pluralista, noi professiamo la Chiesa una, però professiamo la Chiesa cattolica e la parola “cattolica” significa una inclusione globale delle diverse forme, anche, in questo caso, di espressione della fede. Sappiamo che la fede non si esprime in un solo modo. Tutti noi abbiamo imparato che c’è l’Oriente e che esprime la sua fede in una sua peculiare maniera. Quindi, perché stupirci? Fra l’altro, è proprio nella tradizione che in Occidente ci siano liturgie diverse. Ci sono sempre state: l’Ambrosiana, la Gallicana, la Mozarabica, la Romana. Quindi, credo che aprirsi a questo senza pregiudizi sia anche segno culturale, segno di cultura.

     
    D. – Lei, don Nicola Bux, partecipa al Convegno con una relazione dedicata alla riforma paziente di Benedetto XVI, tra tradizione e innovazione...

     
    R. – Io personalmente sono sempre stato anche un fautore delle innovazioni. Io celebro la Messa ordinaria in modo quotidiano, ma non mi sono mai rifiutato di celebrare anche la Messa nella forma straordinaria. Non credo che ci sia opposizione tra le due forme, ma come dice il Santo Padre, un arricchimento. Provare per credere. Il presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, il cardinale Castrillón Hoyos, proprio interpretando la mens del Motu Proprio del Santo Padre ha detto che i vescovi non devono solo attendere che siano i fedeli a chiederlo, ma devono anche proporre ai fedeli di attingere a quello che è il nostro patrimonio, il patrimonio della nostra tradizione. Ecco, ci vuole più coraggio da parte dei vescovi e credo che ne trarrà giovamento il senso di sacro e di mistero, anche necessario alla nuova forma rituale della Messa, che è stata rinnovata dal Concilio Vaticano II.

     
    D. – Don Nicola Bux, perché ogni volta che il Papa parla di questo tema, – lo ha fatto anche in Francia – sui giornali poi leggiamo commenti, titoli, che in qualche modo tacciano il Papa di volersi chiudere in una sorta di conservatorismo...

     
    R. – Chi conosce Joseph Ratzinger dai suoi scritti non da ora, mai potrebbe tacciarlo di cosiddetto conservatorismo. Il punto è capire che non c’è vera innovazione tagliando la tradizione. Credo che tutti noi questo lo comprendiamo. Bisogna eliminare le paure, tipo che si neghi il Concilio Vaticano II, che è assolutamente fuori discussione. Ci vuole apertura sia da parte di chi ha questa preoccupazione, come da parte di chi ama di più la tradizione, e non potrà non venirne un grande vantaggio salutare per gli uni e per gli altri, soprattutto per la Chiesa.

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    Chiesa e Società



    Nuovi scontri in Darfur: migliaia di profughi senza cibo e medicine

    ◊   In Sudan, migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case nel nord del Darfur dopo violenti scontri, nell'ultima settimana, tra ribelli e forze governative. Fonti locali hanno riferito che gli sfollati non dispongono di cibo e medicine. Un funzionario dell’ONU in Sudan ha anche dichiarato che molte zone della regione sudanese teatro dei combattimenti sono rimaste  inaccessibili. L’organizzazione ‘Partner Aid International’ ha poi reso noto che alcuni villaggi nel sudovest di Tawila sono stati bruciati. Sul versante politico, intanto, il presidente sudafricano, Thabo Mbeki, è arrivato ieri sera a Khartoum per colloqui con il suo omologo sudanese Omar el-Bechir. I due capi di Stato esamineranno possibili misure per promuovere la pace in Darfur, regione devastata dal 2003 dal dramma della guerra. Secondo diverse organizzazioni umanitarie, il conflitto in Darfur ha provocato la morte di oltre 200.000 persone. Sono più di 2,5 milioni i senza tetto.(A.L.)

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    Crisi alimentare in Etiopia: interventi di MSF in favore di migliaia di bambini malnutriti

    ◊   Quasi 40 mila persone negli ultimi quattro mesi hanno ricevuto cure contro la malnutrizione e alimenti terapeutici pronti all’uso da Medici Senza Frontiere (MSF) nel sud dell’Etiopia. I pazienti, fanno sapere dall’organizzazione umanitaria, “sono per la maggior parte bambini piccoli: in media 2 pazienti su 10 hanno cinque anni di età, ma in alcune zone del paese un terzo dei bambini sotto i cinque anni è moderatamente malnutrito”. MSF – sottolinea il SIR - sta continuamente rivedendo la sua strategia in base alle emergenze che si presentano: sono stati aperti nuovi programmi nutrizionali e altri sono stati chiusi laddove è diminuito il numero dei malnutriti. Nella regione di Afar “la percentuale di malnutriti ha raggiunto il 9%. Oltre 60 centri nutrizionali di MSF forniscono assistenza medica e distribuiscono alimenti terapeutici pronti all’uso a pazienti gravemente malnutriti”, spiega Renzo Fricke, coordinatore dell’intervento di emergenza contro la malnutrizione nel Sud d'Etiopia. Sono già state distribuite 3 mila tonnellate di cibo. “Per i bambini affetti da forme gravi – avverte - il trattamento è stato efficace. (A.L.)

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    Paraguay: a rischio 100 mila indigeni nel Chaco a causa della siccità

    ◊   In Paraguay la regione del Chaco continua ad essere colpita da una grave siccità. L’emergenza riguarda circa 100 mila persone, per la maggior parte indigeni. Secondo dati ufficiali, negli ultimi sei mesi le piogge cadute nella zona hanno raggiunto appena i 42 millimetri. Le ultime precipitazioni – ricorda l’agenzia MISNA - risalgono allo scorso 9 marzo Manca l’acqua potabile e alla siccità si aggiunge anche una diffusa povertà. Fonti locali sottolineano inoltre che la paralisi delle attività economiche, il deterioramento delle condizioni di salute degli abitanti e le lacune strutturali si uniscono ad un sentimento di emarginazione ed esclusione diffuso tra la popolazione. A queste criticità il mondo politico cerca di dare adeguate risposte. Nella regione è stato proclamato lo stato di emergenza ed il governo ha varato un piano straordinario che prevede un investimento pari a circa cinque milioni di dollari. Dalla comunità internazionale sono giunti infine i primi contributi per far fronte all’emergenza: il Venezuela ha donato un milione di dollari. (A.L.)

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    Filippine: rapite due volontarie di un’organizzazione cristiana

    ◊   Due volontarie di un’organizzazione cristiana sono state rapite da un gruppo di uomini armati, probabilmente ribelli musulmani, nell'isola di Basilan, nelle Filippine meridionali. Lo ha reso noto oggi un portavoce militare. Uomini armati hanno fermato ieri un convoglio ed hanno sequestrato cinque persone. Tre sono state rilasciate, ma due donne, che lavorano per l’organizzazione Christian children's fund, in parte finanziata dai missionari cattolici spagnoli, sono state tenute in ostaggio. “Abbiamo inviato delle truppe a cercarle e per scoprire quale gruppo sia dietro il rapimento”, ha detto il portavoce militare aggiungendo che, per ora, nessuna richiesta di riscatto è pervenuta alle autorità locali o all’organizzazione cristiana. Nella zona sono attivi diversi gruppi di ribelli separatisti musulmani. Nel sud delle Filippine, Paese a stragrande maggioranza cattolico, è attiva una guerriglia separatista. A Basilan operano sia il gruppo Abu Sayyaf, legato a Al Qaida, sia la principale organizzazione guerrigliera, il Fronte Moro di liberazione nazionale. L'Unione Europea, tramite l’ambasciata francese a Manila, ha espresso preoccupazione per il proseguire degli scontri armati fra forze di sicurezza e i guerriglieri separatisti nell'isola di Mindanao. (A.L.)

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    La Chiesa di Palermo ricorda don Pino Puglisi a 15 anni dalla sua uccisione

    ◊   Il 15 settembre del ‘93 'Cosa nostra' uccideva nel quartiere palermitano di Brancaccio, don Pino Puglisi. La mafia fermò il suo impegno per la legalità al fianco di quei giovani tolti alla manovalanza della criminalità organizzata. Nel 15.mo anniversario dell’uccisione di don Pino, la Chiesa di Palermo lo ha ricordato con una celebrazione solenne in cattedrale, presieduta dall’arcivescovo Paolo Romeo. “Come la Vergine Addolorata Maria – ha detto mons. Romeo nell’omelia - la Chiesa, che è madre, è vicina ai suoi figli, ne accompagna le aspirazioni, ne segue con amore i passi, ne incoraggia gli sforzi, si fa carico delle loro difficoltà e debolezze. Don Pino Puglisi è stato autentico testimone di questa Chiesa vicina all’uomo. Egli ha saputo stare accanto ai fedeli confidati alle sue cure pastorali con la dedizione e lo zelo di chi accompagna con amore il cammino di conversione e di redenzione dei figli di Dio. Don Pino è stato pienamente inserito nella fecondità della missione della Chiesa ed ha portato il suo abbraccio materno a quanti ha incontrato sul suo cammino. Per mezzo di lui uomini e donne di diversa età e condizione hanno conosciuto il volto sollecito di una Chiesa che viene incontro ai bisogni dei suoi figli, soprattutto di quanti sono disagiati o emarginati, vittime di vecchie e nuove povertà spirituali e materiali”. “Sulla scorta della sua testimonianza – ha proseguito l’arcivescovo di Palermo - la nostra Chiesa esige un rinnovamento della pastorale giovanile e vocazionale. Una pastorale che non sia soltanto strutturata in iniziative, ma sia vivificata dall’entusiasmo dell’annuncio missionario, dalla responsabilità di testimoniare la fede nei luoghi in cui i giovani sono chiamati a vivere. Occorre cambiare l’io per cambiare il mondo”. “In secondo luogo - ha aggiunto monsignor Romeo - don Pino ha compreso il rapporto strettissimo tra parrocchia e territorio. Gli si fa torto quando, con letture prevalentemente socio-politiche, lo si definisce come “il sacerdote antimafia”, impegnato nel sociale al servizio di un territorio a rischio morale, perchè egli è stato in ogni momento dispensatore della grazia di Dio, impegnato senza riserve nell’annunzio della parola, costruttore di coscienze illuminate dalla fede e che ha richiamato ad ogni momento il comandamento dell’amore di Dio e dell’amore ai fratelli”. “La Chiesa di Palermo, che è convocata a riflettere nei prossimi anni sull’urgenza e l’importanza della trasmissione della fede – ha concluso l’arcivescovo Romeo - non può ignorare questa lezione, non può sottovalutare questa eredità di don Pino”. (A cura di Alessandra Zaffiro)

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    Mons. Sharma: in Nepal la Chiesa cattolica sta vivendo una stagione felice

    ◊   Mentre in India non sembra arrestarsi l’ondata di violenze anti-cristiana, nel vicino Nepal “la Chiesa cattolica” è “stimata e apprezzata” dalla popolazione. A confermarlo è mons. Anthony Sharma, vicario apostolico del Nepal, in un’intervista rilasciata all’agenzia FIDES durante un seminario di studio tenuto in Vaticano. “In Nepal – ha spiegato il presule - la Chiesa cattolica sta vivendo una stagione felice: siamo stimati e apprezzati perché operiamo al servizio della popolazione, soprattutto nel campo dell’istruzione. Lo testimonia il fatto che ogni anno fra le 200 e le 300 persone ci chiedono di essere battezzate”. Mons. Sharma ci tiene a sottolineare che la Chiesa ha sempre dimostrato di “essere una comunità a servizio della gente” e di aver così guadagnato la stima di tutti i gruppi sociali, politici e religiosi presenti in Nepal. “Abbiamo iniziato a farci conoscere con il nostro stile di presenza – ha aggiunto il vescovo – e cioè quello di essere nella nazione per servire, soprattutto impegnandoci nel campo dell’istruzione, che è tuttora la necessità maggiore. Prima andare a scuola era un privilegio solo per ricchi, per le famiglie delle caste più alte, che potevano permettersi di pagare gli studi. La comunità cattolica ha iniziato a svolgere un servizio gratuito e destinato a tutti, senza discriminazione di casta, religione: così ci hanno invitato nei villaggi e spesso regalato terreni per aprire nuove scuole”. Mons. Sharma elenca quindi i frutti degli ultimi 25 anni di lavoro pastorale: “Oggi gestiamo 27 scuole in tutto il Paese, di cui 6 nella capitale Kathmandu e 21 in villaggi rurali e montuosi. Garantiamo l’istruzione a oltre 17 mila studenti, fra i quali 9 mila donne. Abbiamo rafforzato il nostro ruolo di Chiesa, presente per servire la popolazione e questo ci ha fatto guadagnare la stima dell’intera collettività. Tanto che la comunità cattolica è giunta fino ai circa 7.000 battezzati, che crescono al ritmo di circa 300 unità all’anno. Questo oggi è possibile perchè nel 1991 la nuova Costituzione ha dato libertà di culto e di religione, e chi viene da noi per chiedere di diventare cristiano può essere accolto. Ma prevediamo un serio cammino di due anni di catecumenato, prima di impartire il Battesimo”. (D.B.)

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    Inizia in Sri Lanka il primo Congresso asiatico per la promozione della liturgia

    ◊   "La liturgia: uno squarcio del Cielo sulla Terra”, è il tema del primo Congresso liturgico che si svolge in Asia, nello Sri Lanka a partire da oggi e fino al 21 settembre a Uswatakeiyawa, città costiera a circa 30 chilometri dalla capitale Colombo. Organizzato dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, il congresso prevede la partecipazione di 55 delegati di 19 Paesi asiatici; prenderà parte all’incontro anche il cardinale Francio Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Ogni Paese - rende noto l'agenzia Asianews - presenterà il rapporto della propria Commissione nazionale per la liturgia e i delegati parteciperanno a Messe parrocchiali e incontreranno i fedeli dello Sri Lanka. In conferenza stampa, l’arcivescovo mons. Malcolm Ranjith, segretario della Congregazione ha spiegato che “la celebrazione della liturgia diventa vera vivendo in modo pubblico la nostra fede. La liturgia è la chiave per ogni rinnovamento della Chiesa. Quello che celebri è quello in cui credi e quello che crediamo dipende da come vivremo”. “La Costituzione della santa liturgia ‘Sacrosanctum Concilium’ – ha aggiunto - ci offre le linee guida per celebrare il sacramento. “Una cattiva interpretazione dei principi guida – ha proseguito – ha dato origine a ogni tipo di abusi nella liturgia ed i rilievi sbagliati hanno potuto causare una diluizione della fede tra la gente”. La fiducia della reale presenza di Cristo nell’Eucaristia affronta serie minacce. “Molta gente – ha affermato mons. Ranjith - vede l’Eucaristia come qualcosa di abituale e ha perso il senso di venerazione”. “Il Santo Padre – ha osservato il presule - è molto preoccupato per questa perdita di reverenza verso l’Eucaristia e per gli abusi nella celebrazione della santa liturgia. Per questo ha disposto questi incontri regionali con i vescovi”. Il Congresso liturgico (il secondo, dopo quello tenuto in Ghana in Africa) terminerà la mattina del 21 settembre con una Messa solenne presieduta dal cardinale Arinze nella cattedrale Santa Lucia a Kotahena, a Colombo. “Speriamo – ha concluso mons. Ranjith – che questo Congresso sia fonte di più stretti rapporti e dialogo tra il Santo Padre e le differenti regioni e continenti”. (A.L.)

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    Brasile: avanzata la proposta di un sussidio statale per i genitori adottivi

    ◊   Un progetto per sostenere economicamente le famiglie che desiderano adottare un bambino. E’ quello proposto dal Tribunale di Giustizia dello Stato brasiliano di Pernambuco, che ha evidenziato l’importanza di un progetto di legge per sgravare le famiglie dai costi dell’iter adottivo. Nella proposta si prevede il pagamento di un sussidio per gli impiegati statali che desiderano adottare bambini ed adolescenti orfani e abbandonati. L’importo dell’assegno dovrebbe variare in base all’età del minore adottato: per i bambini fino a cinque anni di età è previsto un sussidio che corrisponde a una mensilità, per i bambini tra i cinque e gli otto anni è previsto un sussidio che corrisponde a due mensilità; per i bambini tra gli otto e i dodici anni è previsto un sussidio che corrisponde a tre mensilità; per gli adolescenti con un’età compresa tra i 12 e i 18 anni o i minori con handicap o gravemente malati è previsto un sussidio che corrisponde a quattro mensilità. Se la proposta diventerà legge, il Pernambuco sarà il primo stato del Brasile a promuovere un tipo di politica pubblica che va verso la gratuità dell’adozione. Secondo il giudice e coordinatore del Tribunale dei minori, Elio Braz Mendes, la spesa che lo Stato investe nell’assistenza ai minori nelle strutture residenziali è ben superiore di quella che stanzierebbe se la proposta di legge fosse approvata. (A.L.)

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    Al via i lavori del gruppo ONU-UA per il peacekeeping in Africa

    ◊   Si sono aperti “in un clima positivo, simile a quello del primo giorno di scuola”, i lavori del gruppo ONU-Unione Africana per le operazioni di peacekeeping in Africa. Guidato da Romano Prodi, per decisione del Segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, il comitato sarà composto da cinque esperti di fama internazionale e avrà il compito di stilare un rapporto. Si approfondiranno vari aspetti relativi al mantenimento della pace nel continente. L’ex presidente del Consiglio italiano, sottolineando “il clima positivo” con cui si è inaugurato ieri a New York l’incarico, ha precisato che il documento sarà pronto “entro la fine dell'anno". Come spiegato dall’agenzia MISNA, dopo un incontro con Ban Ki-moon, che potrebbe aver luogo domani, Prodi e i cinque esperti si recheranno ad Addis Abeba, presso la sede dell'Unione Africana, dove vedranno il presidente di turno dell'Unione africana, Jakaya Mrisho Kikwete, per concordare le prime operazioni di peacekeeping. (D.B.)

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    Seminario delle Missioni Cattoliche Italiane a Lione

    ◊   “Il dialogo e la capacità di lavorare in stretta collaborazione sono strumenti indispensabili per proporre stili di vita alternativi alla cultura del relativismo, del profitto e dell’imposizione della legge del più forte”. Con queste parole mons. Piergiorgio Saviola, direttore generale della Fondazione Migrantes, ha salutato i rappresentanti delle Missioni Cattoliche Italiane, riuniti a Lione, in Francia, per partecipare al seminario “Nella diversità percorsi di condivisione e solidarietà”. Mons. Saviola, come riportato dall'agenzia SIR, ha sottolineato la necessità “di ritrovare il senso della vita e dell’avere risposte adeguate ai profondi interrogativi sulla fede”. Solo in questo modo, e con “l’unità e la solidarietà della famiglia umana”, si potrà dare adeguata risposta alla richiesta di giustizia e libertà in Europa, dove persistono forme di “grande povertà”. (D.B.)

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    Alla Gregoriana il primo Convegno internazionale della retorica biblica e semitica

    ◊   Ha preso il via ieri, presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, il primo convegno internazionale della retorica biblica e semitica. L’incontro, che proseguirà fino al 18 settembre, è promosso dalla Società internazionale per lo studio della retorica biblica e semitica, e si pone come “mezzo privilegiato d’incontro e di scambi per gli addetti ai lavori”. Il convegno, come spiegato nel sito internet dedicato all’evento, è destinato anzitutto a chi pratica l’analisi retorica biblico-semitica, ma è aperto a “chiunque sia interessato a questo modo di avvicinare il testo biblico, per il quale i fenomeni di composizione costituiscono la porta del senso”. La manifestazione, come spiega l'agenzia ZENIT, è stata inaugurata dal Cardinale Albert Vanhoye, in passato rettore del Pontificio istituto biblico e segretario della Pontificia commissione biblica, nonchè pioniere nel campo dell'analisi retorica biblica. Tra gli altri oratori, che si alterneranno sul palco, figurano Pietro Bovati, professore ordinario del Pontificio istituto biblico di Roma, Michel Cuypers, ricercatore all’IDEO (Institut dominicain d’études orientales), Benoît Standaert, monaco dell’Abbazia benedettina di S. Andrea a Bruges (Belgio), e Roland Meynet, professore ordinario di Teologia biblica presso la Pontificia Università Gregoriana. Lo scopo del Convengo è quello di promuovere e sostenere i progetti di ricerca, gli scambi tra gli studiosi e le università che lavorano in questo stesso campo della retorica biblica e semitica. (D.B.)

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    Il prof. Luis Romera è il nuovo rettore dell’Università della Santa Croce

    ◊   Il prof. Luis Romera è stato nominato, lo scorso 30 luglio, Rettore Magnifico della Pontificia Università della Santa Croce. “Spero, con la grazia del Signore e l'aiuto di tutti, di poter collaborare in questa entusiasmante iniziativa che è la Pontificia Università della Santa Croce” ha detto il neo rettore dopo il conferimento del nuovo incarico rivolgendosi a tutta la comunità accademica. Il prof. Romera ha poi riconosciuto “l'alta professionalità e dedizione al proprio compito” del personale docente e non dell’ateneo, confessando di aver "imparato molto dai professori con cui mi è stato concesso di collaborare, dagli impiegati dei diversi settori dell'Università, nonché da tanti studenti". Nelle prossime settimane il rettore incontrerà tutti i responsabili dei diversi settori dell'università, per fare il punto della situazione, "dei bisogni e dei traguardi che si ritengono prioritari", al fine di "enucleare gli obiettivi prioritari per i prossimi anni" e "indirizzarci all'unisono verso il loro raggiungimento". Il nuovo rettore succede a mons. Mariano Fazio, da giugno direttore spirituale della prelatura dell’Opus Dei in Argentina. (C.D.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Medio Oriente: attesa per l'incontro tra Abu Mazen e Olmert che domani si dimetterà dalla guida del partito Kadima

    ◊   Si è aggravato il bilancio delle vittime dello scontro a fuoco avvenuto stamani a Gaza tra miliziani di un clan familiare dei Dughmush, che si ispira ad Al Qaeda, e i servizi di sicurezza di Hamas. Sarebbero più di 10 i morti. La violenza non si ferma nemmeno nel giorno in cui è previsto un nuovo incontro a Gerusalemme tra il presidente palestinese Abu Mazen e il premier israeliano Olmert per far proseguire i negoziati di pace. Si tratta dell’ultimo colloquio che vede Olmert primo ministro dello Stato ebraico: domani si terranno infatti le elezioni primarie in seno al partito governativo Kadima. A succedere a Olmert, coinvolto in uno scandalo finanziario, sarà probabilmente l’attuale ministro degli Esteri, Tzipi Livni, data favorita dai sondaggi sull’ex capo di Stato maggiore, Shaul Mofaz. Ma cosa lascia l’era Olmert nelle trattative con i palestinesi? Giada Aquilino lo ha chiesto a Ugo Tramballi, esperto di Medio Oriente e inviato del Sole 24 Ore a Tel Aviv:

    R. – Olmert ha fatto dei passi sensazionali nel corso del processo di pace anche se politicamente gli scandali hanno minato la sua credibilità. Comunque in questi giorni rassegnerà le sue dimissioni e quindi, come sempre succede, un primo ministro israeliano che non deve essere rieletto dai suoi elettori ha senz'altro più coraggio. Nel processo di pace Olmert ha infatti offerto molte più concessioni di quante avesse fatto in passato qualsiasi altro premier israeliano. Olmert ha presentato proprio in questi giorni ad Abu Mazen la proposta di firmare un accordo quadro su tutti i grandi punti essenziali del processo di pace sui quali Israele e Palestina sono divisi. Mi riferisco alla spartizione di Gerusalemme, al diritto al ritorno dei profughi palestinesi, alle frontiere sicure per Israele - anche se mi chiedo quali siano - e anche lo smantellamento di moltissime colonie. Su questi temi, appunto, Olmert ha proposto un’intesa in modo che quelli che verranno dopo, probabilmente Tzipi Livni per Israele e un altro presidente degli Stati Uniti, avranno già il terreno pronto per fare un passo decisivo, ovviamente se ci saranno le opportunità.

    D. – Sarà Livni il primo ministro che firmerà la pace innanzitutto con i palestinesi?

     
    R. – Gran parte del lavoro è pronto ma è difficile dirlo. Dipenderà anche da quanto sarà diverso il prossimo presidente degli Stati Uniti e soprattutto quello che conta è che non c’è alternativa a questo processo di pace. Perché se saltasse questa trattativa in corso da quasi un anno, l’alternativa sarebbe un altro conflitto con una Hamas armata di missili, un’Intifada nella quale interverrebbe probabilmente anche Hezbollah, movimento già addestrato a combattere contro gli israeliani, come è accaduto due anni fa.

     
    Iraq-cronaca
    Nel corso di una cerimonia a Baghdad e alla presenza del segretario alla difesa Gates, il generale americano Ray Odierno ha preso ufficialmente il comando delle forze multinazionali in Iraq al posto del generale David Petraeus. Nel suo discorso di insediamento, Odierno ha ricordato che gli obiettivi raggiunti nel Paese del Golfo sono “fragili e reversibili”. Intanto proseguono gli attentati nel Paese: ieri sera una donna-kamikaze si è fatta esplodere provocando la morte di oltre 20 persone a Baladruz, nella provincia di Diyala.

    Crisi finanziaria-mercati
    Dopo i 30 miliardi di euro di liquidità immessi sul mercato per garantirne la stabilità, la Banca Centrale Europea ha versato oggi altri 70 miliardi. Una mossa che intende ridare fiducia alle banche dopo il fallimento dell'istituto americano Lehman Brothers, il salvataggio in extremis della Merrill e i pericoli incombenti sul futuro dell’AIG, la prima compagnia assicurativa mondiale. Intanto le borse continuano a soffrire: quelle europee hanno tutte aperto in calo dopo aver bruciato ieri 125 miliardi di euro; quelle asiatiche hanno chiuso tra il meno 4 per cento e il meno 6 per cento nonostante l’immissione delle banche centrali di 27 miliardi di dollari per ridare liquidità. Ieri il presidente americano Bush aveva assicurato che l’economia è “robusta” e può sostenere “gli aggiustamenti” necessari. Il crack finanziario ha diviso anche i due candidati alla Casa Bianca: McCain ha assicurato il cambiamento delle regole a Wall Street nei primi cento giorni di presidenza, mentre Obama ha puntato il dito contro la politica di Bush che, in otto anni, ha “ridotto le difese dei consumatori” portando alla “più grave crisi dal tempo della Grande Depressione”.

    Italia-Alitalia
    Ore decisive per il destino di Alitalia. Tra domani e giovedì sono previsti nuovi incontri tra il governo, le nove sigle sindacali e la Compagnia aerea italiana (CAI) sull’accordo quadro raggiunto ieri. Restano distanze da parte dei piloti che hanno più volte chiesto l’intervento del premier Berlusconi nel negoziato. Il ministro del Welfare Sacconi ha nuovamente ribadito che, senza una soluzione nel contratto di lavoro, il salvataggio della compagnia è seriamente compromesso.

    Georgia-NATO
    La NATO ha aperto le porte alla Georgia. E’ quanto ha confermato il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jaap de Hoop Scheffer, nel corso della visita di due giorni a Tblisi, senza però indicare un termine temporale per il futuro ingresso georgiano. “Non permetteremo ad altri Paesi di rompere i legami tra noi e loro – ha aggiunto - e nessun Paese metterà il veto”, riferendosi implicitamente alla Russia. Solo ieri Scheffer, insieme con il presidente georgiano Shakashvili, ha istituito ufficialmente la Commissione NATO-Georgia. A dicembre i ministri degli Esteri della NATO si riuniranno per esaminare se Tblisi abbia le caratteristiche per aderire all’Alleanza Atlantica.

    Bolivia- vertice UNASUR
    Il primo vertice dell'Unione delle nazioni del Sudamerica (UNASUR) ha chiuso brillantemente le sue oltre dieci ore di lavoro, ieri a Santiago del Cile, sotto la presidenza di Michelle Bachelet. Al centro della riunione la delicata e complessa situazione interna della Bolivia nonché la crisi nei suoi rapporti politici e diplomatici con gli Stati Uniti. Il servizio di Luis Badilla:

    Un forte e convinto sostegno al presidente boliviano Evo Morales è stato espresso dai nove governanti, presenti al vertice, nella “Dichiarazione de La Moneda”, condizionando però questa solidarietà alla ripresa del dialogo con l'opposizione boliviana e alla sospensione delle azioni violente da parte di tutti. Il documento “condanna e respinge qualsiasi tentativo di golpe civile o rottura istituzionale assicurando che non sarà mai riconosciuta un’autorità che sorgesse da simili iniziative”. I governanti hanno inoltre chiesto al presidente del Cile di presiedere una missione che si recherà nei prossimi giorni in Bolivia per portare avanti il dialogo con le autorità ma anche con i leader delle cinque regioni che più si oppongono alle politiche del governo di Morales. I presidenti di Cile, Argentina, Brasile, Ecuador, Colombia, Venezuela e Paraguay, insieme con il segretario generale dell'Organizzazione degli Stati Americani (OSA), il ministro degli affari esteri del Perù in assenza del presidente Alan Garcìa e i rappresentanti del Suriname e della Guayana, nell’esprimere solidarietà al governo de La Paz hanno cercato anzitutto di scongiurare una nuova ondata di golpe militari. Hanno dunque inteso difendere in particolare la democrazia, le libertà costituzionali e civili. I partecipanti all’UNASUR non hanno mancato di segnalare nei loro interventi e nel documento finale che in Bolivia, oggi più che mai, occorre responsabilità da parte di tutti e quindi ricerca del dialogo sincero e del maggiore consenso possibile per le riforme che riguardano l'intera società. Intanto, da la Paz, in queste ore, arrivano buone notizie: il vice presidente della Repubblica Garcìa Lineras conferma di aver ripreso il dialogo con alcuni dei governatori dei dipartimenti cosiddetti "ribelli" della regione orientale e che più contestano, anche con minacce separatiste, le politiche del governo di Evo Morales.

    Somalia-pirati
    Il presidente francese Sarkozy ha auspicato la creazione di “una polizia del mare” per mettere fine alla pirateria nelle acque della Somalia, definita una “vera industria del crimine”. L’intervento del capo dell’Eliseo segue la liberazione, avvenuta oggi con un blitz, di due ostaggi francesi rimasti per settimane nelle mani dei sequestratori che li avevano rapiti nel Golfo di Aden. Nella stessa zona anche oggi si è verificato un nuovo rapimento: una nave cisterna, forse di proprietà di una società di Hong Kong, è stata sequestrata da pirati armati. Nel Paese africano la violenza non conosce tregua: un’organizzazione non governativa ha reso noto che sono oltre 800 i civili rimasti uccisi in Somalia da giugno nel corso dei combattimenti tra insorti e truppe filogovernative appoggiate da quelle dell'Etiopia.

    Nigeria-politica-rapimento
    Smentita da parte della presidenza nigeriana sulle dimissioni del capo di Stato Yar'adua per ragioni di salute, precedentemente annunciate da fonti di stampa. Intanto, c’è preoccupazione per la sorte di un cittadino britannico rapito ieri sera nella zona di Port Harcourt, nel sud del Paese, da uomini armati non identificati. Il MEND, il movimento per l'emancipazione del Delta del Niger, ha rivendicato inoltre la distruzione di un oleodotto della Shell nella zona di Bakana avvenuta ieri.

    Nord Corea-missile
    Un quotidiano nord coreano ha annunciato il test di accensione per un missile a lungo raggio in una nuova base in costruzione a 50 km dal confine con la Cina. L’esperimento sarebbe avvenuto fra maggio e giugno. Seul non ha ancora confermato la notizia.

    Spagna-partito basco
    Decisione del tribunale supremo spagnolo che oggi ha messo al bando il piccolo partito della sinistra indipendentista basca ANV, ordinandone lo scioglimento per i suoi presunti legami con l’ETA, messa fuorilegge 5 anni fa. Per domani è attesa la stessa sorte per il PCTV, il Partito comunista delle terre basche.(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 260

     
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