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Sommario del 05/09/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Domenica il Papa a Cagliari nel centenario della proclamazione di Nostra Signora di Bonaria quale Patrona massima della Sardegna
  • Udienze
  • Mons. Ravasi a Salamanca: dimenticare il cristianesimo è cancellare tutta la nostra cultura
  • Il cardinale Sandri in Argentina: i cattolici orientali, fedeli al Successore di Pietro fino al martirio
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Giornata di preghiera della Chiesa italiana per i cristiani dell’Orissa vittime della violenza. Intervista con il cardinale Bagnasco. La gratitudine del portavoce dell’episcopato indiano
  • Le parole della Beata Teresa di Calcutta: "L'uomo è irragionevole, illogico, egocentrico: non importa, amalo!"
  • L'amarezza di mons. Merisi per il sì dell’Europarlamento a contraccezione e aborto per la salute materno-infantile dei Paesi in via di sviluppo
  • Anno Paolino: aumentano i pellegrini a Tarso ma nella città dell'Apostolo delle Genti manca ancora una chiesa permanente. L'appello di mons. Padovese
  • Festival di Venezia: Leone d'Oro alla carriera al regista Ermanno Olmi
  • Chiesa e Società

  • Haiti: sale a 136 il numero delle vittime dell’ultimo uragano “Hanna”
  • Grave crisi alimentare in Etiopia
  • In costante crescita la tratta di esseri umani
  • Pakistan: si apre oggi a Mariamabad il 59.mo pellegrinaggio mariano nazionale
  • La Chiesa filippina invita i fedeli allo studio della Bibbia
  • Canada: l’apprezzamento dei vescovi per la lettera dei 138 esponenti islamici ai leader cristiani
  • In Africa progressi modesti ma costanti nella lotta contro l’AIDS
  • Accordo tra Brasile e Mozambico per la produzione di medicinali antiretrovirali
  • Vescovo del Congo denuncia le violenze contro i pigmei
  • Si apre domenica la Settimana per la pace in Colombia
  • Messico: coppie e associazioni pronte ad accogliere i figli di donne che vogliono abortire
  • Vienna: le Conferenze episcopali d’Europa si confrontano sulla presenza dei migranti africani
  • Lituania: la secolarizzazione sta cambiando il volto del cattolicesimo
  • Polonia: il 60% dei giovani recita il Rosario
  • Pellegrinaggio in Russia “alle radici cristiane dell’Europa”
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ribadite le “strette relazioni strategiche” tra Ucraina e USA nella visita di Cheney a Kiev
  • Il Papa e la Santa Sede



    Domenica il Papa a Cagliari nel centenario della proclamazione di Nostra Signora di Bonaria quale Patrona massima della Sardegna

    ◊   A Cagliari è ormai tutto pronto per la visita pastorale che Benedetto XVI compirà domenica prossima. L’evento si svolge nel centenario della proclamazione di Nostra Signora di Bonaria quale “Patrona massima della Sardegna”. Ma qual è la storia della vergine di Bonaria? Il nostro inviato a Cagliari, Salvatore Sabatino, lo ha chiesto a padre Efisio Schirru, segretario generale per le celebrazioni del centenario:

     
    R. – La storia risale al 1370 quando una nave, proveniente dalla Spagna, si trova in difficoltà per una tempesta. Getta a mare il carico per salvare le vite di coloro che sono a bordo e, tra le cose che vengono gettate in mare, anche una pesante cassa che nessuno sa cosa contenga. Questa cassa – dice la tradizione – fa calmare il mare e poi si dirige verso le coste della Sardegna, arrivando a Cagliari sotto il colle sul quale successivamente sorgerà il Santuario di Bonaria. Nessuno riesce a tirarla a riva; un bambino dice: “Chiamate i frati della Mercede!” che stanno lì da diversi anni; i frati scendono, la prendono, portano la cassa nella chiesa, la aprono e trovano questa bellissima immagine della Madonna con un bambino sul braccio sinistro ed una candela accesa nella mano destra. E da allora si sviluppa tutta la tradizione che ci porta fino ai nostri giorni, appunto, con la visita di Benedetto XVI.

     
    D. – Tra il 13 ed il 20 maggio scorso l’immagine di Nostra Signora di Bonaria, in preparazione all’incontro con Benedetto XVI, ha fatto sosta in sette diversi porti della Sardegna per abbracciare idealmente tutti i fedeli dell’Isola. Quali i sentimenti che hanno accolto l’immagine della Vergine?

     
    R. – Sentimenti di grande riconoscenza. Hanno preso parte a questi momenti oltre 50 mila persone; noi, a bordo della nave che ha trasportato l’immagine della Madonna eravamo circa 800, un paio di centinaia di volontari che hanno garantito un po’ il buon svolgimento e poi altri ospiti. E tutti, alla fine del pellegrinaggio, dicevano: “Quando ne facciamo un altro?”. Quindi, evidentemente, è stato un momento grande di fede, oltre che di riconoscenza nei confronti di Colei che è venerata davvero come Patrona massima della Sardegna e magari anche da parte delle persone che altrimenti non sarebbero potute venire a Cagliari e l’hanno potuta incontrare nella zona più vicina a loro.

     
    D. – Come diceva lei, una devozione radicata nell’animo della popolazione sarda, quella per la Madonna di Bonaria. Ieri come oggi, o qualcosa è cambiato?

     
    R. – Credo che anche per quello che possiamo avere sperimentato, sia aumentato, nel senso che non pensavamo che ci fosse un così grande attaccamento. Dovunque siamo andati, sia per mare sia per terra – perché l’immagine della Madonna ha percorso anche le diverse diocesi della Sardegna: invitati dai vescovi l’abbiamo portata in ogni diocesi da tre giorni ad una settimana. E anche quando si trattava di visite non programmate passavamo in un paese, ci fermavamo da una parte, si radunava spontaneamente la gente per venerare questa immagine. Quindi, io credo che realmente siamo rimasti sorpresi anche noi di questo grande attaccamento che c’è nelle genti sarde.

     
    D. – La storia della Madonna di Bonaria si intreccia a doppio filo con quella dei religiosi mercedari la cui presenza sul colle di Bonaria risale al 1300 circa ...

     
    R. – Era il 1324 quando il re di Spagna mise l’accampamento su questo colle di Bonaria per conquistare Castello, ovvero la città di Cagliari, che è praticamente situata sull’altro colle, dirimpetto, e che era tenuta dai pisani. Quindi, al seguito di questi “conquistatori” vengono anche i Frati Mercedari che restano anche quando questa cittadella fortificata per l’assedio a Cagliari non c’è più. E da allora è una storia ininterrotta che prosegue fino ai nostri giorni.

     
    D. – Veniamo ora alla visita di Benedetto XVI: quali saranno i momenti culminanti?

     
    R. – Di sicuro il momento più importante sarà la celebrazione eucaristica davanti alla Basilica. Nelle altre occasioni – con Paolo VI e con Giovanni Paolo II – furono oltre 100 mila le persone che si radunarono in piazza. Penso che non sarà distante da quella cifra anche la partecipazione di questa volta, se non si incrementerà. E quello, comunque, sarà il momento culmine con la presenza di tutto l’episcopato sardo, la presenza del nostro padre generale e di tutti i provinciali del nostro Ordine, tanti sacerdoti concelebranti provenienti da tutta la Sardegna e sicuramente tanti, tanti fedeli provenienti da tutte le diocesi.

     
    D. – Altro momento particolare, quello che vedrà una nuova barca tutta d’oro sostituire quella posta sulla mano destra della statuetta della Madonna di Bonaria ...

     
    R. – Benedetto XVI compirà, per richiesta del vescovo di Cagliari, proprio questo gesto, di porre una nuova barchetta d’oro nella mano della Madonna di Bonaria a simboleggiare il gesto di affidamento di tutta la Sardegna alla sua Patrona. E credo che sia un gesto che tutti i sardi riconosceranno come prezioso, come se fosse fatto da loro stessi.

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    Udienze

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, mons. Alfio Rapisarda, arcivescovo tit. di Canne, nunzio apostolico in Portogallo, e il primo gruppo di vescovi della Conferenza episcopale di Nicaragua, in visita "ad Limina Apostolorum", guidati da mons. Leopoldo José Brenes Solórzano, arcivescovo di Managua.

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    Mons. Ravasi a Salamanca: dimenticare il cristianesimo è cancellare tutta la nostra cultura

    ◊   Il cristianesimo come “grande codice” ideale dell’Europa: questo il tema centrale della relazione di mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontifico Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. Il presule è intervenuto presso la Pontificia Università di Salamanca, in occasione del convegno intitolato “Il patrimonio culturale della Chiesa. La bellezza al servizio dell’evangelizzazione e della cultura”. Il servizio di Isabella Piro:

     
     
    “La lingua materna dell’Europa è il cristianesimo”: lo diceva Goethe e mons. Ravasi lo ricorda, ribadendo poi che la religione cristiana, “con la sua celebrazione della persona e della dignità umana”, con “l’ora et labora” del monachesimo, con “la riflessione del Medio Evo e con “la cultura gloriosa dell’Umanesimo e del Rinascimento”, costituiva “il grande codice ideale dell’Europa”. Certo, continua mons. Ravasi, oggi il Vecchio Continente ha una sua “sfera politica, economica, laica” con una propria dignità ed una propria autonomia “emblematicamente rappresentata da un parlamento comune e da una moneta, l’euro”. Tuttavia, ribadisce il presule, “c’è un’altra sfera che è distinta ma non antitetica ed è quella della persona umana, della cultura, della spiritualità ove si configura “l’immagine” non di Cesare, ma di Dio”. Di qui, l’attenzione posta dal presidente del Pontificio Consiglio della Cultura affinché “l’Europa di Cesare e l’Europa di Dio, cioè immanenza e trascendenza, politica e religione, economia e cultura” si intreccino tra loro, “senza reciprocamente prevaricare”.

     
    E a questo proposito, mons. Ravasi lancia un triplice appello per impedire “la dissoluzione della nostra specificità, della nostra autenticità, della nostra identità gloriosa”. In primo luogo, il presule ricorda che “è innanzitutto necessario lottare contro la smemoratezza nei confronti delle proprie radici, dei valori costitutivi, dell’identità genuina dell’Europa”, perché “c’è il rischio che l’Europa si riduca proprio a scorza, a tronco arido, avendo disseccato la linfa delle sue radici profonde cristiane, votata solo alla “virtualità”. Il secondo appello proposto da mons. Ravasi è quello contro “la superficialità, la banalità, la vacuità, la volgarità, la bruttezza”, affinché si torni “all’etica e alla bellezza”, stelle fisse – le definisce il presule – del cielo della civiltà europea, sullo stimolo del messaggio cristiano. Per questo, continua, “è necessario un sussulto di moralità, un supplemento di anima”, perché “manca una voce che ci indichi la rotta, il senso della vita, che ci interpelli sul bene e sul male, sul giusto e sull’ingiusto, sul vero e sul falso, sull’esistere e sul morire”.

     
    Infine, il terzo appello di mons. Ravasi è quello della lotta agli “estremismi, agli eccessi, alla spirale delle pure antitesi”, perché se da un lato si rischia “un sincretismo che diventa relativismo incolore e che spegne e dissolve la nostra identità specifica”, dall’altro si corre il rischio di “precipitare lungo il versante di un fondamentalismo che diventa esclusivismo acceso e che cancella ogni rispetto e ignora ogni valore altrui”. Per evitare, allora, questa “sorta di foga iconoclastica, feroce e impaurita al tempo stesso, nei confronti di tutto ciò che è diverso”, mons. Ravasi ribadisce che “è indispensabile ritrovare la grande tradizione del dialogo, del confronto tra le culture e le religioni, nello spirito del cristianesimo genuino”. Perché, conclude il presule, citando il poeta americano Thomas Stearns Eliot, “se il cristianesimo se ne va, se ne va tutta la nostra cultura, se ne va tutto il nostro stesso volto”.

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    Il cardinale Sandri in Argentina: i cattolici orientali, fedeli al Successore di Pietro fino al martirio

    ◊   "Solo in Cristo, vero Dio e vero uomo c'è la salvezza, il senso della vita e della morte, il senso dell'amore, dell'impegno sociale, della famiglia e di tutte le attività umane". Lo ha ricordato il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, nella cattedrale dei Santi Pietro e Cecilia a Mar del Plata in Argentina. "Oggi San Pietro invita tutti, e tutta la Chiesa particolare di Mar del Plata - ha detto il porporato - a essere discepoli e testimoni di Gesù e a vivere con lui l'amicizia permanente". Il cardinale Sandri ha poi fatto riferimento alla Chiesa Orientale piccola per numero "ma che è rimasta fedele al Successore di Pietro, fino al martirio dei nostri giorni" e che riveste importanza per la sua "missione ecumenica e il dialogo interreligioso". Mons. Juan Alberto Puiggari, vescovo di Mar del Plata, all'inizio della Messa si è rivolto al cardinale dicendo che "questa celebrazione deve essere un rendimento di grazie a Dio nostro Signore per la sua persona, per il suo servizio alla Santa Sede e alla persona degli ultimi quattro Pontefici. Siamo grati anche per la costante delicatezza, che ha avuto nei confronti della diocesi di Mar del Plata. La sua presenza ci fa sentire più vicini alla persona di Sua Santità". Al termine della Messa è stata consegnata al cardinale la menzione di ospite d'onore della città "in virtù del suo incarico e della sua rilevante carriera". Il cardinale ha ringraziato dicendo che Mar del Plata è "una città che è specchio del Paese e che porta avanti un'opera importante, quella di accrescere il benessere e il progresso in tutti gli abitanti". La visita del cardinale Sandri alla diocesi è iniziata nel monastero delle carmelitane scalze, dove ha salutato la comunità delle religiose. Successivamente, il prefetto ha incontrato il clero diocesano, raccontando la sua esperienza al servizio dei Pontefici e spiegando il lavoro quotidiano nella Congregazione per le Chiese Orientali. L'incontro si è concluso con la preghiera nella cappella dell'adorazione perpetua della cattedrale. Il cardinale si è poi recato a salutare anche le Suore missionarie della carità. In ricordo della visita, il vescovo Puiggari ha donato al porporato un'immagine di Gesù e una iscrizione nella quale sono stati incisi gli auguri per la sua creazione a cardinale.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un rapporto del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, che critica i Paesi più ricchi perché non fanno abbastanza per raggiungere gli Obiettivi del Millennio

    Un articolo di Giuseppe Maria Petrone sulla situazione attuale della crisi nel Caucaso

    Il Pakistan al voto: Francesco Citterich analizza le incognite del dopo-Musharraf

    In cultura, Giorgio Picasso e Assunto Quadrio Aristarchi ricordano due eminenti studiosi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore recentemente scomparsi: il medievista Pietro Zerbi e lo psicologo Leonardo Ancona

    “Asteroide, ti tengo d’occhio”. Maria Maggi su un nuovo satellite canadese messo a punto per la sorveglianza dei corpi celesti pericolosi per la Terra

    Una riflessione di Marco Tibaldi sulla simbologia racchiusa nella cattedrale catalana della Sagrada Familia

    Nicola Gori intervista l’arcivescovo di Managua, mons. Leopoldo José Brenes Solórzano, presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua

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    Oggi in Primo Piano



    Giornata di preghiera della Chiesa italiana per i cristiani dell’Orissa vittime della violenza. Intervista con il cardinale Bagnasco. La gratitudine del portavoce dell’episcopato indiano

    ◊   Nell’odierna memoria liturgica della Beata Teresa di Calcutta, la Chiesa italiana esprime, con una Giornata di preghiera e digiuno, la sua vicinanza spirituale ai fedeli indiani dell’Orissa, vittime della violenza anticristiana. La presidenza della Conferenza episcopale italiana si associa all’accorato appello formulato da Benedetto XVI, condannando con fermezza ogni attacco alla vita umana ed esortando alla ricerca della concordia e della pace. Intervistato da Alessandro Gisotti il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, si sofferma sul significato di questa Giornata:

     
    R. – Innanzitutto, vogliamo esprimere la solidarietà più profonda, più cristiana ai nostri confratelli nella fede che stanno soffrendo in modo particolare proprio per la fede, per la fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Questa solidarietà è l’anima della Chiesa stessa, perché esprime la Chiesa come comunione delle anime attorno a Cristo e in forza di Gesù Cristo, nella stessa fede. Come ricorda l’apostolo Paolo, la Chiesa è un Corpo mistico. Quindi, quando un membro del corpo soffre, tutti gli altri soffrono con lui.

     
    D. – Le drammatiche notizie che vengono dall’Orissa ci ricordano quanto il martirio sia presente ancora oggi nella vita della Chiesa...

     
    R. – Il martirio è parte essenziale della vita cristiana, fa parte della fede in Cristo Gesù, che è il grande Martire, Salvatore e Redentore del mondo con il dono della sua vita. Quindi, non è un elemento accessorio, ma è proprio costitutivo, nasce dalla fedeltà a Cristo e alla Chiesa, dalla testimonianza cristiana nel Vangelo, che può suscitare, come in tutte le epoche ha suscitato e susciterà, una presa di posizione o di accoglienza, di simpatia e quindi abbraccio della fede, nella libertà di tutti e di ciascuno. Oppure l’indifferenza, il rifiuto, la repulsione e l’opposizione, a volte purtroppo anche violenta ai nostri giorni. Da una parte, non ci scandalizziamo più di tanto, non ci sorprendiamo più di tanto della esistenza della persecuzione nel mondo, ma dall’altra ne soffriamo profondamente perché vorremmo proprio che la fede di tutti e le scelte religiose di tutti fossero viste con rispetto e accolte con rispetto profondo da parte di tutti e di ciascuno.

     
    D. – Qual è il suo auspicio per i cristiani dell’India, in questa giornata in cui la Chiesa ricorda Madre Teresa di Calcutta?

     
    R. – Madre Teresa è un grandissimo esempio, soprattutto per l’India, ma per il mondo intero, per la Chiesa in particolare, e ci ricorda che il modo migliore, più efficace per rispondere alla persecuzione, oltre dire che ciò è ingiusto, è quello dell’amore e del perdono. Madre Teresa ci ha insegnato anche questo: di mettersi a servizio dei più poveri, dei più sofferenti nell’anima e nel corpo con il nome di Cristo, per amore di Gesù e per amore della Chiesa. Quindi, l’auspicio è proprio, da una parte, che la fede di tutti noi cristiani e cattolici si rafforzi sempre di più, proprio attraverso il sangue dei martiri e, dall’altra, che possiamo rispondere con la parola della verità: “Sì, è ingiusto”, ma anche con la forza grande del perdono e dell’amore.

     
    L’iniziativa di solidarietà indetta dalla Chiesa italiana viene accolta con sentimenti di gratitudine dai vescovi indiani, che si preparano a celebrare una propria Giornata di preghiera per l’Orissa domenica prossima, 7 settembre. Intanto, oggi le Missionarie della Carità si sono raccolte in preghiera sulla tomba di Madre Teresa per chiedere la pace in Orissa. Ecco la riflessione del portavoce dell’episcopato indiano, padre Joseph Babu, raggiunto telefonicamente a New Delhi da Alessandro Gisotti:

     
    R. – We’re extremely grateful to the Italian Church for their solidarity by dedicating …
    Siamo profondamente riconoscenti alla Chiesa italiana per la solidarietà dimostrataci nel dedicare una giornata di preghiera alla gente dell’India, in particolare ai cristiani dell’Orissa che soffrono. Siamo riconoscenti anche alle tante persone e organizzazioni in tutto il mondo che hanno espresso la loro solidarietà, preoccupazione e sostegno in questo momento di difficoltà.

     
    D. – Ci può dare un’idea della situazione attuale in Orissa?

     
    R. – For the last week and a half the situation has been very very tense; …
    Nell’ultima settimana e mezzo, la situazione è stata veramente molto tesa; oltre 4 mila case sono state demolite e distrutte e sono state distrutte anche 65 chiese. Lo stesso destino è stato riservato a conventi, asili infantili, dispensari e tante altre istituzioni che sono state completamente distrutte. Circa 50mila cristiani si sono ritrovati così senza tetto e si sono nascosti nelle foreste; ma negli ultimi tre giorni hanno pian piano ricominciato a tornare nei campi di accoglienza istituiti dal governo dello Stato dove ricevono cibo ed altri mezzi di sussistenza di base. Eppure, ancora non è sufficiente perché alcuni di questi campi sono frequentati anche da persone contrarie al cristianesimo. In alcuni campi, poi, abbiamo difficoltà anche a reperire il cibo ed altri mezzi di sussistenza. La situazione, quindi, è molto lontana dall’essere soddisfacente.

     
    D. – Oggi la Chiesa ricorda Madre Teresa. Anche in questi tempi duri, i cristiani d’India sono un segno di amore e di speranza…

     
    R. – Absolutely right! Mother Teresa was a universal symbol of love, charity and hope.
    E’ assolutamente vero! Madre Teresa è stata un simbolo universale di amore, carità e speranza. E la gente dell’India, di ogni fede e denominazione religiosa, la consideravano e l’amavano e la rispettavano. La sua voce riconciliava, curava e portava l’unità in India e per questo io penso che in India ci siano persone appartenenti a tutti i gruppi religiosi che sicuramente ascoltano la sua voce e il suo messaggio, e noi vogliamo che questo suo messaggio raggiunga sempre più persone nel Paese, in particolare nello Stato di Orissa.

     
    D. – Domenica prossima, la Chiesa in India pregherà per i fratelli e le sorelle dell’Orissa. Come vi state preparando all’evento?

     
    R. – We have already sent out to all the Churches in India a circular letter …
    Abbiamo inviato a tutte le Chiese in India una lettera circolare chiedendo a tutti di dedicare domenica prossima una giornata speciale di preghiera e di digiuno per i nostri fratelli e sorelle sofferenti in Orissa. Diverse diocesi e anche diverse confessioni religiose ci hanno già risposto di avere comunicato la nostra richiesta ai loro fedeli, in modo che il più gran numero possibile di persone venga alle chiese a pregare per la pace, la comunione e l’armonia in questo Paese.

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    Le parole della Beata Teresa di Calcutta: "L'uomo è irragionevole, illogico, egocentrico: non importa, amalo!"

    ◊   La Chiesa celebra oggi la memoria della Beata Teresa di Calcutta, scomparsa il 5 settembre di 11 anni fa, a 87 anni, dopo aver lasciato in tutto il mondo, con l’aiuto delle sue compagne e seguaci, segni indelebili di carità verso i più poveri. Molte sono le parole dell’“Angelo dei poveri” che ancora oggi vengono citate, ripetute, trasformate in esperienza di vita vissuta. Alessandro De Carolis ne ricorda alcune in questo servizio:

     
    Nel giorno in cui, ricordando Madre Teresa di Calcutta, voci da tutta l’India e dal mondo si levano e si intrecciano per implorare la fine delle violenze contro i cristiani, per invocare la pace, la tolleranza tra le persone e il rispetto tra le fedi, una domanda si fa largo nel fondo del cuore: cosa avrebbe detto lei, quale preghiera avrebbe mormorato, con quale gesto avrebbe accompagnato questa invocazione corale per la “sua” India? Forse, le sarebbe salito alla labbra quel suo sillogismo, vero concentrato di saggezza spirituale:

     
    "The fruit of silence is prayer...
    Il frutto del silenzio è la preghiera. Il frutto della preghiera è la fede. Il frutto della fede è l’amore. Il frutto dell’amore è la pace”.

     
    La pace è il frutto dell’amore. E mai conferma più nitida di questo assunto si è avuta in quei ricettacoli di disperazione e degrado umano che sono gli slums di Calcutta, e poi in tutte le baraccopoli del mondo, trasformati dalla dedizione di Madre Teresa e delle sue “suorine” in altrettante città della gioia. Ma la regola dell’amore è universale, non c’è ambito o ambiente nel quale non si possa applicare. Dunque, anche nel rapporto tra gente di differente credo, come tra cristiani e indù. “L’uomo è irragionevole, illogico, egocentrico: non importa, amalo”, direbbe agli uni e agli altri - come disse - Madre Teresa. “Quello che hai costruito può essere distrutto: non importa, costruisci”, insisterebbe, rivolgendosi magari ai cattolici che oggi vivono e faticano in India per restare fedeli al Vangelo. “La gente che hai aiutato forse non te ne sarà grata: non importa, aiutala”. Non c’è ragionamento solo umano che possa resistere alla disarmante ragione dell’amore. “E dove comincia l’amore?”, potrebbe domandarsi un cristiano, in India come altrove. Madre Teresa gli risponderebbe così:

     
    "Where does love begin?...
    Dove ha inizio l’amore? Nella nostra famiglia. Come inizia? Pregando insieme. La famiglia che prega insieme, resta insieme. E se voi resterete insieme vi amerete l’un l’altro come Gesù vi ama”.

     
    Utopia? No, perché Madre Teresa l’ha resa visibile e imitabile nei nostri tempi. Utopia chi crede in una pace tra cristiani e indù, oltre quell’orizzonte del pragmatico che inseguono politici e diplomatici? No, ripeterebbe incrollabilmente la piccola “matita” di Dio. “Il bene che fai forse domani verrà dimenticato: non importa, fa’ il bene”. In una sola parola: spenditi per il bene perché è questa la sola base solida per ogni rapporto umano. E con il realismo di una donna che ha visto mille risurrezioni scaturire da mille inferni di desolazione concluderebbe: “Da’ al mondo il meglio di te e forse sarai presa a pedate: non importa da’ il meglio di te”.

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    L'amarezza di mons. Merisi per il sì dell’Europarlamento a contraccezione e aborto per la salute materno-infantile dei Paesi in via di sviluppo

    ◊   Il Parlamento dell’Unione Europea ha approvato ieri una risoluzione in cui si sostiene il ricorso a contraccezione e aborto come mezzi per tutelare la salute materno-infantile nei Paesi in via di sviluppo. 394 i voti favorevoli e 182 quelli contrari. Il testo fa riferimento ad uno degli otto Obiettivi del Millennio definiti nel 2000 per la lotta a malattie, povertà e sottosviluppo nel mondo ed è stato presentato in vista della conferenza mondiale ONU del prossimo 25 settembre. Preoccupazione e amarezza sono state espresse da mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e rappresentante dei vescovi italiani presso la COMECE, la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea. Adriana Masotti lo ha intervistato:

     
    R. – Anche io sono molto amareggiato e sconcertato, perché su un tema importante come l’Obiettivo di sviluppo del millennio sul miglioramento della salute materno-infantile, accanto a cose positive, vi siano poi queste diverse sottolineature che noi riteniamo del tutto negative. Ed in particolare il fatto di parlare di aborto citandolo come diritto, in riferimento alla salute sessuale riproduttiva. Quindi per noi del tutto negativo, insieme poi con l’altro riferimento sul tema della contraccezione. Io dico che purtroppo nella mentalità corrente – e qui vediamo anche nel Parlamento europeo – è diffusa questa sensibilità che privilegia il tema della libertà individuale rispetto ad altri diritti che per noi vengono prima e che sono quelli generali sul tema della vita, della famiglia. Credo che occorra, quindi, impegnarsi di più per creare sensibilità su queste tematiche essenziali cosicché la gente e le coscienze si ribellino di fronte a queste prospettive.

     
    D. – Per aiutare la salute sia delle madri che dei bambini forse ci sono altri interventi da programmare….

     
    R. – Certo. Non si risponde ad un pericolo o ad una realtà di morte con altri temi che pure dicono morte. Io credo che la salute mateno-infantile in questi Paesi chieda altre attenzioni, altri priorità ed altre strade.

     
    D. – Questa è una risoluzione decisa dall’Europa per quanto riguarda i Paesi in via di sviluppo. Ma non c’è anche un contrasto tra aborto, contraccezione e cultura di questi Paesi, a cui ci si rivolge?

     
    R. – Anzitutto bisogna vedere la conseguenza pratica di queste indicazioni e di questa Risoluzione vista nel contesto delle direttive e delle competenze europee, in rapporto anche a quelle nazionali. Indipendentemente però dall’esito pratico e concreto, siamo certamente di fronte ad una prospettiva che dal nostro punto di vista non aiuta il progresso autentico e vero dei Paesi in via di sviluppo. Tante volte presso la COMECE si è detto che occorre fare in modo che da parte degli organismi, delle aggregazioni di ispirazione cristiana, ci siano un lavoro ed un impegno maggiore, affinché sul campo ed anche presso le istituzioni si dibatta e si facciano presenti i valori autentici e veri.

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    Anno Paolino: aumentano i pellegrini a Tarso ma nella città dell'Apostolo delle Genti manca ancora una chiesa permanente. L'appello di mons. Padovese

    ◊   In Turchia la città di Tarso, luogo legato alla presenza ed alla predicazione dell’Apostolo Paolo, è ogni giorno meta di pellegrinaggi. Ma nonostante l’arrivo di fedeli provenienti da diversi Paesi, manca ancora un luogo di culto dove poter svolgere funzioni liturgiche in modo definitivo. Ad alimentare il continuo flusso di pellegrini è anche l’Anno Paolino, che spinge molti cristiani a ripercorrere le orme dell’Apostolo delle Genti e a testimoniare la loro fede. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia e presidente della Conferenza episcopale turca:

     
    R. – E’ un flusso di pellegrini notevole che ci fa molto piacere, perchè mostra come l’importanza di questi luoghi sia messa ben in evidenza.

     
    D. – E la presenza di molti fedeli cristiani e cattolici è anche un’occasione per un nuovo dialogo con il mondo musulmano...

     
    R. – E’ comunque un segno di un interesse religioso che va ben al di là del turismo. Chi vede quanti pellegrini affluiscono con una chiara intenzione, che non è quella di visitare soltanto i luoghi, ma anche di pregare, si rende conto che anche all’interno del cristianesimo ci sono persone con una forte esperienza di fede, persone che vogliono testimoniarla. In questo senso, si deve leggere anche la nostra insistenza per avere un luogo di culto a Tarso, in modo definitivo.

     
    D. – Infatti, nonostante il continuo afflusso di pellegrini e questa voglia di testimoniare e di pregare, manca ancora un luogo di culto per i fedeli. Ci sono segnali incoraggianti che fanno sperare nella prossima costruzione di una chiesa?

     
    R. – Alcuni passi effettivamente ci sono stati: almeno per quest’anno, la chiesa di San Paolo sarà utilizzata come luogo di culto e non come museo. Non è più necessario pagare il biglietto d’ingresso. Questo per noi era un aspetto molto importante, perché dà veramente l’impressione di entrare in un luogo di culto e non in un museo. Ma ci sono ancora delle richieste che sono state evase. Abbiamo avanzato la richiesta di avere un luogo di culto non temporaneamente, ma permanentemente. La richiesta è stata presa in considerazione, ma non c’è stata ancora nessuna risposta ufficiale. Mancano risposte sui tempi e sulle modalità per questo luogo di culto. Mancano risposte anche sul centro per pellegrini che si vorrebbe avere a Tarso.

     
    D. – Quindi, in questo momento, il primo obiettivo è di rendere la chiesa di San Paolo, che era stata trasformata in museo, in un luogo dove poter celebrare la Santa Messa e svolgere le funzioni liturgiche in modo permanente…

     
    R. – Sì, questa possibilità già esiste per tutto l’Anno Paolino. L’importante è sapere se terminato l’Anno Paolino poi la chiesa ritornerà nella sua dimensione di museo. Bisogna anche capire se rientreranno in vigore le precedenti clausole. Quindi, mentre apprezzo l’atteggiamento da parte delle autorità turche per quello che è stato fatto fino ad oggi, chiedo in nome della Conferenza episcopale turca che si faccia un ulteriore passo. Tarso rimane sempre la patria di San Paolo e non soltanto per quest’anno.

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    Festival di Venezia: Leone d'Oro alla carriera al regista Ermanno Olmi

    ◊   Alla vigilia dell’assegnazione del Leone d’Oro al film vincitore della 65.ma Mostra cinematografica di Venezia, oggi pomeriggio verrà consegnato il Leone d'Oro alla carriera al maestro del cinema italiano Ermanno Olmi. Il servizio dalla città lagunare di Diego Giuliani:

     
    La storia del cinema oggi protagonista alla Mostra di Venezia. Nel giorno di Mickey Rourke e dell’ultimo italiano in concorso, a mettere in ombra il divo americano e “Il seme della discordia” di Pappi Corsicato è il Leone d’Oro alla carriera ad Ermanno Olmi. Già premiato qui a Venezia nell’88 con “la leggenda del Santo Bevitore” e consacrato a Cannes per “L’albero degli zoccoli”, ha stregato il Lido con l'affetto e la saggezza dei suoi 76 anni di cinema e vita. Una storia di amore iniziata a Treviglio, nel Bergamasco, e poi passata per titoli che, fino all’ultimo “Cento Chiodi”, non hanno fatto che sottolineare il suo profondo rapporto con la religione e la spiritualità. Sentiamolo ai nostri microfoni rivelare il segreto della sua eterna giovinezza:

     
    “Essere come dire fedeli a se stessi a tutti i costi mi pare che sia un’idea sbagliata. Voglio dire, noi siamo noi stessi che ogni giorno cambiamo modo di essere noi stessi. Non sto mettendo le mani avanti, ma voglio dire che si possono creare delle circostanze, per cui la mia decisione di aver chiuso come regista di fiction può essere smentita. Perché? Perché le ragioni per cui in qualche modo potrei riprendere in mano la macchina da presa valgono ben più di questa intenzione. Anzi, il film che farei sarebbe come se fosse il primo film, perché ormai la carriera l’ho finita. Ricominciamo da capo”.

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    Chiesa e Società



    Haiti: sale a 136 il numero delle vittime dell’ultimo uragano “Hanna”

    ◊   E' salito ad almeno 136 il numero delle vittime provocate ad Haiti dal passaggio della tempesta tropicale “Hanna”, ora diretta verso la costa meridionale degli Stati Uniti e in procinto di raggiungere il rango di uragano. Secondo la protezione civile, la situazione nel paese caraibico rimane disastrosa, con città allagate, vie di comunicazione distrutte, migliaia di persone assediate da acqua e fango, e senza niente da bere e da mangiare. Il dipartimento più colpito è quello di Artibonite, nel sud del paese, con 102 morti accertati. Mentre il capoluogo Gonaives è completamente allagato e isolato, con almeno 70 mila abitanti ammassati nei 15 rifugi provvisori allestiti dalle autorità nazionali. Dopo il disperato appello lanciato dal presidente Renè Preval, come spiegato dall’agenzia Misna, iniziano ad arrivare i primi aiuti inviati da Spagna, Venezuela, Cuba, Stati Uniti e da organismi internazionali come Onu, Caritas. Sul posto invece opera la Minustah, la Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti che ha un contingente militare inviato dopo i gravi disordini del 2004. (D.B.)

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    Grave crisi alimentare in Etiopia

    ◊   “In termini di urgenza e rischio di morte per migliaia di civili, non credo esista una situazione più preoccupante di quella etiopica”. John Holmes, sottosegretario generale dell’Onu per gli Affari Umanitari, è allarmato per la grave crisi alimentare che ha colpito le province più povere dell’Etiopia. Al termine di una visita di tre giorni nel paese, come riportato dalla MISNA, il rappresentante delle Nazioni Unite ha dunque voluto rivolgere un accorato appello alle organizzazioni umanitarie, affinché impediscano che la mancanza di cibo si tramuti in una vera e propria carestia. Il lungo periodo di siccità, che ha colpito negli ultimi mesi il territorio etiopico, non ha fatto altro che aggravare la già drammatica situazione delle coltivazioni, semidistrutte lo scorso anno da intense piogge e alluvioni. E la gravità della situazione è ben descritta dal comportamento dei contadini etiopici che, dopo aver visto fallire i vari tentativi di semina, hanno iniziato a mangiare le sementi invece di piantarle. Secondo le stime dell’Onu, a questo punto, sono ben 75 mila i bambini che rischiano di morire di fame. “Il problema è acuito dal fatto che la crisi alimentare colpisce il mondo intero e gli aiuti dei paesi donatori non sono illimitati”, ha spiegato Holmes durante una conferenza stampa nella capitale Addis Abeba. L’aumento indiscriminato dei prezzi dei generi di prima necessità, secondo stime della Banca mondiale, potrebbe infatti determinare condizioni di vita in “povertà estrema” per oltre 100 milioni di persone. (D.B.)

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    In costante crescita la tratta di esseri umani

    ◊   12 milioni di persone in tutto il mondo e 500 mila in Europa. Sono i numeri allarmanti delle vittime della tratta di esseri umani, presentanti ieri durante la Conferenza europea “Liberiamo le donne dalla tratta”, in corso di svolgimento presso il Centro unitario per la cooperazione missionaria di Verona, per iniziativa dell’Unione mondiale delle organizzazioni femminili cattoliche (Wucwo/Umofc). Il fenomeno, come spiegato durante la riunione, è purtroppo in continuo e costante sviluppo, con un profitto per la criminalità organizzata stimato intorno ai 10 miliardi di euro all’anno. “Nell’affrontare il dramma della tratta – ha spiegato Paola Degani, docente all’università di Padova presso il Centro di ricerca e servizi sui diritti della persona e dei popoli – bisogna tener conto della persistenza, nei paesi d’origine delle vittime, di situazioni strutturali di povertà, della difficoltà nel trovare mezzi legali per emigrare e dell’affermarsi di una criminalità organizzata pericolosa”. Inoltre, sempre secondo Degani, “nei paesi di destinazione delle vittime, esiste una forte domanda di lavoro a basso costo e un’ampia richiesta di prestazioni sessuali”. Tema, questo, inerente soprattutto alla tratta di donne: secondo le ultime stime sono circa 60 mila quelle provenienti dall’Africa orientale, dall’America latina e dall’Europa dell’est che sono costrette a prostituirsi sulle strade italiane. Il 30/40% di queste vittime sono ancora minorenni, con un’età compresa tra i 14 e i 18 anni. “Questo fenomeno – ha sottolineato suor Eugenia Sonetti, responsabile dell’ufficio “tratta donne e minori” dell’Usmi (Unione superiore maggiori d’Italia) -, più che essere considerato un problema femminile, dovrebbe essere affrontato come un serio problema maschile. La maggior parte delle donne vittime di tratta, ridotte in stato di schiavitù per l’uso di milioni di clienti italiani, provengono da paesi evangelizzati in precedenza da missionari che hanno portato un annuncio di speranza e libertà, dignità e giustizia, solidarietà ed emancipazione”. Per la religiosa, dunque, la lotta contro la tratta di esseri umani, rappresenta “una grossa sfida, specie per le congregazioni missionarie ed internazionali”. Oggi sono 250 le religiose, appartenenti a 70 congregazioni coordinate dall’Usmi, al servizio delle vittime della tratta. “Solo unendo i nostri sforzi – ha concluso suor Eugenia – potremo sconfiggere la nuova schiavitù del XXI secolo”. (D.B.)

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    Pakistan: si apre oggi a Mariamabad il 59.mo pellegrinaggio mariano nazionale

    ◊   Si aprirà oggi a Mariamabad, in Pakistan, il 59.mo pellegrinaggio mariano nazionale. A presiedere le celebrazioni sarà mons. Lawrence John Saldanha, arcivescovo di Lahore e presidente della conferenza episcopale pakistana, che guiderà la solenne processione lungo le vie del villaggio della vergine Maria. Le celebrazioni dedicate alla Madonna dureranno tre giorni, durante i quali i pellegrini potranno assistere alla proiezione di film a tema fra cui “Lourdes” e “Fatima” e assistere a solenni celebrazioni eucaristiche. Il culto della Madonna è assai diffuso nel Paese e abbraccia fedeli cristiani e non cristiani, tanto che, da diversi giorni, migliaia di pellegrini sono assiepati nei dintorni del Santuario. “Per arrivare in tempo – afferma padre Akram Javed, responsabile dell’organizzazione – molti gruppi sono partiti giorni fa e a piedi hanno raggiunto la zona, mentre i giovani hanno utilizzato le biciclette. Sia al villaggio che nei dintorni del Santuario si può avvertire il calore del pellegrinaggio e il fascino che esso esercita sulle persone”. Lo Ziarat-e-Muqaddasa Mariam, come spiega l’agenzia AsiaNews, rappresenta un momento di grande interesse nella vita del Paese, tanto da catalizzare l’attenzione di tv e giornali. Nei giorni scorsi il Daily Times – uno dei più importanti quotidiani pakistani – ha annunciato che al pellegrinaggio prenderanno parte anche “leader indù e Sikh”. Un elemento salutato con gioia dal presidente dei vescovi pakistani: “E’ bello – ha affermato il presule - che anche molti musulmani visitino il Santuario e vi sia la partecipazione di esponenti delle comunità indù e Sikh. A loro diamo il nostro caloroso benvenuto”. (D.B.)

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    La Chiesa filippina invita i fedeli allo studio della Bibbia

    ◊   “Siamo tutti una cosa sola”. E’ il tema della campagna promossa nelle Filippine dalla Chiesa per invitare alla lettura della Bibbia. I presuli esortano anche i cattolici a mettere in pratica gli insegnamenti. L’iniziativa si ispira all’Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, in programma il prossimo ottobre ed incentrato sul tema “Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. I vescovi filippini hanno voluto così sottolineare il loro legame con il Papa e la Chiesa, ribadendo il ruolo missionario che è dovere di ciascun fedele. La campagna – rende noto l’agenzia Sir - prenderà il via il prossimo 30 settembre, festa di San Gerolamo, nella cattedrale di Manila: si terrà un momento di preghiera comune al quale seguirà una solenne celebrazione eucaristica presieduta dal nunzio apostolico nelle Filippine, mons. Joseph Adams. La campagna quinquennale di studio della Bibbia – dal 2009 al 2013 – voluta dalla Conferenza episcopale filippina, si prefigge di portare una copia del Libro sacro in tutte le case del Paese. L’iniziativa cerca inoltre di “rispondere all’invito rivolto da Gesù Cristo per l’unità della Chiesa”, requisito essenziale per far nascere un mondo “più giusto, rispettoso della vita di ciascuno” come sottolinea il cardinale Gaudencio Rosales, arcivescovo di Manila. (A.L.)

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    Canada: l’apprezzamento dei vescovi per la lettera dei 138 esponenti islamici ai leader cristiani

    ◊   “Prendiamo atto con molto interesse e speranza della lettera aperta ‘Una Parola comune tra noi e voi’” che ponendo l’accento “sull’amore di Dio e del prossimo, è un richiamo importante alla responsabilità condivisa da tutti quelli che credono in un unico Dio”. È quanto si legge in una nota della Commissione per il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale canadese, che si unisce così ai diversi apprezzamenti espressi per l’appello rivolto, quasi un anno fa, da 138 esponenti islamici alle massime autorità cristiane del mondo a promuovere insieme “maggiore comprensione” tra le due fedi. “Il dialogo e la collaborazione tra le comunità credenti – sottolinea la nota – sono essenziali per la ricerca umana della pace e della giustizia”. In questo senso il testo rileva con soddisfazione i buoni rapporti esistenti tra cristiani e musulmani in Canada e la loro collaborazione sulle principali tematiche di interesse comune. Tra esse, la nota ricorda “l’opzione preferenziale per i poveri” su cui insiste molto la lettera dei leader religiosi islamici. Pur riconoscendo “l’esistenza di gravi ostacoli ereditati dal passato”, la Commissione canadese per il dialogo interreligioso ribadisce il proprio impegno a “trasformarli in un guado per costruire un sentiero che elimini gli scontri e favorisca la comprensione” . In sintonia con il Santo Padre, essa esorta quindi i fedeli cristiani e musulmani in Canada “a gettare ponti tra la fede e la cultura” e ad “accogliere questa ‘Parola comune’” per studiare e riflettere insieme su come promuovere “rapporti di reciproco rispetto e cooperazione”. (L.Z.)

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    In Africa progressi modesti ma costanti nella lotta contro l’AIDS

    ◊   Sono “modesti ma costanti” i progressi realizzati dai Paesi africani per arginare l’AIDS: è quanto emerge dal rapporto presentato dal direttore per l’Africa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) durante la 58.ma conferenza regionale dell’agenzia delle Nazioni Unite in corso a Yaounde, in Camerun. Nel dossier – sottolinea l’agenzia Misna – si afferma che, dal 2006, 21 Paesi africani hanno messo a punto tabelle di marcia per migliorare la prevenzione dell’AIDS. L’Africa – ha detto la responsabile regionale del Programma congiunto delle Nazioni Unite sull’AIDS – è sulla buona strada per affrontare con successo la sfida della lotta alla malattia”. I risultati ottenuti negli ultimi anni sono incoraggianti: i distretti sanitari in Africa dove è possibile sottoporsi al test per la diagnosi dell’AIDS sono aumentati dal 5% nel 2005 al 60% al 2007. Nello stesso periodo sono aumentati del 35% i malati che hanno accesso al trattamento con medicinali antiretrovirali. (A.L.)

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    Accordo tra Brasile e Mozambico per la produzione di medicinali antiretrovirali

    ◊   Con la firma a Brasilia di quattro accordi di cooperazione, il ministro degli Esteri brasiliano, Celso Amorim, e il suo omologo mozambicano, Oldemiro Baloi, hanno stretto un’intesa che permetterà al Mozambico di avviare lo studio e la produzione di medicinali Antiretrovirali – Arv. Si tratta di medicinali utili per il trattamento nel loro Paese di persone colpite dall’AIDS. Secondo gli accordi, il Brasile aprirà, per la prima volta, una succursale estera della Fondazione dell’Istituto Oswaldo Cruz (Fiocruz), considerato uno dei più avanzati nel settore. L’intesa tra i due Paesi – ricorda l’agenzia Misna - era allo studio da anni ed è stata preceduta da una serie di protocolli preliminari. Gli altri accordi di cooperazione riguardano l’adeguamento di normative tecniche e di controllo qualità, oltre che un’intesa sul regolamento per la circolazione delle medicine. (A.L.)

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    Vescovo del Congo denuncia le violenze contro i pigmei

    ◊   Costretti a sfollare nella foresta, un centinaio di uomini, di donne e di bambini pigmei si trova in una grave situazione umanitaria. Lo ha denunciato mons. Fulgence Muteba, vescovo di Kilwa-Kasenga, da sempre impegnato nella difesa dei diritti delle popolazioni locali. La comunità pigmea vessata - riferisce l'agenzia Misna - si trova a Pweto, nella provincia meridionale del Katanga. Secondo mons. Muteba le famiglie della comunità sono state vittime di estorsioni, derubate di ogni bene, inclusi aiuti della Caritas ricevuti di recente. In aggiunta, ha detto il vescovo a Radio Okapi, dopo l’incendio di alcuni campi attribuito ai pigmei, tutti gli uomini sono stati fisicamente aggrediti. Per tanto tempo i pigmei congolesi sono stati emarginati e, considerati inferiori dalle altre etnie, spesso sfruttati, e costretti a condizioni di vita degradate. Negli ultimi anni, anche grazie all’impegno dei missionari, i pigmei hanno hanno cominciato a protestate ottenendo il riconoscimento dei propri diritti, quali quelli della cittadinanza , dell’istruzione e della cura della salute. (A.M.)

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    Si apre domenica la Settimana per la pace in Colombia

    ◊   “Vita, dignità e sviluppo” saranno da domani i temi centrali della XV settimana per la pace organizzata dalla Conferenza episcopale colombiana. In questa nuova edizione, allargherà il suo sguardo, le sue iniziative e le sue riflessioni sulla grande questione del rispetto dei diritti umani. Primo fra tutti, il diritto alla vita, come condizione indispensabile per raggiungere la pace. Così ha spiegato mons. Jaime Prieto Amaya, vescovo di Barrancabermeja, presidente della pastorale sociale, si tratta di una proposta di “mobilitazione ed educazione rivolta all’intera società colombiana”. L’obiettivo è che ciascuno, dal suo posto e con il suo ruolo, “partecipi alla costruzione della pace”. Mons. Jaime Prieto Amaya, ha inoltre precisato che, da domenica, tutti gli sforzi delle diocesi saranno indirizzati a promuovere la “formazione per la riconciliazione” a pregare per la pace. E così, come dal 1993, quando è nata l’iniziativa, oltre 4 mila parrocchie realizzeranno diverse attività di sensibilizzazione e di educazione. Unite a tanti momenti di preghiera dovrebbero accrescere ulteriormente la coscienza sul bisogno di pace in una nazione dilaniata, purtroppo, da troppe decadi segnate dalla violenza. Da parte sua, mons. Héctor Fabio Henao Gaviria, direttore della Cáritas colombiana, ha voluto sottolineare un’altra dimensione della Settimana: quella di “accompagnare le vittime della violenza, poiché le ferite che restano aperte ritardano la riconciliazione”. Ha anche aggiunto che il prossimo 9 settembre la Giornata nazionale dei diritti umani sarà incentrata sulla dimensione della solidarietà e alle vittime dei soprusi, del crimine, dei sequestri “e di tutte le violenze che offendono il dono della vita”. Questa Settimana così speciale è forse uno dei momenti più alti del piano pastorale della Chiesa colombiana in favore della pace. E certamente va ad aggiungersi a tante altre iniziative che si sviluppano durante l’anno, nelle singole diocesi, per “convertire i cuori dei colombiani” per troppi anni assuefati alla violenza o rassegnati. Le cifre parlano chiaro: 44 anni di conflitto armato interno hanno provocato 100 mila morti, quasi 4 milioni di sfollati, circa un milione di persone costrette a trovare riparo all’estero per sfuggire alla fame e alla violenza. Sono poi 5 mila coloro che sono stati sequestrati, tra cui centinaia di bambini. La Settimana arriva subito dopo la chiusura del recente IV Congresso nazionale della riconciliazione voluto dai vescovi colombiani per riunire diverse realtà: le comunità ecclesiali, i leader politici, le organizzazioni della società civile e il mondo della scienza e della cultura. Intervenendo in quest’assise mons. Rubén Salazar Gómez, presidente della Conferenza episcopale e arcivescovo di Barranquilla, ha chiesto a tutti “di sgomberare il campo dalle piccole polemiche”. Il presule ha anche chiesto di concentrare l’attenzione sulle “questioni urgenti, serie e fondamentali”, che sono “parte del bene comune come la vita e la pace”. (L.B.)

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    Messico: coppie e associazioni pronte ad accogliere i figli di donne che vogliono abortire

    ◊   In Messico, 1555 coppie e 53 centri di aiuto alla donna hanno dichiarato la loro disponibilità ad accogliere i figli di madri che intendono ricorrere all’aborto. Questa iniziativa è stata presa dopo l’approvazione, da parte della Suprema Corte di Giustizia, della legge per la depenalizzazione dell’aborto fino alla 12.ma settimana di gestazione. Le coppie – sottolinea l’agenzia Zenit - hanno così risposto all’appello lanciato dal cardinale Norberto Rivera Carrera, arcivescovo di Città del Messico. Il porporato aveva infatti chiesto di accogliere e aiutare i bambini delle donne che intendono abortire perchè “non hanno risorse materiali o psicologiche per mantenerli ed educarli”. Tra gli obiettivi dell’iniziativa, c’è anche quello di assicurare un’adeguata istruzione ai piccoli. La lista con i nomi delle coppie e delle istituzioni interessate ad accogliere i bambini è pubblicata sul sito http://nolomates.catholic.net (A.L.)

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    Vienna: le Conferenze episcopali d’Europa si confrontano sulla presenza dei migranti africani

    ◊   “I migranti africani in Europa e nella Chiesa: la responsabilità pastorale”. Sarà questo il tema dell’incontro promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), in programma dal 12 al 14 settembre a Vienna, in Austria. Un’occasione, come spiegato in un comunicato della Ccee, riportato dall’agenzia SIR, per confrontarsi e analizzare a 360 gradi “il continente africano e le sue forme espressive nella storia, nella cultura, nella religione e nella società”. “Il quadro del dibattito – prosegue la nota - sarà completato con una serie di testimonianze ed esperienze sui rifugiati politici, i richiedenti asilo, e i giovani emigrati per motivi di studio”. Parteciperanno al convegno una trentina di delegati tra vescovi, esperti e direttori nazionali responsabili per le migrazioni di 21 Conferenze episcopali d’Europa (Austria, Belgio, Bielorussia, Bosnia e Erzegovina, Conferenza Episcopale Internazionale SS. Cirillo e Metodio, Croazia, Francia, Germania, Inghilterra e Galles, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Polonia, Romania, Slovacchia, Spagna, Svizzera, Turchia, Ungheria, Ucraina). I presenti al tavolo del dibattito porteranno testimonianza della situazione dei vari paesi europei e daranno la propria visione sulle responsabilità pastorali per la Chiesa. All’incontro parteciperanno anche rappresentanti della Santa Sede, della COMECE, di Caritas Europa e dell’ICMC (Commissione Cattolica Internazionale per le Migrazioni). (D.B.)

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    Lituania: la secolarizzazione sta cambiando il volto del cattolicesimo

    ◊   La libertà e l’influenza dei modelli di vita occidentali hanno cambiato il volto del cattolicesimo in Lituania, il cui aspetto più evidente è la forte penuria di sacerdoti. Ad affermarlo è il Presidente della Conferenza episcopale lituana, mons. Sigitas Tamkevicius che, in un’intervista all’agenzia cattolica polacca Kai, spiega come le profonde trasformazioni intervenute nella società lituana dall’indipendenza nel 1990 pongano serie sfide alla Chiesa locale. “Dopo decenni di occupazione sovietica – dice l’arcivescovo di Kaunas ripreso dall'agenzia Cns - abbiamo accettato indiscriminatamente tutte le idee occidentali, come se fosse tutto buono. La libertà ha dato tante possibilità, ma la maggior parte dei lituani non è in grado di usarla in modo responsabile”. Tra gli effetti più drammatici di questo mutamento vi è la crisi delle vocazioni. Se i primi anni di indipendenza conobbero un’impennata degli ingressi nei seminari lituani (anche se solo la metà di quei seminaristi sono poi diventati sacerdoti) “oggi è molto più difficile trovare giovani che decidono di intraprendere il sacerdozio”. E il motivo, secondo mons. Tamkevicius, è presto detto: “Molte famiglie hanno uno o due figli che crescono nel benessere che non incoraggia a dedicarsi a Dio. In un ambiente secolarizzato in cui il denaro conta su tutto non dobbiamo sorprenderci se ci sono poche vocazioni”. Ma a cambiare è stato anche il modo in cui i sacerdoti affrontano le nuove sfide della società: se sotto l’Unione Sovietica la Chiesa era l’unica istituzione a tenere testa al regime e a difendere i diritti della nazione lituana, oggi – lamenta mons. Tamkevicius che, per il suo impegno in difesa dei diritti umani, ha subito sei anni di lavori forzati e di esilio - prevale una certa timidezza. Soprattutto sui temi eticamente sensibili, quali ad esempio l’aborto, molti sacerdoti temono di pronunciarsi per “non suscitare reazioni negative”. (L.Z.)

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    Polonia: il 60% dei giovani recita il Rosario

    ◊   Secondo le analisi pubblicate recentemente dal settimanale cattolico Niedziela, riprese dall'agenzia Sir, il cattolicesimo polacco è fortemente segnato dal culto mariano. Gli analisti dell'Istituto di statistica della Chiesa cattolica hanno posto ad un gruppo rappresentativo dei cattolici delle domande riguardanti le preghiere, i pellegrinaggi e altre manifestazioni della loro fede. L'82% dei cattolici porta al collo o nel portafoglio un effigie della Madonna, mentre oltre a numerose festività mariane, sono percepite come tali anche il giorno dell'Annunciazione e la Festa della presentazione del Signore (la Candelora) nonostante nel calendario liturgico siano esse annoverate tra le Feste del Signore. Oltre il 75% degli intervistati dichiara di recitare le preghiere del rosario e le litanie della Vergine ma, cosa ancora più caratteristica, con il rosario pregano non solo adulti e anziani, ma addirittura il 60% dei giovani fra i 17 e i 25 anni. Il 67,5 % degli intervistati afferma di partecipare spesso alle liturgie nel mese di maggio (il mese mariano) e solo meno del 2% ha risposto di non aver mai preso parte a tali celebrazioni. Il 41% dei polacchi effettua dei pellegrinaggi verso vari santuari mariani. Meno del 15% dei cattolici in Polonia invece dichiara di non partecipare ai pellegrinaggi religiosi. La gran parte dei cattolici praticanti in modo regolare, almeno una volta nella vita ha preso parte al pellegrinaggio a Jasna Gora a Czestochowa. La Madonna Nera, la cui festa è stata celebrata il 26 agosto, è meta di oltre il 62 % dei pellegrini. Quest'anno il numero totale dei pellegrini che hanno pregato a Jasna Gora ha superato di gran lunga le centomila presenze, non solo polacchi ma anche pellegrini stranieri, per i quali i frati paolini, custodi del santuario, hanno predisposto dei servizi religiosi in diverse lingue. (L.B.)

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    Pellegrinaggio in Russia “alle radici cristiane dell’Europa”

    ◊   Un pellegrinaggio a Mosca e San Pietroburgo come viaggio alla scoperta delle radici cristiane dell’Europa. E’ l’itinerario che seguiranno i circa ottanta borsisti del Centro universitario cattolico. Il Centro si è costituito su iniziativa della Conferenza episcopale italiana nell’ambito del Servizio nazionale per il progetto culturale teso ad aiutare i giovani che intendono dedicarsi all’attività accademica universitaria. Il viaggio inizierà domani e si concluderà il 13: si tratta - si legge in una nota della CEI ripresa dall’agenzia Sir - di un percorso culturale iniziato circa tre anni fa con il pellegrinaggio in Terra Santa e in particolare a Gerusalemme. Ad accompagnare i giovani alla scoperta delle “tracce visibili del cristianesimo europeo” sarà anche una conferenza dello storico Adriano Roccucci il 9 settembre a Mosca. I giovani incontreranno anche il rappresentante della Santa Sede presso la Federazione Russa, mons. Antonio Mennini e l’arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, mons. Paolo Pezzi. Visiteranno il monastero di Novodevici, la cattedrale di Cristo Salvatore, il Cremlino, la Piazza Rossa, ed il monastero di Danilovsky. E’ previsto anche un incontro con l’arciprete Vsevolod Chaplin, vice presidente del dipartimento relazioni esterne del Patriarcato di Mosca. A San Pietroburgo il viaggio proseguirà con la visita al monastero di Alexander Nevski e alla Cattedrale della Trinità. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Ribadite le “strette relazioni strategiche” tra Ucraina e USA nella visita di Cheney a Kiev

    ◊   “Nessun Paese al di fuori della NATO ha il diritto di porre veti” alla richiesta dell’Ucraina di entrare a far parte della Alleanza atlantica. Lo ha annunciato il numero due della Casa Bianca, Dick Cheney, durante il colloquio avuto questa mattina a Kiev con il capo dello Stato ucraino Viktor Iushenko, confermando il sostegno incondizionato al paese da parte degli Stati Uniti. Da parte sua, Iushenko ha sottolineato le "strette" relazioni "strategiche bilaterali" tra Ucraina e Stati Uniti, per poi aggiungere che l’Ucraina ha “una mutua comprensione con gli USA e la UE su gran parte dei problemi, compresa la Georgia”. Cheney, dopo la visita a Baku e Tbilisi, ha completato il suo viaggio con la tappa di Kiev dove ha avuto modo di incontrare anche la premier ucraina, Iulia Timoshenko. La visita del viceprresidente statunitense in Ucraina è arrivata nel bel mezzo della crisi politica scoppiata tra Iushenko e la sua ex alleata della rivoluzione arancione, Timoshenko. Il capo dello Stato ha accusato il premier di "golpe bianco", privandolo del sostegno del suo partito “Ucraina nostra”, minacciando elezioni anticipate nel caso non si formi una nuova coalizione. Tra i temi affrontati durante i due colloqui: oltre al conflitto russo-georgiano legato all'Ossezia del sud, le prospettive delle relazioni tra Kiev e Washington, le questioni di sicurezza internazionale e il rafforzamento dei legami transatlantici.

    Pakistan
    Sarebbero civili e non militanti islamici le sette vittime dell'attacco compiuto questa mattina da un un aereo-spia statunitense americano nella zona pakistana ai confini con l'Afghanistan. E' quanto afferma la televisione pachistana GEO TV, che specifica che le vittime sarebbero 4 bambini e tre donne. Quello di stamattina sarebbe il terzo attacco in tre giorni degli americani in Pakistan.

    Afghanistan
    Sette persone, tra cui due bambini, sono rimaste uccise nell'Afghanistan occidentale in un attacco aereo contro la casa di un comandante taleban. Il bilancio fornito dalle autorità locali non è stato commentato dalle forze della coalizione a guida USA (Enduring Freedom). Le vittime di oggi, nella provincia di Farah, si assommano ai 90 civili uccisi, in maggioranza donne e bambini, secondo il governo afghano, il 22 agosto sempre durante un attacco aereo della coalizione nella confinante provincia di Herat. Un bilancio contestato dai militari americani. Secondo il governo afghano e alcuni gruppi umanitari, dall'inizio dell'anno le truppe straniere e quelle locali con i loro attacchi aerei hanno provocato in Afghanistan la morte di oltre 500 civili.

    Iraq
    Nuovi dati sui suicidi tra i militari americani confermano una preoccupante tendenza all'aumento. Nel 2007, 115 soldati in servizio attivo della Guardia Nazionale e della Riserva si sono tolti la vita, mentre quest'anno i suicidi sono stati finora 62. Sono ancora in corso indagini sulle morti di altri trentuno soldati, per verificare se si tratta di morti accidentali o suicidi. Se verrà confermata l'ipotesi di suicidio, le cifre di quest'anno potrebbero arrivare a superare quelle del 2007. I vertici dell'esercito hanno raddoppiato gli sforzi per risolvere questo tragico problema, attraverso programmi di prevenzione e supporto psicologico ai militari.

    USA: Convention repubblicana
    John McCain ha presentato all'America il proprio curriculum fatto di esperienze come militare, prigioniero e politico controcorrente pronto a lavorare con gli avversari, e ha chiesto al Paese di affidargli la Casa Bianca per i prossimi quattro anni, presentandosi come una scelta più credibile dell'avversario Barack Obama. Prima dell’inizio del discorso di Mccain sono state arrestate circa 250 persone che manifestavano contro la guerra. Ma sul discorso di John McCain alla convention del Partito repubblicano a Saint Paul, in Minnesota, il servizio di Elena Molinari:


    I cinque anni e mezzo di prigionia in Vietnam gli hanno fatto capire che Paese speciale fosse l’America. Così, John McCain ha spiegato ieri notte, l’alba in Italia, perché vuole diventare presidente:“Ho amato ancora di più il mio Paese, perchè ho capito che era una causa per cui combattere”. Nel suo discorso di accettazione della nomination repubblicana, McCain ha promesso che se arriverà alla Casa Bianca saprà lottare ancora per la sua nazione e lo farà collaborando con i suoi avversari. Rassicurare gli americani della middle class in difficoltà che sarà attento ai loro problemi di tutti i giorni era uno dei compiti più delicati di McCain: l’altro, era spiegare che tipo di cambiamento vuole portare a Washington e per farlo ha fatto leva sulla sua personalità anticonformista che gli ha fatto proporre riforme in Senato, dal finanziamento ai partiti all’emigrazione. La tradizionale pioggia dei palloncini rossi e blu ha segnato la chiusura della convention, ma alle elezioni mancano ancora due mesi.

     
    Angola
    Più di otto milioni di angolani sono chiamati oggi alle urne per rinnovare il parlamento. Già dall'apertura dei 12.274 seggi, questa mattina alle 7, si sono registrate lunghe file di persone in attesa di votare per eleggere i 220 membri del Parlamento. Il servizio di Fausta Speranza:


    Un voto a sedici anni dalle ultime elezioni e sei anni dopo la conclusione della guerra civile, che per 27 anni ha sconvolto il Paese africano. Un partito al potere da 29 anni. Tutto ciò fa di questa tappa elettorale in Angola un evento su cui la popolazione sta riversando grandi aspettative. Del partito al potere si dice che punti ad una larga maggioranza che gli consenta di cambiare agevolmente la Costituzione. Le ultime elezioni si sono tenute nel 1992 ed il risultato elettorale ha riportato il Paese in uno stato di caos e di guerra civile. I ribelli dell'Unione nazionale per l'indipendenza totale dell'Angola (UNITA), usciti sconfitti dalle urne, hanno ripreso infatti le armi contro il governo, facendo riesplodere uno dei conflitti africani più sanguinosi nel quale sono morte quasi mezzo milione di persone. I risultati del voto di oggi non arriveranno prima di una settimana.

    Turchia-Armenia
    E’ arrivata anche la soddisfazione del commissario europeo all'Allargamento, Olli Rehn, per la visita in programma domani a Yerevan, in Armenia, del presidente turco, Abdullah Gul. L’occasione è data dalla partita di calcio Armenia-Turchia, valida per le eliminatorie dei Mondiali del 2010 in Sudafrica. “Spero che quello del presidente Gul - ha detto il commissario UE - sia un primo passo importante, seguito presto da altri che conducano ad una normalizzazione delle relazioni fra i due Paesi”. Una missione, quella del capo di Stato turco, che viene vista da molti osservatori internazionali come una svolta nei rapporti tra Ankara e Yerevan. Sul perché di questa lettura, Giada Aquilino ha intervistato Antonio Ferrari, inviato speciale ed editorialista del Corriere della Sera:

     
    R. - Perché tra i due Paesi non vi sono relazioni diplomatiche, che furono interrotte dopo le vicende del Nagorno-Karabakh, quando cioè da una parte l’Armenia affermava di non essere intervenuta a sostegno quella maggioranza degli abitanti del Nagorno-Karabakh, che è armena, mentre la Turchia sosteneva che, di fatto, si trattava di una occupazione dell’Armenia sul territorio dell’Azerbaigian. Si ruppero quindi le relazioni, complicate poi anche dalla questione del genocidio degli armeni: i turchi continuano ad ammettere che ci fu un massacro, ma dovuto ad una situazione di guerra, verso la fine dell’impero ottomano. Viceversa, gli armeni e molti altri sostengono che fu un genocidio, perché morirono un milione e mezzo di persone su una popolazione totale di poco più di tre milioni. L’invito che è stato rivolto dal presidente armeno al presidente Gul è stato accolto, ma ovviamente non dobbiamo dimenticare le ragioni dal punto di vista energetico e strategico.

     
    D. - Proprio sulle divergenze dei due Paesi sul massacro degli armeni ai primi del Novecento, quali passi si possono compiere?

     
    R. - Molti intellettuali turchi hanno accettato l’idea che ci fu: poi si può chiamare “massacro” o si può chiamare “genocidio”: hanno posto il problema, lo ha fatto Pamuk, lo hanno fatto altri ed oggi il dibattito in Turchia è aperto su questo problema. Non c’è più la chiusura definitiva che c’era fino a poco tempo fa. C’è da dire che gli armeni stanno facendo di tutto per favorire l’arrivo dei tifosi turchi: se ne attendono circa 5 mila, che non avranno bisogno di visto ed entreranno praticamente gratis allo stadio. A volte le sport può davvero essere utile e davvero essere importante.

     
    Darfur
    "Italians for Darfur" condanna il silenzio della comunità internazionale dopo i recenti raid delle forze governative sudanesi nel campo profughi di Kalma, nei pressi di Nyala, nel sud del Darfur. “Dopo quello del 25 agosto che ha causato circa 50 morti, tra cui molte donne e bambini, i rifugiati temono un nuovo blitz dei soldati e lamentano l'assenza delle forze di peacekeeping”, afferma in una nota Antonella Napoli, presidente dell'associazione italiana per i diritti umani. “Italians for Darfur - prosegue la nota - esprime grave preoccupazione per l'indifferenza internazionale nella quale continuano a succedersi gli attacchi indiscriminati delle forze di sicurezza sudanesi contro i civili e si appella al governo italiano e all'Unione Europea, affinché il governo sudanese venga richiamato al rispetto delle norme internazionali sui diritti umani e alla protezione dei civili”. Il campo di Kalma ospita circa 90 mila profughi ed è uno dei più travagliati: secondo il governo di Khartoum, vi trovano rifugio ribelli del Darfur e loro sostenitori, mentre i residenti dicono che il campo è perennemente sotto attacco delle milizie arabe sudanesi filo-governative.

    Bolivia
    Il presidente boliviano, Evo Morales, ha denunciato ieri sera che nel Paese è stato posto in essere un golpe organizzato da civili ed il cui primo capitolo consiste nell'occupazione da parte di gruppi d'assalto finanziati dai prefetti ribelli di istituzioni pubbliche. Lo scrive l'agenzia di stampa statale Abi. Sulla via del ritorno a La Paz, dopo un viaggio in Libia e Iran, Morales ha rivolto un appello “all'unità della popolazione” ed ha chiesto alle Forze armate di “difendere la democrazia boliviana”. Alludendo all'occupazione, ieri, di almeno sei uffici rappresentanti di entità del governo a Cobija (Bolivia orientale), da parte di gruppi di persone vicine al prefetto oppositore del dipartimento di Pando, Leopoldo Fernandez, Morales ha sostenuto che queste azioni ricordano i preliminari del golpe guidato nel 1980 dall'allora generale Luis Garcia Meza.

    India
    Mentre in Bihar migliora notevolmente la situazione dovuta all'esondazione del fiume Khosi, l'attenzione si è spostata in Assam, sempre nel nordest dell'India, dove la piena del Brahmaputra sta facendo ingenti danni. Oltre un milione e 200 mila persone sono state allontanate dai loro villaggi sulla riva del fiume il cui livello si è innalzato a tal punto da sommergere centinaia di abitazioni. Al momento non risultano vittime, se non quattro animali ospiti del Kaziranga National Park, morti affogati. E' la terza volta dal primo giugno che il fiume ha superato gli argini, facendo in totale 17 vittime.

    Cina
    Nuova esplosione, anche oggi, in una miniera in Cina. E' avvenuta nel sudovest, nel Sichuan, ed ha provocato la morte di 10 minatori. Ieri, in una miniera di carbone nel nordest della Cina erano morte 27 persone.

    Italia - immigrazione irregolare
    Sei migranti - secondo la polizia appena sbarcati - sono stati fermati dalla polizia di Ragusa la notte scorsa, intorno alla mezzanotte, nella frazione di Punta Braccetto. Gli extracomunitari, tutti uomini, sono stati trasferiti nei locali della dogana del porto di Pozzallo.

    Australia
    Si è insediata oggi la prima donna governatore generale dell'Australia, Quentin Bryce, che rappresenta nel Paese la Regina Elisabetta II. La regina d'Inghilterra è formalmente il capo dello Stato australiano in quanto il Paese è membro del Commonwealth ed ha quindi anche il titolo di regina d'Australia. Quentin Bryce, 65 anni, ex avvocato, docente universitaria e attiva nella difesa per i diritti delle donne, è il 25. mo governatore generale e succede a Michael Jeffrey, un generale che si è ritirato dall'incarico lo scorso mercoledì dopo averlo esercitato per cinque anni. La Costituzione australiana riconosce al governatore generale ampi poteri esecutivi, ma generalmente li esercita in sintonia e tenendo conto del parere del primo ministro. (Panoramica internazioanle a cura di Fausta Speranza)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 249

     
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