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Sommario del 30/10/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Cristiani ed ebrei, testimoni comuni dell'amore di Dio: così il Papa ad una delegazione ebraica. Nota di padre Lombardi sull'apertura degli Archivi vaticani
  • La vera libertà dell'uomo al centro del discorso del Papa al nuovo ambasciatore del Canada
  • Altre udienze e nomine
  • Benedetto XVI incontra studenti e docenti dei Pontifici Atenei Romani
  • Presentati gli "Orientamenti" sui possibili contributi delle scienze psicologiche nella valutazione di un candidato al sacerdozio
  • Mons. Migliore all'ONU: libertà religiosa violata nel mondo
  • L'evoluzionismo al centro della plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze. Intervista con il prof. Cabibbo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Sempre più grave l'emergenza umanitaria nel Nord Kivu
  • Terremoto in Pakistan: 300 i morti
  • Debito, giustizia e solidarietà al centro di un convegno promosso a Roma dalla CEI
  • Assegnati i premi al Festival del Cinema Spirituale Religion Today incentrato sul tema "Il volto dell'Altro"
  • Chiesa e Società

  • Attentato dell'ETA all’Università cattolica di Pamplona: 17 feriti
  • Filippine: rilasciata una delle due volontarie rapite a Basilan
  • Ortodossi e musulmani partecipano al lutto della Chiesa cattolica per l’uccisione di due gesuiti a Mosca
  • Il segretario generale della Conferenza episcopale indiana auspica “una vita normale per i cristiani in Orissa”
  • India: l'arcivescovo di Bangalore soddisfatto delle misure governative contro la violenza anticristiana
  • Giakarta: sacerdoti e attivisti cristiani primo bersaglio dei terroristi islamici
  • Myanmar: l'aiuto della Chiesa agli sfollati provocati dal ciclone Nargis
  • Italia: la Caritas presenta il Dossier statistico sull’immigrazione
  • La Fondazione Wallenberg chiede che Giovanni XXIII sia dichiarato "Giusto fra le Nazioni"
  • Rapporto della COMECE sul cambiamento climatico
  • Elezioni in Guinea Bissau: i vescovi invitano a un voto cosciente e libero
  • L’Alta Corte inglese dice no all’eutanasia: plauso dal movimento per la vita
  • Polonia: i vescovi deplorano la bocciatura della reintroduzione della festa dell'Epifania
  • Il messaggio del patriarca di Lisbona per il Congresso Internazionale per la nuova evangelizzazione
  • Premio internazionale della Cultura Cattolica a Mary Ann Glendon, ambasciatore USA presso la Santa Sede
  • Ruolo della donna e diritti della persona al centro del convegno sul pontificato di Giovanni Paolo II
  • Padre Gumpel: Pio XII decisivo nella preparazione del Concilio Vaticano II
  • Concluso a Roma il Convegno sull’integrazione ecclesiale degli immigrati in Italia
  • L'associazione Papa Giovanni XXIII mette in guardia dai riti ambigui di Halloween
  • 24 Ore nel Mondo

  • Strage in India per una serie di attentati nell’Assam
  • Il Papa e la Santa Sede



    Cristiani ed ebrei, testimoni comuni dell'amore di Dio: così il Papa ad una delegazione ebraica. Nota di padre Lombardi sull'apertura degli Archivi vaticani

    ◊   Cristiani ed ebrei diano una testimonianza comune dell'amore di Dio in un mondo spesso segnato da povertà, violenza e sfruttamento: è quanto ha affermato oggi Benedetto XVI incontrando l’organizzazione ebraica dell’International Jewish Committee on Interreligious Consultations, guidata dal rabbino David Rosen. Il servizio di Sergio Centofanti.

    Il Papa ha sottolineato la crescente comprensione tra cattolici ed ebrei, riaffermando “l'impegno della Chiesa per l'attuazione dei principi enunciati nella storica Dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Vaticano II” che “condanna fermamente tutte le forme di antisemitismo”. Questo documento - ha proseguito - ha rappresentato “una significativa pietra miliare nella lunga storia delle relazioni cattolico-ebraiche” e “un invito ad una rinnovata comprensione teologica dei rapporti tra la Chiesa e il Popolo ebraico”:

     
    Christians today are increasingly conscious of the spiritual patrimony they share…
    I cristiani sono oggi sempre più consapevoli del patrimonio spirituale che condividono con il popolo della Torah, il popolo scelto da Dio nella sua ineffabile misericordia, un patrimonio che chiama ad un maggiore reciproco apprezzamento, rispetto e amore (cfr Nostra aetate, n. 4)”.

     
    D’altre parte – ha precisato Benedetto XVI – “anche gli ebrei sono chiamati a scoprire ciò che hanno in comune” con quanti credono nel Signore, “il Dio di Israele”, che si è rivelato attraverso la sua parola, che, come il Salmista dice, è luce per il nostro cammino e ci dona nuova vita (cfr Sal 119,105). “Questa Parola – ha aggiunto - ci spinge a dare comune testimonianza della misericordia, della verità e dell'amore di Dio”. Si tratta di “un servizio vitale nel nostro tempo, minacciato dalla perdita di quei valori spirituali e morali che garantiscono la dignità umana, la solidarietà, la giustizia e la pace”:

     
    “In our troubled world, so frequently marked by poverty, violence and exploitation…
    Nel nostro mondo inquieto, così spesso segnato da povertà, violenza e sfruttamento, il dialogo tra le culture e le religioni deve essere visto sempre più come un sacro dovere che incombe su quanti sono impegnati a costruire un mondo degno dell'uomo. La capacità di accettare e rispettare l'un l'altro, e di dire la verità nella carità, è essenziale per superare le differenze, prevenire le incomprensioni ed evitare inutili scontri”.

     
    Ma “il dialogo – ha affermato il Papa - è serio e onesto solo quando rispetta le differenze e riconosce gli altri proprio nella loro diversità”:

     
    “A sincere dialogue needs both openness and a firm sense of identity…
    Un dialogo sincero ha bisogno sia di apertura sia di un solido senso di identità da entrambe le parti, per consentire a ciascuno di essere arricchito dai doni dell’altro”.

     
    Il Pontefice ha ricordato gli incontri avuti negli ultimi mesi con comunità ebraiche a New York, Parigi e in Vaticano: incontri che riflettono “i progressi nelle relazioni cattolico-ebraiche”. Infine, ha incoraggiato il Comitato a perseverare nel suo “importante lavoro con pazienza e rinnovato impegno” anche in vista dell’incontro il prossimo mese a Budapest con una delegazione della Commissione vaticana per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo, al fine di discutere sul tema: "Religione e società civile oggi".

     
    Da parte sua, nel suo indirizzo di saluto, il rabbino David Rosen, presidente del Comitato, ha ringraziato la Santa Sede per il suo impegno contro ogni forma di antisemitismo. Ha espresso quindi la propria soddisfazione per i chiarimenti avuti in merito alla modifica della preghiera per gli ebrei nella Liturgia del Venerdì Santo. E ha ripetuto la richiesta per un accesso degli studiosi agli archivi vaticani per i documenti relativi al periodo nazi-fascista. Infine ha espresso la propria solidarietà per le violenze anticristiane in India, Iraq e sud-est asiatico.

     
    Ma sulla richiesta relativa agli archivi vaticani ascoltiamo una nota del nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:

     
    A proposito delle rinnovate richieste di apertura degli archivi vaticani è utile tener presente questi elementi. A prescindere dalla discussione se essa potrebbe o no dar luogo a novità rilevanti nelle conoscenze storiche sul pontificato di Pio XII, la richiesta è in sé comprensibile e giustificata dal punto di vista della metodologia degli studi storici. Tuttavia occorre comprendere bene ciò che essa comporta come lavoro di preparazione. L’apertura dell’Archivio Segreto Vaticano agli studiosi è stata iniziata da Leone XIII nel 1881 e continuata dai suoi Successori. Il principio seguito generalmente è stato di aprire agli studiosi i documenti “pontificato dopo pontificato” e non in base a un determinato limite di tempo (ad es. 50, 70, 90 anni, come avviene per altri archivi), poiché l’Archivio stesso non è strutturato secondo uno schema semplicemente cronologico, ma appunto “per pontificati”.

     
    Finora l’apertura è estesa all’intero pontificato di Pio XI (quindi fino al 1939), i cui documenti sono stati resi accessibili nel 2006. L’apertura agli studiosi degli archivi suppone un impegnativo lavoro di preparazione della documentazione che comprende: la descrizione delle varie posizioni (protocolli, fascicoli, buste, ecc.); numerazione dei fogli; timbratura di singoli fogli per ragioni di sicurezza; rilegatura dei fascicoli di carte più deteriorate o delicate. Il lavoro di catalogazione e ordinamento è lungo e paziente, e il personale specializzato a ciò addetto è limitato. Perciò richiede tempi adeguati. I fondi archivistici che riguardano il Pontificato di Pio XII, ai quali attualmente si sta lavorando appunto per prepararli in vista della possibile apertura, appartengono a tre grandi gruppi, con problematiche proprie: 1) gli archivi delle rappresentanze pontificie; 2) gli archivi della Segreteria di Stato; 3) gli archivi delle Congregazioni romane ed altri Uffici. In totale i fogli assommano a circa 16 milioni di carte, se non più. Le buste da preparare sono 15.430, e i fascicoli 2.500. Il prefetto dell’Archivio Segreto, mons. Sergio Pagano, ha recentemente affermato che con le forze attuali i tempi previsti di lavoro sono di almeno 6/7 anni. Prima di allora è irrealistico pensare ad un’apertura agli studiosi. Naturalmente, poi, una volta che il lavoro di ordinamento sia completato, dato che l’Archivio Segreto è Archivio del Papa, la decisione finale sull’apertura spetterà al Santo Padre stesso.

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    La vera libertà dell'uomo al centro del discorso del Papa al nuovo ambasciatore del Canada

    ◊   L'esercizio della libertà non è un valore assoluto, ma va legato alle sue origini divine e alla legge morale naturale: in caso contrario conduce ad uno svilimento del concetto di essere umano. Così il Papa nel discorso al nuovo ambasciatore del Canada, la signora Anne Leahy, ricevuta oggi in occasione della presentazione delle Lettere credenziali. Il servizio di Fausta Speranza

    Il cattolicesimo ha rappresentato una chiave di volta essenziale per la costruzione della società canadese. Lo sottolinea Benedetto XVI ricordando che tra qualche mese si celebrano i 40 anni di relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Canada, ma in realtà i legami profondi risalgono a parecchi secoli fa. E il Papa ricorda le parole di Giovanni Paolo II, che ha compiuto tre visite apostoliche in Canada, di cui l’ultima in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù. I canadesi – diceva – sono gli eredi di un umanesimo straordinariamente ricco, grazie all’associazione di molti elementi culturali diversi. E Benedetto XVI sottolinea che il punto focale di tutto ciò sta nella concezione spirituale e trascendente della vita, fondata sulla rivelazione cristiana.

     
    Da qui, spiega il Papa viene una tradizione di impegno sul piano internazionale: l’attitudine alle collaborazioni multilaterali per la risoluzione di problemi internazionali, in nome della pace e della riconciliazione; con esempi concreti come l’impegno per la Convenzione per l’interdizione delle mine antiuomo, che ha avuto un successo particolare, e il contributo per la stabilizzazione della situazione nella regione dei Grandi Laghi in Africa. Congratulandosi per tutto ciò, il Papa esprime poi la preoccupazione per i segni di alcuni cambiamenti in atto anche in Canada, nel senso dello svilimento del concetto dell’essere umano. E il Papa parla chiaramente di “difesa e promozione della vita e della famiglia fondata sul matrimonio”. Il Papa invita i canadesi a riflettere su tutto ciò partendo dal concetto di libertà: l’esercizio della libertà – dice – è troppo spesso invocato per giustificare delle distorsioni. Viene concepito “solo come valore assoluto, come un diritto inalienabile dell’individuo, ignorando – aggiunge il Papa – le origini divine della libertà e della sua dimensione comunitaria”. “L’esercizio della libertà – chiarisce il Papa – implica il riferimento a una legge morale naturale, a carattere universale, che preceda e unisca tutti i diritti e i doveri”. In particolare il Papa parla dell’importanza del diritto dei genitori ad assicurare l’insegnamento religioso ai propri figli e dunque il valore delle scuole cattoliche. Poi il Papa non manca di menzionare quelli che definisce segni di speranza, ricordando innanzitutto la “piena riuscita del 49esimo Congresso eucaristico Internazionale che si è svolto il 22 giugno scorso in Canada”. Si rallegra della tradizionale attitudine all’accoglienza del popolo canadese incoraggiando tutti a esercitarla in particolare nei confronti delle persone più fragili. Il Papa si compiace anche di vedere rivitalizzate i legami di intenti tra la Chiesa cattolica e le comunità autoctone del Canada. A proposito del tradizionale impegno del Canada sul piano internazionale il Papa ricorda l’obiettivo di “un mondo più giusto e più solidale dove la persona umana sia rispettata nella sua vocazione fondamentale”.

     
     

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia; mons. Geraldo Lyrio Rocha, arcivescovo di Mariana (Brasile), presidente della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile, con il vicepresidente mons. Luiz Soares Vieira, arcivescovo di Manaus, e con il segretario generale mons. Dimas Lara Barbosa, vescovo tit. di Megalopoli di Proconsolare, ausiliare di São Sebastião do Rio de Janeiro; mons. Walter Brandmüller, presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Kole (Repubblica Democratica del Congo), presentata da mons. Stanislas Lukumwena, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.


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    Benedetto XVI incontra studenti e docenti dei Pontifici Atenei Romani

    ◊   Il Papa scenderà nella Basilica vaticana oggi pomeriggio, alle 18.30 circa, a conclusione della Santa Messa per l’inaugurazione dell’Anno Accademico dei Pontifici Atenei Romani. La celebrazione, che avrà inizio alle 17.30, sarà presieduta dal cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica. Benedetto XVI rivolgerà un saluto ai docenti e agli studenti delle Università pontificie. L’evento sarà seguito in diretta dalla nostra emittente a partire dalle 17.20.

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    Presentati gli "Orientamenti" sui possibili contributi delle scienze psicologiche nella valutazione di un candidato al sacerdozio

    ◊   Il ricorso alla psicologia, nel più generale processo di valutazione di un candidato al sacerdozio, può essere utile in un’epoca dominata da varie forme di relativismo morale e culturale, a patto che tale contributo resti sempre a margine del normale percorso formativo e di discernimento di un seminarista. E purché l’esperto consultato sia un credente, ovvero sia in grado di “inserire la sua scienza psicologica in una visione di fede”. Sono alcune delle affermazioni con le quali i massimi responsabili della Congregazione per l’Educazione Cattolica hanno presentato oggi in Sala Stampa vaticana il documento dedicato a questo tema, nel quale si ribadisce, fra l’altro, l’inidoneità al sacerdozio per le persone con tendenze omosessuali. Ce ne parla Alessandro De Carolis:

    Chi bussa oggi alla porta di un seminario chiedendo di diventare sacerdote porta inevitabilmente impressi in sé, oltre ai germi di una vocazione, anche le “ferite”, più o meno profonde, di alcune derive tipiche del nostro tempo. Il cardinale prefetto del dicastero dell’Educazione Cattolica, Zenon Grocholewski, le ha elencate all’inizio del suo intervento: consumismo, instabilità nelle relazioni familiari e sociali, relativismo morale, visioni errate della sessualità, precarietà delle scelte, sistematica opera di negazione dei valori. Tutte forme di disagio, ha proseguito, che influenzano la mentalità del giovane che aspira a servire totalmente Cristo, causando “fragilità” caratteriale o affettiva e “incertezza vocazionale”. Fermi restando i criteri ordinari con i quali, dal vescovo al padre spirituale, viene vagliata una vocazione - che è e resta, è stato ribadito,“un dono particolare di Dio - in “alcuni casi” particolari anche gli strumenti della psicologia possono entrare in gioco per consentire una migliore comprensione della maturità umana in possesso dei candidati all’Ordine. E’ in questo delicato quadro, ha affermato il cardinale Grocholewski, che si collocano gli “Orientamenti” del documento presentato in Sala Stampa:

     
    “Il documento sottolinea elementi specifici della formazione umana in vista del sacerdozio, ossia la necessaria crescita: affinché il candidato (...) abbia una maggiore conoscenza di sé stesso, delle proprie potenzialità e vulnerabilità, confrontando la propria personalità con gli ideali proclamati dalla Chiesa, affinché si senta stimolato ad una adesione personale, libera e cosciente”.

     
    Quella “umana” è, quindi, solo una delle componenti della formazione integrale del seminarista, completata dalle dimensioni intellettuale e pastorale, oltre che spirituale. La vocazione al sacerdozio, in quanto “dono di Dio”, “passa sempre nella Chiesa” e “spetta alla Chiesa”, ha asserito il cardinale Grocholewski, discernere l’idoneità dei candidati. Per cui, ha ribadito con chiarezza, “il ricorso agli esperti nelle scienze psicologiche non può che essere soltanto ausiliare” e l’utilizzo delle loro competenze:

     
    “Non deve essere una pratica obbligatoria né ordinaria nell’ammissione o nella formazione dei candidati al sacerdozio. In questo senso, il suo ruolo è di integrazione, non di sostituzione, sia nel discernimento iniziale, sia nella formazione successiva”.

     
    Il segretario del dicastero vaticano, mons. Jean-Louis Brugués, ha esposto ai giornalisti il lungo iter compiuto dal documento, sin dai suoi primi passi del 1995, ma maturato - ha detto - nel solco di una consapevolezza già ben presente nella Chiesa fin dagli Anni Settanta. Quindi, anche attraverso le domande dei giornalisti, è stato affrontato uno dei nodi più delicati: quello del comportamento da adottare nei confronti di un candidato che mostri inclinazioni omosessuali. Ecco la risposta del cardinale Grocholewski:

     
    “Se ha questa tendenza radicalmente fondata, non può essere ammesso all’esercizio sacerdotale proprio per la natura del sacerdozio. Dunque, è una ferita che incide proprio nell’esercizio del sacerdozio, nel relazionarsi con gli altri, e non attiene semplicemente alla capacità di astenersi da questi rapporti”.

     
    Il prof. don Carlo Bresciani, consultore del dicastero vaticano, ha affrontato da un punto di vista professionale il contributo offerto in un percorso di discernimento vocazionale dalle competenze della psicologia, della psichiatria o della psicanalisi. Sottolineando la necessità che i formatori stessi nei seminari siano preparati al meglio anche in questo campo, ha portato un esempio del ricorso a queste competenze:

     
    “Qualora si manifestassero o dei blocchi o disturbi psichici o problemi di sviluppo non ancora pienamente superati - teniamo presente che i problemi di sviluppo possono protrarsi anche un po’ oltre l’età della prima o della primissima giovinezza - allora potrebbe essere utile una valutazione psicologica per diagnosticare esattamente in che cosa consista quella difficoltà e anche il prospettare un cammino che potrebbe essere o di psicoterapia o di accompagnamento psicologico, oppure di consiglio ai formatori - rettore, vicerettore, padre spirituale - sul come stare vicino, accompagnare, formare quel candidato alla luce delle difficoltà evolutive che il candidato stesso sta affrontando”.

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    Mons. Migliore all'ONU: libertà religiosa violata nel mondo

    ◊   “Il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione continua a subire gravi violazioni nel mondo”: è quanto ha denunciato ieri a New York l’osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU, arcivescovo Celestino Migliore, intervenendo alla 63.ma sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il servizio di Sergio Centofanti.
     
    Mons. Migliore ha ricordato che “membri di tutte le religioni vengono perseguitati in molte parti del globo”. Anche “i recenti attacchi armati, con omicidi e distruzione di strutture religiose, sociali e umanitarie, contro i cristiani in India, in Iraq e in altre regioni del mondo sono una fonte di grave preoccupazione” e “indicano le drammatiche conseguenze” della violazione della libertà religiosa. Ha quindi richiamato l'attenzione “sulla necessità di un impegno tempestivo e concertato a livello legislativo, esecutivo e giudiziario per garantire che il diritto fondamentale alla libertà religiosa sia difeso e promosso in ogni Paese”.

    “Questa epoca di globalizzazione – ha detto - è caratterizzata da una mobilità umana e da scambi culturali senza precedenti con la conseguente esposizione a diversità di pensiero, di espressione e di credo religioso. Rispettare e promuovere il diritto alla libertà religiosa significa tenere a mente che tale libertà appartiene alle persone e alle comunità religiose e non può essere costretto, limitato o calpestato”. Inoltre – ha precisato – “gli individui devono essere in grado non solo di praticare la loro fede, ma anche di cambiarla o di conservarla senza paura di coercizione, violenza o intimidazione”. “Si tratta di un principio inequivocabile che i governi e la società civile, con le comunità religiose in testa, devono sostenere”: un principio che “deve informare i sistemi educativi di scuole pubbliche e private, organizzazioni sociali e comunità religiose”.

    Mons. Migliore ha poi denunciato la “strategia volta a distruggere non solo luoghi di culto, ma anche le strutture educative, umanitarie e sociali gestite dalle diverse confessioni religiose” e talora “questi atti criminali” sono giustificati dalla volontà di contrastare il proselitismo. In realtà queste azioni criminose – ha spiegato - derivano da ideologie fondamentaliste che sono ostili “a qualsiasi altra forza sociale che opera a sostegno dei poveri, promuovendo e difendendo la loro dignità e libertà”. Il presule ha espresso la necessità che gli Stati tutelino istituzioni e simboli religiosi “al fine di garantire che la sensibilità dei fedeli non sia offesa”. Tuttavia – ha aggiunto – il concetto di diffamazione delle religioni può essere preso a pretesto a livello locale “per il sostegno di leggi che penalizzano le minoranze religiose”. Il rappresentante vaticano ha infine ribadito con forza che oggi più che mai occorre promuovere la libertà religiosa “se vogliamo garantire la coesistenza pacifica e la cooperazione” in questo mondo globalizzato.

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    L'evoluzionismo al centro della plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze. Intervista con il prof. Cabibbo

    ◊   Il tema degli ultimi apporti della ricerca scientifica sull’origine e l’evoluzione dell’universo, della materia e della vita, è uno degli ambiti sui quali è chiamata a riflettere, in Vaticano, a partire da domani fino al 3 novembre, la sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze. Numerosi i relatori chiamati a intervenire come il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, che esporrà il pensiero di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI sull’evoluzione mentre una lettura biblica del fenomeno sarà al centro dell’intervento del cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano. Ma quali sono gli obiettivi di questa plenaria? Benedetta Capelli lo ha chiesto al prof. Nicola Cabibbo, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze e docente di Fisica delle particelle all’Università La Sapienza di Roma:

    R. – Gli obiettivi sono essenzialmente di fare il punto su questo tema che è centrale nella scienza, sia dal punto di vista fisico-cosmologico sia dal punto di vista biologico.

     
    D. – E allora, quali sono gli ultimi apporti della ricerca scientifica sulle origini e l’evoluzione dell’universo, della materia e della vita?

     
    R. – Dunque, nel caso della cosmologia e della storia dell’universo, abbiamo innanzitutto delle scoperte recenti osservative, di come l’universo è e funziona oggi; scoperte che ci hanno portato una grossa sorpresa e cioè che l’universo attuale non è solamente in espansione, come già si sapeva da parecchio tempo, ma addirittura in espansione accelerata e questo apre tutta una nuova serie di problemi anche relativi alla fisica delle particelle, ad esempio. Poi, ci sono sviluppi di natura teorica che riguardano la natura del Big Bang e in particolare esistono proposte molto interessanti e, devo dire, anche difficilmente verificabili per le quali il fenomeno potrebbe non essere un evento unico. In realtà, il nostro universo potrebbe essere una parte molto piccola dell’intera realtà fisica, potrebbero esistere altri universi nati da altri Big Bang con caratteristiche fisiche differenti …

     
    D. – Ma è proprio in questo senso che si parla di “multi-universo”?

     
    R. – E’ uno dei due sensi in cui si parla di “multi-universo”: questo è dal punto di vista cosmologico. Poi c’è un secondo senso in cui si parla di “multi-universo” ed è dal punto di vista della meccanica quantistica: prevede l’esistenza di molti universi. E’ senz’altro possibile …

     
    D. – Benedetto XVI ha detto che è assurdo contrapporre evoluzionismo e creazionismo …

     
    R. – Sicuramente Benedetto XVI si riferisce al creazionismo nel senso in cui lo comprendiamo noi cattolici, cioè l’idea che il mondo è creato da Dio, in parole molto semplici. Questo, naturalmente, non è un fatto scientificamente accertabile. La teoria dell’evoluzione, che è parte della conoscenza scientifica, e la Creazione divina, che è parte della fede, si muovono su piani diversi. Tanto per dirne una, la scienza non è mai completa quindi anche se attualmente abbiamo raggiunto un notevole livello di certezza sulla realtà dell’evoluzione biologica sicuramente ci saranno ulteriori passi avanti in futuro che chiariranno meglio le idee.

     
    D. – Il Papa recentemente ha ribadito l’importanza della ricerca scientifica, un discorso anche deformato da alcuni mass media che hanno creato degli equivoci tra gli stessi scienziati …

     
    R. – Non posso non essere d’accordo con il fatto che la ricerca scientifica è importante ed è importante che la Chiesa dia un suo apporto alla ricerca scientifica perché in qualche modo il futuro dell’umanità dipende dalla ricerca scientifica, cioè dalla possibilità – ad esempio – di controllare gli eventi connessi ai cambiamenti climatici, tanto per dirne una.

     
    D. – Benedetto XVI, nel decimo anniversario dell’Enciclica “Fides et Ratio”, diceva: “La fede non teme il progresso della scienza e gli sviluppi a cui conducono le sue conquiste, quando queste sono finalizzate all’uomo e al suo benessere”. Ritiene lei che nel mondo scientifico questa considerazione sia condivisa?

     
    R. – Penso che lo sia molto largamente e non solo tra gli scienziati cattolici: l’Accademia raccoglie scienziati anche non cattolici che, da quello che possiamo vedere, condividono pienamente il punto di vista della centralità del futuro dell’uomo, del futuro dell’umanità come argomento di fondo della ricerca.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Tra ebrei e cristiani dialogo nel rispetto e nella verità: in prima pagina, il discorso del Papa all’International Jewish Committee on Interreligious Consultations.

    In evidenza, nell’informazione internazionale, la situazione nella Repubblica Democratica del Congo: decine di migliaia di profughi a Goma circondata dai ribelli del Nord Kivu. L’ONU, intanto, teme un allargamento del conflitto.

    L’Italia sempre più terra di immigrati: un articolo in merito al XVIII rapporto sull’immigrazione realizzato da Caritas e Migrantes e presentato oggi.

    In cultura, il testo integrale del documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica “Orientamenti per l’utilizzo delle competenze psicologiche nell’ammissione e nella formazione dei candidati al sacerdozio” (presentato questa mattina nella Sala Stampa della Santa Sede).

    Una nuova alleanza tra istituzioni, imprese e cittadini: nell’informazione religiosa, un articolo di Leonardo Becchetti sull’obiettivo che il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace propone per la conferenza convocata dalle Nazioni Unite a Doha per fine novembre.

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    Oggi in Primo Piano



    Sempre più grave l'emergenza umanitaria nel Nord Kivu

    ◊   La Repubblica Democratica del Congo è in piena emergenza umanitaria per l’offensiva dei ribelli tutsi che assediano Goma, la capitale del Nord Kivu, al confine con il Rwanda. I soldati governativi, insieme con migliaia di civili, sono in fuga dalla città. Il contingente dell’ONU non riesce ad arginare le violenze. Dal Pontificio Consiglio Giustizia e della Pace arriva, intanto, un accorato appello. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    “Il mondo non può continuare a guardare senza reagire la morte di innocenti vittime di atti di violenza e di barbarie, né disinteressarsi della sorte di decine di migliaia di sfollati che fuggono la guerra e sono esposti alle intemperie, alle malattie e alla fame”. E’ quanto dichiara il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, commentando la tragica situazione nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo. Il porporato rivolge anche un appello alle parti in conflitto “affinché rinuncino alla logica del confronto e delle armi, scelgano il dialogo e le negoziazioni e che, in un sussulto di umanità, mettano il bene comune al di sopra di interessi egoistici”. Alla comunità internazionale si chiede inoltre che “intervenga con tutto il suo peso nella risoluzione del conflitto”. L’Unione Europea, in base a quanto rivelato dal ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, esaminerà oggi o domani la possibilità di una missione militare nella Repubblica Democratica del Congo. Nel Paese, intanto, i ribelli guidati dall’ex-generale Laurent Nkunda hanno dichiarato un cessate il fuoco unilaterale dopo giorni di violenti scontri con l’esercito ed i soldati dell’ONU nella provincia del Nord Kivu. La situazione umanitaria è drammatica: le truppe regolari si sono ritirate dalla città di Goma e centinaia di migliaia di civili sono in fuga.

     
    Sulle cause di questo nuovo conflitto nel Paese africano, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco il giornalista Michele Luppi, appena rientrato dalla regione del Nord Kivu:

    R. – Credo che i problemi del Congo siano legati a tutta una serie di questioni. Tra queste, la mancanza di un controllo del governo centrale su quei territori. Quelle terre e soprattutto il Rwanda, il Burundi e le regioni dei Grandi Laghi sono inoltre zone ad altissima densità demografica. Negli ultimi decenni c’è stato un continuo flusso di popolazioni verso le terre del Kivu, che erano terre invece dove la densità della popolazione era minore. Sono terre ricche non solo di risorse, di coltan, di oro, ma anche di pascoli, di campi da coltivare. Quindi, vi è una pluralità di fattori che è alla base di questa guerra. Certamente, la fragilità dello Stato congolese, in questo caso, non aiuta. Soprattutto, quello che spaventa di più, al di là della grandissima crisi umanitaria, sono le continue accuse tra il governo congolese di Kinshasa e il Rwanda. La preoccupazione è quella che questo conflitto interno, portato avanti dal gruppo ribelle guidato dall’ex generale Nkunda, possa poi sfociare in una guerra molto più ampia, che coinvolga il vicino Rwanda.

     
    D. – Perché si è arrivati al fallimento dell’accordo di pace firmato a gennaio?

     
    R. – Quello che bisogna capire è chi ha voluto che fallisse, chi sta in qualche modo soffiando sul fuoco di questa guerra. Il gruppo ribelle guidato da Nkunda, infatti, non è consistente dal punto di vista numerico. Deve avere un rifornimento di armi, un appoggio da parte di qualcuno. E dall’altra parte, le Nazioni Unite sembrano impotenti di fronte a questa avanzata. Credo, quindi, che ci sia qualcuno che debba iniziare a dare delle risposte a questa situazione.
    D. – A proposito di risposte, l’intervento di una forza internazionale diventa una priorità per riportare la pace?

     
    R. – Dipende tutto da come agisce questa forza internazionale. Non dobbiamo dimenticare che oggi nella Repubblica Democratica del Congo c’è la più grossa missione di pace delle Nazioni Unite con ben 17 mila uomini, di cui 8 mila sono concentrati nel Nord Kivu. Quello che non si capisce è come, nonostante questa importante presenza delle Nazioni Unite, non si riesca ancora a porre fine alla guerra. Certamente, è auspicabile l’invio in Nord Kivu di una forza di pace, di una forza di interposizione. Ma deve essere una forza che sia in grado, per volontà e per quelle che sono le regole di ingaggio, di fare realmente qualcosa per fermare i ribelli.

     
    D. – Legato a questo conflitto, come ad ogni guerra, c’è anche il dramma umanitario. Quali sono le condizioni dei civili e in particolare dei profughi?

     
    R. – La situazione è drammatica, è drammatica soprattutto perché nelle ultime ore quelli che erano gli sfollati che già vivevano nei campi profughi sono stati costretti a fuggire un’altra volta. L’Alto Commissariato ONU dei rifugiati parla di altri 250 mila profughi nell’ultimo mese; l’avanzata dei ribelli renderebbe estremamente difficile per le agenzie umanitarie prestare soccorso a queste persone.

     
    D. – Sei stato di recente nel Nord Kivu. Quale situazione hai trovato?

     R. – Quello che si percepiva era la preoccupazione della gente che né l’esercito congolese, né le Nazioni Unite sarebbero riuscite a bloccare l’avanzata dei ribelli, quando questi avessero voluto. E’ quello che, purtroppo, è successo negli ultimi giorni.

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    Terremoto in Pakistan: 300 i morti

    ◊   La macchina dei soccorsi è in piena attività in Pakistan per assistere le vittime del terremoto che due giorni fa ha colpito la parte sud occidentale del Paese ed in particolare la provincia del Belucistan. Sale il numero dei morti, che sfiora ormai la cifra di 300, mentre i feriti arrivano a 400. Gli sfollati sono almeno 15 mila. Il recupero delle vittime e la ricerca di feriti è ancora in corso. Intanto, sull’intera area montuosa è calato un intenso freddo. Per un aggiornamento sulla situazione, sentiamo Marco Succi della Croce Rossa internazionale, raggiunto telefonicamente in Pakistan da Stefano Leszczynski:

    R. – Le scosse ripetute di terremoto sono state molto forti, intense, ma tuttavia localizzate. Quindi, la zona colpita non è vasta, in effetti, come sembrava all’inizio. Adesso la situazione sembra sotto controllo. Si capisce che almeno tre mila case sono state distrutte e quindi diciamo che migliaia di persone sono rimaste senza tetto.

     
    D. – Possiamo dire che gli interventi sono stati molto più tempestivi rispeto al sima di tre ani fa. Oltre che alla Croce Rossa, ci sono altri organismi internazionali sul posto?

     
    R. – Le organizzazioni umanitarie si stanno coordinando per raggiungere la zona e per apportare i primi soccorsi. Certo che le autorità hanno reagito prontamente. Ciò nonostante, ripeto, i bisogni sono urgenti, in termini soprattutto di rifugi, quindi di tende e di evacuazione dei feriti.

     
    D. – Gli esperti si attendono nuove scosse o l’emergenza sismica si può dire conclusa?

     
    R. – Direi proprio di no. Giusto una mezz’ora fa le scosse si sono sentite addirittura qui nel capoluogo, a Quetta, ed anche ieri sera un’altra grossa scossa, del 5.5 grado della scala Richter, ancora una volta ha avuto lo stesso epicentro delle scosse di ieri mattina.

     
    D. – Anche se sono arie poco popolate da un punto di vista di densità, le vittime sono sempre molte. Questo dipende, ovviamente, dal tipo di strutture in cui le persone abitano?

     
    R. – Direi, innanzitutto dal tipo di struttura. Sono case fatte in fango, essenzialmente. E poi l’orario. Questa volta, le prime scosse intense si sono sentite alle 4 di mattina.

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    Debito, giustizia e solidarietà al centro di un convegno promosso a Roma dalla CEI

    ◊   Sono oltre 1000 i progetti realizzati in Guinea Conakry e in Zambia per la cancellazione del debito estero. E' quanto emerso ieri a Roma durante il convegno sul tema "Debito, giustizia e solidarietà. Sette anni di impegno per una concreta prospettiva di progresso, di relazioni internazionali e di pace", promosso dalla CEI e dalla Fondazione Giustizia e Solidarietà. L'iniziativa della Fondazione fa seguito al forte appello lanciato nel 2000 da Giovanni Paolo II che diede il via ad importanti campagne per la cancellazione del debito. "Giustizia e Solidarietà" è nata infatti proprio sulla scia dell’impegno della Chiesa in aiuto ai Paesi più poveri. Il servizio di Francesca Sabatinelli.

    Per la Fondazione Giustizia e Solidarietà uno degli impegni più forti è sicuramente stato il monitoraggio sull’azione internazionale, italiana compresa, di cancellazione del debito: sono state misurate le promesse del Giubileo e in questi giorni si discuterà su cosa resta da fare. Riccardo Moro direttore della Fondazione:

    “Là dove le cancellazioni sono state effettuate, vincolando la liberazione di risorse per la lotta alla povertà e coinvolgendo la società civile locale, abbiamo dei risultati positivi. Il numero di Paesi in cui questo è avvenuto, però, è troppo basso. Abbiamo la zona dell’Africa subsahariana, che è la parte più povera, che continua a pagare ogni anno per interesse e rate di rimborso cifre superiori a quelle che pagava prima che si attivassero iniziative di cancellazione. Allora se quei soldi erano stati giudicati eccessivi, non si capisce come l’Africa possa svilupparsi adesso, se quelle cifre sono diventate superiori”.

    Sono stati realizzati importanti progetti di lotta alla povertà dalla Fondazione in due Paesi africani, Zambia e Guinea Konakri. Operazioni di conversione del debito definite un’esperienza innovativa nel panorama internazionale che hanno dato vita ad iniziative con la collaborazione di governo e società civile locale. Ancora Riccardo Moro:

    “Sia il processo di finanziamento, di selezione dei progetti, che la realizzazione è avvenuta con un protagonismo degli attori locali, in particolare per la Guinea. E' avvenuta anche con la capacità di coinvolgere persone che non sanno leggere e scrivere, ma che sono state accompagnate a formalizzare la scelta dei progetti che volevano realizzare. Sono state poi aiutate a metterli in pratica, grazie al finanziamento del fondo di conversione. Abbiamo in qualche modo sperimentato un'opportunità di costruire un sistema equo attraverso la ricostruzione di relazioni, che era stata un po’ la cifra del Giubileo”.

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    Assegnati i premi al Festival del Cinema Spirituale Religion Today incentrato sul tema "Il volto dell'Altro"

    ◊   "Viaggio nelle differenze" è il sottotitolo del Religion Today Film Festival, nato a Trento nel 1997 per promuovere l'incontro e il dialogo tra culture e religioni diverse. Il servizio di Rosario Tronnolone:

    Si è svolta ieri presso la Sala Marconi della Radio Vaticana la cerimonia di assegnazione dei premi dell'11.ma edizione del festival di Cinema Spirituale Religion Today. La giuria internazionale presieduta da Padre Greg Apparcel ha assegnato i seguenti premi: Premio Religion Today "Nello spirito della fede" al regista iraniano Ali Vazirian per "A span of Heaven"; Miglior Film a soggetto al regista iraniano Rasul Sadrameli per il film "The night"; il premio per il miglior film documentario alla regista italiana Elisabetta Castana per "Don Milani"; il premio per il miglior cortometraggio alla regista iraniana Zoreh Zamani per il film "Come on, everybody is asleep". Abbiamo chiesto a don Mario Gretter, incaricato per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso della diocesi di Bolzano-Bressanone come sia stato declinato il tema di quest'anno "Il volto dell'Altro".

     
    R. – E’ stato sicuramente un tema molto apprezzato, proprio con il gioco di parole che in italiano riesce molto bene, con l’aspetto della lettera maiuscola o minuscola. Il volto dell’altro: con la minuscola intende l’altro che incontriamo anche per strada e che però tante volte è un altro molto più grande, con la a maiuscola. E’ stato proprio declinato nelle più svariate forme: da una realtà della quotidianità che questi registi hanno cercato di trasmettere attraverso appunto il mezzo del cinema o addirittura arrivando a delle rappresentazioni dell’altro in maniera molto più ampia e magari anche attraverso il Creato. Quindi, questa presenza di Dio che è visibile attraverso le sue creature e il Creato come natura, in senso molto ampio.

     
    D. – Quale è la forza di Religion Today?

     
    R. – La forza di Religion Today sicuramente è che il Signore fa gran parte del lavoro. E su questo sono sicuro ormai al 100 per 100, visto anche le grandissime difficoltà che ogni volta ci sono. Qualche volta può capitare che qualche parola possa cadere male, qualche espressione o anche qualche atteggiamento possa essere frainteso e possa creare gravi tensioni. Sono possibilità che effettivamente ci sono, ma quasi miracolosamente da noi tante volte si sciolgono in una preghiera, in un abbraccio. Si sciolgono nella comprensione del fatto che c’è un fine più alto. E questo penso sia proprio una delle peculiarità - spero non solo di Religion Today - ma di tante altre iniziative che vogliono mettere al centro un incontro sempre più vero con il Signore. Si devono poi far scaturire le modalità di comunicazione di questo incontro sempre più vero.

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    Chiesa e Società



    Attentato dell'ETA all’Università cattolica di Pamplona: 17 feriti

    ◊   Attentato in Spagna. Questa mattina un’autobomba è esplosa all’Università di Pamplona, in Navarra, nel nord del Paese. La deflagrazione è avvenuta in un parcheggio vicino all’edificio principale dell’Università. 17 persone sono state ferite in modo lieve. La società di assistenza stradale basca Dya aveva ricevuto una telefonata ''a nome dell'ETA'' che preavvertiva della presenza di una bomba in un campus universitario non precisato, un'ora prima dell'esplosione, alle 9:53, e a telefonare è stato un uomo che parlava in spagnolo. La telefonata alla Dya è uno dei modi usati tradizionalmente dell'organizzazione separatista basca ETA per avvertire dell'imminenza di un attentato. È stata anche fatta un’altra segnalazione anonima per un'altra bomba, sempre nella stessa università, e per questo è stata evacuata la facoltà di medicina. L’attentato viene all'indomani degli arresti compiuti dalla polizia nazionale di quattro presunti membri dell'ETA (tre a Pamplona e uno a Valencia) sospettati di far parte del 'commando Nafarroa' dell'organizzazione indipendentista armata. Nell'operazione di polizia sono state sequestrate armi, materiale per la confezione di esplosivi e documenti inerenti possibili obiettivi della banda. L'attentato di oggi a Pamplona è il sesto compiuto contro l'Università di Navarra dal 1979. L'ateneo, di confessione cattolica, è stato il primo centro universitario del Paese, fondato nel 1952 da Jose Maria Escriva' de Balaguer, fondatore dell'Opus Dei. Ha oltre 5.000 iscritti, 828 professori e 867 docenti associati, oltre a un migliaio di dipendenti impiegati nell'amministrazione e nei servizi. (A cura di Virginia Volpe)

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    Filippine: rilasciata una delle due volontarie rapite a Basilan

    ◊   “E’ stata un’esperienza angosciosa, ma ora siamo felici, anche se felici a metà”: padre Angel Calvo conferma dall’isola di Basilan, nel sud delle Filippine, il rilascio di una delle due volontarie rapite il mese scorso. “Esperancita Hupita – dice all'agenzia Misna il missionario clarettiano - è stata liberata all’alba di oggi. Ha avuto molta paura. Ha avuto paura anche la sua famiglia, che ha fatto di tutto per poter pagare il riscatto chiesto dai sequestratori”. Operatrice dell’associazione cristiano-musulmana ‘Nagbilaab’, della quale padre Calvo è presidente, Esperancita era stata sequestrata il 15 settembre nei pressi della cittadina di Tipo-Tipo. Ad annunciare il suo rilascio è stato un funzionario del posto, secondo il quale la donna è stata accompagnata a casa a bordo di una motocicletta. “Il pagamento di almeno una parte del riscatto chiesto dai sequestratori – dice il missionario clarettiano – è stato decisivo per la liberazione di Hesperancita”. Più difficile la situazione di Milet Mendoza, la volontaria ancora nelle mani dei rapitori, dell’organizzazione non governativa ‘Mercy Malaysia’: “Lavorava per un gruppo noto anche in diversi Paesi – spiega padre Calvo - ed è probabile che i rapitori sperino di ottenere più denaro”. A Tipo-Tipo, insieme con altri cooperanti, Hesperancita e Milet lavoravano a un progetto per l’infanzia. Secondo il missionario, i sequestratori potrebbero far parte di uno dei tanti gruppi irregolari pronti a unirsi all’una o all’altra delle formazioni armate attive a Basilan. Nell’isola hanno basi sia il Fronte di liberazione islamico moro (Milf), un gruppo separatista impegnato in un duro confronto politico e militare con il governo di Manila, che Abu Sayyaf, un’altra sigla ribelle accusata di ‘terrorismo’ dal potere centrale. (R.P.)

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    Ortodossi e musulmani partecipano al lutto della Chiesa cattolica per l’uccisione di due gesuiti a Mosca

    ◊   “Cordoglio” alla Chiesa cattolica russa e alla Compagnia di Gesù per l'uccisione dei due padri gesuiti, Otto Messmer e Victor Betancourt. È quanto esprime il prete ortodosso Igor Vyzhanov, segretario del Dipartimento per gli affari religiosi esteri del Patriarcato di Mosca, commentando la notizia dell’assassinio dei due sacerdoti, avvenuto martedì sera a Mosca, nell’appartamento della Compagnia di Gesù. “Ho conosciuto personalmente don Messmer – ha dichiarato Vyzhanov al Sir – e ricordo che era una persona molto calma e riflessiva”. I corpi senza vita dei due gesuiti sono stati trovati dai confratelli. “I due sacerdoti non rispondevano al telefono e allora i loro confratelli sono andati nell'appartamento e li hanno trovati già morti”, spiega don Igor Kovalevsky, segretario generale della Conferenza episcopale russa. Anche il Consiglio dei mufti di Russia esprime sdegno per quanto avvenuto. “Questi due omicidi sono una profonda perdita per i credenti”, afferma Damir Gizatullin, vice-presidente del Consiglio, presentando le condoglianze dei musulmani russi. Non sono state ancora chiarite le circostanze né il movente del crimine, e finora non è stata trovata neanche l'arma del delitto. I due sacerdoti presentavano ferite da arma da taglio e trauma cranio-celebrarli. Le autorità hanno già dei sospetti su una persona. (V.V.)

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    Il segretario generale della Conferenza episcopale indiana auspica “una vita normale per i cristiani in Orissa”

    ◊   “Non cercano privilegi, ma solo pari opportunità e diritti costituzionalmente garantiti a tutti i cittadini indiani. I cristiani in Orissa non meditano vendetta ma desiderano solo tornare a una vita normale, in armonia e in pace con tutti”. È quanto ha affermato in un colloquio con l'agenzia Fides mons. Stanislaus Fernandes, segretario generale della Conferenza episcopale indiana. “Negli appelli del Santo Padre – ha detto mons. Fernandes - abbiamo avvertito la sua sollecitudine pastorale per tutte le Chiese e per tutti i popoli che soffrono”. Ma oggi la Chiesa indiana vive un momento di lutto, silenzio e preghiera per padre Bernard Digal, dell’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneshwar, in Orissa, violentemente percosso e ferito il 25 agosto dai radicali indù, morto martedì scorso in seguito alle lesioni riportate. “Il Pontefice ha espresso la sua preoccupazione per le tragedie che si stanno consumando in paesi come Iraq e India - ha continuato -, e speriamo che il suo appello di pace venga ascoltato da tutti gli uomini di buona volontà”. Prima di tutto l’urgenza, per il segretario della Conferenza episcopale indiana, è quella di far tornare i profughi dell’Orissa, scacciati dai loro villaggi, alla loro vita, alle loro case e proprietà, in condizioni di sicurezza, in armonia con i loro vicini. “Un giusto e adeguato risarcimento per le distruzioni sarebbe solo l’inizio di questo processo – ha aggiunto mons. Fernandes - in quanto la perdita di pace, la paura, i traumi psicologici, la disperazione, sono difficili da misurare. La Chiesa chiede solo che per i cristiani e per le altre minoranze religiose in India siano rispettati i diritti garantiti dalla Costituzione, applicandoli in spirito e verità, con giustizia. Le ingiuste discriminazioni che i cristiani subiscono devono essere rimosse”. “La piccola minoranza cristiana ha sempre dato un contributo per la costruzione del bene comune nazionale, - ha concluso - e continueremo a svolgere il nostro ruolo nel servire la nazione indiana fino all’ultimo respiro, sull’esempio di Nostro Signore Gesù Cristo". (V.V.)

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    India: l'arcivescovo di Bangalore soddisfatto delle misure governative contro la violenza anticristiana

    ◊   L’arcivescovo di Bangalore, mons. Bernard Moras, ha espresso soddisfazione per la decisione del governo del Karnataka di prendere finalmente provvedimenti contro i responsabili delle violenze anti-cristiane che hanno colpito anche questo Stato indiano. Parlando alla stampa locale ripresa dalle agenzie Sarnews e Ucan, il presule ha manifestato l’auspicio che le nuove misure annunciate dal primo ministro dello Stato, governato dal partito nazionalista indù Bharatja Janata (BJP), fermeranno gli attacchi. Nelle scorse settimane il presule non aveva risparmiato critiche all’inerzia delle autorità locali di fronte all’escalation iniziata nel Karnataka lo scorso mese di agosto. “Il mio sfogo - ha chiarito ai giornalisti – non era dettato dalla rabbia e dall’odio, ma esprimeva i sentimenti di molta gente” verso un governo che, “non rendendosi conto della gravità della situazione, non condannava gli attacchi o ne negava addirittura l’esistenza”. Mons. Moras ha quindi respinto, ancora una volta, le accuse di conversioni forzate rivolte ai missionari cristiani dai fondamentalisti indù: “Noi non crediamo alle conversioni forzate, ha detto l’arcivescovo ricordando che “la Costituzione indiana riconosce a ogni cittadino il diritto di praticare, professare e diffondere liberamente la sua religione”. Misure contro le violenze anti-cristiane in India sono state intanto annunciate pure dal governo federale guidato dal Partito del Congresso, anch’esso oggetto in queste settimane di critiche da parte dell’episcopato e non solo. L’annuncio è stato fatto nei giorni scorsi dal ministro degli Interni Shivraj Patil, al termine di un vivace dibattito parlamentare sulla questione, in cui i membri del BJP, all’opposizione, hanno continuato a negare l’esistenza di un movente religioso dietro alle aggressioni. (L.Z.)

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    Giakarta: sacerdoti e attivisti cristiani primo bersaglio dei terroristi islamici

    ◊   Nuova strategia per i terroristi islamici in Indonesia, con attentati diretti non più solo contro obiettivi collegati con gli Stati Uniti, ma anzitutto contro sacerdoti e attivisti cristiani e contro strutture importanti del Paese. È quanto emerge dalle più recenti indagini fatte a Jakarta, mentre permane il rischio-attentati in attesa dell’esecuzione dei 3 responsabili della strage di Bali dell’ottobre 2002, fissata per l’inizio di novembre. Lo ha rivelato un portavoce della polizia durante una conferenza stampa dopo l’arresto il 21 ottobre di militanti islamici a Kelapa Ganding (Giakarta settentrionale), tutti membri del nuovo gruppo Tauhid Wal Jihad. “Progettano – ha spiegato – attentati contro sacerdoti e attivisti cristiani coinvolti a promuovere la pace e le attività interconfessionali per denunciare gli attacchi terroristici”. Tra i loro obiettivi ci sono anche strutture importanti come il deposito di carburante della Pertamina a Plumpang, il maggiore di Jakarta settentrionale, contro il quale si ritiene fosse in preparazione un attentato. Il gruppo vuole anche attuare un massiccio reclutamento di elementi estremisti nei prossimi 6 mesi, come pure “l’importazione di armi dall’estero”. Tra gli arrestati c’è anche Wahyu, latitante dal 2005 e primo ricercato dalla polizia, responsabile di vari attentati terroristi a Poso e ad Ambon, anche contro la polizia, nel 2005 durante la guerra settaria del 2005-06. Ci si chiede, riporta il sito dell’agenzia AsiaNews, se in questa strategia rientri anche la brutale aggressione contro padre Benny Susetyo, segretario della Commissione per il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale indonesiana, che l’11 agosto ignoti hanno pestato con violenza nella zona sud di Giakarta. (V.V.)

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    Myanmar: l'aiuto della Chiesa agli sfollati provocati dal ciclone Nargis

    ◊   A più di cinque mesi dal passaggio del ciclone Nargis nel sud dell'ex Birmania, che ha provocato oltre 140mila morti e circa 2,4 milioni di sfollati, continuano gli aiuti della Chiesa cattolica per le vittime della catastrofe. Secondo quanto riferito da padre Florence Aung Kyaw Oo, segretario dell’episcopato di Pathein, la Chiesa locale ha intenzione di ricostruire 29 edifici nella diocesi, tra cui alcune chiese, case di riposo, orfanotrofi e conventi. Intanto - riporta l'agenzia Apic - le istituzioni religiose stanno già fornendo ai rifugiati gli aiuti di prima necessità per la loro ripresa, come le piante di riso, gli alberi di betulla, pollame e suini, battelli e reti da pesca. “La Chiesa – ha detto padre Bonaventura Tay Tay, curato della Chiesa di San Giovanni a Madotgone – si preoccupa di fornire i mezzi di sussistenza alle vittime del ciclone, ricostruendo le loro case e donando loro 21 kg di riso al mese”. (I.P.)

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    Italia: la Caritas presenta il Dossier statistico sull’immigrazione

    ◊   Diciottesimo anno di vita per questo Rapporto che presenta numeri che, secondo i curatori, sono portatori di idee. La sorpresa di quest’anno è senz’altro l’aumento della popolazione immigrata di circa 300 mila unità. I quasi 4 milioni di immigrati stimati dal Rapporto, fanno sì che il fenomeno abbia ormai acquisito una dimensione strutturale alla quale devono rispondere adeguate normative che in Italia sono da rivedere. Il permesso di soggiorno non deve diventare uno spauracchio, l’inserimento nel mondo del lavoro deve essere favorito per evitare ciò che invece avviene oggi, cioè la caduta nel lavoro nero. Bisogna aiutare gli immigrati ad integrarsi ma il Rapporto osserva anche come il fondo per l’integrazione sia stato drasticamente tagliato a dispetto di quanto invece accade in altri Paesi europei. Dal 2000 ad oggi, i numeri sono più che raddoppiati, si è di fronte ad un importante fenomeno lavorativo: gli immigrati contribuiscono alla ricchezza del Paese, incidono sul PIL italiano per il nove per cento. E’ anche vero, però, che se pur creatori di ricchezza, sono i meno assistiti. Corrono maggiormente il rischio di cadere in povertà rispetto agli italiani perché fruiscono di minori tutele. L’immigrazione è una grande opportunità per l’Italia, bisogna abbattere la paura e la diffidenza. Caritas e Migrantes condannano ogni devianza ed ogni atto di criminalità ma accreditare l’equazione “immigrazione delinquenza” è la più grande offesa che si possa fare alla storia della stessa emigrazione italiana. Bisogna dunque guardare agli immigrati non come diversi ma come nuovi cittadini, capaci di fornire un’importante apporto allo sviluppo italiano. Il pacchetto sicurezza, spiega il Rapporto, non esaurisce i contenuti della politica migratoria e neppure nella parte più rilevante: non è così che si eliminano gli ostacoli che rendono difficile la vita degli immigrati. Per Caritas e Migrantes, le politiche di integrazione sono e saranno il vero banco di prova degli interventi governativi in questo settore. (A cura di Francesca Sabatinelli)

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    La Fondazione Wallenberg chiede che Giovanni XXIII sia dichiarato "Giusto fra le Nazioni"

    ◊   Il creatore della Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg, Baruj Tenembaum - prestigioso rappresentante ebraico e pioniere a livello mondiale del dialogo interreligioso negli anni Sessanta - ha rivolto un appello affinché Giovanni XXIII sia dichiarato “Giusto fra le Nazioni”. Questo titolo è conferito dallo Yad Vashem, il Memoriale dell'Olocausto in Israele, a quanti salvarono gli ebrei durante l'Olocausto. La dichiarazione di Tenembaum, inviata all'agenzia Zenit, arriva in occasione del 50° anniversario dell'elezione del cardinale Angelo Giuseppe Roncalli a Sommo Pontefice. Dopo un simposio scientifico organizzato nel giugno 2003 dall'Università di Bologna e dalla Fondazione Giovanni XXIII per il 40° anniversario della morte di Angelo Roncalli, su istanza della Fondazione Wallenberg, le Poste argentine emisero un francobollo dedicato alla sua memoria. Qualche anno prima, nel settembre del 2000, in una cerimonia presso la Missione dell'Osservatore Permanente del Vaticano presso le Nazioni Unite e in presenza dell'allora Segretario di Stato vaticano, il cardinale Angelo Sodano, la Fondazione Wallenberg dichiarò aperta la campagna internazionale per il riconoscimento dell'azione umanitaria svolta da Angelo Roncalli. Monsignor Roncalli, prima di essere Papa, “intercesse presso il re Boris di Bulgaria a favore degli ebrei bulgari, e presso il governo turco a favore dei rifugiati ebrei che erano fuggiti in Turchia”, ha ricordato Tenembaum. “Ha anche fatto tutto il possibile per evitare la deportazione degli ebrei greci. Quando fu Delegato Apostolico del Vaticano a Istanbul nel 1944, inoltre, “organizzò una rete per salvare gli ebrei e altri perseguitati dal nazismo”. “Grazie alle sue azioni, migliaia di condannati a morte riuscirono a salvare la propria vita" - ha sottolineato Tenembaum. “Con il pontificato di Giovanni XXIII è stata inaugurata una nuova era nelle relazioni tra la Chiesa cattolica e l'ebraismo – ha constatato il fondatore –. Si è trattato di un'epoca caratterizzata dalla comprensione e dall'intesa dopo secoli di denigrazione, pregiudizi e persecuzione religiosa”. “Le porte del dialogo interreligioso hanno cominciato ad aprirsi allora e sono rimaste aperte durante il pontificato di Papa Giovanni Paolo II, che si rivolgeva agli ebrei come ai 'fratelli maggiori', ha visitato i campi di concentramento nazisti in segno di contrizione e solidarietà con le vittime ebraiche e si è recato in pellegrinaggio in Terra Santa”. (R.P.)

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    Rapporto della COMECE sul cambiamento climatico

    ◊   Il cambiamento climatico “è anzitutto una questione etica”. “Per risolvere il problema ecologico occorre ripensare alcuni modelli organizzativi della società, i nostri stili di vita ed il nostro sistema di valori”. Ad affermarlo è il Gruppo di esperti istituito nello scorso mese di gennaio dalla Commissione degli episcopati della Comunità Europea (COMECE), che ieri pomeriggio ha presentato a Bruxelles il rapporto intitolato “Una riflessione cristiana sul cambiamento climatico”. Nel documento si sottolinea che occorrono “una leadership politica forte” ed un dibattito “che potrebbero poggiarsi sulla teologia cristiana”. Il presidente della COMECE, mons. Adrianus Herman van Luyn, ha affermato che la “crisi finanziaria e le difficoltà economiche” non possono diventare un pretesto usato dai Paesi europei “per abbandonare politiche in favore dell’ambiente”. Gli Stati più poveri - ha aggiunto il presule - “pur non essendo responsabili del cambiamento climatico in atto, si trovano a pagare le conseguenze di questa irresponsabile gestione delle risorse”. All’Unione Europea, in particolare, si chiede di essere “una voce forte” in favore delle generazioni future, che pagheranno “il tributo più pesante” per il cambiamento climatico. Si deve comprendere – aggiungono gli esperti della COMECE – che tale fenomeno “non è che uno dei sintomi dell’insostenibilità dello stile di vita, dei modelli di produzione e di consumo sviluppati nel mondo industrializzato”. Per questo – si legge nel rapporto ripreso dal SIR – la sfida dell’ecologia richiede “l’adozione di nuovi stili di vita, meno dipendenti dai beni materiali” e maggiormente legati a “beni culturali e relazionali”. La Chiesa cattolica e tutte le tradizioni cristiane – si sottolinea infine nel documento – “sono le più idonee a diffondere questi cambiamenti”, sia “attraverso proposte concrete”, sia attraverso “l’esempio”. I cristiani sono chiamati a “prendere le distanze dallo stile di vita centrato sui consumi” e a sviluppare “una relazione responsabile” con gli spazi in cui vivono: non si tratta “di rinunciare al desiderio dei beni materiali ma di operare un discernimento tra l’essenziale ed il superfluo”. (A.L.)

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    Elezioni in Guinea Bissau: i vescovi invitano a un voto cosciente e libero

    ◊   “Se vogliamo tornare ad avere fiducia nelle istituzioni democratiche dobbiamo lottare affinché tutte loro si basino su valori universali in dissolvibili, presenti nella coscienza di noi tutti e che non possono essere abbandonati o calpestati da interessi egoistici, dalla forza delle armi o dal denaro ottenuto a qualsiasi costo, anche attraverso il traffico di droga”. In un messaggio diffuso in vista delle prossime legislative del 16 novembre, a pochi mesi da una crisi di governo accompagnata dalla denuncia di un fallito colpo di stato, i vescovi della Guinea Bissau si rivolgono ai cittadini chiamati alle urne invitandoli a “partecipare attivamente” al processo elettorale con un voto “cosciente, chiaro e libero”. A fronte di “promesse elettorali non mantenute” in un contesto socio-economico segnato “dalla povertà quasi generalizzata e dalla sfiducia sulla reale efficacia delle istituzioni”, i vescovi, ripresi dall’agenzia Misna, chiedono ai cittadini “di interrogarsi sulla possibilità della realizzazione pratica dei programmi presentati dai diversi partiti”, più di 20, e di valutare i candidati in base alla loro “competenza tecnica, all’onestà morale nell’uso dei beni e del denaro pubblici, al rispetto per il carattere sacro e inviolabile della vita umana”. Tutti sono chiamati a far sì che la campagna elettorale “possa svolgersi in un clima di vera pace, senza nessun ricorso alla violenza fisica o psicologica, a minacce o intimidazioni” e i candidati “a rispettare i valori della verità, del realismo e della tolleranza”. (V.V.)

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    L’Alta Corte inglese dice no all’eutanasia: plauso dal movimento per la vita

    ◊   La “Società per la protezione dei bambini non nati” (SPUC), una delle più importanti associazioni del movimento per la vita britannico, ha espresso soddisfazione per la decisione dell’Alta Corte di respingere la richiesta di Debbie Purdy di morire con un suicidio assistito. Lo ha reso noto il Sir. Debbie Purdy, che è appoggiata nella sua battaglia legale dal gruppo pro-eutanasia “Dignity in dying”, vorrebbe morire nella clinica “Dignitas”, a Zurigo e vuole che il marito, Omar Puente, la accompagni ma teme che quest’ultimo possa venire incriminato al suo ritorno in patria. Favorire il suicidio è un reato punito con 14 anni di prigione dalla legislazione britannica anche se nessun parente delle 101 persone che sono morte nella clinica svizzera è stato fino ad oggi incriminato. “Prima di tutto esterniamo la nostra vicinanza alla signora Purdy e a suo marito e speriamo che, invece del suicidio assistito, lei possa ricevere tutte le cure palliative e l’assistenza di cui ha bisogno. La vita è degna di essere vissuta fino alla sua fine naturale”, ha detto il segretario politico della SPUC Anthony Ozimic. “L’obiettivo di questa causa sostenuta dalla lobby a favore dell’eutanasia era di indebolire la legge che proibisce il suicidio assistito”, ha detto ancora Ozimic. Non è la prima volta che un tentativo di legalizzare il suicidio fallisce nel Regno Unito. (V.V.)

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    Polonia: i vescovi deplorano la bocciatura della reintroduzione della festa dell'Epifania

    ◊   I vescovi polacchi hanno deplorato la decisione presa dal Sejm, la Camera Bassa del Parlamento, di non reintrodurre la solennità dell’Epifania come festività nazionale. La proposta, partita da una petizione popolare promossa dal sindaco di Lödz Jerzy Kropiwnicki e sottoscritta da 700mila cittadini, è stata bocciata con 207 voti contro 186. “Sosteniamo ancora l’idea di un giorno festivo per la Festa dell’Epifania che era stata abolita dal governo comunista nel 1960”, afferma una nota della Conferenza episcopale - ripresa dall'agenzia Apic - in cui ringrazia dieci deputati della maggioranza che hanno votato a favore della proposta contro le direttive del loro partito, la Piattaforma Civica (Platforma Obywatelska) guidata da Donald Tusk. Secondo mons. Sławoj Leszek Głód, arcivescovo di Danzica, il voto esprime “disprezzo per la volontà e le attese dei credenti”. I dirigenti del partito di governo avevano dato istruzione ai loro deputati di votare contro, sostenendo che la reintroduzione della festività comporterebbe per lo Stato un onere di quattro milioni di Zlotys (pari a circa un milione di Euro). Affermazione respinta da Jerzy Kropiwnicki che ha ricordato che l’Epifania è una parte integrante della tradizione e dell’identità nazionale polacca. Attualmente in Polonia sono festive cinque solennità religiose cattoliche: i giorni di Natale e Pasqua, il Corpus Domini, l’Assunzione e Ognissanti. (L.Z.)

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    Il messaggio del patriarca di Lisbona per il Congresso Internazionale per la nuova evangelizzazione

    ◊   È necessario “lasciare libertà di risposta alla propria ricerca di Dio” ed “essere più attenti alle necessità dei fedeli”. Con queste parole, riportate dall’agenzia Zenit, il cardinale José da Cruz Policarpo, patriarca di Lisbona, ha lanciato un messaggio per una pastorale evangelizzatrice più aperta. Il porporato, intervenuto al Congresso Internazionale per la Nuova Evangelizzazione, svoltosi in questi giorni nella capitale portoghese, ha affermato che se la Chiesa “dà risposte troppo rigide o canoniche alle inquietudini dei fedeli, perde la sensibilità per arrivare a queste persone”. Al discorso del patriarca, che ha anche ribadito l’importanza di valorizzare i giovani, si è aggiunto il commento del cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna. “ I cristiani – ha detto - sono sempre più in condizioni di minoranza, in un'Europa che nonostante tutto è fortemente caratterizzata dal cristianesimo. Andiamo verso un futuro con una presenza cattolica molto ridotta, ma malgrado tutto c'è un grande interesse per la fede cristiana”. (F.A.)

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    Premio internazionale della Cultura Cattolica a Mary Ann Glendon, ambasciatore USA presso la Santa Sede

    ◊   Domani sera, presso la Sala Chilesotti, al Museo Civico di Bassano del Grappa (VI) verrà conferito il XXVI “Premio Internazionale Medaglia d’Oro al merito della Cultura Cattolica” a Mary Ann Glendon, ambasciatore degli Stati Uniti d’America presso la Santa Sede. La motivazione pubblicata sul sito Scuola di cultura cattolica recita: “Attraverso la sua attività scientifica e il suo impegno sociopolitico, la Glendon ha mostrato che la democrazia non è soltanto una gamma di strutture politiche per gestire il consenso popolare e garantire le libertà, soprattutto quelle di parola e di associazione. Essa è prima ancora un insieme di idee sull’uguaglianza, la libertà e la sovranità popolare. Da ciò la sua continua insistenza sull’importanza di difendere quelle ‘scuole di virtù civiche’ che sono le formazioni sociali intermedie, a partire dalla famiglia.” Mary Ann Glendon è stata ospite al Meeting di Rimini di quest’anno, partecipando ad un incontro sul tema “Giustizia e diritti umani”. (R.P.)

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    Ruolo della donna e diritti della persona al centro del convegno sul pontificato di Giovanni Paolo II

    ◊   Il genio femminile e la centralità della persona umana nel pensiero di Papa Wojtyla al centro degli interventi di ieri, durante il Convegno internazionale su “Il Vaticano II e il pontificato di Giovanni Paolo II”, in corso a Roma. “Anche se è stato spesso criticato per i suoi ragionamenti, Giovanni Paolo II credeva profondamente nel genio della donna”. Lo ha detto Laura Tortorella, della Pontificia facoltà teologica San Bonaventura. “L'insegnamento di Karol Wojtyla sulla donna - ha proseguito la relatrice, ripresa dal Sir - ha dato frutti preziosi e senza precedenti”, in quanto basato sulla “pari dignità tra uomo e donna, messa in pratica anzitutto da Cristo nei suoi comportamenti”. “Altro elemento fortemente caratterizzante del magistero di Giovanni Paolo II sulla donna è la maternità – ha continuato Laura Tortorella - connaturata ad ogni donna, ma anche ad ogni uomo, che viene al mondo grazie ad una donna”. Per quanto riguarda il ruolo femminile nella società, secondo Tortorella "Giovanni Paolo II ha esortato a riscrivere la storia in modo meno unilaterale”. Papa Wojtyla ha anche offerto un metodo per la realizzazione di “una prassi politica personalistica”, intesa come “sviluppo del tema della centralità della persona umana”. Lo ha detto Marco Cangiotti, dell’Università di Urbino. "Se il destino della persona è quello di essere una libertà che cerca di realizzarsi nella verità - ha spiegato il relatore - la persona deve essere libera di ricercare la verità e di professarla, e quindi nessun ordine politico può violare la coscienza della persona, il primo diritto che sorge allora è quello della libertà religiosa. Con ciò viene stabilito il principio politico che la persona è, in se stessa e non per concessione del potere politico, fonte primigenia di diritti, titolare originaria di diritti”. Con Giovanni Paolo II, in altre parole, “il nesso che stringe libertà religiosa e democrazia diventa principio per elaborare una teoria della verità della democrazia, che risulta - ha concluso Cangiotti - del tutto antitetica al tentativo di edificare una democrazia solamente procedurale, la quale non potrà che produrre una situazione di disordine sociale, anche se perfettamente regolato da un ferreo apparato giuridico”. (V.V.)

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    Padre Gumpel: Pio XII decisivo nella preparazione del Concilio Vaticano II

    ◊   La biblioteca dell’Università Europea di Roma (UER) e dell’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” è stata dedicata a Pio XII. La cerimonia ufficiale si è tenuta lunedì scorso, alla presenza di mons. Luigi De Magistris, già Pro-Penitenziere Maggiore, e del Rettore dell’UER, padre Paolo Scarafoni. Grazie a padre Paolo Molinari S.J., postulatore della causa di beatificazione di Pio XII, la biblioteca disporrà di alcune reliquie del Pontefice. Padre Paolo Scarafoni, rende noto l’agenzia Zenit, ha spiegato che la Legione di Cristo deve molto a Pio XII, il Pontefice che per primo nel 1946 ricevette e incoraggiò il fondatore di questa Congregazione religiosa. Presentati da monsignor Giuseppe Sciacca, uno dei ventuno Prelati uditori di nomina pontificia, cioè i veri giudici della Rota Romana, sono intervenuti padre Paolo Molinari, e padre Peter Gumpel, S.J.,  il relatore della causa di beatificazione di Pio XII. Padre Gumpel ha spiegato perché, come e quanto il Pontefice Pio XII fu decisivo nella preparazione del Concilio Vaticano II. L’esperto padre gesuita ha illustrato come a causa delle vicende politiche e della guerra che i piemontesi scatenarono contro il Vaticano, Papa Pio IX non riuscì a concludere il Concilio Vaticano I. Allora si riuscì a discutere di quelle che erano le eresie del tempo e cioè: materialismo, ateismo, razionalismo, fideismo e panteismo, ma non si riuscì a precisare tutto quanto si riferiva al rapporto tra i Vescovi e il Romano Pontefice, e tra il clero, i laici e il Papa. Per questo motivo tutti i Pontefici che succedettero a Pio IX sapevano che si sarebbe dovuto indire un secondo Concilio Ecumenico. Fu il Papa Pio XI il primo a prendere in considerazione la cosa, e Pio XII organizzò segretamente tutto quanto era necessario in termini di agenda e di progetti di lavoro per il Concilio. Padre Gumpel ha raccontato che gli schemi preparatori di Pio XII vennero buttati via perché una certa ideologia antiromana si opponeva a quanto scritto e fatto nella capitale. Tuttavia i documenti del Concilio riportano come fonte più citata proprio le encicliche e i discorsi di Pio XII. Padre Paolo Molinari ha invece spiegato l’importanza dell’enciclica di Pio XII Mystici Corporis Christi, soprattutto per la Costituzione Conciliare Lumen Gentium del 21 novembre 1964. (V.V.)

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    Concluso a Roma il Convegno sull’integrazione ecclesiale degli immigrati in Italia

    ◊   Integrazione “non è una parola vaga o chimera irraggiungibile”. “È un impegno concreto sul quale misurarci tutti i giorni, che fa appello alle nostre comuni responsabilità, ma con prospettive esaltanti”. Lo ha detto ieri mons. Piergiorgio Saviola, direttore generale della Fondazione Migrantes, concludendo i lavori a Roma del convegno nazionale sul tema “L’integrazione ecclesiale degli immigrati in Italia” che si era aperto lunedì pomeriggio con un saluto del card. Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti. Mons. Saviola ha richiamato alcuni punti “salienti” del discorso sull’integrazione, sottolineando che essa è “un cammino progressivo, non forzato; può essere sollecitato e favorito ma non imposto”. “Per questo – ha detto il rappresentante della Migrantes - deve procedere in forma spontanea e libera, i suoi valori vanno assimilati, interiorizzati fino a diventare una specifica sensibilità e mentalità, un particolare stile di vita e di azione pastorale”. Integrazione, ha spiegato mons. Saviola, rireso dal Sir, “sta ugualmente lontana da assimilazione-assorbimento e da segregazione-emarginazione”. Integrazione “non è propriamente sinonimo di comunione; la comunione è qualcosa di più, deve essere vera e piena per noi e i nostri fedeli fin dal primo giorno della nostra esperienza migratoria; ma questa comunione deve esprimersi anche in forme visibili e l’integrazione è la via visibile, concreta, di sua natura libera e progressiva verso una sempre maggiore comunione”. Di fatto, ha affermato, l’integrazione procederà secondo “il ritmo impresso degli operatori pastorali: spetta a loro una responsabilità e un compito importante e arduo ma anche esaltante a beneficio non solo dei migranti ma di tutta la Chiesa”. (V.V.)

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    L'associazione Papa Giovanni XXIII mette in guardia dai riti ambigui di Halloween

    ◊   "Attenzione alla pseudo festa di Halloween esaltata il 31 ottobre come un apparente carnevalata mentre nasconde un grande rituale satanico collettivo": lo scrivono il presidente dell'Associazione Papa Giovanni XXIII, Giovanni Paolo Ramonda, insieme all'animatore del Servizio Antisette, don Aldo Buonaiuto, in un comunicato diffuso oggi, ripreso dall'agenzia Sir. Il testo lancia un "appello al mondo cattolico, ai genitori e a tutti coloro che credono nei valori della vita affinché sappiano che festeggiare Halloween significa adorare satana". Come spiegano i due responsabili della "Papa Giovanni XXIII", "il sistema imposto di Halloween proviene da una cultura esoterico-satanica in cui si porta la collettività a compiere rituali di stregoneria, spiritismo, satanismo che possono anche sfociare in alcune sette in sacrifici rituali, rapimenti e violenze. Halloween è per i satanisti – prosegue la nota - il giorno più magico dell'anno e in queste notti fomentano i rituali satanici come le messe nere, le iniziazioni magico-esoteriche e l'avvio allo spiritismo e stregoneria". Nel comunicato si ammoniscono "educatori e responsabili della società affinché scoraggino i ragazzi a partecipare ad incontri sconosciuti, ambigui o addirittura ad alto rischio perché segreti o riservati. Non si può promuovere in nessun modo questa ricorrenza che inneggia al macabro e all'orrore". (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Strage in India per una serie di attentati nell’Assam

    ◊   Una serie di attentati nello Stato indiano dell’Assam ha provocato la morte di almeno 54 persone. Nella capitale Guwahati è stato imposto il coprifuoco. Le azioni terroristiche non sono state ancora rivendicate, ma gli inquirenti ritengono che dietro gli attentati ci siano estremisti islamici bengalesi ed il sedicente Fronte unito di liberazione dell’Assam. In quasi venti anni di guerriglia, le vittime sono state più di 10 mila.

    Afghanistan
    In Afghanistan, è di almeno cinque morti e di diversi feriti il bilancio delle vittime causate dell’ennesimo attentato suicida nel cuore di Kabul: un kamikaze si è fatto esplodere nei pressi della sede del Ministero della cultura e dell'informazione, ad alcune centinaia di metri dal palazzo della presidenza della Repubblica. L'attentato è stato rivendicato dai talebani tramite una telefonata all'agenzia France Presse: il loro portavoce, Zabihollah Mojahed, ha detto che l'attacco è stato condotto da tre persone con la volontà di colpire “esperti stranieri”. Un uomo è stato arrestato, due sono riusciti a scappare.

    Stati Uniti
    L’ex-presidente americano, Bill Clinton, si schiera a fianco del candidato democratico, Barack Obama, che secondo un sondaggio di Washington Post-ABC News - effettuato sui 16 milioni di persone che hanno già votato - può contare sul 60% dei consensi. “Quest'uomo deve essere il nostro presidente”, ha detto Clinton sul palco elettorale di Kissibee, in Florida. Sull’attuale campagna elettorale statunitense arrivano intanto anche indicatori economici: è la più costosa della storia, con ben 5 miliardi di dollari. Di questi, 2,4 sono per la corsa alla Casa Bianca.

    Tensioni tra Siria e Stati Uniti
    In Siria, l’ambasciata americana a Damasco resterà chiusa oggi “in conseguenza di crescenti timori per la sicurezza”. Nel Paese è prevista una manifestazione di protesta contro il blitz compiuto domenica scorsa dalle forze statunitensi in territorio siriano. Il raid, compiuto, in un villaggio al confine con l'Iraq, ha provocato la morte di 8 civili. Il governo di Damasco aveva subito richiesto "spiegazioni". Mai ufficialmente ammesso da Washington, è stato definito dal governo di Damasco “un attacco terroristico”.

    Somalia
    Non si ferma l’ondata di attacchi kamikaze che, a pochi giorni dalla firma degli accordi di pace a Gibuti, continua a colpire la Somalia. Sale a 30 il numero delle vittime dei cinque attacchi compiuti ieri nelle regioni del Somaliland e nel Puntland. In mattinata, si è aggravato il bilancio: due autobomba sono esplose nella città di Bosaso distruggendo due centri dell'unità antiterrorismo e uccidendo sei gli agenti morti. Secondo alcune fonti, anche nell'ex Somalia britannica si è verificata una serie di attentati, non ancora rivendicati. Gli attacchi hanno colpito il palazzo presidenziale, il quartier generale in città del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo e il consolato d'Etiopia. Sempre oggi, intanto, un mercantile battente bandiera turca è stato assaltato da un gruppo di pirati somali al largo delle coste del Corno d'Africa. Sono più di 60 i sequestri di questo tipo avvenuti quest’anno.

    Borsa
    Giornata positiva per le Borse asiatiche che, sul finale di seduta, accelerano nei rialzi. In particolare, Hong Kong termina le contrattazioni con un balzo del 12,82%. Anche i principali mercati azionari europei, beneficiando dell’andamento delle piazze orientali, fanno registrare incrementi.

    Italia
    “Uniti per la scuola di tutti”, questo lo striscione che ha aperto a Roma il corteo nazionale contro le politiche scolastiche del governo. Indetta dai sindacati confederati, la manifestazione segue di poche ore l’approvazione del decreto Gelmini. Al governo si chiede di ritirare la legge. La FIDAE, la Federazione delle scuole cattoliche, esprime intanto preoccupazione per i tagli all’istruzione previsti nella Finanziaria: in particolare, la riduzione di 133 milioni di euro per il 2009 alla scuola non statale paritaria. Ma il premier Berlusconi annuncia correzioni. Paolo Ondarza ha intervistato il presidente della FIDAE, don Francesco Macrì:

    R. - Ci sono delle proteste, secondo me, molto fondate che si riferiscono ai tagli nella Finanziaria, ai capitoli di spesa per la scuola. Capisco molto bene che all’interno della scuola pubblica e dell’università andrebbero fatti dei tagli relativamente a degli sprechi che di fatto esistono. Se invece queste manifestazioni vengono orientate al decreto 137, convertito in legge, mi sembrano eccessive. Io credo che, come è sempre capitato, la scuola venga strumentalizzata per altri fini. Secondo me il problema, il vero nodo, è sui tagli della Finanziaria, tagli indiscriminati.

     
    D. - In particolare, desta preoccupazione il taglio di 133 milioni di euro per il 2009 alla scuola non statale paritaria, quindi anche alle scuole cattoliche. Anche se il premier Berlusconi ha annunciato correzioni a questo punto della Finanziaria...

     
    R. - Ce lo auguriamo, perché abbiamo avuto una stagnazione nel 2002 e poi, nel 2006, c’è stata una regressione. Nella Finanziaria del 2007 c’è stato un piccolo reintegro di 100 milioni e adesso vorremmo almeno la cifra disponibile per l’anno 2008. E’ il minimo che si possa richiedere.

     
    Cina
    Il Ministero della salute cinese ha reso noto che altri 90 bambini sono stati ricoverati per aver bevuto del latte cui era stata aggiunta una sostanza chimica, la melamina, capace di alterare il valore proteico del prodotto. Dall'inizio dello scandalo, sono morti almeno 4 minori. I ricoveri totali ammontano a 48.500, dei quali 2.390 ancora in corso. Negli ultimi giorni, dopo alcuni rilevamenti effettuati ad Hong Kong, la paura da contaminazione si è estesa anche alle uova cinesi. I venditori al dettaglio di tutta la Cina hanno tolto dagli scaffali le uova, mentre al principale produttore è stato imposto di fermare le esportazioni. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco e Federica Andolfi)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 304

     
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