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Sommario del 28/10/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI al Convegno dedicato al Vaticano II e a Papa Wojtyla: dal Concilio giungono risposte ancora attuali per la Chiesa e l'uomo di oggi
  • Il 28 ottobre di 50 anni fa iniziava il Pontificato di Giovanni XXIII. Nel pomeriggio, Messa celebrativa del cardinale Bertone in San Pietro e il saluto conclusivo del Papa ai fedeli in Basilica
  • Nomina
  • Emozione e gioia in Africa per il prossimo viaggio di Benedetto XVI in Camerun e Angola. Interviste con i nunzi apostolici dei due Paesi, mons. Ariotti e mons. Becciu
  • “Cristiani e indù: insieme per la non-violenza” è il titolo del messaggio inviato dal Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso in occasione della festa indù del “Diwali”
  • Il cardinale arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, in visita a Mosca dal Patriarca ortodosso russo, Alessio II
  • Il cardinale Martino si recherà per impegni pastorali in Corea del Sud e Thailandia dal 30 ottobre all'8 novembre
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Medici Senza Frontiere denuncia le violenze che stanno nuovamente insanguinando la zona congolese del Nord Kivu. Intervista con Andrea Pontiroli
  • Il cardinale Martino al Convegno della Fondazione Migrantes della CEI, dedicato all'integrazione ecclesiale degli immigrati in Italia: "Sono un valore in sé da accogliere"
  • Il cardinale arcivescovo di Milano, Tettamanzi, inaugura il Sinodo ambrosiano alla presenza del clero locale. Si concluderà il 20 maggio 2009
  • Chiesa e Società

  • Conferenza europea islamo-cristiana, tenutasi a Bruxelles, rilancia il dialogo interreligioso in vista del prossimo Forum cattolico-musulmano
  • India: scuole trasformate in campi profughi in Orissa. L’emergenza mette a rischio anche il diritto all’istruzione
  • Scozia: il cardinale Patrick O'Brien contro l'“indifferenza barbarica” verso i diritti dei concepiti
  • Spagna: pubblicato il manifesto dei Professori universitari in difesa della morte naturale e contro l'eutanasia
  • Rapporto ONU sulle città: in quelle del Sud del Mondo crescono le diseguaglianze sociali
  • El Salvador: alla vigilia del Vertice Iberoamericano è polemica su alcuni punti del “Piano per la gioventù e lo sviluppo”
  • Sri Lanka: l’impegno del Christian Solidarity Movement per le popolazioni dove imperversa la guerra civile
  • Vietnam: dopo più di 30 anni la Caritas riprende ufficialmente le sue attività
  • Filippine: entrano nel vivo i lavori del II Global Forum delle migrazioni
  • Yemen: continua a salire il numero dei morti per le alluvioni che hanno colpito il Paese
  • Settanta vescovi della Catholic Fraternity provenienti da tutto il mondo s’interrogano ad Assisi sul ruolo delle comunità carismatiche
  • Filippine: celebrata la Domenica delle carceri
  • Austria: i giovani e il dialogo interculturale
  • Così “San Paolo parla" ai Romani. Grande successo del primo incontro, tenuto da mons. Ravasi, sulle Lettere dell’Apostolo nella Basilica ostiense
  • Il frate Cappuccino, Michelangelo Serafini, compie 100 anni. Ricco programma di festeggiamenti ad Aracajù, città brasiliana in cui vive da 47 anni
  • Da un'idea di don Paolo Padrini nasce “iBreviary”, applicativo per leggere la Bibbia sui nuovi dispositivi multimediali
  • 24 Ore nel Mondo

  • Arrestati due naziskin in USA: pianificavano un massacro di persone di colore e l’uccisione di Barack Obama
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI al Convegno dedicato al Vaticano II e a Papa Wojtyla: dal Concilio giungono risposte ancora attuali per la Chiesa e l'uomo di oggi

    ◊   Il Concilio Vaticano II fu uno “straordinario evento ecclesiale”, che “scaturì dal cuore di Dio” attraverso un’intuizione di Giovanni XXIII e che ebbe in Giovanni Paolo II “un qualificato interprete e un coerente testimone”. Sono le parole con le quali Benedetto XVI ha salutato, in un Messaggio, i partecipanti al Convegno internazionale intitolato “Cristo-Chiesa-Uomo. Il Vaticano II nel Pontificato di Giovanni Paolo II”, organizzato dalla Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” e inaugurato questa mattina da un intervento del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. I lavori del Convegno proseguiranno fino a giovedì prossimo. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Il Vaticano II “scaturì dal cuore di Dio”. E’ una delle affermazioni-chiave per comprendere l’importanza attribuita da Benedetto XVI all’assise che 40 anni fa avviò un profondo processo di rinnovamento della Chiesa contemporanea: un processo non solo inesausto, ma per il quale è possibile trovare “chiavi di lettura attuali” sia per le istanze ecclesiali, sia per quelle più generali dell’uomo del nostro tempo. Promosso in collaborazione con l’Istituto di Documentazione e Studio del Pontificato di Giovanni Paolo II, il Convegno internazionale in corso al Seraphicum di Roma è un occasione, riconosce il Papa, per “sviluppare una riflessione approfondita sulla situazione attuale della Chiesa”, a partire dallo specifico contributo apportato dal Vaticano II e dall’applicazione che di esso ne diede Papa Wojtyla.

     
    “Ho detto - scrive Benedetto XVI - che il Concilio è scaturito dal cuore di Giovanni XXIII, ma più esatto sarebbe dire che esso ultimamente, come tutti i grandi avvenimenti della storia della Chiesa, scaturì dal cuore di Dio, dalla sua volontà salvifica”. Per il Papa Roncalli, il “motivo fondamentale” della convocazione conciliare fu il “rendere accessibile all’uomo di oggi - afferma il Pontefice - la salvezza divina” e “fu questa la prospettiva con la quale i Padri hanno lavorato”. E qui, Benedetto XVI ricorda quanto da lui affermato, all’indomani della sua elezione pontifica: “I documenti conciliari con il passare degli anni non hanno perso di attualità”, ma anzi si rivelano “particolarmente pertinenti in rapporto alle nuove istanze della Chiesa e della presente società globalizzata”. Del resto, si legge ancora nel Messaggio, nei suoi molti anni alla guida della Chiesa Giovanni Paolo II accolse “praticamente in ogni suo documento, ed ancor più nelle sue scelte e nel suo comportamento come Pontefice, le fondamentali istanze del Concilio Ecumenico Vaticano II, diventandone così qualificato interprete e coerente testimone”.

     
    Rivolgendosi in particolare ai docenti della Pontificia Facoltà Teologica, Benedetto XVI si dice contento di affidare loro l’impegno ad approfondire il Vaticano II con quella “ricchezza di pensiero” che contraddistinse il patrono dell’ateneo, San Bonaventura. “Egli - è la considerazione del Papa - può offrirvi chiavi di lettura ancora attuali, con le quali avvicinarvi ai documenti conciliari per cercarvi risposte soddisfacenti ai molti interrogativi del nostro tempo. E poiché “gli interrogativi di fondo che l’uomo si porta nel cuore non cambiano col mutare dei tempi, anche le risposte elaborate dal Dottore serafico - soggiunge il Pontefice - rimangono nella sostanza valide ancora oggi".

     
    Come dimostra anche il recente Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio appena terminato, “noi tutti - afferma Benedetto XVI - siamo davvero debitori di questo straordinario evento ecclesiale. La molteplice eredità dottrinale che ritroviamo nelle sue Costituzioni dogmatiche, nelle Dichiarazioni e nei Decreti, ci stimola tuttora ad approfondire la Parola del Signore per applicarla all’oggi della Chiesa, tenendo ben presenti - conclude - le numerose necessità degli uomini e delle donne del mondo contemporaneo, estremamente bisognoso di conoscere e sperimentare la luce della speranza cristiana”.

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    Il 28 ottobre di 50 anni fa iniziava il Pontificato di Giovanni XXIII. Nel pomeriggio, Messa celebrativa del cardinale Bertone in San Pietro e il saluto conclusivo del Papa ai fedeli in Basilica

    ◊   Il 28 ottobre del 1958 veniva eletto Papa Giovanni XXIII. Iniziava così un Pontificato breve, durato solo 5 anni, e che pure seppe rinnovare profondamente la vita della Chiesa e dei fedeli. Basti pensare a due gesti epocali che portano la firma di Papa Roncalli: l’indizione del Concilio Vaticano II e la pubblicazione della Pacem in Terris. Per celebrare questo importante anniversario, oggi pomeriggio alle 17 il cardinale segeratrio di Stato, Tarcisio Bertone, presiederà una Messa solenne in San Pietro, alla presenza di circa 3 mila fedeli bergamaschi, ai quali poi Benedetto XVI rivolgerà un saluto, dopo aver venerato le spoglie di Papa Roncalli. La Messa sarà seguita in radiocronaca diretta dalla nostra emittente, a partire dalle 16.50. Per tutti, il Beato Giovanni XXIII è il “Papa buono” sempre pronto ad accostarsi alle sofferenze del prossimo e a regalare un sorriso a chi è in cerca di affetto. Una bontà, quella di Angelo Roncalli, non fine a se stessa, ma radicata nella convinzione che senza la misericordia il messaggio evangelico viene svuotato del suo significato. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La gentilezza del cuore al servizio del Vangelo. Quando il 28 ottobre del 1958, il cardinale Patriarca di Venezia, Angelo Roncalli, viene eletto Pontefice, in molti già conoscono il carattere umile, la mitezza del pastore nato da una famiglia contadina del bergamasco. L’umanità sarà proprio il tratto saliente della figura di Giovanni XXIII, lo “stile” del suo Pontificato, che tutti, credenti e non, impareranno ad amare. Già da giovane sacerdote, Roncalli aveva ben chiaro il suo metodo di lavoro: “Mettersi a contatto con tutti” e “non lasciarsi sopraffare dalle difficoltà”. Un impegno che manterrà anche una volta eletto alla Cattedra di Pietro e che lo porterà a prendere decisioni coraggiose e lungimiranti, smentendo così la previsione che lo voleva “Papa di transizione” a causa della sua età avanzata. Altrettanto sorprendenti sono i gesti compiuti da Papa Giovanni, che il 26 dicembre del 1958, a due mesi dall’elezione, decide di recarsi in visita al carcere romano di Regina Coeli. Quasi un’attualizzazione della parabola evangelica del padre misericordioso che va incontro al figliol prodigo:

     
    “Son venuto, m’avete veduto, io ho messo i miei occhi nei vostri occhi, ho messo il cuor mio vicino al vostro cuore. Questo incontro, siate pur sicuri che resterà profondo nella mia anima e al principio dell’anno nuovo, direi, del primo anno chiamato del mio pontificato, io ho ben piacere che sia proprio un’opera di misericordia. A seguito di queste parole vi do una benedizione che ancora è il segno, il simbolo di quella che il Signore ci ha dato attraverso il suo sacramento d’amore, e vorrei che fosse un incoraggiamento per tutti quanti!”.

     
    Un mese dopo, il 25 gennaio 1959, Giovanni XXIII annuncia l’indizione del Concilio Vaticano II. Evento di portata storica che, nelle intenzioni del Pontefice, vuole “aggiornare” la Chiesa per renderla capace di annunciare il Vangelo agli uomini del nostro tempo, aprendo una nuova fase di dialogo con il mondo. Così Papa Roncalli parla delle speranze riposte nel Concilio, in occasione dell’annuncio della data di apertura, fissata per l’11 ottobre 1962:

     
    “Diletti figli! Il Concilio Vaticano II ci sta innanzi, oggetto dei desideri e dei voti ormai si può ben dire di tutto il mondo. Noi condifiamo nel Signore!”.

     
    Indimenticabili, per una moltitudine di fedeli, saranno i suoi viaggi a Loreto ed Assisi, nell’ottobre del 1962. In questo duplice pellegrinaggio, il Papa affida il Concilio alla protezione della Madonna e di San Francesco. E’ la prima volta, dall’Unità d’Italia, che un Pontefice varca i confini del Lazio. Per sua espressa volontà, l’assise conciliare avrà una spiccata dimensione ecumenica. Quella dell’unità dei cristiani è una preoccupazione sempre presente in Giovanni XXIII, che già si era impegnato per l’ecumenismo quando, negli anni ’30 e '40 del secolo scorso, aveva rivestito incarichi diplomatici in Bulgaria, Grecia e Turchia. Storico il suo incontro nel dicembre del 1960 con l’arcivescovo di Canterbury, Geoffrey Fisher, che sana una ferita, con la comunità anglicana, aperta da 400 anni. Unità dei cristiani e concordia dei popoli. La causa della pace è intrecciata a doppio filo con la vita e il Magistero di Giovanni XXIII, fin dal suo motto episcopale: “Oboedientia et pax”. Durante la crisi di Cuba, culmine della Guerra Fredda, s’impegna senza risparmio di energie per una soluzione pacifica. Né, d’altra parte, manca di denunciare le condizioni terribili in cui si trova la “Chiesa del silenzio” nei Paesi sotto l’influenza sovietica. I suoi sforzi per sconfiggere la logica dei blocchi, gli varranno il Premio Balzan per la pace. Ecco come si rivolge alle nazioni in un radiomessaggio del 1961:

     
    “Tutti insieme preghiamo il padre della luce e delle grazie perché illumini le menti e muova le volontà dei grandi responsabili della vita o della rovina dei popoli: preghiamo per i popoli stessi, perché non si lascino abbacinare da esasperati nazionalismi, e da perniciose rivalità, e perché, come tanto esortammo nella nostra Enciclica ‘Mater et Magistra’, si compia la ricomposizione dei rapporti della convivenza sociale, nella verità, nella giustizia, nell’amore”.

     
    Questo afflato verrà tradotto nell’Enciclica più celebre del suo Pontificato, la Pacem in Terris, pubblicata nel 1963. Per la prima volta, un Papa non si rivolge solo ai fedeli, ma a tutti gli uomini di buona volontà chiedendo loro di farsi artefici della pace. Una pace che per essere autentica deve fondarsi su quattro pilastri: verità, giustizia, amore e libertà. Tra le tante novità portate da Giovanni XXIII, il rapporto diretto con la sua diocesi animato dalle numerose visite alle parrocchie e ai quartieri di Roma, e dall’indizione di un Sinodo romano. Di umili origini, Angelo Roncalli mostrerà sempre una dedizione particolare per i poveri e i bisognosi. Attento alle condizioni dei lavoratori, dedicherà alla dottrina sociale della Chiesa l’Enciclica Mater et Magistra. Tra le immagini più belle del suo Pontificato, quelle degli incontri con i bambini in cui il Papa, che ricordava la figura di un nonno bonario, si sentiva particolarmente a suo agio. Commovente la visita ai piccoli malati dell’Ospedale romano Bambin Gesù:

     
    “Ecco qui, una istituzione, su questa collina… Come è incominciata, anni or sono, forse chissà quante angustie e quante incertezze nel provare, perché così accade! Ma poi, vedete quanto conforto, quanta gioia! Ciò che è più bello di tutto è che si gode quelli che sono i facitori, direi, i padroni del domani i quali non è vero che - come qualche volta si sente dire - ci preparano un cattivo avvenire: niente affatto! Ci preparano invece un bell’avvenire! Anche loro faranno le loro esperienze, ma attraverso questa loro esperienza, già educata così nell’esercizio della carità, troveranno maniera di farsi onore davanti al Cielo, davanti alla Terra, nelle famiglie, davanti alla propria coscienza, per il presente e per l’avvenire”.

     
    Nel “Giornale dell’Anima”, il suo diario che ci fa accostare al cuore di un Papa, Angelo Roncalli ha scritto: “Non debbo essere maestro di politica, di strategia, di scienza umana; ce n’è d'avanzo di maestri di queste cose. Sono maestro di misericordia e di verità”.

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    Nomina

    ◊   In Belgio, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Antwerpen, presentata per ragguntilimiti di età da mons. Paul Van den Berghe. al suo posto, il Papa ha nominato mons. Johan Bonny, del clero di Brugge, finora rettore del Pontificio Collegio belga a Roma, officiale del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani. Il neopresule ha 53 anni e ha compiuto gli studi filosofici presso l’Università Cattolica di Leuven e quelli teologici presso il Seminario Maggiore di Brugge. Più tardi, li ha perfezionati presso l’Università Gregoriana a Roma, conseguendo la Licenza in Teologia. Negli anni 90 ha ottenuto il Dottorato presso la stessa Università Gregoriana. Ordinato sacerdote, ha ricoperto i seguenti incarichi ministeriali: professore al Seminario Maggiore di Brugge, direttore presso il medesimo Seminario nella sezione Teologia e quindi direttore spirituale. Dal 1997, è officiale del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani e rettore del Pontificio Collegio belga a Roma.

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    Emozione e gioia in Africa per il prossimo viaggio di Benedetto XVI in Camerun e Angola. Interviste con i nunzi apostolici dei due Paesi, mons. Ariotti e mons. Becciu

    ◊   In Africa, è stato accolto con entusiasmo l’annuncio del viaggio apostolico in Camerun e in Angola, per il marzo 2009, dato da Benedetto XVI domenica scorsa durante la Messa conclusiva del Sinodo dei Vescovi, nella Basilica di San Pietro. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il primo viaggio del Papa in Africa è un messaggio di speranza dato ad un continente per il quale il Pontefice ha più volte auspicato “la promozione di uno sviluppo duraturo”. In Camerun, l’occasione della visita è la consegna del documento preparatorio del Sinodo dei vescovi sull’Africa, in programma ad ottobre 2009 in Vaticano. L’annuncio è stato accolto con grande entusiasmo nel Paese, come spiega il nunzio apostolico in Camerun, mons. Eliseo Antonio Ariotti:

     
    “Questa visita del Santo Padre, la prima di Benedetto XVI in Africa, è un segno di continuità: nel 1995, Giovanni Paolo II aveva portato l’Esortazione apostolica ‘Ecclesia in Africa’. La notizia di Benedetto XVI che viene in Camerun per dare alle Conferenze episcopali dell’Africa il nuovo strumento di lavoro per il prossimo Sinodo è stata accolta veramente con grande gioia e con grande entusiasmo”.

    Domenica scorsa, il Papa ha anche affermato che essere discepoli di Cristo significa mettere in pratica il “comandamento dell’amore”, un amore concretamente “testimoniato nei rapporti tra le persone”. Il prossimo da amare - ha spiegato il Santo Padre - “è anche il forestiero, l’orfano, la vedova e l’indigente, quei cittadini cioé che non hanno nessun difensore”. Parole che, se riferite in particolare all’Africa, indicano l’urgenza di volgere ancor di più lo sguardo missionario della Chiesa e quello solidale dei governi verso questo continente. Mons. Ariotti:

    “Tutti i Paesi dell’Africa stanno vivendo questo momento difficile. Tanta gente vuole abbandonare il continente, ma bisogna incoraggiare le popolazioni a dare il meglio per il proprio sviluppo sociale. Credo che il Camerun, come Paese dell’Africa centrale relativamente in pace che cerca di risolvere i propri problemi, possa essere anche un esempio di amore fraterno. La speranza è che questo amore fraterno, al quale il Santo Padre si è ispirato, possa essere - annunciato qui dal Camerun - un valore che incoraggerà tutti i Paesi dell’Africa”.

    Dopo il Camerun, il viaggio apostolico in Africa proseguirà in Angola. Nel Paese affacciato sull'Atlantico, l’annuncio è stato accolto con sorpresa ed emozione dalla popolazione, duramente colpita dalla drammatica esperienza di una guerra civile terminata solo pochi anni fa. La speranza è che il viaggio del Papa nello Stato africano, il primo Paese subsahariano a ricevere l’annuncio evangelico, possa consolidare il processo di pace iniziato nel 2002 e promuovere un autentico sviluppo. E’ quanto sottolinea il nunzio apostolico in Angola, mons. Giovanni Angelo Becciu:

    “La visita del Papa è vista come un momento per consolidare anche lo sviluppo socioeconomico che il Paese sta conoscendo. Si spera che la voce del Papa possa dare nuove strade da percorrere per un maggior rispetto della giustizia sociale. In tutti c’è la sensazione che la scelta del Santo Padre di venire in Angola sia stata una risposta al loro impegnarsi per far uscire il Paese dai periodi bui”.

    Il viaggio del Papa in Angola è legato al 500.mo anniversario dell’evangelizzazione nel Paese. Nello Stato subsahariano, la Chiesa può fare affidamento sulla ricchezza delle vocazioni e della fede. Mons. Becciu:

    “La realtà della Chiesa oggi in Angola conosce momenti anche di difficoltà, ma c'è una fioritura continua di comunità nuove, di vocazioni: c’è grande fervore ed entusiasmo nella gente, nella fedeltà alla Chiesa e al Vangelo. Ci sono tante altre realtà consolanti e confortatrici”.

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    “Cristiani e indù: insieme per la non-violenza” è il titolo del messaggio inviato dal Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso in occasione della festa indù del “Diwali”

    ◊   “Cristiani e Indù: insieme per la non-violenza”. Si intitola così il messaggio che il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso ha inviato agli indù, in occasione dell’odierna festa del "Diwali", la "festa della luce". Il documento porta la firma del cardinale Jean-Louis Tauran e dell’arcivescovo Pier Luigi Celata, rispettivamente presidente e segretario del dicastero vaticano. I particolari nel servizio di Isabella Piro:

    Affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità: è questa la non-violenza, si legge nel messaggio, ovvero l’atteggiamento di chi, come ha detto il Papa, “è convinto dell’amore di Dio e della sua potenza”. “L’amore per i propri nemici è la rivoluzione dell’amore - sottolinea il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso - un amore che non dipende dalle capacità umane, ma è un dono di Dio”.

     
    Il dicastero vaticano ricorda poi che “mentre le religioni sono spesso accusate di essere responsabili dei mali della società”, è noto invece che “è piuttosto la strumentalizzazione della religione che viene utilizzata per compiere tante forme di violenza, contrariamente alle sue convinzioni fondamentali”. Quindi, citando Benedetto XVI, il messaggio ribadisce che nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, che possono essere superate solo da un di più di amore e di bontà, un di più che viene da Dio e che equivale alla sua misericordia. Poi, il ricordo della figura del Mahatma Gandhi, definito “il Padre della nazione indiana”, “un modello di non-violenza” noto in tutto il mondo per “la sua totale dedizione al servizio dell’umanità”: colui che “si rese conto che, applicando il principio ‘occhio per occhio’, tutto il mondo diventa cieco”.

     
    L’appello del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, quindi, è che la non-violenza, “incoraggiata da tante religioni” sia centrale “come modo per promuovere la verità, la luce, il rispetto reciproco, la libertà e l’armonia”. “In quanto leaders religiosi - afferma il messaggio - facciamo tutto il possibile per promuovere la sacralità della vita umana, il bene dei poveri e dei deboli in mezzo a noi e per collaborare, attraverso il dialogo, perché sia rispettata la dignità di ogni essere umano senza distinzioni di razza o casta, credo o classe”. Infine, il documento chiede che “indù e cristiani, soprattutto nella presente situazione”, “si lascino vincere dall’amore senza riserve, con la convinzione che la non-violenza è l’unica via per costruire una società globale più compassionevole, più giusta e più attenta ai bisognosi”.

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    Il cardinale arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, in visita a Mosca dal Patriarca ortodosso russo, Alessio II

    ◊   Un omaggio al martirio patito dalla Chiesa ortodossa durante l’egemonia sovietica e un riconoscimento all'azione svolta da questa stessa Chiesa nella società postcomunista. A porgerli è il cardinale arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, che da domenica scorsa si trova a Mosca su inviato del Patriarca ortodosso, Alessio II. Con questa visita, che si protrarrà fino a giovedì prossimo, il porporato ricambia quella del primate della Chiesa ortodosso russa in Francia, avvenuta un anno fa. In quella occasione, fra l’altro, il cardinale Vingt-Trois e il Patriarca Alessio II pregarono insieme nella cattedrale di Notre-Dame davanti alla reliquia della Corona di spine del Signore.

    Parlando di questa visita a Mosca in una intervista all’Osservatore Romano, il cardinale francese si è soffermato sugli effetti della recente visita di Benedetto XVI in Francia. Tra gli “elementi visibili”, il porporato ha messo in risalto la “vitalità” e l’entusiasmo mostrato dalla Chiesa francese nelle sue varie componenti, in particolar modo nella sua parte giovane - dagli studenti alle famiglie con bambini - i quali, ha affermato il cardinale Vingt-Trois, “hanno mostrato una visione della Chiesa completamente diversa da quella che viene descritta abitualmente”. Il contenuto dei discorsi del Papa, ha osservato ancora l’arcivescovo di Parigi, “è stato non solo ascoltato ma ripreso e fatto proprio dai gruppi di lavoro che si sono già riuniti nelle parrocchie. Discorsi che hanno ribadito concetti molto importanti riguardo la condizione dei cristiani nel mondo moderno e dunque destinati a servire, a chiarire l'impegno dei cattolici nella società”. “Tutti questi elementi - ha concluso il cardinale Vingt-Trois - hanno ridinamizzato la nostra comunità in Francia, fornendo ulteriori motivazioni e una forza nuova”.

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    Il cardinale Martino si recherà per impegni pastorali in Corea del Sud e Thailandia dal 30 ottobre all'8 novembre

    ◊   Il contributo dell’insegnamento sociale cristiano alla soluzione dei gravi problemi del mondo asiatico sarà oggetto del prossimo viaggio del presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, il cardinale Renato Raffaele Martino, che parte domani per la Corea del Sud, dove presenterà nella capitale Seul il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa. Ospite della nunziatura apostolica nel Paese, il porporato parlerà nella sede della Conferenza episcopale coreana, incontrando in particolare i membri della Commissione Giustizia e Pace e alcuni vescovi locali. Durante il suo soggiorno nella capitale coreana, il cardinale Martino incontrerà il primo ministro e il ministro degli esteri, per discutere argomenti di comune interesse.

    Successivamente, il presidente di Giustizia e Pace si trasferirà in Thailandia, dove dal 6 all’8 novembre presiederà a Bangkok il Congresso panasiatico della Pastorale dei migranti e dei rifugiati.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   I cittadini più discriminati: in prima pagina, un articolo di Carlo Bellieni sulla sospensione delle cure ai neonati prematuri.

    Nell’informazione internazionale, intervento della Santa Sede all’incontro – nell’ambito della 63 sessione dell’Assemblea generale dell’ONU - dedicato all’emergenza della malaria nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto in Africa.

    Un Paese condannato per concorso in schiavitù: storica sentenza della Corte di giustizia dell’ECOWAS contro il Niger.Il governo deve pagare un risarcimento di 15.000 euro a una giovane donna, schiavizzata per dieci anni, per non averla protetta.

    In cultura, l’intervento del cardinale Tarcisio Bertone all’incontro internazionale, a Roma, “Cristo, Chiesa, Uomo. Il Vaticano II nel pontificato di Giovanni Paolo II”. 

    Ampi stralci delle relazioni del cardinale Camillo Ruini e dell’ambasciatore statunitense presso la Santa Sede, Mary Ann Glendon, al convegno a Roma sul tema “La religione e la libertà: Stati Uniti ed Europa”. 

    In Terra Santa per ricostruire il passato: Fabrizio Bisconti ricorda Michele Piccirillo, il francescano che ha speso la vita riportando alla luce antichità cristiane.

    Ortodossi e cattolici non possono non essere uniti: nell’informazione religiosa, Giovanni Zavatta intervista il vescovo Dionisio Lachovicz, rappresentante del Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina.

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    Oggi in Primo Piano



    Medici Senza Frontiere denuncia le violenze che stanno nuovamente insanguinando la zona congolese del Nord Kivu. Intervista con Andrea Pontiroli

    ◊   Sempre più drammatica la situazione nella regione congolese del Nord Kivu, testimoniata da Medici Senza Frontiere, che denuncia anche un sostanziale fallimento di iniziative della comunità internazionale. L’organizzazione umanitaria ne ha parlato questa mattina a Roma, nel corso di una conferenza stampa. L’ha seguita per noi Salvatore Sabatino:

    Nelle zone più instabili della provincia del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo, la violenza ha raggiunto i massimi livelli degli ultimi anni, mentre è sempre più difficile portare assistenza alle centinaia di migliaia di civili costretti alla fuga. Un quadro drammatico, quello emerso durante la conferenza stampa di Medici Senza Frontiere (MSF), che denuncia inoltre il fallimento della comunità internazionale. Colette Gadenne - capo missione dell’organizzazione umanitaria in Nord Kivu - ha sottolineato le mancanze della missione ONU, affermando che “non sta assolvendo al suo mandato", ovvero quello di "proteggere la popolazione civile”. Andrea Pontiroli, responsabile comunicazione MSF nel nord Kivu:

     
    “Abbiamo parlato di fallimento della comunità internazionale perché l’assistenza umanitaria è assolutamente insufficiente. Noi vediamo sul terreno centinaia di migliaia di persone che fuggono in tutte le direzioni: non ci sono i grandi campi organizzati. La gente spesso si rifugia nelle foreste o vive nelle famiglie che offrono accoglienza, oppure sta lungo le strade. E ci sono dei campi-sfollati autogestiti dove spesso Medici Senza Frontiere è l’unica organizzazione umanitaria presente”.

     
    Kostas Moschochoritis, direttore esecutivo di MSF Italia si è invece soffermato sulla “mancanza di attori” nelle zone interessate dal conflitto: “le organizzazioni umanitarie nella provincia operano pressoché nel capoluogo, Goma", ha spiegato, “lontane dal fronte di guerra”. Ancora Andrea Pontiroli:

     
    “Non dimentichiamo che parliamo di una zona montagnosa, alta oltre 1.600 metri. Fa freddo, quindi c’è grande rischio di problemi di tipo sanitario per il sovraffollamento nei campi e per l’assoluta mancanza di norme igieniche di base”.

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    Il cardinale Martino al Convegno della Fondazione Migrantes della CEI, dedicato all'integrazione ecclesiale degli immigrati in Italia: "Sono un valore in sé da accogliere"

    ◊   L’accompagnamento spirituale delle comunità immigrate al centro del Convegno nazionale a Roma della Fondazione della Conferenza episcopale italiana (CEI) Migrantes su “L’integrazione ecclesiale degli immigrati in Italia”. Ai lavori, che proseguiranno fino al prossimo 29 ottobre e vedono l’alternarsi di missionari di numerosi esperti, è intervenuto anche il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei migranti, che ha riaffermato, tra l'altro, il valore dell'accettazione dell'altro, senza considerarlo unicamente in base alla sua capacità produttiva. Dobbiamo rifuggire, ha detto il prorporato, "da posizioni di superiorità e di dominio" se "vogliamo crescere come singoli e come società". Ma che cosa si intende per integrazione ecclesiale, secondo lo spirito del Convegno? Paolo Ondarza lo ha chiesto a padre Gianromano Gnesotto, direttore dell’ufficio immigrati e profughi della CEI:

    R. - Bisogna anzitutto dire che, quando si parla di integrazione, non soltanto gli immigrati devono compiere la fatica di inserirsi nelle nostre realtà ecclesiali, ma anche la Chiesa stessa. Il termine esatto ecclesiale per "integrazione" è quello di “comunione”. Come cristiani ci troviamo naturalmente tutti d’accordo. Tuttavia, è certo che una novità così forte, portata da culture, tradizioni, modi e anche rituali diversi dai nostri, presuppone un po’ di fatica per fare in modo che integrazione non sia assimilazione ma sia, appunto, comunione.

     
    D. - Gli immigrati presenti in Italia chiedono di partecipare alle funzioni dei fedeli italiani o preferiscono mantenere degli spazi separati, destinati alla loro comunità di appartenenza?

     
    R. - C’è un’enorme varietà. L’immigrato appena giunto, che conosce poco la lingua italiana, poco delle tradizioni, difficilmente si inserisce con naturalezza all’interno di una comunità, ma trova nella comunità etnica un luogo in cui queste sue legittime esigenze vengono soddisfatte. Diverso è il caso per quella che è la seconda e che sarà la terza o quarta generazione, e certamente le nostre comunità non potranno che trovare beneficio da molti immigrati, capaci di esprimere l’entusiasmo, la gioia, la partecipazione in quelle celebrazioni eucaristiche che nei nostri contesti ecclesiali a volte corrono il rischio di essere amorfe, un po’ spente, poco partecipate.

     
    D. - Dal suo punto di vista, l’integrazione ecclesiale riflette quella nazionale?

     
    R. - Il punto di partenza è lo stesso. Ad un certo punto, le strade un po’ si divaricano perché le dinamiche non sono le stesse di uno Stato, e quanto la Chiesa ha nella sua forza di inclusione e di comunione spesso non si trova nella comunità civile.

     
    D. - Ci si chiede quanto oggi sia vero che in Italia sia in aumento il razzismo…

     
    R. - Ci sono forme di razzismo che in qualche modo, bene o male, ci portiamo dentro. Potremmo - a livello ecclesiale - dire che questo è un peccato originale che fa parte della nostra natura umana. Ma poi c’è, in effetti, quel razzismo più subdolo che guarda agli immigrati non come a persone uguali a noi: è un razzismo irrazionale che si fa soggiogare da timori senza assumere un volto ben preciso, se non poi il volto degli ultimi arrivati.

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    Il cardinale arcivescovo di Milano, Tettamanzi, inaugura il Sinodo ambrosiano alla presenza del clero locale. Si concluderà il 20 maggio 2009

    ◊   E’ partito il cammino sinodale del clero milanese, che si concluderà con una solenne celebrazione in Duomo il 20 maggio del 2009. Il percorso, articolato in incontri nelle cinque zone pastorali e in assemblee divise per classi di ordinazione sacerdotale, vuole rispondere alla domanda formulata dal cardinale Tettamanzi all’indizione del Sinodo: “Come Chiesa ambrosiana quale patrimonio di fede e di carità vogliamo offrire alle future generazioni?”. Il servizio di Fabio Brenna:

    Primo momento del cammino, la lectio divina di oggi in Duomo, guidata dal vescovo di Brescia, Luciano Monari, che ha chiesto ai sacerdoti di essere semplicemente strumenti che rendano visibile l’amore del Signore per l’uomo. Ecco un passaggio della sua riflessione:

     
    “Il futuro del nostro ministero, ma posso dire il futuro delle comunità cristiane, si giocherà dalla autenticità di quella vita che riusciamo a suscitare con la parola e i sacramenti che celebriamo, con la novità della vita che riusciamo a vivere, con la libertà del nostro cuore, con il nostro presentarci come persone libere e persone gioiose, nonostante le tribolazioni o, come dicevo, le delusioni che accompagnano il nostro ministero. Non si tratta di fare delle cose straordinarie, si tratta di diventare gli strumenti dell’azione del Signore risorto”.

     
    Il cardinale Tettamanzi ha quindi annunciato che il 12 novembre prossimo guiderà un breve pellegrinaggio a Roma, per presentare ad Papa il nuovo Lezionario ambrosiano, che entrerà in uso nella prima domenica di Avvento:

    “Intendo esprimere con questo gesto l’affetto e la venerazione che noi ambrosiani abbiamo per il Santo Padre, “Ubi Petrus, ibi Ecclesia mediolanensis”. Chiedere che sia lui a benedire questo nuovo inizio, così importante, promettente, per il cammino della nostra Chiesa. Assicurargli il nostro impegno a fare del nostro rito non un geloso tesoro, ma un dono per l’intera Chiesa e, dunque, vivere un momento di intensa e visibile comunione con la Chiesa che è in Roma, e con il successore di Pietro”.

    Per il Sinodo del clero milanese è stato pubblicato un Instrumentum laboris che guiderà la riflessione attorno ad alcuni nodi cruciali dell’essere sacerdoti, quali “spirito e istituzione”, “fede e mistero”, “mobilità e radicamento”.

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    Chiesa e Società



    Conferenza europea islamo-cristiana, tenutasi a Bruxelles, rilancia il dialogo interreligioso in vista del prossimo Forum cattolico-musulmano

    ◊   “Non un incontro di rapporti di forza tra i partecipanti, ma un momento di ascolto, di rispetto e di ricerca di un avvenire comune”. Così un comunicato congiunto del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (CCEE) e della Conferenza delle Chiese cristiane (KEK), ripreso dal SIR, traccia il bilancio della Conferenza europea islamo-cristiana promossa dai due organismi sul tema "Essere cittadini europei e persone di fede. Cristiani e musulmani come partner attivi nelle società europee", che dal 20 al 23 ottobre ha riunito a Bruxelles/Malines 45 rappresentanti cristiani e musulmani di 16 nazioni europee. “La Conferenza - si legge nel comunicato finale - non si è limitata a parlare del dialogo tra cristiani e musulmani, ma ha realizzato un vero e proprio dialogo schietto e fraterno, con l’adozione di una dichiarazione comune”. In questo, “è stata un’esperienza di vera e propria cittadinanza attiva”. Per il pastore Jean-Arnold de Clermont, presidente della KEK, “se non vuole rinchiudersi in se stessa, l’Europa non può eludere il dialogo con l’Islam, così come i Paesi musulmani non possono fare a meno del dialogo con l’Europa dei diritti dell’uomo e dell’autonomia della politica e della religione”. Nel comunicato, viene riportato anche l’intervento dell’Imam Yahya Sergio Yahe Pallavicini, secondo cui “per favorire l’integrazione dei musulmani in Europa è necessario investire sulle persone” e per fare questo bisogna “creare, formare e sostenere un’élite intellettuale di musulmani europei”. “L’Europa come modello per una convivenza pacifica nel mondo - si legge ancora nella nota - è stata al centro del discorso del cardinale Jean-Pierre Ricard, vicepresidente del CCEE. “Cristiani e musulmani hanno il sentimento che l’Europa è un vero ‘laboratorio’ per sperimentare tra loro nuovi rapporti", affermano CCEE e KEK. "Laboratorio per musulmani” che vedono in essa “un nuovo contesto per l’espressione della fede nell’incontro con una società secolarizzata”. E laboratorio per i cristiani “che sperimentano la loro diversità ecumenica nel dialogo con l’islam”. E’ necessario che “cristiani e musulmani lavorino insieme” e intanto, conclude il comunicato, “si guarda con interesse al Forum cattolico-musulmano”, convocato per il 4 e 5 novembre prossimi, e “al successivo incontro con Papa Benedetto XVI di una delegazione del gruppo dei 138 intellettuali e guide religiose musulmani, che hanno firmato la Lettera Aperta ‘Una Parola Comune’”. (M.G.)

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    India: scuole trasformate in campi profughi in Orissa. L’emergenza mette a rischio anche il diritto all’istruzione

    ◊   Nello stato indiano dell’Orissa, al dramma delle persecuzioni anticristiane ora si aggiunge la “preoccupazione” degli studenti che rischiano anche di perdere l’anno scolastico. Secondo quanto riferisce AsiaNews, nel distretto di Kandhamal, nello stato dell’Orissa, a pochi mesi dalla sessione d’esami in programma nel marzo 2009 vi sono ancora 40 scuole chiuse o utilizzate dai profughi e dalle forze di polizia come alloggi temporanei. “Da oltre due mesi non possiamo svolgere regolari lezioni”, denuncia Bhagaban Das, preside della Sarangada High School a Kandhamal. “Le classi, che un tempo ospitavano circa 300 alunni, ora sono occupate dalla polizia” inviata dal governo centrale per il mantenimento dell’ordine. Secondo le stime fornite dall’Ufficio scolastico della zona, sarebbero oltre duemila gli alunni che rischiano di perdere l’anno a causa dell’interruzione delle lezioni, e fra studenti e genitori serpeggia ormai un clima di “rassegnazione”. Anche dagli uffici dell’amministrazione distrettuale non giungono buone notizie: fino a fine dicembre, scuole e istituti verranno utilizzati come centri di accoglienza temporanea per i profughi e le forze dell’ordine, ma i disagi potrebbero continuare anche con il nuovo anno. Intanto, dopo la cruda denuncia di suor Meena, due giorni fa, il capo ministro dell’Orissa, Naveen Patnaik, ha detto alla stampa di avere “indicato alla polizia di accelerare le indagini” sulla violenza carnale subita dalla religiosa. Alcuni funzionari della Chiesa dell’Orissa hanno però dichiarato AsiaNews che, al momento, “hanno poca fiducia” nel governo locale, dopo gli inadeguati e tardivi interventi per fermare la violenza che in 2 mesi ha causato nel solo distretto di Kandhamal (Orissa) 37 morti e migliaia di cristiani fuggiti nella jungla. Del massacro dei cristiani finalmente si parla in parlamento. Il 25 ottobre scorso, il parlamentare Basudeb Acharia, del Partito comunista marxista dell’India, ha denuciato che “i cristiani sono stati scannati in Orissa e in Karnataka” e ha accusato il governo dell’Orissa, guidato dal Partito Bharatiya Janata, fondamentalista indù, di voler “sovvertire” la Costituzione. Infine, continua la mobilitazione di tutta la comunità cattolica india per i cristiani dell’Orissa. Parrocchie, associazioni e movimenti stanno coinvolgendo anche i non cristiani nell’opera di solidarietà. Al momento, è stata avviata una raccolta di cibo e vestiario destinata ai rifugiati. Vi sono, fra l’altro, anche team di psicologi per l’assistenza post-trauma. (M.G.)

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    Scozia: il cardinale Patrick O'Brien contro l'“indifferenza barbarica” verso i diritti dei concepiti

    ◊   Intervenendo lo scorso sabato alla Conferenza annuale della Society for the Protection of Unborn Children (SPUC), a Glasgow (Scozia), il cardinale Keith Patrick O'Brien ha denunciato l'"indifferenza barbarica" nei confronti dei diritti dei bambini non nati. Il porporato ha citato la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, della quale ricorre il 60.mo anniversario il prossimo 10 dicembre, ricordando che malgrado dalla fine della Seconda Guerra mondiale sia stata stabilita a livello mondiale una cornice di diritti umani, "la dura realtà è che le nobili parole di tante dichiarazioni sono state affiancate da un'indifferenza barbarica nei confronti dei concepiti". Il sistema dei diritti umani, ha osservato, "ha fallito miseramente soprattutto nel difendere il più basilare di questi diritti: il diritto alla vita". Nel discorso riferito dall’agenzia Zenit, il cardinale punta il dito contro "le forze oscure hanno distorto le leggi e le coscienze”, ricordando che - secondo dati diffusi dai media - in Scozia si effettuano 38 aborti ogni giorno. Lo scorso anno sono stati 13.703, contro i 13.163 dei dodici mesi precedenti. A questo proposito, il cardinale O'Brien ha ricordato la questione dello "Human Fertilisation and Embryology Bill", votato il 22 ottobre scorso e definito dal porporato "un mostruoso attacco ai diritti umani, alla dignità e alla vita umana". "Non possiamo basarci sulla legge per salvarci dai nostri problemi", ha dchiarato. "Il fatto che la nostra società sia precipitata in una cultura della morte deriva - ha proseguito - dall'aver sempre più relegato Dio ai margini della nostra vita e della coscienza collettiva delle nostre nazioni". Se i provvedimenti approvati dai parlamentari si possono biasimare e criticare, constata, "dobbiamo anche riconoscere che quanti sono stati eletti da noi, a nostro nome, per la maggior parte riflettono la società dalla quale provengono: sostengono l'aborto perché la società lo sostiene, sostengono la sperimentazione sugli embrioni perché la società la sostiene e sostengono la potenziale eliminazione dei concepiti perché lo fa la società". "La nostra lotta dovrebbe quindi riferirsi non solo agli eletti, ma anche all'elettorato," ha esclamato. "Le buone leggi - ha proseguito il cardinale O'Brien - derivano dalle buone società". Per questo motivo, il porporato ha esortato a una vera e propria "conversione della società", ammettendo che non è possibile "instillare i valori morali attraverso la legislazione solo inculcando, impiantando un senso di ciò che giusto e ciò che è sbagliato in tutti coloro che incontriamo nella speranza che facciano lo stesso". Appellandosi a "tutte le persone di buona volontà", il cardinale O'Brien ha dunque esortato a "considerare sempre più il ruolo della coscienza e il suo legame intrinseco con la verità". "Attraverso le nostre elaborate strutture politiche e legali, abbiamo creduto di poter costruire una società senza Dio", ha ammesso, rilevando che "questo progetto è fallito". Benedetto XVI, ricorda poi il porporato, "ha scritto molto sull'importanza della coscienza, sulla necessità di sostenerla con gli insegnamenti della Chiesa ma anche sul bisogno di riflettere su di essa". "Dopo 60 anni, vi esorto a continuare a lavorare per stabilire la lotta contro l'aborto come vera questione di diritti umani", ha concluso rivolgendosi ai membri dello SPUC. "Prometto di lavorare con voi a questo scopo in ogni modo possibile. Insieme e con l'aiuto di Dio - ha concluso - credo che sia una battaglia che possiamo vincere". (M.G.)

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    Spagna: pubblicato il manifesto dei Professori universitari in difesa della morte naturale e contro l'eutanasia

    ◊   In difesa della morte naturale e contro le pressioni a favore dell'eutanasia. Su queste due linee si muove il manifesto di un gruppo di docenti universitari spagnoli, presentato ieri nel corso di una conferenza stampa convocata a Madrid. Il documento, ripreso dalla Fides, si apre con l’esplicitazione di un intento ben preciso: "Davanti alle intense pressioni che si esercitano sull'opinione pubblica spagnola, per indurla a consentire la legalizzazione del suicidio assistito e dell'eutanasia, è necessario difendere la dignità della morte naturale come termine di ogni vita umana". "La vita dell'essere umano è inviolabile - si legge ancora nel testo - per la sua dignità intrinseca, che non può essere soggetta a limitazioni, poiché è universale, indipendente dalla situazione di età, salute o autonomia che si determini". Questa dignità, affermano i docenti, "implica il diritto irrinunciabile di tutti alla vita, essendo dovere ineludibile dello Stato proteggerla e curarla, perfino quando la persona stessa sembra non darle valore". Anche in adempimento di questo dovere, gli Stati più responsabili "riconoscono il diritto di ogni persona alle cure più avanzate nel campo della salute, e perciò risulta contraddittorio accettare e promuovere deliberatamente la fine della vita di quanti possono giungere a situazioni di debolezza, dipendenza da altri o a malattie terminali". "L'eutanasia - continua il comunicato - intesa come atto deliberato di mettere fine alla vita di una persona, sia dietro propria richiesta o per decisione di terzi, ed il suicidio assistito sono eticamente e moralmente riprovevoli". L'alternativa all'eutanasia deve essere la promozione delle cure palliative, che sfruttino “le conoscenze specializzate e i progressi nelle cure mediche e psicologiche, come il sostegno affettivo e spirituale adeguato per la fase terminale", afferma ancora il manifesto. Infine, viene lanciato un appello a tutti i cittadini, e specialmente ai poteri pubblici, affinché si riconosca la dignità della morte naturale. "Una società che accetta di mettere termine alla vita di alcune persone a motivo della precarietà della loro salute attraverso l’intervento di terzi infligge a sé stessa - concludono i professori - l'offesa che suppone di considerare indegna la vita di alcune persone malate o gravemente diminuite nelle loro capacità". (M.G.)

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    Rapporto ONU sulle città: in quelle del Sud del Mondo crescono le diseguaglianze sociali

    ◊   Nelle città dell’America Latina e dell’Africa subsahariana crescono le diseguaglianze e le barriere tra i ceti ricchi e quelli poveri. L’allarme viene dal rapporto “Lo stato delle città del mondo”, stilato del Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani (Un-Habitat). Attento soprattutto alla dimensione sociale dello sviluppo urbano, lo studio sottolinea progressi, involuzioni e tendenze delle metropoli di tutti i continenti. Tra i parametri presi in considerazione dagli esperti dell’ONU il coefficiente ‘Gini’, una combinazione tra livelli di reddito e di consumo. Dall’analisi emerge una realtà fatta di ville fortificate e quartieri ghetto, che non riguarda però solo Nairobi, Abidjan, Maputo e Johannesburg ma anche città degli Stati Uniti come Atlanta, New Orleans e Washington. Anna Tibaijuka, direttrice generale del Programma UN-Habitat, spiega che le divisioni di classe si traducono per molti in opportunità negate possono ostacolare una convivenza pacifica. Secondo la Tibaijuka una delle cause è sicuramente la mancanza di mobilità, che tende a penalizzare le attività economiche legali e l’integrazione sociale. Questo aggrava l’insicurezza e il disagio, fattori che a loro volta allontanano risorse pubbliche e private da investimenti nei servizi sociali e in attività produttive, favorendo le spese per la sicurezza. “Gravi disuguaglianze associate a sistemi ingiusti che causano povertà, impediscono mobilità verso l’alto ed escludono la maggioranza della popolazione – si legge nel documento citato dalla Misna - costituiscono una formula perfetta per creare problemi”. Secondo gli studiosi, malgrado i notevoli tassi di crescita l’Africa rappresenta un caso limite, con molte metropoli in rapida espansione e circa il 62% della sua popolazione urbana residente in slum o baraccopoli prive di servizi igienici, sanitari ed educativi adeguati. In generale le disuguaglianze di reddito nelle realtà urbane dell’Africa sono più marcate che nelle campagne, mentre le città del nord del continente sono più egualitarie di quelle dell’area sub-sahariana. Il volume di oltre 500 pagine pubblicato alcuni giorni fa, dedica ampio spazio all’Asia, un continente nel complesso più egualitario rispetto ad altre aree del mondo “in via di sviluppo”. Se Hong Kong, New Delhi e Ho Chi Minh City sono tra le città dove il divario sociale tende ad ampliarsi, nel complesso India e Cina si caratterizzano per realtà urbane socialmente più equilibrate. Lo studio evidenzia anche la rapidità dei processi di urbanizzazione, con circa tre milioni di persone che ogni settimana lascerebbero le campagne per trasferirsi nei grandi centri. Dal rapporto, presentato in vista della Quarta sessione del ‘Forum mondiale sulle città’ in programma a Nanchino tra il 3 e il 6 novembre, emerge anche qualche dato positivo. Secondo i ricercatori Onu, diversi paesi del Sud del mondo sono riusciti negli ultimi anni a tradurre lo sviluppo economico in dinamiche sociali “aperte”, che recuperano alcuni settori della popolazione. E’ il caso della Malesya e dell’Indonesia, capaci di adottare politiche ridistributive incisive, ma anche del Rwanda: “Questi paesi hanno mostrato che è possibile crescere economicamente senza aumentare il divario tra ricchi e poveri e che la riduzione delle disuguaglianze è, in ultima analisi, una strategia per la crescita”. (M.G.)

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    El Salvador: alla vigilia del Vertice Iberoamericano è polemica su alcuni punti del “Piano per la gioventù e lo sviluppo”

    ◊   Si apre domani nella capitale de El Salvador, all'insegna dell'incertezza e delle polemiche, il XVIII Vertice Iberoamericano che terminerà il 31 ottobre con l’approvazione e la pubblicazione del "Piano di San Salvador per la gioventù e lo sviluppo". Ventidue leader politici, tra Capi di stato e di Governo, in rappresentanza dei popoli di Spagna, Portogallo, Andorra e di tutte le nazioni latinoamericane di lingua spagnola e portoghese, discuteranno sul binomio “giovani-sviluppo”, ma anche sull'odierna crisi finanziaria internazionale, con particolare riferimento alle conseguenze che questa realtà avrà sulle economie più deboli e meno sviluppate. Tuttavia, mentre per quanto riguarda le questioni economiche e finanziarie sembra che esistano molti consensi, non sarebbe così invece sul tema centrale dell'agenda: le nuove generazioni e le condizioni per un loro ruolo da protagonisati. Al contrario di quanto è accaduto nei 17 vertici precedenti, oggi, la bozza della Dichiarazione finale è diventata un "mistero" e tutti i governi, nonostante le richieste da parte di numerose e autorevoli istanze della società latinoamericana affinché sia pubblicata integralmente, il documento non si trova poiché, hanno ammesso alcuni esperti, "é ancora in elaborazione". Secondo gran parte della stampa latinoamericana in realtà una prima bozza già era pronta diverse settimane fa, ma quando in merito ad alcuni contenuti riguardanti in particolare la famiglia, l'educazione sessuale e i diritti dei genitori nell'ambito della formazione dei figli, si sono aperte molti dubbi e polemiche, si è deciso "blindare" il testo in attesa del Vertice. Ciò fa supporre che si lavora ancora alla stesura finale allo scopo di trovare un denominatore comune che permetta la firma del testo da parte de 22 Paesi presenti. Tra coloro che hanno espresso delle perplessità e opposizione ci sono alcuni governi come quelli di El Salvador, Honduras e Repubblica Dominicana. In questi casi, seppure con dichiarazioni più sfumate e caute, si parla addirittura che il testo della Dichiarazione conterrebbe affermazioni che non possono essere controfirmate poiché contrarie alle Costituzioni. Va ricordato che qualche settimana fa, l'arcivescovo di San Salvador, mons. Fernando Sáenz Lacalle, è stato il primo a lanciare l'allarme senza riuscire però a farsi dare una copia del documento. Simili critiche sono state espresse anche da parte di vescovi di Cile, Messico, Guatemala, Colombia e altre nazioni. Il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, insieme con i suoi ausiliari afferma: "Le vere intenzioni non sono chiare e il testo della dichiarazione ha molte ambiguità, che darebbero come risultato l'applicazione di politiche pubbliche nocive, imposte da altre realtà, che attentano all'educazione e allo sviluppo integrale dei nostri giovani". Secondo i presuli honduregni il documento base "tende ad imporre politiche antinataliste". (A cura di Luis Badilla)

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    Sri Lanka: l’impegno del Christian Solidarity Movement per le popolazioni dove imperversa la guerra civile

    ◊   Far conoscere il dramma del conflitto nel nord dello Sri Lanka e aiutare la popolazione locale stremata da anni di combattimenti tra le forze governative e il Liberation Tigers of Tamil Eelam (LTTE). Per questo si batte, nonostante le intimidazioni dei politici, il Christian Solidarity Movement (CSM) coordinato da padre Iddamalgoda. Il religioso racconta ad AsiaNews l’opera umanitaria a favore della popolazione tamil nell’area di Vanni, dove domina il LTTE: “Innanzitutto cerchiamo di diffondere tra la popolazione del sud le informazioni che riceviamo per creare maggior consapevolezza della situazione di sofferenza in cui vivono gli abitanti della regione. In secondo luogo raccogliamo donazioni”. Grazie all’impegno di molti laici e religiosi, il CSM ha raccolto più di 80mila rupie srilankesi, all’incirca 600 euro, nelle città del distretto occidentale e “molto di più ha ricevuto a Colombo e Moratuwa”. Le donazioni saranno consegnare al vescovo di Mannar nella prima settimana di novembre. Il CSM è nato quest’anno, dopo l’assassinio di padre Mariampillai Xavier Karunaratnam, avvenuto il 20 aprile proprio sulla strada che da Mallaavi-Vavunikkulam porta a Vanni. Iddamalgoda spiega che l’omicidio di padre Kili, come era popolarmente chiamato il sacerdote cattolico, “ci ha fatto comprendere che singoli gruppi svolgono un grande servizio e sono necessari, ma da soli non possono ottenere molto sul piano nazionale”. L’opera del CSM coinvolge quindi cattolici ed anglicani. “La situazione nazionale – afferma padre Iddamalgoda – richiede la formazione di una rete che coinvolga i diversi gruppi cristiani delle diverse chiese per levare una voce profetica in un momento in cui continuano le morti a causa della guerra e della cessazione dei colloqui di pace”. Dalla sua nascita ad oggi il CSM ha organizzato diversi momenti di incontro e preghiera per sensibilizzare la popolazione sulla situazione nel nord del Paese. Padre Iddamalgoda racconta, a mo’ di esempio, la sua visita alla chiesa di San Sebastian, A Kandana, ai primi di ottobre. “Il parroco ci ha invitato a parlare ai fedeli delle condizioni dei profughi di Vanni. La risposta è stata molto positiva”. Secondo Il fondatore del CSM sono soprattutto i più poveri a dimostrare solidarietà: “Ho visto una donna che veniva dal mercato, offrire  200 rupie. Due persone davvero povere, dare con generosità 10 e 20 rupie”. L’obiettivo del CSM è quello di far capire che “la guerra può solo distruggere le vite di centinaia di persone, mentre solo una soluzione politica potrà salvarle. Sfortunatamente – dice padre Iddamalgoda – i leader politici del nostro Paese questo non lo hanno capito lungo gli ultimi 60 anni”. L’attività del movimento trova per questo anche opposizione da parte delle autorità. “Quando siamo andati a Negombo – ricorda il direttore del CSM – abbiamo ricevuto un segnale negativo dal deputato Sarath Gunarathna. Ci ha accusato di ingannare la gente semplice, intimato di non proseguire nella nostra iniziativa”. Per padre Iddamalgoda questo è un segnale del “vuoto di democrazia nel Paese: “Abbiamo il bisogno del permesso dei politici per compiere quello che la nostra religione ci chiede”. (M.G.)

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    Vietnam: dopo più di 30 anni la Caritas riprende ufficialmente le sue attività

    ◊   Dopo 32 anni di messa al bando, la Caritas ha ripreso ufficialmente ad operare in Vietnam. La rinascita dell’organizzazione caritativa, decisa lo scorso mese di luglio dal governo di Hanoi, è stata celebrata in questi giorni con una conferenza inaugurale di due giornate presso il Centro pastorale di Long Khanh, nella diocesi di Xuan Loc, cui hanno partecipato cinque vescovi e un’ottantina tra sacerdoti, religiose e laici da tutte le diocesi del Paese. Tra i presenti anche mons. Robert Vitillo, vice presidente di Caritas Internationalis e mons. Yvon Amboise presidente di Caritas Asia. Fondata nel 1965, Caritas Vietnam era stata soppressa dal governo comunista e le sue strutture confiscate dopo la riunificazione del Paese nel 1976. Da allora le attività caritative e sociali della Chiesa locale sono state portate avanti, con difficoltà e senza alcun coordinamento, dalle singole parrocchie e diocesi vietnamite. Come ha evidenziato all’incontro il Presidente della Conferenza episcopale, mons. Pierre Nguyen Van Nhon, attraverso la Caritas Vietnam sarà ora possibile coordinare meglio queste attività e raccordarle con le iniziative della Caritas Internationalis. Durante la due giorni - riferisce l'agenzia Ucan - i partecipanti hanno definito quelli che saranno i principi operativi, la missione, le linee di azione e gli obiettivi della nuova organizzazione che si occuperà delle categorie più vulnerabili della società vietnamita: bambini di strada, orfani, prostitute, persone maltrattate, immigrati, disabili, malati psichiatrici, lebbrosi, tossicodipendenti, alcolizzati e malati di Aids. Alla sua direzione è stato eletto mons. Nguyen Chu Trinh, attuale presidente della commissione episcopale per l’azione sociale, che ha espresso l’auspicio che, dopo i malintesi del passato, essa possa stabilire un rapporto di collaborazione con il governo per promuovere lo sviluppo del Paese e soprattutto alleviare la povertà e la miseria in cui vivono tanti vietnamiti. (L.Z.)

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    Filippine: entrano nel vivo i lavori del II Global Forum delle migrazioni

    ◊   Politiche restrittive sull’immigrazione, motivate dalla crisi globale, restringerebbero invece che accrescere il potenziale di crescita. Il monito è stato lanciato ieri nella giornata di apertura del secondo Forum globale sulle migrazioni e lo sviluppo (GFMD) a Manila alla presenza di oltre mille rappresentanti e delegati governativi e di organizzazioni del mondo del lavoro di 151 paesi. Su questa linea l’intervento - di cui riferisce la Misna – di Sharan Burrow, presidente della Confederazione internazionale dei sindacati, che pone l’accento sul rischio di mancanza di manodopera e di nuovi potenziali consumatori. Il direttore generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), Juan Somariva, ha chiesto invece azioni coordinate tra i governi per evitare “crisi sociali che potrebbero essere gravi, prolungate e globali” se si chiuderanno le porte alla migrazione regolare, mentre proprio i lavoratori migranti all’estero saranno tra i primi a perdere il posto di lavoro a causa della crisi economica. Nella conferenza si è anche sottolineato come le rimesse dei migranti rappresentino per i paesi di origine un’importante voce del bilancio nazionale; in Moldavia il 36% del prodotto interno lordo (Pil) è rappresentato dal denaro inviato dai migranti, il 20% in Giordania, il 18% in Salvador e il 12% in Guatemala; mentre nelle Filippine, che ospitano il Forum, le rimesse rappresentano il 10% del Pil grazie a 8 milioni di espatriati, il 10% della popolazione, in maggioranza donne. Gli interventi della prima giornata si sono poi focalizzati sull'emigrazione illegale. Nel suo discorso Manolo Abella, esperto dell’Organizzazione mondiale del Lavoro ha ricordato che “dei 200 milioni di emigranti stimati, i dati più ottimistici indicano tra il 15 e il 20% le situazioni irregolari. Questo significa che da 30 a 40 milioni di persone vivono nell’ombra, “incapaci di far valere – per legge o nella pratica - molti dei diritti garantiti dalle convenzioni internazionali”. Il Forum, che si concluderà il 30 ottobre, è nato nel 2006 dall’iniziativa dei partecipanti al ‘Dialogo di alto livello sulle migrazioni e lo sviluppo’, durante l’assemblea generale dell’ONU. L’edizione di quest’anno sarà inoltre accompagnata da una serie di iniziative collaterali e – come ormai abituale in occasione di grandi avvenimenti internazionali sui temi sociali e dello sviluppo – da un Forum “alternativo” le cui proposte confluiranno con i risultati dei primi due giorni di incontri affidati alle varie espressioni della Società Civile. (M.G.)

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    Yemen: continua a salire il numero dei morti per le alluvioni che hanno colpito il Paese

    ◊   Continua a salire il bilancio dell’alluvione che ha colpito la regione orientale dello Yemen. Al momento di parla di 184 morti e ancora 100 dispersi. All’origine della tragedia, una serie di piogge di forza del tutto inusuale che da venerdì hanno colpito le zone intorno a Hadramout e al-Maharah e che hanno provocato devastanti alluvioni. Vittime a parte, - riferisce l'agenzia AsiaNews - si parla di 17mila case distrutte e solo negli ultimi tre giorni 10mila persone hanno dovuto abbandonare la zona. A Tarim duemila famiglie sono alloggiate nelle scuole, stessa sistemazione per 1500 famiglie di al-Qatan. Tonnellate di cibo, medicine e coperte sono state trasportate a Wadi Hadramout da cinque aeroplani e sono previsti altri carichi di soccorsi di primo intervento. Il governo ha dichiarato l’area “disastrata”. Il presidente Saleh ha costituito un comitato per l’emergenza. Il Ministero per la salute ha reso noto di aver già inviato 144 carichi di medicinali, oltre ai medicamenti di emergenza e di aver creato un ufficio per inviare ai singoli governatorati i soccorsi necessari richiesti. Una speciale campagna di disinfestazione contro le zanzare sarà condotta nelle aree colpite, nell’ambito della campagna contro la malaria. Il presidente ha stabilito un primo stanziamento di 20 miliardi di rial (circa 78 milioni di euro). Aiuti sono stati annunciati dai Paesi della regione ed anche da agenzie internazionali. Gli Emirati arabi hanno annunciato soccorsi, la Tadhamon Islamic Bank ha stanziato 150 milioni di rial (quasi 600mila euro), l’Organizzazione della conferenza islamica ha promesso 250mila dollari e il presidente dell’Arab Gulf Program (AGFUND), principe Talal Bin Abdul Aziz ha annunciato uno stanziamento di 562mila riyal sauditi (circa due milioni di dollari). (R.P.)

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    Settanta vescovi della Catholic Fraternity provenienti da tutto il mondo s’interrogano ad Assisi sul ruolo delle comunità carismatiche

    ◊   I settanta e più vescovi di ogni continente interessati alle nuove comunità del Rinnovamento carismatico, riuniti ad Assisi per il secondo Meeting internazionale sul tema “I carismi nella vita della Chiesa particolare”, hanno iniziato questa mattina i lavori con la conferenza del prefetto della Congregazione per il clero, il cardinale Claudio Hummes. Ma prima si erano riuniti nella basilica di Santa Maria degli Angeli per la concelebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, il quale all’omelia ha fatto loro osservare come, riflettendo in questi giorni sui carismi nella vita della Chiesa, “voi approfondite anche quanto lo Spirito Santo, come forza che proviene dall’Alto, sia all’opera nella vita della Chiesa per arricchirla, farla crescere e guidarla nella sua missione, anche in relazione alle nuove sfide che il mondo di oggi pone all’evangelizzazione”. Il cardinale Hummes, dando poi il via alle relazioni che impronteranno i lavori di questi giorni, ha esplicitato il tema del discernimento spirituale dei carismi nella Chiesa locale con riferimento al rinnovamento carismatico cattolico, ricordando quanto ebbe a dire Giovanni Paolo II dieci anni or sono nel Messaggio al Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali, dal 27 al 29 maggio 1998, in Roma: “Nella Chiesa non c’è contrasto o contrapposizione tra dimensione istituzionale e dimensione carismatica, di cui i movimenti sono un’espressione significativa. Ambedue sono co-essenziali alla costituzione divina della Chiesa fondata da Gesù, perché concorrono insieme a rendere presente il mistero di Cristo e la sua opera salvifica nel mondo”. Il porporato ha affermato, quindi, che i carismi sono espressioni speciali della presenza ed attuazione dello Spirito Santo, sia nella Chiesa in quanto tale, sia in determinati gruppi e singole persone, membri della Chiesa. Dall’altra parte, tali carismi hanno bisogno di uno speciale discernimento, e l’ultima e autorevole parola, nel processo di discernimento, che deve essere sempre accolta nell’ubbidienza, sarà quella dei pastori della Chiesa. A loro spetta questo servizio, a volte complesso. Alla relazione è seguito un dialogo con il relatore e le testimonianze dei partecipanti, tra i quali figurano anche rappresentanti di altre Chiese e denominazioni cristiane. (Da Assisi: Giovanni Peduto)

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    Filippine: celebrata la Domenica delle carceri

    ◊   La Chiesa filippina ha celebrato l'altro ieri la Domenica delle carceri che ha concluso una settimana di iniziative per sensibilizzare il Paese sulle difficili condizioni di vita dei detenuti, pregare per loro e promuovere iniziative che li aiutino ad affrontare la detenzione e, una volta scontata la pena, a reinserirsi nella società. “Il tuo amore è la mia luce, guida e forza” è stato il tema della giornata, organizzata dalla Commissione per la cura pastorale dei carcerati della Conferenza episcopale filippina. Un titolo con cui gli organizzatori hanno voluto richiamare l’attenzione dei cattolici sul dovere della solidarietà anche verso chi si trova in carcere. “Vogliamo ricordare ai fedeli – ha scritto nel messaggio per l’occasione il presidente della Commissione mons. Pedro Arigo, “che è l’Amore che porta la vita e la speranza ai nostri fratelli e sorelle in prigione. Per l’amore di Cristo i peccatori si sono pentiti, le persone sole hanno gioito, i deboli sono divenuti forti e i disperati sono stati riempiti di speranza”. Ma la settimana si sensibilizzazione è stata anche un’occasione per sollecitare ancora una volta le autorità filippine a migliorare le condizioni degli oltre 180mila prigionieri rinchiusi nelle sovraffollate carceri del Paese e accelerare i tempi eccessivi dei processi, poiché, come scrive ancora mons. Arigo nel messaggio, “un sistema giudiziario efficiente e rispettoso dei diritti dei detenuti è un prerequisito per combattere la criminalità e per costruire una società in cui le persone vengano rispettate nella loro interezza”.
    La Chiesa filippina, attraverso la sua Commissione per la cura pastorale dei carcerati, è da tempo attivamente impegnata su questo fronte, come su quello dell’abolizione della pena di morte, con numerose iniziative di sostegno ai detenuti e ai loro familiari. (L.Z.)

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    Austria: i giovani e il dialogo interculturale

    ◊   "72 ore senza compromessi": la più grande campagna sociale che coinvolge i giovani di tutta l'Austria è stata inaugurata a Vienna il 22 ottobre scorso. L'iniziativa, giunta alla sua quarta edizione, prevede quest'anno l'attuazione di 403 progetti nel settore del sociale, cui partecipano circa 5.000 giovani austriaci. "In questo modo", ha sottolineato il Presidente della Caritas austriaca, Franz Küberl, durante la presentazione della campagna, "i giovani apporranno all'Austria il marchio della convivialità", prendendo posizione "contro il mutismo e l'assenza di pensieri oramai dilaganti nella società". L'azione di quest'anno si svolge all'insegna del dialogo interculturale: sono infatti previsti progetti da realizzare in Ungheria, Sud Tirolo e Repubblica Ceca. Tra i vari progetti - riporta l'agenzia Sir - concretamente verranno costruiti memoriali per le vittime dei crimini nazisti, saranno organizzate feste interculturali, verrà restaurata la parte del cimitero di Vienna in cui si trovano tombe di ebrei. La campagna è sostenuta espressamente dalla Conferenza episcopale austriaca: "L'impegno dei giovani è una fonte costante d'ispirazione per i vescovi", ha affermato mons. Franz Lackner, responsabile della Commissione per la pastorale giovanile. "I giovani", ha aggiunto, "danno un esempio di quella 'vigilanza del cuore' urgentemente necessaria per la società". "I giovani che si impegnano volontariamente per una buona causa sono portatori di speranza per l'Austria. Si mettono volontariamente a servizio di una giusta causa, impegnandosi senza compromessi e vivono pertanto nello spirito dell'amore per il prossimo". (L.Z.)

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    Così “San Paolo parla" ai Romani. Grande successo del primo incontro, tenuto da mons. Ravasi, sulle Lettere dell’Apostolo nella Basilica ostiense

    ◊   Una magistrale esegesi della “Lettera ai Romani” dell’arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha caratterizzato ieri sera il primo dei cinque incontri del ciclo “San Paolo parla”, che la Basilica Ostiense ha promosso nel contesto delle celebrazioni per l’Anno Paolino. Un evento che ha avuto come altri protagonisti il cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, e il sindaco della città, Gianni Alemanno, che hanno dato una testimonianza della loro visione e del loro impegno, rispettivamente nella vita pastorale e in quella politico-amministrativa, alla luce dell’eredità lasciata dell’Apostolo “concittadino”. Passi salienti della “Lettera ai Romani” sono stati letti da un giovane e valente attore, Vincenzo Bocciarelli, mentre tre “intervalli” musicali sono stati animati dall’eccellente Coro interuniveristario di Roma, diretto dal maestro don Massimo Palombella, che sotto la volta dell’abside mosaicata, splendente di luci, ha interpretato celebri pagine (fra cui il “Credo”) di Pier Luigi da Palestrina. Ha condotto l’incontro il giornalista vaticanista, Piero Schiavazzi, che ha introdotto per primo il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete della Basilica. Questi, nel salutare gli intervenuti, ha ricordato le finalità dell’Anno Paolino, le iniziative di carattere religioso e culturale in programma e il crescente numero di pellegrini che da ogni parte del mondo vengono a venerare il Sepolcro di San Paolo, dinanzi al quale, nel transetto della Basilica, affollato in ogni suo spazio, si è svolto l’incontro. Molte le personalità religiose e civili presenti e gli operatori dell’informazione. Alcune emittenti TV riproporranno l’evento in registrate. Il prossimo incontro con le Lettere di San Paolo, dedicato alla Prima Lettera ai Corinzi, è in programma lunedì 24 novembre. Pochi giorni dopo, in dicembre - ne è stata data ieri notizia - Benedetto XVI consegnerà a una rappresentanza di giovani universitari di Roma la “Lettera ai Romani”, della quale è allo studio una lettura pubblica nel Foro Romano, ripresa dalla televisione. (A cura di Graziano Motta )

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    Il frate Cappuccino, Michelangelo Serafini, compie 100 anni. Ricco programma di festeggiamenti ad Aracajù, città brasiliana in cui vive da 47 anni

    ◊   Partito nel 1935 in aiuto, per una “decina di anni”, alle Chiese sorelle del Nordest brasiliano, il frate Cappuccino padre Michelangelo Serafini, originario di Cingoli in provincia di Macerata, vi è rimasto 73 anni che, aggiunti ai 27che aveva al tempo dell’arrivo, gli consentono di celebrare il 30 ottobre un secolo di vita. Padre Michelangelo partì dall’Italia il 18 ottobre 1935, all’indomani dell’ordinazione sacerdotale ricevuta nel Santuario di Loreto. Dopo qualche anno di attività a Vitoria da Conquista, e un brevissimo soggiorno ad Alagoinhas, nello Stato di Bahia, fu trasferito ad Aracajù, dove si stava costruendo il convento e il Santuario di San Giuda. Superata senza più pensarci la scadenza decennale che si era posto, padre Serafini aveva a quel punto imparato a convivere con i poveri, adeguando il proprio passo a quello dei più deboli, evitando di oltrepassarli per non umiliarli ma cercando di restare indietro per poterne udire i lamenti. Aracajù, la città in cui vive da 47 anni e che è la capitale del più piccolo Stato brasiliano, ha preparato un interessante programma di festeggiamenti per ricordare quanto egli ha fatto e sta facendo per la gente sergipana. Nonostante l’età, il religioso è attivo come un cinquantenne, grazie a un fisico che non ha mai avuto bisogno di medicine. Ieri, ha collaborato alla costruzione del Santuario di S. Giuda Taddeo (su un suo disegno) e alla fondazione di Gurilàndia, una Casa del fanciullo per bambini abbandonati o figli di famiglie povere, dotata di scuola primaria, corsi di dattilografia e di “corte e costura” (taglio e cucito, per ragazze). Inoltre, visita tutti i giorni ammalati negli ospedali o nelle favelas e, soprattutto, ascolta quanti si recano al “Mirante dos Capuchinhos” (il Belvedere dei Cappuccini) per chiedere un consiglio o un vestito, che padre Michelangelo non rifiuta a nessuno. (A cura di padre Egidio Picucci)

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    Da un'idea di don Paolo Padrini nasce “iBreviary”, applicativo per leggere la Bibbia sui nuovi dispositivi multimediali

    ◊   La Parola e la preghiera viaggiano anche sui nuovi supporti informatici. A portare parte della Bibbia su "iPhone" e "iPod Touch" è don Paolo Padrini, sacerdote della diocesi di Tortona, curatore del blog “Passi nel deserto”. Coniugando la passione per le nuove tecnologie con la propria missione pastorale, Padrini ha ideato "iBreviary", “un’applicazione - come spiega egli stesso al SIR - che consente di scaricare le preghiere del giorno salvandole sui due dispositivi e rendendole disponibili ad ogni utente”. L’iBreviary, spiega ancora don Padrini, “nasce dalla consapevolezza che anche i nuovi strumenti di comunicazione possono aiutare il cristiano nella preghiera e, in questo caso, attraverso la diffusione dei Salmi, possono divulgare la Scrittura anche nella sua dimensione culturale ed universale”. Si tratta, aggiunge Padrini, di “un’iniziativa in linea con quanto indicato dal Sinodo: uno strumento in più per aiutare i cristiani e gli uomini del nostro tempo, ad incontrare la Bibbia, e ad accostarsi alla preghiera del Breviario. Un modo anche per far sperimentare all’uomo ipertecnologico di oggi un uso di uno strumento avanzato, in linea con la propria spiritualità e di ausilio alle proprie esigenze di preghiera personali ed ecclesiali”. Per informazioni, consultare il sito www.dimix.it/ibreviary. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Arrestati due naziskin in USA: pianificavano un massacro di persone di colore e l’uccisione di Barack Obama

    ◊   Un brivido per l'America a una settimana dal voto presidenziale. Le autorità federali hanno arrestato due giovani neonazisti skinhead nel sud del paese che, secondo le accuse, preparavano un massacro di persone di colore che doveva concludersi con il tentativo di assassinare Barack Obama, primo uomo di colore nella storia degli Stati Uniti a trovarsi a un passo dalla Casa Bianca. In seguito alle minacce nei confronti del senatore dell’Illinois, sembra incombere su queste elezioni presidenziali americane il fantasma della questione razziale. Stefano Leszczynski ha intervistato Giuseppe Mammarella, docente di relazioni internazionali alla Stanford University:

    R. - C’è stato, da parte del Partito democratico, e da parte soprattutto di Obama, il tentativo di tenere ai margini la questione razziale. Tutte le volte che anche i membri della comunità nera hanno cercato di aprirla, Obama ha cercato di attenuare i toni perché sa benissimo che questo è uno dei temi forse più delicati di tutta la campagna elettorale. Ma era inevitabile che, presto o tardi, il tema uscisse fuori.

     
    D. - Si rischia, forse, di confondere negli Stati Uniti, questione razziale e questione sociale? Si sovrappongono, in un certo senso?

    R. - Esatto. Direi che, dal punto di vista giuridico, il problema della minoranza nera non esiste più. Il problema è un problema sociale, perché in effetti oggi la grande maggioranza dei poveri sono neri ed esiste ancora una certa discriminazione dal punto di vista sociale nei confronti della minoranza di colore.

     
    D. - Quali potrebbero essere i timori di una certa parte della società americana di fronte ad un presidente democratico e nero?

    R. - Durante uno degli ultimi discorsi fatti, Barack Obama ha parlato della necessità di una ridistribuzione della ricchezza e questo si riflette soprattutto in uno dei suoi programmi elettorali, quello fiscale. Il timore c’è che il candidato Obama vada al di là di questo.

     
    D. - Una notizia che è un pò passata sotto tono, al di fuori degli Stati Uniti, è quella che riguarda i preparativi delle Forze dell’ordine, nel caso di una sconfitta di Obama. C’è il timore che possano esserci delle rivolte dei ghetti?

     
    R. - Non è da escludere, perché soprattutto coloro che non avevano votato in passato e che oggi votano, nella speranza di avere un presidente nero, certamente sarebbero profondamente delusi e frustrati da una sconfitta di Obama, soprattutto se essa avvenisse sul filo di lana, cosa non improbabile.

    Iraq
    Almeno quattro persone sono state uccise e altre dieci ferite dall'esplosione di un'autobomba nella parte ovest di Baghdad. Nelle stesse ore, a Mossul, a nord della capitale, quattro giovani poliziotti sono stati uccisi e altri quattro sono stati feriti in un attacco armato. E sempre nella provincia di Mossul una pattuglia congiunta dell'esercito e della polizia ha scoperto i cadaveri di almeno 20 persone nella cisterna di un'abitazione abbandonata, nel quartiere al-Salam della cittadina di Tellafer, 400 km a nord di Baghdad. I cadaveri, hanno aggiunto le stesse fonti, sono stati recuperati e consegnati all'obitorio dell'ospedale generale di Tellafar.

    Pakistan
    La mini jirga, l'assemblea dei rappresentanti delle tribù che si trovano al confine tra Pakistan e Afghanistan, cominciata ieri con la presenza di esponenti di entrambi i Paesi, ha deciso oggi di avviare colloqui con i talebani e i militanti che si trovano in entrambi gli Stati. L'incontro ha fatto il punto sulla situazione della legge e dell'ordine nelle aree di confine, dove da mesi è in corso una guerra fra militanti ed eserciti pakistano e americano. La jirga si chiuderà ufficialmente stasera con una conferenza stampa.

    Afghanistan
    Gli Stati Uniti intendono avviare negoziati con i talebani in Afghanistan, secondo quanto riferisce oggi il Wall Street Journal, che cita responsabili anonimi in seno all'amministrazione americana. Tale nuova posizione sarebbe contenuta in un piano di rapporto della Casa Bianca relativo alla strategia americana in Afghanistan, aggiunge il Wall Street Journal. I negoziati verrebbero condotti dal governo afghano, “con la partecipazione attiva degli Stati Uniti”, scrive il giornale, secondo il quale la versione finale del rapporto sulla strategia USA è attesa per il mese prossimo, dopo le elezioni presidenziali del 4 novembre.

    Niente accordo di pace in Medio Oriente entro il 2008
    Israeliani e palestinesi “a quanto pare non riusciranno a raggiungere entro la fine del 2008” le intese auspicate l'anno scorso nella conferenza di Annapolis, negli USA. Lo ha constatato ieri il negoziatore capo Abu Ala (Ahmed Qurei), in un discorso tenuto a Tel Aviv di fronte al 'Comitato israeliano per la pace e la sicurezza”. Secondo Abu Ala, la chiave per portare avanti il processo di pace è l’iniziativa saudita del 2002 “che rappresenta un cambiamento strategico da parte del mondo arabo”, in quanto prefigura un riconoscimento generale di Israele da parte dei Paesi arabi in cambio di un ritiro totale dai territori occupati e di una soluzione concordata della questione dei profughi palestinesi. Di recente, il capo dello Stato, Shimon Peres, e il ministro della Difesa, Ehud Barak, si sono detti in favore di un’iniziativa israeliana che si basi proprio sulle proposte saudite.

    Somalia - scade oggi l’ultimatum dei sequestratori della nave ucraina
    L'ultimatum di 24 ore lanciato dai pirati somali scade oggi: hanno chiesto vari milioni di dollari in cambio della vita dei 20 ostaggi, (17 ucraini, due russi e un lettone, membri dell’equipaggio), sequestrati a bordo della nave ucraina "Fainà", assaltata un mese fa al largo delle coste della Somalia. Intanto, l’imbarcazione sequestrata è stata raggiunta da diverse navi da guerra appartenenti agli Stati Uniti e da una che batte bandiera russa. Nina Karpaceiva, difensore dei diritti umani in Ucraina, è in viaggio verso il Kenya per intrattenere colloqui con tutte le parti coinvolte nei negoziati con i pirati. Sembra si tratti di giovani somali tra i 14 e i 27 anni.

    Giovane donna lapidata in Somalia
    Lapidata a 23 anni perché accusata di adulterio: è accaduto a Asha Ibrahim Dhuhulow, donna somala condannata a morte da un tribunale islamico a Chisimaio, città nel sud della Somalia sotto il controllo di fondamentalisti islamici. Durante l’esecuzione, riferiscono fonti locali, gli integralisti di guardia hanno aperto il fuoco per fermare un congiunto della donna che voleva aiutarla e hanno ucciso un bambino. Secondo i familiari, Asha non ha ricevuto un processo coranico equo: "L'Islam", ha ricordato uno di loro, "non permette che una donna sia messa a morte per adulterio se non vengono presentati pubblicamente l'uomo col quale ha avuto rapporti sessuali e quattro testimoni del fatto". I giudici fondamentalisti si sono limitati a replicare che puniranno in maniera adeguata la guardia responsabile della morte del bimbo. Questo rappresenta il primo episodio del genere di cui si abbia notizia in Somalia da due anni a questa parte.

    Zimbabwe
    I capi di governo dell'Africa australe non sono riusciti ieri, malgrado discussioni durate 13 ore, ad avvicinare le posizioni delle due parti politiche che si confrontano in Zimbabwe e hanno chiesto che si svolga ora un vertice “allargato”. Lo si apprende dal comunicato emesso ad Harare. Scopo del vertice cui hanno partecipato la maggior parte dei capi di governo della SADC, l'associazione per la cooperazione e lo sviluppo economico dell'Africa Australe, era fare pressione sul presidente, Robert Mugabe, e su Morgan Tsvangirai, leader del Movimento democratico per il cambiamento, il partito che ha vinto le elezioni legislative svoltesi nell'ormai lontano marzo, perchè si accordassero sulla attribuzione dei ministeri. Un accordo intercorso tra i due e ufficialmente sottoscritto prevede che venga formato un governo di unione nazionale. Ma sia Mugabe sia Tsvangirai vogliono per un loro uomo il dicastero dell'Interno, dal quale dipende la Polizia. Nel documento conclusivo, si chiede ora che “con urgenza” venga indetto un nuovo vertice al quale partecipino stavolta tutti i capi di Stato o di governo della SADC.

    Spagna
    Quattro presunti militanti dell'organizzazione separatista basca ETA sono stati arrestati in nottata a Pamplona, nel nord, e a Valencia, nel sud. Lo ha annunciato la televisione nazionale, aggiungendo che la polizia nazionale, che ha condotto l'operazione, continuava a perquisire diverse abitazioni. Gli arrestati sono sospettati di essere militanti dell'ETA non clandestini e non schedati dalle forze dell'ordine. Nella sua lotta indipendentista, l'ETA, che figura sulla lista delle organizzazioni terroristiche degli USA e dell'UE, è responsabile della morte di 824 persone in 40 anni di violenze. Dopo la rottura del suo ultimo cessate-il-fuoco, nel giugno 2007, l'ETAha ripreso la campagna di attentati, uccidendo in totale cinque persone.

    Netto rialzo delle Borse asiatiche e guadagno delle Borse europee
    Dopo il crollo degli indici finanziari di ieri, che non ha risparmiato nessuna delle Borse asiatiche principali, a distanza di 24 ore Hong Kong mette a segno un balzo del 12,74%. Incertezza per i principali mercati azionari europei: dopo un’ora dall’apertura positiva, si azzerano i guadagni, ma a metà mattinata le Borse europee si rialzano. Londra guadagna il 3,98%, Parigi sale del 2,73% e Francoforte registra un progresso del 8,73%. In rialzo anche Piazza Affari a Milano. I futures Usa, nel frattempo, danno indicazioni positive, con guadagni superiori al 4%, e sembrano anticipare un risoluto rimbalzo di Wall Street.

    UE - Russia
    Il summit di Nizza del 14 novembre tra UE e Russia stabilirà un nuovo calendario dei negoziati per il rinnovo della partneship tra Bruxelles e Mosca. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri francesi, Bernard Kouchner - il cui Paese assicura la presidenza di turno della UE - dopo i colloqui a San Pietroburgo con il suo collega russo, Serghei Lavrov. “Se entro il 13 novembre non accadrà nulla di straordinario, penso che stabiliremo un nuovo calendario” dei negoziati per un nuovo accordo di partnership con la Russia, ha dichiarato il capo della diplomazia francese, citato dall'agenzia Interfax.

    La FAO chiede verifiche a Pechino sulla melamina
    La FAO chiede garanzie a Pechino affinché effettui verifiche sull’eventuale presenza di melamina negli alimenti destinati alla nutrizione degli animali. Già nell'estate 2007, gli USA avevano bloccato l'importazione dalla Cina di alcune marche di cibo per animali domestici proprio perchè contenenti una dose eccessiva della sostanza. L’allarme melamina è poi esploso lo scorso settembre, quando quattro bambini cinesi sono morti e migliaia sono stati ricoverati con problemi ai reni dopo aver consumato latte in polvere contenente melamina. E sempre oggi, la catena di supermercati americana Wal-Mart ha bloccato la distribuzione di uova di un importante fornitore cinese, dopo che controlli effettuati sui prodotti hanno riscontrato una forte presenza della sostanza incriminata.

    Immigrazione irregolare
    Sono 218 gli immigrati approdati stamane a Lampedusa, 18 sono donne. Sono stati trasferiti nel Centro di prima accoglienza dell'isola, aggiungendosi così agli oltre 1400 stranieri presenti. Sbarco nella notte anche a Siracusa: sono arrivate 57 persone tra le quali 5 donne e tre presunti scafisti, tutti provenienti dall'Africa centrale. E il tema dell’immigrazione è al centro della proposta italo-maltese di formare il "Gruppo dei Quattro" (Italia, Malta, Cipro e Grecia) come fronte comune a Bruxelles per alzare l'attenzione dell'Unione Europea sui problemi del Mediterraneo. Si parla di una possibile adesione anche da parte della Spagna. Secondo fonti giornalistiche, tra poche settimane avrà luogo una riunione a Roma.

    Lituania
    Il vincitore delle elezioni legislative in Lituania, il conservatore Andrius Kubilius, è stato incaricato in mattinata di formare il nuovo governo dal presidente lituano, Valdas Adamkus. I conservatori di "Unione per la patria", finora all'opposizione, hanno nettamente battuto nelle elezioni di domenica scorsa i socialdemocratici del premier uscente, Gedimias Kikilias. Kubilius dovrà ora lavorare a un governo di coalizione.

    Corea del Nord
    Il leader nordcoreano, Kim Jong-il, è con ogni probabilità ricoverato in ospedale, ma ancora in grado di prendere decisioni. Lo ha detto oggi il premier giapponese, Taro Aso, citando informazioni dei Servizi segreti. La salute di Kim è stata al centro di numerose indiscrezioni, dopo che il leader comunista ha disertato la solenne parata del 9 settembre per il 60.mo anniversario della fondazione della Corea del Nord. Secondo le autorità sudcoreane, Kim sarebbe stato colpito da ictus. Proprio ieri, il canale giapponese Fuji Tv ha mandato in onda le immagini girate a Parigi, la settimana scorsa, di un uomo presentato come Kim Jong-nam (figlio del dittatore), che si sarebbe diretto in un ospedale della capitale francese per incontrare un neurochirurgo, poi recatosi a Pyongyang. La tv nipponica ha pure mostrato le immagini del medico, il cui nome non è stato però reso noto, riprese all'ingresso dell'aeroporto Charles de Gaulle, due giorni dopo l'intervista a Kim Jong-nam. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e di Federica Andolfi)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 302

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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