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Sommario del 27/10/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Distinguere tra religione e politica è una specifica conquista della Cristianità: così il Papa alla nuova ambasciatrice delle Filippine
  • Altre udienze
  • Le conclusioni del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio: intervista con padre Rupnik
  • La visita del Papa in Africa, importante segno di attenzione per un continente diviso tra sofferenze e speranza. Il commento di padre Claudio Zuccala, direttore della rivista missionaria "Africa"
  • La comunità cristiana in Iraq ha accolto con gioia l'appello lanciato dal Papa all'Angelus: la testimonianza di don Sacco, di Pax Christi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Insediamento ufficiale a Firenze di mons. Giuseppe Betori, nuovo arcivescovo della città
  • Anno Paolino: ciclo di incontri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Intervista con il cardinale Cordero Lanza di Montezemolo
  • Congresso mondiale a Roma contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e degli adolescenti
  • Chiesa e Società

  • Iraq: il vescovo di Erbil rilancia l’appello del Papa per la comunità cristiana di Mosul
  • Lettera dei vescovi canadesi sulle violenze anticristiane in India
  • Tra Amalfi e Istanbul corre il dialogo ecumenico delle “Chiese sorelle”
  • Caritas Europa chiede soluzioni per evitare che la crisi finanziaria colpisca i più poveri
  • I vescovi dell'Honduras: il Vertice Ibero-americano non vari misure contro la vita
  • Messico: inaugurato un progetto di Governo e Chiesa per il recupero dei tossicodipendenti
  • Spagna: per i vescovi dell'Estremadura la materia "Educazione alla cittadinanza" è contro la Dottrina sociale della Chiesa
  • Vietnam: si apre il processo per otto cattolici che protestarono contro la confisca dei beni
  • Cina: massiccia partecipazione di fedeli alle iniziative della Giornata Missionaria Mondiale
  • Conclusi i lavori della sessione autunnale dei vescovi coreani
  • Continua l’opera delle Missionarie Francescane di Maria tra i nomadi dell'India
  • Taiwan: 40 anni di attività del Centro per i Bambini di Hsin Chu dedicato a Santa Teresa di Lisieux
  • Portogallo: intervento della Chiesa sulla nuova legge sul divorzio
  • Francia: a novembre il primo Congresso di pastorale della salute
  • Sfila a Lima la processione del Signore dei Miracoli
  • Ultimo saluto a Brindisi per gli 8 militari italiani morti nell’incidente d’elicottero in Francia
  • Il film-dossier “Giovanni XXIII. Il pensiero e la memoria” sarà trasmesso dalla RAI a dicembre
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nuovo crollo delle Borse in Europa e Asia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Distinguere tra religione e politica è una specifica conquista della Cristianità: così il Papa alla nuova ambasciatrice delle Filippine

    ◊   “La distinzione tra religione e politica è una conquista specifica della Cristianità” ed è “tra i suoi fondamentali contributi storici e culturali”. Così il Papa ricevendo, stamane, le Lettere credenziali della nuova ambasciatrice delle Filippine, Cristina Castañer-Ponce Enrile. Il servizio di Roberta Gisotti.

    “La Chiesa è convinta che Stato e religione sono chiamati a supportarsi reciprocamente” per “servire insieme il benessere personale e sociale di tutti”. Benedetto XVI ha colto l’occasione di questa udienza per ribadire che l’“armoniosa cooperazione tra Chiesa e Stato richiede ai leader ecclesiali e civili di assolvere i loro doveri pubblici con costante preoccupazione per il bene comune”. “Coltivando uno spirito di onestà e d’imparzialità e mantenendo il fine della giustizia – ha spiegato il Papa - i leader ecclesiali e civili guadagnano la fiducia del popolo ed accrescono un senso di responsabilità condivisa fra tutti i cittadini per promuovere una civiltà dell’amore. Tutti dovrebbero essere motivati dal desiderio – ha sottolineato ancora il Santo Padre - di servire piuttosto che guadagnare personalmente o beneficiare pochi privilegiati”, partecipando inoltre al rafforzamento delle pubbliche istituzioni tutelandole dalla corruzione della faziosità e dell’elitarismo.
     A tale proposito Benedetto XVI ha lodato le numerose iniziative avviate nella società filippina per proteggere i deboli, specialmente i bambini non nati, i malati e gli anziani. Ha poi raccomandato al Governo di Manila particolare sollecitudine verso i lavoratori immigrati, perché siano rispettati i loro diritti e siano integrati nella società, facilitando anche i ricongiungimenti familiari. Il Papa ha infine auspicato che la riforma agraria approvata nelle Filippine, allo scopo di migliorare le condizioni dei poveri possa portare la sperata crescita economica e l’espansione sui mercati internazionali, pregando che i benefici siano condivisi dai contadini e dalle loro famiglie.

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    Altre udienze

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi; il cardinale Roger Michael Mahony, arcivescovo di Los Angeles; mons. Jesús Esteban Sádaba Pérez, vescovo tit. di Assura, vicario apostolico di Aguarico (Ecuador), in visita "ad Limina".

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    Le conclusioni del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio: intervista con padre Rupnik

    ◊   Oggi emerge sempre di più l’esigenza “di un ascolto più intimo di Dio, di una conoscenza più vera della sua parola di salvezza”: è quanto ha detto ieri Benedetto XVI nella Basilica di San Pietro durante la Messa celebrata a conclusione del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio. Ma quale bilancio si può fare di questa Assemblea sinodale? Ascoltiamo il teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik, che ha partecipato ai lavori in qualità di esperto. L’intervista è di Sergio Centofanti.

    R. - E’ stato un evento grande ed importante per la Chiesa, intanto perché il Sinodo ha fatto vedere una grande intesa tra i vescovi, tra i Padri sinodali, sulle questioni fondamentali relative alla Parola di Dio. Poi è emerso che la “Dei Verbum” del Concilio Vaticano II è veramente entrata nella vita della Chiesa. Questo documento ha cambiato tante cose nel senso che ha contribuito a dare una grande vitalità alla Chiesa. Altro tema importante è stata la richiesta di un equilibrio nell’esegesi, l’esigenza di non vivere una specie di dualismo tra un’esegesi accademica e scientifica e un’esegesi spirituale: al Sinodo è stato chiesto di evitare il rischio di questo dualismo che alterna un’esegesi razionalista e un’esegesi impregnata di fideismo astratto. Ecco, questo mi sembra sia stato un altro elemento estremamente importante che è stato totalmente accolto come un dato di fatto dai Padri sinodali.

     
    D. – La Parola di Dio, è stato detto, è più di uno scritto, è una Persona, è Cristo stesso. Il cristianesimo non si può dire religione del Libro ma della Parola vivente di Dio…

     
    R. – Assolutamente. Ricordo che una volta ho chiesto ai miei studenti, prendendo la Bibbia, quale fosse la cosa più importante del libro che tenevo in mano. Mi hanno dato tante risposte. “Guardate – ho risposto - è molto semplice: è il dorso di questo libro. La Bibbia è fatta di tanti libri e c’è questo dorso che unisce tutti questi libri in un libro unico e questo dorso è Cristo”. Io penso che questo è fondamentale perché questo ci impedisce di scivolare negli astrattismi e nella sola prassi che diventa un moralismo ideologico. No, la Parola ci unisce ad una Persona che è il nostro Salvatore. Allora si tratta di una relazione interpersonale: quando ci si accosta la Bibbia, ci si accosta ad una Persona vivente e, come dice Origene nel commento al Cantico dei Cantici, non bisogna accostarsi con violenza ma con quell’amore che caratterizza il rapporto tra l’amata e l’amato nel Cantico dei Cantici, perché una persona si rivela e ti parla quando si sente amata. Perciò agli umili si aprono i misteri della sapienza del Verbo, mentre ai superbi Dio resiste.

     
    D. – Il Papa invita a rilanciare la Lectio divina, la lettura orante e meditata della Sacra Scrittura. Un credente come può affrontare, in modo fruttuoso, la lettura della Parola di Dio?

     
    R. – Ci sono tante vie, però per poter meditare, per poter “nuotare” nella Parola di Dio, bisogna “mangiarla” tanto, per usare le parole del profeta, bisogna “mangiare” il libro. Se noi conosciamo appena tre brani qua e là nella Bibbia è difficile meditare. E poi non va dimenticato, neanche per un istante, che il passaggio dalla Parola alla carne, cioè alla vita, alla visibilità della Parola, alla concretezza storica della Parola, l’artefice principale è lo Spirito Santo. Dunque, non esiste nessuna attuazione, nessuna realizzazione della Parola nella storia, come nessuna comprensione della Parola, senza lo Spirito Santo, altrimenti si può prendere la Parola come un testo di qualsiasi programma ideologico e poi ci sforziamo di metterlo in pratica. Allora, che differenza c’è tra la Parola ed un’altra cosa?

     
    D. – Il Papa esorta a curare molto il silenzio perché “Dio parla attraverso il silenzio”, come “una brezza leggera”. “Le nostre parole - dice il Papa - non coprano la voce di Dio”…

     
    R. – Oggi il silenzio è una questione praticamente assente. Io mi ricordo che una volta hanno chiesto al regista russo Andrej Tarkovskij che cosa consigliasse, lui, ai giovani d’Europa e lui ha detto: “Che imparino il silenzio!”. Cioè, la voce di Dio è la più silenziosa perché è la più mite, la meno violenta, e se noi viviamo nel frastuono continuo del mondo, è chiaro che non capiremo mai qual è la Parola di Dio e correremo dietro a tante cose battezzandole come di Dio ma non sono di Dio. Invece, il monaco, come anche tante mamme, tante nonne, tante persone semplici che sono messe nella situazione del silenzio, ci possono dare una mano e in comunione con loro, impariamo anche noi ad ascoltare il cuore: impariamo la sera, prima di andare a letto, a chiudere tutto, a spegnere tutto, restando un attimo nel totale silenzio della stanza, per ascoltare il cuore. Impariamo così, pian piano, a scendere, scendere oltre questi strati di suoni, rumori, dolori, paure, per arrivare al silenzio.

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    La visita del Papa in Africa, importante segno di attenzione per un continente diviso tra sofferenze e speranza. Il commento di padre Claudio Zuccala, direttore della rivista missionaria "Africa"

    ◊   L’aveva indicata come una priorità pastorale e sociale all’inizio del Pontificato e ne aveva parlato con incisività durante la sua visita all’ONU, lo scorso aprile, senza contare i numerosi appelli levati in questi anni in favore del continente. Ora è ufficiale: quell’Africa tante volte nominata da Benedetto XVI sarà meta di un suo prossimo viaggio apostolico. E’ di ieri, l’annuncio del Papa della visita in Camerun e Angola, nel marzo 2009, rispettivamente per consegnare ai vescovi locali il documento preparatorio del prossimo Sinodo per l'Africa e per celebrare i 500 anni dell'evangelizzazione angolana. Un annuncio importante e atteso, come conferma il direttore della rivista “Africa” dei Padri Bianchi, padre Claudio Zuccala, intervistato da Alessandro De Carolis:

    R. - Così, a caldo, è una reazione di grande gioia. Infatti, ci stavamo chiedendo, noi missionari che abbiamo lavorato in Africa, quando ci sarebbe stato questo annuncio della visita. Ora ne siamo felici, perché è segno di un’attenzione verso l’Africa iniziata dal predecessore di Papa Benedetto e che abbiamo la gioia di veder continuare.

     
    D. - Parlare di Africa, vuol dire anche parlare delle emergenze umane e sociali di questo continente, dei suoi conflitti spesso dimenticati. Un’Africa che soffre, per lo più, quella che incontrerà il Papa…

     
    R. - Sì, un’Africa che soffre in tanti Paesi che la compongono, però anche un’Africa che continuamente manda segnali di speranza. I primi che mi vengono in mente: la vitalità e la giovinezza di questo continente e la testimonianza della Chiesa. Quando parlo di Chiesa, mi riferisco soprattutto ai laici che hanno saputo testimoniare anche in momenti molto dolorosi e critici il loro attaccamento a Cristo e al suo Vangelo. E poi la capacità di questo continente che non si spezza mai sotto i colpi anche più duri inferti dal destino, ma soprattutto dall’uomo nelle sue manifestazioni più tristi: di cupidigia, di odio, di guerra e di violenza.

     
    D. - Rispetto a questi valori positivi dell’Africa che lei ha appena citato, in cosa il Camerun e l’Angola possono essere, secondo lei, emblematici?

     
    R. - Il Camerun è emblematico perché è proprio lì che Papa Giovanni Paolo II portò personalmente l’Esortazione postsinodale Ecclesia in Africa e quindi è significativo che, 13 anni dopo, il primo Paese che il viaggio del Papa toccherà sia proprio il Camerun: è una sorta di continuazione, quasi il passaggio simbolico di un testimone. Il Camerun, poi, è anche un Paese a maggioranza cristiana e quindi è importante che il Papa voglia rendere omaggio a tutti i fedeli che vivono lì. Per quanto riguarda l’Angola, il fatto che si celebrino i 500 anni di cristianesimo in quella nazione, ma soprattutto che essa in questo momento stia sperimentando un certo boom economico, anche se non equamente distribuito, è un segno sia di incoraggiamento, perché questa ripresa continui - ricordiamo, fra l’altro, che l’Angola ha vissuto una guerra civile tremenda finita solo pochi anni fa - sia soprattutto del fatto che in questa ricostruzione si tengano presenti i poveri, cioè la maggioranza della popolazione. Quindi, forse, la presenza del Papa, con un forte richiamo alla giustizia, al riconoscimento dei gravi problemi che toccano la maggior pare degli angolani, potrà spronare il governo a prendere delle decisioni in questo senso.

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    La comunità cristiana in Iraq ha accolto con gioia l'appello lanciato dal Papa all'Angelus: la testimonianza di don Sacco, di Pax Christi

    ◊   La giornata di ieri è stata anche quella del nuovo accorato appello del Papa, affinché in Iraq e in India per le comunità cristiane torni la pacifica convivenza e finiscano violenze e persecuzione che nelle ultime settimane hanno provocato numerose vittime. Come sono state accolte le parole del Santo Padre dai cristiani che in quei Paesi stanno vivendo momenti così drammatici? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a don Renato Sacco, di Pax Christi, da poco rientrato dall’Iraq:

    R. – Quando il Papa fa un riferimento ad una situazione difficile, per chi ne è coinvolto è davvero il cuore che si apre. Io l’ho verificato di persona quando ero in Iraq durante la guerra. Quindi, è proprio una grande boccata di ossigeno per la speranza, perché il rischio per queste persone è che perdano anche la speranza - mi dicevano l’altro giorno – la speranza in tutte le istituzioni, a volte anche nella Chiesa, perché ci si sente impotenti. Allora il Papa ha dato un grande segno di speranza per continuare a lottare, a sperare nella vita, a non scappare, e credo che queste parole siano un invito grande anche per noi a non dimenticare.

     
    D. – Potranno esserci delle ricadute concrete di questo appello?

     
    R. – Noi ce lo auguriamo, perché è vero che queste violenze sono sicuramente anche il frutto di un gioco politico, di un calcolo di potere, ma la comunità internazionale non può non ascoltare questo appello anche se dobbiamo ricordare che già tante volte Giovanni Paolo II aveva richiamato la comunità internazionale a non fare la guerra, a prendersi delle responsabilità, a non imboccare quella strada, e poi invece questo è stato fatto! Tuttavia, noi speriamo che questa volta non sia così e che la comunità internazionale non sia sorda!

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del direttore sul cinquantesimo anniversario dell’elezione di Giovanni XXIII. In cultura, gli articoli di Marco Roncalli e dell’arcivescovo Loris Francesco Capovilla, e il testo del cardinale arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini che, il 7 giugno 1963, commemorò il Pontefice nel duomo di Milano.

    Nell’informazione internazionale, un articolo di Giuseppe Fiorentino a una settimana dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti.

    In rilievo il Vicino Oriente: Tzipi Livni rinuncia a formare il governo; Israele verso le elezioni anticipate.

    Nell’informazione religiosa, Giampaolo Mattei intervista l’arcivescovo Nikola Eterovic, che anticipa contenuti e prospettive della seconda assemblea speciale africana del Sinodo dei vescovi (4-25 ottobre 2009).

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    Oggi in Primo Piano



    Insediamento ufficiale a Firenze di mons. Giuseppe Betori, nuovo arcivescovo della città

    ◊   Si è svolta ieri nel Duomo di Firenze la solenne concelelebrazione eucaristica per la presa di possesso dell'arcidiocesi da parte del nuovo metropolita, mons. Giuseppe Betori, già segretario generale della Conferenza episcopale italiana. Il servizio di Mimmo Muolo.

     
    "Cercare Dio è la strada più efficace per servire l’uomo”. Si è presentato così, ieri, mons. Giuseppe Betori alla città e alla Chiesa di Firenze. La frase centrale della sua omelia, nel giorno in cui il nuovo arcivescovo del capoluogo toscano ha fatto il proprio ingresso in diocesi, vale in pratica un programma pastorale. E infatti, ha spiegato, “la Chiesa è un cammino”. Un cammino sulla via del Dio che ha il volto di Cristo ed è essenzialmente amore, quindi chiede di essere amato e di amare il prossimo. Tutta la giornata è stata in pratica attraversata da questo pensiero forte. Nei gesti e nelle parole. L’ex segretario generale della CEI ha messo l’accento su una Chiesa radicata nel territorio e vicina alla gente. Una Chiesa consapevole “che le nostre radici – ha detto – non sono un peso, ma una risorsa per orientare il futuro secondo canoni di autentica umanità”. Una Chiesa che vuole dialogare con il mondo della cultura e della scienza, per la costruzione di un nuovo umanesimo, proprio nella città – ha sottolineato – in cui l’umanesimo è nato.

     
    Mons. Betori, però, non si è limitato alle parole. Nel suo primo giorno da fiorentino ha anche compiuto alcuni gesti di grande valore simbolico. In mattinata la prima visita è stata all’ospedale pediatrico Meyer, dove ha lasciato ai piccoli degenti alcuni giocattoli e una lettera e dove ha ribadito che “ogni bambino ha diritto alla vita e ogni persona ha diritto alla sua dignità”. Il primo pranzo l’ha consumato in una delle mense della Caritas diocesana e il primo caffè l’ha bevuto con i detenuti in semilibertà del progetto “Buon Samaritano”. Poi, prima di recarsi in Duomo, si è fermato nella chiesa dell’Annunziata, il santuario di Firenze. “E’ qui che si diventa fiorentini”, ha detto, prima di consegnarsi all’abbraccio della gente.

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    Anno Paolino: ciclo di incontri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Intervista con il cardinale Cordero Lanza di Montezemolo

    ◊   Cosa direbbe San Paolo alla Chiesa che è in Roma e agli abitanti della città, se scrivesse oggi la sua “Lettera ai Romani”? Questa sera alle 20.30, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il cardinale Vicario Agostino Vallini ed il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, offriranno una testimonianza sull’Epistola che San Paolo indirizzò ai Romani duemila anni fa. Si tratta del primo di cinque incontri che, da qui a primavera, metteranno i protagonisti del nostro tempo a confronto con le Lettere paoline, nei diversi ambiti della politica, dell’economia, dell’informazione, dello spettacolo e dello sport. Oltre alle testimonianze, gli incontri prevedono l’intervento di un biblista di fama che questa sera sarà mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Roberto Piermarini ha chiesto all'arciprete della Basilica, il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, che ha organizzato il ciclo sulle Lettere paoline, come sia nata l’idea di questi incontri.

    R. – Ne abbiamo parlato tempo fa con mons. Ravasi, per capire cosa fare nell’anno paolino per gli aspetti più culturali, oltre che liturgici. E’ venuta così l’idea di questa programmazione con questa forma: una lettura, un’esegesi – che è il momento fondamentale - e poi una testimonianza da parte di persone di un certo rilievo, di una certa importanza nel campo della cultura, della società, ma anche della politica, delle comunicazioni, dell’industria, ecc., per dare anche una vivacità a questi incontri. L’importante è rispondere a questa domanda: “Oggi il messaggio di San Paolo è ancora valido? E in che modo?” E queste persone, dovranno testimoniare quanto sia importante la parola di Dio attraverso Paolo, quanto sia ancora viva e sia efficace nella vita di oggi.

     
    D. – Perché per il primo incontro è stata scelta la Lettera ai Romani?

     
    R. – Abbiamo pensato che come primo incontro, facendolo a Roma, intorno alla tomba di Paolo, la cosa migliore fosse la Lettera ai Romani, che non solo è la prima nell’ordine, non tanto storico e cronografico - che non è ancora chiaro – ma è quella che sicuramente è diretta a quello che era il centro del mondo di allora, cioè Roma. La lettera ai Romani poi è molto densa, quasi come una visione globale di quello che è l’insegnamento, mentre la Lettera agli ebrei, che è l’ultima – di cui si discute addirittura se sia autentica, tutta di San Paolo o dei suoi seguaci - ha un carattere molto diverso. Quindi, con la Lettera ai Romani abbiamo pensato di iniziare su cosa dice a noi - che siamo oggi non solo i romani di adozione o di residenza ma che siamo i custodi della tomba di Paolo - che cosa ci dice ancora oggi. Questa è stata l’idea centrale.

     
    D. – A questo primo incontro è stato invitato anche il sindaco di Roma, oltre che mons. Ravasi e il cardinale Vallini. Qual è lo spirito di questo primo incontro?

     
    R. – Lo spirito è proprio questo, di sentire la testimonianza dei responsabili della società di oggi, sia della società ecclesiastica, quindi il cardinale Vallini da poco Vicario di Roma; sia il sindaco Alemanno, responsabile degli aspetti civili della società, da poco sindaco di Roma. Li abbiamo contattati entrambi e tutti e due hanno risposto con grande entusiasmo, con grande piacere. Abbiamo insistito affinché ci dicano un poco qual è la loro esperienza personale, proprio sul piano personale e non soltanto sul piano del lavoro che stanno facendo, e qual è la loro esperienza in relazione al messaggio paolino contenuto nella Lettera ai Romani. E devo dire che è anche la prima volta che si incontrano in pubblico, per un dialogo di questo genere, il cardinale Vallini ed il sindaco Alemanno.

     
    D. – A chi sono rivolti questi incontri?

     
    R. – A tutti quelli che seguono con attenzione l’Anno Paolino ed in particolare l’invito è rivolto a tutti i romani.

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    Congresso mondiale a Roma contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e degli adolescenti

    ◊   Il dramma dei minori vittime dell’abuso e del mercato del sesso è stato al centro di un seminario promosso nei giorni scorsi a Roma da UNICEF ed ECPAT in vista del “III Congresso mondiale contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e degli adolescenti”, in programma a Rio de Janeiro, in Brasile, per novembre. Presenti anche esponenti del mondo politico italiano e rappresentanti di organizzazioni umanitarie impegnate nel campo dei minori, per fare il punto su nuove emergenze e priorità d’azione. Le coordinate del fenomeno nel servizio di Claudia Di Lorenzi:

    Tratta, turismo sessuale, pedopornografia e prostituzione minorile. Sono i segni delle barbarie degli adulti su un milione e mezzo di bambini, vittime nel mondo del mercato del sesso. Minori e innocenti schiacciati dalle colpe dei grandi, spesso traditi da coloro che dovrebbero proteggerli. Nascondono tragiche ferite, che venano d’ombre il futuro e compromettono sogni e potenzialità. Una piaga in espansione le cui dimensioni sono tuttavia sottostimate. Ce ne parla Vincenzo Spadafora, presidente di UNICEF Italia:

     
    “Quello che manca è un monitoraggio costante, attento da parte delle istituzioni su questo fenomeno. La prima proposta che faremo è una banca dati precisa, concreta, da parte delle istituzioni rispetto alla quale, noi siamo pronti a dare la nostra mano come UNICEF, e grazie a questa banca dati, poter orientare le politiche”.

     
    Ma se i numeri sfuggono, le coordinate del fenomeno appaiono invece ben chiare ed individuano diverse forme di sfruttamento. Marco Scarpati, presidente di ECPAT Italia:

     
    “Il turismo sessuale è una parte di questo problema, non è la parte numericamente più importante. Invece lo è dal punto di vista economico, nel senso che un bambino sfruttato ed immesso nel mercato del turismo sessuale rende dieci volte tanto di quello immesso nella prostituzione minorile. Sulla pedopornorafia, continuiamo a conoscere solo una piccolissima parte del problema perché internet continua ogni giorno a offrire materiali in maniera infinita”.
     
    Accanto alle vecchie forme di sfruttamento, appaiono oggi nuove emergenze. Di nuovo Spadafora:

     
    “Ci sono alcuni fenomeni molto importanti: il primo, per esempio, è quello di ragazzi che si rendono sempre più protagonisti di atti di violenza sessuale rispetto ai propri coetanei. Poi l’altro, che sta crescendo negli ultimi anni, è quello della violenza domestica. Anche rispetto a questo dato, c’è un grande clamore dal punto di vista mediatico, quando qualcosa in genere accade, ma poi non esistono misure concrete che vadano ad eliminare questo problema, o in qualche modo anche a sostenerlo quando accade”.

     
    Un fenomeno dai mille volti, che richiede strategie di contrasto su più fronti. Ascoltiamo ancora Marco Scarpati:

     
    “Io credo che occorra rimettersi a lavorare, dopo aver fatto ottime leggi per la repressione, sulla prevenzione. Occorre fare in modo che i ragazzi non entrino in questa follia”.

     
    La sfida contro lo sfruttamento dei minori - conclude infine il presidente di UNICEF Italia - deve vedere unite sia le realtà politico-istituzionali, che le organizzazioni impegnate nella sensibilizzazione. Uno sforzo congiunto che solo può dare esito a risultati concreti.

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    Chiesa e Società



    Iraq: il vescovo di Erbil rilancia l’appello del Papa per la comunità cristiana di Mosul

    ◊   Confortato dall’appello che Benedetto XVI ha lanciato ieri all’Angelus, Rabban Al Qas, vescovo di Ammadiya ed Erbil, chiede al premier iracheno al Maliki e alle forze americane, di assumersi la responsabilità per le violenze che si abbattono sui cristiani a Mosul. In un messaggio diffuso attraverso l’agenzia AsiaNews, il presule anticipa alcune valutazioni che saranno al centro del incontro tra 12 vescovi caldei e il nunzio vaticano in Iraq, che si apre domani a Erbil. Secondo mons. Rabban Al Qas, il Papa è l’unico che non dimentica la comunità cristiana irachena. “Il suo appello di ieri – si legge nella nota - domandava anche un impegno più deciso delle “autorità civili e religiose” a ristabilire la legalità e la convivenza”. “Quanto avviene oggi a Mosul – sottolinea poi il presule - è frutto proprio di questa immobilità statale, insieme a una mentalità contorta, fanatica e integralista”. La situazione, come ricorda il vescovo, è peggiorata subito dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003. Da allora migliaia di cristiani e di kurdi musulmani sono stati cacciati, uccisi, rapiti, obbligati ad abbandonare Mosul. Ormai resta meno di un quarto della popolazione cristiana di un tempo. Anche i musulmani moderati hanno cambiato il loro atteggiamento nei confronti dei cristiani a causa delle minacce della propaganda islamica. Mons. Rabban Al Qas punta il dito anche contro il primo ministro irakeno e il governo di Baghdad, incapaci di fermare questa ondata di violenze. “Ciò che succede in questi giorni è responsabilità loro – dice senza mezzi termini il presule -, senza dimenticare le responsabilità delle forze americane e dei rappresentanti delle Nazioni Unite”. Davanti a questo “quadro triste e terribile”, il vescovo di Erbil rinnova dunque l’appello al premier al-Maliki: “tocca a lui, come autorità, ristabilire la pace senza scaricarsi delle responsabilità verso i cristiani. La costituzione deve riconoscere e assicurare i diritti di tutti, compresi i cristiani”. “Il mio appello si rivolge anche al mondo musulmano – afferma in conclusione mons. Al Qas - perché denuncino ciò che succede a Mosul, perché l’amore e il rispetto dell’altro possa rendere tutti gli uomini più felici vivendo nella pace”. (M.G.)

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    Lettera dei vescovi canadesi sulle violenze anticristiane in India

    ◊   È indirizzata al premier canadese Stephen Harper, riconfermato alla guida del governo lo scorso 15 ottobre, la lettera scritta dalla Conferenza episcopale del Canada e firmata dal suo presidente, l’arcivescovo di Winnipeg, mons. James Weisgerber. Al centro della missiva, l’appello perché l’esecutivo di Ottawa non dimentichi le violenze anticristiane in India. “Questa situazione non è nuova, – scrivono i presuli – ma perdura già da diverso tempo”. La lettera ricorda quindi che gli attacchi negli Stati dell’Orissa, del Karnataka e del Madhya Pradesh hanno provocato la morte di almeno 57 persone, numerose conversioni forzate dal cristianesimo all’induismo, la distruzione di migliaia di case, edifici religiosi, scuole e orfanotrofi. Inoltre, i presuli sottolineano che i rifugiati hanno superato le 10mila unità, mentre gli sfollati sono più di 40mila. Quindi, dopo aver ricordato che a denunciare tali violenze si sono levate molte voci di diverse religioni, tra cui quella di Benedetto XVI, lo scorso 12 ottobre, i vescovi canadesi ribadiscono che “non si tratta solo di brutalità e violenza contro una minoranza, ma dell’esplosione di un estremismo nazionalista, fenomeno tanto più inquietante in quanto l’India è uno degli Stati democratici più popolato al mondo. Inoltre, essendo un Paese del Commonwealth, di conseguenza firmatario della Dichiarazione di Singapore, l’India si è impegnata ‘a coltivare la comprensione e l’accordo tra le nazioni, a promuovere l’eliminazione della discriminazione fondata sulla razza, sul colore della pelle o le convinzioni religiose, a sostenere e a rafforzare la liberà personale, a contribuire all’arricchimento della vita di tutti e ad esercitare una profonda influenza a favore della pace internazionale”. Di qui, l’appello dei presuli al governo canadese “perché esprima la sua viva preoccupazione all’esecutivo indiano in merito alle violenze sistematiche inflitte ai cattolici e agli altri cristiani in alcuni Stati del paese e suggerisca fermamente al governo di New Delhi di usare la propria influenza e la propria autorità per aiutare queste regioni a ristabilire l’ordine e a proteggere i diritti e le libertà legittime dei cristiani indiani”. Infine, la Conferenza episcopale canadese chiede al premier Harper di verificare se alcuni fondi di Ottawa siano trasferiti in India “allo scopo di sostenere organizzazioni sospettate di incoraggiare questo genere di violenze, un fatto che è contrario alla legge canadese”. (I.P.)

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    Tra Amalfi e Istanbul corre il dialogo ecumenico delle “Chiese sorelle”

    ◊   Mantenere viva l’unità dei cuori nel segno dell’apostolo Andrea. Con questo intento è partita oggi alla volta di Istanbul una delegazione di Amalfi-Cava de’ Tirreni, guidata dall’arcivescovo Orazio Soricelli, su invito del patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. Con mons. Soricelli ci sono il vicario generale monsignor Carlo Papa, i sindaci di Amalfi Antonio De Luca e Cava de’ Tirreni Luigi Gravagnuolo e il parroco della Cattedrale di Amalfi don Michele Fusco. L’anno scorso Bartolomeo I aveva percorso il viaggio inverso per prendere parte alle celebrazioni dell’ottavo centenario della traslazione del corpo di sant’Andrea da Costantinopoli ad Amalfi, celebrazioni che si concluderanno il prossimo 30 novembre festa di sant’Andrea, con la solenne Eucaristia presieduta dal segretario di Stato vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone. Un anno fa, era il 22 ottobre 2007, la Chiesa di Amalfi-Cava de’ Tirreni fece dono a Bartolomeo I di una reliquia dell’apostolo mentre il sindaco De Luca conferì al patriarca la cittadinanza onoraria e gli affidò simbolicamente le chiavi della città. Nella fraternità così condivisa di due Chiese sorelle nacque l’invito all’arcivescovo di ricambiare la visita ad Istanbul, invito accolto con piacere e concretizzatosi in questi giorni. “In questo comune itinerario verso l’unità – spiega mons. Soricelli al quotidiano Avvenire – Amalfi ha scoperto di possedere qualcosa che unisce: già da un decennio numerosi pellegrini, accompagnati dai loro pastori, vescovi e presbiteri, provenienti dalle diverse Chiese orientali giungono qui a venerare con profonda devozione e stupefacente entusiasmo le reliquie dell’apostolo Andrea. La tradizione bizantina è così diventata familiare agli amalfitani, i quali hanno imparato a conoscerla e ad apprezzarne le ricchezze di liturgia e di spiritualità”. “Abbiamo voluto perciò approfondire – aggiunge il presule -, anche mediante iniziative culturali, gli aspetti della venerazione dell’apostolo Andrea presso le Chiese d’Oriente. Posso dire che la Chiesa di Amalfi-Cava de’ Tirreni è ormai inserita nella geografia di quei luoghi dove esistono i motivi e le condizioni per l’incontro e per la reciproca conoscenza tra le nostre tradizioni ecclesiali». La Chiesa di Amalfi dà così il suo contributo alla realizzazione di quel percorso ecumenico intrapreso dalle due Chiese sorelle. Un cammino nel segno di sant’Andrea, fondatore della Chiesa di Costantinopoli le cui reliquie sono custodite ad Amalfi. (M.G.)

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    Caritas Europa chiede soluzioni per evitare che la crisi finanziaria colpisca i più poveri

    ◊   “Insieme contro la povertà e l’esclusione sociale”, è il titolo della conferenza che si è svolta il 24 e 25 ottobre a Charleroi, in Belgio, per iniziativa di Caritas Europa. L’incontro ha visto emergere il tema della crisi finanziaria in maniera traversale. Per l’occasione, Patrick De Bucquois, consulente di politiche sociali di Caritas Europa, ha lanciato un appello alla Commissione europea perché “assuma le proprie responsabilità” in merito alla crisi finanziaria, per evitare “il pericolo di un ritorno al nazionalismo economico e il rischio di un peggioramento della situazione”, con conseguente aumento della disoccupazione e della povertà. Nella dichiarazione ripresa dal Sir, De Bucquois sostiene che non bisogna solo chiedersi “qual è l’impatto della crisi sui poveri ma quali sono invece le cause, che sono le stesse della povertà. Ossia le disuguaglianze sempre più forti tra persone con redditi molto alti e la maggior parte delle popolazione, che non riesce a far fronte all’aumento dei prezzi dell’alimentazione di base”. Alcuni economisti, spiega poi l’esperto, “stimano che una delle cause della crisi sia proprio la disuguaglianza dei redditi, accentuatasi a dismisura. Le persone con redditi molto elevati, giocando all’interno dell’ "economia casinò", fanno correre anche un rischio alla società. Diventa una questione collettiva, visto che tutti ne rischiano le conseguenze”. Secondo l’esponente della Caritas le conseguenze si vedranno presto “nell’aumento della disoccupazione, con ripercussioni nell’ambito delle povertà, in tutti i Paesi europei”. Per questo motivo l’esponente della Caritas chiede l’Europa parli con una sola voce per costruire una nuova regolamentazione internazionale del settore finanziario”. Riguardo alla conferenza-pilota che si è svolta a Charleroi, alla quale hanno partecipato circa 60 persone da Belgio, Lussemburgo, Germania, Francia, Repubblica Ceca e Polonia, De Bucquois racconta che “ha dato la possibilità alle persone che vivono in situazione di povertà di incontrare i volontari e i responsabili delle diverse Caritas e organizzazioni di solidarietà. I poveri hanno avuto la priorità di parola”. Infine, De Bucquois ha posto l’accento su quelli che, a suo avviso, sono i messaggi emersi dalla conferenza: “C’è chi crede che l’Europa non sia povera, invece la povertà esiste davvero; i poveri non reclamano solo la mancanza di mezzi finanziari ma anche la possibilità di essere riconosciuti come persone e di avere una rete di relazioni”. (M.G.)

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    I vescovi dell'Honduras: il Vertice Ibero-americano non vari misure contro la vita

    ◊   L’arcivescovo di Tegucigalpa, il card. Oscar Rodriguez Maradiaga, ed i vescovi ausiliari dell’arcidiocesi, hanno manifestato la loro preoccupazione per il contenuto ed i valori che si promuoveranno nel 18º Vertice Ibero-americano di Capi di Stato e di Governo che si celebrerà dal 29 al 31 ottobre in El Salvador sul tema "Gioventù e Sviluppo". I vescovi - riferisce l'agenzia Fides - hanno emesso un comunicato intitolato "La dignità dell'essere umano è inviolabile" nel quale ricordano, in primo luogo, l'articolo 1 della Costituzione honduregna che, "in maniera chiara e incontestabile", afferma: "l’Honduras è uno Stato di diritto, sovrano, costituito come repubblica libera, democratica ed indipendente per assicurare ai suoi abitanti il godimento della giustizia, della libertà, della cultura e del benessere economico e sociale". Perciò si rivolgono nel comunicato al Presidente della nazione, Manuel Zelaya, per spiegare le ragioni per le quali il Capo dello Stato “deve analizzare con maggiore profondità" il testo, prima di firmare la Dichiarazione di San Salvador. "Le vere intenzioni non sono chiare ed il testo della dichiarazione ha molte ambiguità, che darebbero come risultato l'applicazione di politiche pubbliche nocive, imposte da altre realtà, che attentano all'educazione e allo sviluppo integrale dei nostri giovani" affermano i presuli. Inoltre il documento base "tende ad imporre politiche antinataliste", che manifestano "una forma di oppressione ideologica da parte dei Paesi ricchi di fronte a quelli in via di sviluppo". In questo senso ricordano che non è vero che i programmi di astinenza non stiano funzionando, come assicura il documento. "Nel nostro Paese, e in Paesi come l’Uganda, dove è stata promossa la fedeltà tra le coppie e l'astinenza sessuale tra i giovani, i risultati sono enormemente positivi". "Nel nostro Paese - aggiunge il testo -, da sempre abbiamo riconosciuto che la maternità è una delle più belle vocazioni e uno dei più bei doni di Dio all'umanità", pertanto non deve essere considerata "come la causa principale della povertà" e ancor meno "un'attività denigratoria ed un carico che non permette l'autorealizazione della donna". "Vivere la sua maternità gratifica ogni donna" affermano. Secondo il comunicato “non si deve togliere ai genitori la patria potestà, lasciando che i giovani decidano sulla loro vita sessuale e sulla loro maternità". Come “non si può considerare la vita sessuale completamente separata dall'atto riproduttivo, fomentando l'uso di ogni tipo di metodo per evitare la gravidanza, promuovendo una specie di libertinaggio sessuale". Dietro le idee che si diffondono da alcuni anni a questa parte, come la famosa espressione “salute sessuale riproduttiva” e l'ideologia di genere, "si nasconde un profondo desiderio di legalizzare l'aborto, le pillole contraccettive, la proliferazione dell'omosessualità, le sterilizzazioni, ed altri metodi artificiali e criminali del controllo della natalità". (R.P.)

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    Messico: inaugurato un progetto di Governo e Chiesa per il recupero dei tossicodipendenti

    ◊   E’ stato inaugurato nella diocesi messicana di La Paz en la Baja California Sur, il progetto “Kuni”, un ambizioso programma per l'accoglienza e il recupero dei tossicodipendenti in una prospettiva umanista cristiana. All'inaugurazione sono stati presenti il nunzio apostolico in Messico, mons. Christopher Pierre, e mons. Miguel Alba Díaz, vescovo della diocesi, oltre a numerose autorità civili. L'iniziativa, secondo quanto ha spiegato la presidentessa del municipio di La Paz, Rosa Delia Cota Montaño, ha permesso di unire gli sforzi delle autorità locali, del governo e della Chiesa cattolica locale, per dare vita ad un centro che abbia come obiettivo quello di iniziare il processo di disintossamento della persona "mediante il riconoscimento dei suoi valori personali, familiari, spirituali e lavorativi". "La carità è autentica soltanto quando è disinteressata e gratuita, quando non cerca di ottenere altri obiettivi, quando non è al servizio di strategie mondane né si usa come semplice tattica di proselitismo per guadagnare clientela politica o religiosa", ha segnalato mons. Alba Díaz, elogiando l'iniziativa. "L'amore, nella sua purezza e gratuità, è la migliore testimonianza che possiamo dare al Dio nel quale crediamo, e da questa convinzione ci impegniamo a servire tutti, senza discriminare nessuno per la sua adesione politica o religiosa, senza tentare di imporre a nessuno né direttamente né indirettamente, la nostra fede" ha segnalato la presidentessa del municipio. Tanto la Chiesa come la società messicana sono preoccupate per l'aumento del numero di tossicodipendenti nel paese. José Ángel Córdova Villalobos, titolare della Segreteria della Salute, ha definito preoccupante l'aumento di tossicodipendenti, soprattutto tra i più giovani. Negli ultimi sei anni, il numero di tossicodipendenti è cresciuto da 307 mila nel 2002, ad oltre 465 mila nel 2008, secondo i dati preliminari dell'Inchiesta nazionale di Assuefazioni, realizzata dalla Segreteria della Salute. Quanto al numero di persone che hanno provato le droghe, si è registrato un incremento del 28,9 %, salendo da 3,5 milioni nel 2002 a 4,5 milioni nel 2008, essendo i giovani tra 12 e 25 anni i più esposti al suo consumo. L'incremento si deve soprattutto alla maggiore offerta di droghe, alla maggiore facilità di accesso ad esse perché i prezzi sono scesi ed in molte occasioni vengono offerte gratuitamente. La recente ondata di violenza che si vive nel Paese è una risposta delle bande dei narcotrafficanti alla lotta iniziata dal Governo federale contro la delinquenza organizzata. (R.P.)

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    Spagna: per i vescovi dell'Estremadura la materia "Educazione alla cittadinanza" è contro la Dottrina sociale della Chiesa

    ◊   Ad un anno dalla sua introduzione nella didattica spagnola, la materia “Educazione per la cittadinanza" continua a sollevare perplessità nella società civile e nel mondo cattolico per l’eccessiva ingerenza nella sfera dei valori e della formazione coscienza morale. Sulla annosa questione sono tornati i vescovi della Provincia ecclesiastica di Merida-Badajoz, in una riflessione pubblicata al termine dei lavori delle riunione in sessione ordinaria del 21 ottobre, nella città di Badajoz. Nel testo ripreso dalla Fides - firmato da mons. Santiago García Aracil, Arcivescovo di Merida-Badajoz, mons. Amadeo Rodríguez Magro, vescovo di Plasencia e da Mons. Francisco Cerro Chávez, vescovo di Coria-Caceres – i presuli ribadiscono la loro approvazione che "ci sia nella Scuola una vera ed accurata educazione civica che abbia come basi le norme di convivenza, l'ordinamento costituzionale e le dichiarazioni universali dei diritti umani". Contemporaneamente ricordano però che "la formazione della coscienza morale è competenza esclusiva dei genitori e, pertanto, il carattere obbligatorio della materia sta ledendo i diritti di questi". Davanti a questa situazione, i vescovi della Provincia ricordano ai genitori cattolici che essi "hanno il dovere di porsi responsabilmente davanti a questa materia scolastica e, se lo considerano necessario, di difendere la libertà di coscienza e di insegnamento". Per questo scopo, spiegano, "esistono mezzi legittimi, tra cui l'obiezione di coscienza". Con queste raccomandazioni, i vescovi non vogliono incoraggiare “l'inadempimento di una legge", ma non possono in coscienza, secondo quanto manifestano nel testo, mancare al loro dovere di notare che tale materia “è contraria alla Dottrina sociale della Chiesa e, a nostro giudizio, è anche contraria al diritto dei genitori di educare i figli secondo le loro convinzioni morali”. I vescovi concludono la Nota unendosi a tutti quelli che considerano che "la materia di Educazione per la Cittadinanza, finché mantiene gli attuali contenuti, dovrebbe essere di carattere opzionale e non obbligatoria come appare nell'attuale legge dell’educazione". (M.G.)

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    Vietnam: si apre il processo per otto cattolici che protestarono contro la confisca dei beni

    ◊   Al via in questi giorni ad Hanoi, in Vietnam, il processo contro i fedeli della parrocchia dei redentoristi del sobborgo di Thai Ha, che nelle scorse settimane avevano protestato, pacificamente, contro la decisione del governo di vendere ad un’azienda privata un terreno un tempo posseduto dalla comunità cattolica. Secondo quanto riferisce Avvenire, sono 8 i cattolici che dovrebbero comparire a breve davanti ai giudici per rispondere di “disturbo dell’ordine pubblico”. Pochi giorni fa i sei cattolici sorvegliati a casa sono stati convocati dalle forze di sicurezza che hanno loro comunicato i risultati dell’inchiesta delle autorità del distretto di Dong Da. Secondo quanto si è appreso, il processo dovrebbe iniziare in tempi rapidi. Per gli imputati sono però intanto cadute le accuse di aver distrutto proprietà dell’impresa coinvolta, la Chiên Thang. (M.G.)

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    Cina: massiccia partecipazione di fedeli alle iniziative della Giornata Missionaria Mondiale

    ◊   Celebrazioni eucaristiche, veglie, incontri, tavole rotonde e tante iniziative hanno animato la Giornata Missionaria Mondiale celebrata in tutto il mondo cattolico cinese. Più in generale tutto il mese di ottobre, mese missionario dell’Anno Paolino, è stato segnato dal rilancio della la missione evangelizzatrice della Chiesa in comunione con il Santo Padre e con la Chiesa Universale. Il ricco calendario di eventi è stato riportato fedelmente dall’agenzia Fides. I gruppi della parrocchia di Gui Yang Bei Tang, della diocesi di Gui Zhou, hanno aperto la seconda fase delle celebrazioni dell’Anno Paolino in occasione della Giornata Missionaria, proponendo il tema “Suonare la tromba dell’evangelizzazione”. La diocesi di Le Shan ha messo il Messaggio del Papa per l’Anno Paolino al centro della celebrazione, con lo slogan “conoscere Paolo studiando le sue Lettere per annunciare il Vangelo promuovendo l’Armonia”. La diocesi di Shan Tou ha invece messo l’accento sul gesto della carità e del servizio alla società: nella Giornata Missionaria Mondiale ha collocato davanti alla Cattedrale, la macchina per raccogliere le donazioni di sangue. Dai sacerdoti ai fedeli, in 27 hanno donato il sangue per dimostrare che la Chiesa partecipa e cerca di soddisfare le necessità della società. E poi ancora la veglia missionaria giovanile della parrocchia di Bei Tang di Shi Jia Zhuang (la diocesi di Zheng Ding), celebrata il 18 ottobre, ha visto la partecipazione di 300 universitari e circa 50 giovani lavoratori immigrati, cattolici e no. Mentre la parrocchia di Nan She della diocesi di Tai Yuan ha aperto la celebrazione della Giornata Missionaria illustrando il tema “Amore in tutto il mondo, Vangelo in tutto il mondo”. Lo spettacolo-mostra sulla missione della Chiesa ha registrato circa mille spettatori e visitatori. Oltre ad incontri, tavole rotonde e tante iniziative per sottolineare la trasmissione della fiamma missionaria di generazione in generazione, la celebrazione della Giornata Missionaria nella diocesi di Hong Kong (che conta 27 Istituti religiosi femminili e 18 maschili) è stata caratterizzata quest’anno dagli anniversari di diverse congregazioni religiose che hanno dato un grande contributo alla società di Hong Kong nel campo della pastorale, della formazione e dell’educazione, della sanità e della pastorale dei carcerati. Infine, la Chiesa di Taiwan ha unito la celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale ai 150 anni di Evangelizzazione dell’isola, sottolineando il ruolo dei giovani nella missione con la Giornata della Gioventù di Taiwan, celebrata dal 9 al 12 ottobre. (M.G.)

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    Conclusi i lavori della sessione autunnale dei vescovi coreani

    ◊   L’istituzione di una nuova Commissione episcopale per la cura pastorale degli immigrati, l’adozione di un nuovo direttorio per la musica liturgica , l’approvazione di una nuova traduzione in coreano del Libro dei Salmi ad uso liturgico. Sono stati questi i principali punti all’ordine del giorno della sessione autunnale della Conferenza episcopale coreana, svoltasi a Seul. I vescovi - riferisce la'genzia Ucan - hanno deciso di dividere in due commissioni distinte l’attuale commissione per i migranti e gli itineranti: una sarà dedicata esclusivamente agli immigrati e ai residenti stranieri in Corea e l’altra agli espatriati coreani. L’obiettivo è di coordinare meglio l’azione pastorale delle singole diocesi coreane per venire incontro alle nuove necessità determinate dall’accresciuta presenza di immigrati nel Paese. Altro importante punto all’esame dell’assemblea è stata l’approvazione di una nuova traduzione in coreano del Libro dei Salmi per uso liturgico: si tratta di una traduzione distinta da quella contenuta nella nuova Bibbia in lingua coreana (la cosiddetta “Seongyeong” pubblicata nel 2005), adattata alle esigenze specifiche delle celebrazioni liturgiche. Sempre in ambito liturgico, i vescovi sud-coreani hanno approvato le nuove direttive per la musica sacra, in linea con quanto richiesto a tutti gli episcopati del modo dall’istruzione vaticana “Liturgiam Autenticam”. L’assemblea ha inoltre eletto il nuovo Presidente della Conferenza episcopale: si tratta di mons. Peter Kang U-il, 63enne vescovo di Cheju che succede a mons. John Chang Yik, vescovo di Chunchon. Insieme a lui è stato nominato a vice-presidente mons. James Kim Ji-seok, vescovo di Wonju e confermato l’attuale segretario, mons. Choi Deog-ki, vescovo di Suwon. In una conferenza stampa dopo la fine dei lavori, il nuovo Presidente mons. Kang, ha indicato che nei prossimi anni tra le priorità dell’episcopato coreano resterà la promozione della cultura della vita, oggi sempre più messa in discussione in Corea. (L.Z.)

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    Continua l’opera delle Missionarie Francescane di Maria tra i nomadi dell'India

    ◊   Iniziano nel 2005 - ricorda l’agenzia Fides - i primi contatti delle Missionarie Francescane di Maria con i nomadi dell'India. Da subito le religiose imparano le abitudini del gruppo Narikuravars e cominciano a tenere i primi programmi sanitari e a far conoscere le agevolazioni che il Governo riservava ai gitani. Le condizioni dei bambini, estranei ad ogni tipo di educazione, costituisce già inizialmente una delle problematiche più significative. Subito dopo aver introdotto i primi programmi educativi , le religiose allacciano nuovi contatti con le comunità più numerose di Pollachi (27 famiglie) e di Ponnavaram (50 famiglie). L’anno successivo, grazie anche allo sforzo di una ONG operante nel settore educativo, viene allestito un primo campo-scuola a Pollachi, sempre nello stato indiano del Tamil Nadu, dove vengono impartite lezioni di Tamil, inglese e matematica. Nel 2007 un secondo campo-scuola, aperto a 35 bambini nomadi, viene attivato nel Convento dell'Immacolata Concezione (Karunya), dove, oltre alle materie di insegnamento, le religiose e i volontari curano un corso di artigianato. A Pollaki è stato siglato anche un programma per la concessione di piccoli crediti ai nomadi. Proprio grazie all'aiuto di benefattori, oltre a quello degli insegnanti delle scuole locali, le religiose sperano di estendere le loro iniziative ad un numero sempre più alto di bambini. (F.A.)

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    Taiwan: 40 anni di attività del Centro per i Bambini di Hsin Chu dedicato a Santa Teresa di Lisieux

    ◊   “Anche oggi ricominciamo, a partire da adesso, sulle orme di padre Cheng Wan Li, ad offrire il nostro servizio alla società”. Mons. John Li, vescovo della diocesi di Hsin Chu ed anche presidente del Centro per i Bambini dedicato a Santa Teresa del Bambino Gesù, Patrona delle Missioni, ha espresso così l’impegno del Centro in occasione dei solenni festeggiamenti per il suo 40° anniversario di fondazione, celebrato insieme ai ragazzi di oggi e di ieri, che frequentano o hanno frequentato il Centro. Il missionario gesuita francese padre Cheng Wan Li, fondò infatti il Centro dedicato a Santa Teresa del Bambino Gesù per accogliere i piccoli colpiti da poliomielite ed abbandonati dalla famiglia. In seguito il Centro accolse anche gli orfani, i bambini abbandonati o maltrattati dalla famiglia, i bambini di famiglie disagiate, per “dimostrare che l’Amore si trova nell’umanità, il calore umano si trova dappertutto”. Le Piccole Sorelle di Santa Teresa del Bambino Gesù hanno contribuito alla crescita del Centro e oggi lo gestiscono, continuando l’opera del missionario francese che - ricorda l'agenzia Fides - è morto nel 1983. Le spese per l’attività del Centro sono sostenute dalla generosità delle persone e degli Enti sociali. Con l’aiuto della società, il Centro ha potuto offrire ai ragazzi i principi morali ed educativi che sono alla base di ogni rapporto umano corretto. Tanti di loro sono diventati oggi cittadini modello, bravi sposi e anche buoni genitori. (R.P.)

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    Portogallo: intervento della Chiesa sulla nuova legge sul divorzio

    ◊   Il segretario della Conferenza episcopale portoghese (Cep), mons. Manuel Morujão, ha reagito alla promulgazione della nuova legge sul divorzio da parte del presidente della Repubblica, Aníbal Cavaco Silva, criticando le “facilitazioni” introdotte a favore dello scioglimento del vincolo matrimoniale. “La Chiesa insiste sulla necessità che l’istituzione fondamentale della famiglia sia protetta e salvaguardata, evitando tutte quelle semplificazioni che possono anche trovare approvazione popolare ma che non costituiscono un effettivo miglioramento della legislazione precedente” ha detto mons. Morujão - ripreso dall'agenzia Sir - che ha ricordato che “la maggioranza parlamentare non ha sostanzialmente tenuto in considerazione i forti richiami che erano stati rivolti dal presidente della Repubblica sui pericoli impliciti del nuovo testo di condurre a situazioni pratiche di profonda ingiustizia, soprattutto per i soggetti che si trovano nelle posizioni di maggiore vulnerabilità”. “Al contrario, tutta la società civile trova beneficio dalla stabilità del nucleo familiare e dalla protezione dei suoi membri più deboli” ha affermato il segretario della Cep. “Non si tratta di un mero punto di vista religioso che riguarda i soli cristiani, si tratta di una problematica di umanesimo più globale che mira il bene superiore di tutta la società, in particolar modo di quella cellula fondamentale della convivenza sociale che è la famiglia”. (A.M.)

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    Francia: a novembre il primo Congresso di pastorale della salute

    ◊   Saranno 2mila i membri e gli aderenti alla Pastorale della Salute in Francia che si ritroveranno a Lourdes dal 13 al 15 novembre prossimo, in occasione del primo Congresso nazionale della Pastorale sanitaria della Chiesa cattolica francese. Il convegno coincide con i 60 anni della cappellania ospedaliera, i 50 della pastorale per i disabili e i 25 della pastorale della salute. Ad aprire i lavori sarà l’intervento di mons. Michel Guyard, vescovo di Havre e membro del Consiglio per le questioni familiari e sociali della Conferenza episcopale francese. Saranno quindi presentati i risultati di un’inchiesta condotta nel 2007 nei servizi diocesani della pastorale sanitaria. Poi, il direttore dell’Agenzia ospedaliera della regione Rhône-Alpes, Jean-Louis Bonnet, prenderà la parola sul tema “Salute, società, dignità”. Il 14 novembre, invece, dopo una conferenza del sociologo François de Singly, i partecipanti al convegno rifletteranno sugli orientamenti pastorali da proporre ai rispettivi vescovi. L’ultimo giorno, infine, - riferisce l'agenzia Apic - padre Patrice Pauliant, teologo moralista dell’Università cattolica dell’Ovest, pronuncerà un intervento su “La coscienza come riconoscimento della dignità umana e nascita di una relazione umanizzante”. (I.P.)

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    Sfila a Lima la processione del Signore dei Miracoli

    ◊   Sale l’attesa nella comunità cattolica di Lima per la sfilata della penultima processione del Señor de los Milagros, che si terrà domani per le strade del centro storico della capitale del Perù. Si tratta di una grande festa di fede, alla quale partecipano centinaia di migliaia di persone, che dal Paese dell’America Latina si è diffusa in tutto il mondo.  Il mese “morado” (viola) si chiuderà, il primo novembre, con il ritorno dell’immagine del Signore dei Miracoli nel Santuario delle Nazzarene, dove vi resterà fino al prossimo ottobre. Tuttavia nel corso dei prossimi 12 mesi, la confraternita del Signore dei Miracoli, l’hermandad, continuerà a lavorare per mantenere vivo lo spirito che si generò fin dall’inizio fra i “fratelli”. La storia di carità, all’origine di questa tradizione peruviana, ha inizio nel XVII secolo, quando a Lima arrivarono gli schiavi africani e crearono una sorta di associazione di mutuo soccorso dove riunirsi, cantare, condividere la dolorosa lontananza dalla propria terra d’origine. “Tutto nasce da uno schiavo 'angola', come li chiamavano allora. Non conosceva Gesù, ma la sua mano fu illuminata e plasmò l’immagine su una parete”, racconta il “maggiordomo generale” dell’hermandad, José Soto Parra. Secondo l’opinione dello storico José Antonio Benito, dell’Università cattolica di Lima, i cosiddetti schiavi “angola” verso il 1650 si erano riuniti e avevano costituito la “Confraternita della zona di Pachacamilla”, dove oggi sorge il monastero delle Nazzarene e la sede dell’hermandad. Il 13 novembre, cinque anni dopo, un violento terremoto scosse Lima distruggendo migliaia di edifici. Le case vicine crollarono, ma il muro dove era stata dipinta l’immagine di Cristo crocifisso restò in piedi. La confraternita del Signore dei Miracoli vera e propria – racconta ancora Soto Parra – nasce nel 1651, quando viene celebrata la prima Messa di fronte al dipinto. Nel 1671, dopo un nuovo terribile sisma, una copia dell’affresco viene portata in processione per la prima volta e a partire da quel momento la devozione è cresciuta insieme all’hermandad, sempre più aperta a tutte le etnie. Fra gli  “hermanos” aiutarsi è un principio quotidiano: l’anno scorso, dopo il terribile terremoto del 15 agosto nella zona a sud di Lima, la confraternita aveva risposto immediatamente alle richieste di aiuto. L’unico criterio per entrare nella confraternita è la devozione per il Signore dei Miracoli. I fratelli con maggiori possibilità economiche appoggiano i più deboli. La solidarietà tra i componenti continua fino all’ultimo giorno di vita. “Versiamo una somma perché tutti abbiano un funerale decoroso e un luogo per la sepoltura”. La confraternita, annualmente, nel mese di ottobre, visita i cimiteri dove si trovano i membri per portare la propria preghiera. (F.A.)

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    Ultimo saluto a Brindisi per gli 8 militari italiani morti nell’incidente d’elicottero in Francia

    ◊   “Sentiamo tutti il bisogno di un grande silenzio, il silenzio del dolore e della preghiera, il silenzio del conforto e della consolazione divina”. Così l’ordinario militare mons. Vincenzo Pelvi nell’omelia pronunciata ieri nell’affollatissimo hangar nell'aeroporto militare 'Pierozzi' di Brindisi, nella Messa in suffragio degli otto militari italiani morti a seguito dello schianto dell’elicottero sul quale viaggiavano sopra i cieli della Francia. “Un elicottero – ha detto il sacerdote citato dal Sir – destinato alla ricerca e all’aiuto di vite in difficoltà, è diventato strumento di morte”. Può quindi sembrare un paradosso, secondo il presule, che un velivolo destinato al bene comune, a ridare speranza a molti, si è trasformato in una causa di indescrivibile dolore: “Un servizio finalizzato a sostenere persone in pericolo ha conficcato in noi delle piaghe inguaribili”. Pronunciando poi i nomi dei militari morti, mons. Pelvi ha detto: “Siamo sgomenti dinanzi alla vostra morte”. Mons. Vincenzo Pelvi si è quindi soffermato sull’indispensabile ruolo svolto dai militari italiani in diversi teatri nazionali e internazionali: “Attraverso la vostra professionalità, abbiamo compreso che il lavoro e l’impegno quotidiano degli uomini e delle donne con le stellette, sia esso di pensiero strategico o di umile e semplice agire, è parte di un mosaico composto da tessere diverse ma tutte preziose ed insostituibili”. “Grazie alla vostra presenza, anche a rischio della vita”, ha proseguito Pelvi, le popolazioni “vedono riaccendersi le speranze di un futuro migliore”. (M.G.)

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    Il film-dossier “Giovanni XXIII. Il pensiero e la memoria” sarà trasmesso dalla RAI a dicembre

    ◊   “Giovanni XXIII. Il pensiero e la memoria” è il titolo del film-dossier che andrà in onda – informa l’agenzia Sir - il 25 dicembre su Rai1 e il 28 dello stesso mese su La 7. Promosso da Rai Trade, Officina della Comunicazione e Istituto Luce in occasione del 50.mo anniversario dalla elezione di Papa Roncalli, il documentario ha una durata di 65 minuti. Il racconto, con la consulenza storica di Marco Roncalli e la regia di Salvatore Nocita, riporta anche una serie di testimonianze dei cardinali Bertone, Martini, Poupard, Etchegaray, dei vescovi Capovilla e Amadei, del teologo Kung e del filosofo Cacciari. “Questo film-dossier ci ha fatto gustare il senso delle parole quando sono supportate da una forte testimonianza sincera come quella di papa Giovanni XXIII”, ha detto ieri sera il card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano, che ha incontrato i giornalisti al termine della proiezione della pellicola. Il porporato ha poi voluto ricordare l’affermazione di Papa Roncalli in apertura del Concilio Vaticano II, contro i “profeti di sventura”: “non dobbiamo credere ai profeti di sventura nemmeno in questo momento difficile per il mondo, ma avere forte la speranza che con l’apporto di tutti e senza gli egoismi delle persone, possiamo lavorare per un mondo migliore e una umanità migliore”. (F.A.)

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    24 Ore nel Mondo



    Nuovo crollo delle Borse in Europa e Asia

    ◊   Nuovi crolli in Borsa, partiti dall'Asia e arrivati in Europa. Resta la paura sul fronte bancario e la convinzione che gli sforzi dei governi non allontaneranno la recessione. Il lunedì nero ha toccato Hong Kong (-13%), dove l'indice guida ha segnato il peggior calo dal 1997, e nel corso della seduta ha toccato un minimo a -15,4%, sui livelli segnati nel 1989 dopo i fatti di piazza Tienanmen. In Europa l'indice di riferimento (il DJ Stoxx 600) lascia il 4,3%, e si avvia a chiudere ottobre come peggior mese della storia, con un calo complessivo ad oggi del 26 per cento e con oltre 12 trilioni di dollari bruciati. Tra i più colpiti, i bancari con UBS e Deutsche Bank, che cedono oltre l'8 per cento. A Parigi, Societè Generale perde quasi il 15% e BNP Paribas il 9,65 per cento. A Milano, Intesa Sanpaolo è costretta a due stop per eccesso di ribasso (-11%) e Unicredit lascia il 6,61 per cento.

    Tensione tra Stati Uniti e Siria dopo lo sconfinamento di elicotteri americani impegnati in Iraq
    Lo sconfinamento in Siria di elicotteri americani impegnati in operazioni di guerra in Iraq non è stata confermata dal Pentagono. Dure le proteste di Damasco, che parla di crimine di guerra e denuncia la morte di 13 persone. A Maria Grazia Enardu, docente di relazioni internazionali ed esperta di Medio oriente, Stefano Leszczynski ha chiesto se questa operazione preluda ad un allargamento del conflitto iracheno:

    R. - È perfettamente possibile che si sia trattato di un’azione militare tattica: anche se è la prima volta che gli americani attaccano all’interno della Siria, può darsi ci siano state circostanze particolari. Quindi, lo metterei francamente nel contesto, anche se è vero che la Siria ha fatto negli ultimi anni tutta una serie di passi per rientrare nel giro occidentale e il primo obiettivo diplomatico, politico, che la Siria vuole è riavere l’ambasciatore americano che ormai è assente da parecchio tempo.

     
    D. - Non necessariamente segna un cambiamento delle regole del gioco con Damasco da parte di Washington...

     
    R. - No, direi di no, anche per una ragione molto semplice: le prossime regole del gioco saranno chiare dopo il 4 novembre. È vero che anche un Obama presidente non cambierebbe radicalmente la politica americana in Medio Oriente, però l’impatto che una presidenza Obama avrebbe in tutta l’area sarebbe un impatto di rilevanza ben diversa da quella di una presidenza McCain.

    D. - Non sono rari gli episodi di sconfinamenti a caccia di cellule di Al Qaeda, ad esempio verso il Pakistan per ciò che riguarda il conflitto in Afghanistan...

     
    R. - Il problema delle azioni militari dell’Alleanza in Afghanistan è che si uccidono civili in Afghanistan e che si fanno incursioni in Pakistan. Questa è chiaramente una politica perdente e su questo punto, nelle ultime settimane, da parte americana e anche da parte inglese si sono avute forti critiche e - addirittura proprio in questi giorni - si parla di contatti da ripristinare in qualche modo con i talebani, separando gli elementi “moderati” dagli elementi più radicali e, in qualche modo, e di negoziare con i primi.

    Israele
    Il capo dello Stato israeliano, Shimon Peres, prosegue le consultazioni con le liste rappresentate alla Knesset (parlamento), dopo aver appreso ieri dalla leader di Kadima, Tzipi Livni, che allo stato attuale non è possibile formare un nuovo governo. Il servizio di Fausta Speranza:

    Kadima non è in grado di formare un nuovo governo, per cui non resta che porre fine alla legislatura con due anni di anticipo ed indire nuove elezioni politiche: queste le conclusioni molto amare, maturate in settimane di sterili contatti politici, espresse dalla leader di Kadima, Tzipi Livni, al capo dello Stato, Shimon Peres. La speranza è che dal voto anticipato emerga una Knesset più governabile di quella uscente. Ma Peres continua a cercare di verificare se esista alla Knesset, malgrado la sua grande frammentazione, un deputato in grado di comporre un governo stabile. Secondo gli analisti, si tratta però di contatti puramente formali. Nel pomeriggio, Peres prenderà la parola alla Knesset, nella cerimonia di apertura dei lavori dopo la pausa estiva. Intanto, dietro le quinte sono iniziati i colloqui fra i partiti per stabilire la data del voto, che potrebbe avere luogo a fine gennaio o nella prima metà di febbraio. Con la rinuncia di Livni a formare un nuovo governo, in ogni caso si è riaperta in Israele una crisi politica che sembrava avviata a soluzione.

     
    Libano
    Il leader del movimento sciita libanese Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah, si è incontrato nella serata di ieri con il suo avversario politico sunnita, il leader della maggioranza parlamentare, Saad Hariri, per la prima volta da oltre due anni. Lo ha reso noto oggi l'emittente radio di Hezbollah, al Nour, secondo cui i due leader rivali hanno “esaminato la fase passata delle relazioni in un'atmosfera di franchezza”. I sunniti e sciiti libanesi sono arrivati lo scorso maggio sull'orlo di una nuova guerra civile, dopo 18 mesi di conflitto politico sulle responsabilità di Hezbollah per la devastante guerra del 2006 di Israele contro i suoi guerriglieri. “Le due parti hanno convenuto sulla pace civile e su accordi per disinnescare la tensione e sviluppare il dialogo”, ha affermato al Nour.

    Afghanistan
    Otto civili afghani, impiegati in un'impresa di costruzioni, sono rimasti uccisi in un raid aereo effettuato sabato dalla coalizione internazionale presente in Afghanistan nel centro del Paese. E almeno un soldato della NATO in Afghanistan è stato ucciso ed altri tre sono rimasti feriti in un attentato suicida compiuto da un kamikaze travestito da poliziotto, penetrato nel comando di polizia di Pul-e Khumri, il capoluogo della provincia settentrionale di Baghlan. Secondo fonti giornalistiche locali, si teme che il bilancio dell'attentato possa essere molto più grave. Altre fonti citano l'uccisione anche di un ragazzo, figlio di un addetto alle pulizie nel comando.
     
    Iraq
    Tre persone sono state uccise e altre cinque sono state ferite dall'esplosione di un ordigno a Baghdad. Lo ha riferito l'agenzia irachena Nina citando fonti di polizia, secondo le quali l'ordigno è esploso al passaggio di due minibus sulla strada numero 30 del quartiere al-Amin, nella parte est della capitale irachena, provocando anche diversi danni materiali.

    Pakistan
    Anche un importante capo talebano pakistano è rimasto ucciso nell'attacco missilistico sferrato ieri da un aereo senza pilota, presumibilmente americano, contro una presunta base talebana in una regione tribale del Pakistan nordoccidentale al confine con l'Afghanistan. Lo sostiene un responsabile locale. Haji Omar Khan è il nome del leader dei ribelli morto nel attacco che ha causato 16 morti secondo fonti locali, e almeno 20 per fonti dell'intelligence di Islamabad. Haji Omar Khan era considerato vicino a Jalaluddin Haqqani, capo talebano e veterano della lotta contro i sovietici in Afghanistan, e ritenuto tra i leader più attivi negli attacchi lanciati contro le forze internazionali presenti in Afghanistan. Il raid di domenica scorsa è stato il dodicesimo in dieci settimane effettuato sulle zone tribali nel nord-ovest del Pakistan, alla frontiera con l'Afghanistan.

    Turchia - Iraq
    Un velivolo della compagnia di bandiera turca Turkish Airlines (THY) con a bordo politici, uomini d'affari e giornalisti è partito ieri mattina dall'aeroporto “Ataturk” di Istanbul diretto a Baghdad in quello che è stato il primo volo diretto fra la metropoli turca e la capitale irachena dopo 17 anni. I voli verso Baghdad vennero interrotti nel 1991, in seguito all'embargo imposto all'Iraq dopo l'invasione del Kuwait e lo scoppio della prima guerra del Golfo. “Siamo felici di vedere la ripresa dei voli tra Istanbul e Baghdad che contribuiranno anche a migliorare le relazioni tra i due Paesi”, ha dichiarato ai giornalisti a bordo il ministro di Stato turco, Kursad Tuzmen.

    Italia - immigrazione
    Quasi 400 migranti sono giunti in nottata a Lampedusa in due sbarchi consecutivi. Il primo barcone, con 260 extracomunitari, tra cui quattro donne e quattro minori, è stato intercettato dal pattugliatore Cassiopea della Marina militare italiana a una cinquantina di miglia a sud dell'isola.

    Somalia
    L'ala dura dell'opposizione somala ha respinto l'accordo firmato ieri a Gibuti - sotto l'egida dell'ONU - tra Governo federale di transizione e la parte (che però appare minoritaria) moderata dell'opposizione stessa: ambedue le tendenze fanno capo all'Alleanza per la Ri-Liberazione della Somalia (ARS), che ha sede all'Asmara. Lo ha dichiarato stamane sceikh Hassan Dahir Aweis, che fu il capo spirituale delle Corti coraniche quando queste controllavano buona parte della Somalia, nella seconda metà del 2006. Furono poi travolte dall'intervento delle truppe etiopiche, tuttora in Somalia. Sul significato dell’accordo per la Somalia, Giada Aquilino ha intervistato Massimo Alberizzi, africanista del Corriere della Sera:

    R. - L’accordo è stato firmato tra il governo di transizione e le Corti islamiche Gruppo di Gibuti. Loro pensano che bisogna anche stabilire i tempi per un ritiro delle forze etiopiche, vogliono le forze dell’ONU. Invece, il gruppo più intransigente, chiamato Corti islamiche Gruppo di Asmara, è deciso a non trattare con il governo finché le truppe etiopiche non si saranno ritirate. È molto difficile che tenga questo accordo in tutte le parti della Somalia, perché accanto a questa divisone, diciamo ideologica, c’è la consueta divisione somala in clan.

     
    D. - In questo quadro, quale sarà la linea dell’Etiopia?

    R. - Gli etiopici hanno detto che se ne vogliono andare, anche perché hanno grosse difficoltà dal punto di vista militare: aspettano che arrivino le truppe dell’ONU. Sono arrivati degli altri burundesi, è stato incrementato il contingente ugandese, dovrebbero arrivare anche dei nigeriani, però gli etiopici non se ne andranno, secondo me, finché non ci sarà un minimo di stabilizzazione. Soprattutto se non sarà stata garantita la sicurezza delle loro frontiere a sud: la parte Ogaden che è quel territorio popolato da gente somala che invece fa parte dell’Etiopia. Lì, l’Etiopia ha molta paura che la ribellione diventi molto forte in intere aree, invocando una secessione o annessione alla Somalia.

     
    D. - Ma, sul terreno, qual è la situazione della popolazione civile?

     
    R. - La popolazione civile, come la solito in questi casi, è presa tra due fuochi: ci sono quelli che muoiono, quelli che soffrono di più e quella che ormai non parteggia per l’una o per l’altra parte, parteggia solo per la fine della guerra.

    Kenya
    Ogni giorno, in Kenya muoiono in media 473 bambini di età inferiore ai cinque anni, ed ogni ora cinque neonati non sopravvivono a cause che sarebbe stato possibile prevenire. Sono alcuni dei dati che emergono da uno studio condotto daLL'UNICEF e dal governo keniano, del quale dà notizia con risalto oggi la stampa del Kenya. Più in generale, ogni 30 bimbi nati in Kenya, uno muore prima di avere 28 giorni, uno ogni 12 prima del primo compleanno, ed uno ogni nove prima dei cinque anni. Lo studio dimostra come la tendenza sia anche peggiorata negli ultimi anni. Dalla stessa ricerca si evince che ogni giorno muore una donna per complicazioni connesse alla gravidanza: ogni anno, muoiono 5840 donne per malattie prevenibili come la malaria, aborti condotti in maniera non corretta e a causa di emorragie al momento del parto. Tra i piani del governo per fronteggiare questa tragedia, l'abolizione delle spese ospedaliere per bimbi e mamme e l'aumento dei posti di lavoro negli ospedali.

    Congo
    Continuano senza sosta gli scontri tra truppe regolari e quelle dei ribelli nel nordest della Repubblica Democratica del Congo. Centinaia di migliaia sono i civili in fuga, circa un milione di profughi, orrori senza fine, e lo spettro della fame sempre più ampio ed immanente. Ma, e non è la prima volta, ora i combattimenti minacciano direttamente il Parco nazionale del Virunga, ampia area vulcanica tra Congo, Uganda e Rwanda, ovvero l'ultimo posto dove sopravvivono relativamente numerosi i gorilla di montagna - oltre 200 sui circa 700 censiti nel mondo - e che non a caso è stato nominato Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO. Le truppe del generale ribelle Laurent Nkunda - informa la BBC on line - si sono impadronite del quartier generale del centro di protezione dell'habitat, ed hanno messo in fuga i 50 Ranger che vi operavano. Ora, si teme per la sorte dei gorilla, una decina dei quali furono uccisi nel corso di combattimenti lo scorso anno.

    Elezioni USA
    Ohio e Pennsylvania, due Stati-chiave nella corsa alla Casa Bianca, sono oggi sotto i riflettori e lo resteranno con ogni probabilità fino al voto del 4 novembre. Il democratico, Barack Obama, e il repubblicano, John McCain, si incrociano sulle strade dei due Stati, con eventi che segnano l'inizio della volata finale verso l'Election Day. Obama ha in programma a Canton, in Ohio, alle 17.30 ora italiana, quello che il suo staff ha presentato come un discorso da "closing argument", una sorta di arringa finale per riassumere due anni di campagna elettorale e spiegare agli americani perchè devono preferirlo a McCain. Questi, indietro nei sondaggi in entrambi gli Stati, punta a recuperare terreno in Ohio proponendo l'immagine di "Joe l'idraulico", l'elettore locale che ha sfidato la politica fiscale di Obama ed è diventato un simbolo della campagna elettorale repubblicana. Conquistare la Pennsylvania, andata nel 2004 a John Kerry, è diventato un imperativo per McCain per cercare di equilibrare eventuali sconfitte in Virginia, Florida o North Carolina. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 301

     
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