Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 18/10/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Presentata al Sinodo una prima bozza del messaggio conclusivo. Nel pomeriggio, storica celebrazione dei Vespri con Benedetto XVI e il Patriarca ortodosso ecumenico, Bartolomeo I
  • Domattina, Benedetto XVI sarà al Santuario mariano di Pompei. L'arcivescovo, Carlo Liberati: la sua visita sia un forte impulso di novità per la nostra vita cristiana
  • Nomina
  • La Chiesa celebra domani la Giornata missionaria mondiale incentrata sul tema “Servi e apostoli di Cristo Gesù”. Intervista con don Gianni Cesena
  • Domani in Francia la beatificazione dei coniugi Martin, genitori di Santa Teresa di Lisieux, Patrona delle Missioni e Dottore della Chiesa
  • Terminato a Roma il Convegno dedicato al decennale dell'Enciclica "Fides et Ratio". Tra gli interventi, quello del cardinale Tarcisio Bertone
  • Conservare viva l'eredità del Pontificato di Giovanni Paolo II: una riflessione di padre Federico Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Più sensibilità e più interventi politici mirati: le richieste per contrastare la tratta di esseri umani, al centro dell'odierna Giornata europea per la lotta al fenomeno. Intervista con Oliviero Forti
  • Il commento del teologo, don Massimo Serretti, al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Siamo "cittadini senza Stato": così si appellano all'ONU i cristiani dello Stato indiano dell'Orissa
  • Cresce il numero degli sfollati nel nord dell’Iraq per gli attacchi alle comunità cristiane
  • Aumentano gli sfollati nella Somalia scossa dalla guerra tra ribelli islamici e il governo provvisorio
  • Georgia: più di 100 mila profughi tornano a casa
  • I vescovi del Venezuela contro l’introduzione di decreti-legge già rifiutati da un referendum popolare
  • I vescovi spagnoli condannano la selezione terapeutica degli embrioni finalizzata alla cura di soggetti malati
  • La Caritas di Manila lancia il programma “Comunità di speranza” per dare sostegno ai bisognosi
  • Pubblicato il piano pastorale della Chiesa angolana per i prossimi due anni
  • Cina: grande partecipazione delle comunità cattoliche alle iniziative per il mese missionario
  • Assegnato a quattro missionari, fra religiosi e laici, il premio “Cuore Amico”
  • Visita in India e Sri Lanka di una delegazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese
  • La Commissione delle chiese per i migranti è preoccupata per i detenuti nelle carceri europee perché senza permesso di soggiorno
  • Appello della Conferenza episcopale siciliana per un maggiore impegno verso le famiglie in difficoltà e gli immigrati
  • Il Parlamento europeo si appresta a votare un programma per difendere i bambini dalle insidie del web
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Afghanistan, in due attacchi, ucciso capo tribale e feriti 5 soldati italiani
  • Il Papa e la Santa Sede



    Presentata al Sinodo una prima bozza del messaggio conclusivo. Nel pomeriggio, storica celebrazione dei Vespri con Benedetto XVI e il Patriarca ortodosso ecumenico, Bartolomeo I

    ◊   Il Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio, in corso in Vaticano, ha presentato stamani una prima bozza del Messaggio conclusivo. Il testo verrà discusso e votato nei prossimi giorni, fino a raggiungere la versione definitiva, che verrà resa nota venerdì prossimo. Oggi pomeriggio, intanto, alle ore 17.00, i padri sinodali si riuniranno nella Cappella Sistina per la celebrazione dei Vespri. A presiedere il rito, sarà il Santo Padre Benedetto XVI, accompagnato dal Patriarca ortodosso ecumenico, Bartolomeo I. La nostra emittente seguirà la celebrazione in diretta, a partire dalle 16.50. Ce ne parla Isabella Piro:

     
    Un bozza di messaggio, certo, da rivedere, integrare, perfezionare e sottoporre alla votazione dei Padri sinodali perché diventi definitiva. Ma una bozza di messaggio accolta da un caloroso applauso dell’Aula del Sinodo e definita comunque piena di entusiasmo e capace di dare coraggio ai cristiani, il coraggio di vivere la Parola di Dio.

     
    È toccato a mons. Gianfranco Ravasi, in qualità di presidente della Commissione per il Messaggio, presentare le linee-guida entro le quali dovrà muoversi il testo definitivo. In primo luogo, il presule ha messo a fuoco tre criteri su cui basarsi per elaborare il documento finale: l’essenzialità, ovvero la capacità di arrivare alla massima semplificazione eliminando il superfluo, proprio come un scultore che sgrossa la materia grezza. Poi, l’incisività, perché il Messaggio finale - ha detto il presule - non risulti lungo e piatto come una spada. Infine, che il testo offra un contenuto di valori e principi fondamentali.

     
    Sul contenuto, finora sono stati espressi solo alcuni auspici che dovranno poi essere valutati e votati dai Padri sinodali nelle prossime Congregazioni generali. Come è naturale, il suggerimento principale è stato quello di presentare nel Messaggio alcune “declinazioni” della Parola di Dio, vale a dire la sua voce (ossia la Rivelazione), il suo volto (ovvero Cristo), la sua casa (ossia la Chiesa) e le sue strade, cioè la missione. In particolare, si è proposto di inserire nel testo un ringraziamento per tutti i servitori della Parola di Dio, dai catechisti agli insegnanti a coloro che annunciano e testimoniano il Verbo divino nelle zone di frontiera, affrontando sacrifici e mettendo a rischio la propria vita.

     
    Dal punto di vista formale, invece, è stata ribadita più volte la proposta di elaborare una sintesi della versione finale del testo, una sintesi di non più di due pagine da distribuire nelle parrocchie, perché i fedeli siano invogliati ad accostarsi e a conoscere meglio l’attività del Sinodo. Da più parti, infine, è giunto l’auspicio che la versione finale del Messaggio attesti che il Sinodo dei Vescovi ha guardato alle sfide pastorali concrete ed urgenti, come quella della libertà religiosa, ed ha pensato al duplice aspetto della missione: sia verso coloro che non conoscono ancora la Parola di Dio, sia verso coloro che l’hanno conosciuta, ma l’hanno poi dimenticata. Quelli che la Conferenza di Aparecida ha chiamato “battezzati, ma non evangelizzati".

     
    Un Sinodo, dunque, che ha fortemente presente il suo obiettivo pastorale e missionario, come conferma ai nostri microfoni Sr. Nuria Calduch Benages, docente di Teologia Biblica dell’Antico Testamento presso la Pontificia Università Gregoriana e partecipante al Sinodo in qualità di esperta:

     
    R. - Questo Sinodo non è un Sinodo rivolto agli esperti, agli esegeti. E' un Sinodo con uno scopo prioritariamente pastorale e missionario. Penso che il suo contributo avrà incidenza nella vita della Chiesa, nella vita dei fedeli.

     
    D. - La presenza delle donne è numerosa, tra le uditrici e le esperte, in questo stesso Sinodo. Qual è il suo parere?

     
    R. - E’ un dato importante che non va trascurato il fatto che siamo 25, siamo sei esperte e 19 uditrici, questo è un fatto unico nella storia della Chiesa. E’ molto significativo, nel senso che apre le porte ad un futuro, spero non molto lontano, nel quale la partecipazione aumenterà sempre di più. Oggi più che mai, ci sono tantissime donne non soltanto religiose ma laiche - specializzate in molti studi biblici, teologici, archeologici, in tante scienze anche affini alla Bibbia o alla teologia - che possono offrire un bel contributo.

     
    D. - Tra gli interventi che ha ascoltato, quali aspetti l’hanno colpita in particolare degli altri Paesi?

     
    R. - Mi ha colpito in maniera speciale, direi, il contesto di tremenda secolarizzazione che si vive nel continente dell’Oceania. Soprattutto, il vescovo dell’Australia ha illustrato molto bene quella indifferenza religiosa che invade la vita dei fedeli, che credono ma è come se non credessero. La situazione in Australia non è tanto diversa da quella che viviamo in Europa.

     
    D. - Cosa crede che la gente comune riceva, riesca a capire, a comprendere del Sinodo dei vescovi?

     
    R. - Almeno che la Parola di Dio è importante, che la Parola di Dio va letta e va vissuta. Io penso che queste siano le due dimensioni più importanti. Senza escludere, ovviamente, la Parola di Dio nei Sacramenti, è la conoscenza della Parola di Dio il fattore centrale: che la Parola di Dio abbia qualcosa da dire alla tua vita personale. Altrimenti, diventa un oggetto di studio e questo è un modo sbagliato di accostarsi ad essa.

     
    Infine, cambio di scenario questo pomeriggio per i Padri sinodali: dall’Aula, infatti, si trasferiranno nella Cappella Sistina per la Celebrazione della Parola. Si tratterà di un incontro ecumenico, con un forte richiamo all’Anno Paolino in corso. Oltre al Santo Padre, vi prenderà parte il Patriarca ortodosso ecumenico, Bartolomeo I, il quale, per la prima volta, si rivolgerà ai Padri sinodali, portando loro il saluto delle Chiese particolari. Quelle Chiese che San Paolo, l’Apostolo delle Genti, fondò prima di recarsi a Roma, incontro al martirio.

    inizio pagina

    Domattina, Benedetto XVI sarà al Santuario mariano di Pompei. L'arcivescovo, Carlo Liberati: la sua visita sia un forte impulso di novità per la nostra vita cristiana

    ◊   Benedetto XVI si recherà domani al Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei per il suo dodicesimo viaggio apostolico in Italia. Benedetto XVI partirà alle 9 in elicottero dall’eliporto del Vaticano per arrivare verso le 10 nella cittadina campana, dove celebrerà la Messa nella Piazza del Santuario. Guiderà quindi la Supplica alla Madonna di Pompei, seguita dall’offerta della “Rosa d’oro” alla Vergine e dalla recita dell’Angelus. Nel pomeriggio, dopo il pranzo con i vescovi della regione, Benedetto XVI presiederà alle 17 la recita del Santo Rosario, accompagnandolo con una meditazione, e alle 18 ripartirà per il Vaticano. Il servizio del nostro inviato a Pompei, Sergio Centofanti:

    Benedetto XVI è il secondo Papa che si fa pellegrino a Pompei. Prima di lui, Giovanni Paolo II che visitò il Santuario nel 1979 e nel 2003, suo penultimo viaggio in Italia seguito da un’altra città di Maria, Loreto. Papa Wojtyla prese spunto allora dalla devastante eruzione del Vesuvio che, nel 79 dopo Cristo, trasformò in un deserto di cenere una fiorente e ricca città romana: una tragedia umana - disse - che pone con forza “la decisiva domanda su quale sia il destino dell’uomo”. Una domanda - aggiunse - "che trova risposta solo nel Cristo morto e risorto". E infatti quel deserto è rifiorito, dopo 1800 anni, grazie alla fede, la fede di un uomo: Bartolo Longo, un avvocato pugliese, già preda dello spirito anticlericale e positivista della seconda metà dell’‘800: passeggiava nella campagna desolata di Pompei quando sentì una voce: “Diffondi il Rosario e sarai salvo!”. Quella voce ha cambiato la sua vita e trasformato una valle abbandonata di poveri contadini in una cittadina vivente della preghiera e della carità, dove gli orfani, i giovani disagiati, i figli dei carcerati, le donne in difficoltà, gli ultimi insomma, sono diventati i primi. Tutta la storia di Pompei è una vicenda impossibile diventata realtà grazie all’abbandono totale a Maria, grazie alla semplice e profonda preghiera del Rosario. Una preghiera sempre più attuale come ha ricordato Benedetto XVI il 3 maggio scorso nella Basilica di Santa Maria Maggiore:
     
    “Il santo Rosario non è una pia pratica relegata al passato, come preghiera di altri tempi a cui pensare con nostalgia. Il Rosario sta invece conoscendo quasi una nuova primavera. Questo è senz’altro uno dei segni più eloquenti dell’amore che le giovani generazioni nutrono per Gesù e per la Madre sua Maria. Nel mondo attuale così dispersivo, questa preghiera aiuta a porre Cristo al centro, come faceva la Vergine, che meditava interiormente tutto ciò che si diceva del suo Figlio, e poi quello che Egli faceva e diceva”. (Discorso al termine del Rosario nella Basilica di Santa Maria Maggiore, 3 maggio 2008)
     
    La preghiera del Rosario - diceva Giovanni Paolo II - porta la pace nei cuori, la pace nelle famiglie, la pace nel mondo. E attraverso la contemplazione dei suoi misteri - aggiunge Benedetto XVI - si orienta la vita verso Gesù, nei momenti di gioia e di luce ma anche nel dolore:

    “Ci aiuti Maria ad accogliere in noi la grazia che promana da questi misteri, affinché attraverso di noi possa ‘irrigare’ la società, a partire dalle relazioni quotidiane, e purificarla da tante forze negative aprendola alla novità di Dio. Il Rosario, quando è pregato in modo autentico, non meccanico e superficiale ma profondo, reca infatti pace e riconciliazione. Contiene in sé la potenza risanatrice del Nome santissimo di Gesù, invocato con fede e con amore al centro di ogni Ave Maria”. (Discorso al termine del Rosario nella Basilica di Santa Maria Maggiore, 3 maggio 2008)

     
    Bartolo Longo lo aveva detto ai suoi nel lontano 1901: “Vedrete! Il Papa verrà a Pompei!”. Per la terza volta il Successore di Pietro viene. Il fondatore della Nuova Pompei, come tutti i santi, ha portato avanti la sua missione tra mille tribolazioni e calunnie, sempre fiducioso nella provvidenza e obbediente alla Chiesa. A quanti costernati lo invitavano a reagire di fronte ai rovesci, diceva placido, con la corona del Rosario in mano: “Risveglia la tua fiducia nella Santissima Vergine del Rosario. Devi avere la fede di Giobbe! Santa Madre adorata, io ripongo in te ogni mia afflizione, ogni speranza, ogni fiducia”.

     
    (musica) Benedetto XVI torna a Pompei dopo 10 anni. Era il 1998 quando l’allora cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, si recò in pellegrinaggio al Santuario mariano col fratello Georg e numerosi collaboratori del dicastero. E rimase colpito in particolare dalla pietà popolare di molti pellegrini. Ma quale rapporto c’è tra pietà popolare e fede? Isabella Piro lo ha chiesto a mons. Carlo Liberati, arcivescovo prelato di Pompei e delegato pontificio per il Santuario:

    R. - Noi sappiamo che il Verbo si è fatto carne: non può esistere la fede in Dio senza l’incarnazione nella realtà della vita. Gesù ci ha detto che dobbiamo mettere in pratica le sue parole, che la fede non esiste se non si manifesta attraverso le opere della nostra vita personale e poi di quella comunitaria e sociale della Chiesa. Quindi, il rapporto tra la “pietà popolare” e la fede è un rapporto necessario. La mia fede, io la devo non solo far vedere, renderla visibile, ma trasmetterla attraverso le opere della fede. E quali sono i mezzi attraverso i quali io posso rendere la mia fede visibile nel popolo di Dio? Con un’attività straordinaria e indispensabile: la celebrazione dell’Eucaristia, attraverso la quale, con Cristo, noi veniamo presentati al Padre e ci facciamo con lui dono. L’Eucaristia è il sacrificio del Cristo Crocifisso e Risorto con noi Chiesa. E questo miracolo si realizza nella pietà popolare, che è fatta anche da tante preghiere, che nasce dall’Eucaristia. E tra le preghiere più belle c’è il Santo Rosario, la “catena dolce” che ci unisce a Dio, come dice Bartolo Longo, il vincolo di amore che ci fa fratelli e che ci unisce agli angeli del Paradiso, noi peccatori e pellegrini sulla Terra, ma che aspiriamo a diventare Santi.

     
    D. - Il Beato Bartolo Longo è stato il creatore di numerose opere sociali: come le porta avanti, oggi, la Prelatura di Pompei?

     
    R. - Abbiamo creato un Centro polifunzionale per l’educazione, al momento capace di ospitare 150 bambini presi dalla strada. Sono figli di carcerati, di separati, di divisi, di ragazze madri o di famiglie sfortunatissime. E noi diamo loro il cibo, il vestiario, la scuola paritaria, il pranzo, il doposcuola, l’educazione civica e l’educazione religiosa. Insieme con loro, abbiamo creato un gruppo-appartamento per l’accoglienza residenziale delle giovani prossime ai 18 anni; la “Casa Emmanuel” per l’accoglienza di gestanti e madri di bambini in difficoltà; il “Centro di aiuto alla vita”, che sostiene donne in difficoltà che decidono di non abortire. Abbiamo creato anche un centro di ascolto “Miryam”, per l’accoglienza, l’informazione, l’orientamento e l’accompagnamento di persone afflitte da varie emergenze sociali, con particolare riguardo alle necessità delle donne immigrate. Inoltre, abbiamo creato una casa-famiglia, chiamata “Il giardino del sorriso” per l’accoglienza residenziale di minori da zero a dieci anni, e stiamo portando a termine la “Casa della madre del bambino” nelle ex case-operaie di Bartolo Longo, perché noi siamo nati per educare e per l’amore alla vita.

     
    D. - Nell’ambito dell’evangelizzazione, proprio sulla scia di Bartolo Longo, qual è il ruolo che si può attribuire ai laici?

     
    R - Noi risentiamo della crisi generale del laicato, in questo momento. E dobbiamo impegnarci di più. Stiamo cercando di farlo potenziando nelle parrocchie la catechesi, le associazioni, i movimenti di spiritualità, perché non si può donare la fede se non l’abbiamo prima dentro di noi.

     
    D. - Quindi, mons. Liberati, quali aspettative ripone nella visita del Papa a Pompei?

    R. - Quelle di un rinnovamento deciso della vita cristiana. Ormai, siamo un popolo da rievangelizzare. Faccio un esempio: ogni giorno, qui vengono persone per farsi benedire la macchina con l’acqua santa. Io ho avuto il coraggio di affrontare quattro-cinque di questi signori e ho detto loro: “State attenti, potrebbe essere una superstizione! Prima di tutto, voi dovete rinnovare il vostro cuore, la vostra coscienza, il vostro comportamento di vita cristiana. Se fate cose contro i Comandamenti, a che serve la nostra Benedizione?” Allora li ho visti impressionati. Ed ho aggiunto: “Non agite per superstizione o per abitudine, ma cercate di cambiare la vostra vita, perché i peccati non li commette la macchina, ma li commettiamo noi”. Ecco: noi, dalla visita del Santo Padre, ci aspettiamo che ci sia un rinnovamento della vita cristiana ed anche una maggiore intensità di fede dei nostri pellegrini che, dall’incontro con Maria Santissima, cerchino sempre di essere oblativi al Signore che li chiama ogni giorno dal profondo del cuore. Spero che la visita del Santo Padre ci aiuti a rinnovare questa spiritualità.

    inizio pagina

    Nomina

    ◊   In Canada, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Sainte-Anne-de-la-Pocatière, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Clément Fecteau. Al suo posto, il Papa ha nominato dom Yvon Moreau, dei Trappisti, finora Abate della Trappa d’Oka.

    Il neo-presule, 60 anni, ha studiato Filosofia all’Università di Saint-Paul a Ottawa. Terminati gli studi si è recato in Messico per imparare lo spagnolo e, in seguito, ha insegnato presso il Seminario Nazionale di Managua in Nicaragua. Rientrato in Canada, è divenuto vicario parrocchiale e professore dell’Università del Québec con sede a Rimouski. Al1984 risale l'ingresso come postulante e poi novizio nell’abbazia d’Oka. Il 1989 è l'anno della professione solenne e il 22 ottobre 1990 viene eletto 4° abate dell’Abbazia d’Oka. E' stato membro della Commissione di coordinamento del Capitolo Generale dell’Ordine Trappista e, contemporaneamente, incaricato delle visite canoniche nei monasteri del Canada, d’Europa e dell’America latina.

    inizio pagina

    La Chiesa celebra domani la Giornata missionaria mondiale incentrata sul tema “Servi e apostoli di Cristo Gesù”. Intervista con don Gianni Cesena

    ◊   Quello che la Chiesa sta vivendo è un tempo speciale, dedicato al rafforzamento della sua irrinunciabile indole missionaria. Il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Missionaria Mondiale, che si celebrerà domani, invita tutti i battezzati a rendersi “servi e apostoli di Cristo Gesù”, seguendo l’insegnamento dell’Apostolo delle Genti, San Paolo. La concomitanza del Sinodo dei Vescovi con l’ottobre missionario e l’Anno Paolino rappresenta poi, per tutti i fedeli, un ulteriore invito ad annunciare nel mondo il Vangelo. Nel messaggio per questa Giornata, il Papa sottolinea anche che “la missione è questione d’amore”. “L’attività missionaria - aggiunge - è risposta all’amore con cui Dio ci ama”. Sul cammino missionario della Chiesa attraverso le diverse “frontiere umanitarie”, si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco, il direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie, don Gianni Cesena:

    R. - C’è la frontiera legata al partire verso altri continenti, altri luoghi, altri popoli e altre culture. La missione è sempre fondata sull’incontro. C’è poi una frontiera interna che avvertiamo come nuova. In Italia e in Europa è la frontiera legata alla presenza dei migranti. L’uomo aspetta l’annuncio del Vangelo, ovunque esso si trovi.

     
    D. - L’amore missionario si confronta nel mondo anche con diverse piaghe, come la povertà, la violenza e la discriminazione. Come promuovere, tra queste miserie, l’incontro tra l’annuncio della Parola e la speranza nel Vangelo?
     
    R. - L’incarnazione di Gesù Cristo è il Dio fatto uomo: quindi bisogna avere lo sguardo verso l’alto, verso il Padre che invia il Figlio, e lo sguardo verso i fratelli. Ques’ultimo è lo sguardo verso i bisognosi. Il Vangelo ci mostra Gesù sempre vicino a coloro che avevano bisogno tanto della sua misericordia, quanto della sua guarigione.

     
    D. - In quali regioni del mondo e in quali ambiti della società oggi è necessaria, e più urgente, l’opera di evangelizzazione?
     
    R. - Oggi, abbiamo tutti sotto gli occhi situazioni molto estreme, come quelle dell’Iraq, dello Stato indiano di Orissa e della regione del nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo. Ma è difficile dire se vi sia un’urgenza superiore alle altre. Si deve sviluppare anche una nuova mentalità: bisogna capire cosa questi popoli stanno vivendo per il loro stesso riscatto. Dobbiamo fare in modo che chi è a capo di queste nazioni possa essere motivato dal Vangelo, agendo non per il bene proprio ma per il bene degli altri.

     
    D. - Quali virtù sono necessarie ai missionari, messaggeri del Vangelo, per lasciare tutto e dedicarsi completamente e incondizionatamente a spargere nel mondo - come scrive il Papa - “il profumo della carità” di Cristo?

     
    R. - Credo che una virtù fondamentale sia quella dell’attitudine all’incontro. Questa implica subito degli aspetti concreti: imparare delle lingue, conoscere nuove culture, assumere delle abitudini, sentendosi comunque a casa propria, in mezzo alle persone che quotidianamente si incontrano. La seconda virtù è quella della stima per la libertà dell’uomo: il Vangelo non può mai essere imposto, va sempre proposto ed offerto.

     
    D. - Ricordando la figura di San Paolo, infaticabile missionario in un mosaico di etnie e culture, il Papa ci ricorda poi che predicare il Vangelo non è un vanto, “ma un compito e una gioia”…

     
    R. - Il compito corrisponde alla vocazione e la gioia corrisponde allo stile: è lo stile della condivisione, dell’incontro. Moltissime persone vivono con gioia l’incontro e, probabilmente, si aspettano anche una testimonianza evangelica qualificata dai cristiani.

     
    D. - Tutti sono chiamati ad essere “servi e apostoli di Cristo Gesù”. Come possono essere, anche i laici, missionari nella vita quotidiana e rispondere all’amore di Dio?
     
    R. - Si deve comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Non si devono temere i cambiamenti del mondo. Troppo spesso, nella vita sociale c’è una tendenza a vivere e a ragionare secondo dei criteri idolatrici. Anche la crisi finanziaria di questi giorni ci ha mostrato - come dice il Santo Padre - che molte cose sono relative: anche il denaro è relativo e forse, qualche volta, abbiamo vissuto troppo appoggiati a questo idolo, senza badare a ciò che è più essenziale.

    inizio pagina

    Domani in Francia la beatificazione dei coniugi Martin, genitori di Santa Teresa di Lisieux, Patrona delle Missioni e Dottore della Chiesa

    ◊   E’ tutto pronto a Lisieux, in Francia, per la cerimonia di Beatificazione di Luis e Zélie Martin, genitori di Santa Teresa del Bambino Gesù, Patrona delle Missioni e Dottore della Chiesa. L’approvazione del miracolo attribuito alla loro intercessione - la guarigione nel 2002 di un bambino di Monza affetto da una gravissima malformazione ai polmoni - è avvenuta nel luglio scorso, in coincidenza con il 150.mo di matrimonio della coppia. Il rito sarà presieduto domani nella Basilica di Lisieux, dal vescovo della diocesi, Pierre Pican, mentre la formula di beatificazione la pronuncerà il prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinale José Saraiva Martins. Lo stesso porporato celebrerà questa sera la Messa della vigilia nella cattedrale di Alençon, nella regione francese della Normandia, luogo dove nacquero, vissero e si sposarono i nuovi Beati. I Martin sono i primi coniugi a diventare beati nella storia della Chiesa, dopo aver avuto una figlia Santa. Roberto Piermarini ha chiesto al cardinale Saraiva Martins se la loro figlia Teresa sarebbe mai diventata la “Santa di Lisiuex”, se non avesse avuto questi genitori:

    R. - Non si può dire con certezza se sì o no. Comunque, una cosa è certa: i genitori hanno una grande influenza, determinante, decisiva, sul futuro dei propri figli. Comincia con l’educazione, che danno fin da bambini ai loro figlioli. E’ chiaro che se Teresa è diventata Santa possiamo affermare senz’altro che ciò è dovuto alla formazione religiosa che ha ricevuto dai genitori. Quindi, alla sua domanda io rispondo: probabilmente, se non avesse avuto quei genitori, che erano veramente dei santi, non sarebbe diventata Santa lei stessa. Dio può fare di tutto, però - umanamente parlando - certamente è decisivo il comportamento dei genitori, anche in materia di fede e di religione nei confronti dei figli.

     
    D. - Perché per la Beatificazione dei coniugi Martin è stata scelta la Giornata missionaria mondiale?

     
    R. - Perché, com'è noto, Teresina del Bambin Gesù è la patrona delle missioni. Ma questo spirito missionario Teresina lo ha appreso dai genitori. I genitori erano grandi, ferventi difensori e diffusori della fede. Erano degli autentici missionari. Loro hanno insegnato ai loro figlioli questo principio fondamentale della nostra fede, cioè che la Chiesa è missionaria e che un cristiano, per essere veramente tale, deve avere uno spirito apostolico. Questo in virtù del Battesimo. La vocazione del cristiano, la vocazione battesimale, è una vocazione essenzialmente missionaria, apostolica ed evangelizzatrice. Questo, i genitori di Teresina lo hanno capito molto bene e lo hanno vissuto in profondità. Hanno aiutato moltissimo le missioni, anche materialmente, e volevano avere molti figli anche per offrirli a Dio, per offrirli alla Chiesa e alle missioni. Certamente, sono dei modelli anche sotto l’aspetto apostolico della Chiesa.

     
    D. - Come esempio di amore coniugale, i coniugi Martin quale messaggio lasciano alle coppie e alle famiglie di oggi?

     
    R. - Lasciano un messaggio estremamente importante e della più scottante attualità ai genitori di oggi, perché sono modelli di fedeltà, modelli di amore sincero e profondo l’uno verso l’altro. Ci sono delle affermazioni di Luis e di Zélie che sono veramente commoventi. C’è una professione di amore coniugale straordinario. I genitori di oggi farebbero bene a conoscere questo messaggio e a metterlo in pratica. Certamente, la Beatificazione di questi due genitori da un punto di vista pastorale va inserita nel contesto post-conciliare perché, come si sa, Giovanni Paolo II ha insistito molto sulla santità matrimoniale tante volte; e tutte le volte in maniera molto, molto forte. Per esempio, nella Tertio Millennio Adveniente, Giovanni Paolo II dice molto bene che - specie da un punto di vista pastorale - ci si dovrà adoperare per il riconoscimento dell’eroicità delle virtù di uomini e di donne che hanno realizzato la loro vocazione cristiana nel matrimonio. “Convinti come siamo - dice il Papa - che anche in tale stato non manchino frutti di santità, sentiamo il bisogno di trovare le vie più opportune per verificare questi frutti di santità e proporli a tutta la Chiesa, a modello e a sprone degli altri sposi cristiani”. Una Beatificazione è proprio questo: proporre un determinato cristiano fedele come modello. Quindi, è in piena sintonia con l’insegnamento di Giovanni Paolo II.

     
    D. - I coniugi Martin hanno sofferto per la morte di quattro dei loro otto figli. Quale insegnamento lasciano alle coppie che perdono i propri figli?

     
    R. - Lasciano un insegnamento innanzitutto di una fede vissuta, esistenziale e concreta, non di una fede astratta. Naturalmente, chi crede veramente - chi ha una fede vissuta, concreta, esistenziale - si lascia guidare da Dio nei momenti tristi come nei momenti gioiosi, in tutte le circostanze della vita, anche in quella circostanza tragica, da un punto di vista puramente umano, che è la morte dei figli. E’ chiaro che per i genitori, che vogliono bene ai loro figli, la morte di questi ultimi sia sempre un dramma, umanamente parlando. Da un punto di vista della fede cristiana, però, diventa un evento da guardare in maniera positiva. Diceva Santa Teresa d’Avila in riferimento alla morte: “Muoio perchè non muoio”. Quindi, per noi cristiani credenti, come per i coniugi, la morte non è la fine, anzi è un inizio. La morte è la porta per la vita. Loro avevano un concetto molto chiaro che la vita umana sulla terra è un pellegrinaggio e i pellegrini camminano verso una meta. La meta non è la morte, non è la tomba. Assolutamente. Non è la distruzione completa del corpo. La morte è l’ingresso nella vita. Noi cristiani dobbiamo guardare alla Resurrezione. Oltre al Calvario e al Golgota, dobbiamo guardare alle vie della Resurrezione di Cristo. La Passione e la morte di Cristo non avrebbero alcun senso senza la Pasqua. Il Venerdì Santo non avrebbe alcun senso senza la Domenica di Pasqua. Quindi, per noi cristiani la morte è finalizzata alla Resurrezione, alla Pasqua. Noi moriamo e sappiamo di morire per ricominciare a vivere veramente la vita vera, la vita che non finisce mai, la vita beata alla quale noi tendiamo come credenti, come cristiani. Questi sono i pensieri, i principi, che hanno orientato sempre i genitori di Teresina. Perciò, quando sono morti i loro figlioli, loro certamente hanno guardato alla morte - e questo è molto chiaro nei documenti - come a un principio di vita per i loro figlioli. Hanno avuto sempre uno spirito di rassegnazione, ma nel senso positivo della parola.

     
    D. - Molti genitori spesso soffrono quando le proprie figlie decidono di entrare in convento. I coniugi Martin come hanno vissuto la scelta della loro Teresa entrata nelle carmelitane a soli 15 anni?

     
    R. - In maniera molto positiva. Anche in questo sono un modello, perché i genitori di Teresina - Luis e Zélie - dicono che volevano avere molti figli per offrirli a Dio. Questo è molto bello. E, infatti, loro stessi, prima di sposarsi, avevano pensato alla vita religiosa, consacrata. Lui aveva pensato ad un monastero e ad un ordine religioso, a farsi frate, monaco. E lei aveva pensato di farsi suora. Poi hanno scoperto la vocazione matrimoniale, si sono sposati, pur rimanendo in loro questa idea fondamentale: che la vita religiosa, la vita consacrata fosse alla fine la vita più bella per i figlioli. E, infatti, come dicevo, loro sono stati molto contenti della vocazione religiosa di Teresina, perché erano convinti anche loro, prima del matrimonio, di dover entrare nella vita religiosa. E’ una cosa molto bella e anche in questo loro sono dei modelli, perché oggi molte famiglie che hanno un figlio o due hanno sempre il problema della vocazione religiosa di questi figli. Mio padre, per esempio, quando sono entrato nella vita religiosa, non voleva in nessun modo. Mia mamma è stata quella che ha convinto mio padre a lasciarmi andare in seminario. Quindi, anche sotto questo aspetto - molto, molto importante - questi nuovi Beati danno un esempio straordinario ai genitori di oggi.

    inizio pagina

    Terminato a Roma il Convegno dedicato al decennale dell'Enciclica "Fides et Ratio". Tra gli interventi, quello del cardinale Tarcisio Bertone

    ◊   Con l’intervento del vescovo Sánchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, si è chiuso stamani a Roma il Convegno sul tema “Fiducia nella Ragione”, in occasione del 10.mo anniversario di pubblicazione dell’Enciclica di Giovanni Paolo II Fides et Ratio. All’incontro, organizzato congiuntamente dalle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali, dalla Pontificia Università Lateranense e dalla Conferenza mondiale delle Istituzioni universitarie cattoliche di filosofia, hanno partecipato, tra gli altri, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ed il rettore della Lateranense, mons. Rino Fisichella. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il Convegno ha preso in esame lo straordinario contributo portato dell’enciclica Fides et Ratio, capace di incidere profondamente sia sull’insegnamento sia sulla ricerca filosofica e teologica. Il cardinale Tarcisio Bertone l’ha definita una meravigliosa costruzione architettonica che offre una visione precisa, a tratti sofferta, del rapporto tra fede e ragione”. Diversi sistemi filosofici - ha spiegato il porporato - hanno affermato che l’uomo “può decidere autonomamente del proprio destino”, confidando solo sulle proprie forze. Ma determinante per la sua realizzazione, ha aggiunto, “sarà soltanto la scelta di inserirsi nella verità”: solo in questo orizzonte “comprenderà il pieno esplicitarsi della sua libertà e la sua chiamata all’amore e alla conoscenza di Dio”.

     
    Il rettore della Lateranense e presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Rino Fisichella, ha sottolineato lo smarrimento e la frammentarietà del sapere che si traduce in una sfiducia nel cogliere la verità. “La sfida che si deve compiere - ha osservato - è quella di ritrovare l’unità del sapere come condizione non solo per la filosofia e la teologia di poter dialogare tra di loro su contenuti autonomi e pur sempre reciproci”, ma soprattutto per essere in grado di fornire all’uomo la risposta di cui ha “insaziabile bisogno: quella di senso”. Questa ricerca - ha poi affermato il filosofo francese, Jean Greisch - è presente “fin dalle prime pagine nella Bibbia”: l’umanità - ha osservato - non ha atteso la nascita della filosofia per interrogarsi sul senso della vita. In età contemporanea - ha poi spiegato il filosofo Michael Konrad - la ragione filosofica “ha smarrito il gusto per le grandi questioni”: “per accedere alla dimensione di fede, la filosofia “deve ricercare la verità”.

     
    L’enciclica Fides et Ratio, secondo Vittorio Possenti, docente di filosofia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, accompagna l’uomo verso questa “ricerca di senso e di verità”. “Il suo messaggio di fiducia nella ragione - ha affermato - porta con sé un messaggio di fiducia nell’uomo, un invito ad osare, a non restringersi in orizzonti limitati”. In questa ricerca di senso la Chiesa - come ha detto giovedì scorso il Papa rivolgendosi ai partecipanti al Congresso - difende la forza della ragione e la sua alleanza con la fede. La difende dal duplice rischio di una ragione debole, che si sente incapace di trovare la verità, e di una ragione arrogante che vorrebbe sostituirsi a Dio.

    inizio pagina

    Conservare viva l'eredità del Pontificato di Giovanni Paolo II: una riflessione di padre Federico Lombardi

    ◊   "Aprite le porte a Cristo!", "Non abbiate paura!", e "Lasciatemi andare alla Casa del Padre" sono l'alfa e l'omega del Pontificato di Giovanni Paolo II. Lo ha ricordato due giorni fa Benedetto XVI, dopo aver assistito al film "Testimonianza" dedicato alla vita di Papa Wojtyla. Dal Sinodo dei Vescovi in Vaticano fino alle più piccole parrocchie del pianeta, in moltissimi hanno ricordato in questi giorni quel lontano 16 ottobre 1978, quando il Pontefice polacco iniziava la sua straordinaria avventura ecclesiale ed apostolica. Lo ricorda in questo editoriale il direttore della Sala Stampa Vaticana, e nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:

    Non è strano che la ricorrenza del trentesimo anniversario dell’elezione di Giovanni Paolo II sia celebrata con emozione e intensità. Nonostante gli anni passati, il ricordo è vivissimo e i testimoni sono ancora molto numerosi. Il primo Papa non italiano dopo secoli, la sua provenienza dall’Est dei regimi comunisti, la sua età relativamente giovane, soprattutto le sue parole spontanee ed inconsuete dalla Loggia di San Pietro: una personalità forte e libera che avrebbe saputo stabilire un rapporto diretto e coinvolgente con il popolo cristiano, e anche più in là, con il mondo intero.

     
    Una consapevolezza chiara - umile ma fortissima nella fede - della grandezza della sua vocazione. Egli stesso ci ha testimoniato che il grande Primate di Polonia, il cardinale Wyszynski, gli aveva detto, nei giorni cruciali dell’elezione, che era chiamato ad introdurre la Chiesa nel terzo millennio. Ciò che è effettivamente avvenuto, nonostante l’attentato e le malattie, confutando l’incredulo realismo di molti di noi. Una Chiesa non chiusa in se stessa, ma ben aperta ad affrontare con coraggio le sfide del tempo: dal “Non abbiate paura” dei primi giorni di pontificato al “Duc in altum! - Guida la barca al largo!” degli ultimi anni, Papa Wojtyla ci ha donato la passione dell’annuncio di Cristo, senza timore, per un mondo vasto e travagliato, ma sempre amato da Dio, anche nel terzo millennio.

     Conserviamo viva questa eredità.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Quando la scienza si allontana da se stessa: in prima pagina, un articolo di Giorgio Israel sulla ricerca asservita agli interessi economici.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la crisi finanziaria: Sarkozy vuole riscrivere le regole del capitalismo, ma la Casa Bianca appare scettica sull'ipotesi di una nuova Bretton Woods.

    In cultura, un articolo del direttore dal titolo "Se la Parola torna poliglotta. La Bibbia tra lingue ed edizioni critiche". I doni dell'American Bible Society e della Deutsche Bibelgesellschaft ai partecipanti ai lavori sinodali.

    Nel sessantesimo anniversario dell'approvazione della Costituzione italiana, intervista del vice direttore a Giovanni Maria Flick, vice presidente della Corte costituzionale. Con un articolo di Giovanni Sabbatucci dal titolo "Un compromesso costituente esige sempre apertura e dialogo".

    Stralci della relazione di Annamaria Tassone Bernardi al convegno "San Paolo e Teilhard de Chardin", in corso a Eupilio (Como).

    Marcello Filotei intervista Piero Castellacci, regista e coautore dei testi di "Don Bosco. Il musical", che debutta oggi al Teatro Olimpico di Roma. 

    Nell'informazione religiosa, un articolo di Salvatore M. Perrella sulla visita di Benedetto XVI, domani, al santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Più sensibilità e più interventi politici mirati: le richieste per contrastare la tratta di esseri umani, al centro dell'odierna Giornata europea per la lotta al fenomeno. Intervista con Oliviero Forti

    ◊   Miseria, sfruttamento e solitudine sono le chiavi per comprendere la tratta degli esseri umani. Un fenomeno in crescita che, secondo stime ONU, interessa tra le 600 mila e i 4 milioni di vittime e che nella sola Europa coinvolge circa 125 mila minori. In occasione dell'odierna Giornata europea della lotta alla tratta, la COATNET - una rete ecumenica della quale fa parte la COMECE, la Commissione degli episcopati della Comunità europea - ha lanciato un allarme sull’aumento del traffico di bambini. E nel corso di un convegno a Parigi, terminato di recente, ha inoltre invitato i governi alla scelta di politiche condivise per contrastare un fenomeno che non accenna a fermarsi. Lo conferma al microfono di Benedetta Capelli, Oliviero Forti, di Caritas Italiana, tra i partecipanti alla riunione della COATNET:

    R. - Il traffico di esseri umani, purtroppo, è un fenomeno che sembra in crescita negli ultimi anni. Le stime mondiali parlano di una realtà che in termini di profitto è paragonabile, probabilmente, al traffico di armi e al traffico di stupefacenti. Questo ci dà un po’ la dimensione del fenomeno.

     
    D. - A Parigi è stato lanciato l’allarme sui minori. Quali sono gli elementi che incidono sul maggiore aumento del fenomeno?

     
    R. - Il traffico, principalmente conosciuto come traffico di esseri umani, prevede purtroppo sfumature che coinvolgono non solo quello sessuale ma anche il traffico di minori, di organi, il traffico legato allo sfruttamento dei lavoratori. I minori sono e la categoria più vulnerabile e anche più facilmente sfruttabile. E questo lo verifichiamo non solo in alcuni Paesi che oggi definiremmo del "secondo" o "terzo" mondo ma anche in Paesi sviluppati e nelle grandi città.

     
    D. - Esistono esempi vincenti per combattere questo fenomeno, in particolar modo per quanto riguarda il traffico di minori?

     
    R. - Recentemente, in questo convegno voluto da Caritas Europa, sono emerse realtà che certamente stanno operando in modo positivo, ma possiamo dire che sono ancora gocce in mezzo al mare. Ci sarebbe ancora molto da fare, a cominciare proprio da legislazioni nazionali più sensibili a questo tema, a fronte invece di alcuni Paesi nei quali abbiamo riscontrato l'assenza di alcun tipo di disciplina a tutela di questi soggetti.

     
    D. - A Parigi la testimonianza anche di altre realtà del Sudest asiatico, dell’America Latina, degli Stati Uniti. Esistono dei denominatori comuni per il fenomeno della tratta?

     
    R. - Le condizioni di partenza sono sempre le stesse: precarietà, povertà, disagio. Sono questi gli elementi di fondo che poi determinano le condizioni per lo sfruttamento di minori, donne: i soggetti più vulnerabili della società.

     
    D. - Denunciare e far conoscere la miseria di quanto accade ai minori alle famiglie, alle donne, basta?

     
    R. - Certamente è il primo passo, anche perché sul fronte della sensibilizzazione c’è ancora molto da fare. Per quanto riguarda il traffico esseri umani per lo sfruttamento sessuale, i clienti dovrebbero comprendere che le donne che incontrano non hanno alle spalle la scelta di prostituirsi, ma hanno qualcosa di molto peggiore: hanno una vita di stenti, spesso di sfruttamento. E già il poter conoscere, l’essere consapevoli di questo, potrebbe certamente costituire un aiuto importante. Noi ne abbiamo testimonianza dalle telefonate che spesso le nostre Caritas diocesane ricevono da chi chiede, in qualità di cliente, un aiuto proprio per le prostitute alle quali si è rivolto. Perchè una volta che prendono consapevolezza della loro tragedia umana, allora si trasformano da pseudo-sfruttatori in persone che vogliono aiutare queste donne ad emanciparsi da una condizione veramente di miseria.

    inizio pagina

    Il commento del teologo, don Massimo Serretti, al Vangelo della Domenica

    ◊   La liturgia della 29.ma Domenica del Tempo ordinario presenta il celebre passo del Vangelo nel quale i farisei, volendo cogliere in fallo Gesù, gli chiedono se sia lecito o meno pagare il tributo a cesare. Ed egli, conoscendo la loro ipocrisia, si fa mostrare una moneta con l'effigie dell'imperatore e replica:

    "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio".

     
    Su questo passo del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla'Università Lateranense:

    (Musica)

    Non si può non ricordare che l'insegnamento di Gesù: "Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" ha segnato tutta la storia dell'Occidente cristiano.

     
    Nei secoli esso ha impedito la fusione dei due ordini, ha impedito ai cristiani l'idolatria delle forme politiche e statuali e la sottomissione delle Chiese ai poteri mondani. Ma, stabilendo un primato, ha anche suggerito la necessità di un nesso che però non travalicasse mai la distinzione.

     
    Inoltre, chiedendo di mostrargli la moneta, Gesù pone la questione della proprietà: «Di chi è ...?» E dopo aver posto l'interrogativo sulla proprietà, presenta la necessità della restituzione (apodosis).

     
    Noi siamo proprietà di Dio. "Moneta di Cristo è l'uomo; in essa c'è l'immagine di Cristo... il nome di Cristo... i benefici di Cristo", scrive Agostino (Serm. 90,10,116s.).

     
    Essendo noi proprietà di Dio, Suo possesso, il dare a Lui noi stessi è un rendere (redditio), un ridare. L'uomo che sa "di chi è", può concepire il rendere e il ridonare come qualcosa di perfettamente consono alla sua origine e alla sua natura. L'uomo che non sa più "di chi è" è totalmente incapace di una vera offerta di sé, avvertendo la donazione come una perdita, una possibile sparizione di sé.

     
    (Musica)

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    Siamo "cittadini senza Stato": così si appellano all'ONU i cristiani dello Stato indiano dell'Orissa

    ◊   Il governo dell’Orissa chiude i campi profughi ed espelle migliaia di cristiani, senza riparo né cibo. Mentre continuano le violenze, viene denunciato alle Nazioni Unite il genocidio in atto e chiesto un immediato intervento. Padre Manoj Digal del Centro arcidiocesano per i servizi sociali denuncia ad AsiaNews che “uno dei tre campi profughi di Baliguda è stato chiuso il 15 ottobre scorso e 900 persone sono state mandate via. E’ assurdo, molta gente non sa dove andare, è priva di qualsiasi difesa. Il governo non ha dato loro nemmeno tende ma appena 10 chilogrammi di riso per famiglia. Hanno perso tutto. Se tornano al loro villaggio, possono solo riconvertirsi all’induismo. Molti hanno così dovuto lasciare l’Orissa per andare in altri Stati”. “Il governo non garantisce alcuna sicurezza ai cristiani, nonostante rischino la vita. Ora ci sono anche gruppi di donne estremiste che minacciano le donne cristiane. Non c’è alcun rispetto dei diritti fondamentali. Molte di queste famiglie avevano un dignitoso tenore di vita, ora debbono andare tra gente sconosciuta privi di tutto”. Sajan K. George, presidente del Consiglio globale dei cristiani indiani, ha denunciato alle Nazioni Unite la decisione del governo dell’Orissa di chiudere i campi profughi nel distretto di Kandhamal. All’Onu Sajan ha scritto che “il 3 settembre il New York Times ha riportato che 1.400 case e 80 chiese sono state distrutte o danneggiate. Ma i danni attuali nella sola Orissa sono oltre il doppio. In centinaia sono stati assassinati solo per la loro fede e c’è una sistematica e diffusa violazione di ogni diritto: stupri, violenze atroci anche da parte di poliziotti, incendi di chiese e proprietà dei cristiani. I profughi sono decine di migliaia, vivono nella foresta o nei campi senza cibo né medicine, molti si ammalano e muoiono. I cristiani hanno quasi perso fiducia che il governo voglia proteggere i cittadini, specie quella minoranza del 2,5% di cristiani. Per questo – conclude – chiediamo che i profughi dell’Orissa siano posti sotto la protezione dell’Onu come rifugiati. Ora sono come gente senza Stato. In Orissa non c’è Stato di diritto, per loro, nessuno li protegge. Hanno bisogno di cibo, riparo, medicine. Senza un aiuto immediato in decine di migliaia moriranno per le violenze, gli stenti, le malattie, compresi vecchi, donne, bambini, sacerdoti. Ci appelliamo all’Onu perché protegga le loro vite e impedisca discriminazioni fondate su ragioni di razza, religione o casta. Perché chieda al governo indiano di adempiere alle sue responsabilità verso i propri cittadini”. Intanto la violenza si diffonde nell’intera nazione. Il 14 ottobre due chiese sono state assalite a Erode, nel Tamil Nadu: ignoti hanno lanciato pietre, nella notte, rompendo vetri e arredi. (R.P.)

    inizio pagina

    Cresce il numero degli sfollati nel nord dell’Iraq per gli attacchi alle comunità cristiane

    ◊   Continua l’esodo dei cristiani nel nord dell’Iraq a seguito degli attacchi alla chiesa locale. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite (UNHCR/ACNUR) sarebbero 1560 le famiglie che hanno lasciato la città di Mosul nell’ultima settimana, mentre l’intera popolazione degli sfollati, che conta circa 9400 persone secondo una nota diffusa dalle autorità locali, rappresenterebbe quasi la metà dell’intera comunità cristiana cittadina. Uomini, donne e bambini che necessitano di cibo, vestiti e materiale sanitario. “Le persecuzioni contro i cristiani hanno anche un valore altamente simbolico - commenta al Sir mons. Raymond Moussalli, vicario del vescovado caldeo in Giordania, che da tempo si occupa dei rifugiati cristiani iracheni nel regno Hashemita - Scacciarli da Mosul significa, simbolicamente, mandarli via da tutto l'Iraq”. Con preoccupazione il presule quindi avverte: “Stiamo assistendo ad una vera e propria guerra ai cristiani, bisogna rendersene conto, prima che sia troppo tardi. Un Iraq senza cristiani sarà un Paese più povero e ciò avrà ripercussioni negative sui cristiani di tutto il Medio Oriente”. Prosegue intanto a Mosul l’operazione di polizia per porre fine agli attacchi, dieci gli arresti nelle ultime 24 ore. Il ministro della Difesa iracheno Abdul Qader al-Ubeidi ha definito ieri gli attacchi ai cristiani una “campagna di minacce organizzata” e parole di condanna alle aggressioni e di solidarietà alle comunità cristiane locali sono giunte nei giorni scorsi anche dai governi dell’Iran e del Kurdistan. (C.D.L.)

    inizio pagina

    Aumentano gli sfollati nella Somalia scossa dalla guerra tra ribelli islamici e il governo provvisorio

    ◊   La nuova impennata di violenze tra l’esercito governativo somalo e le milizie delle corti islamiche ha costretto, negli ultimi trenta giorni, oltre 61.000 gli abitanti di Mogadiscio ad abbandonare le loro case. Il pesante bilancio è stato stimato dalle Nazioni Unite che mettono l’accento sulla sempre più precaria condizione dei civili. La popolazione della capitale somala, stretta nella morsa del fuoco incrociato tra insorti, soldati fedeli al governo di transizione e militari etiopici, sta infatti pagando il prezzo più alto in vite umane e sofferenze. Stando i dati diffusi dall’ONU, solo nell’ultima settimana, 5500 nuovi sfollati hanno cercato rifugio in quartieri più sicuri di Mogadiscio o si sono diretti verso la vicina Afgoye già ingolfata dalla presenza di centinaia di migliaia di rifugiati. Intanto, dopo gli ultimi scontri, da ieri regna un’apparente calma: “Giovedì è stato un inferno – ha riferito una fonte locale della Misna – in queste ore abbiamo raccolto i corpi senza vita delle vittime; si tratta soprattutto di civili. Dai movimenti che sto vedendo in città penso che i combattenti si stiano preparando per nuovi scontri, ma oggi è venerdì, giorno che si spera di festa per i musulmani di qualunque fazione”. Mentre a Mogadiscio, Baidoa e in altre zone del paese si continua a combattere, più a nord, a Gibuti, si attende la riapertura dei negoziati di pace tra insorti e governo di transizione prevista il 25 ottobre prossimo. Ieri, proprio in vista dell’appuntamento, il rappresentante speciale dell’ONU in Somalia, Ahmedou Ould-Abdallah, ha tenuto a New York una serie di colloqui preparativi con i due gruppi negoziali che dovranno poi affrontare le questioni di sicurezza nazionale e politica dalla cui risoluzione possono dipendere le sorti del paese. (M.G.)

    inizio pagina

    Georgia: più di 100 mila profughi tornano a casa

    ◊   Dei 160.000 profughi fuggiti a causa del conflitto tra Georgia e Russia, più di 100 mila sono tornati a casa. La guerra ha avuto inizio l’8 agosto con il bombardamento della capitale della regione separatista georgiana dell’Ossezia del sud, da parte delle forze armate di Tbilisi. Il successivo intervento di Mosca aveva portato all’occupazione di un’ampia fetta di territorio georgiano. L’Alto commissariato ONU per i rifugiati – riferisce l’agenzia Misna - ha reso noti i numeri del fenomeno in un rapporto sulla situazione nel Caucaso. “Dei 133.000 rifugiati interni registrati dal governo georgiano durante e dopo il conflitto - si legge nel documento - 78.000 sono tornati nelle loro case in Georgia. Secondo le autorità russe, nell’Ossezia settentrionale restano meno di 2000 delle circa 30.000 persone che erano fuggite dall’Ossezia del sud”. L’Alto commissariato ONU informa che a favorire il ritorno a casa dei profughi è stato il ritiro delle forze russe, recentemente completato, da alcune “zone di sicurezza” create attorno all’Ossezia del sud e all’Abkhazia, l’altra regione separatista coinvolta nel conflitto e riconosciuta da Mosca come stato indipendente. (F.A.)

    inizio pagina

    I vescovi del Venezuela contro l’introduzione di decreti-legge già rifiutati da un referendum popolare

    ◊   "Ci sembra irriguardoso nei confronti della volontà popolare e sovrana che s'impongano dei cambiamenti rifiutati", nel referendum del mese di dicembre 2007, "attraverso la pubblicazione inconsulta, e a sorpresa, di un insieme di leggi stataliste, autoritarie e accentratrici”. Così, ieri, i vescovi del Venezuela al termine della loro 38.ma Assemblea plenaria straordinaria in un'esortazione indirizzata ai cattolici e all'intero Paese. Nel documento - intitolato "Per la democrazia e per la vita" - i presuli affermano che "i nuovi decreti-legge contengono profili di incostituzionalità, danno all'Esecutivo più poteri per il controllo di numerose aree della vita del Paese a scapito delle persone e delle istituzioni, erodono molteplici diritti politici e sociali dei cittadini". I vescovi venezuelani sottolineano con forza che "il riferimento obbligato per tutte le leggi è la Costituzione vigente" e ricordano che la nuova Carta costituzionale proposta al popolo da parte del governo, 10 mesi fa, è stata rifiutata con un ampio voto popolare e, come già avevano fatto in precedenti prese di posizione, condannano il fatto che questo voto sia ignorato usando sotterfugi rischiosi. I presuli, che sottolineano ancora una volta che quel testo era “moralmente inaccettabile”, ricordano quindi l’importanza delle elezioni regionali del prossimo 23 novembre, poiché “non solo confermano la decisione di mantenere vigente il principio di decentralizzazione, ma possono contribuire anche al sano equilibrio dei poteri pubblici delle regioni in funzione del pluralismo, della riconciliazione e della pace cittadina". Per i vescovi tutti gli elettori, oltre 10 milioni, hanno l'obbligo morale di votare ed esprimersi "con libertà e responsabilità sul destino della nazione". Perciò esortano il Consiglio Nazionale a compiere fedelmente il suo dovere di "garantire la trasparenza del processo elettorale, il suo facile accesso, la diffusione immediata dei risultati e l'obbedienza agli stessi, come volontà popolare che si esprime in quel modo, senza che possa anteporsi nessun altro interesse, di gruppo o individuale, ideologico o di qualunque altra natura". Riflettendo sulla situazione di contrapposizione che esiste nel Paese, e che in molti casi si è tradotta in violenza grave, con intimidazioni e lutti, i vescovi rilevano l’urgenza e la necessità del dialogo, così come il rispetto della persona e dei suoi diritti, e il rispetto dell'ordinamento giuridico vigente, perché “tutti i venezuelani anelano realmente a vivere in pace e in democrazia”. "Per questo motivo - continua il testo - respingiamo la violenza verbale e le minacce che si sono manifestate in questa campagna elettorale". Dall’altra parte l’Episcopato rileva una grave preoccupazione per "la situazione di crescente insicurezza, delinquenza traboccante e disprezzo per la vita che si manifesta nella gran quantità di assassini, sequestri ed altri delitti". Perciò esigono dalle autorità competenti che agiscano, “nella cornice della Costituzione e delle leggi, in modo che si garantiscano i diritti fondamentali dei venezuelani". Infine, i presuli parlano sull’attuale crisi finanziaria ed economica mondiale, che "obbliga il governo a cercare soluzioni concordate con tutti i settori della società, per diminuire le conseguenze della crisi, specialmente sulle classi meno favorite". Perciò i vescovi denunciano l'enorme utilizzo di “di risorse della nazione per l'acquisto di armamenti”. L’Episcopato conclude la sua esortazione con un appello a pregare per la nazione e indicono a questo fine una “Giornata di Preghiera per la Vita e per la Pace” per domenica 16 novembre, in tutte le Parrocchie e Chiese del Venezuela. (A cura di Luis Badilla)

    inizio pagina

    I vescovi spagnoli condannano la selezione terapeutica degli embrioni finalizzata alla cura di soggetti malati

    ◊   “Bisogna curare i malati, ma senza uccidere qualcuno”. Così i vescovi spagnoli sul caso, il primo nel Paese, del bambino nato mediante fecondazione in vitro e selezionato geneticamente per curare il fratello affetto da una malattia congenita. In una nota pubblicata sul tema, i presuli evidenziano che la nascita “è stata accompagnata dalla distruzione di altre persone”, gli embrioni malati o non geneticamente compatibili, “i quali sono stati privati del diritto fondamentale alla vita”. Esseri umani – continuano – che sono stati “eliminati perché non erano utili dal punto di vista tecnico, violando così la loro dignità e il rispetto assoluto che ogni persona merita di per sé, al di là di qualsiasi considerazione utilitaristica”. Nella nota i presuli sottolineano che la divulgazione della notizia attraverso i mezzi di comunicazione è mancata di completezza, giacché le implicazioni morali derivanti dall’utilizzo di questa tecnica “non sono state segnalate”. Non si può tacere – ammoniscono i vescovi spagnoli – sul fatto che “il fratello che è nato è stato scelto perché era il più utile per una possibile cura” e che “in questo modo, è stato compromesso il suo diritto di essere amato come un fine in se stesso e di non essere trattato come mezzo strumentale di utilità tecnica”. Ricordando gli orientamenti sulla riproduzione umana artificiale pubblicati dai vescovi nel 2006, la Conferenza Episcopale Spagnola definisce “inaccettabili” le giustificazioni emotive che sottendono tali scelte e ribadisce che la nascita di un bambino, pur essendo di per sé un evento felice, “non può giustificare la strumentalizzazione” e “non basta per presentare come progresso la pratica eugenetica che ha presupposto la distruzione dei suoi fratelli generati in vitro”. “Con questi chiarimenti non si giudica la coscienza né le intenzioni di nessuno – precisa infine l’organo collegiale dei vescovi spagnoli – Si tratta di ricordare i principi etici oggettivi che tutelano la dignità di tutto l’essere umano”. (C.D.L. - M.G.)

    inizio pagina

    La Caritas di Manila lancia il programma “Comunità di speranza” per dare sostegno ai bisognosi

    ◊   In occasione del 55. mo anniversario della sua fondazione, la Caritas di Manila, nelle Filippine, promuove oggi la campagna “Comunità di speranza” per combattere la fame e dare sostegno ai bisognosi. Nel presentare l’iniziativa, mons. Deogracias Iniguez, vescovo di Caloocan, ha spiegato che in “un periodo difficile” per il Paese “la Caritas cerca di aiutare chi è colpito dalla crisi finanziaria” e tutti coloro che vivono in condizioni di povertà. Circa 27,6 milioni di persone secondo l’Ufficio nazionale di statistica, mentre il Dipartimento di scienze e tecnologia informa che 8 famiglie su dieci nelle Filippine non hanno abbastanza da mangiare. Dati che sollecitano l’intervento della comunità civile: nel suo discorso ai presenti, Padre Anton Pascual, ha invitato le famiglie più agiate a ricordarsi dei meno fortunati, magari aiutandoli a trovare un lavoro, e Choy Gagalac, funzionario della Caritas ha ribadito che “chiunque potrà donare quanto non gli serve più, come computer obsoleti, scarpe e vestiti vecchi, libri”, spiegando che dagli oggetti donati sarà recuperato quanto utile e venduto per sostenere le iniziative per i poveri, dai servizi medici a quelli per la scuola. Le celebrazioni hanno preso avvio oggi con una messa presieduta dall’arcivescovo di Manila, il cardinale Gaudencio B. Rosales. Domani invece 5 mila volontari puliranno le strade a testimoniare l’impegno della Caritas nella prospettiva della solidarietà sociale. (C.D.L.)

    inizio pagina

    Pubblicato il piano pastorale della Chiesa angolana per i prossimi due anni

    ◊   Seguire Cristo per trasformare la propria vita e la società. Su questo tema è centrato il piano pastorale dei prossimi due anni presentato dalla Conferenza Episcopale di Angola e Sao Tomé lo scorso 15 ottobre. Il documento – riferisce l’agenzia Fides - informa che il primo anno sarà dedicato ad una riflessione “sull'aspetto personale” della vita in Cristo, e che nel secondo, grande attenzione sarà invece dedicata alla “dimensione sociale” dell’esperienza di fede. “Siamo quindi invitati quest'anno ad effettuare una seria analisi della nostra vita, alla luce dell'ideale evangelico delle Beatitudini, dei comandamenti – sollecitano i vescovi nel messaggio alla chiesa locale - e a riflettere su come abbiamo vissuto la carità attraverso le opere di misericordia”, nonché a “ricercare l'intimità con il Padre nella preghiera”, avendo attenzione ad “evitare ogni forma di peccato, che è offesa e disobbedienza all'amore del Padre”. Accanto alla cura del rapporto individuale con Dio, i presuli ricordano l’importanza di testimoniare la fede nei più diversi contesti sociali, “in un mondo tante volte segnato dalla crudeltà, dal culto di sé e dall'edonismo”, dove i cristiani “sono chiamati ad essere segno di contraddizione, a non accettare la logica del mondo, per mostrare alla società di oggi che solo l'amore e il servizio rendono liberi e fanno di tutti noi un'unica famiglia di Dio, una comunità di fratelli”. (C.D.L.)

    inizio pagina

    Cina: grande partecipazione delle comunità cattoliche alle iniziative per il mese missionario

    ◊   Fervono le iniziative della comunità cattolica cinese, in attesa della Giornata Missionaria Mondiale. Il mese di ottobre sta infatti proponendo un ricco calendario di celebrazioni del sacramento della Riconciliazione e la partecipazione all’Eucaristia, pellegrinaggi, ritiri spirituali, incontri di scambio sulle esperienze pastorali e di evangelizzazione. Questi eventi muovono da alcune caratteristiche spirituali comuni: l’invocazione dell’aiuto e della protezione della Vergine con la recita del Santo Rosario e della preghiera alla Madonna di She Shan scritta da Benedetto XVI, e la richiesta di intercessione particolare di San Paolo perché conceda anche il suo spirito e la sua capacità missionaria. La particolarità di queste giornate sta nelle parole, raccolte dalla Fides, di un sacerdote di Pechino: “Il mese di ottobre è spiritualmente ricco, oltre ad essere il mese del Rosario, che è molto sentito in Cina, è anche il mese missionario. Quest’anno coincide anche con l’Anno Paolino, mentre è in pieno svolgimento il Sinodo sulla Sacra Scrittura che è il 'nostro pane spirituale quotidiano'. Quindi si può immaginare quanto sia impegnativo per la comunità cattolica cinese, che sta cercando di vivere sempre in comunione con il Santo Padre e con la Chiesa Universale seguendo le orme dei Santi e dei Martiri cinesi”. Infatti le comunità cattoliche stanno vivendo questo periodo con tantissime iniziative. I fedeli della diocesi di Liu Cheng hanno compiuto il pellegrinaggio alla tomba del missionario verbita San Joseph Freinademetz; quelli di Pechino alla tomba di padre Matteo Ricci. Il Terz’ordine francescano della diocesi di Tai Yuan, insieme all’Associazione del Rosario, hanno vissuto insieme il ritiro spirituale dal 7 all’11 ottobre. La diocesi di Xin Zhou ha celebrato solennemente il 7 ottobre la festa della Madonna del Rosario. Durante il pellegrinaggio al Santuario della Madonna dei Sette Dolori, i fedeli della diocesi di Tai Yuan hanno offerto alla Vergine tutte le famiglie del mondo e tutte le missioni della Chiesa. I giovani della parrocchia di Xu Shan della diocesi di Ning Bo sono andati in pellegrinaggio alla parrocchia di San Paolo per “riflettere sulle Lettere paoline, imitare l’esempio di San Paolo ed impegnarsi ad evangelizzare il mondo come ha fatto lui”. E ancora, in questo mese sei religiose della Congregazione delle Serve del Cuore Immacolata di Maria hanno emesso i voti perpetui, in tante diocesi vi sono state ordinazioni diaconali e presbiterali. Inoltre per essere in sintonia con la Chiesa universale, i fedeli cinesi stanno intensificando lo studio della Sacra Scrittura. La comunità di Nan Yang ha organizzato un ciclo di studi biblici ogni tre mesi, destinato a diversi gruppi di fedeli. La parrocchia di Luo Zhuang della città di Deng Zhou ha stampato 2.000 copie del libro “Parole d’oro della Sacra Scrittura” da regalare ai parrocchiani perché la Parola di Dio sia fonte e orientamento per la loro vita. (M.G.)

    inizio pagina

    Assegnato a quattro missionari, fra religiosi e laici, il premio “Cuore Amico”

    ◊   Si sono distinti per l’impegno in favore dei poveri e per la pace in terra d’Africa i quattro missionari, due religiosi e due laici, a cui è stato consegnato oggi il premio “Cuore Amico”, dell’omonima associazione, alla sua 18.ma edizione. Alla vigilia della “Giornata missionaria mondiale” il riconoscimento istituito dal sacerdote bresciano don Mario Pasini ha inteso premiare il lavoro instancabile di padre Bruno Ghiotto, missionario saveriano, che da oltre 40 anni in Burundi opera in un contesto difficile segnato dalla guerra civile, e suor Lucia Armanni, dell’Istituto delle Suore Sacramentine, impegnata nella promozione della donna e dei poveri in Malawi e poi in Kenya. Premiati anche il chirurgo Paolo Marelli e il medico anestesista Elisa Facelli, inviati in Zambia dalla diocesi di Milano, che si sono succeduti alla direzione dell’ospedale missionario “Mtendere” (Pace) nella città di Chirundu. (C.D.L.)

    inizio pagina

    Visita in India e Sri Lanka di una delegazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese

    ◊   Una delegazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec), guidata dal segretario generale, il pastore Samuel Kobia, è in visita in India e in Sri Lanka su invito della Chiesa dell’India del Nord. La delegazione ha preso parte ieri al Sinodo della Chiesa Indiana protestante, che si sta svolgendo a Pathankot, nello Stato di Punjab. La delegazione del Cec ha in programma anche alcuni incontri a Delhi anche con esponenti della Chiesa cattolica. Domani è prevista una celebrazione ecumenica nella cattedrale del Cristo Salvatore Vivente nella capitale srilankese Colombo, mentre lunedì si svolgerà un colloquio con il Congresso delle religioni che comprende rappresentanti delle comunità buddiste, hindù e musulmane, del Consiglio cristiano nazionale e della Chiesa cattolica. Martedì, infine sarà la volta di un incontro con gli studenti e con il personale del Collegio teologico di Lanka, a Pilimatalawa, nel distretto centrale di Kandy. (T.C.)

    inizio pagina

    La Commissione delle chiese per i migranti è preoccupata per i detenuti nelle carceri europee perché senza permesso di soggiorno

    ◊   Sono migliaia i migranti ingiustamente detenuti nelle carceri europee per la mancanza dei documenti regolari di soggiorno. Lo denuncia la Commissione delle chiese per i migranti in Europa (Ccme) - secondo l’Osservatore Romano ripreso dall’agenzia Misna – durante i lavori della XVII assemblea generale, nei giorni scorsi a Cipro. Nel corso dell’incontro è stato firmato un accordo che prevede l’inserimento della Ccme fra le commissioni della Conferenza europea delle chiese (KEK). Il nuovo organo avrà il compito di “Servire le chiese nel loro impegno per gli stranieri al fine di promuovere una politica inclusiva per i migranti, i rifugiati e i gruppi minori a livello europeo e nazionale”. L’assemblea generale della Ccme si è aperta con una conferenza internazionale sul tema della migrazione, dal titolo “Il ruolo delle chiese nella lotta alla tratta degli esseri umani”. Hanno partecipato all’incontro un centinaio di rappresentati delle chiese di tutta Europa e i delegati del comitato centrale della Conferenza delle chiese europee. (F.A)

    inizio pagina

    Appello della Conferenza episcopale siciliana per un maggiore impegno verso le famiglie in difficoltà e gli immigrati

    ◊   Sono state rese note le conclusioni della sessione autunnale della Conferenza Episcopale Siciliana che si è tenuta nell'isola di Pantelleria. In particolare sono stati presi in esame la ridefinizione dell’organico del personale in forza presso il Tribunale Ecclesiastico Regionale e il lavoro della Commissione Presbiterale Regionale. Nel documento finale della Conferenza, i presuli hanno però puntato i riflettori sulle emergenze sociali del momento che segnano anche l’attività delle comunità cattoliche siciliane. Viene infatti espressa grande preoccupazione per le famiglie che faticano a fronteggiare “gli effetti della crisi economica e che vedono aggravare le loro condizioni che vanno sempre più verso la precarietà”, come dimostra l’accresciuto ricorso ai centri di ascolto Caritas e all’aiuto dei “pacchi viveri” da parte di anziani soli e soprattutto di famiglie più numerose. Rispetto a questo contesto, i vescovi intendono sottolineare che le risposte a favore della famiglia sono state assai parziali. “Senza dimenticare che la nostra realtà locale – si sottolinea nel documento - è afflitta dalla persistente calamità della disoccupazione, specialmente giovanile, dal problema della casa, che espongono ancora di più e in modo totale numerose famiglie”. Una speciale attenzione i vescovi hanno riservato anche al fenomeno dell’immigrazione“ che coinvolge l’Isola quale punto di approdo per tante persone in cerca di migliori condizioni di vita e di lavoro”. I vescovi esortano quindi a una generale presa di coscienza e valutazione del fenomeno migratorio sul quale il Santo Padre Benedetto XVI ha invitato tutti a riflettere inquadrandolo “all’interno di una visione umanistica irrinunciabile e in un contesto nel quale ciascuna delle parti interessate ha responsabilità e doveri”. “I singoli episodi di intolleranza che si registrano sul territorio nazionale non possono far dimenticare una secolare cultura dell’accoglienza e del rispetto del fratello in difficoltà – si legge ancora nel comunicato diffuso dai presuli -. Di questa cultura la nostra Sicilia ha sempre brillato nel corso dei secoli ed anche oggi”. I vescovi, infine, rinnovano l’esortazione ai cristiani ad unire il loro impegno a quello dei Responsabili della cosa pubblica e agli uomini di buona volontà “per assicurare ogni possibile intervento a favore degli immigrati”, ringraziano quanti, laici e religiosi, “si spendono nel servizio generoso di questi fratelli, manifestando così il vero volto della Chiesa madre accogliente e maestra di umanità”. (M.G.)

    inizio pagina

    Il Parlamento europeo si appresta a votare un programma per difendere i bambini dalle insidie del web

    ◊   Il Consiglio e Parlamento UE hanno raggiunto un accordo su un pacchetto di misure per “proteggere l’integrità fisica, mentale e morale dei bambini, che potrebbe essere compromessa dall’accesso a contenuti inadeguati” e “promuovere un utilizzo più sicuro di internet”. Proposte che saranno discusse all’Assemblea comunitaria lunedì prossimo a Strasburgo. Gli eurodeputati sono chiamati ad adottare un programma volto “a proteggere i minori che usano internet e altre tecnologie di comunicazione”, fra cui i telefoni cellulari. Tra le azioni finanziate, figurano quelle per sensibilizzare il pubblico (48% dei fondi), come i programmi di educazione mediatica e quelli per monitorare e rendere più sicura la rete. Con il sì dell’emiciclo di Strasburgo, il programma “Safer internet” (Internet più sicuro) entrerebbe subito in vigore, con validità per 5 anni e una dotazione complessiva di 55 milioni di euro. Il testo - citato dal Sir - riconosce comunque “i benefici apportati dalla penetrazione di internet” e dall’uso di nuove tecnologie per comunicare, ma ritiene al contempo necessario contrastare la diffusione di “contenuti potenzialmente dannosi per i minori”, “fra cui la pornografia”. “Occorre poi cercare possibili soluzioni per impedire agli adulti” di adescare i minori attraverso le tecnologie “al fine di commettere abusi” di qualunque genere. (M.G.)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    In Afghanistan, in due attacchi, ucciso capo tribale e feriti 5 soldati italiani

    ◊   Un importante capo tribale afghano è stato ucciso insieme a suo figlio a Kandahar, un bastione dei taleban nel sud dell'Afghanistan. Il figlio, Gul Ahmad, in passato fatto la guardia del corpo anche del presidente, Hamid Karzai. E un attentatore suicida si è fatto esplodere nei pressi di Herat, nell'ovest del Paese, al passaggio di una colonna di mezzi italiani. Sono stati sette i militari coinvolti dei quali cinque quelli rimasti feriti, uno in maniera più seria ma non in pericolo di vita. Secondo il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, l'attentato dimostra che “il livello dello scontro si è innalzato, se non da un punto di vista quantitativo, dal punto di vista qualitativo”. È cresciuta cioè la capacità organizzativa dei talebani di portare a termine questi attacchi.

    Iraq
    Un soldato iracheno è stato ucciso e altri due sono stati feriti dall'esplosione di un ordigno a Baghdad, ad un posto di blocco dell'esercito iracheno nel quartiere a maggioranza sunnita di Ameriya, nella parte ovest della capitale. Sempre oggi, un’attentatrice suicida pronta a farsi saltare in aria è stata uccisa dalla polizia nella provincia irachena di Salaheddin. La donna, tra i 25 e i 26 anni, indossava una cintura esplosiva sotto le lunghe vesti nere e intendeva compiere un attentato contro un posto di blocco sulla strada principale del villaggio al Dalouiya. Resta da dire che le strade del sobborgo sciita Sadr City di Baghdad sono state invase questa mattina da una folla di manifestanti convocati dal leader radicale sciita, Moqtada Sadr, per dire “no” all'accordo che il governo iracheno sta negoziando con Washington. La manifestazione, alla quale Sadr aveva chiamato “un milione” di persone, si doveva svolgere inizialmente ad aprile, ma è stata poi rinviata “per motivi di sicurezza”. Oggi, secondo gli organizzatori, sono presenti esponenti politici di vari schieramenti e capi tribali sciiti e sunniti che così come molti dei manifestanti sono giunti a Sadr City da diverse regioni del Paese.

    Sessanta talebani uccisi in Pakistan
    Senza tregua anche il Pakistan. L’aviazione locale ha effettuato ieri un bombardamento in un distretto nord-ovest del Paese, uccidendo 60 talebani. Distrutti anche alcuni campi di addestramento.

    Somalia
    Cruenti combattimenti in Somalia tra ribelli e militari delle forze di pace dell’Unione Africana hanno provocato decine di vittime ieri a Mogadiscio. L’anarchia che regna nel Paese del Corno d’Africa s’incancrenisce sempre di più e avanza di pari passo con l’estremismo islamico. Per un aggiornamento sulla situazione somala, Stefano Leszczynski ha raggiunto telefonicamente mons. Giorgio Bertin, amministratore apostolico in Somalia:

    R. - Il problema è che non si è riusciti a trovare la formula per fare uscire il Paese da questo stato di insicurezza, di guerra civile, da una situazione di assenza dello Stato che dura ormai da 18 anni. Ecco perché non penso si tratti di un conflitto dimenticato: credo sia stato tra i più seguiti e tuttavia risulta piuttosto difficile trovare una soluzione in modo onesto. Però non bisogna rinunciare perché la cosa è difficile.

    D. - Il fatto che la NATO abbia deciso nuovamente per una presenza militare, questa volta, al largo delle coste somale - almeno per impedire la pirateria - può essere un passo, diciamo positivo, per riportare un minino di tranquillità nell’area?

     
    R. - Io penso di sì se però è un primo passo. Se è solo quel passo, no, nel senso che il problema rimane sul terreno. Certamente, rimane anche sul mare la pirateria, ma finché non si trova una soluzione sul terreno, la presenza militare al largo delle coste somale non risolverà il problema.

     
    D. - Qual è la situazione per quanto riguarda l’estremismo islamico, in Somalia? È veramente diventato così forte da poter addirittura tentare di minacciare i Paesi vicini?

    R. - Certamente, potrebbe minacciare i Paesi vicini. Diciamo che si è fatto forte, in questi ultimi anni, soprattutto perché non si è stati capaci di trovare una soluzione al problema dell’ordine, della legge in Somalia, e probabilmente la popolazione sta pensando che forse l’unica soluzione sia quella di mettersi nelle mani dei fondamentalisti. Se costoro si limitassero a governare la Somalia, potrebbe anche andare bene. Il problema è che se si lasciano troppo ispirare da agenti esterni, con un programma più ampio - un programma che riguardi il Corno d’Africa, che riguardi l’Africa stessa - allora è chiaro che un regime islamico diventerebbe un problema per l’Africa e in modo particolare per la regione del Corno d’Africa.

    Zimbabwe
    In Zimbabwe, ancora non c’è governo ma non è fallito il negoziato per la formazione del governo di coalizione. L’ex presidente sudafricano e mediatore, Thabo Mbeki, sottolinea che i colloqui riprenderanno lunedì nello Swaziland e si dice certo che verrà trovato un accordo.

    Economia
    Il primo ministro britannico, Gordon Brown, lancia un messaggio alla nazione: dalla crisi finanziaria globale “usciremo più forti e non più deboli”. In un commento pubblicato oggi sul quotidiano Telegraph, accessibile sul sito online del giornale, appellandosi all'unità del Paese Brown parla di valori, di etica e di sforzo comune per superare le difficoltà economiche. Ieri, nel suo discorso, il presidente statunitense, George W. Bush, ha detto che la crisi economica sarà lunga e difficile, ma subito dopo arriverà la stabilizzazione. Ha parlato alla Camera di Commercio a Washington, alla vigilia dell’incontro oggi con i vertici dell’Unione Europea. Il servizio dagli Stati Uniti di Elena Molinari:

     
    Ci vorrà tempo per uscire da questa grave crisi: lo ha ribadito ieri George Bush, chiedendo ancora una volta agli americani di avere fiducia nelle decisioni prese dal suo governo nelle ultime settimane. Bush ha confermato l’intenzione degli Stati Uniti di collaborare con gli europei sempre di più per uscire dalla crisi, e ha sottolineato che toccherà però al suo successore far stilare nuove regole, se necessario. E infatti, poco dopo, la sua portavoce ha precisato che gli accordi di Bretton Woods non saranno riscritti a Camp David. Un modo per assicurare ai mercati che l’incontro di oggi fra Bush e il binomio europeo Sarkozy-Barroso sull’emergenza finanziaria non produrrà nuove regole d’intervento statale sui mercati. La Casa Bianca ha anche sottolineato che i colloqui di oggi non produrranno una data o un luogo per il summit mondiale che l’Europa ha proposto. Dal punto di vista della Casa Bianca, è più urgente bloccare l’emorragia dei mercati finanziari mondiali.

     
    Tensione in Ossezia del Sud
    La Repubblica separatista dell'Ossezia del Sud ha denunciato oggi un attacco da parte di forze georgiane contro un villaggio vicino al confine amministrativo. Lo riferiscono le agenzie russe, precisando che Tbilisi ha smentito qualunque azione dei suoi reparti. Secondo i sudosseti, il villaggio di Nikozi è stato bersagliato da tiri di armi automatiche, che comunque non hanno provocato vittime. Tbilisi sostiene invece che a sparare, ma in aria, siano stati dei soldati russi ubriachi. Ma sono ormai quasi quotidiane le denunce reciproche di violazioni del cessate-il-fuoco, concordato nel piano presentato per l'UE dal presidente francese, Nicolas Sarkozy.

    Inguscezia
    L'attacco di un gruppo armato contro un convoglio del Ministero degli interni ha provocato in Inguscezia - Caucaso russo - la morte di due agenti di polizia e un numero imprecisato di feriti, fino a dieci secondo alcune fonti. Nel frattempo, nel villaggio inguscio di Kantishevo, una bomba è esplosa al passaggio di un'automobile provocando la morte del conducente: gli inquirenti ritengono che l'ordigno sia esploso prima del previsto. Nella regione la tensione resta alta, e si è fatta incandescente nelle ultime settimane, dopo la morte di un noto oppositore locale avvenuta, mentre questi era nelle mani della polizia, per un colpo a dire degli agenti esploso per errore. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
      
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 292

     E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    inizio pagina