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Sommario del 29/11/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI ai seminaristi: spargete a larghe mani la Parola in un mondo che ritiene ininfluente la presenza di Dio
  • Altre udienze e nomine
  • Giornata storica a Cuba per la prima Beatificazione nell'isola caraibica: fra Olallo all'onore degli altari
  • Il Papa celebra i Primi Vespri d'Avvento. Mons. Forte: un tempo per riscoprire che la speranza non è qualcosa ma Qualcuno
  • La visita pastorale del Papa alla Parrocchia romana di San Lorenzo fuori le Mura
  • Giornata di studio sulla Parola nella Liturgia organizzata dalla Congregazione per il Culto Divino
  • Il cardinale Scherer Inviato del Papa per il 30.mo della mediazione pontificia tra Argentina e Cile
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Attentati di Mumbai: quasi 200 vittime. Il commento di padre Lombardi
  • Giornata mondiale di solidarietà con il popolo palestinese
  • Meeting internazionale dei giovani a Roma per costruire la civiltà dell'amore
  • Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • I cristiani pakistani condannano gli attentati di Mumbai
  • La preghiera della Chiesa thailandese per la fine delle violenze
  • Gli aiuti della Caritas nella Repubblica Democratica del Congo
  • Don Isoardi: riconoscenza per la solidarietà alle suore rapite in Kenya
  • Mons. Sako: rischio di guerra civile con il ritiro delle truppe Usa
  • Solidarietà dei vescovi brasiliani alle vittime delle inondazioni nel sud del Paese
  • Nuovi aiuti dall’Ue per Haiti dopo il recente passaggio di quattro uragani
  • Ginevra: si è chiusa positivamente la conferenza contro le mine antipersona
  • Domani Giornata mondiale delle città per la vita, contro la pena di morte
  • Messaggio dei vescovi del Perù per l’Avvento
  • Conclusa la plenaria dei vescovi in Ecuador
  • Da domani incontro a Roma delle scuole cattoliche in Europa
  • Polonia: messaggio dei vescovi per l'Avvento
  • Cina: festeggiamenti per i 90 anni dell'unico vescovo di etnia mongola
  • Al via in Puglia il Forum per la pace nel Mediterraneo
  • Nuovo presidente per la Conferenza Mondiale degli Istituti Secolari
  • Il cardinale Murphy-O’Connor sul "Battesimo di Cristo" di Piero della Francesca
  • Novena dell’Immacolata alla Basilica dei Santi Apostoli
  • Notte bianca a Torino sui luoghi della Parola
  • Concerto di maestri del jazz a Roma ispirato ai versi di Papa Wojtyla
  • 24 Ore nel Mondo

  • Al via a Doha la Conferenza Onu sul finanziamento allo sviluppo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI ai seminaristi: spargete a larghe mani la Parola in un mondo che ritiene ininfluente la presenza di Dio

    ◊   Il compito dei sacerdoti del terzo millennio è di offrire agli uomini che ritengono che Dio sia “ininfluente” nella quotidianità e nella storia la speranza che viene “dall’immutabile Parola di vita eterna che è Cristo”. E’ il mandato che Benedetto XVI ha affidato al folto gruppo di seminaristi e dei loro formatori ricevuti questa mattina in udienza in Vaticano. Davanti al Papa, erano presenti giovani provenienti dalle Marche, dalla Puglia, dall’Abruzzo e dal Molise, nel centenario di fondazione dei loro Seminari regionali. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La contemporaneità ha in larga parte smarrito la strada per il cielo. Domina - è il pensiero del Papa - un razionalismo chiuso in se stesso e il concetto di fede per molti si è spostato dai beni immateriali dei valori al più tangibile “bene” prodotto dai saperi scientifici. Il resto è soggettivo e spesso rischia, come la religione, di essere considerato “non essenziale” per la vita. Spetta soprattutto ai sacerdoti, e a chi si prepara a diventarlo, di impedire che l’anelito umano di Dio sia soffocato. Guardando le centinaia di seminaristi seduti di fronte a lui nella Sala Clementina, Benedetto XVI ha ripetuto il ruolo e la missione che spetta, nella Chiesa e nella società, a chi ha scelto di diventare ministro del Vangelo. Il Sinodo sulla Parola di Dio, concluso un mese fa, ha ricordato che “tra i compiti prioritari del presbitero c’è quello di spargere a larghe mani nel campo del mondo la Parola di Dio”. Ma, si è chiesto il Papa, “l’uomo contemporaneo sente ancora bisogno di Cristo e del suo messaggio di salvezza?”:

     
    “Nell’attuale contesto sociale, una certa cultura pare mostrarci il volto di una umanità autosufficiente, desiderosa di realizzare i propri progetti da sola, che sceglie di essere unica artefice dei propri destini, e che, di conseguenza, ritiene ininfluente la presenza di Dio e perciò la esclude di fatto dalle sue scelte e decisioni. In un clima segnato talora da un razionalismo chiuso in sé stesso, che considera quello delle scienze pratiche l'unico modello di conoscenza, il resto diventa tutto soggettivo e di conseguenza anche l’esperienza religiosa rischia di essere vista come una scelta soggettiva, non essenziale e determinante per la vita”.

     
    Per queste ed altre ragioni, ha riconosciuto Benedetto XVI, oggi “è diventato sicuramente più difficile” credere, accogliere la Verità di Cristo, spendere la propria esistenza per il Vangelo. Tuttavia, ha osservato, “come la cronaca quotidianamente registra, l’uomo contemporaneo appare spesso smarrito e preoccupato per il suo futuro, in cerca di certezze e desideroso di punti di riferimento sicuri”:

     
    “L’uomo del terzo millennio, come del resto in ogni epoca, ha bisogno di Dio e lo cerca talora anche senza rendersene conto. Compito dei cristiani, in modo speciale, dei sacerdoti è raccogliere quest’anelito profondo del cuore umano ed offrire a tutti, con mezzi e modi rispondenti alle esigenze dei tempi, l’immutabile Parola di vita eterna che è Cristo, Speranza del mondo”.
     
    Da qui, ha proseguito il Papa, risulta chiara l’importanza degli anni di seminario, durante i quali - ha detto - il futuro sacerdote deve ricercare un “rapporto personale con Gesù”. Un modello? Nell’Anno paolino, Benedetto XVI ha indicato ai seminaristi un testimone per eccellenza, l’Apostolo delle genti:

     
    “La conversione non ha eliminato quanto c'era di bene e di vero nella sua vita, ma gli ha permesso di interpretare in modo nuovo la saggezza e la verità della legge e dei profeti e di divenire così capace di dialogare con tutti, seguendo l’esempio del divino Maestro. Ad imitazione di san Paolo, cari Seminaristi, non stancatevi di incontrare Cristo nell’ascolto, nella lettura e nello studio della Sacra Scrittura, nella preghiera e nella meditazione personale, nella liturgia e in ogni altra attività quotidiana”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Nel corso della mattinata, il Papa ha ricevuto un gruppo di vescovi del Cile in visita “ad Limina”.

    Negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Sacramento, presentata da mons. William K. Weigand, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto canonico. Il Papa ha chiamato a succedergli il coadiutore mons. Jaime Soto.

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    Giornata storica a Cuba per la prima Beatificazione nell'isola caraibica: fra Olallo all'onore degli altari

    ◊   Cuba sta vivendo una giornata storica: proprio in questo momento, nella città di Camagüey, il cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi, sta presiedendo a nome del Papa la Messa per la Beatificazione di fra José Olallo Valdés, religioso professo dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio vissuto nel 1800. Il servizio di Sergio Centofanti.

    E’ la prima volta che nell’Isola caraibica si svolge un rito di Beatificazione. Il cardinale Saraiva Martins, che ha portato il saluto e la benedizione del Papa, ha affermato che quella di oggi è una "pietra miliare" per la Chiesa in Cuba e per tutto il popolo cubano, “una tappa memorabile”, che segue di dieci anni un altro evento storico, la visita di Giovanni Paolo II nell’isola. Fra Olallo – ha detto il porporato – con la sua dedizione ai malati, ci insegna, in un tempo pervaso da “una cultura materialistica che esclude i deboli e gli indifesi”, che “ogni uomo è voluto e amato da Dio” e “possiede una singolarità e una bellezza irripetibili”. Fra Olallo, abbandonato alla nascita dai genitori, che mai conobbe, era il “padre dei poveri” come ha spiegato ai microfoni di Roberto Piermarini lo stesso cardinale Saraiva Martins:

     
    R. – Sì, viene definito il “padre dei poveri” ed anche il “campione della carità”, che è la stessa cosa, perché lui ha vissuto una vita tutta dedicata ai poveri, ai malati. Questo era il suo ideale, essere a servizio dei poveri, dei malati, soprattutto dei malati più abbandonati. Allora lui andava sempre rincorrendo questi poveri e malati e diceva: “Questi sono i miei fratelli, i miei figli prediletti”. Quindi è un esempio vivo della carità di Cristo. Fra Olallo ha avuto sempre presente, come principio di vita, le parole di Gesù: “Tutto ciò che avrete fatto ad uno dei più piccoli dei miei fratelli, lo avete fatto a me”. Poi a me ha colpito sempre molto, in questo servizio di carità, il fatto che fra Olallo esercitava questo suo ministero con un entusiasmo incredibile: era sempre vicino ai malati ma come un fratello, come un padre, un padre gioioso perché vedeva in quel servizio la sua vocazione pienamente realizzata. Ecco perché, certamente, è il “campione dei poveri”, è il “padre dei poveri”, è un modello anche per coloro che oggi, seguendo le parole di Gesù, dedicano la loro vita a questo ministero dei malati. Non soltanto una lezione per i membri dei fratelli dell’Ordine di San Giovanni di Dio di cui lui, Olallo era membro, ma per tutti coloro che oggi lavorano nelle cliniche e negli ospedali, hanno qui un esempio bellissimo da seguire e da imitare: donarsi, senza riserve ai poveri e con gioia, con entusiasmo, perché la gioia e l’entusiasmo fanno parte della fede cristiana. Una fede cristiana, se è vissuta senza gioia, non è fede cristiana; un servizio ai poveri che non è fatto con gioia, non è un servizio cristiano. Fra Olallo l’ha capito molto bene e ne era così convinto che lui era disposto a dare la vita per difendere i poveri.

     
    D. – Fra Olallo è molto amato a Cuba. Quale eredità ha lasciato la sua opera alla Chiesa cubana?

     
    R. – Certamente ha lasciato un grande entusiasmo tra i cubani. E’ molto ben voluto, fra Olallo e per loro è come un padre. Perciò, l’eredità che ha lasciato ai cubani, è proprio questo entusiasmo di vivere la propria fede, il non scoraggiarsi mai anche in mezzo alle difficoltà perché fra Olallo ha avuto sempre molte difficoltà e le ha superate sempre coraggiosamente, pensando a Cristo, servitore dei poveri. Allora, questa è l’eredità principale secondo me che lui ha lasciato ai cubani: vivere la fede, vivere la solidarietà che noi cristiani chiamiamo carità, e sapere sempre che noi non siamo delle monadi ma siamo dei membri di una comunità. La carità, per noi credenti, è una legge necessaria, non è facoltativo ma è un’esigenza, un dovere stringente: esattamente quello che ha fatto fra Olallo.

     
    D. – Cosa rappresenta, per la Chiesa locale, questa prima Beatificazione in terra cubana?

     
    R. – Naturalmente si tratta di una data storica, di un evento straordinario perché è veramente la prima volta che a Cuba si fa una Beatificazione e questo, alla luce della nuova procedura, della nuova prassi, stabilita da Papa Benedetto XVI, secondo la quale mentre le Canonizzazioni si fanno a Roma, le Beatificazioni si fanno nella Chiesa locale a cui appartiene il nuovo Beato. Quindi questa è una cosa straordinaria, degna di figurare negli annali della storia di Cuba e in modo particolare, della Chiesa cubana, e ancora di più, nella storia della diocesi di Camagüey dove lui è morto. Quindi è una cosa molto bella per Cuba e devo dire che c’è molto, molto entusiasmo. Le stesse autorità sono molto coinvolte, hanno voluto essere coinvolte, aiutando la preparazione di questa Beatificazione.

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    Il Papa celebra i Primi Vespri d'Avvento. Mons. Forte: un tempo per riscoprire che la speranza non è qualcosa ma Qualcuno

    ◊   Oggi pomeriggio alle 17.00 Benedetto XVI presiederà nella Basilica di San Pietro la celebrazione dei Primi Vespri della Prima Domenica di Avvento. La Radio Vaticana seguirà il rito a partire dalle 16.50. Sul significato di questo tempo liturgico ascoltiamo, al microfono di Federica Andolfi, l’arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte:

    R. – L’Avvento è, per eccellenza, il tempo dell’attesa e della preparazione alla venuta del Figlio di Dio tra di noi, al suo Natale, il Natale di Dio che è la festa della sempre nuova fedeltà di Dio nel suo impegno di amore per gli uomini. Ecco perché, l’Avvento è, per eccellenza, un tempo straordinario di speranza, la speranza che non è qualcosa, è “Qualcuno”, è il Dio con noi, il Dio che viene. Proprio per questo, è il tempo privilegiato per riprendere in mano la Enciclica di Papa Benedetto XVI, la “Spes Salvi”, che ci aiuta a riscoprire la speranza, non come una dimensione fra le altre della esistenza cristiana ma come la virtù in qualche modo unificante e portante perché la fede è proiettata al domani ed è la carità vissuta nell’oggi come preparazione dell’Avvento del Regno di Dio.

     
    D. – In una società dove si vuole tutto e subito, cosa significa “attendere”?

     
    R. – Questa è la grande difficoltà che noi, uomini e donne del nostro tempo, abbiamo nel vivere autenticamente la speranza. Vorremmo che la speranza fosse solo quella di un futuro relativo, cioè di un futuro progettato da noi, a disposizione delle nostre mani, della nostra intelligenza, delle nostre possibilità. La vera grande speranza, la speranza cristiana invece, è quella di un futuro assoluto, cioè di un futuro che viene a noi in modo sorprendente, ed è il futuro di Dio. Il Natale è la grande festa del futuro assoluto, cioè di quel Dio che viene a noi, che ci sorprende, che per certi aspetti inquieta e sovverte le nostre attese ma proprio così le rende più autentiche, più capaci di incontrare il suo dono.

     
    D. – Come ci si può rinnovare, giorno dopo giorno, preparandosi all’incontro con il Signore?

     
    R. – Innanzitutto, liberandosi da questa logica del “tutto e subito”, entrando nella logica della capacità di ascoltare, di attendere, di lasciarsi amare da Dio secondo i tempi e le forme che Dio sceglie per noi; quindi, dando spazio all’ascolto, all’adorazione, alla contemplazione di Dio. E l’altra grande dimensione, accanto a questa della preghiera e della liturgia, è la dimensione della santità che ci aiuta ad anticipare, nell’oggi degli uomini, il domani di Dio che è un domani di amore e di bellezza.

     
    D. – Come prepararsi a celebrare il mistero dell’amore infinito di Dio verso gli uomini?

     
    R. – Vivendo ogni giorno l’attesa, ciò che è importante nell’esperienza della fede è non rimandare a domani ciò che puoi fare oggi e quello che puoi fare oggi è vivere oggi il tuo incontro d’amore con il Dio vivente, la tua adorazione di Dio nell’adorazione di tutta la Chiesa; vivere oggi il tuo gesto di carità verso il prossimo e insomma qualificare ogni giorno come un giorno di Dio, un oggi di grazia, in cui il tempo viene trasformato dalla realtà straordinaria del dono e dell’incontro d’amore con il Dio che viene.

     
    D. – Quali sono le sue parole per i cristiani in questo tempo che li prepara all’incarnazione del Cristo?

     
    R. – Di aprire il cuore ad una grande speranza. E’ un momento in cui gli scenari internazionali inducono ad un certo pessimismo, ad una certa paura. E’ più che mai necessario, invece, rinvigorire la speranza, la speranza teologale, sapere che Dio non abbandona il suo popolo, non lascia solo il nostro cuore e che con lui è possibile sempre fare qualcosa di bello, tirare, nel presente degli uomini, qualcosa del domani di Dio, qualcosa della sua bellezza.

     
    D. – Qual è il suo augurio per il Natale?

     
    R. – Di un Natale che sia veramente la festa della giovinezza di Dio, del suo nuovo inizio nella nostra vita, nel nostro cuore. E, proprio per questo, l’Avvento, è un tempo di preparazione, nella riscoperta della dimensione contemplativa della vita, nell’esercizio umile e quotidiano della carità.

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    La visita pastorale del Papa alla Parrocchia romana di San Lorenzo fuori le Mura

    ◊   Domani mattina il Papa si reca in visita pastorale alla Parrocchia romana di San Lorenzo fuori le Mura, al Verano, dove presiederà la Messa per la chiusura delle celebrazioni dell’Anno Laurenziano, nel 1.750.mo anniversario del martirio di San Lorenzo. La nostra emittente seguirà l’evento a partire dalle 9.30. San Lorenzo – lo ricordiamo - era uno dei sette diaconi di Roma è fu martirizzato nel 258 sotto l’imperatore Valeriano per aver difeso i beni destinati al culto e ai poveri. Ma sulla realtà di questa parrocchia ascoltiamo il vice-parroco, il padre cappuccino Giovanni Ferri, intervistato da Luca Collodi:
     
    R. – E’ una realtà tipicamente romana, perché innanzitutto è legata alla storia che lega la memoria di San Lorenzo ai primi anni del cristianesimo, in questo luogo; quindi, in quanto tale, è parrocchia storica. Ovviamente nell’evolversi del tempo, la parrocchia è stata sottratta di quel territorio che oggi viene servito da parrocchie più presenti tra le abitazioni, perché la nostra Basilica si colloca ormai un po’ all’esterno dei nuclei abitativi. Su questo nostro territorio c’è piuttosto la presenza d’istituzioni forti, come l’università, l’ospedale e altre organizzazioni anche della società civile.

     
    D. – Padre Ferri, che tipo di pastorale svolge la parrocchia in questo territorio così ristretto e particolare?

     
    R. – Presta servizi a nuclei, persone, gruppi, che si convocano qui per motivi ben precisi, per ragioni anche molto diverse da quelle del territorio, nel senso che c’è l’università con i suoi gruppi; ci sono poi altri gruppi parrocchiali o inter-parrocchiali che si convocano qui, c’è anche la presenza del Terz’ordine francescano nella sede regionale, per cui anche qui è una bella dinamica che si svolge in questo settore. Per cui, la tradizionale pastorale parrocchiale è limitata a quei pochi bisogni della parrocchia intesa come tale, classicamente; però presta servizio anche di tipo turistico, perché qui molti – di Roma e non, anzi, più fuori Roma che non di Roma – si avvicendano, perché i pellegrini possano venire in qualche modo a venerare la memoria di San Lorenzo e anche a vivere un momento di intimità spirituale.

     
    D. – Padre Ferri, la parrocchia è all’interno del cimitero monumentale del Verano…

     
    R. – Sì, serve il cimitero in quanto ha il servizio pastorale per i riti funebri, per gli accompagnamenti alle tombe e per incontrare le persone che vivono il momento del dolore e del trapasso dei loro congiunti, e questa è una domanda molto, molto ricorrente, molto impegnativa, non sempre magari corrisposta dalle esigue forze che abbiamo, però è una domanda veramente insistente ed anche impegnativa e interessante, perché sono le occasioni in cui l’uomo, dinanzi alla morte, si pone le domande più inquietanti. E queste sono talvolta le ragioni di incontri successivi di una pastorale più di dialogo, di accoglienza, di ascolto che non sacramentale o quant’altro.

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    Giornata di studio sulla Parola nella Liturgia organizzata dalla Congregazione per il Culto Divino

    ◊   Per i cristiani la Parola di Dio viene comunicata principalmente attraverso la Liturgia, che la vivifica e l’attualizza. Altrimenti la Parola può restare un testo scritto, a volte lontano e impersonale. Lo ha ricordato stamane il cardinale Albert Vanhoye durante l’annuale Giornata di Studio organizzata dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti dedicata quest’anno al tema “La Parola di Dio nella Liturgia”, argomento che trae spunto dal recente Sinodo. Ma come aiutare i fedeli a valorizzare la Parola in ambito liturgico? Risponde, al microfono di Fabio Colagrande, l’arcivescovo Albert Malcolm Ranjith, segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti:

    R. – Ci devono essere stimoli per questo dialogo tra il fedele e la Parola di Dio. Quando partecipa, soprattutto nella liturgia, il cuore del fedele diventa più aperto verso un ascolto della Parola di Dio, non come una cosa teorica, ma come un appello del Signore al suo cuore, per una vita più originale e autentica. Perciò la liturgia è quel campo in cui alla Parola di Dio viene data una certa vivacità, un certo spirito di dialogo interno, nel cuore dell’uomo. E’ per questo che noi vediamo nella liturgia la possibilità che la Parola di Dio non diventi semplicemente un suono o un concetto, ma diventi una persona, la persona del Figlio di Dio, Verbo incarnato.

     
    D. – Anche il clero deve fare di più per valorizzare la Parola di Dio in ambito liturgico?

     
    R. – Certamente, perchè il clero deve essere la fonte dell’energia spirituale, il locus dell’incontro tra Dio e l’uomo, attraverso questo dialogo della Parola del Signore che parla al cuore dell’uomo. Il sacerdote, come celebrante della liturgia, deve essere lo stimolo centrale, la persona che in un certo senso facilita questo incontro. E per questo, il sacerdote, prima di tutto, deve inserirsi in quello spirito di dialogo e poi facilitare questo incontro tra il Signore e il fedele, nella liturgia.

     
    D. – Vogliamo accennare brevemente a quali sono le norme che riguardano le traduzioni della Sacra Scrittura in ambito liturgico?

     
    R. – Sì, la Santa Sede ha insistito che la traduzione della Parola di Dio nella liturgia deve avere una sua forma speciale: non è una traduzione qualsiasi, una traduzione per lo studio, per esempio, per l’esegesi; è invece una traduzione che alimenta la fede, facilita quel dialogo di cui io parlavo. Allora, nella liturgia, la Parola di Dio deve essere qualcosa di vivente. Ma per facilitare tutto questo, ci deve essere una traduzione più adatta a questo dialogo, non semplicemente adatta perché parla il linguaggio moderno, il linguaggio banale, il linguaggio del giorno, della vita giornaliera, ma un linguaggio soprattutto spirituale. Per questo le traduzioni della Bibbia o della Parola di Dio nelle lingue locali devono avere una sfumatura differente per la liturgia e per questo la Congregazione ha le sue norme. Per esempio, il documento “Liturgiam authenticam” dà alcuni di questi principi, per assicurare che questo testo liturgico della Parola di Dio sia qualcosa di più elevato.

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    Il cardinale Scherer Inviato del Papa per il 30.mo della mediazione pontificia tra Argentina e Cile

    ◊   Benedetto XVI ha nominato il cardinale arcivescovo di San Paolo, Odilo Pedro Scherer, suo Inviato straordinario in missione speciale alle cerimonie del 30.mo anniversario della Mediazione pontificia tra Argentina e Cile, sul Canale del Beagle, che avranno luogo in Argentina, a Monte Aymond, il 5 dicembre prossimo.

    La Missione pontificia, guidata dal cardinale Scherer, sarà integrata dai nunzi apostolici a Buenos Aires, mons. Adriano Bernardini, ed a Santiago del Cile, mons. Giuseppe Pinto. Faranno, inoltre, parte della delegazione i seguenti rappresentanti degli episcopati argentino e cileno: mons. Juan Carlos Romanin, vescovo di Rio Gallegos, e mons. Francisco Javier Prado Aránguiz, vescovo emerito di Rancagua.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo "Apertura e ragione". Gli avvenimenti tragici degli ultimi giorni, che hanno colpito e sconvolto l'India, confermano una volta di più - scrive il direttore - che il dialogo tra le culture del mondo è l'unica via percorribile per una convivenza umana

    Un articolo di Khaled Fouad Allam dal titolo “Le religioni e il destino del mondo”

    I diritti umani declinati al femminile: nell’informazione internazionale, un articolo di Maria Letizia Santangelo sulla violenza contro le donne, al centro del sesto African Development Forum

    Un articolo di Francesco Citterich sulle elezioni parlamentari in Romania

    In cultura, gli interventi del presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, e del presidente della Corte costituzionale italiana, Giovanni Maria Flick, alla conferenza sul tema “Giustizia e misericordia”

    Anticipazione dell’articolo (sarà pubblicato sulla rivista “Aevum”) di Pier Francesco Fumagalli, viceprefetto della Biblioteca Ambrosiana, sulla costante attenzione di Papa Pio XI per la Chiesa in Cina. Dal suo epistolario emergono i rapporti con il missionario Albino Ranzini e il suo interesse per il mondo orientale

    Il fenomeno dei videogiochi in crescita tra pregiudizi e opportunità: un articolo di Roberto Genovesi sulle condanne senza appello che non aiutano a comprendere

    Nell’informazione religiosa, Nicola Gori intervista il colonnello Daniel Rudolf Anrig, nuovo comandante del Corpo della Guardia Svizzera Pontificia

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    Oggi in Primo Piano



    Attentati di Mumbai: quasi 200 vittime. Il commento di padre Lombardi

    ◊   Incubo finito in India. La polizia, all’alba di oggi, ha neutralizzato l’ultimo commando di terroristi asserragliato nell’hotel Taj Mahal, il grande albergo di Mumbai rimasto per tre giorni nelle mani degli attentatori. Mentre cresce il bilancio con 195 vittime, tra questi 22 stranieri, e oltre 295 feriti, si riaccende la tensione tra India e Pakistan. Sentiamo Benedetta Capelli:

    Nel grande albergo Taj Mahal restano il fumo, i vetri rotti e il pavimento con le tracce di sangue: segni di una battaglia durissima durata oltre 60 ore. Un conflitto che si è concluso solo all’alba con la cattura degli ultimi quattro terroristi facenti parte di un commando di circa 20 assalitori – 15 dei quali uccisi dalle forze di sicurezza – che, secondo alcune fonti, sarebbero giunti via mare da Karachi, in Pakistan. Otto di loro si sarebbero infiltrati a Mumbai, un mese prima del raid, fingendosi studenti e compiendo una vasta missione di ricognizione per realizzare gli attentati pianificati almeno 6 mesi fa. “Gente senza rimorsi” hanno detto alcuni testimoni. Forse hanno torturato alcuni ostaggi; comunque avevano esplosivo sufficiente per far saltare in aria tutto il Taj Mahal come a voler replicare il disastro del Marriott ad Islamabad dello scorso settembre. In India divampa la polemica sul sistema di sicurezza incapace di fronteggiare attacchi simili; stamani il premier Singh ha incontrato i capi delle forze di difesa e di sicurezza del Paese per riesaminare la situazione. In questo clima si rinnova la rivalità storica tra India e Pakistan, considerato da New Delhi complice degli attacchi. Una tensione che si è concretizzata nella decisione di Islamabad di inviare un semplice rappresentante e non più il direttore dei servizi segreti per collaborare alle indagini. Cresce invece la solidarietà internazionale, il presidente eletto degli Stati Uniti Obama ha telefonato al premier indiano, al quale ha espresso il suo dolore per gli attacchi terroristici di Mumbai “che - ha detto - non riusciranno a sconfiggere la grande democrazia dell'India''.

     
    Sugli attentati di Mumbai ascoltiamo il commento del nostro direttore, padre Federico Lombardi:

     
    Gli attentati a Mumbai, con più di dieci obiettivi di grande rilievo colpiti in modo coordinato, hanno precipitato l’India e gran parte del mondo nell’angoscia. La gravità micidiale e l’evidente intenzione di colpire il cuore di un grande Paese hanno richiamato alla mente l’11 settembre a New York, poi Madrid, Londra… Le tensioni e i conflitti che agitano da lungo tempo il subcontinente indiano vengono deliberatamente individuati come punto critico su cui operare per far divampare un incendio ancora più spaventoso, le cui conseguenze sono difficilmente immaginabili, date le dimensioni demografiche dell’Asia meridionale e il suo ruolo nello sviluppo mondiale. La pietà e il dolore per le vittime di questi giorni si intensificano quindi al pensiero del dolore immenso che insensati e lucidi operatori di odio vogliono moltiplicare per innumerevoli persone.

     
    Per i credenti la preoccupazione umana si unisce a quella religiosa. Ricordiamo la tensione antica che portò alla divisione fra India e Pakistan, ma le persistenti, anzi forse crescenti correnti fondamentaliste non solo nel mondo islamico, ma anche in quello induista. Pochi anni fa vi fu in India un’ondata di violenza antimusulmana, recentemente sperimentiamo quella anticristiana in alcune regioni. In un paese in cui la “minoranza” musulmana è di 140 milioni di persone, quali possono essere le reazioni a questo attacco che si presenta come di matrice islamica ?

     
    E’ orribile che nel mondo di oggi la religione si mescoli con la violenza. Il fondamentalismo è uno dei rischi più drammatici dell’umanità e sfida la coscienza di ogni uomo religioso. “Non si può usare violenza in nome di Dio”: il grido di Giovanni Paolo II, i messaggi di Assisi devono continuare a risuonare il più forte possibile. La causa della pace, la causa dell’uomo è la causa del vero Dio.

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    Giornata mondiale di solidarietà con il popolo palestinese

    ◊   Ricorre oggi la Giornata mondiale di solidarietà con il popolo palestinese, indetta dall’Onu. Nell’occasione, ogni anno alle Nazioni Unite di New York si riunisce il Comitato sull’esercizio dei diritti inalienabili del popolo palestinese con la partecipazione del segretario generale, di altri organismi Onu e di organizzazioni non governative e associazioni palestinesi. In Italia, Pax Christi tiene oggi a Firenze il convegno “Terra Santa, Terra ferita - dalla memoria alla profezia” e presenta la campagna “Ponti e non muri 2008-2009”, per sensibilizzare al dramma e alla sofferenza delle popolazioni locali. Sulla situazione nei Territori palestinesi, Giada Aquilino ha intervistato Piergiorgio Rosetti, dell’associazione Humanity Together, che opera soprattutto a sostegno delle popolazioni a sud di Hebron:

    R. – La situazione è drammatica, in particolare nell’area da cui traggo la mia esperienza che è una delle aree più povere della Cisgiordania, nelle colline a sud di Hebron, dove la popolazione vive ancora nelle grotte, si sostiene con la pastorizia e la piccola agricoltura, usando tecniche tradizionali. Sono in povertà perché l’occupazione israeliana non porta l’elettricità, non porta l’acqua, non porta i servizi alle persone come vorrebbe il diritto internazionale. In più, la violenza di alcuni coloni estremisti nell’area, danneggia ulteriormente la popolazione locale. Dico questo, facendo notare che la popolazione dell’area – parliamo di 1200 persone – ha scelto da tempo la non violenza, quindi non reagisce con violenza alla situazione in cui si trova.

     
    D. – E la situazione nei campi profughi palestinesi, in Cisgiordania, e nella Striscia di Gaza e nei Paesi Arabi, qual è?

     
    R. – Per quanto riguarda la situazione dei profughi, pur essendoci l’agenzia delle Nazioni Unite che pone risorse per i profughi da quando ci sono - dal 1948 - tuttavia, dobbiamo tenere conto che la gran parte di loro non ha la possibilità, non solo di tornare a casa ma non ha la possibilità di crearsi un’esistenza autonoma, indipendente. In più, per quanto riguarda i campi profughi all’interno dei territori occupati – quindi la Cisgiordania e la Striscia di Gaza – la situazione è ancora più drammatica perché, per quanto riguarda i territori palestinesi, sono isolati dal mondo. Questo vale in particolare per Gaza che, ricordo, è chiusa al mondo esterno da troppo tempo e questo va a penalizzare la vita quotidiana, i livelli di sostentamento delle persone, mettendoli in una situazione di dipendenza dagli aiuti umanitari esterni, evitando la possibilità di sviluppo economico locale basato sulle risorse locali perché comunque non hanno la libertà, non solo di spostarsi all’interno di queste grandi prigioni a cielo aperto, ma neanche di comunicare con l’esterno, di esportare prodotti.

     
    D. – Ormai da settimane, è in corso il blocco dei varchi nonostante le pressioni del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha chiesto di consentire il passaggio degli aiuti umanitari necessari ad una popolazione ormai arrivata allo stremo. Ma che pericoli ci sono?

     
    R. – I pericoli sono solo i danni che si creano alla popolazione per cui non si hanno i beni di prima necessità, non si ha la quantità necessaria di petrolio per avere un adeguato rifornimento di energia alla popolazione, quindi non solo per far andare gli ospedali, diciamo così, ma anche soprattutto nella vita quotidiana delle persone, quindi poter utilizzare un frigorifero o altri beni di prima necessità, è praticamente impossibile. L’auspicio è che si pensi prioritariamente all’esigenza delle persone - questo vale sia per i palestinesi che vivono una situazione di povertà e vale anche per gli israeliani - ai diritti umani delle persone, ai loro diritti fondamentali.

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    Meeting internazionale dei giovani a Roma per costruire la civiltà dell'amore

    ◊   “Costruire insieme la civiltà dell’amore”. E’ il tema del meeting internazionale dei giovani, organizzato dal Centro Giovanni Paolo II e dalla fondazione polacca Il Mondo Positivo, che si è aperto ieri nella capitale, presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e l’Università Europea di Roma. L’incontro, che si concluderà domani, nasce in occasione del trentesimo anniversario della salita al soglio di Pietro di Papa Wojtyla, e vede la partecipazione di oltre 150 giovani provenienti da tutta Europa. Il servizio di Marina Tomarro.

    Trovare delle soluzioni possibili ai problemi di oggi, partendo dall’appello che Giovanni Paolo II fece ai giovani durante il suo pontificato: essere costruttori di una nuova civiltà dell’amore. E proprio su questo invito si stanno confrontando i partecipanti al meeting internazionale dei giovani. Padre Paolo Scarafoni, magnifico rettore dell’Università Europea di Roma, che ospita l’incontro:

    “Giovanni Paolo II ha parlato della nuova evangelizzazione e della costruzione della civiltà dell’amore. Questa espressione viene da Papa Paolo VI e Giovanni Paolo II l’ha ripresa molto vivamente. Se ricordiamo le grandi aperture fra est e ovest possiamo dire che sono le tracce di questo amore che deve poi guidare il cammino di questa grande civiltà. E’ logico che se noi guardiamo alla realtà possiamo dire che Giovanni Paolo II ha indicato la strada, ha fatto un pezzo, ma c’è molto da fare, ed ecco perché questo Congresso vuole risvegliare di nuovo la coscienza di chi ha avuto la grazia di ascoltare, di seguire Giovanni Paolo II, di sentirsi responsabile, di continuare questo cammino”.

    Ma in che modo i ragazzi cercano di costruire nel loro quotidiano la civiltà dell’amore. Ascoltiamo alcune testimonianze:

    “Vivere con amore le piccole cose che faccio ogni giorno sul posto di lavoro: io sono un’insegnante. Quindi, cercare di poter trasmettere qualcosa in più rispetto alla materia stessa che insegno, cercando di avere quell’attenzione, quell’amore per le cose che si fanno, sapendo che in realtà è amore che viene da Dio”.

    (Parole in polacco)

    “Io cerco di dare un contributo alla costruzione della civiltà dell’amore portando il Vangelo nei luoghi che frequento abitualmente, il lavoro, l’università, la mia famiglia. Ma secondo me, se vogliamo impegnarci a costruire veramente questa nuova civiltà, come ci ha chiesto Giovanni Paolo II, è importante che noi giovani ci incontriamo più spesso, ci confrontiamo, così come stiamo facendo in questi giorni, ed elaboriamo insieme soluzioni possibili per creare un mondo migliore. Perché solo così ci riusciremo davvero, altrimenti da soli è molto, molto più difficile”.

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    Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa prima Domenica di Avvento la Liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù dice ai suoi discepoli di vegliare come quei servi che attendono il ritorno del padrone di casa:
     
    “Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia all'Università Lateranense:

    (musica)

    «State attenti! Vegliate! Vigilate!»

     
    Il richiamo di Gesù è insistente ed è per noi che gli apparteniamo, ma è per tutti.

     
    «Quello che dico a voi lo dico a tutti: Vegliate!»
     
    In un tempo e in una società che predilige il sonno, l'indistinzione di principio tra il vero e il falso, tra la vita e la morte, tra il diritto e l'omicidio, tra la felicità e la sbornia, in una società di uomini che chiama 'estasi' la droga, benessere l'egoismo sfrenato e lussuoso, emancipazione lo scatenamento ad ogni costo degli istinti e tolleranza l'eliminazione di ogni traccia della Legge di Dio, in un simile sonno dello spirito e della ragione, alto si leva l'appello di Gesù: «State attenti! Vegliate! Vigilate!»
     
    «Non dormiamo come gli altri - scive Paolo - ma restiamo svegli e siamo sobrii» (1 Ts 5, 6).
     
    «Vegliate e pregate in ogni momento - esorta il Signore - perché abbiate la forza di comparire davanti al Figlio dell'uomo» (Lc  21, 36).
     
    Vigiliamo dunque, e non solo per noi stessi, ma per tutti. «Beato chi è vigilante e conserva le sue vesti - dice il Signore nell'Apocalisse - per non andar nudo e lasciar vedere le sue vergogne» (Ap 16, 15).

     
    (musica)

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    Chiesa e Società



    I cristiani pakistani condannano gli attentati di Mumbai

    ◊   Ferma condanna dei cristiani pakistani per gli attentati di Mumbai. Nell’esprimere “profonda solidarietà e condoglianze” alle vittime, essi sollecitano i governi di India e Pakistan a “un impegno congiunto” per assicurare la pace e la sicurezza della regione. Il cattolico Shahbaz Bhatti, ministro federale per le Minoranze e capo della All Pakistan Minorities Alliance (Apma), ripete ad AsiaNews “la ferma condanna di simili atti barbarici di terrorismo e il dolore e la solidarietà a tutte le famiglie che hanno perso i loro cari”. “I responsabili di questa grave violenza debbono essere smascherati e puniti”. Il ministro respinge e biasima “le dichiarazioni di autorità indiane che il Pakistan possa essere dietro questi terroristi. Bhatti ricorda come il Pakistan sia in prima linea nella guerra contro il terrorismo, al prezzo di molte vite, e ritiene che Islamabad e New Delhi debbano lavorare insieme contro questa minaccia, anzitutto approfondendo il dialogo e i gesti di pace. Anche Mehboob Sada, direttore del Centro studio cristiano, organismo che raccoglie i cristiani pakistani e lavora per il dialogo e la pace, condanna questi “atti di pura crudeltà in nessun modo giustificabili”. Sottolinea che i governi dei due Paesi debbono mettere fine allo “scambio di accuse” e portare avanti il dialogo e il processo per la pace e lo sviluppo delle popolazioni, smascherando “quelle forze nell’ombra” che non vogliono pace e amicizia tra queste due potenze nucleari. Sada spiega sempre ad AsiaNews che in questo momento cruciale la società civile, i gruppi per i diritti e i media, hanno un ruolo importante per promuovere il dialogo e smascherare chi ci si oppone. “Noi cristiani – dice – diffondiamo il messaggio di pace e di vita di Gesù Cristo, non accettiamo alcuna soluzione che passi per la violenza e il terrore”. (R.P.)

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    La preghiera della Chiesa thailandese per la fine delle violenze

    ◊   “Non possiamo che pregare in tutte le chiese per una fine pacifica delle tensioni”, così padre Anthony Vorayuth Kitbamrung, direttore della commissione cattolica per le comunicazioni sociali, ha sintetizzato in un’intervista ad UcaNews la posizione della Conferenza episcopale sulla difficile situazione della Thailandia. Nel Paese la tensione cresce, nell’incapacità di governo e opposizione di trovare un accordo sulla fine dell’occupazione degli aeroporti di Bangkok. Entrambi hanno rifiutato il suggerimento all'accordo del capo dell’esercito e da giorni si rincorrono le voci di un possibile golpe militare. Ai preti e ai religiosi di Bangkok, l’arcivescovo, cardinale Michael Michai Kitbunchu, ha chiesto di prestare attenzione alla situazione evitando però ogni coinvolgimento delle organizzazioni ecclesiali. “I fedeli dovrebbero seguire la loro coscienza ma non agire in nome della Chiesa – ha sottolineato padre Vorayuth riportando il pensiero del cardinale -, in quanto la Chiesa è preoccupata per tutti coloro che sono coinvolti dalla situazione”. In questo paese di 65 milioni di abitanti, al 95% buddhisti, i cattolici sono circa 300mila. (V.V.)

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    Gli aiuti della Caritas nella Repubblica Democratica del Congo

    ◊   La Caritas della Repubblica Democratica del Congo ha portato a termine con successo le operazioni di distribuzione di aiuti d'emergenza a circa 40.000 sfollati nelle zone del Nord Kivu e di Dungu-Doruma, nella parte nord-orientale del Paese. Ntamugenga, una località situata a circa 50 chilometri a nord di Goma, la capitale del Nord Kivu, è il teatro in cui il personale locale della Caritas ha distribuito fino a questo martedì lotti unifamiliari di prodotti non deperibili a circa 17.000 sfollati che si sono stabiliti nella zona dopo gli scontri degli ultimi mesi. A questa distribuzione ha partecipato il vescovo di Goma, mons. Faustin Ngabu. Il 23 novembre scorso, un'équipe di Caritas Goma si è trasferita nella località di Karambi, nella regione di Rutshuru, per verificare il numero delle persone sfollate nella zona in vista dell'inizio, nei prossimi giorni, di una nuova operazione di aiuto. Accanto a questa azione umanitaria nel Kivu, la Caritas svolge un’altra importante campagna d'emergenza nella zona nord-orientale della Repubblica Democratica del Congo, nella diocesi di Dungu-Doruma, per aiutare le migliaia di sfollati che fuggono dalle incursioni armate dei ribelli ugandesi dell'Esercito di Resistenza del Signore (LRA). Frattanto sono iniziati questa mattina i primi trasferimenti volontari degli sfollati civili congolesi dai campi di Kibati, alla periferia nord di Goma. I veicoli dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) trasporteranno il primo gruppo di persone con necessità particolari come disabili, malati cronici, donne incinte e persone anziane al campo di Mugunga I, uno dei quattro siti già esistenti per gli sfollati interni. I trasferimenti volontari di oggi sono i primi di una serie di spostamenti programmati che avranno luogo durante il weekend. Entro l’inizio della prossima settimana l’UNHCR conta di spostare circa 1.000 persone. Continuano intanto i lavori di costruzione a Mugunga III, il nuovo sito scelto per il trasferimento volontario degli sfollati che faranno a piedi il viaggio da Kibati a Mugunga III. Secondo lo staff dell’UNHCR ad Ishasha, al confine sud-occidentale dell’Uganda, da martedì pomeriggio circa 13.000 rifugiati congolesi avrebbero attraversato il confine dall’area di Rutshuru, nella Provincia del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo. Solo giovedì ben 10.000 persone sono entrate in Uganda. Il team per le emergenze dell’UNHCR che si trova a Ishasha ha tentato di organizzare il trasferimento dei rifugiati al campo di Nakivale, circa 350 km a est. Un convoglio di 9 autobus e un camion è partito per Nakivale giovedì mattina, trasportando circa 1.000 persone. (V.V.)


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    Don Isoardi: riconoscenza per la solidarietà alle suore rapite in Kenya

    ◊   “Un coro di preghiera che ci commuove, e ne sentiamo i frutti. Speriamo che anche le nostre due consorelle possano sentirli, con una serenità e una forza che non viene da loro”. Così don Pino Isoardi, responsabile del Centro missionario contemplativo “Charles de Foucauld” di Cuneo, commenta al settimanale cattolico cuneese (“La Guida”) la situazione delle due religiose rapite in Kenya. A quasi tre settimane, non ci sono notizie di suor Caterina Giraudo, 67 anni, e suor Maria Teresa Olivero, 60 anni, entrambe da oltre 35 anni in Kenya: prelevate a El-Wak nella notte tra il 9 e il 10 novembre da un gruppo di uomini armati, sarebbero state portate oltre il confine della Somalia, che dista pochi chilometri. La comunità, nelle parole del responsabile – riferisce “La Guida” – esprime riconoscenza per “l’impressionante, grandissima manifestazione di solidarietà e di preghiera, che giunge continuamente”, con telefonate, contatti, mail e lettere, da singole persone, gruppi e parrocchie. Tra le tante iniziative, ieri, nella chiesa di San Rocco a Torino, è stata fatta una veglia di preghiera multietnica, cui era presente don Fredo Olivero, fratello di suor Maria Teresa. (V.V.)

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    Mons. Sako: rischio di guerra civile con il ritiro delle truppe Usa

    ◊   Parlare di largo consenso in merito all’approvazione del piano di ritiro delle truppe statunitensi “non è corretto”. Il presidente aveva chiesto una larga maggioranza, ma chi non era d’accordo sulla proposta di legge “ha preferito disertare la seduta”, lasciando ai colleghi deputati “il compito di votare”. È il commento fatto ad AsiaNews da mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk – in merito al piano di ritiro delle truppe Usa dall’Iraq. Giovedì infatti, il parlamento iracheno con 148 voti favorevoli su 198 deputati presenti – 35 i voti contrari, 86 gli assenti - aveva ratificato lo Status of Forces Agreement (Sofa) che prevede che l’esercito Usa in Iraq – composto da 150mila soldati – entro il giugno 2009 dovrà ritirarsi nelle città e rimanere a disposizione per eventuali interventi di emergenza. La partenza definitiva è fissata per la fine del 2011. Ora la legge dovrà essere ratificata dal Consiglio di presidenza iracheno, composto dal capo di Stato Jalal Talabani (curdo) e dai vice-presidenti Tareq Al Hashemi (sunnita) e Adel Abdul-Mahdi (sciita). Spetterà poi ai cittadini iracheni la parola finale sulla normativa, mediante referendum popolare che dovrebbe svolgersi entro il luglio del 2009. “Il voto rappresenta un passo in avanti – dice mons. Sako – ma tutto può succedere, perché la situazione è ancora precaria. Non c’è niente di stabile e definitivo, il Paese attraversa una fase di fragile equilibrio che può crollare in ogni momento”. “L’Iraq è ancora profondamente diviso al suo interno", sottolinea l’arcivescovo di Kirkuk. "Non si può parlare di unità nazionale e anche il governo ne è cosciente. Ciascuno cerca di conquistare maggiore influenza nel proprio territorio e anche la capitale, Baghdad, che dovrebbe rappresentare il simbolo dell’unità, è in realtà suddivisa in settori in cui predomina una fazione ben precisa”. Pianificare il ritiro delle truppe americane può essere positivo per il cammino verso l’autonomia del Paese, ma resta il rischio concreto di “una guerra civile se la nazione resta abbandonata a se stessa”. Mons. Sako sottolinea altri due punti essenziali: la linea che intenderà adottare Barack Obama in tema di politica estera e la minaccia nucleare iraniana. “Non è possibile prevedere quali iniziative prenderà il nuovo presidente americano, ma le sue decisioni avranno un peso fondamentale negli sviluppi futuri di tutta la regione. La minaccia nucleare iraniana – conclude il prelato – è un pericolo concreto per l’Iraq e per tutti i Paesi del Golfo. Il Medio Oriente è in bilico e il cammino di pace ancora molto lungo”. (R.P.)

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    Solidarietà dei vescovi brasiliani alle vittime delle inondazioni nel sud del Paese

    ◊   Nota di solidarietà della Commissione Episcopale per la Pastorale della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB), riunita ad Itaci dal 24 al 26 novembre scorsi, per le vittime delle recenti inondazioni nello stato di Santa Catarina. Secondo le ultime informazioni delle autorità brasiliane, il numero di morti per le piogge torrenziali che cadono da giorni nello stato di Santa Catarina, nel sud del Paese, ha raggiunto il numero di 101, inoltre 1 milione e mezzo di persone di quella regione è colpito dagli effetti delle inondazioni. Gli abitanti di alcune città di Santa Catarina, come San Bonifacio, San Giovanni Battista, Itapoá, Benedito Novo, Río de los Cedros e Garuva, sono riusciti ad uscire dalle case e a raggiungere alcuni rifugi. Nella località di Blumenau circa 20 persone hanno perso la vita ed altre 20.000 sono disastrate, il 95% della popolazione si trova senza acqua potabile per la rottura degli acquedotti che trasportano l'acqua in quella zona. La quarta parte della popolazione dello stato di Santa Catarina, 1 milione e mezzo di persone, sono colpite dalle inondazioni. Nel comunicato i membri della Commissione Episcopale esprimono la loro gratitudine per i numerosi gesti di solidarietà di persone, gruppi ed istituzioni: “ancora una volta percepiamo la forza dell'amore fraterno ed i sentimenti umanitari che caratterizzano il nostro Paese”. “Le intemperie della natura esigono l’attenzione e la responsabilità di tutti verso l’ecosistema tanto aggredito - si legge nel comunicato, reso noto dall’agenzia Fides -. La terra è un dono di Dio e casa di tutti e come tale deve essere preservata”. In questo modo riaffermano il valore fondamentale e primario della vita, in consonanza con il tema della Campagna di Fraternità di quest’anno. Lanciano inoltre un appello a tutti i cristiani ed agli uomini di buona volontà affinché offrano il loro aiuto alle vittime e così il popolo di Santa Catarina possa “superare, un'altra volta, le sfide delle inondazioni, fortificato nella fede che lo caratterizza e con la generosità di tutti”. (V.V.)

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    Nuovi aiuti dall’Ue per Haiti dopo il recente passaggio di quattro uragani

    ◊   “La situazione riguardo alla mortalità materna e infantile è preoccupante. Per la Commissione Europea gli aiuti di urgenza sono una priorità”. Al termine di una visita di cinque giorni, che l’ha portato in alcune delle zone più colpite dal recente passaggio di quattro uragani - con un bilancio di 1000 vittime tra morti e ‘desaparecidos’ e 800.000 disastrati - il capo del dipartimento per gli aiuti umanitari dell’Unione Europea (ECHO) Peter Zangl ha annunciato lo stanziamento di sei milioni di euro, che si aggiungeranno ai circa 14 già consegnati dall'UE, per assistere la popolazione. Insieme al presidente René Préval, Zangl ha inaugurato a Port-au-Prince un ufficio per gli aiuti umanitari incaricato di favorire l’accesso ai servizi di base e di condurre una “valutazione permanente” sulle necessità del paese più povero dell’America Latina a cui, nonostante i ripetuti appelli dell’ONU, il contribuito dei paesi donatori continua a giungere col contagocce. Préval ha intanto annunciato, rende noto l'agenzia Misna, un nuovo ‘piano di pianificazione urbana’ che dovrebbe implicare anche la demolizione degli edifici considerati non sicuri, dopo il crollo di una scuola nella periferia della capitale che il 7 novembre ha provocato 100 vittime, quasi tutti bambini. (V.V.)

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    Ginevra: si è chiusa positivamente la conferenza contro le mine antipersona

    ◊   Si è conclusa positivamente la IX Conferenza degli stati aderenti alla Convenzione di Ottawa contro le mine antipersona, apertasi a inizio settimana a Ginevra, in Svizzera. Londra si era presentata all’incontro chiedendo una proroga di 10 anni per portare a termine lo sminamento delle isole Falkland (o Malvine, come le chiamano gli argentini). Una richiesta che aveva suscitato polemiche e critiche perché non sufficientemente motivata e perché non accompagnata da garanzie e piani certi. “La pressione degli altri Stati e della società civile - ha detto alla Misna Sylvie Brigot, direttore esecutivo della Campagna internazionale per la messa al bando delle mine (ICBL) – alla fine ha avuto la meglio trovando un compromesso che non entra in violazione con il Trattato e che dà tempo alla Gran Bretagna di rimediare alle sue mancanze secondo un piano e scadenze ben precise”. In base all’accordo raggiunto, Londra dovrà entro due anni preparare un programma e cominciare i lavori di sminamento: “I delegati britannici – ha aggiunto la Brigot – si erano presentati a Ginevra pensando di poter ottenere carta bianca, alla fine hanno vinto giustizia e buon senso, ed è stato chiaro a tutti che la mancata bonifica delle Falkland è stata ‘figlia’ di una chiara volontà politica”. Accordi e forme di mediazione sono stati raggiunti per altri 14 paesi che avevano presentato richieste di proroga dei rispettivi programmi di bonifica dei campi minati. Progressi sono stati registrati anche per i tre paesi che hanno tuttora mine a loro disposizione negli arsenali militari: la Turchia ha infatti annunciato di aver distrutto 100.000 primi pezzi, la Grecia 20.000, mentre la Bielorussia sta avendo degli incontri con l’Unione Europea per ottenere i mezzi finanziari necessari per condurre le operazioni. “La positiva conclusione della Conferenza di Ginevra – ha detto ancora Brigot – rappresenta un passo importante anche in vista dell’apertura alla firma tra qualche giorno del Trattato di Oslo per la messa al bando delle bombe a grappolo. Si tratta di due accordi promossi dalla società civile, frutto di una ‘diplomazia dal basso’ che sta ottenendo successi coinvolgendo anche le istituzioni internazionali”. (V.V.)

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    Domani Giornata mondiale delle città per la vita, contro la pena di morte

    ◊   A pochi giorni dal rinnovo del voto positivo nella Terza Commissione all’Assemblea Generale dell’ONU, e dall’abolizione della pena di morte in Burundi, domani quasi mille città del mondo, in 71 Nazioni dei cinque Continenti, daranno vita alla festa per la moratoria universale con la più grande mobilitazione internazionale finora mai realizzata per fermare ovunque tutte le esecuzioni capitali. La data del 30 novembre è stata scelta perché anniversario della Prima abolizione della pena capitale nel mondo occidentale da parte di uno Stato, il Granducato di Toscana, il 30 novembre 1786. Quest’anno, oltre alla recentissima svolta del Burundi, anche l’Uzbekistan si è aggiunto alla schiera dei Paesi che hanno abolito la pena di morte. In Africa altri Paesi si incamminano verso una moratoria e l’abolizione per legge. Alla fine dell’anno scorso il Kyrgyzstan, il Rwanda e il Gabon l’avevano cancellata dal proprio ordinamento. Negli USA un altro Stato, il New Jersey, ha abolito la pena di morte il 17 dicembre 2007. In Asia passi positivi in Cina, anche se rimane il Paese del mondo con più esecuzioni. In Libano, Pakistan, Sud Corea e Taiwan, si intravedono cambiamenti importanti a livello legislativo e dell’opinione pubblica. Non meno importante, infine, la Federazione Russa che ha rinnovato l’anno scorso una moratoria fino al 2010. L’iniziativa – sostenuta dalle principali organizzazioni per i diritti umani e dalla World Coalition contro la Pena di Morte - quest’anno avrà momenti importanti a Barcellona, Toronto, Bruxelles, nelle Filippine, in Africa, oltre che a Firenze, Roma, Napoli e in gran parte d’Italia e d’Europa. Molti protagonisti mondiali della campagna mondiale contro la pena capitale, testimoni, ex-condannati a morte innocenti oggi usciti dal braccio della morte, familiari delle vittime, daranno la loro testimonianza in molte capitali europee, e in particolare a Roma questa sera alle ore 19, davanti al Colosseo, ci sarà l’apertura ufficiale della Giornata Mondiale “Città per la Vita, Città contro la Pena di Morte” promossa dalla Comunità di Sant’Egidio e l’illuminazione speciale del Colosseo. (V.V.)

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    Messaggio dei vescovi del Perù per l’Avvento

    ◊   “L’Avvento ci invita a guardare con fede e con speranza, la venuta del Salvatore Gesù Cristo che apre, a tutti, una nuova dimensione; che ci conduce alla conversione interiore ed esteriore e ci chiama ad essere sempre più fratelli”. Sono riflessioni del documento pubblicato ieri dalla Conferenza episcopale del Perú per invitare i cattolici alla “preghiera e allo sforzo sincero per cercare il Cristo Vivo incarnato in ciascuno di noi”. I presuli ricordano il recente vertice dei Paesi APEC che si riunito nel Paese con la presenza di decine di leader mondiali e salutano i numerosi accordi raggiunti “nell’ambito della cooperazione commerciale che dovrebbe favorire i popoli”. In Perú, i vescovi rilevano che si percepiscono “segni di speranza per quanto riguarda la crescita macroeconomica e la prospettiva di nuove opportunità di sviluppo”, tuttavia aggiungono: “dobbiamo riconoscere l’esistenza di problemi gravi: ingiustizia sociale, fragilità economica, disuguaglianze enormi, corruzione e violenza sociale e politica”. “La presenza della corruzione nella sfera pubblica, sottolineano, genera nella società, sfiducia sistematica nei confronti delle istituzione statali. Siamo testimoni di comportamenti corrotti deplorevoli e perciò, oggi più che mai, vogliamo incoraggiare il governo per quanto riguarda il suo Piano integrale contro la corruzione tanto nell’azione preventiva come in quella punitiva”. Di fronte alla crescita delle rivendicazioni sociali in tutte le regioni del Paese, i vescovi chiedono alle autorità “la promozione del dialogo rispettoso tra le parti” e “la ricerca infaticabile di consensi tramite meccanismi adeguati” poiché, specificano, “il dialogo è sempre un buon cammino” soprattutto se “le parti compiono lo sforzo di capire l’altro, con apertura e disponibilità verso la verità”. I vescovi insistono su un concetto già espresso in occasioni precedenti: “Non è possibile dialogare sotto la minaccia e la violenza poiché questi atteggiamenti promuovono solo l’odio e l’allontanamento”. Dall’altra parte i presuli peruviani manifestano grande preoccupazione di fronte a ciò che definiscono “l’immoralità regnante”, poiché oltre “a corrompere le coscienze “degrada i valori fondamentali della vita, del matrimonio e della famiglia. Per questa ragione invochiamo da parte degli operatori della comunicazione, un atteggiamento professionale e responsabile”. Va ricordato, aggiungono i vescovi, che “il loro lavoro deve ispirarsi sempre a criteri solidi ed etici, in particolare per quanto concerne il rispetto della persona, dei principi permanenti che sostengono la famiglia, l’amore e la verità”. La conferenza episcopale peruviana, infine, lancia un “appello alle autorità, a tutti i settori della società, agli uomini e donne di buona volontà, perché assumano responsabilmente la parte che a ciascuno corrisponde nel compito della pacificazione e della costruzione di un Perú più giusto e solidale, in grado di garantire una vita dignitosa a tutti, inclusi in particolare i più bisognosi”. (A cura di Luis Badilla)

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    Conclusa la plenaria dei vescovi in Ecuador

    ◊   “Il nostro popolo e le nostre comunità, in quest’ora di cambiamenti e trasformazioni culturali, politiche, sociali ed economiche sentono il bisogno di una nuova speranza che possa dare a tutti il senso vero della vita e, soprattutto, forza e vigore alla famiglia, spazio privilegiato per vivere la fede e l’impegno con la nostra società”. Così, ieri, i vescovi dell’Ecuador nel comunicato conclusivo della loro assemblea plenaria, iniziata lunedì scorso nell’isola di San Cristoforo nell’arcipelago delle Galápagos. I presuli presentando la sintesi delle loro riflessioni durante la 124.ma plenaria episcopale ricordano che si sono riuniti “per dare slancio all’evangelizzazione del popolo ecuadoriano in sintonia con gli orientamenti della Conferenza di Aparecida del terzo Congresso missionario americano”. In questi due eventi ecclesiali di grande rilevanza gli episcopati latinoamericani e caraibici hanno messo al centro della pastorale la Missione continentale e perciò, dicono i presuli dell’Ecuador, tocca ora anche “a noi intraprendere la Missione nazionale” e perciò esortano tutti, presbiteri, religiosi, religiose e laici, ad aprirsi con umiltà e decisione all’azione dello Spirito Santo e così, attraverso la conversione personale”, agire nel lavoro pastorale quotidiano “quali discepoli e missionari, testimoni, della presenza sempre viva di Cristo risorto”. “Vogliamo convocare tutti i credenti a prendere parte nella Missione nazionale, proseguono i presuli ecuadoriani, affinché focalizzando il lavoro sull’evangelizzazione e sulla famiglia, possa aprirsi l’occasione adeguata per un rinnovamento personale e comunitario; per un rafforzamento della famiglia stessa e, infine, diventi possibile uscire da noi stessi e andare incontro a coloro che soffrono la povertà e l’esclusione e sentono il bisogno della salvezza”. Prima di concludere, il documento a firma del presidente e segretario dell’episcopato, rispettivamente mons. Antonio Arregui Yarza e Angel Polivio Sánchez Loaiza, chiede di “interrogarsi sulla nostra realtà" dalla prospettiva “della comunione di fede e di missione” e dunque conoscere “le debolezze, i pregi, le sfide” della nazione e disegnare poi “le azioni possibili da sviluppare”. I presuli ecuadoriani ricordano infine la recente canonizzazione di Santa Narcisa, nei momenti in cui si trovavano a Roma per la loro quinquennale visita “ad Limina Apostolorum” e ringraziano il messaggio di Benedetto XVI che il 12 ottobre nell’omelia disse: “La giovane laica ecuadoriana Narcisa di Gesù Martillo Morán ci offre un esempio completo di risposta pronta e generosa all'invito che il Signore ci fa a partecipare al suo amore. Santa Narcisa di Gesù ci mostra un cammino di perfezione cristiana accessibile a tutti i fedeli. Nonostante le abbondanti e straordinarie grazie ricevute, la sua esistenza trascorse con grande semplicità, dedita al lavoro come sarta e all'apostolato come catechista. Nel suo amore appassionato per Gesù, che la portò a intraprendere un cammino di intensa preghiera e di mortificazione, e a identificarsi sempre più con il mistero della Croce, ci offre una testimonianza attraente e un esempio completo di una vita totalmente dedita a Dio e ai fratelli”. (L. B.)

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    Da domani incontro a Roma delle scuole cattoliche in Europa

    ◊   Come si situano i cristiani e le scuole cattoliche nello spazio pubblico europeo, quale il loro contributo e il rapporto tra Chiesa e scuole cattoliche. Di questo tema parleranno i vescovi europei responsabili delle scuole cattoliche all’incontro promosso a Roma da domani al 2 dicembre dalla Commissione “Catechesi, Scuola e Università” del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCCEE), in collaborazione con il Comitato Europeo dell’Insegnamento Cattolico (CEEC) ed il sostegno della Conferenza episcopale italiana. Il tema dell’incontro è “La scuola cattolica nello spazio pubblico europeo”. “In un primo momento – si legge in un comunicato diffuso dal Sir - i partecipanti analizzeranno e si confronteranno sulla situazione della scuola cattolica nei vari Paesi europei tentando di mettere a fuoco nodi problematici e questioni fondamentali. Successivamente si discuterà sulle sfide per l’educazione cattolica in Europa oggi e il contributo della CEEC e delle Conferenze episcopali”. Interverranno mons. Pero Sudar, vescovo ausiliare di Sarajevo; Piet Raes, docente di filosofia; mons. Diego Coletti, vescovo di Como e il cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica. Saranno presentati i risultati della Ricerca europea sull’Insegnamento della religione promossa dal CCEE. (V.V.)

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    Polonia: messaggio dei vescovi per l'Avvento

    ◊   E' dedicato alla vita il tradizionale messaggio d'Avvento firmato, per la prima volta quest'anno, dall'arcivescovo di Varsavia, Kazimierz Nycz, e dal vescovo di Varsavia-Praga", sull'altra riva del fiume Vistola, Henryk Hoser. "Vogliamo non solo ricordare i numerosi rischi che minacciano la vita nel mondo moderno - scrivono i presuli - ma soprattutto vogliamo far vedere la bellezza della vita". Non a caso il messaggio - ripreso dall'agenzia Sir - è dedicato alla vita. L'anno pastorale 2008/2009, infatti, conformemente al programma stilato dalla Conferenza episcopale polacca, per il quinquennio 2006-2010, prevede di concentrare le iniziative ecclesiali sulla difesa della vita. "Bisogna che ogni essere umano riscopra che la vita è un dono di Dio, che sappia ammirarla e voglia viverla con rispetto non solo per la propria vita ma anche per la vita degli altri e tutto il creato", rilevano i vescovi. Il tema della difesa della vita è diventato di particolare attualità durante l'ultima sessione plenaria dei vescovi polacchi, chiusasi ieri a Jasna Gora. Mercoledì scorso, a Varsavia il primo ministro Donald Tusk ha ribadito che le spese per la fecondazione in vitro restano a carico del servizio sanitario nazionale. "Le sperimentazioni effettuate finora non lasciano il minimo dubbio che il metodo di fecondazione in vitro è una violazione del diritto alla vita dell'essere umano già concepito - ha ribadito da parte sua il presidente della Conferenza episcopale, mons. Jozef Michalik -. Per compiacere i genitori e dare loro un figlio, si uccidono altri esseri umani. Questo non è accettabile per alcuna persona onesta, e tanto meno per un cristiano". (A.M.)

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    Cina: festeggiamenti per i 90 anni dell'unico vescovo di etnia mongola

    ◊   I fedeli della parrocchia di Cheng Chuan, nella diocesi di Ningsia (Yinchuan, nella regione autonoma cinese della Mongolia interna), hanno festeggiato il vescovo Giuseppe Ma Zhong Mu – in mongolo Tegusbeleg - che in questi giorni ha compiuto i 90 anni di vita, i 60 di sacerdozio e i 25 di episcopato. Tegusbeleg - riferisce l'agenzia Fides - è l’unico vescovo di etnia mongola, in Cina e nel mondo, ma l’attuale regime comunista non lo riconosce come vescovo. Riconosce invece il vescovo coadiutore Li Jing, che nel giorno onomastico di Tegusbeleg ha potuto celebrare a Cheng Chuan la solenne Eucaristia. Il coadiutore di Ningsia, Li Jing, consacrato vescovo meno di un anno fa, il 21 dicembre del 2007, ha celebrato la Santa Messa in qualità di rappresentante personale di mons. Liu Jin Shan, attuale e riconosciuto titolare della diocesi di Ningsia, che ha 96 anni e non è potuto intervenire, proprio a causa dell’età e della salute, alla festa per il confratello Tegusbeleg. Mons. Li Jing ha ribadito con fermezza durante la cerimonia, davanti a diversi esponenti locali del regime , che il vescovo Giuseppe “è il nostro pastore, e questo è fuori discussione”. Decine di sacerdoti e circa mille fedeli hanno preso parte a questo momento di intensa comunione e di preghiera di lode, vedendo con gioia il loro anziano vescovo, vestito con il tradizionale abito mongolo rosso, arrivare seduto su una carrozza. Come racconta il parroco di Chen Chuan “all’inizio mons. Ma Zhong Mu voleva venire a cavallo, da solo, come un mongolo. Ma lo abbiamo convinto a sedere su una carrozza mongola, ben decorata e scortata dai quattro robusti cavalieri mongoli. Abbiamo voluto così rendere così omaggio al nostro amatissimo pastore, dimostrandogli stima e gratitudine”. Nella sua lunga vita, Tegusbeleg ha subìto oltre 20 anni di persecuzione. E’ sua la traduzione in lingua mongola della Liturgia delle Ore realizzata negli anni Ottanta, e la produzione di alcuni testi di religione e di esegesi biblica. (A.M.)

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    Al via in Puglia il Forum per la pace nel Mediterraneo

    ◊   Oltre 300 colombe bianche in volo dal Castello di Carlo V, ieri hanno inaugurato ufficialmente i lavori del Forum per la pace nel Mediterraneo, in corso ad Acaya, vicino Lecce. "La pace come obiettivo, il dialogo come linguaggio e il confronto come metodo": partendo da questi principi gli oltre 200 partecipanti giunti da quasi tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo discutono i temi dell’integrazione e dell’interculturalità. “È importante – ha detto Ahmad Quire, presidente del Forum, ripreso dall'agenzia Misna, – cominciare un vero dialogo politico tra le nazioni del Mediterraneo, per rimuovere gli ostacoli sulla via della pace: Israele deve riconoscere il percorso dei negoziati, perché l’occupazione dei territori palestinesi non è un’opzione sostenibile”. Ai mezzi di informazione, che gli organizzatori del Forum considerano protagonisti attivi nel progetto per un Mediterraneo di pace, è stata dedicata una sessione specifica. Tra i numerosi ospiti presenti alle conferenze, oltre a esperti, studiosi, politici e giornalisti, c’erano anche tanti studenti delle scuole medie e superiori del Salento. “Una reale collaborazione culturale ed economica – ha sottolineato il ministro della Cultura dell’Egitto, Farouk Hosny – è una soluzione duratura per costruire la pace del Mediterraneo, ma bisogna affrontare il nodo centrale del conflitto israelo-palestinese, perché solo la sua soluzione potrà abbattere i muri di odio esistenti e costruire nuovi ponti tra i popoli”. (V.V.)

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    Nuovo presidente per la Conferenza Mondiale degli Istituti Secolari

    ◊   Fernando Martín Herráez è stato eletto presidente della Conferenza Mondiale degli Istituti Secolari (CMIS) nell'Assemblea dei Direttori Generali celebrata a Guadalajara (Messico) dal 21 al 23 novembre. Gli istituti secolari, forma di vita consacrata approvata da Pio XII nel 1947, riuniscono persone che vogliono vivere come testimoni del Regno di Cristo in mezzo al mondo, nella vita culturale, economica e politica, senza abbandonare le normali condizioni dell'indole secolare. In questo modo, sotto l'azione dello Spirito, contribuiscono all'animazione delle realtà temporali e assicurano una presenza incisiva della Chiesa nella società. La CMIS è un organismo coordinatore con sede a Roma, creato nel 1970 e formato dai direttori generali di 215 Istituti Secolari approvati dalla Chiesa. Ha più di 35.000 membri nei cinque continenti. È la prima volta che uno spagnolo occupa l'incarico della sua presidenza. Secondo quanto ha affermato a Zenit Andrés Jiménez Abad, della rivista “Estar” dei Crociati di Santa Maria, Fernando Martín Herráez è laico, direttore generale dell'Istituto Secolare “Crociati di Santa Maria”, fondato dal sacerdote gesuita Tomás Morales, la cui causa di beatificazione, terminata la fase diocesana a Madrid, è ora a Roma. Attualmente è docente di Antropologia presso l'Università Cattolica di Ávila. Nel suo primo saluto come presidente, ha espresso la volontà di prendere “in prestito le parole di Benedetto XVI all'inizio del suo pontificato”.“Mi piacerebbe essere un umile operaio della vigna, per mettermi al servizio degli Istituti Secolari – ha spiegato –. Da quest’organo di coordinamento degli Istituti vorrei promuovere la conoscenza e la diffusione di questa vocazione di lievito nel mondo”. Quanto alle sue priorità, ha segnalato che “il Papa ci ha chiesto di essere un laboratorio sperimentale in cui la Chiesa possa testare le sue relazioni con il mondo. Per questo un’esigenza fondamentale è che rimaniamo nel mondo, perché è questo il nostro luogo di missione”. I temi sviluppati dall'Assemblea, “Senso attuale degli Istituti Secolari per la Chiesa e per il mondo” e “Gli Istituti Secolari come esperienza di incarnazione”, derivano dal Simposio celebrato nel febbraio dello scorso anno a Roma per commemorare il 60.mo anniversario della Costituzione Apostolica Provida Mater Ecclesia, testo costituente degli Istituti Secolari. (V.V.)

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    Il cardinale Murphy-O’Connor sul "Battesimo di Cristo" di Piero della Francesca

    ◊   E’ un'opera di fede più che un'opera d'arte e dovrebbe essere restituita a una grande chiesa come la cattedrale di Westminster. Lo ha detto il cardinale Cormac Murphy-O'Connor, primate cattolico di Inghilterra e Galles riferendosi al quadro del "Battesimo di Cristo" di Piero della Francesca conservato nella Sainsbury Wing della National Gallery a Londra. “Vorrei – ha spiegato il porporato - che il dipinto fosse tolto dalla parete della National Gallery e ricollocato in una chiesa cattolica di Londra, perché è un'espressione della vita della Chiesa e una via alla preghiera, esprime il mistero della Trinità e la rivelazione di Cristo”. Secondo il catalogo del museo, il Battesimo era stato dipinto da Piero della Francesca tra il 1448 e il 1450 ed è entrato nella collezione della National Gallery nel 1861. Per gli esperti è così delicato da aver bisogno di cure e controlli costanti e particolari. Non viene mai spostato: l'unica volta che il dipinto ha lasciato la galleria di Trafalgar Square è stato nel 1940, durante il blitz dei bombardieri tedeschi, quando venne spedito con altri tesori nei pozzi di una miniera di carbone in Galles. (A.L.)

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    Novena dell’Immacolata alla Basilica dei Santi Apostoli

    ◊   Questa sera presso la Basilica dei Santi Apostoli, alla presenza del cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, si apre la tradizionale Novena dell’Immacolata, un evento che ha radici molto antiche. I Francescani conventuali quando arrivarono ad officiare la Basilica nel 1453, trovarono con gioia che il culto dell’Immacolata vi era già stato introdotto dal cardinale Bessarione che ne aveva fatto anche dipingere una raffigurazione della Madonna “concepita senza peccato” e che ancora oggi si trova in Basilica. Nel 1477 il Papa Sisto IV, anch’egli francescano conventuale, permise di celebrare con molta solennità la festa dell’8 dicembre. La proclamazione del Dogma dell’Immacolata, fatta da Pio IX nel 1854, diede il via alla solenne “Novena” dell’Immacolata che ormai richiamava ai Santi Apostoli tutti i fedeli. Il Papa stesso, fino al 1969, veniva a presiedere la funzione la sera del 7 dicembre, mentre in ognuna delle altre sere era presieduta da un cardinale. In tempi più recenti, anche i Papi, il Beato Giovanni XXIII e Paolo VI, hanno onorato la Vergine Immacolata ai Santi Apostoli la sera del 7 dicembre, almeno una volta durante il loro pontificato. Da oggi, tutte le sere alle ore 18.30 ci sarà la Messa concelebrata, presieduta da un porporato. I cardinali presenti quest’anno, sono, in successione fino al 7 dicembre compreso; James Francis Stafford, Dario Castrillon Hoyos, Achille Silvestrini, Giovanni Canestri, Zenon Grocholewsky, Urbano Navarrete, Francis Arinze, José Saraiva Martins e Giovanni Battista Re. Il servizio di canto sarà svolto dai cantori della Cappella Costantiniana diretta da padre Dario Tisselli, viceparroco dei SS. XII Apostoli. (V.V.)

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    Notte bianca a Torino sui luoghi della Parola

    ◊   La Parola, la città, la notte. Sono i tre ingredienti della proposta rivolta ai giovanissimi torinesi per la notte bianca di questa sera. “Si tratta – spiega don Maurizio De Angeli, direttore dell’ufficio diocesano Giovani - di una ‘Notte bianca sui luoghi della Parola’ in cui i partecipanti saranno invitati, in un clima di preghiera e riflessione, a compiere un pellegrinaggio notturno nei luoghi che a vario titolo nella nostra città rappresentano la Parola vissuta e testimoniata”. L’appuntamento è alle 19 di oggi in corso Matteotti 11 e la conclusione è prevista alle 6 di domani, dopo la celebrazione della Messa. “La ‘Notte bianca’ – dice al Sir don De Angeli - avrà come filo conduttore il versetto evangelico ‘La Parola si fece carne’: saremo, infatti, ormai nella prima domenica di Avvento e sarà un modo sia per prepararci a vivere questo tempo liturgico, sia per approfondire il tema della Parola nell’anno ad essa dedicato”. Nella “Notte” si susseguiranno tempi di silenzio e preghiera, tappe con proposte di riflessione, testimonianze, momenti di condivisione. (V.V.)

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    Concerto di maestri del jazz a Roma ispirato ai versi di Papa Wojtyla

    ◊   Raccontare l’interiorità di un Papa che fu anche artista attraverso le note del jazz. E’ l’ambizione della cantata "L'amore mi ha spiegato ogni cosa", composta da Joachim Mencel e ispirata alle poesie di Karol Wojtyla. Questa sera alle 20, al Teatro Capranica di Roma - con ingresso gratuito - i versi del Pontefice polacco e gli accordi di maestri del jazz del calibro di Ewa Bem, Mieczyslaw Szczesniak, Lee Konitz, Valerie Ekoume e Dino Saluzzi daranno vita a un originale e raffinato concerto, in ricordo e in onore dei 30 anni dall’elezione di Giovanni Paolo II. Organizzato dal Centro del Pensiero di Giovanni Paolo II, l’evento vedrà anche l’esibizione del Coro dei Ragazzi di Varsavia dell'Accademia Musicale Fryderyk Chopin, dell'Orchestra Sinfonia Viva e del gruppo popolare di montagna di Jan Karpiel-Bulecka. Ad assistere al concerto, personalità Vaticane, del Corpo diplomatico, della comunità polacca in Italia, oltre ad artisti polacchi e italiani. Il progetto, spiegano gli organizzatori, “mira a presentare l'opera di un polacco straordinario, unendo tradizione e modernità” e favorendo un dialogo particolare tra Varsavia e Roma, le capitali dei due Stati simbolicamente riuniti nella figura di Papa Wojtyla. (A.D.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    Al via a Doha la Conferenza Onu sul finanziamento allo sviluppo

    ◊   Si è aperta oggi a Doha, in Qatar, la Conferenza Onu sul finanziamento allo sviluppo, promossa dal segretario generale, Ban Ki-moon, e ospitata dall'emiro Hamad Bin Khalifa Al-Thani. La crisi economica e gli affetti sui Paesi in via di sviluppo saranno al centro dei lavori che andranno avanti fino al 2 dicembre e ai quali partecipano oltre 70 delegazioni di tutto il mondo con capi di Stato e di governo, tra i quali il presidente francese, Nicolas Sarkozy, oltre al presidente della Commissione europea Barroso. Tuttavia, diverse organizzazioni umanitarie internazionali denunciano l’assenza di molti “attori chiave” della crisi e che quindi difficilmente saranno presi impegni sul raggiungimento di obbiettivi per ridurre la povertà.

    Zimbabwe
    L’opposizione dello Zimbabwe ha annunciato il raggiungimento di un accordo di massima per la condivisione del potere con il partito al governo del presidente Mugabe. Dopo mesi di stallo politico, che hanno fatto cadere lo Zimbabwe in una profonda crisi economica e umanitaria, si è trovata un’intesa per emendare la Costituzione in modo da creare un posto di primo ministro destinato a Morgan Tsavngirai, leader dell’opposizione del Movimento per il cambiamento democratico (Mdc). Intanto, nel Paese africano è allarme colera. I morti, secondo le ultime informazioni, sarebbero 500, con 10 mila casi segnalati.

    Somalia
    Le truppe dell’Etiopia lasceranno completamente la Somalia entro la fine dell’anno. La voce era già più volte circolata nei giorni scorsi, ma ieri è arrivato l’annuncio ufficiale di Addis Abeba all’Unione africana e all’Onu. Con il ritiro dell’esercito etiope, sale la preoccupazione del primo ministro somalo, Nur Hassan Hussein, che ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché siano inviate truppe di pace per la stabilizzazione del Paese, che rischia ancora di cadere sotto il controllo delle corti islamiche. Circa 100 mila persone, secondo gli ultimi dati forniti dall'Alto commissariato Onu per i rifugiati, sono fuggite da Mogadiscio dal primo settembre scorso ad oggi.

    Iraq
    Ancora violenza in Iraq. Due persone sono rimaste uccise e altre 15 ferite nell'attacco contro la sede della Missione di Assistenza delle Nazioni Unite (Unami) nella green zone a Baghdad. Secondo un portavoce della missione, le vittime sono cittadini stranieri, ma non dipendenti dell'Onu come era stato detto in un primo momento. La presenza di personale delle Nazioni Unite nel Paese del golfo è stata ridotta dall'attentato dinamitardo alla sede dell'organizzazione nell'agosto del 2003 costato la vita a 22 persone.

    Pakistan
    Un missile sparato da un sospetto drone (velivolo senza pilota) statunitense ha colpito una casa nella regione pachistana del Nord Waziristan, uccidendo tre persone. Le incursioni aeree americane nelle zone tribali pakistane contro postazioni talebane hanno recentemente provocato proteste ufficiali da parte del governo di Islamabad.

    Iran
    In Iran, una donna è stata condannata ad essere lapidata con una sentenza approvata dalla Corte suprema, e quindi ormai esecutiva. Lo rivela oggi il quotidiano riformista iraniano Etemad Melli. Il capo dell'apparato giudiziario, l'ayatollah Mahmud Hashemi Shahrudi, aveva ordinato di sospendere nel 2002 le lapidazioni ma, secondo organizzazioni per i diritti umani in Iran, alcuni condannati sono stati comunque messi a morte con questo supplizio durante questi sei anni.
     
    Israele-Gaza
    Resta alta la tensione tra Israele e Gaza. Sei militari dello Stato ebraico sono rimasti feriti ieri sera in un attacco a colpi di mortaio contro la loro base. L’azione, rivendicata da Hamas, segue l’uccisione di un miliziano palestinese, durante un’incursione israeliana nella zona di Khan Yunes, nel sud della Striscia di Gaza.

    Cuba-Russia
    È stata Cuba l’ultima tappa del viaggio in America Latina del presidente russo, Dmitri Medvedev. Il capo del Cremlino ha incontrato il collega Raul Castro, ribadendo l’interesse di Mosca a una rinnovata e importante presenza nell’isola.

    Elezioni Romania
    Elezioni legislative domani in Romania, le prime dopo l’ingresso del Paese nell’Unione Europea nel 2007. Novità sostanziale nella tornata: il sistema elettorale adottato lo scorso marzo, che prevede il voto maggioritario a turno unico in collegi uninominali. A nominare il premier, sarà il presidente, Traian Basescu, a prescindere dal partito che vincerà.

    Inflazione: a picco in Eurolandia
    Avanza la crisi economica nel Vecchio Continente. L’inflazione della zona euro è precipitata a novembre al 2,1%. Una buona notizia per le famiglie europee, ma anche un chiaro riflesso del rallentamento dell’economia e del calo dei consumi. Cresce, intanto, la disoccupazione, arrivata al 7,7% in ottobre. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

      
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 334

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