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Sommario del 27/11/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Lo sgomento di Benedetto XVI per gli attentati a Mumbai: "si ponga fine a tutti gli atti di terrorismo"
  • La preoccupazione del Papa per il prolungarsi del sequestro delle due religiose italiane rapite in Kenya
  • Padre Lombardi: in corso contatti diplomatici per studiare la possibilità di un viaggio del Papa in Terra Santa
  • Udienze e nomine
  • Ad un anno dalla pubblicazione dell’Enciclica “Spe salvi”, la riflessione del vescovo Luigi Negri sulla speranza cristiana
  • Fame nel mondo: mons. Volante denuncia la resa di Stati e governi
  • Mons. Ravasi: Galileo, patrono ideale per un dialogo tra scienza e fede
  • Mons. De Paolis: annunciare Cristo non è imposizione né proselitismo ma proposta di libertà
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il Catholicos Aram I: il mondo ha bisogno della testimonianza comune dei cristiani
  • Taizé riunisce migliaia di giovani di tutto il mondo a Nairobi
  • Chiesa e Società

  • Aperto il primo Congresso Missionario nella storia del Pakistan
  • In Orissa almeno 118 morti dopo 3 mesi di violenze contro i cristiani
  • Migliaia di musulmani assediano una chiesa copta al Cairo
  • L’impegno della Caritas per il popolo palestinese
  • Convegno a Firenze sulla Terra Santa
  • Dichiarazione del presidente dell’episcopato colombiano sulla crisi sociale in Colombia
  • Alluvioni in Colombia, Brasile e Panama
  • Premio Van Thuan 2008: sarà consegnato il 10 dicembre a Cornelio Sommaruga
  • L’arcivescovo di Lusaka respinge gli attacchi contro la Chiesa
  • Vietnam: fasi conclusive del processo ad 8 cattolici
  • L’esortazione del nunzio apostolico in Australia: "tenete vivo lo spirito della GMG"
  • Taiwan: celebrato il V Congresso di Pastorale della popolazione indigena
  • Hong Kong: vocazioni sacerdotali in flessione negli ultimi venti anni
  • Mons. Duarte: "ogni persona umana è patrimonio dell'umanità"
  • Spagna: primo incontro dei vescovi Agostiniani Recolletti
  • Convegno nazionale a Roma degli incaricati diocesani per l’ecumenismo
  • Genova: "Cattedrale aperta" sui temi della laicità
  • I Paolini nella Basilica di San Paolo per la festa del beato Alberione
  • Cresce il numero di nuovi poveri in Italia
  • Al Regina Apostolorum da domani lo "Youth meeting"
  • Presentata a Roma la mostra dei “Cento presepi”
  • 24 Ore nel Mondo

  • Il parlamento iracheno approva il ritiro Usa. Nuovi attentati a Baghdad
  • Il Papa e la Santa Sede



    Lo sgomento di Benedetto XVI per gli attentati a Mumbai: "si ponga fine a tutti gli atti di terrorismo"

    ◊   Profondo cordoglio di Benedetto XVI per le vittime di una serie di terribili attentati a Mumbai in India che, ieri, hanno causato almeno cento morti ed oltre trecento feriti. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, indirizzato al cardinale arcivescovo di Bombay, Oswald Gracias, il Pontefice chiede che si “ponga fine a tutti gli atti di terrorismo, che offendono gravemente la famiglia umana e destabilizzano fortemente la pace e la solidarietà necessarie a costruire una civiltà degna della nobile vocazione dell’uomo ad amare Dio e il prossimo”. Il Papa esprime la sua “profonda preoccupazione” per l’escalation di violenza a Mumbai ed assicura la sua vicinanza a quanti sono stati colpiti da questi “attacchi brutali” di terrorismo. Il Santo Padre prega infine per le vittime e i loro famigliari implorando Dio di confortare i feriti e quanti piangono i propri cari. Per un aggiornamento sulla situazione nella metropoli indiana, il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Mumbai, la vecchia Bombay dei portoghesi e dei britannici, è stata scossa da una nuova ondata di violenza, dopo poco più di due anni dai sanguinosi attacchi ai treni dell’11 luglio del 2006. Sono stati attaccati diversi alberghi e i morti sono più di 100. Uomini armati - ha rivelato un testimone - hanno aperto una vera e propria caccia all'uomo contro “chiunque avesse un passaporto britannico o americano”. Gli inquirenti seguono la pista islamica: gli attacchi, infatti, sono stati rivendicati da un gruppo di Mujaheddin. Si tratta di un gruppo nato in Afghanistan soprattutto con l'obiettivo di combattere il regime filosovietico. Nel 1992, dopo la vittoria dei Talebani, questo gruppo ha focalizzato l'attenzione sul Kashmir, legandosi secondo diversi osservatori all'intelligence militare pachistana. La Comunità internazionale ha subito condannato gli attentati. Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha definito “inaccettabile” l'esplosione di violenza. Il presidente eletto degli Stati Uniti, Barack Obama, ha detto che “questi attacchi coordinati contro civili innocenti dimostrano la grave e urgente minaccia del terrorismo”. In India adesso, dopo gli attacchi compiuti da estremisti indù contro i cristiani e costati la vita ad almeno 118 persone, l’impegno assunto dal governo è di arginare questo nuovo drammatico fronte di violenza apertosi a Mumbai.
     
    E contro l’orrore scatenato dalla follia terroristica a Mumbai prendono posizione anche i vescovi cattolici dell’India. Si tratta di una delle “più sconvolgenti tragedie umane degli ultimi tempi”, si legge in una nota diffusa oggi dalla loro Conferenza episcopale (Cbci). Esprimendo cordoglio per le vittime e pregando per la pronta guarigione dei feriti, i presuli indiani lanciano un appello affinché gli ostaggi in mano ai terroristi “possano essere al più presto liberati”. Al microfono di Sergio Centofanti, è il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo metropolita di Bombay, a parlare dell’ondata di attentati che sta insanguinando la sua città:
     
    R. – Siamo tutti scioccati per quello che è accaduto: questi terroristi sono non solo contro il governo ma contro tutta la nazione indiana. Abbiamo avuto attacchi terroristici nel passato, ma mai di questo tipo. Ora dobbiamo restare uniti: tutte le religioni, tutta la gente deve restare unita, in questo momento, e combattere questa violenza.

     
    D. – Qual è l’azione dei cristiani in questo momento così difficile?

     
    R. – La prima cosa è la preghiera: preghiera per tutti e per la pace. La nazione indiana ha bisogno di pace, di una cultura di pace, di una cultura della non violenza, del messaggio di Cristo, che è messaggio di pace, di gioia e un messaggio di amore.
     
    Il 2008 si conferma uno degli anni più drammatici per la storia moderna dell'India: altre città sono state colpite, infatti, nel corso dell’anno, da attacchi sincronizzati che hanno fatto in totale più di 200 vittime. Ma perché l’India è presa di mira così spesso dal terrorismo internazionale? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Michelguglielmo Torri, docente di Storia dell’Asia all’Università di Torino:

    R. – Non credo che l’India sia vittima del terrorismo internazionale, credo piuttosto che sia vittima di forme di terrorismo che sono legate alle tensioni interne presenti nel Paese. In particolare, le tensioni presenti in India sono molteplici e sono legate, in parte, allo sviluppo economico in corso dall’inizio degli anni ’90, che è poi uno sviluppo che ha portato ad una crescita molto rapida dell’economia indiana; una crescita, però, che è andata a favore solo di un sesto della popolazione, mentre il resto della cittadinanza è stata lasciata da parte o addirittura è stata svantaggiata da questa crescita. Accanto a queste tensioni, legate allo sviluppo dell’economia, ci sono invece altre tensioni che sono legate alla situazione delle minoranze ed a quella musulmana, che è poi la più grande; una minoranza discriminata, che ha subito una serie di ingiustizie, che purtroppo non sono state rettificate attraverso l’uso di strumenti politici democratici. Credo, dunque, che questo sia ciò che ha portato, gradualmente, all’emergere di forme di terrorismo.

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    La preoccupazione del Papa per il prolungarsi del sequestro delle due religiose italiane rapite in Kenya

    ◊   Il Papa segue “con preoccupazione” il prolungarsi del sequestro delle due religiose italiane Suor Maria Teresa Olivero e Suor Caterina Giraudo, rapite oltre 15 giorni fa in Kenya, “dove sono note per il loro generoso impegno in favore dei più poveri”. Lo ha riferito il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Padre Federico Lombardi. Benedetto XVI – ha detto il portavoce vaticano – “è vicino nella preghiera alla sofferenza non solo delle due religiose rapite, ma anche dei familiari e del 'Movimento Contemplativo Missionario Padre de Foucauld' a cui appartengono. L’auspicio – ha concluso padre Lombardi - è che questa situazione dolorosa e gravemente ingiusta di cui sono vittime persone del tutto innocenti e benemerite possa risolversi al più presto”.

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    Padre Lombardi: in corso contatti diplomatici per studiare la possibilità di un viaggio del Papa in Terra Santa

    ◊   "Confermo che sono in corso contatti diplomatici per studiare la possibilità di un viaggio del Papa in Terra Santa nel corso dell'anno prossimo". Lo ha dichiarato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, in merito alla notizia di un viaggio annunciato come in programma per maggio 2009 dal quotidiano “Haaretz”, che parla di una visita "in Israele e nei territori palestinesi".

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    Udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza l’arcivescovo Emil Paul Tscherrig, nunzio apostolico in Svezia, Danimarca, Finlandia, Islanda e Norvegia. Successivamente, ha ricevuto un gruppo di vescovi del Cile in visita “ad Limina”.
    In Messico, il Papa ha nominato vescovo ausiliare di México il reverendo Florencio Armando Colín Cruz, finora Canonico effettivo nel Capitolo della Basilica di “Nuestra Señora de Guadalupe” e parroco della parrocchia di “Capucinas”, assegnandogli la sede titolare vescovile di Timida Regia.

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    Ad un anno dalla pubblicazione dell’Enciclica “Spe salvi”, la riflessione del vescovo Luigi Negri sulla speranza cristiana

    ◊   Un anno fa, il 30 novembre del 2007, la pubblicazione della “Spe Salvi”, seconda Enciclica di Benedetto XVI. Nel documento magisteriale, il Pontefice si sofferma sulla vera natura della speranza cristiana. Una speranza alimentata dalla fede nel Dio amore e che, proprio in ragione di questa origine, non è mai individualistica, ma sempre aperta al prossimo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

     
    Spe salvi facti sumus, “Nella Speranza siamo stati salvati”: Benedetto XVI prende spunto da un passo della Lettera di San Paolo ai Romani per sviluppare la sua riflessione sulla fisionomia della speranza cristiana. E sottolinea innanzitutto la sua stretta connessione con la fede. La speranza, spiega il Papa, è un dono capace di cambiare la vita di chi lo riceve. Ma in che cosa, dunque, consiste questa speranza? Ecco come Benedetto XVI ne delinea il tratto fondamentale nell’Angelus del 2 dicembre del 2007:

     
    “Consiste in sostanza nella conoscenza di Dio, nella scoperta del suo cuore di Padre buono e misericordioso. Gesù, con la sua morte in croce e la sua risurrezione, ci ha rivelato il suo volto, il volto di un Dio talmente grande nell’amore da comunicarci una speranza incrollabile, che nemmeno la morte può incrinare, perché la vita di chi si affida a questo Padre si apre sulla prospettiva dell’eterna beatitudine”.

     
    Una speranza “affidabile”, dunque, di cui l’uomo ha bisogno anche in un tempo segnato da un tumultuoso sviluppo tecnologico:

     
    “Lo sviluppo della scienza moderna ha confinato sempre più la fede e la speranza nella sfera privata e individuale, così che oggi appare in modo evidente, e talvolta drammatico, che l’uomo e il mondo hanno bisogno di Dio – del vero Dio! – altrimenti restano privi di speranza”.

    La scienza, riconosce il Santo Padre, “contribuisce molto al bene dell’umanità, - senza dubbio - ma non è in grado di redimerla”. L’uomo, avverte, “viene redento dall’amore, che rende buona e bella la vita personale e sociale”:

    “Per questo la grande speranza, quella piena e definitiva, è garantita da Dio, dal Dio che è l’amore, che in Gesù ci ha visitati e ci ha donato la vita, e in Lui tornerà alla fine dei tempi. E’ in Cristo che speriamo, è Lui che attendiamo!”

     
    La Speranza del cristiano, dunque, è in definitiva una Persona. Il Papa lo ribadisce ai Vespri di fine anno, il 31 dicembre 2007:

     
    “È Cristo la nostra speranza 'affidabile' ... Ma la nostra speranza è sempre essenzialmente anche speranza per gli altri, e soltanto così essa è veramente speranza anche per ciascuno di noi”.
     

    Per una riflessione sulla speranza cristiana e sul messaggio fondamentale consegnato dal Papa ai fedeli con l’Enciclica “Spe salvi”, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro:


    R. – La fisionomia fondamentale della speranza cristiana è la presenza di Cristo, cioè la vera speranza dell’uomo e del mondo. E’ una presenza obiettiva, concreta, storica, carnale. La speranza cristiana non ha nulla di quella astrazione e lontananza che ha caratterizzato ciclicamente le false forme di speranza su cui il Papa appunta alcune critiche sostanziali in una parte della Spe Salvi. La speranza cristiana è un evento, cui siamo chiamati a partecipare e vi partecipiamo vivamente. E’ un annuncio di straordinaria importanza, vorrei dire di straordinaria concretezza. In un mondo flagellato dal male, dalle ingiustizie e da situazioni incredibili di violenza, di disperazione, il Papa ha posto la speranza come un evento cui l’umanità di oggi, se vuole, può partecipare accogliendo nella fede la presenza di Cristo.

     
    D. – Ecco, lei faceva proprio cenno alle sofferenze che segnano la vita di così tanti uomini, pensiamo proprio - per guardare alla strettissima attualità - agli attentati in India, ma poi alla crisi economica, ai cataclismi naturali: l’uomo è portato – è sempre stato così – a chiedersi dove sia Dio in queste situazioni. In che cosa sperare, dunque, cosa dice un pastore ai suoi fedeli al riguardo?

     
    R. – Il Papa dice, e noi diciamo, che la verità, la bellezza, la giustizia esistono già nel mondo e tutto ciò è legato alla presenza di Cristo. Certo, è un legame, quello della fede con il Signore, che cambia la nostra vita e ci fa partecipare progressivamente della sua novità. E’ una certezza che nella fede incontra il male del mondo, incontra innanzitutto il male come una teoria sbagliata sull’uomo, e quindi una teoria sbagliata sui suoi ideali. Ecco, allora, che la speranza cristiana si è incontrata nella storia con una serie di speranze umane o mondane, che non solo non hanno dato una immagine adeguata dell’uomo, ma hanno realizzato un progressivo annichilimento dell’uomo. Ecco, noi dobbiamo avere la forza e il coraggio di rimettere al centro con tutta la sua inizialità, ma anche con tutta la sua definitività, questa novità, affidandola al cuore di Dio, affidandola alla libertà degli uomini, perché attraverso questa testimonianza si formi come un fattore controcorrente: un piccolo rivolo di una corrente di vita nuova e diversa che è già presente e che se Dio vuole potrà fermentare in modo positivo la vita della società in questo momento.

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    Fame nel mondo: mons. Volante denuncia la resa di Stati e governi

    ◊   Nel suo processo di riforma, annunciato di recente, la Fao dovrà sostenere la “funzione portante dell’agricoltura nei processi di sviluppo”, lavorando al fianco di Stati e governi per fronteggiare la dilagante crisi alimentare. E’ la visione della Santa Sede espressa per bocca del suo osservatore permanente presso l’agenzia Onu, l’arcivescovo Renato Volante, intervenuto nei giorni scorsi alla 35.ma sessione speciale della Conferenza della Fao. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    In uno scenario mondiale dominato, in molte zone povere del pianeta, dall’insicurezza alimentare, è il mondo rurale a dover essere tenuto in particolare riguardo dalla Fao e dai Paesi ricchi. I loro programmi di aiuto devono essere modulati o rimodulati in maniera da “proporre un ordinato equilibrio” tra sistemi di produzione innovativi e qualità dei beni prodotti, garantendo così sia la sicurezza alimentare sia la salute delle persone e degli ecosistemi. E’ la “visione ideale” proposta da mons. Renato Volante ai membri della Fao riuniti per la sessione speciale della Conferenza dell’agenzia, che a 63 anni dalla sua fondazione ha approvato nei giorni scorsi un piano di riforma da oltre 42 milioni di dollari.

     
    “Riformare la Fao - ha osservato il rappresentante vaticano - significa oggi condividere l’idea che la lotta contro la fame sia una questione determinata da molteplici fattori”. Tuttavia, ha proseguito, le strategie messe in campo spesso difettano di una “visione unitaria” che “metta al centro le esigenze della persona”, ma affrontano i problemi in modo settoriale. In questo modo, ha obiettato mons. Volante, si finisce per penalizzare proprio il settore agricolo in quelle aree - ha detto - dove “maggiormente gravano la povertà, il sottosviluppo e la denutrizione, nonché il degrado ambientale”. Inoltre, ha rimarcato il presule, pur avendo “presenti con largo anticipo i dati della produzione e della disponibilità nutrizionale delle varie aree” del pianeta, la gente che patisce la fame è cresciuta di numero. E questo, è stata la denuncia di mons. Volante, oltre a evidenziare in alcuni interventi la volontà di difendere solo interessi parziali, quando non addirittura “indifferenza”, mostrerebbe “governi, strutture, operatori internazionali” quasi in un atteggiamento di resa “di fronte alla fame e alla malnutrizione”.

     
    Richiamando dunque le autorità di ogni livello alla corresponsabilità e alla collaborazione con la Fao, perché “possa continuare a disporre di risorse”, e la Fao stessa alla sua ragion d’essere, ovvero di “organizzazione di persone a servizio di altre persone e dei loro diritti fondamentali”, mons. Volante ha posto all’attenzione le “due principali questioni” che, ha rilevato, “rappresentano il ‘nuovo’ che avanza” nel mondo rurale: la protezione degli ecosistemi agricoli dalle insidie dei mutamenti climatici - come la desertificazione o gli eventi alluvionali - e una “seria riflessione” sul ruolo crescente delle “nuove tecniche della lavorazione agricola”.

     
    La delegazione della Santa Sede, ha ribadito il presule, è “fermamente convinta che la struttura della Fao ed i suoi impegni conseguenti” debbano “sottolineare la funzione portante dell’agricoltura nei processi di sviluppo, promuovendo anzitutto non la semplice managerialità, ma criteri di gestione oculati e interventi realmente funzionali ai bisogni”. Il tutto, ha precisato mons. Volante, a vantaggio della “famiglia rurale”, che dal lavoro agricolo trae “nutrimento, occupazione e reddito”, e che soprattutto deve poter essere considerata come una protagonista di ciò che la riguarda: ovvero, ha concluso, “come soggetto economico in grado di manifestare una diretta partecipazione ai processi decisionali ed alle scelte produttive”.

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    Mons. Ravasi: Galileo, patrono ideale per un dialogo tra scienza e fede

    ◊   "Galileo Galilei era un uomo di scienza che coltivava con amore la sua fede e le sue profonde convinzioni religiose". Lo ha ricordato ieri il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, intervenendo al convegno “La Scienza 400 anni dopo Galileo Galilei”, organizzato dal Pontificio Consiglio della Cultura assieme a Finmeccanica, che ha così celebrato il suo 60.mo anniversario e l’imminente Anno dell’Astronomia. Il porporato ha sottolineato l’odierno divario tra gli sviluppi della ricerca scientifica e la disponibilità di metodi di valutazione etica adeguati. "Perciò s'impone – ha ricordato - un'attenta riflessione sulla natura, le finalità e i limiti della ricerca tecnica e scientifica". Dunque, un incontro per rinnovare il rapporto tra scienza e fede nel nome di Galileo, come spiega uno dei relatori, l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero vaticano per la Cultura, al microfono di Fabio Colagrande:
     
    R. – Io vorrei quasi usare questa espressione paradossale che l’ombra di Galileo può essere anche un’ombra luminosa, perché all’interno della sua ricerca è stato dato un contributo fondamentale per poter operare una distinzione tra i metodi propri della scienza e i metodi della teologia. Leggendo i suoi testi si vede chiaramente come Galileo offra un percorso anche alla teologia, perché sia capace di entrare nell’interno del suo orizzonte proprio e al tempo stesso si delinea l’ambito che è proprio della scienza. Quindi, una certa ombra deve ancora proiettarsi, ma in questo caso è un’ombra positiva, al di là del fatto che l’interpretazione della sua vicenda è passibile di prospettive diverse e quindi anche di echi differenti. Dopo tutto, non dimentichiamo mai che anche lo stesso Giovanni Paolo II ha riconosciuto in questo caso gli errori che sono stati compiuti in quel momento. E, dall’altra parte, però, bisogna dire che Galileo può diventare per certi versi anche ora il patrono ideale per un dialogo tra scienza e fede.

     
    D. – Proprio per permettere un rilancio di questo dialogo, la teologia chiede oggi alla scienza, alla filosofia, che le sia riconosciuta un’autorità intellettuale...

     
    R. – Questo è proprio un punto di partenza fondamentale, perché la teologia ha un suo percorso intellettuale che viene condotto con rigore, con delle caratteristiche proprie. Questo percorso intellettuale, naturalmente, ha anche una dimensione ulteriore, ma ha come base iniziale indubbiamente la ricerca con la ragione. “Intellectum valde ama”, invitava Agostino: "Ama profondamente l’intelligenza, quando tu devi ricercare Dio". Quindi, è necessario che la scienza guardi alla teologia, guardi anche all’arte, alla poesia come strade che hanno delle logiche proprie, ma che hanno una loro dignità e che permettono sia alla realtà dell’uomo, sia alla realtà del cosmo di avere un’interpretazione ulteriore rispetto a quella immediata e sperimentale che dà la scienza.

     
    D. – A quali condizioni oggi, mons. Ravasi, ci possono essere punti di interazione tra scienza e fede?

     
    R. – I punti di interazione sono sempre da cercare, dopo aver affermato chiaramente le proprie frontiere. Quindi è indispensabile che l’identità della scienza e l’identità della teologia siano reciprocamente riconosciute. Una volta operato questo, ci si accorge che però esistono dei punti di contatto. Noi teologi, come gli scienziati, abbiamo lo stesso oggetto nella ricerca, che può essere appunto la figura umana oppure può essere la realtà cosmica, naturalmente da prospettive differenti. Questo incontrarci sullo stesso oggetto fa sì che alcune volte abbiamo bisogno di ascoltarci reciprocamente. Dobbiamo anche riconoscere che possano anche scoccare qualche volta delle scintille ed è indispensabile che anche la dialettica faccia parte di questo dialogo.

     
    D. – Lei ha anche lanciato un appello in qualche modo ad evitare da entrambe le parti gli integrismi...

     
    R. – Perché alle spalle abbiamo, da un lato, in passato soprattutto, una certa teologia che usava dati scientifici con finalità di altro genere, quasi perimetrando il lavoro dello scienziato o finalizzandolo ai propri interessi. Dall’altra parte, abbiamo ancora, talora, alcuni scienziati i quali guardando la teologia la considerano quasi fosse una sorta di reperto del paleolitico intellettuale del passato. E tutto questo, evidentemente, deve ormai cessare.

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    Mons. De Paolis: annunciare Cristo non è imposizione né proselitismo ma proposta di libertà

    ◊   La natura missionaria della Chiesa nel Codice di Diritto Canonico: è il tema dibattuto oggi in un Convegno promosso dalla Pontificia Università Urbaniana, a Roma. Un’occasione preziosa di studio e di bilancio nel XXV anniversario dell’entrata in vigore del Codice di Diritto Canonico. Ad inaugurare i lavori è stato il cardinale Ivan Dias, prefetto delle Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; a seguire, la prolusione di mons. Velasio De Paolis, presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, che ha sottolineato l’importanza del Nuovo Codice per avere raccolto le istanze di missionarietà emerse dal Concilio Vaticano II. Ascoltiamolo al microfono di Roberta Gisotti:

    R. – Il Concilio ha sottolineato due aspetti della dimensione missionaria: la dimensione generale, costitutiva, che la Chiesa deve annunciare il Vangelo, e una dimensione specifica, che la Chiesa deve annunciare il Vangelo a coloro che non l’hanno ancora mai sentito. Il Concilio ha sottolineato sia l’una che l’altra dimensione, ma c’è stato un periodo di un certo oscuramento, affievolimento, quasi che la dimensione generale renda vana la dimensione specifica di annunciare il Vangelo cosiddetto “ad gentes”, cioè ai non credenti. Il Codice che viene dopo il Concilio, e che è l’ultimo documento del Concilio, invece, ha sottolineato ancora la validità di questi due aspetti.

     
    D. – Negli ultimi decenni, la missione “ad gentes” è stata qualche volta rimessa in discussione. A 25 anni dal Codice, come si pone la Chiesa su questo aspetto?

     
    R. – Questa dimensione è stata un po’ oscurata, come sotto tanti altri aspetti, per di più, in nome del Concilio; in realtà, come accennavamo, il Concilio, proprio nel decreto “ad gentes” sottolinea la necessità e l’importanza dell’annuncio a coloro che non l’hanno ricevuto. Però, questo annuncio, presuppone delle verità fondamentali della nostra fede, che alle volte sono dimenticate e che sono state richiamate dal Magistero: che Gesù è l’unico Salvatore del mondo, è l’unico mediatore della salvezza, che la Chiesa è la comunità voluta dal Signore a cui è affidato il compito della salvezza ed ha affidato ad essa anche i mezzi di questa salvezza, cioè l’annuncio della Parola, la realtà salvifica dei sacramenti e il ministero anche del servizio apostolico. Ora, bisogna recuperare precisamente questi presupposti, che sono il fondamento della nostra fede cristiana.

     
    D. – Che fare quando i missionari vengono accusati di fare del proselitismo in Paesi e in contesti religiosi che non accettano il proselitismo?

     
    R. – La parola proselitismo oggi viene intesa in modo peggiorativo ma in realtà proselitismo è una dimensione che appartiene a tutti ed è il principio della libertà, che tutti hanno di poter comunicare agli altri i valori nei quali credono. Anzi, se uno crede che questi valori di fatto sono interessati a tutti gli uomini e che tutti gli uomini possono trovare il senso della loro vita in questi valori - come è per il cristiano - è un dovere che abbiamo di annunciare; annunciare non è dominare ma è esprimere la propria gratitudine a Dio e, nello stesso tempo, la gioia di farlo conoscere anche ad altri. E’ un proporre, non è imporre.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Attacco al cuore dell'India: in evidenza, nell’informazione internazionale, gli attentati che hanno messo a ferro e fuoco Mumbai. Il telegramma di cordoglio del Papa.

    In cultura, la prefazione di Davide Rondoni al libro di André Pinet “La pala di Gand”, in cui viene presentato uno dei capolavori dell’arte fiamminga, il polittico dell’“Adorazione dell’agnello mistico” di Jan e Hubert Van Eyck.

    E il mito della razza andò a tappeto: Gaetano Vallini recensisce “Oltre la gloria” dello scrittore e giornalista David Margolick, che narra di un incontro di pugilato destinato a segnare un’epoca.

    Una lingua sospesa tra oriente e occidente: Italo Costante Fortino illustra l’atlante dialettologico albanese.

    Marilena Amerise sulle conclusioni del convegno, a Roma, “La scienza 400 anni dopo Galileo Galilei”. 

    Nell’informazione religiosa, Gianluca Biccini intervista Eric Jacquinet, nuovo responsabile della sezione giovani del Pontificio Consiglio per i Laici.

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    Oggi in Primo Piano



    Il Catholicos Aram I: il mondo ha bisogno della testimonianza comune dei cristiani

    ◊   La Chiesa armena e la Chiesa di Roma devono seguire la strada della stessa fede in Gesù Cristo per dare una comune risposta cristiana in un’epoca segnata da crisi umanitarie e da una marginalizzazione della spiritualità. E’ quanto ha detto il Catholicos della Chiesa armena apostolica di Cilicia, Aram I, intervenendo ieri alla conferenza stampa tenutasi nella sede della nostra emittente. C’era per noi Amedeo Lomonaco: i

    Il Catholicos armeno ha esortato i cristiani ad agire insieme per rispondere alle sfide attuali: “Viviamo in un mondo – ha detto – dove le Chiese non possono rimanere indifferenti o in silenzio di fronte ai problemi, alle crisi. Dobbiamo agire insieme”. Questo agire – ha proseguito – si basa su un comune patrimonio: “Le basi delle Chiese – ha spiegato Aram I - sono le stesse”. Le Chiese sono guidate “dalla stessa fede in Gesù Cristo, dalla stessa visione, testimonianza e missione”. E’ quindi prioritario rivitalizzare queste fondamenta comuni: "La rievagelizzazione delle comunità cristiane – ha osservato - è di vitale importanza" perché viviamo in un’epoca segnata “dalla marginalizzazione della tradizione e della spiritualità cristiane”. Il Vangelo – ha aggiunto – “deve penetrare in ogni famiglia, scuola e nella vita di ogni persona”. Aram I ha poi ricordato il dramma del massacro degli armeni compiuto dai turchi ottomani e avvenuto oltre 90 anni fa: “Il genocidio degli armeni – ha detto - è un fatto storico” che non ha bisogno di interpretazioni e definizioni. “Il suo riconoscimento – ha sottolineato Aram I - è importante per prevenire un nuovo genocidio”. Il Catholicos ha anche proposto di istituire una “Giornata di commemorazione dei comuni martiri cristiani” e aggiunto che “la celebrazione della Pasqua comune” sarebbe un “segno di unità visibile” delle Chiese. Rispondendo ad una domanda sul possibile ingresso della Turchia nell’Unione Europea, il Catholicos di Cilicia degli armeni ha affermato infine che l’Europa è una “comunità di valori” che si sommano nella morale cristiana e devono essere riconosciuti da chi aspiri ad entrarvi.

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    Taizé riunisce migliaia di giovani di tutto il mondo a Nairobi

    ◊   Sono migliaia i giovani giunti in queste ore a Nairobi, in Kenya, dove ieri si è aperto l’incontro internazionale organizzato dalla Comunità di Taizé sul tema “Condividere la speranza”. Tre i raduni che si sono svolti dal ’95 e voluti da Frère Roger per consentire alle nuove generazioni dei diversi continenti di conoscersi e di condividere le loro speranze. Alla Comunità di Taizé lo chiamano “pellegrinaggio di fiducia sulla terra”, ma quale l’obiettivo di questo appuntamento giovanile internazionale? Tiziana Campisi lo ha chiesto a frére Luc:

    R. – L’obiettivo è invitare i giovani ad ascoltare Dio, ad incontrarsi per fare un’esperienza personale di comunione con Dio, ma anche di universalità della Chiesa. Frère Roger già da molti anni ha imparato questo pellegrinaggio di fiducia sulla terra. Lo abbiamo celebrato in diversi continenti ed è molto importante raggiungere anche i giovani africani, per questo già da due anni abbiamo preparato questo incontro giovanile a Nairobi.

     
    D. – Quali frutti hanno dato in questi anni gli incontri?

     
    R. – I frutti sono diversi. Prima di tutto, è un’esperienza personale. Non è sempre possibile misurarla, ma è chiaro che per molti giovani aiuta ad avere una coscienza più profonda, più chiara della propria identità cristiana, della Chiesa come comunione universale e aiuta a portare avanti un impegno nella comunità locale. Questo impegno può svilupparsi in diversi modi. C’è anche un obiettivo concreto: aiutare i giovani a scoprire che la parrocchia può essere un luogo dove ognuno può contribuire sempre più alla costruzione della Chiesa come comunità.

     
    D. – Cosa significa per voi stare al fianco dei giovani?

     
    R. – Una sfida, una responsabilità molto bella e un regalo.

     
    D. - Ma come stanno vivendo i giovani queste giornate in Kenya? Ascoltiamo Mauro Grande, giunto a Nairobi da Vicenza:

     
    R. – Io in questo momento sono in un piccolo paese della savana. Taizé ci ha dato l’opportunità, perché è arrivato prima, di fare un pre-meeting. Io sono stato mandato in una comunità di marianisti, che è una comunità religiosa, nella casa degli aspiranti, e quindi ho convissuto un po’ con loro. Seguivo uno dei ragazzi in uno slum, chiamato Mucuro, uno dei tanti slum presenti qui a Nairobi. E devo dire che è stata un’esperienza molto forte. A me sembra che qui ci sia proprio una netta differenza tra la città, considerata riferimento di ricchezza, e la periferia che è in un estremo degrado.

     
    D. – Quale realtà vivono i giovani in Kenya?

     
    R. – Credo che bisogna approcciarsi a queste diverse culture proprio con un’ottica di apertura, perchè spesso si è portati a fare un confronto diretto, quando credo invece che non ci siano da fare troppi confronti, ma ci sia soltanto da condividere e da integrare. I giovani che ho incontrato sono giovani come me, come tanti altri, che cercano nella loro dimensione di vivere una relazione con le persone e dei progetti con i ragazzi più giovani, e hanno le loro chiese, i loro oratori, hanno i loro laboratori per i giovani e poi cercano di portare avanti dei progetti proprio per mantenere viva l’idea che ci sia un percorso da fare per avere un’identità nel tempo.

     
    D. – Quando tornerai alla tua vita quotidiana, quale bagaglio porterai con te?

     
    R. – In queste ore quello che mi sto dicendo è che un po’ mi vergogno di vedere che esistono al mondo ancora realtà così degradate. Credo di portare l’idea che bisogna rimboccarsi le maniche ancor di più per cercare di sostenere un benessere per tutti, equo e solidale.

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    Chiesa e Società



    Aperto il primo Congresso Missionario nella storia del Pakistan

    ◊   E’ un evento storico per la Chiesa pakistana: si è aperto a Karachi il primo Congresso Missionario nazionale nella storia del paese. Come riferisce all’Agenzia Fides padre Mario Rodriguez, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie del Pakistan e organizzatore del Congresso, 210 delegati prendono parte all’evento, centrato sul tema “Raccontare la storia di Gesù in Pakistan”, che fa eco al titolo del Congresso Missionario Asiatico celebrato in Thailandia nel 2006. Fra i presenti all’assemblea, che si concluderà sabato prossimo, vi sono vescovi, teologi, sacerdoti, religiosi, laici, insegnanti e leader dei movimenti ecclesiali provenienti da tutte le diocesi del Pakistan: l’intera comunità cattolica intende verificare la propria missionarietà e lanciare le strategie per il futuro dell’evangelizzazione nel paese. Vi partecipano anche alcuni ospiti musulmani, invitati in qualità di osservatori per rafforzare le buone relazioni con la comunità islamica locale, con la prospettiva di rompere i pregiudizi e contribuire a un dialogo costruttivo fra comunità religiose diverse. La Celebrazione eucaristica inaugurale si è tenuta nella cattedrale di Karachi, ed è stata presieduta da mons. Evarist Pinto, arcivescovo di Karachi, alla presenza dell’Incaricato di Affari della nunziatura apostolica in Pakistan, Padre Josè Luis Diaz Mariblanca Sanchez. Nella sua omelia l’arcivescovo ha espresso la gioia personale e di tutta la diocesi nell’ospitare il Congresso e ha affermato: “Ogni fedele in Pakistan è chiamato a raccontare la storia di Gesù in ogni momento e in ogni luogo: in famiglia, al lavoro, a scuola”. “Non esitate a mostrarvi discepoli di Cristo!”, ha aggiunto mons. Pinto, esortando i delegati a diventare protagonisti della missione della Chiesa nelle rispettive comunità di appartenenza. Dopo la Santa Messa, i lavori del Congresso si sono aperti con un messaggio inviato da Benedetto XVI, “fiducioso che, tramite la preghiera e il confronto, i partecipanti potranno trovare modi efficaci per raccontare la storia di Gesù” nel paese, inviando al Congresso la sua benedizione apostolica. I delegati hanno sottolineato che l’incontro, e tutta l’opera missionaria della Chiesa, mira a far crescere l’amore, l’armonia, la giustizia e la comunione fra individui e comunità in Pakistan. (R.P.)

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    In Orissa almeno 118 morti dopo 3 mesi di violenze contro i cristiani

    ◊   Sono 118 i morti accertati, ma si teme che le vittime siano almeno 500. Oltre 54 mila sono gli sfollati. E’ quanto rende noto All India Christian Council (Aicc) aggiungendo che 315 villaggi hanno subito gravi attacchi. Sono inoltre 4640 le case di cristiani bruciate e 149 le chiese distrutte. Padre Parichha, presidente di All India Christian Council per l’Orissa, ricorda anche che ad oltre 34 mila persone ospitate nei campi profughi è stato chiesto di tornare nei loro villaggi. Ma la situazione – ha fatto notare il sacerdote, le cui parole sono state riprese dall’agenzia AsiaNews – resta ancora drammatica. Il presidente nazionale di All India Christian Council Joseph D’souza denuncia infine la mancanza di un’effettiva giustizia in Orissa e nel Karnataka.  Secondo la Christian Legal Association of India nei 3 mesi sono state presentate oltre 1.800 denunce per omicidi, aggressioni, danni e incendi. Ci sono stati centinaia di arresti, ma quasi tutti sono stati subito rilasciati su cauzione. Il governo dell’Orissa ha promesso una giustizia celere, ma le indagini proseguono con lentezza. (A.L.)

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    Migliaia di musulmani assediano una chiesa copta al Cairo

    ◊   Alcune migliaia di musulmani domenica scorsa hanno preso d’assalto la chiesa copta della Vergine Maria a West Ain Shams, nei sobborghi del Cairo. All’interno della chiesa sono rimasti asserragliati 800 fedeli che partecipavano alla prima Messa. I manifestanti hanno assediato l’edificio nel giorno dell’inaugurazione. Si tratta di un ennesimo atto di violenza verso i cristiani. I copti sono la principale minoranza religiosa che vive in Egitto e rappresentano il 15% della popolazione su un totale di 80milioni di abitanti circa. Negli ultimi 30 anni la stima dei fedeli rimasti uccisi o feriti in attacchi si aggira attorno alle 4mila vittime. Nel corso del 2008 si contano decine di avvenimenti simili a quello accorso alla comunità del sobborgo del Cairo. Interpellato da AsiaNews, padre Milad Sidky Zakhary, direttore dell’Istituto cattolico di scienze religiose del Cairo, spiega: “Il problema è che non vengono date facilmente autorizzazioni legali ai cristiani per costruire chiese. Capita spesso che comunità o gruppi siano costretti a ritrovarsi in case o edifici privati per adempiere il precetto domenicale. Se qualcuno li scopre non denuncia il fatto né lo notifica alle autorità come potrebbe, ma attacca direttamente i fedeli”. Secondo quanto afferma Voice of the Copts, associazione di cristiani copti con base in Italia e negli Usa, i manifestanti che hanno attaccato la chiesa erano 10mila circa. Altre fonti locali parlano di 20mila persone e riportano che, con il sopraggiungere della polizia, la folla si è diretta verso negozi e proprietà di cristiani nelle vicinanze agitando bastoni e scandendo incitamenti al jihad. I resoconti riportano le notizie di due auto bruciate e di cinque feriti oltre che di danni alla chiesa appena consacrata. (R.P.)

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    L’impegno della Caritas per il popolo palestinese

    ◊   “La creazione di uno Stato palestinese e la fine del ciclo di violenza in Terra Santa”. È l’auspicio espresso in vista della Giornata internazionale dell'ONU di Solidarietà con il popolo palestinese, che ricade il 29 novembre, da Caritas Internationalis che invita ad “un momento di riflessione su come riallacciare il processo di pace in Terra Santa”. In un comunicato inviato a Zenit la Caritas esorta l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ad aumentare gli sforzi per promuovere la pace e migliorare il monitoraggio in loco. “Senza un sostanziale impegno per affrontare le ben note cause di questa lotta per uno Stato indipendente, la vita dei palestinesi rimane prigioniera, ridotta alla sua sopravvivenza angosciata, a livello sia mentale che fisico”, sostiene la Caritas. “I diritti inalienabili del popolo palestinese sono definiti per legge come diritto all'autodeterminazione, all'indipendenza nazionale e alla sovranità – si legge ancora nella nota-. Sono parte integrale della lunga ricerca per una sistemazione davvero globale, giusta e durevole del conflitto israelo-palestinese”. Le conseguenze di questo fallimento, spiega la Caritas, “sono chiare per i palestinesi” e si notano soprattutto nell'“eccezionale miseria di 1,5 milioni di persone a Gaza. Grave scarsità di cibo, acqua, combustibile, elettricità e medicinali a causa del blocco di Gaza hanno approfondito la crisi umanitaria”. Allo stesso modo, “le conseguenze sono chiare anche per tutti i popoli della Terra Santa, siano essi ebrei, cristiani o musulmani, intrappolati in un ciclo di violenza, e per l'intera regione mediorientale”. Caritas Internationalis è quindi solidale con Caritas Gerusalemme e i suoi partner, “che hanno ripetutamente risparmiato per affrontare i bisogni umani quotidiani nei territori palestinesi occupati – cercando anche di raggiungere la pace necessaria tra israeliani e palestinesi”. Caritas Gerusalemme lavora con altre organizzazioni Caritas e con partner internazionali per aiutare i malati e i vulnerabili, ad esempio portando medici a Gaza per effettuare operazioni a un costo accessibile e inviando cibo e medicinali ai bisognosi. Si occupa anche di assistenza educativa e di programmi di sostegno alle famiglie, ottiene apparecchiature di riabilitazione per le persone ferite nelle azioni militari e valuta le necessità nella West Bank e a Gaza. (M.G.)

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    Convegno a Firenze sulla Terra Santa

    ◊   In occasione della Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese, Pax Christi promuove il convegno dal titolo “Terra Santa, terra ferita: dalla memoria alla profezia”. Le Chiese e i popoli che vivono in Terra Santa soffrono oggi profondamente oltre che per le conseguenze di un conflitto infinito, anche per l’abbandono nel quale vengono lasciati, per il dover portare da soli il peso insopportabile di una memoria ferita e lacerata. Il convegno, che si terrà sabato a Firenze, intende anche promuovere un’occasione di analisi sulle pagine più trascurate della storia di ieri e dei nodi fondamentali da sciogliere affinché si giunga, oggi, ad effettivi e duraturi spiragli di pace. Il ricordare diventa, in particolare, memoria viva e feconda, occasione di acquisizione di consapevolezza di quanto la storia e l’oggi ci consegnano. La profezia si fa sguardo posato sulle concrete possibilità di condivisione e riconciliazione che i due popoli, israeliano e palestinese, non hanno mai smesso di attivare congiuntamente. La Caritas Italiana, che collabora e partecipa al convegno, intende rilanciare percorsi di condivisione e comunione con le comunità cristiane, dal patriarcato Latino alle parrocchie. La Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese, indetta dall’ONU, si tiene dal 1977. (A.L.)

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    Dichiarazione del presidente dell’episcopato colombiano sulla crisi sociale in Colombia

    ◊   Invitiamo tutte le forze del Paese affinché, “lasciando da parte ciò che ci porta allo scontro e ci divide, si possa insieme cercare il bene comune dei colombiani, soprattutto dei più poveri e indifesi” e rendere possibile “la costruzione di una società più giusta, fraterna, solidale e pacificata”. È l’accorato auspicio dei vescovi colombiani espresso ieri, in una dichiarazione a firma dell’arcivescovo di Barranquilla e Presidente della Conferenza episcopale mons. Rubén Salazar Gómez. Il documento è stato reso pubblico con riferimento alla grave crisi sociale provocata nel Paese dopo il crollo delle cosiddette “piramidi”, cioè le società finanziarie che hanno operato senza controlli e con scopi speculativi. Con l’amore di pastori - prosegue mons. Salazar Gómez – “noi vogliamo accompagnare tutte le persone che in queste terribili circostanze “hanno perso i loro beni e risparmi; comprendiamo il loro dolore e la loro angoscia. Invitiamo ciascuno a cercare con coraggio, ma sempre usando la prudenza e rispettando la legge, di farsi restituire ciò che hanno perso”. “Vogliamo denunciare con chiarezza – sottolineano i vescovi - il fatto che questi eventi mostrano, ancora una volta, la situazione di patologia morale che vive la nostra patria; realtà causata dal degrado del costume sociale, causa ed effetto di circolo vizioso”. Tale dinamica, secondo i presuli della Colombia, è alimentata dalla “violenza generalizzata e dall’ingiustizia che corrode tutti gli ambiti della vita nazionale”. E’ alimentata anche “dalla corruzione arrogante, dalla mala politica che ha impedito l’edificazione di una nazione ordinata e pacifica, dalla ricerca spasmodica del denaro facile e, infine, dall’onnipresente azione deleteria del crimine, specialmente il narcotraffico, il contrabbando e la delinquenza organizzata”. Secondo l’episcopato colombiano questa “malattia morale provoca un numero sempre crescente di vittime. Nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di persone “senza nessuna protezione di fronte alle forze che distruggono la loro dignità”. Ricordando che domenica prossima è l’inizio dell’Avvento, i vescovi sottolineano che “ci prepariamo a celebrare il mistero dell’amore infinito di Dio verso gli uomini, manifestato nel suo Figlio Gesù, che nel seno di Maria Vergine si è fatto uno di noi”. È il momento, dunque, “di accogliere quest’amore misericordioso – conclude il comunicato – e rinnovare così le forze e l’entusiasmo necessario in favore del bene comune e fare della Colombia una vera patria per tutti”. (A cura di Luis Badilla)

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    Alluvioni in Colombia, Brasile e Panama

    ◊   34 morti, 9 dispersi e 76 feriti è il bilancio delle vittime causate dalle alluvioni che hanno colpito la Colombia. Il dipartimento più colpito, secondo la protezione civile, è quello di Antioquia, nel nordest del Paese, con 15 morti; gli altri 19 decessi sono avvenuti in nove dipartimenti del nord, del centro e del sudest. Le piogge e le alluvioni hanno interessato nel complesso oltre mezzo milione di persone in 26 dei 32 dipartimenti colombiani. Il maltempo ha inoltre aggravato la situazione nel comune di Belalcazal rimasto isolato dopo due valanghe avvenute la scorsa settimana in seguito all’eruzione del vulcano Nevado del Huila. Intanto - si legge in una nota dell'agenzia Misna - la pioggia e l’impraticabilità delle strade continuano ad impedire l’arrivo dei soccorsi. Continua l’emergenza anche in Brasile: è salito a 72 morti accertati, 30 dispersi e 55.000 persone sfollate il bilancio provocato dalle alluvioni in diverse cittadine dello Stato di Santa Caterina. Massima allerta anche a Panama, dove il governo ha definito “grave” la situazione nella provincia di Bocas Toro: le persone colpite a vario titolo dalle alluvioni sono 30.000: quattro le vittime provocate da alcuni smottamenti del terreno nella zona di Chiriqui.(F.A.)

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    Premio Van Thuan 2008: sarà consegnato il 10 dicembre a Cornelio Sommaruga

    ◊   Sarà consegnato nell´Aula Paolo VI, in Vaticano, il 10 dicembre, a 60 anni della Dichiarazione universale dei diritti dell´uomo, da parte del cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, il Premio cardinale François-Xavier Nguyên Van Thuân, conferito dalla Fondazione San Matteo a persone e istituzioni distintisi per l´applicazione della solidarietà e della dottrina sociale della Chiesa. A ricevere il "Premio cardinale Van Thuan 2008" - riferisce l'agenzia Sir - sarà Cornelio Sommaruga, già presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa dal 1987 al 1999. Due sacerdoti e due istituzioni riceveranno il Premio cardinale Van Thuân "Solidarietà e Sviluppo 2008": il sacerdote argentino Pedro Opeka, autore del progetto Akamasoa per dare alloggio ai senzatetto di Tananarivo, in Madagascar, e padre José Raúl Matte, sacerdote camilliano e medico che si dedica all´assistenza dei lebbrosi in Amazzonia. Verranno premiati anche il progetto Gulunap, Facoltà di Medicina a Gulu (Uganda del Nord) in collaborazione con l´Università Federico II di Napoli, e il progetto "Gruppo Ercolini-Villaggio degli Ercolini", per l´integrazione socio-culturale dei giovani rom a Roma. La Fondazione San Matteo, in memoria del cardinale Van Thuân morto nel 2002 a 74 anni, promuove iniziative che incoraggino la presenza della Chiesa cattolica in vari ambiti della società. (R.P.)

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    L’arcivescovo di Lusaka respinge gli attacchi contro la Chiesa

    ◊   In Zambia si alzano i toni degli attacchi a padre Franck Bwalya, il direttore della popolare emittente “Radio Icengelo” della diocesi di Ndola arrestato il 12 novembre con l’accusa di avere trasmesso commenti faziosi contro il vincitore delle elezioni presidenziali del 30 ottobre, Rupiah Banda. A queste accuse si è aggiunta in questi giorni quella ancora più infamante rivolta dal Ministro della Provincia Meridionale dello Zambia Daniel Mokombwe di avere voluto “fomentare il genocidio” nel Paese. Accuse respinte con forza dall’arcivescovo di Lusaka mons. Telesphore Mpundu che, a nome dell’episcopato, ha definito le affermazioni del ministro “inaccettabili e incresciose”. “Noi – ha detto il presule ripreso dal quotidiano zambiano “The Post” - non perpetriamo il genocidio, siamo agenti di giustizia e ci sforziamo di promuoverla. La missione della Chiesa è di riconciliare e di garantire che il popolo venga prima di tutto”, ha aggiunto mons. Mpundu, ricordando che la Chiesa in Zambia non è nuova a questo genere di attacchi. Il processo contro padre Bwalya inizia giovedì. Il sacerdote è imputato di avere denunciato nelle sue trasmissioni, frodi elettorali e definito l’elezione del presidente Banda illegittima, istigando tensioni sociali. Le sue analisi sul voto gli hanno attirato in queste settimane gli attacchi di diversi esponenti del partito di maggioranza. Riserve sullo svolgimento delle elezioni del 30 ottobre, vinte di stretta misura da Banda, sono state espresse anche dalla Conferenza episcopale (ZEC) che in una recente nota si era detta preoccupata della polarizzazione del clima politico nel Paese. (L.Z.)

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    Vietnam: fasi conclusive del processo ad 8 cattolici

    ◊   Non possono neppure incontrare il loro avvocato due degli otto cattolici che il 5 dicembre saranno processati per la vicenda del terreno della parrocchia di Thai Ha. A denunciarlo è lo stesso legale, Le Tran Luat. Secondo l’avvocato gli imputati non saranno assolti, anche se innocenti. “Mi è stato negato il permesso di visitare i miei clienti”, ha detto il legale. “I prigionieri – ha precisato - sono sempre spinti a rifiutare ogni contatto”. Gli imputati sono accusati di aver abbattuto illegalmente un tratto di muro del complesso parrocchiale di Thai Ha. Ma il muro – ha affermato l’avvocato, le cui parole sono state riprese da Asianews – “era stato costruito illegalmente sul loro terreno ed avevano il diritto di abbatterlo”. “Non possono essere accusati – ha fatto notare - di aver danneggiato una proprietà statale”. Il processo contro gli otto cattolici sta suscitando reazioni a livello internazionale: da Sydney la Federazione dei media cattolici vietnamiti ha diffuso un documento nel quale si chiede la fine della “campagna della stampa governativa contro i cattolici”. (A.L.)

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    L’esortazione del nunzio apostolico in Australia: "tenete vivo lo spirito della GMG"

    ◊   “La Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney è stata un grande momento di grazia. E’ ora molto importante che lo spirito della GMG resti vivo attraverso iniziative appropriate e creative, mirate a promuovere e rinnovare la Pastorale giovanile in Australia”: è quanto ha detto ai giovani australiani mons. Giuseppe Lazzarotto, Nunzio Apostolico in Australia, nel suo intervento all’apertura dell’Assemblea Plenaria dei vescovi australiani, apertasi a Sydney. Il nunzio – riferisce AsiaNews - ha nuovamente espresso la gratitudine del Santo Padre e l’apprezzamento per l’impegno profuso dalla Chiesa australiana nel preparare, condurre e realizzare un evento di caratura mondiale come la GMG, che ha dato un notevole impulso alla Pastorale giovanile specialmente in tutti i Paesi dell’Oceania. Il nunzio ha ricordato il caloroso benvenuto offerto ai giovani pellegrini giunti dall’estero e l’assistenza offerta loro durante le splendide giornate di Sydney. Sulla GMG e su altri temi si confronteranno i vescovi australiani, riuniti fino a domani in Assemblea plenaria, presieduta da mons. Philip Wilson, arcivescovo di Adelaide e presidente della Conferenza Episcopale. Sono presenti all’incontro 44 vescovi delle 32 diocesi dell’Australia che, divisi in 12 commissioni, parleranno anche dei rapporti con la comunità aborigena, della situazione dell’istruzione cattolica, della vita pastorale, del rapporto tra fede e missione. (A.L.)

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    Taiwan: celebrato il V Congresso di Pastorale della popolazione indigena

    ◊   L’evangelizzazione della Chiesa nelle zone indigene secondo i criteri della Giustizia e della Pace è stato il tema del V° Congresso di Pastorale della popolazione indigena organizzato dalla commissione per la Pastorale degli indigeni della Conferenza episcopale regionale di Taiwan. Più di 120 rappresentanti di diverse comunità hanno preso parte all’incontro di tre giorni, discutendo insieme argomenti come “le difficoltà della popolazione cattolica indigena”, “auto-sufficienza ed auto-assistenza delle tribù indigene”, “giustizia, pace e assistenza sociale”, “dialogo tra cattolici e protestanti”. Oltre a mons. John B. Tseng, ausiliare di Hwalien, che è il presidente della commissione, - riferisce l'agenzia Fides - hanno partecipato al Congresso portando il loro contributo i vescovi delle diocesi di Hsinchu e di Taichung. La Chiesa di Taiwan ha sempre dato particolare importanza alla pastorale degli indigeni, che rappresentano oltre un terzo dei cattolici taiwanesi. Nel recente messaggio per la Giornata di preghiera per gli indigeni, celebrata ad agosto in tutte le diocesi di Taiwan, i vescovi dell'isola hanno ricordato ai fedeli che “la preghiera e le offerte per gli indigeni dimostrano che siamo una sola cosa”. La commissione per la Pastorale degli indigeni della Conferenza episcopale di Taiwan, creata 9 anni fa dalla stessa Conferenza, organizza un Congresso Pastorale della popolazione indigena ogni due anni. L’obiettivo della Commissione è di rispondere alle esigenze pastorali e missionarie degli indigeni. (R.P.)

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    Hong Kong: vocazioni sacerdotali in flessione negli ultimi venti anni

    ◊   A Hong Kong le vocazioni sacerdotali sono da qualche anno in flessione. Lo hanno confermato all’agenzia Ucan alcuni esponenti della Chiesa locale intervistati in occasione della recente ordinazione di tre nuovi sacerdoti nella diocesi. Negli ultimi venti anni sono stati ordinati appena 18 sacerdoti e attualmente solo un seminarista diocesano sta compiendo gli studi finali di teologia. Altri nove sono nella fase iniziale dei loro studi. Secondo padre Benedict Lam Cho-ming, vice-rettore del seminario dello Spirito Santo di Hong Kong, il declino delle vocazioni nella diocesi non ha ancora assunto dimensioni drammatiche, ma nel lungo termine potrebbe farsi sentire se non si affronta il problema per tempo. Il direttore spirituale del seminario padre Pierre Lam Minh indica tra le cause del fenomeno i cambiamenti demografici e un’inadeguata formazione alla fede dei giovani. Molte famiglie – ha detto - hanno un solo figlio e questo fa sì che i genitori siano poco inclini ad incoraggiarlo a diventare sacerdote. Un giudizio condiviso da padre Fung, vice-parroco della parrocchia Stella Maris secondo il quale anche i parroci hanno la loro parte di responsabilità, perché non dimostrano una grande disponibilità all’ascolto dei fedeli. (L.Z.)

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    Mons. Duarte: "ogni persona umana è patrimonio dell'umanità"

    ◊   Qualunque analisi etica che si lasci trasportare dalla visione utilitaristica tende a trasformare la persona umana in un mero oggetto, ha affermato il vescovo ausiliare di Rio de Janeiro, monsignor Antonio Augusto Dias Duarte. Parlando ieri al congresso internazionale “Persona, cultura della vita e cultura della morte”, in svolgimento a Itaici (Indaiatuba, San Paolo), il presule, che è anche medico, ha sottolineato che la Chiesa, contro la visione utilitaristica, nelle sue analisi bioetiche “fa sì che brilli lo splendore della verità sulla persona”. “Lo splendore della verità ci fa inquadrare una realtà, dell'inizio e della fine”, ha spiegato. “Non si tratta solo di scoprire la verità su chi è l'uomo, ma di capire dove va”. Nel cammino della piena realizzazione della sua umanità, l'uomo deve basarsi su “atti eticamente veri”, perché solo questi realizzano la persona. “Atti intrinsecamente negativi frustrano la persona umana”. Il presule ha quindi sottolineato l'importanza di giudizi prudenti della coscienza umana. “La cultura della morte è frutto della falsa prudenza, la cultura della vita è frutto della prudenza vera”. “Di fronte a due mali, quale devo scegliere?”, ha chiesto. “E' preferibile la privazione di beni secondari al perdere un bene fondamentale”, è stata la sua risposta. “E' preferibile che una persona continui ad essere malata piuttosto che uccidere una persona per curarla; è preferibile che una persona rimanga sulla sedia a rotelle piuttosto che rialzarla dopo aver ucciso un'enorme quantità di persone nel loro stadio embrionale”. Monsignor Duarte - riferisce l'agenzia Zenit - ha proseguito spiegando che “è preferibile prendersi cura di una persona allo stadio terminale piuttosto che anticipare la sua morte, provocandola direttamente per utilizzo di sostanze o mediante la sospensione delle cure palliative normali; è preferibile non solo per la persona, ma anche per la famiglia, lasciar nascere un bambino anencefalico piuttosto che 'interrompere la gravidanza', privandolo della vita, di ore o di giorni, nel clima familiare di amore e sacrifici reciproci e di dedizione”. (R.P.)

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    Spagna: primo incontro dei vescovi Agostiniani Recolletti

    ◊   Da martedì scorso e fino a domenica prossima, presso il monastero di San Millán di Yuso, a La Rioja, in Spagna, si celebra il primo Incontro dei vescovi Agostiniani Recolletti, presieduto dal cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, che da lungo tempo è vicino alla vita ed all’attività degli Agostiniani Recolletti. Attualmente sono 20 i vescovi appartenenti a questo Ordine in 9 Paesi dell’America e dell’Asia, 14 dei quali partecipano all’incontro. L’iniziativa - riferisce l'agenzia Fides - ricade nell’ambito delle celebrazioni commemorative dei 100 anni del Capitolo celebrato dagli Agostiniani Recolletti a San Millán della Cogolla, evento che determinò il fine apostolico della congregazione, diede un impulso definitivo alle missioni e favorì il potenziamento degli studi, in particolar modo di quelli su Sant’Agostino. Per commemorare lo storico incontro, l’Ordine ha organizzato diverse attività nel monastero di San Millán che proseguiranno fino al 6 dicembre. L’Ordine degli Agostiniani Recolletti è stato fondato il 5 dicembre 1588 a Talavera della Regina, Toledo, in Spagna. Attualmente, conta circa 1.200 religiosi distribuiti in 205 comunità in tutto il mondo. Sono presenti in 19 Paesi, in particolare in Spagna, nelle Filippine e nel continente americano. Curano più di 200 parrocchie, una cinquantina di centri educativi ed universitari, oltre ad 8 territori di missione in Africa, America ed Asia. (R.P.)

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    Convegno nazionale a Roma degli incaricati diocesani per l’ecumenismo

    ◊   “Il dialogo ecumenico e quello tra le religioni sono ineluttabili. Ma occorre saper distinguere tra dialogo e dialogo. Perché la confusione genera solo fallimenti”. Mons. Vincenzo Paglia ha concluso così, questa mattina, il Convegno nazionale degli incaricati diocesani per l’ecumenismo, organizzato dalla Cei. “Una tre giorni – ha sintetizzato il vescovo di Terni-Narni-Amelia – che ci ha fatto toccare con mano la varietà dei dialoghi possibili e ce ne ha spiegato le differenze”. Il presule ha messo l’accento soprattutto sul dialogo dell’amore, che – ha sottolineato – “sostiene tutti gli altri”. E dialogo dell’amore, ha aggiunto, non significa solo “mettersi d’accordo su alcune cose da fare insieme, ma conoscersi, incontrarsi, prendersi cura gli uni dei problemi degli altri”. Perciò, rivolgendosi, agli incaricati diocesani, li ha esortati ad essere “sentinelle attente di tutto ciò che unisce”. Nell’ultima mattinata di lavori sono intervenuti anche il vescovo indiano Felix Machado e quello iracheno Louis Sako, che hanno portato in aula gli echi dei drammi delle loro terre. Esplicito il riferimento all’attentato di Mumbai: “Obiettivo dei terroristi – ha detto mons. Machado – è sempre quello di mettere in ginocchio un Paese. Preghiamo perché si fermi la catena della violenza”. (A cura di Mimmo Muolo)

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    Genova: "Cattedrale aperta" sui temi della laicità

    ◊   “Quello della laicità è un tema ricorrente sul quale è necessario fare la maggior chiarezza possibile per un corretto rapporto tra la dimensione della fede e la vita civile”: lo ha affermato ieri sera in cattedrale, l'arcivescovo di Genova e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, presentando l'iniziativa “Cattedrale aperta”, il ciclo di tre incontri sul tema “Laicità, significati e prospettive”. “La nostra cattedrale vuol sempre essere aperta a tutti indistintamente - ha detto il cardinale Bagnasco ripreso dall'agenzia Sir - ma in particolare in questi tre momenti di riflessione su un argomento di particolarissima attualità”. Relatori del primo incontro nel duomo di San Lorenzo sono stati i docenti universitari Francesco D'Agostino ed Ernesto Galli della Loggia; moderatore il direttore di Avvenire, Dino Boffo. Gremito, per l'occasione, il duomo di San Lorenzo. Oltre mille persone, tra cui il prefetto di Genova, Annamaria Cancellieri, autorità civili e militari. Per Ernesto Galli Della Loggia, docente di storia contemporanea ed editorialista, nella nostra società “postmoderna” la laicità “tende a diventare la negazione del rilievo storico della religione e la sua delegittimazione: Il fondamento della laicità – ha affermato Della Loggia - deriva dall'annuncio cristiano” e “dall'affermazione dell'esercizio separato dei due poteri”, quello civile e religioso. Con il passaggio dalla modernità alla post-modernità si sono verificati due cambiamenti. Sul piano “sociale” è finita “l’idea che l’individuo si costruisce intorno a dei valori”. Nella società post-moderna “gli individui iniziano a costruirsi intorno al consumo di oggetti, beni, estrinseci”. La seconda conseguenza “è la trasformazione della scienza in tecnoscienza”. “La scienza – ha continuato - non ha più l'obiettivo di conoscere, ma di creare, e va in diretta competizione con il racconto cristiano della creazione”. “La laicità, in questo contesto - ha concluso Galli Della Loggia -, non è più il problema del confine tra sfera civile e religiosa” ma coincide con il “tentativo di espellere la religione dallo spazio pubblico”. “Se il cristianesimo tradisce l’idea di laicità – ha affermato Francesco D'Agostino, docente di filosofia del diritto - tradisce se stesso, si deforma e diventa fondamentalista”. Allo stesso modo, “se la laicità non prende sul serio il cristianesimo tradisce se stessa, si deforma e si perde”. “Il laicismo che nega la ragione comune”, che rifiuta il dialogo “per capire così è bene e cosa male”, è un laicismo “destinato al suicidio”. La teoria laicista degli “stranieri morali”, poi, è “spiritualmente povera”. Secondo tale teoria “ognuno ha i propri valori, diversi e incomunicabili, e viviamo gli uni accanto agli altri come stranieri che parlano lingue diverse”. Ma, ha commentato D'Agostino, “rare volte è stata proposta una teoria più fredda e meno corrispondente al senso comune” che comprende che l'uomo “è quell’essere che non vuole essere lasciato solo” e che “sa bene che quando abbiamo un problema lo comunichiamo a chi sta vicino”. Tale convinzione deriva dal fatto che “la verità del mondo appartiene a tutti noi insieme”. (R.P.)

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    I Paolini nella Basilica di San Paolo per la festa del beato Alberione

    ◊   “La Chiesa ammira e ringrazia voi Paolini, apostoli di frontiera coraggiosi e audaci. La Chiesa e la società hanno bisogno di voi che operate con creatività ed entusiasmo, con la stessa intraprendenza evangelizzatrice di San Paolo”, ha detto l’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, nell’omelia della solenne celebrazione eucaristica con cui i dieci Istituti della Famiglia Paolina hanno celebrato ieri pomeriggio nella Basilica papale di San Paolo fuori le Mura la festa liturgica del beato don Giacomo Alberione, loro fondatore del quale ha esaltato la vita, le imprese e il carisma. L'Anno Paolino è stato evocato in una gigantografia di don Alberione, l’emblematico patrocinio dell’Apostolo da lui stabilito con la frase: “Non abbiamo eletto noi San Paolo, è San Paolo che ha eletto noi. La Famiglia Paolina deve essere San Paolo oggi vivente”. Hanno concelebrato la Messa don Silvio Sassi, superiore generale della Società San Paolo e don Antonio da Silva, postulatore generale della Famiglia Paolina, nonché più di cinquanta sacerdoti paolini, tutti impegnati nel mondo dei mass media per l’evangelizzazione; come peraltro le religiose e i cooperatori. Quelli presenti, parecchie centinaia, dopo la Comunione, hanno intonato il “Nuovo cantico delle Creature” con la lode al Signore per “la parola stampata … la potenza del cinema …il fascino della radio …la televisione …la fotografia e il nastro magnetico … l’elettronica e l’informatica …le antenne che scrutano il cielo”. La Messa è stata segnata dalla preghiera dei fedeli in sei lingue, fra cui il polacco e il coreano, nonché da un gesto di rendimento di grazie della cultura indiana, chiamato “arati”: dopo l’Amen della dossologia finale, tre donne, nel tradizionale costume e con una fiamma accesa, dei fiori e dell’incenso, hanno fatto delle evoluzioni circolari dinanzi all'altare per celebrare e glorificare la Santissima Trinità. (A cura di Graziano Motta)

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    Cresce il numero di nuovi poveri in Italia

    ◊   Rovistano tra gli scaffali ortofrutticoli, comprano a sottocosto verso l’ora di chiusura dei mercati rionali, arrivano a rubare prodotti alimentari nei supermercati. Sono questi i ‘nuovi poveri’ in Italia, che la Confederazione italiana agricoltori ha fotografato in un’indagine da cui risulta “una condizione di sempre maggiore precarietà e di grande difficoltà”. La causa è il crescente costo della vita. A gravare sulle famiglie sono, in particolare, i rincari dei generi alimentari”. Sono poi in molti, soprattutto anziani, che verso l’ora di chiusura dei banchi ortofrutticoli rionali comprano sottocosto prodotti rimasti invenduti. Secondo l’Istat, i nuovi poveri sono in totale oltre 7 milioni. Il calo dei consumi alimentari, stimato per il 2008 tra il 3,5 e il 5%, è significativo di una situazione estremamente complessa, soprattutto nelle regioni meridionali, dove la soglia di povertà arriva anche al 23%. (A.L.)

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    Al Regina Apostolorum da domani lo "Youth meeting"

    ◊   Un incontro internazionale aperto ai giovani di tutto il mondo “che desiderano confrontarsi su temi di grande attualità come l’uso dei mezzi di comunicazione, il rapporto tra etica ed economia, la bioetica e il valore della famiglia”. E’ lo “Youth Meeting in Rome” che si apre domani presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Un’iniziativa in programma fino a domenica che, spiegano gli organizzatori all’agenzia Sir, intende ricalcare “l’appello di Papa Giovanni Paolo II: costruire una civiltà dell’amore”. Tra i relatori dell’incontro Hanna Suchocka, ambasciatore della Repubblica della Polonia presso la Santa Sede, il regista polacco Krzystof Zanussi e Joaquin Navarro-Valls, già direttore della sala stampa della Santa Sede. (B.C.)

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    Presentata a Roma la mostra dei “Cento presepi”

    ◊   Centosessanta presepi di cui 48 provenienti da Paesi stranieri e 132 dalla varie regioni italiane. Sono i numeri della mostra i “Cento presepi” inaugurata oggi nella Basilica di Santa Maria del Popolo a Roma. Giunta alla 33.ma edizione, l’iniziativa - promossa dalla Rivista delle Nazioni – si svolge sotto il patrocinio tra gli altri della Conferenza episcopale italiana e sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica. La cerimonia di inaugurazione, con il presepe vivente realizzato dalla scuola dell’infanzia “Mariano Romiti”, è stata dedicata alla fondazione “Villa Maraini” che si occupa da anni di cura e recupero dei tossicodipenti. “Un seme da coltivare all’interno di ogni famiglia”, così il cardinale Giovanni Coppa ha definito il presepe durante la presentazione della mostra. Cuore dell’allestimento sono dunque le rappresentazioni della Natività nel loro trionfo di spiritualità e fantasia. Accanto alle realizzazioni in gesso, terracotta e argilla trovano spazio elementi assolutamente innovativi come il sale, la pietra lavica dell’Etna ma soprattutto le cravatte e il pop-corn. La grotta di Betlemme viene anche ricreata in gusci di pistacchio, di conchiglia, di uova o addirittura in una rosa sostenuta da una radice di albero. Particolarmente significativi i presepi che provengono dalle zone martoriate del mondo come quello del Sudan realizzato in legno d’ebano e onice e dall’Iraq fatto in legno e plexiglass. Molto fantasiose le Natività messe a punto dagli alunni di alcune scuole; spiccano realizzazioni con fili elettrici, bottiglie di plastica, polistiroli e pastelli temperati. Novità di quest’anno è la ripresa del laboratorio “Il presepe come gioco”, dedicato ai bambini dai 4 agli 11 anni che potranno imparare, in un’ora circa, a costruire personaggi del presepe. La mostra resterà aperta al pubblico fino al 6 gennaio 2009 dalle 9.30 fino alle 20 e nei giorni di Natale, Santo Stefano, Capodanno e Epifania fino alle 22. (A cura di Benedetta Capelli)

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    24 Ore nel Mondo



    Il parlamento iracheno approva il ritiro Usa. Nuovi attentati a Baghdad

    ◊   Un ufficiale della polizia irachena e un soldato dell'esercito iracheno sono stati uccisi e altre nove persone, tra cui tre soldati, sono rimaste ferite dall'esplosione di tre ordigni in zone diverse di Baghdad. La prima bomba, attaccata sotto l'auto di un tenente delle forze speciali del Ministero degli interni è esplosa uccidendo l’ufficiale. Un altro ordigno è esploso al passaggio di una pattuglia dell'esercito iracheno nei pressi della moschea al-Nidaa, nella parte nord di Baghdad, causando l'uccisione di un soldato e il ferimento di altri tre. Intanto, diciotto donne arruolate in una cellula di al Qaeda votata ad operazioni terroristiche suicide si sono consegnate alle forze della coalizione nel nord dell'Iraq e hanno firmato un “impegno di riconciliazione”. Lo rende noto il comando militare Usa a Baghdad, precisando che le 18 terroriste sono state convinte ad abbandonare il loro addestramento ad operazioni suicide dalle loro famiglie e dai mullah locali. E sempre oggi, il parlamento iracheno ha approvato l'accordo tra Iraq e Stati Uniti sulla sicurezza, che prevede il ritiro delle forze Usa entro il 2011. L’accordo è già stato votato dal governo nei giorni scorsi.

    Esplosione a kabul nei pressi dell'ambasciata degli Stati Uniti
    Un attentatore suicida ha ucciso almeno quattro civili facendo esplodere una bomba in strada, nei pressi dell'ambasciata degli Stati Uniti a Kabul, in Afghanistan. Il bilancio è stato riferito alla stampa un responsabile della polizia, il generale Ali Shah Paktiawal. Ancora non è chiara la dinamica dell'attentato e se obiettivo dell'attentatore fosse un convoglio di militari stranieri in transito.

    Turchia
    Due agenti della polizia turca sono rimasti uccisi e un loro collega ferito gravemente, stamani, in uno scontro a fuoco con presunti appartenenti al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), l'organizzazione separatista curda considerata fuorilegge in Turchia. Lo riferisce l'agenzia turca Anadolu, precisando che la sparatoria è avvenuta sull'autostrada che collega Iskenderun ad Adana, nella regione meridionale del Paese. La Turchia, come anche Ue e Usa, considera il Pkk un gruppo terrorista e lo accusa di essere responsabile di un conflitto che ha causato la morte di almeno 40 mila persone, per lo più curdi, dall'inizio del 1984, anno della rivolta per la costituzione di uno Stato indipendente curdo nel sud-est della Turchia.

    Medio Oriente
    Resteranno chiusi anche oggi i valichi commerciali fra Israele e Gaza, in seguito al lancio stamani dalla Striscia di due razzi contro insediamenti ebraici nel Neghev. Ieri, pur mantenendo la generale chiusura dei valichi, Israele aveva consentito l'ingresso di alcune decine di camion di medicinali e viveri e forniture limitate di gas da cucina. La stampa israeliana aggiunge intanto che prevedibilmente nei prossimi giorni sarà bloccata in mare dalla marina militare israeliana una nave libica con ingenti quantità di aiuti per la popolazione di Gaza. La chiusura dei valichi è stata imposta all'inizio di novembre in seguito ad una recrudescenza delle violenze lungo i confini della Striscia di Gaza, dopo cinque mesi di tregua. Per oggi, intanto, l'Associazione della stampa estera in Israele (Fpa) ha indetto una conferenza stampa di protesta per il prolungato divieto di ingresso a Gaza a tutti i rappresentanti della stampa.

    Vertice annullato tra UE e Cina per l’incontro tra Sarkozy e il Dalai Lama
    La Cina ha affermato oggi che è stato il previsto incontro tra il presidente francese, Nicolas Sarkozy, e il Dalai Lama, il leader tibetano in esilio a determinare la decisione di Pechino di sospendere il dialogo con l'Unione Europea, in particolare di cancellare il vertice di Lione previsto per il primo di dicembre. Lo ha affermato oggi il portavoce cinese, Qin Gang, in una dichiarazione apparsa sul sito web del Ministero degli esteri di Pechino. Sarkozy ha confermato la sua intenzione di incontrare il Dalai Lama il 6 dicembre prossimo in Polonia, in occasione di una riunione di premi Nobel organizzata dall'ex presidente polacco e leader di Solidarnosc, Lech Walesa. Qin Gang ha ricordato che la Cina aveva “avvisato” la Francia, che ha la presidenza di turno dell'Ue, che un eventuale incontro tra Sarkozy e il leader tibetano avrebbe reso “difficile” la cooperazione tra Europa e Cina.

    UE economia
    Il 2009 per Eurolandia sarà probabilmente un anno in recessione. Ad affermarlo è il commissario Ue agli Affari economici e monetari, Joaquin Almunia, che il 3 novembre aveva indicato per il prossimo anno una crescita dello 0,1% ma che ora parla di crescita di segno negativo. A proposito del piano anticrisi lanciato ieri dalla Commissione europea, oggi il presidente Barroso è tornato a parlarne affermando che il provvedimento interviene a breve, senza mettere a repentaglio il medio e lungo periodo e sottolineando che “le misure sostengono i settori più vulnerabili, perché è una questione di giustizia e solidarietà sociale”. E' più importante - ha aggiunto - intervenire per i disoccupati piuttosto che ridurre in modo indifferenziato l'Iva.

    Congo
    Resta preoccupante la situazione nel nord della Repubblica Democratica del Congo. Sembrano ripresi, anche se sporadici, i combattimenti, dopo che il governo ha seccamente respinto due giorni fa la proposta dell'Onu di avviare negoziati diretti con i ribelli, che ormai controllano gran parte del nord est del Paese. Il mediatore dell'Onu, l'ex presidente nigeriano Obasanjo, aveva incontrato nei giorni scorsi il leader dei ribelli congolesi, generale Nkunda. Il rischio è che ora riesplodano gli scontri militari, che hanno già causato molte centinaia di morti, ed oltre un milione di profughi in condizioni disperate. Proprio della drammatica situazione dei profughi al confine con l’Angola parla l’arcivescovo di Lubango, mons. Gabriel Mbilingi, nell’intervista di Linda Bordoni:

    R. - Prima, quando noi eravamo in guerra, abbiamo avuto dei profughi angolani, nel Congo, mentre adesso accade il contrario. Le frontiere non hanno ancora una sicurezza tale per poter dire che non si può passare da una parte all’altra. Dall’altro alto, non possiamo neanche chiudere le frontiere quando c’è una situazione umanitaria che ci chiede una risposta, un aiuto puntuale. Inoltre siamo preoccupati, perché i nostri confratelli vescovi del Congo ci hanno inviato un messaggio chiedendo aiuto, sia alla Conferenza episcopale dell’Angola sia anche al governo del nostro Paese, affinché si possa sollecitare l'attenzione non soltanto della comunità internazionale ma anche degli angolani stessi, che pure hanno vissuto un’esperienza difficile ed hanno trovato rifugio proprio nei Paesi confinanti.

     
    D. - C’è un appello che vuole fare alla comunità internazionale?

     
    R. - Le guerre, in questo mondo globalizzato, non possono essere viste come questioni di un Paese o di una regione. No, la pace è una questione mondiale; la stabilità è anche quella una questione mondiale, la vita stessa è una questione mondiale. Per cui, io mi rallegro anche per la presenza dell’Onu che ha deciso di rafforzare i gruppi dei soldati che si trovano in Congo. Tuttavia, vorrei anche che la questione fosse vista in un contesto un po’ più globale, perché quella regione soffre da tanti anni e non è possibile continuare così. Certamente ci sono delle politiche - forse con delle motivazioni di tipo economiche - alle quali bisogna porre uno stop, perché tutto quello che facciamo oggi per salvare il Congo, anche se si trattasse di una sola persona, è un bene per tutta l’umanità.

     
    Thailandia
    Il governo thailandese ha intimato ai militari di restare nelle caserme, reagendo così a voci che circolano sulla possibilità di un colpo di stato militare, peraltro smentito proprio da fonti militari. Il premier ha anche negato di voler silurare il capo delle forze armate, il generale Anupong Paochina, che ieri ha chiesto al governo di sciogliere il parlamento indicendo nuove elezioni. La capitale thailandese Bangkok dalla scorsa notte è inaccessibile dall'aria da quando i manifestanti antigovernativi, che da due giorni bloccano l'aeroporto internazionale Suvarnabhumi, hanno provocato la chiusura anche del secondo scalo della città, quello di Don Muang, adibito al traffico aereo interno. Per entrambi, gli aeroporti è stato dichiarato lo stato di emergenza. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 332

     
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