Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 26/11/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'udienza generale: non c'è contraddizione tra San Paolo e San Giacomo: è la fede in Dio a salvarci, ma la vera fede diventa carità operosa
  • Energia ‘pulita’ in Vaticano: inaugurato l’impianto fotovoltaico dell’Aula Paolo VI
  • Annunciare Cristo attraverso la bellezza: intervista con mons. Ravasi
  • Il cardinale Comastri celebra in San Pietro una Messa accompagnata da musiche sacre di Mozart
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • L'auspicio del Papa per la pace in Iraq nell'incontro con mons. Warduni
  • Nord Kivu: Kinshasa respinge la proposta Onu di negoziati tra ribelli e governo
  • Il dialogo con l'islam al centro della plenaria dei vescovi del Nord Africa
  • Chiesa e Società

  • I vescovi centroamericani di fronte alla crisi finanziaria: umanizzare l'economia
  • India: le suore di Madre Teresa in prima linea per i bambini dell’Orissa
  • Conclusa la campagna mondiale di preghiera contro le violenze anticristiane
  • Spagna: distrutte le stazioni della tradizionale Via Crucis dedicata a San Francesco Saverio
  • Mons. Paglia: cambia il tema della giornata di riflessione ebraico–cristiana
  • Devastante crisi economica nello Zimbabwe: l'impegno della Chiesa
  • Appello della Chiesa australiana contro la pena di morte
  • Sostenere i diritti dei migranti: l’impegno dei vescovi europei e africani a Liverpool
  • Il ruolo dei cristiani in Europa al centro del convegno della Cei a Roma
  • Piacenza saluta le suore adoratrici del nuovo monastero di clausura di Veano
  • Medici Senza Frontiere lancia un sito con testimonianze dal Nord Kivu
  • 24 Ore nel Mondo

  • Via libera al piano anticrisi dell’Unione Europea
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'udienza generale: non c'è contraddizione tra San Paolo e San Giacomo: è la fede in Dio a salvarci, ma la vera fede diventa carità operosa

    ◊   Tra la teologia di San Paolo e quella di San Giacomo, che pongono un diverso accento sul valore della fede e delle opere in merito alla salvezza, non c’è nessuna contraddizione. E’ quanto ha affermato Benedetto XVI stamane durante l’udienza generale in Aula Paolo VI in Vaticano, cui ha partecipato anche il Catholicos armeno di Cilicia Aram I. Il servizio di Sergio Centofanti.

    L’udienza si è aperta con il saluto e l’abbraccio fraterno tra Benedetto XVI e Aram I, accolto dal caloroso applauso dei pellegrini presenti:

     
    “This fraternal visit”…

     
    “Questa visita fraterna – ha detto il Papa – è una significativa occasione per rafforzare i vincoli di unità già esistenti tra di noi” e “un passo ulteriore lungo il cammino verso la piena unità”. Benedetto XVI ha espresso la sua gratitudine” per il “costante e personale impegno” ecumenico di Aram I e ha ricordato le sofferenze del popolo armeno nel testimoniare Cristo “con fedeltà e coraggio in comunione con l’Agnello Immolato”.

     
    “We need re-evangelization of our Christian communites…”

     
    Da parte sua il Catholicos armeno, esprimendo il suo grande apprezzamento per l’impegno di Benedetto XVI nell’annunciare le verità di fede in un mondo che vede il decadimento dei valori morali e religiosi, ha affermato la necessità di una comune testimonianza per rievangelizzare le comunità cristiane a partire dalle famiglie.

     
    Il Papa ha poi svolto la sua catechesi sulla dottrina della giustificazione in San Paolo e San Giacomo ricordando come il rapporto tra fede e opere abbia provocato spesso “confusione” e “fraintendimenti” nella cristianità nel corso dei secoli.

     
    “Spesso si è vista un’infondata contrapposizione tra la teologia di San Paolo e quella di San Giacomo, che nella sua Lettera scrive: ‘Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta’. In realtà, mentre Paolo è preoccupato anzitutto di dimostrare che la fede in Cristo è necessaria e sufficiente, Giacomo pone l’accento sulle relazioni consequenziali tra la fede e le opere. Pertanto sia per Paolo sia per Giacomo la fede operante nell’amore attesta il dono gratuito della giustificazione in Cristo”.

     
    Solo Dio ci rende giusti – ha detto il Papa - ma la fede è vera se diventa amore:

     
    “Disastrose sono le conseguenze di una fede che non s’incarna nell’amore, perché si riduce all’arbitrio e al soggettivismo più nocivo per noi e per i fratelli…A che cosa si ridurrebbe una liturgia rivolta soltanto al Signore, senza diventare, nello stesso tempo, servizio per i fratelli, una fede che non si esprimesse nella carità?”

     
    Quindi, “giustificati per il dono della fede in Cristo – ha aggiunto - siamo chiamati a vivere nell’amore di Cristo per il prossimo, perché è su questo criterio che saremo alla fine della nostra esistenza giudicati”. Come lo stesso San Paolo afferma nel suo celebre inno alla carità: “Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi l’amore, sarei come bronzo che rimbomba…”:

     
    “L’amore cristiano è quanto mai esigente poiché sgorga dall’amore totale di Cristo per noi: quell’amore che ci reclama, ci accoglie, ci abbraccia, sino a tormentarci, poiché costringe ciascuno a non vivere più per se stesso, chiuso nel proprio egoismo, ma per ‘Colui che è morto e risorto per noi’”.

     
    “Se l’etica che Paolo propone ai credenti non scade in forme di moralismo e si dimostra attuale per noi – ha concluso il Papa – è perché ogni volta riparte sempre dalla relazione personale e comunitaria con la giustificazione in Cristo, per inverarsi nella vita secondo lo Spirito”:
     
    “Questo è essenziale: l'etica cristiana non nasce da un sistema di comandamenti, ma è conseguenza della nostra amicizia con Cristo. Questa amicizia influenza la vita: se è vera si incarna e si realizza nell'amore per il prossimo. Per questo, qualsiasi decadimento etico non si limita alla sfera individuale, ma è nello stesso tempo svalutazione della fede personale e comunitaria: da questa deriva e su essa incide in modo determinante. Lasciamoci quindi raggiungere dalla riconciliazione, che Dio ci ha donato in Cristo, dall'amore ‘folle’ di Dio per noi: nulla e nessuno potranno mai separarci dal suo amore (cfr Rm 8,39). In questa certezza viviamo. E’ questa certezza a donarci la forza di vivere concretamente la fede che opera nell'amore”.

    inizio pagina

    Energia ‘pulita’ in Vaticano: inaugurato l’impianto fotovoltaico dell’Aula Paolo VI

    ◊   La salvaguardia del Creato passa attraverso il risparmio energetico. Prima udienza generale oggi nell’Aula Paolo VI rinnovata da un impianto fotovoltaico, posto sulle volte dell’edificio, allo scopo di convertire l’energia solare in energia elettrica, permettendo così di evitare l’emissione di 225 mila chili di anidride carbonica e risparmiare circa 80 tonnellate di petrolio. La cerimonia d’inaugurazione - ospitata nella Casina di Pio IV, sede della Pontificia Accademia delle Scienze - è stata presieduta stamane dal cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, presente tra gli altri il prof. Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica.

    L’opera è stata realizzata dalla società tedesca SolarWorld AG, che ne ha fatto dono al Papa, mentre l’idea dell’impianto si deve all’intuizione dell’ing. Carlo Cuscianna, direttore dei Servizi tecnici del Governatorato, che ha seguito e promosso lo sviluppo di uno studio preliminare curato dal prof. Livio De Santoli dell’Università “La Sapienza”. Particolare cura è stata posta per rispettare il progetto originale dell’edificio dedicato alle udienze papali, commissionato nel 1964 da Paolo VI all’ing. Pier Luigi Nervi ed inaugurato nel 1971. Ascoltiamo l’ing. Cuscianna al microfono di Philippa Hitchen:

    R. – La struttura dell’Aula Paolo VI dal punto di vista architettonico, è una di quelle che si prestava maggiormente ad un impianto di questo genere. E’ una situazione che non è frequente nella Città del Vaticano, perché gran parte delle costruzioni sono di carattere storico, artistico, monumentale. Questa ha delle validità architettoniche perfette dal punto di vista moderno e quindi poteva meglio di altre sopportare una integrazione tecnologica.

    inizio pagina

    Annunciare Cristo attraverso la bellezza: intervista con mons. Ravasi

    ◊   “Un nuovo umanesimo cristiano che sappia percorrere la via dell’autentica bellezza”. E’ l’invito di Benedetto XVI contenuto nel messaggio di ieri al presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, per la tredicesima seduta pubblica delle sette Pontificie Accademie. Il Papa ha auspicato anche “un rinnovato dialogo tra estetica ed etica, tra bellezza, verità e bontà”, concetti sui quali riflette al microfono di Fabio Colagrande lo stesso mons. Gianfranco Ravasi:
     
    R.– Ci sono almeno due provocazioni che quasi si possono raccogliere tra le tante suggestioni che questo messaggio comprende. Da un lato, è il ritornare ancora a considerare la bellezza come una grande via di conoscenza: la bellezza è sorella della verità e non staccata come alcuni sistemi di pensiero credevano. E proprio perché è ricerca tendenzialmente verso l’infinito diventa anche ricerca del trascendente. L’artista cerca di comprimere nello stampo freddo di un’opera o di una poesia di pochi versi l’infinito e l’eterno quindi questa è una vera e propria via per tentare di ritrovare la verità suprema, di avvicinarci il più possibile al Mistero. Dall’altra parte, la provocazione ulteriore è invece di ordine più concreto: tentare di ristabilire ancora un dialogo fecondo anche con l’arte contemporanea, con gli orizzonti attuali nei quali purtroppo non c’è più la ricerca di due caratteristiche fondamentali dell’arte: la bellezza e il messaggio. L’arte di oggi diventa semplicemente una sorta di epifania del reale in quanto tale. Ecco, invece, il desiderio: capire se sia possibile ancora stabilire una comunione tra fede e arte. Anche l’arte potrebbe attraverso i grandi simboli delle religioni, attraverso le grandi narrazioni, attraverso le grandi figure, attraverso le grandi domande, ritrovare ancora la possibilità di coniugare bellezza e significato.

     
    D. – Secondo lei, per ristabilire questo dialogo, quale sforzo deve fare l’arte e quale sforzo deve forse fare la Chiesa?

     
    R. – La Chiesa deve innanzitutto cercare di comprendere che l’arte contemporanea ha una sua grammatica, ha una sua sintassi e ha una sua stilistica, cioè ha un suo modo di esprimersi nuovo. L’arte, la cultura in genere, deve riuscire a ritrovare ancora, in quella specie di deserto che è la società contemporanea, questi grandi segni, queste grandi idee, che inquietano, ma anche arricchiscono immensamente il conoscere dell’uomo.

     
    D. – Il Papa ha voluto ricordare come il recente Sinodo ha riproposto la via della bellezza per tornare alla Parola...

     
    R. – Ha aggiunto anche un paio di aggettivi, dicendo che questa è forse la via più affascinante e la via più coinvolgente per poter ritornare ancora a Dio: la via della bellezza. Io penso, sulla base del Sinodo dei vescovi, ci siano almeno due strade. La prima è indicata proprio dal testo stesso del messaggio, il quale è costruito su quattro simboli: il simbolo della voce, il simbolo del volto, il simbolo della casa e il simbolo della strada. Ritorniamo ancora, anche nell’interno della nostra comunicazione religiosa, nel messaggio religioso, ai simboli. Ritorniamo alle narrazioni, ritorniamo cioè ad un annunciare Dio in modo bello. Secondo itinerario da seguire: la Bibbia. Il testo biblico è un testo letterariamente significativo, ha condizionato la storia della cultura dell’Occidente, è come si suol dire “il grande codice”. E’ l’alfabeto colorato della speranza nella quale hanno intinto il loro pennello per secoli pittori, come diceva Chagall. Ritorniamo ancora alla Bibbia perché senz’altro deve essere letta come “lampada per i passi nel cammino della vita” ed è in questo caso un simbolo, ma al tempo stesso è una grande testimonianza di bellezza, che deve essere ancora riproposta non soltanto all’orizzonte dei credenti ma all’intero orizzonte della cultura contemporanea.

    inizio pagina

    Il cardinale Comastri celebra in San Pietro una Messa accompagnata da musiche sacre di Mozart

    ◊   Questo pomeriggio alle ore 17,00 nella Basilica di San Pietro, il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, celebrerà la Messa accompagnata da musiche sacre e liturgiche. A dirigere sarà il maestro Helmuth Rilling. Il servizio di Silvia Mendicino.

    Nell’ambito del VII Festival di Musica e Arte Sacra, oggi pomeriggio verrà celebrata in San Pietro la Santa Messa con il solenne accompagnamento della Harmoniemesse di Franz Joseph Haynd incorniciata da due componimenti sacri di Wolfgang Amadeus Mozart. Per l’occasione Helmuth Rilling, specialista della musica barocca, sarà alla guida della Youth Orchestra of the Americas. Abbiamo chiesto al Maestro Rilling quali emozioni prova a dirigere in una cornice così ricca di spiritualità:

     
    R. – Natürlich ist das für mich persönlich, aber vor allem für das ganze Ensemble ...
    Per me personalmente ma soprattutto per l’ensemble, è un grande onore fare musica in questa grandiosa basilica con tutta la sua tradizione.

     
    D. – Lei dirigerà musiche sacre di Mozart e Haydn, tutte musiche che ci avvicinano al divino. Qual è la dimensione sacra che respiriamo in queste musiche?

     
    R. – Haydn und Mozart sind wichtige Komponisten der groβen Tradition ...
    Haydn e Mozart sono grandi compositori della tradizione del XVII secolo, e quello che esprimono nella loro musica sacra è prima di tutto una grande e profonda gioia, non superficiale e che, sono certo, si trasmetterà a molti ascoltatori in Basilica.

     
    D. – Il Santo Padre Benedetto XVI ha affermato: “Sono convinto che la musica sia veramente il linguaggio universale della bellezza, capace di unire tra loro gli uomini di buona volontà sulla terra e di portarli ad alzare lo sguardo verso l’alto”: lei cosa ne pensa?

     
    R. – Ich denke, daβ vor allem die ausführenden Musiker genau dies ausdrücken. ...
    Io penso che soprattutto i musicisti che eseguono le musiche esprimano questo. Abbiamo, ad esempio, tra i solisti un quartetto internazionale: la musica li unisce, vengono da tutto il mondo ma sono uniti dall’amore per la musica sacra.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un articolo del gesuita José G. Funes, direttore della Specola Vaticana, dal titolo “Grazie Galileo”: il 2009 dichiarato dall’Onu l’anno internazionale dell’astronomia per celebrare il quattrocentesimo anniversario delle prime osservazioni astronomiche realizzate dallo scienziato. In cultura, parte dell’intervento del cardinale Tarcisio Bertone e la sintesi della relazione di Ugo Amaldi al convegno “La scienza 400 anni dopo Galileo Galilei”, apertosi oggi a Roma.

    Nell’informazione internazionale, un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo “Più truppe straniere o ritiro. L’Afghanistan al bivio”.

    Claudio Toscani ricorda l’italianista Carlo Dionisotti a dieci anni dalla morte.

    Un testo di Agostino Paravicini Bagliani dal titolo “Chi l'ha detto che i medievali pensavano che la Terra fosse piatta?”.

    La musica come strumento di trascendenza: Marcello Filotei illustra la sintesi fra tradizione e attualità del compositore greco Stamatis Spanoudakis.

    Nell’informazione religiosa, una riflessione di Robert Imbelli, docente di teologia presso il Boston College, sul Sinodo dei vescovi svoltosi a ottobre in Vaticano.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    L'auspicio del Papa per la pace in Iraq nell'incontro con mons. Warduni

    ◊   “L’Iraq è nel nostro cuore. Ricordiamo sempre i cristiani, preghiamo per loro e per la pace nel Paese”. E’ quanto ha detto il Papa a mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei caldei, nel corso del loro breve incontro al termine dell’udienza generale. Lo riferisce il Sir. Una vicinanza che arriva in un momento cruciale per il destino dell’Iraq; nel pomeriggio il Parlamento è chiamato a esprimersi sull’accordo per la sicurezza con gli Stati Uniti. L’intesa prevede il ritiro delle truppe americane entro il 2011 e la creazione di una commissione mista per giudicare i soldati Usa che abbiano commesso reati fuori servizio. Intanto sul terreno due persone sono morte e altre 19 sono rimaste ferite per l’esplosione di tre ordigni a Baghdad. Una situazione che resta difficile anche per le ultime violenze anticristiane nella zona di Mosul ma non mancano segnali positivi come conferma al microfono di Luca Collodi lo stesso mons. Shlemon Warduni:
     
    R. – C’è un piccolo miglioramento sul fronte del terrorismo che dà un po’ di speranza. La questione però non riguarda solo Baghdad ma anche altre città come Mosul e Kirkuk dove ogni tanto si registra prima l’aumento e poi la diminuzione della violenza. Non è quel segno di speranza che però ci fa dire che avremo la pace.

     
    D. – In Occidente abbiamo letto più volte delle violenze contro i cristiani. Qual è veramente, mons. Warduni, la situazione?
     
    R. – Certamente questa cosa ci rende tristi perché noi abbiamo vissuto tanti secoli insieme in pace. Durante tutte le guerre, le nostre chiese, le nostre case sono state aperte ai musulmani e a tutte le altre confessioni. In questi ultimi tempi, però, ci meraviglia che i cristiani siano attaccati in modo così diabolico; in poco tempo ne sono stati uccisi 13, tre case sono state distrutte e più di 2500 famiglie sono state cacciate dalle loro abitazioni, costrette a un’emigrazione forzata. Con i megafoni è stato detto ai cristiani: “Lasciate le vostre case”. Abbiamo fatto appelli a tutto il mondo perché il nostro governo si muovesse per la pace e mandasse le forze armate irachene. Ci hanno sentito e il primo ministro con il presidente hanno inviato i soldati che hanno portato un po’ di pace. In quelle zone i cristiani hanno riacquistato un po’ di fiducia anche perché hanno saputo che noi ci stiamo facendo sentire e 700, 800 famiglie sono tornate.

    D. – I cristiani quindi a Mosul stanno rientrando nelle proprie case...

     
    R. – Stanno rientrando, però tanti non hanno ancora fiducia e hanno paura che verranno cacciati di nuovo. Purtroppo all’inizio né il governo, né l’amministrazione di Mosul, né i partiti ci hanno aiutato. Solo dopo alcuni giorni di appelli continui ci hanno ascoltato ma purtroppo né l’Europa, né l’America, né l’Onu, nessuno ci ha supportato in quell’occasione. Per questo noi diciamo a tutti quelli che si occupano di diritti umani - e non perché cristiani – che vogliamo che vengano fatti valere anche per noi.

    D. – Mons. Warduni come i cristiani in Occidente possono aiutare i cristiani iracheni?

     
    R. – Prima di tutto con la preghiera. Chiediamo a Dio perché Lui è il re della pace che può fare tutto: Lui può cambiare le menti, i cuori, gli atteggiamenti. Il mondo è pieno di interessi come per il petrolio che noi abbiamo; forse senza questo oro nero noi saremmo in pace. Poi bisogna sensibilizzare i governi perché nella nostra nazione, nelle nostre case siamo stranieri. Terza cosa, che quelli che sono andati via siano aiutati.

    inizio pagina

    Nord Kivu: Kinshasa respinge la proposta Onu di negoziati tra ribelli e governo

    ◊   Non accenna a diminuire l’emergenza bellica in Nord Kivu, la regione congolese dove da mesi le truppe governative si scontrano con gruppi ribelli, tra cui quello guidato dal generale ‘Nkunda. Il governo di Kinshasa ha seccamente respinto la proposta dell’Onu di avviare negoziati diretti con i ribelli, che ormai controllano gran parte della zona nord-orientale del Paese. La decisione sembra aver provocato una ripresa dei combattimenti, che negli ultimi giorni erano sensibilmente diminuiti. Intanto, sono molte le denunce da parte di organizzazioni non governative che operano in loco e che testimoniano il dramma dei civili costretti a fuggire senza cibo e acqua e in preda ad epidemie di colera e di altre malattie. Sulla difficoltà di avviare le trattative, Giancarlo La Vella ha intervistato Tommaso Della Longa, direttore dell’agenzia stampa “Inedita”, che si trova in Nord Kivu:

    R. – Al momento, la situazione è abbastanza complicata e tesa e, forse, questo è il motivo primario. Ci sono anche cause economiche, ci sono cause etniche, poi diciamo che da queste parti la guerra sta diventando un po’ un fatto endemico. Se la voce, molto accreditata, che sentiamo in questi giorni nelle strade di Goma, per cui il presidente del Congo, Kabila, si sarebbe ritirato dal tavolo delle trattative, ebbene, a questo punto ci sarebbe un ulteriore problema e la soluzione militare rischia di essere l’unica strada alle porte.

     
    D. – Una situazione, quella del Nord Kivu, che sta generando una crisi umanitaria di proporzioni vastissime. Qual è la vostra testimonianza?

     
    R. – Ci sono tanti campi pieni di gente, che si è spostata dalle zone nei dintorni di Goma ed è arrivata vicino alla città; solo i campi gestiti dall’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, sono sei e in alcuni di questi manca tutto. Si tratta di distese immense formate da tende, baracche, dove c’è una situazione sanitaria molto grave, dove soprattutto c’è un problema di sicurezza, perché, raccogliendo sfollati e non profughi, questi campi non sono difesi da nessuno e, quindi, chiunque sia armato di kalashnikov, sia militante delle forze governative dell’esercito, sia di altre fazioni militari, entra nel campo per rubare alimenti, l’acqua, ma soprattutto per rapire minori e farli diventare bambini soldato e per violentare le donne. Pochi giorni fa, i soldati dell’esercito governativo, sono entrati in uno di questi campi e una donna di 20 anni è stata uccisa mentre cercava di ribellarsi alla violenza.

     
    D. – Avete avuto contatti con organizzazioni umanitarie che operano sul posto?

     
    R. – Sì, assolutamente. Noi, da quando siamo arrivati, abbiamo visitato le varie organizzazioni internazionali, in particolare, ovviamente quelle italiane, perché esiste anche qui una sorta di “sistema Italia” che funziona bene e che, anche nei momenti di maggiore scontro, non è mai andato via da qui ed ha continuato il suo lavoro, rimanendo in prima linea ed è molto apprezzato dalle persone di Goma e del Kivu.

    inizio pagina

    Il dialogo con l'islam al centro della plenaria dei vescovi del Nord Africa

    ◊   Il dialogo con i musulmani e l’impegno nelle diverse realtà sociali fra gli argomenti che in questi giorni la Conferenza episcopale del Nord Africa sta discutendo a Tangeri, in Marocco. Fino a venerdì i presuli del Maghreb si confronteranno su temi come giustizia, pace e riconciliazione, per prepararsi anche al Sinodo africano previsto nell’autunno del prossimo anno, ma rifletteranno anche sull’anno paolino e sui problemi dei migranti. Al microfono di Tiziana Campisi ne parla il presidente della Conferenza episcopale mons. Vincent Landel, arcivescovo di Rabat:

    R. – Abbiamo parlato della situazione economico-politica della vita della nostra Chiesa: ogni Paese ha il proprio regime politico. Questi Paesi sono musulmani e le comunità cristiane sono molto piccole e composte unicamente da stranieri; però c’è sempre il dialogo tra cristiani e musulmani. La nostra preoccupazione è vivere la nostra fede e testimoniarla con la nostra vita e come poter aiutare i cristiani a vivere questa testimonianza in Paesi musulmani.

     
    D. – Quali proposte sono emerse in questi giorni, a proposito della presenza dei cristiani nel Nord Africa e circa i rapporti con i musulmani?

     
    R. – Accogliere i musulmani, vivere con loro le nostre differenze. Lavoriamo insieme per la giustizia, per l’amore, per la riconciliazione, per la vita, per l’educazione e per lo sviluppo. In Marocco, per esempio, c’è libertà di culto ma non c’è la libertà religiosa e di coscienza per gli abitanti del Paese. In questi Stati, inoltre, non ci sono molte chiese. Abbiamo dunque rapporti diversi con i diversi Paesi. La nostra comunità cristiana è composta poi da stranieri più anziani, alcuni sposati con musulmani, studenti che vengono dall’Africa nera, tanti emigranti che vengono dall’Africa nera, ci sono anche europei che vengono per due o tre anni per lavorare. E’ una comunità, quindi, molto mobile, con persone di tante nazionalità. Ecco perché c’è la necessità di formarla, adeguandola però alla realtà dei diversi Paesi, ma anche di far sì che continui ad essere comunità intorno a Gesù Cristo. E il nostro impegno pastorale è pure quello di aiutare tutti i cristiani a vivere il rapporto con l’islam come un rapporto fondato sulla stima.

     
    D. – Quali progetti ha la Chiesa del Nord Africa?

     
    R. – Il nostro progetto pastorale è vivere insieme con il mondo musulmano, a livello umano, in amicizia. Il battesimo, la catechesi li facciamo con il piccolo gruppo di cristiani. La cosa più importante, in realtà, è vivere con i musulmani in fiducia: è necessario istituire una collaborazione e quindi amicizia. Quando avremo fatto amicizia, poi Dio ci aiuterà a compiere il resto del cammino!

     
    D. – In questi anni, quanto è cambiato il dialogo tra cristiani e musulmani? E’ cresciuto?

     
    R. – Non è cresciuto né diminuito. Per il momento, non ci conosciamo abbastanza tra musulmani e cristiani. Ma possiamo vivere il dialogo della vita, e questo è ciò che conta per fare amicizia. Dopo potrà esserci un dialogo spirituale. E’ importante però sapere che i musulmani stanno pregando; anche noi stiamo pregando. Il dialogo teologico, tuttavia, è molto, molto più difficile: si è visto anche durante l’incontro di Roma. Non è facile, un dialogo teologico. Noi cristiani, nella Chiesa, parliamo di tutto questo, mentre il mondo arabo non l’ha fatto. Nei media non se n’è parlato: nessuno! Né i giornali, né la televisione, né la radio: nessuno! E’ stata vista come una questione che riguarda la Chiesa e alcuni musulmani teologi, una questione tra “specialisti” e basta.

     
    D. – Come vi state preparando al Sinodo dell’Africa che si svolgerà il prossimo anno?

     
    R. – Per noi è difficile. Il Maghreb è musulmano e noi siamo una minoranza cristiana di passaggio; però il contributo che vogliamo offrire alla Chiesa è la presa di coscienza del fatto che esiste un mondo musulmano con il quale possiamo convivere in amicizia.

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    I vescovi centroamericani di fronte alla crisi finanziaria: umanizzare l'economia

    ◊   Si chiudono domani a San Salvador i lavori della riunione annuale del Segretariato episcopale dell’America Centrale (Sedac) alla quale prendono parte, da lunedì, una cinquantina di vescovi dell’organismo di coordinamento ecclesiale. Nel 1965 la Santa Sede autorizzò la creazione della Conferenza Episcopale dell’America Centrale e Panama (CEDAC). Nel 1970 questo organismo subregionale diventò Segretariato episcopale dell’America Centrale e Panama. E' composto dalle Conferenze episcopali di Guatemala, Belize, Honduras, El Salvador, Nicaragua, Costa Rica e Panama. Ieri diversi vescovi hanno incontrato la stampa locale e hanno confermato di aver molto discusso e riflettuto sulle gravi conseguenze che avrà la crisi economica internazionale per la regione. Pertanto hanno fatto appello alla “solidarietà e all’austerità”. Mons. Francisco Ulloa, vescovo di Cartago, in Costa Rica, e segretario del coordinamento, analizzando gli effetti immediati sulle famiglie, ha rilevato quanto sia “importante oggi guardare verso la dottrina sociale della Chiesa che in momenti come questi offre molti spunti e orientamenti imprescindibili”. Il presule ha insistito sul fatto che “occorre non spendere nel superfluo e dunque approfittare per orientare nuovamente le tendenze consumistiche”. Ma al tempo stesso rivolgendosi agli imprenditori, ha ricordato che “licenziare deve essere una decisione estrema e molto meditata”. Dal canto suo, il vescovo ausiliare di San Pedro de Sula, in Honduras, mons. Rómulo Emiliani, tracciando una panoramica sull’odierna crisi finanziaria diventata anche crisi dell’economia reale, ha chiesto “riforme serie e profonde del sistema economico ma soprattutto – ha aggiunto – umanizzazione, poiché l’economia è al servizio della centralità dell’uomo e non il contrario”. “Siamo consapevoli - ha spiegato poi - che la politica nella regione preferisce favorire gli interessi dei partiti invece che quelli del popolo e non manca la corruzione”. Mons. Gregorio Rosa Chávez, vescovo ausiliare di San Salvador, ha invece dato molta importanza “agli investimenti sociali” che ha definito “priorità massima del momento”. Mons. Gabriel Peñate, vescovo di Izabal in Guatemala, ha sottolineato l’importanza della sicurezza cittadina e quindi del bisogno di mettere in campo “delle politiche capaci di reprimere e prevenire il crimine, in particolare quello organizzato che poggia su ricchezze enormi, ricavate dal narcotraffico che colpisce soprattutto i giovani”. Ai lavori del Sedac partecipa padre Andrew Small, responsabile per l'America Latina della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, che ha spiegato la sua presenza “come una forma di solidarietà anche con tanti centroamericani che vivono in territorio statunitense”. Analizzando la nuova situazione venutasi a creare nel suo Paese dopo le elezioni presidenziali, padre Andrew Small ha sottolineato l’impegno dei vescovi in favore di una “riforma del sistema migratorio” per sanare “molte situazioni illegali”. La Chiesa statunitense e le sue organizzazioni - ha ricordato - “non si stancano di offrire a queste persone il maggiore accompagnamento possibile nonché la solidarietà”. Occorre trovare le soluzioni per “mettere fine alle deportazioni a sorpresa” che distruggono le famiglie e per un accesso meno burocratico alla cittadinanza statunitense "poiché vivere senza speranza e senza futuro - ha concluso padre Small - è già di per se una sorta di tortura”. (A cura di Luis Badilla)

    inizio pagina

    India: le suore di Madre Teresa in prima linea per i bambini dell’Orissa

    ◊   I cristiani dell’Orissa ancora nei campi profughi in pieno allarme sanitario. A tre mesi dall’inizio delle violenze anticristiane è questa la situazione nel turbolento Stato indiano. Violenze che sono tutt’ora rimaste impunite, le forze dell’ordine non hanno infatti operato alcun arresto. Il clima di paura e insicurezza è inoltre alimentato dalle minacce dei fondamentalisti che non si sono mai fermate. In questa realtà non manca però l’impegno di diversi gruppi attivi nel portare soccorso ai cristiani. Fra questi si distinguono le Missionarie della Carità, l’ordine religioso fondato dalla Beata Teresa di Calcutta. “Dobbiamo essere degli strumenti di pace – sottolinea Suor Suma, Superiora regionale delle Missionarie della Carità ad Asianews– in una terra in cui regnano ancora odio e tensione”. La suora distribuisce agli sfollati cibo e beni di prima necessità raccolti da Suor Nirmala, superiora generale delle MC, con una attenzione particolare per i bambini. “Tutti i conventi sparsi per l’India hanno voluto donare qualcosa per i bambini dei campi profughi a Kandhamal”. La suora denuncia poi l’allarme sanitario nei campi profughi: “Il morbillo e la varicella si stanno diffondendo in maniera rapida. L’amministrazione dei campi ha predisposto delle zone di quarantena dove riunire gli ammalati, ma questo non è servito a contenere la diffusione delle epidemie”. L’inverno ormai alle porte potrebbe aggravare una situazione già precaria e la paura di nuove violenze spinge i cristiani a rimanere nei centri di accoglienza. “Le persone – denuncia Suor Suma – sono terrorizzate e non hanno alcun motivo di rientrare nelle loro abitazioni, perché non è rimasto più nulla”. Intanto, i fondamentalisti indù del Vishwa Hindu Parishad (Vhp) continuano la loro campagna di odio contro i cristiani e confermano l’intenzione di bandire il Natale. Il governo dello stato – avvertono i fondamentalisti – ha tempo fino al 15 dicembre per scovare gli assassini di Swami Laxmanananda Saraswati. Scaduto il termine, riprenderanno le violenze e ai cristiani non sarà permesso celebrare la festività. (M.G.)

    inizio pagina

    Conclusa la campagna mondiale di preghiera contro le violenze anticristiane

    ◊   Con una Messa celebrata a Bangalore si è conclusa la campagna mondiale di preghiera contro le violenze anticristiane, in particolare per le vittime in Orissa. L’iniziativa, durata 40 giorni, era stata pensata dai salesiani con l’intento di mettere sotto la protezione di Maria tutti gli indiani. Sono stati offerti oltre 480mila Rosari da fedeli sparsi in 44 nazioni dei cinque continenti. All’agenzia Fides mons. Ignatius Paul Pinto, arcivescovo emerito di Bangalore, ha definito il Rosario come “uno strumento potente per portare la pace in famiglia e l’armonia nel Paese”. (B.C.)

    inizio pagina

    Spagna: distrutte le stazioni della tradizionale Via Crucis dedicata a San Francesco Saverio

    ◊   Nella notte di domenica tra Sanguesa e Javier, in Spagna, sono state distrutte o gravemente danneggiate sette croci della tradizionale Via Crucis della “Javierada”, dedicata al Patrono delle missioni, San Francesco Saverio. Un atto che segue la sentenza del tribunale di Valladolid che obbliga a togliere i crocefissi dalle scuole pubbliche. Per le croci della “Javierada”, installate nel 1952 a seguito di una sottoscrizione popolare, si tratta del terzo attacco in breve tempo. L’arcivescovado questa volta ricorrerà ad una nuova sottoscrizione per riparare le croci danneggiate entro i tre mesi che mancano per la celebrazione dell'evento. Secondo l’arcivescovo di Toledo, il cardinale Antonio Canizares Llovera, “tutto ciò denota una cristianofobia che, in ultima analisi, è l'odio verso se stessi". (M.G.)

    inizio pagina

    Mons. Paglia: cambia il tema della giornata di riflessione ebraico–cristiana

    ◊   Cambia il tema della giornata annuale di riflessione ebraico – cristiana che si celebra il 17 gennaio alla vigilia della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. La decisione è stata annunciata questa mattina da mons. Vincenzo Paglia, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo. Parlando ai delegati diocesani riuniti in convegno a Roma, mons. Paglia – ripreso dal Sir - ha spiegato che “la Giornata continuerà e andrà fatta con grande tenacia e con profonda spiritualità, ma per senso di fraternità con gli ebrei sarà sospesa la riflessione che dal 2006 stiamo facendo insieme sui 10 comandamenti”. Quest’anno gli ebrei hanno deciso di non partecipare alla Giornata di riflessione del dialogo ebraico-cristiano per manifestare la loro contrarietà per la nuova formulazione (nel Messale del 1962) della preghiera per gli ebrei del Venerdì Santo. Per di più, seguendo la numerazione ebraica, quest’anno era in programma una riflessione sullo “Shabbat”, la quarta parola: “Ricordati del giorno di sabato per santificarlo”. “Si è pertanto deciso – ha aggiunto mons. Paglia – di riflettere sul rapporto tra ebrei e cristiani, sottolineando l’importanza delle Scritture, alla luce del recente Sinodo dei vescovi e della partecipazione per la prima volta di un rabbino tra i vescovi di tutti il mondo”. Presto l’ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo farà arrivare ai delegati diocesani il nuovo sussidio per la celebrazione della Giornata. “Naturalmente – ha proseguito il vescovo – se ci sono degli ebrei che nelle diocesi vogliono partecipare alle iniziative della Giornata, noi non glielo impediremo. Ma ciò dipende dai rapporti che ognuno di noi ha con i rabbini e con i fratelli ebrei”. “La linea - ha aggiunto infine il presule - è quella di non enfatizzare l’incidente, anche perché una sua eccessiva sottolineatura contraddirebbe quello che vogliamo fare e cioè appianare la situazione. La nostra saggezza ci aiuterà a ricucire gli strappi”. (M.G.)

    inizio pagina

    Devastante crisi economica nello Zimbabwe: l'impegno della Chiesa

    ◊   Lo Zimbabwe “è precipitato nella sua peggiore crisi economica” da quando Robert Mugabe è diventato presidente. L’allarme è stato lanciato padre Andrzej Halemba, responsabile della sezione progetti per l’Africa di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), nel resoconto del suo recente viaggio in Zimbabwe. La disoccupazione è all’85% e l’inflazione è stimata a 231 milioni per cento, la più alta nel mondo. “Con 5 milioni di persone ridotte alla fame, la gente si contende il cibo con le scimmie nella foresta”, ha denuncia il religioso. Secondo il missionario veterano dell’Africa citato dal Sir, nel Paese africano i cristiani disperati contano sull’aiuto della Chiesa. Dal canto suo, Acs sostiene gli interventi della Chiesa per le necessità più immediate, inclusi aiuti nella diocesi di Bulawayo per circa 450 orfani a causa dell’Aids. “Noi stiamo dando il nostro aiuto nel fornire cibo e medicinali di prima necessità per gli ospedali - riferisce padre Halemba - così come sosteniamo i progetti pastorali e rispondiamo alle richieste di preghiere della popolazione per il loro amato e martoriato Paese”. Nel suo rapporto il missionario fa notare però che nonostante le emergenze umanitarie di vario tipo la Chiesa sia cresciuta in tutta l’Africa con un incoraggiante numero di vocazioni al sacerdozio. Attualmente circa il 20% di tutti i seminaristi della Chiesa cattolica provengono dal continente africano e in alcuni paesi si è verificato un impedimento ad una crescita ulteriore perché i seminari e i conventi non avevano più posto per accogliere altri candidati. Delineando le prossime sfide da affrontare in Africa, padre Halemba ha ricordato un recente avvertimento da parte del cardinale Francis Arinze che faceva notare come l’incremento delle vocazioni non è andato di pari passo con un approfondimento della fede. Padre Halemba ha quindi illustrato come Acs stia sostenendo la necessaria formazione per i sacerdoti, i religiosi e i laici, l’evangelizzazione e la catechesi familiare in tutto il continente. (M.G.)

    inizio pagina

    Appello della Chiesa australiana contro la pena di morte

    ◊   Un invito al parlamento per una più forte presa di posizione contro la pena di morte è stato rivolto dal Consiglio per la giustizia sociale della Chiesa cattolica australiana (Acsjc), alla vigilia di un dibattito sulla pena capitale. Secondo mons. Christopher Saunders, Vescovo di Broome e Presidente dell’Acsjc, il dibattito parlamentare darà ai politici australiani, di tutti partiti, l’opportunità per ribadire il “no” alla pena capitale in Australia e di unirsi al movimento per l’abolizione universale della pratica. L’Australia ha già messo al bando la pena di morte sul proprio territorio ma, per rendere il provvedimento definitivo, occorre incorporarlo nella legge nazionale, in modo tale che nessuna nuova amministrazione o nessun governo possa reintrodurre la pena capitale nell’ordinamento giuridico del Paese. Un passo auspicato dalla Chiesa australiana, secondo cui in questo modo si “darebbe alla comunità internazionale un segnale netto e chiaro”. “Noi crediamo – ha concluso mons. Saunders citato dalla Misna – che i valori che animano chi si oppone alla pena di morte non fanno distinzione tra politica estera o interna; per questo motivo la posizione dell’Australia non può essere circoscritta ai confini nazionali ma deve andare oltre”. In base agli ultimi dati sono 133 gli Stati abolizionisti nel mondo, contro i 64 Paesi che continuano a prevedere le esecuzioni capitali. L’ultimo ad aver cancellato dai suoi ordinamenti la pena di morte è il Burundi; in base al nuovo codice penale – approvato a larghissima maggioranza dal parlamento - la pena di morte, peraltro non più applicata dal 1997, è stata commutata in ergastolo. (M.G.)

    inizio pagina

    Sostenere i diritti dei migranti: l’impegno dei vescovi europei e africani a Liverpool

    ◊   Considerare i migranti una ricchezza per i Paesi che li accolgono e investire maggiormente in centri di studio, di accoglienza e pastorale. E’ il contenuto del messaggio, anticipato dal Sir ma ancora in fase di definizione, del seminario sul tema: “Le migrazioni, nuovo spazio di evangelizzazione e solidarietà”, che si è tenuto a Liverpool dal 19 al 23 novembre scorsi. Un incontro organizzato dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) e dal Simposio delle Conferenze episcopali d’Africa e Magadascar (Secam-Sceam). Nella nota si invitano le comunità cristiane europee ed africane ad essere “ancora più accoglienti nei confronti dei fratelli stranieri, riconoscenti del valore e del contributo che gli immigrati portano nei Paesi di accoglienza”. Ma anche a “prendere sul serio la pastorale delle migrazioni, a tutti i livelli, dalle gerarchie alla base, creando anche uffici e strutture apposite”, mantenendo “una preoccupazione sociale anche per il benessere dei migranti, che diventa alle volte politica”. Tra le preoccupazioni dei vescovi emerse durante il seminario, ma non trattate direttamente nel messaggio, “la situazione in Congo e in Sudan, la crisi alimentare e finanziaria, la chiusura delle frontiere in Europa, la disoccupazione”. (B.C.)

    inizio pagina

    Il ruolo dei cristiani in Europa al centro del convegno della Cei a Roma

    ◊   Si chiude domani a Roma il convegno annuale dei delegati diocesani per l’ecumenismo e il dialogo che ha per tema “Parola di Dio ed ecumenismo. Bilanci e prospettive in preparazione alla XII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi”. Ieri nel corso delle discussioni – come riporta l’agenzia Sir - sono state evidenziate le sfide per i cristiani di oggi in Europa come “la salvaguardia dell’ambiente”, “l’accoglienza degli immigrati e dei rom”, “il peso che possono avere insieme le confessioni cristiane sulle istituzioni europee per una società più equa”, “il contrasto alla povertà”, “la lotta al fondamentalismo”, “l’impegno per la pace”. Nel corso del convegno mons. Vincenzo Paglia, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, ha invitato a pensare ad una quarta assemblea ecumenica dopo quelle di Basilea, Graz e Sibiu. “Un tale appuntamento – ha spiegato il presule – è importante per noi cristiani, ma soprattutto per l’Europa, che rischia di perdere se stessa in quanto si sta svuotando delle sue dimensioni costitutive, delle sue radici”. (B.C.)

    inizio pagina

    Piacenza saluta le suore adoratrici del nuovo monastero di clausura di Veano

    ◊   Villa Alberoni di Veano, in provincia di Piacenza, torna ad essere luogo di preghiera e spiritualità. La struttura – riferisce Avvenire - fino al 2000 ha ospitato le iniziative dell’Azione Cattolica diocesana, ma dopo i lavori dell’Opera Pia Alberoni rinasce con l’arrivo di dieci monache messicane delle congregazione delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento. Le religiose saranno accolte sabato prossimo con una Messa celebrata dal vescovo di Piacenza-Bobbio, Gianni Ambrosio, seguirà un momento di festa a Veano. L’ingresso in monastero è invece previsto per domenica con i vespri presieduti dal vicario generale Lino Ferrari. Grande è la soddisfazione del presidente dell’Opera Pia, Anna Braghieri, secondo la quale era da tempo che si pensava alla soluzione più adeguata per la ristrutturazione della casa: “L’idea di dar vita ad un monastero di clausura è stata un dono di Dio”. Tutto è nato dall’incontro tra padre Luigi Mezzadri e il piacentino don Stefano Antonelli, allora studente a Roma, che parlarono di Veano al gesuita Arturo Elberti, assistente delle monache. Carisma della Congregazione è l’adorazione perpetua. La fondatrice è la grossetana Caterina Sordini, che a 17 anni fu promessa in sposa ad un nobile. Ma guadandosi allo specchio ricoperta di gioielli vide l’immagine di Gesù crocefisso che la esorto a non abbandonarlo per un altro. Fu così che Caterina nel 1788 entro nelle Terziarie Francescane. Quando Gesù le apparve di nuovo fu invece l'inizio della nuova Congregazione fondata nel 1807. (M.G.)

    inizio pagina

    Medici Senza Frontiere lancia un sito con testimonianze dal Nord Kivu

    ◊   Supportare la popolazione del Kivu perché la sua voce venga ascoltata. E’ l’intento con il quale Medici Senza Frontiere ha lanciato un nuovo sito internet www.condizione-critica.it nel quale è possibile trovare testimonianza di quello che accade nella regione della Repubblica Democratica del Congo. Secondo Sergio Cecchini, direttore della comunicazione di Msf Italia, è uno strumento perché gli stessi congolesi "parlino della propria vita e delle lotta per sopravvivere in questa dura situazione”. “Nessuno meglio di loro – sottolinea Cecchini all’agenzia Sir - può parlare delle proprie condizioni di vita e dei bisogni e può dare un volto a questo dolore”. (B.C.)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    Via libera al piano anticrisi dell’Unione Europea

    ◊   La Commissione europea ha dato oggi il via libera alle sue proposte per affrontare la crisi economica conseguente a quella finanziaria. Si tratta di un pacchetto da 200 miliardi di euro. Il servizio di Fausta Speranza:

    “È una risposta senza precedenti” ad una “crisi senza precedenti”, ha detto il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso. Il piano da 200 miliardi si traduce in un contributo dell'1,2% a carico dei bilanci dei 27 Stati membri e un contributo dello 0,3% da parte dei fondi comunitari. Ogni Paese, dunque, dovrebbe dare il suo contributo a seconda della propria situazione economica e sul fronte delle finanze pubbliche. In definitiva un 1,5% del Pil dell'intera Ue. Barroso lo definisce un piano “potente, sistematico e pragmatico” che si articola in dieci punti tra i quali anche lo sviluppo delle tecnologie pulite per le auto e per il settore delle costruzioni. Il piano prevede un margine di flessibilità di due anni per il rispetto dei parametri di Maastricht. Ma Almunia, commissario europeo agli Affari economici e monetari, sottolinea: “Il patto di stabilità e di crescita continua ad esistere e non viene messo tra parentesi”.

    Negli Stati Uniti Obama annuncia tagli al bilancio
    Dopo aver annunciato il suo piano per stimolare l'economia statunitense, il presidente eletto Barack Obama è tornato ieri davanti ai media per annunciare i tagli al bilancio necessari per evitare che il deficit federale raggiunga proporzioni catastrofiche. Il servizio di Elena Molinari:

    Gli americani vogliono un governo intelligente, non ideologia o fanatismo, ma azioni e fatti. La premessa di Barak Obama ha addolcito la pillola che è venuta dopo: parlando di sacrifici in vista, infatti, il presidente eletto ha preannunciato agli americani che gli anni a venire non saranno facili, ma che alla fine ne emergerà un Paese più forte. “Abbiamo un mandato chiaro per muovere l’America in una nuova direzione – ha detto Obama – e per questo le riforme non sono un’opzione ma un obbligo”. Obama, quindi, ha annunciato la nomina di Peter Orszag, direttore del Bilancio della Casa Bianca. Il compito del nuovo funzionario non sarà facile: il bilancio federale americano sta perdendo miliardi di dollari. “Un’emorragia – ha detto Obama – che bisognerà tentare in qualche modo di contenere”. Intanto, si apprende che il segretario alla Difesa, Robert Gates, avrebbe accolto la proposta del presidente eletto di rimanere al Pentagono per almeno un anno, per dare un senso di continuità alle guerre in Iraq ed Afghanistan.

     
    Pakistan
    Il principale bersaglio dell'attacco sferrato sabato in Pakistan da un 'drone' americano era un esperto egiziano di esplosivi appartenente ad Al Qaeda. L'aereo senza pilota ha colpito con tre missili una costruzione nel villaggio di Ali Khel, a breve distanza dal confine con l'Afghanistan. Intanto il capo dell'aviazione pachistana ha invitato il governo a decidere se usare mezzi diplomatici o militari, ritenendo la forza aerea del Paese capace di abbattere gli aerei americani senza pilota. A partire da settembre, gli Stati Uniti hanno compiuto oltre 20 raid nelle aree tribali del Pakistan al confine con l'Afghanistan per colpire talebani ed esponenti di al Qaeda. Islamabad lamenta che diversi civili sono stati uccisi negli attacchi e considera i raid come violazioni della propria sovranità nazionale.

    Striscia di Gaza
    Restano chiusi anche oggi, per il 22.mo giorno, i principali valichi di transito fra Israele e la Striscia di Gaza con la sola eccezione di quello di Kerem Shalom, aperto per alcune ore, mentre dal mare si sta avvicinando alle coste di Gaza una nave libica carica di aiuti per la popolazione palestinese. La chiusura delle frontiere resta in vigore, viene spiegato in Israele, perchè anche ieri da Gaza è stato sparato un razzo contro il Neghev israeliano. Ancora non è noto se le autorità israeliane autorizzeranno il passaggio della nave libica. Quanto ai valichi terrestri, a quanto pare per Kerem Shalom, nel Sud della Striscia transiterà una quarantina di camion carichi di generi alimentari destinati alla popolazione palestinese.

    Trattato UE
    La Corte costituzionale ceca ha dato oggi il via libera al Trattato di Lisbona, ritenendolo conforme alla costituzione del Paese, e aprendo così la strada alla sua ratifica da parte del Parlamento. La sentenza è stata pronunciata dopo sette mesi di esami costituzionali avviati su richiesta del Senato. Il Trattato dovrà ora essere ratificato da entrambe le Camere del Parlamento e firmato dal presidente Vaclav Klaus, il quale ne sosteneva l’illegittimità. Il presidente aveva detto ieri che se l'Irlanda si pronuncerà a favore del documento, lui non sarà l'ultimo presidente europeo a bloccarlo.

    Rapiti due giornalisti in Somalia
    Due giornalisti occidentali sono stati oggi rapiti in Puntland, regione semiautonoma nel nord-est della Somalia, mentre giunge notizia di un’intesa per rafforzare il governo di transizione. Il servizio di Federica Andolfi:

    Fonti ufficiali locali di polizia, di cui riferisce Radio Nairobi, danno per certo il rapimento di due giornalisti senza però poter precisare la loro nazionalità. Alcune fonti, parlano di due britannici, altre di un francese e di uno spagnolo. Lo scorso agosto sono stati rapiti a Mogadiscio due giornalisti indipendenti, uno australiano ed uno canadese, ancora, per quanto se ne sa, nelle mani dei sequestratori. Intanto, una nuova intesa per rafforzare il debolissimo Governo Federale di Transizione somalo ed un avvio alla pacificazione è stata raggiunto a Gibuti, e resa nota oggi a Nairobi dall'Onu, sotto la cui egida è stata firmata. Negli ultimi mesi accordi più o meno analoghi sono già stati sottoscritti, senza però il minimo riscontro concreto sul terreno. Il debole governo federale si regge per l'appoggio delle truppe etiopiche, presenti in Somalia da quasi due anni. L'ultima intesa prevede un governo di unità nazionale al quale partecipino anche le fazioni moderate (minoritarie) dell'opposizione, riunite nell'Alleanza per la Ri-Liberazione della Somalia (Ars, basata all'Asmara); e l'allargamento dell'attuale Parlamento somalo, che ha sede a Baidoa, dagli attuali 135 deputati a 2OO: i 65 nuovi seggi sarebbero assegnati all'area moderata dell'Arl. Ma la situazione appare molto complessa. Il presidente somalo Yusuf non avalla questa scelta, anzi formalmente l’ha respinta quando è stata avanzata la scorsa settimana.

     
    Pirateria nelle acque al largo della Somalia
    La compagnia armatrice della petroliera turca sequestrata due settimane fa da pirati somali al largo delle coste dello Yemen ha reso noto di essere vicina a raggiungere un accordo per ottenere la restituzione dell'imbarcazione ed il rilascio dei 14 uomini dell'equipaggio. Per la nave yemenita, sequestrata ieri, i pirati hanno chiesto un riscatto di due milioni di dollari, mentre sono ancora in corso le trattative per liberare altre 16 imbarcazioni. Intanto, le monarchie petrolifere del Golfo hanno annunciato che si stanno “coordinando” con le grandi potenze navali per lottare contro la pirateria marittima, che denunciano come una nuova forma di terrorismo.

    Zimbabwe
    Il governo delle Zimbabwe ha assicurato oggi che la situazione sanitaria è “sotto controllo”, rifiutandosi al tempo stesso di proclamare lo stato di emergenza nonostante un'epidemia di colera abbia già causato più di 360 morti.. L'organizzazione non governativa britannica Oxfam e varie associazioni di medici dello Zimbabwe hanno invitato il governo a proclamare lo stato di emergenza per lottare contro l'epidemia.

    Groenlandia
    Con il 75,5% di sì all'autodeterminazione è passato in Groenlandia il referendum di riforma dello statuto del 1979 che regola l'autonomia da Copenaghen. La Danimarca continuerà comunque a controllare la politica monetaria della Groenlandia e la politica estera. Il nuovo statuto dell'isola artica, che stabilisce una totale autogestione nello sfruttamento delle risorse del sottosuolo e che prevede anche una polizia autonoma e il riconoscimento della lingua locale, entrerà in vigore il 21 giugno prossimo. Secondo alcuni osservatori, si prevede che lo sfruttamento dei ricchi giacimenti di idrocarburi sotto i ghiacci possa soppiantare i contributi elargiti dalla corona danese, che lo scorso anno hanno raggiunto i 420 milioni di euro.

    Ossezia del Nord
    Il sindaco di Vladikavkaz, la capitale della repubblica caucasica russa dell'Ossezia del nord, è stato ucciso stamane a colpi d'arma da fuoco. Vitaly Koraiev, questo il nome del primo cittadino nordosseto, è stato colpito in auto dopo essere uscito di casa ed è morto all'ospedale. L’attentato di oggi a Vladikavkaz riporta in primo piano l’instabilità del Caucaso. Ce ne parla Luigi Geninazzi, inviato del quotidiano Avvenire ed esperto di area ex sovietica, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – La situazione di grande instabilità del Caucaso, che ha avuto per tanti anni il suo epicentro in Cecenia, adesso si è spostato nelle altre Repubbliche della Federazione russa, soprattutto nell’Ossezia del Nord, in Inguscezia e in Daghestan, che sono le Repubbliche ormai più ad alto rischio, dove quasi ogni giorno ci sono ammazzamenti e attentati. E ricordiamo l’ultimo attentato, che c’è stato sempre a Vladikavkaz, pochi giorni fa. L’Ossezia del Nord è la regione dove è avvenuto il sequestro e l’attentato di Beslan, quattro anni fa, dove morirono oltre 300 bambini e insegnanti nella scuola sequestrata dai terroristi ceceni. Ecco, tutto questo ci fa capire che è la lunga coda di quello che è avvenuto in agosto con la guerra tra Russia e Georgia. Il Caucaso è una terra sempre instabile e ha ancora questi sommovimenti che, però, si spostano e diventano sempre più violenti e a rischio nelle altre Repubbliche, fuori da quello che ormai nell’immaginario di tutti in Occidente è la Cecenia.

     
    D. – Possiamo indicare una regia unica in tutti questi attentati che avvengono e che continuano ad avvenire?

     
    R. – Certamente sono dei gruppi collegati fra loro, ma ci sono vari elementi. Un elemento è senza dubbio l’estremismo islamico che sta crescendo in questi Paesi, c’è poi anche l’infiltrazione delle bande di Al Qaeda, e tutto questo si lega ad un fattore cronico, endemico, che è la criminalità e la mafia. Tutti questi elementi stanno assieme. Quindi, nel caso dell’uccisione del sindaco di Vladikavkaz è probabile che tutti questi elementi ci siano, come moventi.

     
    Il presidente russo in visita in Venezuela
    Proveniente dal Brasile, il presidente russo, Dmitri Medvedev, è oggi a Caracas, dove incontrerà il capo dello Stato Hugo Chavez, in coincidenza con l'arrivo in Venezuela dell'incrociatore lanciamissili a propulsione nucleare 'Pietro il Grandè, che insieme ad altre tre navi russe compierà nei prossimi giorni esercitazioni congiunte nel Mar dei Caraibi. I media locali definiscono 'storicò il viaggio di Medvedev, rilevando tra l'altro che era da 168 anni che navi militari russe non entravano in acque venezuelane. Luis Badilla:

     
    Venezuela, Brasile, Cuba, Ecuador e Perù sono state in questi giorni tappe di un'offensiva diplomatica rilevante da parte della Federazione Russa e il Presidente Dmitri Medvédev, il suo ministro per gli affari esteri Sergey Lavrov e il vice presidente della "Gazprom" Alexander Medvédev si sono alternati con loro visite in diverse capitali per parlare di affari a tutto campo: da quelli squisitamente militari al commercio degli idrocarburi passando per la tecnologia agricola nucleare. La stampa latinoamericana pubblica numerosi commenti che evidenziano preoccupazione soprattutto per la vendita di armi, sia quella già in atto sia quella possibile. Al riguardo si ricordano gli accordi con Caracas e quelli proposti al Brasile perché concretizzi l'acquisto di vari sistemi di armi russi che i vertici delle forze armate brasiliane stanno esaminando da tempo. Il primo è un possibile ordine da 250 milioni di dollari di elicotteri da trasporto e attacco al suolo Mi-35, sul quale però l'aeronautica brasiliana esige che siano montati sistemi “avionics” fabbricati in Brasile dall'israeliana AEL, un'esigenza che i russi considerano “antieconomica”. L'idea di apparire insieme al Venezuela come compratore e utente di armi russe non sembra piacere al governo brasiliano che preferisce l'indipendenza che gli garantiscono i francesi. Resta da vedere cosa sarà in grado di offrire in queste ore il presidente Medvédev al Presidente Lula per convincerlo.

     
    Thailandia
    Otto persone sono state ferite a Bangkok in tre diverse esplosioni, due in città e una nell'aeroporto internazionale, bloccato da diverse ore. Le esplosioni sono avvenute nel corso delle manifestazioni organizzate da ieri da 10 mila appartenenti al partito d'opposizione, Alleanza del popolo per la democrazia (Pad). Hanno occupato l’aeroporto di Bangkok, mentre era atteso l'arrivo dell'aereo del premier in ritorno dal vertice dell'Apec in Perù. Da agosto presidiano l'ufficio del primo ministro nel centro della capitale. Da sei mesi, infatti, l’opposizione chiede le dimissioni del governo, accusandolo di essere asservito all'ex premier in esilio, Thaksin Shinawatra, miliardario incriminato per corruzione che si è rifugiato all'estero. Nelle ultime ore l’opposizione ha respinto l'offerta di negoziati da parte dell’esecutivo. Da parte sua, il capo dell'esercito ha chiesto ai manifestanti di ritirarsi e ha invitato il governo a dimettersi e a convocare nuove elezioni.

    Almeno 84 morti per le alluvioni in Brasile
    È salito a 84 morti e almeno 54 mila sfollati il bilancio delle alluvioni che da giorni si stanno abbattendo sul Brasile meridionale. In diverse delle 30 città coinvolte, sono stati inoltre segnalati saccheggi nelle case e nei negozi. La protezione civile brasiliana ha reso noto che la zona più colpita dal disastro è lo Stato di Santa Caterina. Intanto l'esercito brasiliano ha iniziato a consegnare i primi aiuti alla popolazione. Secondo le autorità sarebbero non meno di 1,5 milioni le persone colpite in vario modo. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 331

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    inizio pagina