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Sommario del 23/11/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Se ciascuno pensa solo ai propri interessi il mondo non può che andare in rovina: così il Papa nell’odierna Solennità di Gesù Cristo Re dell’universo
  • Domani, a Nagasaki l’attesa beatificazione di Pietro Kibe Kasui, gesuita, e di 187 martiri giapponesi
  • Il Catholicos di Cilicia degli Armeni, Aram I, è a Roma, da oggi a giovedì, per incontrare Benedetto XVI
  • Nota del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, approvata dalla Segreteria di Stato, sui temi della finanza e dello sviluppo
  • Celebrazioni nell’abbazia cistercense di Waldsassen, in Germania, fondata 875 anni fa
  • Oggi in Primo Piano

  • Della drammatica situazione in Nord Kivu ci parla mons. Nicolas Djomo Lola, presidente della Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo
  • In missione in Corea del Nord un religioso cattolico: è la prima volta, dopo la presa del potere da parte del regime comunista
  • Oggi in Italia la Giornata di sensibilizzazione per il sostentamento dei sacerdoti
  • Chiesa e Società

  • La carità e il contesto sociale di oggi: al centro dell'omelia del cardinale Bertone per la riapertura al culto della cattedrale di Agrigento
  • Le riflessioni di Benedetto XVI su dialogo interreligioso e liberalismo nella lettera pubblicata nel saggio di Marcello Pera "Perchè dobbiamo dirci cristiani"
  • "I tempi per un nuovo dialogo sono maturi": è quanto emerge dall'ultima giornata delle Settimane Sociali di Francia:
  • Vicariato: tre incontri di catechesi per preparare i giovani romani al pellegrinaggio estivo in Terra Santa
  • Al via l'Assemblea plenaria dei vescovi del Nord Africa
  • Cartoline natalizie a Betlemme su iniziativa del Consiglio Ecumenico delle Chiese
  • In preparazione il IV convegno ecumenico italiano
  • Al via domani l’assemblea plenaria della Conferenza episcopale spagnola
  • 24 Ore nel Mondo

  • Obama assicura che proseguirà l'impegno USA in Afghanistan, con una telefonata a Karzai
  • Il Papa e la Santa Sede



    Se ciascuno pensa solo ai propri interessi il mondo non può che andare in rovina: così il Papa nell’odierna Solennità di Gesù Cristo Re dell’universo

    ◊   Il Signore non sa che farsene di forme ipocrite di devozione se si trascurano i suoi comandamenti: sono parole del Papa che all’Angelus ha ricordato la Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo celebrata oggi, commentando la parabola del giudizio finale. Dopo la preghiera mariana, ha poi ricordato la particolare beatificazione di 188 martiri che avverrà domani in Giappone, la terribile carestia che colpì l’Ucraina 75 anni fa e poi l’anniversario del programma polacco della radio vaticana, che festeggia domani 70 anni di trasmissioni. Il servizio di Fausta Speranza

    “La verità sul nostro destino ultimo e sul criterio con cui saremo valutati”: è questo -spiega il Papa – il messaggio del vangelo di oggi e di quella che definisce la “stupenda parabola del giudizio finale”. Ne ricorda qualche parola per poi sottolinearne l’importanza:

     
    “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto… (Mt 25,35) e così via. Chi non conosce questa pagina? Fa parte della nostra civiltà. Ha segnato la storia dei popoli di cultura cristiana: la gerarchia di valori, le istituzioni, le molteplici opere benefiche e sociali.”
     
    Il regno di Dio, come diceva Gesù non è di questo mondo e infatti Gesù rifiutò il titolo di re quando si intendeva in senso politico, ma – sottolinea Benedetto XVI – il regno di Dio “porta a compimento tutto il bene che, grazie a Dio, esiste nell’uomo e nella storia”. E il Papa fa una raccomandazione precisa:

     
    “Se mettiamo in pratica l’amore per il nostro prossimo, secondo il messaggio evangelico, allora facciamo spazio alla signoria di Dio, e il suo regno si realizza in mezzo a noi. Se invece ciascuno pensa solo ai propri interessi, il mondo non può che andare in rovina.”

     
    E il Papa ricorda che “il regno di Dio non è una questione di onori e di apparenze, ma, come scrive San Paolo, è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo”. Un insegnamento chiaro e forte cui il Papa aggiunge altre forti considerazioni: “Al Signore sta a cuore il nostro bene, cioè che ogni uomo abbia la vita”, - dice – che specialmente i suoi figli più piccoli possano accedere al banchetto che Lui ha preparato per tutti”. E il Papa poi spiega:

     
    “Perciò, non sa che farsene di quelle forme ipocrite di chi dice “Signore, Signore” e poi trascura i suoi comandamenti (cfr Mt 7,21). Nel suo regno eterno, Dio accoglie quanti si sforzano giorno per giorno di mettere in pratica la sua parola.”
     
    Dopo la preghiera mariana, Benedetto XVI ha ricordato due momenti particolarmente significativi per la vita della Chiesa:

     
    “Domani, in Giappone, nella città di Nagasaki, avrà luogo la beatificazione di 188 martiri, tutti giapponesi, uomini e donne, uccisi nella prima parte del XVII secolo. In questa circostanza, così significativa per la comunità cattolica e per tutto il Paese del Sol Levante, assicuro la mia spirituale vicinanza. Sabato prossimo, inoltre, a Cuba sarà proclamato beato Fratel José Olallo Valdés, dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio. Alla sua celeste protezione affido il popolo cubano, specialmente i malati e gli operatori sanitari.”

     
    Tra i saluti in varie lingue, un pensiero particolare ai pellegrini ucraini, ricordando che ricorre in questi giorni il 75esimo anniversario della grande carestia che negli anni 1932-33 causò milioni di morti in Ucraina e in altre regioni dell’Unione sovietica durante il regime comunista. Il Papa assicura la sua preghiera per le vittime auspicando vivamente che “nessun ordinamento politico possa più, in nome di un’ideologia, negare i diritti della persona umana e la sua libertà e dignità” e invitando le nazioni a “procedere sulle vie della riconciliazione e a costruire il presente e il futuro nel rispetto reciproco e nella ricerca sincera della pace”.
     
    C’è poi il saluto alla sezione polacca della Radio Vaticana che celebra domani il 70esimo anniversario della sua attività. Il papa esprime il suo grazie ai redattori per il loro generoso lavoro. Infine, un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai dirigenti e ai cantori dell’Associazione Italiana Santa Cecilia, che ha tenuto il suo convegno, con uno speciale concerto, presso la Basilica di San Paolo fuori le Mura, e un saluto anche alle due associazioni OARI e AVULSS, impegnate nel volontariato accanto ai malati e ai sofferenti, come pure i fedeli provenienti da Marsico Nuovo, Reggio Calabria, Avola, Priolo e Vallelunga. Per tutti, l’augurio del Papa per una buona domenica.  

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    Domani, a Nagasaki l’attesa beatificazione di Pietro Kibe Kasui, gesuita, e di 187 martiri giapponesi

    ◊   Come ha ricordato il Papa all’Angelus, domani la Chiesa cattolica giapponese vivrà un evento unico. Una celebrazione religiosa pubblica inconsueta che domani, lunedì 24 novembre, per ospitare le oltre trentamila persone previste, si svolgerà nello stadio di baseball di Nagasaki. E’ la beatificazione di Pietro Kibe Kasui, gesuita, e di 187 martiri giapponesi, nella stragrande maggioranza laici, intere famiglie, donne e bambini. La celebrazione liturgica sarà presieduta dal cardinale arcivescovo emerito di Tokyo, mons. Peter Seiichi Shirayanagi, con il cardinale Saraiva Martins, Prefetto emerito della Congregazione delle cause dei santi, in rappresentanza del Papa, e alla presenza del cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Una celebrazione che avrà una risonanza oltre i confini del Giappone, perché insieme ai sedici vescovi del Paese, su loro invito, concelebreranno anche sette vescovi dalla Corea, insieme a vescovi dalle Filippine e da Taiwan.

    I 188 martiri sono una rappresentanza di quei cristiani che tra il 1603 e il 1639 con la loro vita gettarono le fondamenta di una radicata comunità cristiana in tutto il Giappone. Il vescovo Osamu Mizobe, presidente della commissione dei vescovi giapponesi che ha preparato la beatificazione, ricorda, infatti, che sono oltre cinquemila le persone di cui si conosce il nome e le modalità del martirio, su un totale di circa ventimila persone che persero la vita nelle persecuzioni anticristiane. Un frutto maturato in pochi anni, se si pensa che il primo missionario a mettere piede nel Sol Levante era stato appena cinquanta anni prima, il gesuita san Francesco Saverio. E non a caso, tra i martiri di domani ci sono quattro gesuiti, insieme anche ad un agostiniano, a testimonianza di un impegno apostolico che vede ancora oggi la Compagnia di Gesù ben radicata nella società e nella cultura giapponese. Quello che colpisce nella biografia di questi martiri, non è tanto l’efferatezza delle torture cui vennero sottoposti uomini, donne e bambini, ma è la radicalità della loro fede, il fortissimo legame comunitario che univa gente comune con esponenti della nobiltà, molti appartenevano alla rispettata classe dei samurai. Anch’essi, per rimanere fedeli al Vangelo ed al suo messaggio di amore, accettarono la morte inermi, spesso con le loro famiglie.

    Per questo, la Chiesa cattolica del Giappone, guarda a loro come compagni di fede per il futuro, come spiega l’arcivescovo di Nagasaki, mons. Joseph Mitsuaki Takami, intervistato da Davide Dionisi:

     
    R. – Potrebbe essere un punto di partenza, ripartenza, per l’evangelizzazione e per rinnovare la nostra coscienza, forse, come cristiani. Ci hanno dato un grande messaggio: la fede, l’atteggiamento verso gli altri, la pace, la libertà di religione.

     
    D. – Come viene vista dalle altre comunità religiose civili la beatificazione di martiri cristiani?

     
    R. – Adesso sono molto interessati a sapere; questa beatificazione può essere anche un’occasione per noi, per la Chiesa del Giappone, di far sapere a loro questa nostra fede, il nostro messaggio che abbiamo per la società giapponese. Possiamo far sapere agli altri giapponesi che ci sono valori non mondani ma eterni, che i martiri hanno potuto per questo offrire le loro vite. Nella società giapponese, come nelle altre società, c’è tanta gente che vive un po’ troppo egoisticamente.

     
    D. – Possiamo dire che pure nella drammaticità di quegli eventi, la loro testimonianza è un patrimonio che arricchisce il Paese?

     
    D. – Non è solo questa beatificazione che può fare questo, ma tutti noi cristiani giapponesi dobbiamo fare più sforzi per arricchire il nostro Paese, portando il nostro patrimonio cristiano, dando la nostra testimonianza. Dobbiamo continuare, sempre.

    Concorda il vescovo di Takamatsu, mons. Osamu Mizobe, presidente della Commissione dei vescovi giapponesi per la beatificazione dei 188 martiri, raggiunto telefonicamente da Pietro Cocco:

     R. – Questi martiri danno una lezione: vivere con la fede, vivere con personalità, e morire; dunque, da una parte, dare un messaggio alla società giapponese di oggi, dall’altra parte, alla Chiesa cattolica. Questa potrebbe essere l’occasione di un rinnovamento spirituale della Chiesa giapponese.

     
    D. – Come viene vista dalle altre comunità religiose e civili in Giappone questa beatificazione?

     
    R. – In genere, molto favorevole.

     
    D. – Ma a cosa fu dovuto questo periodo così doloroso e drammatico della Chiesa cattolica in Giappone?

     
    R. – Il problema principale della persecuzione è questo: la religione cristiana ha insistito nell’affermare che Dio è l’unico creatore, e lo Stato giapponese non ammetteva questo.

     
    D. – Mons. Mizobe, la beatificazione riguarda 188 persone; c’è padre Kibe, un padre gesuita, con altri tre confratelli, un padre agostiniano; gli altri sono tutti quanti laici…

     
    R. – Nello scegliere questi martiri, noi ci siamo basati su quattro criteri. Il primo è questo: per i giapponesi, per la vita cattolica del Giappone. Il secondo è: fino ad adesso tutti questi santi beati sono stati uomini, allora questa volta abbiamo preso in considerazione le donne, i bambini. Il terzo è: 400 anni fa la Chiesa cattolica si è espansa per tutto il Giappone, allora abbiamo preferito scegliere quasi tutte le diocesi. Poi, il quarto criterio è che sono quattro sacerdoti, che sono ben noti, conosciuti, però ci sono tanti altri sacerdoti martiri.

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    Il Catholicos di Cilicia degli Armeni, Aram I, è a Roma, da oggi a giovedì, per incontrare Benedetto XVI

    ◊   Il Catholicos di Cilicia degli Armeni, Aram I, è a Roma da oggi a giovedì 27 novembre per incontrare Benedetto XVI. In programma due momenti diversi di incontro. La visita avviene in un contesto di buone relazioni, confermate anche dalle numerose visite dei Catholicos sia di Etchmiadzin che di Cilicia.

    Il programma della visita prevede significativi momenti di preghiera. Benedetto XVI e Aram I si incontreranno due volte. Alle ore 11.45 di lunedì 24 novembre, nel Palazzo Apostolico, il Papa riceverà il Catholicos. In precedenza, alle ore 9.30, Aram I visiterà la Basilica vaticana, pregherà davanti alla tomba di Giovanni Paolo II e poi davanti alla statua di San Gregorio l’Illuminatore che si trova in una nicchia esterna della Basilica. Il secondo incontro avverrà mercoledì 26 alle ore 10.30 in occasione dell’udienza generale. Per quanto riguarda il programma degli altri impegni: lunedì 24, alle ore 17, Aram I sarà nella Basilica di San Paolo fuori le Mura per una breve liturgia. Martedì 25 parteciperà, alle ore 19.30, ai Vespri nella Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, memoriale dei martiri del ventesimo secolo, e a un incontro di preghiera a Santa Maria in Trastevere. Inoltre sono previste conversazioni con il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, il segretario, il sotto-segretario e gli officiali della sezione orientale del dicastero. Il Catholicos sarà anche ricevuto dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, e dal cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Un evento di rilievo, poi, sarà la visita alla Pontificia Università Urbaniana dove, martedì alle ore 11, Aram I terrà la lectio magistralis sul tema: "The Christians in the Middle East".

    Ricordiamo che lo stesso Aram I è venuto a Roma a gennaio 1997 per incontrare Giovanni Paolo II. Bisogna, inoltre, ricordare che la Chiesa armena è distinta in due Catholicossati, quello di Etchmiadzin e quello di Cilicia. Si tratta di una distinzione che ha motivi storici, ma in ogni caso tutti gli armeni costituiscono una sola Chiesa.

    Sul significato della visita, Filippa Hitchen ha intervistato il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani:


    R. – Certamente è una visita di cortesia, ma al contempo molto più di una visita di cortesia, perché la Chiesa armena in Cilicia fa parte della famiglia delle Chiese orientali ortodosse e noi siamo in dialogo con loro. Per questo, la visita ha anche un significato ecumenico. In secondo luogo, Aram I è una persona molto stimata nel contesto dell’ecumenismo. In terzo luogo, con lui possiamo discutere anche della situazione del Libano che un tempo era un Paese cristiano mentre ora la maggioranza della popolazione non è più cristiana; le Chiese, però, e soprattutto i leader delle Chiese hanno in Libano un’influenza politica molto importante e quindi si apre il dialogo sulla pace in Medio Oriente.

     
    D. – Un altro tema importante: il Catholicos viene anche per venerare la memoria dei martiri del cosiddetto genocidio degli Armeni. Secondo lei, cosa può fare la Santa Sede? Qual è la posizione della Santa Sede riguardo a questa grande ferita?

     R. – Certamente è una ferita nella coscienza e nel cuore di tutti gli armeni e la posizione della Santa Sede è stata espressa da Giovanni Paolo II quando fece visita in Armenia: lui ha visitato il memoriale delle vittime del genocidio e il Papa ha usato anche questo termine, malgrado esso non piaccia ai turchi. Non si tratta del termine: è un fatto che ci siano state moltissime vittime e quindi questa è una memoria che ha bisogno di guarire. Io non so se la Santa Sede possa fare qualcosa per migliorare i rapporti tra Turchia e Armenia, ma nondimeno questa è una cosa molto importante per la pace in Medio Oriente. La Chiesa cattolica deve essere dapprima con le vittime, questo è un principio importante per il nostro agire.

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    Nota del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, approvata dalla Segreteria di Stato, sui temi della finanza e dello sviluppo

    ◊   “Per affrontare la crisi serve un nuovo patto finanziario internazionale”. E' quanto si legge in una nota del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, approvata dalla Segreteria di Stato, riguardo al tema della finanza e dello sviluppo, alla vigilia della Conferenza promossa dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite a Doha. Il documento chiede anche di rivedere il ruolo dei mercati offshore, che sono stati un’importante cinghia di trasmissione della crisi. Il servizio di Alessandro Guarasci

    I Paesi ricchi si aprano a quelli più poveri. Solo così, secondo Giustizia e Pace, si può uscire dalla crisi economica che sta attanagliando il mondo. “Occorre evitare che si inneschi la catena del protezionismo reciproco; piuttosto – dice il documento - si devono rafforzare le pratiche di cooperazione in materia di trasparenza e di vigilanza sul sistema finanziario. In particolare, è importante che il pur necessario confronto politico fra i Paesi più ricchi non porti a soluzioni basate su accordi esclusivi, ma rilanci uno spazio di cooperazione aperto e tendenzialmente inclusivo”. Il Pontificio Consiglio afferma che il sistema mondiale, in pratica, si basa su due paradossi: “Sono i Paesi poveri a finanziare i Paesi ricchi, che ricevono risorse provenienti sia dalle fughe di capitale privato, sia dalle decisioni governative di accantonare riserve ufficiali sotto forma di attività finanziarie sicure, collocate nei mercati finanziariamente evoluti o nei mercati offshore”. E poi, “le rimesse degli emigrati comportano un afflusso di risorse che, a livello macro, superano largamente i flussi di aiuto pubblico allo sviluppo. È come dire che i poveri del Sud finanziano i ricchi del Nord e gli stessi poveri del Sud devono emigrare e lavorare al Nord per sostenere le loro famiglie al Sud”. Dunque, per risolvere la crisi, servono azioni concrete. E un passo fondamentale, secondo il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, è “considerare attentamente il ruolo, nascosto ma cruciale, del sistema finanziario offshore”, perché questi mercati sono stati un anello importante nella trasmissione dell'attuale crisi finanziaria, attraverso “…fughe di capitali di proporzioni gigantesche, flussi legali motivati da obiettivi di evasione fiscale e incanalati anche attraverso la sovra/sottofatturazione dei flussi commerciali internazionali, riciclaggio dei proventi di attività illegali”. Gli Stati devono fare la loro parte, grazie alla trasparenza e alle regole, ma - afferma il documento - anche i cittadini possono fare molto, con “comportamenti responsabili in materia di consumo e investimento”. Attenzione particolare, po,i al continente africano, perché bisogna essere “convinti sostenitori della soluzione sussidiaria, che valorizzi le forme di risposta ai bisogni che nascono dal di dentro della società africana”. Questo perché “i principi di sussidiarietà e di solidarietà, tanto cari alla dottrina sociale della Chiesa, possono ispirare un autentico sviluppo nel segno di un umanesimo integrale e solidale”.

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    Celebrazioni nell’abbazia cistercense di Waldsassen, in Germania, fondata 875 anni fa

    ◊   Giornata di celebrazioni oggi nell’abbazia cistercense di Waldsassen, in Germania, fondata 875 anni fa e poi consacrata alla presenza dell’imperatore Federico Barbarossa. Per l’anno giubilare dell’abbazia, il Papa ha nominato come inviato speciale il cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Un segno di vicinanza importante come sottolinea padre Clements Gutberlet, membro della delegazione della Santa Sede, al microfono di Romilda Ferrauto:

    R. – Il Papa vuole essere rappresentato in modo personale perché dà molta importanza alla vita monastica e lì c’è vita monastica da quasi 900 anni. Nonostante le varie soppressioni, l’abbazia rimane viva, come simbolo della fede e della validità di tutto ciò che la vita contemplativa esprime.

     
    D. – La Congregazione ha tenuto la sua assemblea plenaria sul tema della vita monastica: un ambito nel quale c’è una crisi delle vocazioni. E’ un modo per incoraggiare questa scelta di vita che attraversa un momento forse un po’ più difficile?

     
    R. – Certamente, perché Dio non abbandona la sua Chiesa e oggi, guardando la storia caratterizzata da tanti alti e bassi, non c’è da disperare. C’è speranza ed è questo che anche il Papa vuole esprimere.

     
    D. – Che cosa si può dire di quest’abbazia? Che cosa la caratterizza?

     
    R. – L’abbazia ha 875 anni, è stata fondata al tempo di San Bernardo di Clairveaux e si dice che sia la centesima abbazia dell’epoca: probabilmente in quel tempo si costruivano molte abbazie. La sua peculiarità è che è stata soppressa due volte: durante la Riforma e nell’epoca della secolarizzazione dell’Ottocento, ma sempre ha trovato la forza di rinnovarsi. E’ situata alla frontiera con la Repubblica Ceca, al Centro dell’Europa e anche questo è un segnale di speranza per la fede nel Vecchio Continente.  

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    Oggi in Primo Piano



    Della drammatica situazione in Nord Kivu ci parla mons. Nicolas Djomo Lola, presidente della Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo

    ◊   Si moltiplicano gli appelli per rispondere, con parole e azioni di riconciliazione, al dramma delle violenze nella regione orientale del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo. Tra questi ha ricevuto vasta eco l’appello di Benedetto XVI, mercoledì scorso, all’udienza generale. “Signore – ha detto il Papa – vieni nei campi di profughi, nel Darfur, nel Nord Kivu, in tanti parti del mondo”. L’auspicio è che a queste parole seguano soluzioni immediate, come spiega al microfono di Mathilde Auvillan, della nostra redazione francese, mons. Nicolas Djomo Lola, vescovo di Tshumbe e presidente della Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo:
     
    R. – L’appel du Saint Père est très important, il est une grande autorité morale …
    L’appello del Santo Padre è molto importante: è stato lanciato da una grande autorità morale nel mondo e noi siamo certi che sarà ascoltato. Abbiamo la sensazione, in questo momento, che qualcosa si stia muovendo sul fronte delle Nazioni Unite: è stato deciso infatti di inviare un rinforzo di 3 mila soldati per proteggere la popolazione. Questi sono i risultati di pressioni che vengono da diverse parti e in particolare frutto di quella esercitata dal Santo Padre. Sul terreno è in atto un intenso balletto diplomatico da parte delle diverse personalità dell’Unione Europea nel tentativo di intervenire a destra e a sinistra, in modo che tutto questo finisca. Certamente l’appello del Santo Padre ha avuto il suo peso.

     
    D. – Lei, eccellenza, ha recentemente lanciato un grido di disperazione e di protesta, parlando anche di “genocidio silenzioso”. La Chiesa deve prendere la parola per denunciare?

     
    R. – Effectivement, l’Eglise doit prendre une parole dans le sens que nous …
    La Chiesa deve prendere la parola perché noi, i pastori di questa Chiesa, viviamo con questo popolo. Noi conosciamo bene la situazione attuale, la situazione di povertà estrema, alla quale va ad aggiungersi una guerra come quella alla quale stiamo assistendo. Assistiamo ad atrocità, a veri drammi umani. La dignità dell’essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio, è oltraggiata. Per questo abbiamo voluto lanciare un segnale forte prima di tutto ai governanti e, quindi, alla comunità internazionale. Il nostro appello ha avuto risonanza un po’ ovunque. Noi continuiamo ad essere vigili sulla situazione e faremo in modo che questo dramma non venga dimenticato.

     
    D. – Quella di “genocidio silenzioso” è un’espressione forte. L’avete usata per attirare giustamente l’attenzione di tutti?

     
    R. – Oui. Nous avons utilisée cette expression …
    Abbiamo usato questa espressione perché è meglio prevenire che curare. Noi sappiamo bene che il dramma al quale stiamo assistendo è molto vicino ad un genocidio silenzioso, per il fatto che siano state prese di mira alcune determinate categorie sociali. Il massacro gratuito su vasta scala, i giovani presi di mira, gli stupri sistematici a spese delle donne … sono drammi di questo sistematico riproporsi della violenza. Per questo abbiamo voluto attirare l’attenzione degli uni e degli altri: è facile, è molto facile scivolare in un vero genocidio!

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    In missione in Corea del Nord un religioso cattolico: è la prima volta, dopo la presa del potere da parte del regime comunista

    ◊   La Chiesa compie un importante passo in Corea del Nord: per la prima volta, dopo la presa del potere da parte del regime comunista, un prete cattolico andrà in missione nel Paese asiatico. Si tratta di padre Paul Kim kwon-soon, dell’ordine dei frati Minori che si trasferirà a Pyongyang alla fine di novembre. Il sacerdote gestirà un centro sociale che fornirà cibo e cure mediche agli operai di una fabbrica della capitale nordcoreana. E’ un nuovo importante gesto di solidarietà della Chiesa in un Paese profondamente colpito dal dramma della povertà. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, fra Josè Rodriguez Carballo, ministro generale dell’Ordine dei frati minori:

    R. – Dei grandi passi possono iniziarsi con questo piccolo passo, segno assai importante. Un segno profetico sia per la Chiesa, sia certamente per l’ordine francescano. Io, come ministro generale, sono felice che sia stato un francescano, un frate minore, ad essere il primo che dopo 60 anni può svolgere un’attività sociale nella Corea del Nord. Sono contento perché andiamo in Corea del Nord nel segno della pace. Vogliamo essere ponti di riconciliazione tra le due Coree, per quest’unico popolo che, per motivi diversi, in questo momento è diviso.

     
    D. - Cosa cambia dopo questo primo passo di un sacerdote cattolico in Corea del Nord?

     
    R. - Non so cosa cambierà. Sono felice che un frate minore si metta al servizio di 1500 operai, potendo anche disporre di un ambulatorio per un primo ausilio. Questo va molto bene anche per la missione francescana. Una missione che consiste nell’essere sempre vicini ai più bisognosi.

     
    D. – E’ dunque una missione in stile tipicamente francescano perché orientata verso il servizio ai poveri, l’annuncio della pace, la presenza fraterna e l’accoglienza del prossimo. In un Paese come la Corea del Nord la parola della Chiesa può trovare spazio anche tra le parole della politica per promuovere un dialogo autentico tra le due Coree?

     
    R. – Io credo che in questo momento la cosa più importante sia la presenza; in questo senso è anche una missione molto francescana, perché San Francesco, nella sua regola, quando invia i suoi frati al mondo intero, dice che mostrino di essere cristiani e di predicare anche il Vangelo, quando sarà volontà del Signore. Io credo veramente che l’importante, in questo momento, sia una presenza cristiana, una presenza evangelica, in una società che certamente è propizia ad accogliere i valori evangelici: il popolo coreano è accogliente. E’ un popolo che, forse anche senza saperlo, sta vivendo tanti e tanti valori propri del cristianesimo e del Vangelo.

     
    D. – La comunità cattolica in Corea del Nord ha sofferto tanto: c’è stata una riduzione da 55 mila cattolici, al momento della presa del potere da parte dei comunisti, agli attuali circa 3 mila. Quali sono le priorità della Chiesa verso questa comunità?

     R. – Io credo che, soprattutto quando la Chiesa è minoritaria, il ruolo principale è di far cammino con questa Chiesa. E’ importante che questi cattolici, questi cristiani, non si sentano soli.

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    Oggi in Italia la Giornata di sensibilizzazione per il sostentamento dei sacerdoti

    ◊   Ricorre oggi in Italia la giornata di sensibilizzazione delle offerte per il sostentamento dei sacerdoti. Slogan della campagna “I sacerdoti aiutano tutti. Aiuta tutti i sacerdoti”. Nelle oltre 25mila parrocchie italiane è possibile trovare i pieghevoli informativi completi di bollettino postale: le offerte saranno deducibili dalla dichiarazione dei redditi ai fini del calcolo Irpef. Lo scorso anno le donazioni sono state oltre 171mila per un totale di 16 milioni e 800mila euro, impiegati per la remunerazione mensile di 38 mila sacerdoti italiani. Sul significato di questa giornata Paolo Ondarza ha sentito mons. Ottavio Petroni, presidente dell’Istituto per il sostentamento del clero del Vicariato di Roma:

     
    R. – Non è che la preoccupazione dei fedeli verso il sostentamento dei sacerdoti si debba ridurre a una giornata; con questa giornata si vuole sottolineare l’attenzione al sacerdote come all’uomo che vive per tutti.

     
    D. – Il sacerdote vive solo di queste offerte?

     
    R. – No. Ogni sacerdote - come ogni uomo che lavora - deve vivere del suo lavoro; qualora il provento dal lavoro non basti al suo sostentamento, subentriamo noi, Ufficio di sostentamento clero, in modo tale che tutti i sacerdoti abbiano una retribuzione base uguale, con tutti gli stessi diritti: non solo di soldi mensilmente ricevuti, ma anche il diritto della pensione, della sanità e tanti altri benefici che aiutano il sacerdote e lo rassicurano nel suo lavoro pastorale.

     
    D. – C’è anche il sacerdote che non lavora in ufficio e svolge tutta la sua attività in parrocchia. Questo sacerdote riceve l’intero stipendio da voi, dai vostri uffici…

     
    R. – Sì, prenda per esempio un sacerdote di una parrocchia povera: è chiaro che lì l’ufficio dà tutto quello che serve.

     
    D. – Ecco, e per quale motivo non lasciare che sia la singola parrocchia, i singoli parrocchiani a sostenere i propri sacerdoti?

     
    R. – Non tutte le parrocchie riuscirebbero, anzi moltissime parrocchie non riescono a fare questo gesto di donazione, di partecipazione: immagini parrocchie piccole di montagna, oppure parrocchie povere di periferia...

     
    D. – Come l’attuale crisi economica sta influendo nelle offerte?

     
    R. – Non è diminuita l’offerta per i sacerdoti; è diminuita forse in cifre, data la situazione, ma è aumentata in numero di offerenti.

     
    D. – Questo dimostra che in Italia si ha un’alta considerazione del lavoro svolto dai sacerdoti…

     R. – Realmente i nostri fedeli amano i sacerdoti: questo lo dico con prove alla mano. Noi collaboriamo con le diocesi - soprattutto più povere del mondo - nell’accoglienza dei loro sacerdoti, nel sostenerli e direi nel gratificarli ancor più dei preti italiani. C’è sempre quest’attenzione ai più bisognosi.

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    Chiesa e Società



    La carità e il contesto sociale di oggi: al centro dell'omelia del cardinale Bertone per la riapertura al culto della cattedrale di Agrigento

    ◊   “Praticare la carità nel contesto sociale di oggi non è facile”, ma l’importante è che ogni nostra azione esprima generosità e amore. Così il Segretario di Stato Vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, si è rivolto stamani ai fedeli di Agrigento durante la messa solenne per la riapertura al culto della cattedrale di San Gerlando, patrono della città. Definito in un antico documento, “generoso nella povertà, pio nell’ospitalità, mugnifico nel donare, splendido nella carità”, San Gerlando fu vescovo di Agrigento, tra l’XI e il XII secolo, dopo la dominazione islamica, e si dedicò “con zelo eroico” alla riorganizzazione della Chiesa di una vasta area della Sicilia. In lui, ha spiegato il segretario di Stato Vaticano, troviamo un illustre esempio della carità cristiana di cui parla l’odierno Vangelo di Matteo: “...dà da mangiare agli affamati, da bere agli assetati”. Quella stessa carità, ha continuato il porporato, che oggi non è facile praticare, da una parte a causa della recessione economica che ha colpito tutti, dall’altra, però, perché “la lista dei bisogni si è fatta più lunga che mai” e ciascuno tende a pensare solo a se stesso. Da qui, l’invito del cardinale Bertone “a un serio esame di coscienza sulla nostra coerenza cristiana”. E si tratta dello stesso invito espresso, seppur in termini differenti, anche ieri, quando, sempre ad Agrigento, al porporato sono stati conferiti la cittadinanza onoraria e il premio internazionale Empedocle per le Scienze Umane, dedicato alla memoria di Paolo Borsellino. Dopo aver indicato nel giudice assassinato dalla mafia “un esempio per tutti” e aver lodato il comportamento degli imprenditori antiracket, il porporato ha, infatti, indicato nell’onestà, nella responsabilità verso il prossimo e nel dovere di partecipare alla vita pubblica i principi su deve fondarsi la convivenza civile. (A cura di Silvia Gusmano)

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    Le riflessioni di Benedetto XVI su dialogo interreligioso e liberalismo nella lettera pubblicata nel saggio di Marcello Pera "Perchè dobbiamo dirci cristiani"

    ◊   “Un dialogo interreligioso nel senso stretto della parola non è possibile senza mettere tra parentesi la propria fede”, mentre “occorre affrontare nel confronto pubblico le conseguenze culturali delle decisioni religiose di fondo”. Su questo fronte “il dialogo e una mutua correzione e un arricchimento vicendevole sono possibili e necessari”. Così Benedetto XVI, nella lettera indirizzata al senatore della Repubblica italiana Marcello Pera e da lui pubblicata in apertura del suo saggio “Perché dobbiamo dirci cristiani”. Il libro sarà in libreria da martedì, ma oggi il Corriere della Sera ha anticipato passi della lettera del Papa. “All’essenza del liberalismo – scrive inoltre il Santo Padre – appartiene il suo radicamento nell’immagine cristiana di Dio” e “se il liberalismo abbandona questo suo fondamento - aggiunge - perde la sua base e distrugge se stesso”. Al contrario lo stesso liberalismo può collegarsi con una dottrina del bene, in particolare quella cristiana, offrendo così veramente un contributo al superamento della crisi contemporanea dell’etica. (S.G.)

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    "I tempi per un nuovo dialogo sono maturi": è quanto emerge dall'ultima giornata delle Settimane Sociali di Francia:

    ◊   Si chiude oggi a Lione l’83.ma edizione delle Settimane Sociali di Francia. La domanda posta dal tema “Le religioni, minaccia o speranza per le nostre società?” – sulla quale i quattromila partecipanti hanno dibattuto per tre giorni – ha trovato una risposta certa: le religioni non rappresentano una minaccia per le società secolarizzate ma un valore aggiunto e i tempi per un nuovo dialogo sembrano maturi. Una situazione favorevole, come ha affermato Jean Pierre Rosa, delegato generale delle Settimane Sociali di Francia illustrando all’assemblea i contenuti principali del messaggio finale: da una parte, le società, ricche di libertà inedite e di potenzialità a volte inquietanti, si stanno affrancando da quei cliché che vogliono le religioni relegate alla sfera privata; dall’altra, le religioni si riconoscono minoritarie e non pretendono più di esercitare sulla vita pubblica una qualsivoglia influenza. I forti valori dell’ispirazione cristiana, come la fraternità, la scelta preferenziale dei poveri, la ricerca del bene comune, la difesa e la salvaguardia dell’ambiente, rappresentano importanti risorse per rispondere alle “dolorose contraddizioni che attraversano le nostre società in questo tempo”. Ma perché il contributo delle religioni sia sempre più profondo e coerente queste sono chiamate ad un maggiore dialogo sia in campo ecumenico che in quello interreligioso. Anche le società sono chiamate ad uno sforzo di avvicinamento verso le religioni abbattendo, innanzitutto, pregiudizi ed atteggiamenti a priori ostili verso le religioni stesse. In particolare - ha spiegato Rosa - viene chiesto ai media di “non minimizzare le convinzioni religiose presentandole come arcaiche o moraliste”; ai responsabili di imprese e amministrazioni “di rispettare le diversità anche religiose” e ai governanti e al mondo politico “di tenere conto del ruolo del fatto religioso nei ritmi della vita” garantendo il riposo domenicale; di promuovere a vari livelli momenti di dialogo interconfessionale e interculturale, e, infine, di mettere in campo, nell’ambito della formazione, ogni sforzo per mostrare il ruolo del fatto religioso nella società. Con il messaggio finale, verrà resa nota anche una dichiarazione interreligiosa siglata dai vari rappresentanti delle fedi presenti ai lavori. L’ultimo atto della Settimana Sociale è fissato nel pomeriggio con una tavola rotonda sulle condizioni di una presenza cristiana nella società: a parlare, insieme ad esponenti di diverse confessioni cristiane, l’arcivescovo di Lione, il cardinale Philippe Barbarin. (A cura di Daniele Rocchi)

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    Vicariato: tre incontri di catechesi per preparare i giovani romani al pellegrinaggio estivo in Terra Santa

    ◊   Si incontreranno per la prima volta mercoledì prossimo, i ragazzi della diocesi di Roma che l’estate prossima, dal 27 luglio al 3 agosto, intendono partecipare al pellegrinaggio in Terra Santa promosso dalla Pastorale giovanile. Ad accoglierli, presso il seminario romano maggiore del Vicariato, il padre gesuita Francesco Rossi De Gasperis, S.I., docente al Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme. Si apre così un percorso formativo che accompagnerà i giovani romani fino alla vigilia dell’estate: tre incontri dedicati rispettivamente alle tre grandi tappe del viaggio, Betlemme, la Galilea e Gerusalemme. Dei primi due luoghi parlerà l’esegeta gesuita (il prossimo appuntamento è l’11 febbraio), mentre il 13 maggio padre Raniero Cantalamessa centrerà la catechesi sul tema “Verso Gerusalemme”. Gli incontri si svolgeranno nell’Aula Tiberiade alle 20.30 e, si legge sul sito web del Vicariato, sono aperti a tutti. (S.G.)

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    Al via l'Assemblea plenaria dei vescovi del Nord Africa

    ◊   Si apre oggi a Tangeri, in Marocco, l’Assemblea Plenaria della Conferenza Episcopale della Regione Nord dell’Africa (CERNA), che riunisce, oltre a quelli del Paese ospitante, i vescovi dell’Algeria, della Libia e della Tunisia. Dopo l’accoglienza dei presuli di nuova nomina, l’incontro entrerà nel vivo con un’analisi dei rispettivi contesti. Nei prossimi giorni, l’Assemblea, che concluderà i lavori venerdì prossimo, si confronterà sui lavori del recente Sinodo sulla Parola di Dio, a partire dalla relazione del delegato della CERNA, il vescovo Sylvester Carmel Magro, O.F.M., vicario apostolico di Benghazi. Ampio spazio sarà anche dedicato all’Anno Paolino, intorno al quale è prevista una riflessione teologica preparata da un sacerdote della Diocesi di Rabat. In vista del Sinodo per l’Africa del 2009, si procederà all’elezione dei delegati e alla valutazione della preparazione della CERNA, che pone al centro le relazioni con i musulmani e la specifica collocazione delle Chiese nel Nord Africa riguardo agli obiettivi di “giustizia, pace e riconciliazione”. L’attenzione si rivolgerà poi al recente Forum cattolico-musulmano di Roma, sul quale i vescovi saranno invitati ad esprimersi. In agenda anche la questione dei migranti in situazione irregolare, la preparazione e l’accoglienza dei Fidei Donum destinati al Nord Africa e la pastorale degli studenti. (S.G.)

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    Cartoline natalizie a Betlemme su iniziativa del Consiglio Ecumenico delle Chiese

    ◊   Preghiere o messaggi di pace a Betlemme. Anche quest’anno, nel periodo di Avvento, il Consiglio Ecumenico delle Chiese invita i cristiani di tutto il mondo a condividere la gioia del Natale con un piccolo ma significativo gesto di solidarietà con le martoriate popolazioni della Terra Santa. Lanciata per la prima volta nel dicembre del 2000, questa campagna, organizzata quest’anno in collaborazione con il Forum Ecumenico Palestina-Israele, ha conosciuto un numero crescente di adesioni ed è diventata ormai un appuntamento fisso. Chiese, comunità religiose, organizzazioni e singoli fedeli: tutti possono partecipare inviando preghiere e messaggi di auguri per la giustizia e la pace in Medio Oriente. I messaggi verranno usati come materiale didattico nelle scuole di Betlemme, ma anche come spunti di riflessione in incontri ecumenici di preghiera organizzati nel periodo di Avvento. (L. Z.)

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    In preparazione il IV convegno ecumenico italiano

    ◊   Il direttore dell’ufficio per l’ecumenismo e il dialogo della Cei, don Gino Battaglia, ha reso noto all’agenzia Sir che il IV convegno ecumenico italiano è in programma per la fine di aprile e approfondirà la figura di San Paolo a partire dalle “domande contemporanee” e da una lettura condivisa delle Scritture. Nel 2006, il tema del convegno che si svolse a Terni, fu quello della Carta ecumenica in vista dell’Assemblea ecumenica europea di Sibiu, in Romania. Ad organizzare le precedenti edizioni, sono state la Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della Cei, la Federazione delle chiese evangeliche in Italia e la Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia. La prossima settimana - a margine del convegno nazionale dei delegati diocesani per l’ecumenismo e il dialogo che si svolgerà a Roma da domani a giovedì prossimo - si terrà un incontro tra la Commissione episcopale per l’ecumenismo, presieduta da mons. Vincenzo Paglia e il Consiglio direttivo della Fcei dove si parlerà del convegno ecumenico, di quali segni concreti dare all’Assemblea ecumenica di Sibiu e della questione ambientale. (C.C.)

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    Al via domani l’assemblea plenaria della Conferenza episcopale spagnola

    ◊   Inizia domani la 92.ma assemblea plenaria della Conferenza episcopale spagnola. Nell’agenda dei vescovi, l’elezione del segretario generale appare come una delle questioni più importanti. A ricoprire ora l’incarico è mons. Juan Antonio Martínez Camino, vescovo ausiliare di Madrid, il cui mandato – durato 5 anni - è scaduto il 18 giugno scorso ma, in base alla normativa, è stato prorogato fino all’apertura dell’assemblea. La scelta del suo successore è comunque prevista per mercoledì prossimo. Tra i temi che saranno affrontati dai presuli ci sono: l’esame e l’eventuale approvazione di un'edizione della Bibbia nella versione ufficiale della Conferenza dei vescovi; lo studio del documento sulla missione “ad gentes”; la scelta della città nella quale si celebrerà nel 2010 il Congresso eucaristico nazionale e il bilancio economico dell’anno 2007. L’assemblea sarà inaugurata domani, alla presenza del nunzio apostolico in Spagna, mons. Manuel Monteiro di Castro, da un discorso dell’attuale presidente della Conferenza il cardinale arcivescovo di Madrid, Antonio Maria Rouco Varela. In Spagna sono 69 le diocesi piú il vicariato castrense. Hanno diritto al voto in questa assemblea 77 vescovi. Sono invece 38 i vescovi emeriti con diritto a partecipare ma senza voto. Per venerdì prossimo è prevista la conclusione dei lavori della plenaria. (A cura di padre Ignacio Arregui)

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    24 Ore nel Mondo



    Obama assicura che proseguirà l'impegno USA in Afghanistan, con una telefonata a Karzai

    ◊   Gli Stati Uniti hanno assicurato il loro sostegno nella lotta al terrorismo in Afghanistan. Lo ha reso noto il presidente afghano, Karzai, dopo una telefonata con il presidente eletto Barack Obama che aveva già promesso in campagna elettorale di voler aumentare il dispiegamento delle truppe Usa nel Paese asiatico – attualmente composta da 35mila soldati - in concomitanza con il ritiro dall'Iraq. Intanto sul terreno cresce l’insicurezza: nelle ultime ore 17 insorti sono stati uccisi in un raid aereo della coalizione nel sud dell’Afghanistan.

    Usa-nomine Obama
    Domani il presidente eletto degli Stati Uniti annuncerà ufficialmente due nuove nomine del suo staff. Timothy Geithner che ricoprirà il ruolo di ministro del Tesoro, mentre Lawrence Summers andrà alla Casa Bianca a dirigere il Consiglio nazionale per l'Economia. Come portavoce è stato scelto Robert Gibbs, da anni collaboratore di Obama. Il presidente eletto ha promesso la creazione di 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro entro gennaio 2011 per effetto di un piano di ripresa economica che alcuni esperti stanno mettendo a punto.

    Vertice Apec
    Stati Uniti e Russia hanno concordato di lavorare insieme nonostante le loro divergenze. E’ il risultato dell’incontro a Lima tra il presidente americano Bush e il suo omologo russo Medvedev a margine del vertice Apec, l’organismo per la cooperazione economica nell'area asiatico-pacifica di cui fanno parte 21 Paesi tra cui Usa, Cina Giappone e Russia. Nella riunione, i partecipanti hanno ribadito il loro impegno a “ristabilire la fiducia” nell'economia, di fronte alla crisi finanziaria internazionale, evitando di “erigere nuove barriere” al commercio. Il presidente Bush ha assicurato che cercherà di chiudere, prima di lasciare la Casa Bianca, le trattative sul Doha Round avviate 7 anni fa.
     
    Medio Oriente
    Il presidente dell’Anp, Abu Mazen, ha annunciato che convocherà nuove elezioni entro il 2009 se il dialogo con le fazioni palestinesi dovesse fallire. Del conflitto israelo-palestinese intanto si discuterà domani alla Casa Bianca nell’incontro tra il presidente americano Bush e il premier dimissionario israeliano Olmert. Infine dopo l’ennesimo lancio di razzi palestinesi sul territorio israeliano, le autorità ebraiche hanno deciso di mantenere il blocco dei check point con la Striscia di Gaza.

    Iraq
    Si è aperta stamattina a Damasco una riunione internazionale sulla sicurezza in Iraq. Al vertice partecipano i delegati di Siria, Egitto, Giordania, Turchia, Stati Uniti, Russia, Cina, Giappone, Gran Bretagna e Francia, oltre a Onu, Organizzazione della conferenza islamica e Lega araba. Sarà affrontato il problema della permeabilità dei confini iracheni e del conseguente passaggio di armi e guerriglieri quindi anche della necessità per i Paesi vicini di rafforzare la sorveglianza alla frontiera.
     
    Venezuela-elezioni
    Importante test politico per il presidente venezuelano Chavez. Circa 17 milioni di elettori sceglieranno oggi 22 governatori, 328 sindaci e 233 consiglieri regionali. A sorvegliare sulla regolarità del voto, più di 140mila militari e 130 osservatori internazionali inviati dai 34 Paesi dell’Osa, l'Organizzazione degli Stati Americani. I sondaggi danno in vantaggio il Partito Socialista Unito del Venezuela di Chavez ma la natura federale dello Stato potrebbe riservare alcune sorprese. Se la vittoria della formazione del presidente dovesse essere netta, non si esclude la riproposizione della riforma costituzionale, che prolungherebbe il mandato di Chavez, già bocciata nel referendum dello scorso dicembre.
     
    Tibet-Dalai Lama
    Nessun proposito di dimissioni per il Dalai Lama. Lo ha confermato lo stesso leader spirituale buddista da Dharamsala, nel nord dell'India, dove ieri si è chiuso il meeting dei tibetani di tutto il mondo. L’assemblea aveva dato fiducia alla politica del dialogo con la Cina, portata avanti da anni dal Dalai Lama, rilanciando però l’idea di indipendenza del Tibet da Pechino. Un’ipotesi bocciata dallo stesso leader buddista che, stamani, ha affermato di essere pessimista sul negoziato con le autorità cinesi e di intravedere “gravi pericoli” per la comunità tibetana.
     
    Bangladesh-elezioni
    Rinvio per le elezioni in Bangladesh. La Commissione elettorale ha spostato la consultazione al 29 dicembre dopo la richiesta avanzata dall’ex primo ministro Khaleda Zia.
     
    Thailandia
    Tensione in Thailandia. Migliaia di persone sono scese in strada a Bangkok contro il governo di Somchai Wongsawat, accusato di essere troppo vicino al deposto premier Thaksin Shinawatra. Secondo i media locali la protesta è destinata a proseguire domani in vista della sessione parlamentare. La polizia è in stato di allerta ma ha avuto l’ordine di evitare incidenti simili a quelli accaduti in ottobre costati la vita a due persone.

    Guinea Bissau-attacco
    Tentativo di colpo di Stato in Guinea Bissau. Si è concluso con un morto e tre feriti l’attacco contro la residenza del presidente Joao Bernardo Vieira. A compiere l'agguato, secondo alcune fonti interne, sarebbero stati soldati ammutinati.

    Honduras-violenza
    Sgomento in Honduras per la morte del vicepresidente del Parlamento, Mario Fernando Hernandez, ucciso ieri a colpi d'arma da fuoco insieme ad un suo collaboratore. Hernandez è stato sorpreso in macchina, nella zona di San Pedro Sula, nel nord del Paese, da uomini armati che lo hanno freddato. Una terza persona è rimasta ferita.

    Georgia-rivoluzione delle rose
    Ricorre oggi il quinto anniversario della “rivoluzione delle rose” in Georgia. Migliaia di persone scesero in strada per protestare contro i presunti brogli elettorali che avevano consentito la rielezione dell’allora presidente Eduard Shevarnadze. A Tbilisi fu grande l’entusiasmo intorno al leader dell'opposizione Mikhail Saakashvili, che di lì a poco divenne il nuovo capo dello Stato. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 328

     
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