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Sommario del 18/11/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa chiede di pregare per le comunità cristiane dell’Asia perché sappiano trovare i modi per annunciare Cristo nel continente
  • Nomina
  • I monasteri nel mondo, tra difficoltà e nuova fioritura. Il cardinale Rodé: evitare il pericolo dell'attivismo
  • L'intervento del cardinale Scola alla plenaria del Pontificio Consiglio per i laici
  • Inaugurata dal cardinale Bertone la nuova libreria della Editrice vaticana intitolata a Benedetto XVI
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Accogliere la sfida della vita: così, il cardinale Bagnasco sulla vicenda di Eluana Englaro
  • Oggi le conclusioni del meeting interreligioso di Cipro. Intervista con il cardinale Kasper
  • Nel 2008, un milione di pellegrini a Betlemme: l'aumento delle visite aiutato dal miglioramento della situazione nei Territori palestinesi
  • Nasce a Loppiano L’Istituto universitario "Sophia" del Movimento dei Focolari
  • Chiesa e Società

  • Iraq: continuano le persecuzioni contro i cristiani
  • Somalia: massima cautela nella trattativa per la liberazione delle due suore italiane
  • Kenya: campi profughi al limite della capienza. Sfollati somali a rischio denutrizione
  • Le Pontificie Opere Missionarie australiane per il dramma del Kivu
  • Nell’Africa australe prosegue con successo la lotta all’Aids e alla malaria
  • Caritas Internationalis per il XX anniversario della Giornata Mondiale dell'Aids
  • L’impegno dei vescovi del Libano per la pace e la riconciliazione nazionale
  • Vietnam: migliaia di cattolici portano la loro solidarietà alla parrocchia di Thai Ha
  • Georgia-Russia: per Amnesty bisogna consentire il ritorno di oltre 20 mila profughi
  • Al via il seminario di Liverpool sulle migrazioni, promosso dai vescovi di Africa ed Europa
  • Cuba: ricordato il XV anniversario della Lettera pastorale “El amor todo lo espera”
  • Speranze per il futuro delle minoranze in Pakistan
  • Timor Est: giovani in missione nella piccola enclave di Oecussi
  • Giappone: grande attesa a Nagasaki per la beatificazione di 188 martiri
  • Nigeria: il Consiglio interreligioso chiede il risarcimento delle vittime delle violenze religiose del 2000-2006
  • Kenya: marcia di protesta dei cattolici contro la legalizzazione dell'aborto
  • Celebrata in Thailandia la Giornata nazionale per i diritti umani
  • Brasile: per mons. Santoro l'insegnamento religioso favorisce la convivenza ed il rispetto
  • Taiwan: la diocesi di Taichung impegnata nella “Protezione delle risorse culturali cattoliche”
  • Anche a Montevideo la sede dell'organismo internazionale Pastorale dell'Infanzia
  • Rilanciato il diaconato come risposta significativa nell'attuale crisi delle vocazioni
  • 24 Ore nel Mondo

  • Sei soldati barbaramente uccisi in Afghanistan
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa chiede di pregare per le comunità cristiane dell’Asia perché sappiano trovare i modi per annunciare Cristo nel continente

    ◊   Per il mese di novembre, Benedetto XVI chiede ai fedeli di pregare per la Chiesa in Asia. In particolare, l’intenzione di preghiera per questo mese afferma: “Perché le comunità cristiane dell'Asia, contemplando il volto di Cristo, sappiano trovare le vie più consone per annunciarLo alle popolazioni di quel vasto continente, ricco di cultura e di antiche forme di spiritualità, nella piena fedeltà al Vangelo”. Un’intenzione su cui si sofferma padre Piero Gheddo, missionario del Pime, profondo conoscitore del continente asiatico, intervistato da Alessandro Gisotti:

    R. - In altri continenti come l’Africa, la Chiesa ha annunciato Cristo in un modo molto semplice, anche perché l’Africa non aveva delle culture antiche organizzate, non aveva religioni organizzate. In Asia, si pone invece il problema di annunciare Cristo in modo che gli appartenenti a queste culture antiche possano intendere bene il messaggio. E quindi ci sono vari problemi. Dice bene il Papa nell’intenzione di preghiera: “Contemplando il volto di Cristo”, perché le religioni asiatiche, soprattutto l’induismo, il buddismo e anche l’islam nella sua espressione del sufismo, hanno questa caratteristica di dare un grande spazio alla contemplazione, al misticismo. Nell’annunzio del Vangelo, perciò, dobbiamo innanzitutto, in Asia, dare l’immagine di una Chiesa che adora, una Chiesa che contempla, che prega. In Asia c’è stata soprattutto una Chiesa che ha esercitato un’opera sociale di accompagnamento allo sviluppo del popolo. Questo va molto bene: abbiamo offerto un’immagine del contenuto essenziale del Cristianesimo che è la carità. Oggi, però, nell’evoluzione dell’Asia, questi popoli vanno verso religioni che hanno come caratteristica soprattutto il mondo soprannaturale, la contemplazione. C’è dunque una questione di adattamento anche della teologia e del modo di vivere del cristianesimo che pone dei problemi alle Chiese asiatiche e per questo dobbiamo pregare, perché il Signore le illumini e le fortifichi.

     
    D. – Quale, oggi, secondo lei, è la più grande sfida nell’evangelizzazione in Asia, pur considerando, ovviamente, le differenze, anche profonde, da uno Stato all’altro?

     
    R. – La più grande sfida, immediata, è quella delle persecuzioni. E’ inutile nasconderselo: in Asia, un po’ a causa dei regimi comunisti, Nord Corea, Cina, Vietnam, Laos… un po’ per gli Stati musulmani, Pakistan, Iran, Malaysia, Indonesia, ecc. e un po’ per la rinascita delle culture, le religioni locali come l’India con l’induismo, c’è il grande problema di avere la libertà religiosa. Una libertà che in Asia c’è solo in alcuni Paesi ma non in tanti. Quasi ovunque, io ho girato l’Asia parecchie volte, si trovano situazioni, non dico sempre di persecuzione, ma certamente di ostacolo alla fede.

     
    D. – Eppure questi testimoni, proprio come i martiri alle origini del cristianesimo, sono semi che danno molto frutto, lo vediamo anche in queste terre…

     
    R. – Certamente i martiri portano frutto, il cristianesimo nasce dal sangue di Gesù, dal sangue degli Apostoli e dei martiri, non c’è dubbio. Pero, in questo momento preciso, la Chiesa combatte soprattutto per questo: per ottenere la libertà religiosa.

     
    D. – Quindi, per concludere e riassumere: la libertà religiosa è fondamentale...

     
    R. – Oggi, il primo problema delle Chiese dell’Asia è la libertà religiosa. Poi, il secondo problema è fortificare l’aspetto contemplativo del cristianesimo.

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    Nomina

    ◊   Negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha nominato vescovo ausiliare di Washington mons. Barry C. Knestout, del clero della medesima arcidiocesi, finora moderatore della Curia e vicario per l’amministrazione, assegnandogli la sede titolare vescovile di Leavenworth. Nato a Cheverly in Maryland, nel 1962, mons. Knestout è stato ordinato sacerdote nel 1989 per l’arcidiocesi di Washington.

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    I monasteri nel mondo, tra difficoltà e nuova fioritura. Il cardinale Rodé: evitare il pericolo dell'attivismo

    ◊   I monasteri sono i luoghi nei quali ci si esercita nell’“arte spirituale”, dove anche i religiosi e le religiose ritemprano le proprie forze per poi rilanciarsi nella loro missione. E’ uno dei pensieri con i quali il cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica è intervenuto oggi all’inaugurazione della plenaria convocata dal suo dicastero e dedicata, secondo la linea espressa dal titolo, alla vita monastica e al “suo significato nella Chiesa e nel mondo di oggi”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Il cardinale Rodé ha riconosciuto all’inizio del suo intervento che la vita monastica attraversa oggi “un’ora di grande difficoltà, un’ora non di decadenza spirituale, ma di povertà e di debolezza”, con comunità “che si avviano dolorosamente verso una diminuzione e anche una fine”. Tuttavia, ha affermato, proprio per la loro capacità di forte attrazione verso le cose dello spirito, le comunità monastiche conservano una grande responsabilità e da esse la Chiesa attende “una testimonianza limpida e forte della presenza di Dio e della sua vicinanza che è amore per ogni essere umano”. Il cardinale prefetto ha sviluppato in tre punti la sua riflessione: vivere il celibato e la vita comune in modo radicale, guardarsi dal pericolo dell’attivismo, prestare attenzione alla formazione per ritrovare una teologia sapienziale. Riguardo al pericolo dell’attivismo, il cardinale Rodé ha stigmatizzato un “grande rischio” dell’attuale vita monastica: quello, ha rilevato, “di una certa febbre della missione, di una tentazione di visibilità e sovraesposizione, magari animate dalle migliori intenzioni, ma pericolose – ha osservato - per quella gratuità e quella semplicità che è autentico stile cristiano e che aiuta a comprendere la ‘follia della croce’ assunta da chi nulla antepone all’amore di Cristo”. Dunque, ha concluso, nonostante le difficoltà se il monachesimo “resta fedele” alla sua vocazione di “cercare Dio in Cristo Gesù”, può “giungere a far sgorgare dalla vita la celebrazione, in modo che la fede celebrata sia forza alla trasmissione della fede e la fede vissuta sia traccia di umanizzazione e di cultura autentica”.

     
    Secondo le stime ufficiali più aggiornate, oggi la presenza dei monaci nel tessuto ecclesiale parla si oltre 12.800 monaci residenti in 905 monasteri. In media, le comunità maschili sono composte in media da 15 religiosi, prevalentemente collocate in ambiente cittadino, con un coinvolgimento nell’attività pastorale della Chiesa locale. Le monache sono circa 48.500, distribuite in 3520 monasteri, due terzi dei quali situati in Europa. La tendenza è ad un calo vocazionale, specie nel Vecchio Continente, anche se, spiega una nota, “vi sono realtà ecclesiali in Asia, Africa ed anche in parte America Latina nella quali la vita monastica femminile fiorisce: vi sono vocazioni, le comunità crescono, si aprono nuove fondazioni”. Una crescita che, secondo quanto sottolineato dallo stesso cardinale Rodé, interroga le comunità sull’accoglienza e la formazione dei ragazzi e delle ragazze che ancora oggi “desiderano vivere una vita conforme a quella di Gesù e nulla preferire all’amore di Cristo”.

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    L'intervento del cardinale Scola alla plenaria del Pontificio Consiglio per i laici

    ◊   La Chiesa vive la sua caratteristica dimensione secolare col coraggio semplice di essere Popolo di Dio che attraversa la storia. Lo ha detto il cardinale patriarca di Venezia, Angelo Scola, nel corso del suo intervento dal titolo: “La teologia del laicato alla luce dell'ecclesiologia di comunione: l'identità del fedele laico”, in occasione della XXIII Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i laici, che si è conclusa domenica a Roma. Ci riferisce Benedetta Capelli:

     
    “L'identità del fedele laico rispecchia la natura ellittica della Chiesa”. Parte da questo assunto la riflessione del cardinale Scola che precisa quali sono i due fuochi che la definiscono: “In relazione a Cristo e alla sua missione e in relazione al mondo, nel quale è immersa e a cui è continuamente inviata”. “Una polarità – aggiunge – che non altera l’unità e l’identità del mistero della Chiesa” che vive “la sua caratteristica dimensione secolare senza venir meno alla sua identità formale”. Riprendendo il discorso alla Curia Romana di Benedetto XVI, il 22 dicembre 2005, il patriarca di Venezia ricorda la definizione di Chiesa da parte del Papa:“Un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del Popolo di Dio in cammino”.

     
    Pertanto “appare una strada privilegiata per riconoscere l’arricchimento della fede nella sua dimensione soggettiva – evidenzia il porporato - indicare i contenuti precisi della dimensione secolare della Chiesa e della specifica indole secolare dei fedeli laici”. Il cardinale Scola mette poi in guardia da “due visioni distorte del rapporto Chiesa-mondo”; la prima è definita di “cripto-diaspora” e riduce la fede ad una dimensione di persona, rinunciando ad “assumere fino in fondo il rapporto col mondo come uno dei fuochi dell'ellisse della Chiesa”. L’altra è la visione che riduce la fede cristiana a religione civile o a “mero cemento etico” e che fa del rapporto con il mondo “il centro dell’identità della Chiesa perdendo irrimediabilmente di vista l'originario fuoco cristologico”.

     
    “Per evitare questi due rischi – precisa il porporato - occorre pensare in modo conveniente la dimensione secolare della Chiesa e l'indole secolare propria dei fedeli laici”. Così, il cardinale Scola ricorda che “la Chiesa vive la sua caratteristica dimensione secolare col coraggio semplice di essere Popolo di Dio che attraversa la storia, tutta la storia, testimoniando la bellezza dell'evento integrale di Gesù Cristo che, nella forma della comunione, ci apre alla salvezza eterna donandoci come caparra il centuplo quaggiù”.

     
    In questa direzione il patriarca di Venezia evidenzia “la necessità di vivere e annunciare i misteri cristiani in tutte le loro implicazioni”. Misteri cristiani che rappresentano “il fondamento vivificante di tutto il reale – in ultima analisi la Santissima Trinità – che si comunica alla nostra libertà finita”. “In termini concreti – semplifica il porporato citando ancora l’allora cardinale Ratzinger - quando la fede dice all'uomo chi egli è e come deve incominciare a essere uomo, la fede crea cultura. La fede è essa stessa cultura”. E’ dunque “la comunità cristiana come tale ad annunciare integralmente i misteri della fede – conclude - giungendo fino alle loro implicazioni antropologiche, sociali e cosmologiche”.

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    Inaugurata dal cardinale Bertone la nuova libreria della Editrice vaticana intitolata a Benedetto XVI

    ◊   Dopo le Librerie internazionali Giovanni Paolo II e Paolo VI, è stato inaugurato un nuovo punto vendita: la Libreria internazionale "Benedetto XVI". La nuova struttura è caratterizzata dalla preziosa sinergia tra Libreria Editrice Vaticana, Osservatore Romano e Ufficio numismatico e filatelico. Nel punto vendita sarà possibile trovare in un unico luogo le foto relative a udienze e viaggi del Papa, le novità filateliche e numismatiche e l’intera produzione della Libreria Editrice Vaticana. Il locale, in piazza Pio XII, è stato benedetto dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. C’era per noi Amedeo Lomonaco:

    Il cardinale Tarcisio Bertone ha sottolineato la collaborazione “possibile e fattiva tra vari enti e realtà a servizio della Santa Sede e del Santo Padre”. Oggi - ha spiegato il porporato - accanto ai luoghi di culto è bene che crescano anche luoghi di evangelizzazione della verità, spazi di approfondimento del messaggio cristiano incarnato nella società perché si diffonda nel mondo:
     
    “Questa nuova libreria si propone come luogo di evangelizzazione e di autentica promozione umana, offrendo testi e sussidi che rispondono alle attese, alle esigenze della cultura contemporanea”.

    Questo nuovo spazio - ha detto il segretario di Stato - vuole essere un’"agorà" che, facendo da cassa di risonanza alla Parola creatrice e salvatrice, “amplifica il magistero del Successore di Pietro e dei vescovi”:
     
    “Esiste un indubbio legame tra questo locale e Piazza San Pietro. Si è voluto espressamente far riferimento alla piazza, che con la Basilica omonima è cuore del mondo cattolico, perché sia sempre più segno visibile ed eloquente di quell’antica agorà dove si incontravano donne e uomini in sincera ricerca della verità”.

    L’obiettivo è di ripresentare la novità sempre attuale della fede cristiana contenuta nell’immutabile Parola di Dio. E’ quanto sottolinea don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana:

    “Questo nuovo punto vendita rappresenta una ulteriore presentazione al pubblico della nostra produzione libraria. L’obiettivo è la diffusione più ampia possibile della produzione del Santo Padre, della Santa Sede in genere, che in tal modo avrà una visibilità maggiore soprattutto per i visitatori ed i pellegrini”.

    Il nuovo punto vendita è un ulteriore spazio a servizio del Papa e della Santa Sede, come spiega il direttore dell’Osservatore Romano, Gian Maria Vian:

    “E’ una nuova porta che si apre ai visitatori, che sono pellegrini ma anche turisti e che, venendo a Roma, naturalmente giungono a San Pietro. E' abbastanza evidente, quindi, lo scopo di questa nuova struttura: aprirsi sempre di più. L’Osservatore Romano ha sempre assicurato, oltre alla documentazione testuale, anche un importante archivio per immagini che documentano tutta l’attività pubblica del Papa che, negli ultimi decenni, è sempre più a contatto con i fedeli. I fedeli, naturalmente, hanno il desiderio di avere traccia di questa documentazione, per cui è evidente che le richieste sono moltissime”.

    Libri, fotografie, monete e francobolli sono anche strumenti per far conoscere altri aspetti dello Stato del Vaticano. Pier Paolo Francini, responsabile dell’Ufficio filatelico e numismatico:

    “Si tratta di cercare di diffondere il francobollo e la moneta, che sono due elementi istituzionali dello Stato, e si tratta di creare con queste altre due strutture della Santa Sede un rapporto che consenta al visitatore di avere il miglior panorama possibile di tutte quelle attività che concorrono alla formazione dell’immagine delle istituzioni della Santa Sede”.

    Dopo l’inaugurazione del nuovo punto vendita, il cardinale Bertone, rispondendo alle domande dei giornalisti sul caso di Eluana Englaro, la donna in coma da 17 anni, ha affermato che “Eluana è nelle mani di Dio e nelle mani degli uomini. Dobbiamo pregare”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un articolo di Carlo Bellieni sul concetto di salute

    Nell’informazione internazionale, la crisi finanziaria: si mette in evidenza che uno dei colossi bancari statunitensi, il gruppo Citigroup, licenzia oltre 50.000 persone ma i suoi manager non rinunciano a incassare i bonus per il 2008

    In cultura, un articolo di Carlo Carletti dal titolo “La memoria di Pietro affidata alla tenace passione di una donna”: il 18 novembre 1626 Papa Urbano VIII consacrava la nuova basilica di San Pietro; nel 1958 Margherita Guarducci pubblicava i risultati dei suoi studi sulla tomba dell’Apostolo

    Una lezione di realismo politico troppo a lungo rimossa: una sintesi dell’intervento di Roberto Gualtieri, vicedirettore della Fondazione Istituto Gramsci, al convegno, in corso a Roma, sul tema “Il governo della società nel XXI secolo. Ripensando ad Aldo Moro”.

    I lunedì di preghiera che sgretolarono il Muro: Edoardo Caprino rievoca l’ottobre del 1989; la chiesa di San Nicola, a Lipsia, è il luogo dove sono state poste le basi per la caduta del regime comunista che opprimeva la Germania Est
     Nell’informazione religiosa, Gianluca Biccini intervista don Attilio Riva, responsabile dell’ufficio delle Poste e del Telegrafo dello Stato della Città del Vaticano

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    Oggi in Primo Piano



    Accogliere la sfida della vita: così, il cardinale Bagnasco sulla vicenda di Eluana Englaro

    ◊   “Il papà di Eluana parli con il mio, cambierà idea”: è l’appello di Bobby Schiavo, fratello di Terri, la donna americana in stato vegetativo, spentasi nel 2005 in Florida dopo 13 giorni senza idratazione e alimentazione. “Quella che è toccata a mia sorella - afferma Bobby al quotidiano “Avvenire” - è una delle morti più orribili e disumane. Nessuno dovrebbe essere mai più messo in quella situazione, in nessun posto al mondo”. Intanto, ieri un rapporto del Ministero della salute ha definito “assurdo” parlare di certezza di irreversibilità nel caso di persone che versano in stato vegetativo. D’altro canto, è sempre acceso in Italia il dibattito sull’eutanasia e sul testamento biologico dopo la sentenza della Corte di Cassazione che ha autorizzato la sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione ad Eluana Englaro. Ma si può parlare di eutanasia nel caso di Eluana? Luca Collodi lo ha chiesto al cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana:

    R. - Sì, c’è questo rischio molto grave e anche evidente. Sospendere l’idratazione e la nutrizione è sospendere le funzioni vitali di una persona umana, al di là della sua situazione fisica, di salute. Quindi, queste funzioni non possono assolutamente essere considerate delle terapie, dei farmaci invasivi o straordinari, ma assolutamente incommensurabili.

     
    D. - Un recente studio del Ministero della salute afferma che pur essendo poche le possibilità di recupero, lo stato vegetativo non può mai essere definito irreversibile. Lei concorda con questa analisi?

     
    R. - Questo studio, che non conoscevo fino a questo momento, conferma la assoluta cautela con la quale dobbiamo affrontare questi temi della vita e della morte. Non soltanto per il valore intrinseco della vita - anche quando è ferita e dunque richiede una maggiore attenzione da parte della società e di tutti - ma in qualunque altra situazione. Soprattutto in questo momento, il mistero della vita deve suscitare all'interno della società intera una riflessione molto più attenta e molto più umile.

     
    D. - Eminenza, perché la società italiana sembra difendere più il diritto a morire che a vivere: “diritto” che peraltro non è contemplato nella Costituzione?

     
    R. - Penso che alla base di tanti problemi odierni da questo punto di vista, cioè dal punto di vista etico, vi sia una concezione della libertà in termini di assolutezza, come se la libertà, il principio di autodeterminazione - che certamente è un principio valido - debba essere applicato in termini assoluti, senza limiti di riferimento e senza altri giudizi di ordine superiore. E’ necessario per tutti quanti noi riprendere il concetto vero di libertà, non in termini individualistici, ma in termini personalistici: che tenga sempre conto della importanza delle relazioni e dell’esistenza di valori oggettivi non disponibili per le nostre decisioni.

     
    D. - I temi della fine vita possono favorire una riflessione positiva tra laici e cattolici oppure rischiano di rendere il dialogo più difficile?

     
    R. - L’auspicio, il desiderio, la speranza di tutte le persone di buona volontà è certamente che ci sia un dialogo sempre più intenso, più vero, più disponibile e non ci siano dei muro contro muro. Naturalmente, un dialogo vissuto nell’onestà intellettuale da parte di tutti, a partire dalla consapevolezza che esistono dei valori che sono oggettivi e assoluti e quindi non frutto di maggioranze, di minoranze di nessun genere, ma frutto di un riconoscimento intellettuale e onesto di valori. Valori che sono da parte dell’uomo soltanto da riconoscere, da accogliere, da custodire, da promuovere, perchè promuovere quei valori significa rispettare l’uomo e creare una società più umana.

     
    D. - Lei, quindi, esprime l’auspicio che tutto questo si possa tradurre in un clima positivo anche nelle aule parlamentari per una legislazione al riguardo?

     
    R. - E’ quanto veramente auspico e tutti quanti auspichiamo in nome della dignità vera dell’uomo e dell’umanità autentica di una società.

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    Oggi le conclusioni del meeting interreligioso di Cipro. Intervista con il cardinale Kasper

    ◊   Con la speranza che l’isola di Cipro possa cessare di essere l’ultimo muro d’Europa, si chiude oggi a Cipro, l’edizione 2008 di "Uomini e Religioni", l’incontro organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Da Nicosia di riferisce la nostra inviata, Francesca Sabatinelli.

    Da Cipro le religioni vogliono riaffermare la potenza dello spirito, della preghiera e del dialogo e l’azione che questa forza può esercitare anche sulla politica. La Nicosia segnata da una divisione che crea due realtà drammaticamente opposte, e non per religione quanto per evidenti disparità sociali e condizioni di vita, è diventata in questi giorni il teatro di incontri tra i leader religiosi che dal 1987 hanno caratterizzato gli appuntamenti di Sant’Egidio.

     
    Questa edizione aspira però a qualcosa di ben più concreto, perché accanto alle tavole rotonde, alle strette di mano tra Imam, rabbini, patriarchi e cardinali, si è snodata la via della diplomazia. Una delegazione di Sant’Egidio e di vari esponenti religiosi ha incontrato in questi giorni i negoziatori da parte turca e greco-cipriota che assieme all’inviato delle Nazioni Unite, stanno portando avanti le trattative perché a Cipro si arrivi ad una soluzione, togliendo il dato religioso da un problema che è politico-territoriale. "Uomini e Religioni" in questi giorni è stato anche questo, oltre agli appelli per una pacificazione in Terra Santa, in Libano, in Iraq, di sostegno alle martoriate comunità di cristiane dell’ India e di tanti altri luoghi, oltre all’invito a non dimenticare i poveri, vere vittime della crisi finanziaria internazionale. Questa sera la chiusura di questa 22.ma edizione con la lettura del messaggio di pace inviato al mondo da tutte le religioni e l’appello di una importante testimone, Ingrid Betancourt.

    Forte come sempre, dunque, l'attenzione del Meeting all'attualità internazionale, ma intensa anche la parte dedicata ai rapporti ecumenici. Sul punto, ecco l'opinione di una delle personalità ecclesiali presenti a Cipro, il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani, al microfono di Francesca Sabatinelli:

    R. - Siamo su una buona strada con le Chiese ortodosse. Adesso parliamo del ruolo del vescovo di Roma nel I millennio nella Chiesa universale, quindi parliamo del primato di Roma e c’è un buon riavvicinamento, anche se non un pieno consenso: è un passo importante. Anche l’amicizia fra vescovi ortodossi e vescovi cattolici diventa sempre più stretta. Il Patriarca ecumenico è stato tre volte a Roma, e mai era avvenuto in tutta la lunga storia della Chiesa. Le cose vanno avanti, anche se ancora ci vuole tanto tempo. E' necessario che anche i fedeli siano coinvolti e per questo ci vuole più tempo per cambiare la mentalità. Abbiamo fatto, però, buoni passi negli ultimi 40 anni e possiamo andare con speranza verso il futuro.

     
    D. – Quindi, lei è ottimista?

     
    R. – Io ho l’impressione che lo Spirito Santo stia dietro a questo movimento e ci spinga ad andare avanti nonostante tutte le difficoltà che poi sono normali nella vita dell’uomo. C'è da considerare anche il fatto che tutti quei Paesi che erano isolati e che hanno vissuto il comunismo oggi vogliono entrare nell’Unione Europea: e i giovani sono più aperti e penso che adesso le circostanze politiche siano dalla nostra parte. Nel passato la politica ci ha diviso, adesso la politica ci spinge ad unirci. Abbiamo le stesse sfide, cattolici e ortodossi, e così dobbiamo rispondere insieme a queste sfide.

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    Nel 2008, un milione di pellegrini a Betlemme: l'aumento delle visite aiutato dal miglioramento della situazione nei Territori palestinesi

    ◊   Aumentano i pellegrinaggi in Terra Santa: Betlemme ha dato il benvenuto al milionesimo pellegrino arrivato nel 2008, un polacco accolto domenica dal sindaco e dalla banda. Si tratta di un traguardo importante per la città della Terra Santa, dove quest’anno si è registrato un incremento di pellegrini dell’80% rispetto al 2007. E’ un dato incoraggiante che è frutto, soprattutto, di una migliore situazione politica nei Territori. E’ quanto conferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, padre Severino, direttore della "Casa Nova" a Betlemme, struttura di accoglienza per pellegrini gestita dalla Custodia di Terra Santa:

    R. – Penso che la presenza numerosa dei pellegrini in Terra Santa sia sempre, in qualche modo, il metro della situazione. La gente si sente di nuovo sicura, capisce di poter venire a Betlemme. Non c’è paura. Vuol dire che anche la situazione politica è cambiata un po’, in meglio. Ovviamente ci dobbiamo rendere conto del fatto che in questo momento c'è la crisi del governo israeliano: a febbraio dell’anno prossimo ci saranno le elezioni. E dobbiamo pensare anche al cambiamento del presidente degli Stati Uniti. Sono, questi, fattori molto importanti per la politica in Terra Santa, in Israele e Palestina. Si vede che c’è la volontà di riprendere questo dialogo che potrebbe porre fine a questo lungo conflitto tra Israele e Palestina.

     
    D. – Tra i segni incoraggianti ci sono, appunto, i pellegrinaggi. Da sottolineare che a cambiare non sono solo le cifre relative ai pellegrini in questi ultimi anni, ma anche le coordinate geografiche: molti arrivano da Russia, Brasile…

     
    R. – Si deve sottolineare che i pellegrini russi, ortodossi, secondo le statistiche occupano il primo posto per numero di persone arrivate. Molti pellegrini arrivano poi dalla Polonia, dalla Slovenia e dal Sud America, soprattutto dal Brasile.

     
    D. – Le cose vanno dunque meglio, ma resta il problema delle visite “mordi e fuggi” che penalizzano albergatori e commercianti…

     
    R. – La media di ogni gruppo è ormai minimo di due giorni. Dunque anche questo dato sta cambiando, ma c’è ancora molto da fare. Non possiamo abbandonare i cristiani di Betlemme, la popolazione di Betlemme. Non si tratta di business, ma di pura e vera sopravvivenza, perché altro lavoro non c’è.

     
    D. – Una popolazione che vive circondata da un muro…

     
    R. – Un muro che è sempre più difficile da oltrepassare e dunque le possibilità di lavorare fuori Betlemme, praticamente, per la maggior parte della popolazione non esistono.

     
    D. – Il pellegrino non è solo un motore per il turismo, ma anche un segno concreto per sperare nella fine del conflitto israelo-palestinese…

     
    R. – E’ certamente un segno di speranza! Dobbiamo dire che molto spesso i nostri cristiani di Betlemme e di altre città si sentono un po’ abbandonati, soli: hanno la consapevolezza di vivere come minoranza. Dunque, vedere questi pellegrini che vengono da tutto il mondo è un segno molto incoraggiante per la popolazione, per i cristiani di Betlemme, di Gerusalemme. E penso anche che sia un invito ai governi di Israele e della Palestina di pensare seriamente alla pace, perché con la pace può veramente arrivare la prosperità e la gioia in questa terra.

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    Nasce a Loppiano L’Istituto universitario "Sophia" del Movimento dei Focolari

    ◊   Un laboratorio accademico di formazione, studio e ricerca a forte impianto relazionale. Una innovativa occasione di crescita umana e culturale. Questo vuole essere l’Istituto Universitario "Sophia", il nuovo centro accademico del Movimento dei Focolari - fondato a Loppiano, in provincia di Firenze, da Chiara Lubich - e presentato oggi alla stampa alla presenza della nuova presidente dei Focolari, Maria Voce. Le lezioni avviate il 13 ottobre scorso porteranno gli alunni in due anni alla Laurea Magistrale e ad un successivo dottorato in “Fondamenti e prospettive di una cultura dell’unità”. Ma quale la specifica offerta formativa di questo istituto? Al microfono di Gabriella Ceraso sentiamo il preside, mons. Piero Coda:

    R. - E’ una istituzione promossa dal Movimento dei Focolari, eretta dalla Santa Sede, dalla Congregazione per l’Educazione cattolica, rivolta soprattutto alla formazione di laici, preparati in fondamenti e prospettive di una cultura dell’unità illuminata dal Vangelo di Gesù e dalla dottrina della Chiesa. Prepara laici provenienti dalle più svariate discipline, ad affrontare con l’intelligenza della fede cristiana le grandi sfide del nostro tempo.

     
    D. - Le discipline sono teologia, filosofia, discipline antropologiche, etiche e ci sarà poi una formazione specialistica. In che cosa arricchirà gli allievi?

     
    R. - Penso che una dimensione fondamentale sia proprio l’intreccio organico, profondo tra l’esperienza vitale, condotta all’interno della comunità accademica, tra docenti e studenti, tra studenti di varie origini e, dall’altra parte, l’arricchimento viene anche dall’incontro profondo tra le discipline e tra le culture, alla luce di Gesù e del suo Spirito. Quindi, una formazione profondamente integrale: preparare - come amava dire Chiara Lubich - degli “uomini-mondo”, cioè all’altezza delle sfide dell’oggi.

     
    D. - Vita-studio è un binomio-chiave. Questo si riflette anche nella cornice di Loppiano. Perché lì, e che cosa ha di particolare?

     
    R. - La scelta nasce proprio dall’intuizione di collocare un’esperienza accademica come questa all’interno di un humus vitale in cui si realizza la formazione, la convivenza delle varie vocazioni cristiane di persone che vengono da tutto il mondo, in modo che la vita universitaria non sia astratta dal dinamismo della comunità cristiana e della società di oggi.

     
    Ma come era nata l’ispirazione di questa università nel cuore di Chiara Lubich? Sentiamo Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari:

     
    R. - Mi sembra che in Chiara ci sia sempre stata vivissima la coscienza che nel carisma c’era una dottrina e il desiderio di fare emergere questa dottrina. Quindi, naturalmente, quando Dio le ha fatto comprendere cosa volesse da lei e cosa volesse dall’opera che nasceva, lei ha sentito che questo avrebbe portato a una rivoluzione culturale, nel senso pieno del termine. E dunque aspettava che questa dottrina emergesse in tutta la sua potenza.

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    Chiesa e Società



    Iraq: continuano le persecuzioni contro i cristiani

    ◊   “Devono lasciare un Paese sicuro e stabile prima di andare via. Il rischio, altrimenti, è quello di far sprofondare la nazione nel caos”. Così il vicario patriarcale di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, commenta l’accordo sul ritiro delle truppe americane dall’Iraq entro il 31 dicembre 2011, approvato domenica scorsa dal governo iracheno. “Non spetta alla Chiesa fare valutazioni politiche – dichiara al Sir il vescovo – ma l’Iraq deve essere libero ed indipendente, deve vedersi riconosciuti i suoi diritti, quelli del suo popolo e delle minoranze che lo compongono. Il nostro Paese non deve essere sottomesso da nessuno ed ha diritto all’autodeterminazione”. Per Warduni “è necessario in questi tre anni preparare il Paese perché sia effettivamente indipendente. Ciò significa favorire la riconciliazione nazionale: garantendo a tutti gli iracheni i medesimi diritti”. Gli sviluppi sul piano politico al momento non sembrano però determinare miglioramenti della sicurezza sul terreno. Continuano infatti le intimidazioni alla comunità cristiana irachena, con una serie di vessazioni che vanno dal pagamento della “jizya”, una tassa in cambio di protezione, all’imposizione del hijab, fino alle conversioni forzate per arrivare e stupri, omicidi e distruzione delle abitazioni. E’ di oggi la notizia, diffusa dall’agenzia Aina, che “un vescovo cristiano ha ricevuto una lettera di minacce dal gruppo fondamentalista islamico, Ansar al-Islam, affiliato ad Al Qaeda in cui si ordina ai cristiani di lasciare il Paese in massa”. Nel testo, pubblicato in lingua araba dal sito del quotidiano on line Al-Ittihad, si legge che “il Segretariato generale degli aderenti alla Brigata dell’Islam ha deciso di rivolgere agli infedeli crociati cristiani di Baghdad e delle altre province, l’ultimo avvertimento perché lascino immediatamente e in modo permanente l’Iraq e si uniscano a Benedetto XVI e ai suoi seguaci che hanno calpestato i simboli più grandi dell’umanità e dell’Islam”. La lettera afferma inoltre che “non c’è posto in Iraq per gli infedeli cristiani da adesso in poi” pena la morte come “sta accadendo ai cristiani di Mosul”. (M.G.)

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    Somalia: massima cautela nella trattativa per la liberazione delle due suore italiane

    ◊   Si lavora nello più stretto riserbo per liberare Caterina Giraudo (67 anni) e Maria Teresa Olivero (61), le due suore italiane rapite il 9 novembre scorso in Kenya da uomini armati e probabilmente trasferite in Somalia. Delle due religiose si sa che stanno bene, come confermato tre giorni fa dal “provincial commissioner”, Josefant Maingi. Sarebbero poi stati avviati dei contatti con i rapitori attraverso l’aiuto dei capi tribù di El Wak. Un lavoro molto delicato che fa escludere l’ipotesi del blitz lanciata ieri dal quotidiano keniota “The Standard”, citando il portavoce dell’esercito del Kenya Ongeri, secondo il quale le truppe keniane sarebbero ''pronte ad intervenire contro i miliziani'', qualora le due religiose e l'autista che le accompagnava non fossero rilasciati immediatamente. Sulla questione è intervenuto anche il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, che da Londra ha voluto smentire con decisione l'ipotesi di un intervento dell'esercito keniano, che risulterebbe troppo pericoloso specialmente se annunciato. Intanto si moltiplicano gli appelli per la liberazione delle due religiose e tutti gli operatori umanitari nelle mani delle bande di sequestratori somali. Ultimo in ordine di tempo quello di Nino Sergi, segretario generale dell’organizzazione non governativa Intersos, che coglie l’occasione “affinché la politica e i media aprano gli occhi sulla realtà somala”. Sergi denuncia “il crescente disinteresse della comunità internazionale, a parte alcune lodevoli iniziative, e la scelta di chiudere gli occhi di fronte alla gravità del caso: un Paese per diciotto anni senza Stato, abbandonato a sé stesso, nella sua povertà, nella più totale disgregazione sociale, in preda alle prepotenze che a turno si sono succedute e con le porte aperte a qualsiasi attività o potere illecito”. Come Ong, afferma Sergi, “non intendiamo abbandonare la Somalia”. “Anche la cooperazione avviata dai Governi e dalle agenzie internazionali va quindi assolutamente continuata – sostiene ancora il segretario dell’Ong -. Occorre ripensare il ruolo delle Nazioni Unite nell’area” e “ripensare le scelte e l’impegno dei Paesi membri” tra cui l’Italia. Secondo Sergi è anche necessario “valorizzare il già positivo ruolo dell’Europa” e sostenere “le iniziative regionali africane”. (M.G.)

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    Kenya: campi profughi al limite della capienza. Sfollati somali a rischio denutrizione

    ◊   I campi profughi kenioti destinati ad ospitare gli sfollati somali sono al collasso. L’allarme è stato lanciato l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati che chiede l’apertura di altre strutture per l’accoglienza. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite da gennaio almeno 56.000 nuovi richiedenti asilo hanno raggiunto gli accampamenti oltre il confine keniano, di cui 6000 solo a ottobre. Numero complessivo dei rifugiati nei campi di Dagaley, Ifo e Hagadera è passato da 171.000 a 224.000, ovvero il triplo di quanto le strutture siano in grado di ospitare, precisa poi l’Unhcr citato dalla Misna. L’ufficio aggiunge che al momento non ci sono problemi di rifornimento di cibo, quanto piuttosto di difficoltà di distribuzione per l’inadeguatezza delle strutture ma si avverte che, con il continuare dei flussi, le riserve alimentari potrebbero ridursi. Unhcr e organizzazioni non governative hanno rassicurato, tuttavia, sul fatto che finora non ci sono state epidemie e che il livello di malnutrizione resta nei limiti, ma mettono in guardia sul fatto che il sovraffollamento aumenta la vulnerabilità dei rifugiati a malattie, denutrizione e problemi di vario genere. Infine, l’agenzia dell’Onu stima che, se peggioreranno le condizioni di sicurezza in Somalia, nel 2009 potrebbero fuggire oltre il confine kenyano, tra le 60.000 e 100.000 altre persone. (M.G.)

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    Le Pontificie Opere Missionarie australiane per il dramma del Kivu

    ◊   Le Pontificie Opere Missionarie (POM) in Australia hanno lanciato una campagna di sensibilizzazione e di solidarietà in favore delle vittime della tragedia umanitaria che si sta verificando nella Repubblica Democratica del Congo. Le POM australiane - riferisce l'agenzia Fides - hanno realizzato una apposita newsletter dedicata al vasto paese africano, da diffondere in tutte le realtà ecclesiali della nazione: parrocchie, scuole, movimenti, associazioni, congregazioni religiose. Il sussidio informativo intende sensibilizzare i fedeli sulla drammatica situazione che sta vivendo la popolazione congolese e sulle gravi conseguenze della guerra intestina fra esercito regolare e ribelli, che sta avendo pesanti ripercussioni sui civili: secondo le Nazioni Unite oltre 100mila profughi sono completamente abbandonati a se stessi, senza alcuna protezione né sostentamento. Si tratta di una tragedia umanitaria che fa vittime innocenti e che richiede una pronta risposta della comunità internazionale: per questo le POM stanno sollecitando interventi governativi ma nel contempo lanciano una campagna di solidarietà per alleviare le terribili sofferenze della popolazione del Congo. Nel martoriato Paese africano le POM australiane stanno curando e sostenendo alcuni progetti in favore dei bambini, assicurando il sostegno materiale e la formazione culturale di centinaia di ragazzi: si forniscono strutture di accoglienza, vestiario, cibo, provvedendo a garantire un percorso di istruzione per centinaia di orfani e ragazzi di strada, per un impegno economico che supera i 300mila dollari all’anno. Le POM fanno notare che in Congo circa il 50% della popolazione è sotto i 14 anni e che la mortalità infantile è di 93 bambini ogni mille (mentre in Australia la percentuale è 5 su mille). Per questo resta prioritario l’intervento a favore dell’infanzia: attualmente sono assistiti dalle POM 835 ragazzi nella città di Mwene-Ditu (nel Sud del paese), che frequentano la “Moyo Mupeluke Wamaria Grammar School”. (R.P.)

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    Nell’Africa australe prosegue con successo la lotta all’Aids e alla malaria

    ◊   Fare il punto sui progressi nella lotta alle malattie più diffuse nell’Africa australe e fissare nuovi obiettivi per favorire la ricerca e garantire un assistenza medica migliore. Su questi due “binari” si sono svolti i lavori del vertice dei ministri della Sanità dei paesi della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (Sadc) che si è concluso a Durban, in Sudafrica.Durante summit – riferisce l’agenzia di stampa sudafricana ‘Sapa’ ripresa dalla Misna – i ministri hanno sottolineato i passi avanti compiuti nella prevenzione della trasmissione da madre a figlio del virus dell’immunodeficienza umana (hiv) all’origine dell’Aids. Secondo i partecipanti al vertice, nella lotta contro la diffusione della malattia molti progressi sono stati ottenuti grazie all’avvio di nuovi programmi terapeutici centrati sull’uso dei farmaci anti-retrovirali. A Durban si è discusso anche di malaria, una delle malattie più gravi e diffuse nell’Africa meridionale. “Nella provincia sudafricana di KwaZulu-Natal – ha sottolineato il ministro dello Swaziland Benedict Xaba, portavoce del vertice di Durban – l’incidenza della malaria è diminuita del 90% rispetto al 2000”. Di recente l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (Oms) ha dichiarato la Namibia paese libero dalla malaria e sottolineato i progressi dello Swaziland, che potrebbe sradicare completamente la malattia nell’arco di tre anni. Della Sadc fanno parte 15 paesi: Angola, Botswana, Repubblica democratica del Congo, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mauritius, Mozambico, Namibia, Seychelles, Sudafrica, Swaziland, Tanzania, Zambia, Zimbabwe. (M.G.)

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    Caritas Internationalis per il XX anniversario della Giornata Mondiale dell'Aids

    ◊   Di fronte alla tragedia dell’Aids, "le imprese farmaceutiche e i Governi devono dimostrare una maggiore leadership sviluppando formule pediatriche per l'Hiv". L’appello – ripreso dalla Zenit - è stato lanciato dal cardinale, Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis, in vista della Giornata Mondiale dell'Aids 2008, il prossimo primo dicembre. Ricordando che quest'anno si celebra il 20.mo anniversario della Giornata, il porporato ha poi spiegato che se attualmente un terzo degli adulti che hanno bisogno dei medicinali anti-retrovirali per prolungare la propria vita e migliorarne le condizioni li sta ricevendo, "solo il 15% dei bambini con l'Hiv ottiene queste medicine essenziali". "Molti muoiono prima del loro secondo compleanno", ha denunciato il presidente di Caritas Internationalis, arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras). Quanto all'azione della Caritas, il cardinale ricorda l'impegno "per evitare che si perdano altre vite di bambini vulnerabili", in vista di un 2009 in cui "i bambini saranno un elemento chiave per la Caritas". Il porporato si è anche detto "immensamente orgoglioso della leadership di Caritas Internationalis, dei suoi 162 membri e delle controparti cattoliche nella risposta alla pandemia dell'Hiv". "Insieme forniremo gran parte delle cure all'Hiv nei Paesi in via di sviluppo - ha aggiunto -. Incideremo a tutti i livelli per porre fine alla discriminazione e perché si elaborino politiche che tengano conto delle necessità dei più vulnerabili alla pandemia". "Parte essenziale del 'capitale' di una persona povera è la sua buona salute - ha concluso -. Continueremo a impegnarci per aumentare questo patrimonio". (M.G.)

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    L’impegno dei vescovi del Libano per la pace e la riconciliazione nazionale

    ◊   Fare di Beirut il centro mondiale per il dialogo tra culture. L’ambizioso progetto del presidente libanese Michel Sleiman, proposto all’ONU durante la Conferenza per il dialogo tra fedi e civiltà, è stato fatto proprio dalla Chiesa del Paese dei Cedri e rilanciato nel comunicato finale della 42.ma assemblea dei patriarchi e vescovi cattolici del Libano. Nel documento diffuso ieri al termine dei lavori, i presuli plaudono anche al rilancio progressivo delle istituzioni del Paese e all’avvio della riconciliazione nazionale, invitando al perdono e al superamento delle divisioni che hanno portato a 30 anni di spargimenti di sangue. Sempre in riferimento alla situazione libanese i vescovi esprimono la loro preoccupazione per la crisi economica che attanaglia i cittadini e per l’emigrazione crescente dei giovani a causa della disoccupazione che ha raggiunto livelli senza precedenti. Il testo pone poi l’accento sulle sofferenze del popolo libanese che conta centinaia di migliaia di profughi in Libano. E ancora un appello accorato alla Lega Araba ed alla comunità internazionale affinché si adoperino a tutela dei diritti dei cristiani iracheni costretti ad abbandonare le proprie case e a trovare spesso rifugio all’estero nei paesi confinanti (Siria, Giordania, Libano). Appello rivolto anche alla popolazione libanese per accogliere ed aiutare i loro fratelli iracheni cristiani sfollati, conformemente alla tradizione storica del Libano come terra di rifugio delle popolazioni perseguitate nel Medio Oriente. Nel corso dell’assemblea si è proceduto, infine, ad una valutazione del lavoro delle varie Commissioni episcopali e istituzioni cattoliche nel corso degli ultimi quattro anni per avviare una loro riorganizzazione organizzativa e pastorale. (M.G.)

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    Vietnam: migliaia di cattolici portano la loro solidarietà alla parrocchia di Thai Ha

    ◊   Migliaia di cattolici si sono radunati in preghiera intorno alla parrocchia di Thai Ha e momenti di preghiera ci sono stati in varie parti della diocesi di Hanoi. La solidarietà è stata la risposta dei fedeli all’incomprensibile attacco subito la notte di sabato da Thai Ha, quando centinaia di attivisti del Partito hanno tentato di distruggere la cappella di San Gerardo. Un’azione alla quale erano presenti le forze di sicurezza e ha partecipato un esponente del locale Comitato del popolo (il municipio) e che non ha potuto raggiungere il suo obiettivo per l’arrivo sul luogo di centinaia di cattolici, che hanno risposto alla richiesta di aiuto lanciata dalle campane della chiesa. Oggi il New Hanoi riferisce che il portavoce del Ministero degli esteri Le Dung ha negato il coinvolgimento di forze pubbliche nell’aggressione, sostenendo che “nessuna forza governativa ha attaccato l’area della parrocchia di Thai Ha”. A smentirlo - riferisce l'agenzia AsiaNews - oltre alle testimonianze, le foto prese da parrocchiani, che mostrano chiaramente la presenza ed il coinvolgimento di polizia, forze di sicurezza e milizia. L’attacco ha creato grave preoccupazione nei vietnamiti di tutto il mondo, mentre il governo mostra di non voler svolgere alcuna indagine sull’incidente. Si limita a negare il suo coinvolgimento”. Da parte dei fedeli, invece, a migliaia, ora, dopo la notizia dell’attacco – simbolicamente avvenuto mentre si celebrava la festa dei martiri vietnamiti - sono venuti dalla cattedrale di San Giuseppe, da Ham Long, e Hang Bot e persino dalle lontane parrocchie di Thach Bich, Canh Hoach e Bai Xuyen. (R.P.)

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    Georgia-Russia: per Amnesty bisogna consentire il ritorno di oltre 20 mila profughi

    ◊   Cento giorni dopo il conflitto di agosto, oltre 20.000 profughi di etnia georgiana non possono ancora rientrare nelle loro case nell’Ossezia del Sud, mentre molte altre persone su entrambi i lati del conflitto, una volta riuscite a tornare, hanno trovato le loro abitazioni distrutte. E’ la denuncia contenuta nel rapporto odierno di Amnesty international, ripreso dall'agenzia Sir, sul conflitto tra Georgia e Russia. Tra il 7 e il 13 agosto, villaggi e centri abitati sono stati infatti attaccati e bombardati, con il numero delle vittime civili “significativamente superiore a quello dei militari”. Il conflitto aveva provocato la fuga di 200.000 persone. Attualmente, dichiara Nicola Duckworth, direttrice del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty, “lungo il confine de facto tra Ossezia del Sud e il resto della Georgia si è creata una nuova zona d’ombra, in cui le persone continuano a vagare a loro rischio e pericolo e dalla quale, nelle ultime settimane, sono pervenute notizie di saccheggi, sparatorie, attentati e sequestri”. E’ perciò necessario consentire l’accesso agli osservatori internazionali e intensificare “gli sforzi per garantire il ritorno sicuro e senza discriminazione dei profughi”. Amnesty sollecita Georgia e Russia “a richiedere un’indagine da parte della Commissione internazionale di accertamento dei fatti e di replicare pubblicamente alle sue conclusioni”. (R.P.)

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    Al via il seminario di Liverpool sulle migrazioni, promosso dai vescovi di Africa ed Europa

    ◊   Si apre domani a Liverpool, in Gran Bretagna, il seminario delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (SECAM-SCEAM) e del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE) sulle migrazioni come nuovo spazio di evangelizzazione e di solidarietà, all’insegna delle parole di Gesù: “Ero forestiero e mi avete ospitato”. L’iniziativa si inserisce nel quadro degli scambi annuali tra vescovi africani ed europei iniziati con il simposio del 2004 a Roma sui temi della comunione e della solidarietà tra Africa ed Europa; dalla decisione dei presuli di continuare ad approfondire la loro comune responsabilità per l’evangelizzazione e la promozione umana è scaturito un programma per il quadriennio 2007-2010 intorno al tema “Comunione e solidarietà tra l’Europa e l’Africa nell’epoca della mobilità umana”. Prendono parte al seminario vescovi africani ed europei, rappresentanti della Santa Sede, membri di organismi di solidarietà ed esperti che apriranno l’incontro con una riflessione sull’accoglienza del migrante dalla prospettiva biblico-teologica, per esaminare quindi il fenomeno dell’emigrazione tra i due Continenti nel quadro delle politiche africane ed europee e nel contesto più ampio dei processi migratori su scala globale. I partecipanti procederanno quindi ad esaminare i contenuti dei programmi pastorali rivolti rispettivamente ai rifugiati, ai lavoratori e agli studenti migranti e gli approcci della pastorale in una situazione di multiculturalità. La Celebrazione dei Vespri, che inaugura il Seminario, si terrà nel pomeriggio di domani nella Cattedrale Metropolitana di Cristo Re, con omelia dell’Arcivescovo di Abuja, mons. John Onaiyekan. Seguirà una Conferenza Stampa con la partecipazione degli arcivescovi di Liverpool, Patrick Kelly, e di Accra, Charles Gabriel Palmer-Buckle, insieme al Vescovo di Münster, mons. Josef Voss. A fine pomeriggio del 20 novembre una Celebrazione Eucaristica sarà celebrata nella chiesa di Sant’Anne, al termine della quale avrà luogo un incontro con i migranti e i richiedenti asilo, arrivati di recente dai Paesi africani. Da segnalare anche il dibattito pubblico su “La schiavitù nella storia e le nuove schiavitù”, in programma venerdì 21 con interventi dell’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti e dell’arcivescovo Palmer-Buckle. Un documento finale raccoglierà i punti salienti della riflessione, i suggerimenti e le iniziative proposte, insieme alle prospettive future di collaborazione tra la Chiesa in Africa e in Europa. A conclusione del loro incontro i Vescovi concelebreranno una solenne Eucaristia nella Cattedrale Metropolitana di Cristo Re, presieduta dall’Arcivescovo di Liverpool, mons. Patrick Kelly. (M.G.)

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    Cuba: ricordato il XV anniversario della Lettera pastorale “El amor todo lo espera”

    ◊   Alla presenza dell’arcivescovo dell’Avana cardinale Jaime Ortega e del nunzio apostolico mons. Luigi Bonazzi, sabato scorso presso il seminario San Carlo e Sant’Ambrogio della capitale, diversi esperti e redattori della rivista “Espacio laicale” hanno ricordato il quindicesimo anniversario della Lettera pastorale “El amor todo lo espera” che con il suo accorato appello “al dialogo nazionale e alla riconciliazione” ebbe un grande impatto nella società cubana anche se non mancarono le critiche. L’esortazione, pubblicata l’8 settembre 1993, “fu un momento di grande trascendenza” ha ricordato il cardinale Jaime Ortega nel suo breve intervento di apertura. “I grandi avvenimenti però non sempre hanno nel suo momento un’accoglienza positiva”, ha aggiunto il porporato in riferimento forse alle critiche che quindici anni fa furono formulate sia fuori che dentro del Paese. Oggi è tutto diverso e a nessuno sfugge il valore e l’importanza dell’appello dei vescovi nel momento in cui, Cuba, attraversava una delle sue crisi socio-economiche più gravi. “Non siamo qui per ricordare un fatto del passato con una modalità apologetica”, ha precisato l’arcivescovo dell’Avana: “Si tratta di un atto commemorativo che ci spinge alla riflessione sui rapporti tra la Chiesa e lo Stato”. E questa stessa prospettiva di analisi è stata rilevata negli interventi dei tre relatori, Gustavo Andújar, Alexis Pestano e Lenier Domínguez, che coordinati dal direttore del “Istituto di scienze religiose Padre Félix Varela”, prof. Jorge Suárez, hanno parlato dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato durante l’epoca coloniale, durante il XIX secolo e infine dal 1959 sino ad oggi, periodo conosciuto come della “rivoluzione cubana”. Per una migliore comprensione dell’impatto della Lettera dei vescovi cubani è stato ricordato il contesto storico in cui il documento fu pubblicato e, in particolare, nel ricordo del crollo del blocco socialista europeo, furono evocate le grandi incertezze internazionali che colpivano l’isola, le gigantesche difficoltà economiche della stragrande maggioranza della popolazione e soprattutto il clima di sfiducia reciproca e la polarizzazione. Forse questa complessa realtà d’allora non consentì un’accoglienza entusiasta dell’esortazione episcopale, ma si trattò di una cosa immediata e transitoria. Nel volgere di poche settimane la Lettera dei vescovi cominciò ad avere una fortuna ben diversa e dopo la sua lettura serena e approfondita si moltiplicarono a dismisura i consensi e i plausi. Nell’incontro dell’Avana sono state ricordate le parole di Giovanni Paolo II, quando, il 24 giugno 1994, ricevendo i vescovi cubani in visita “ad Limina” ebbe a sottolineare: “Come avete affermato nel documento collettivo ‘El amor todo lo espera’ «è giunta l’ora di alzare gli occhi del cuore a Dio nostro Padre, supplicandolo per la nostra riconciliazione, per il trionfo dell’amore e della pace». Il Signore vi ha affidato, come servitori del Vangelo, il compito di essere strumenti di riconciliazione. Di conseguenza, sempre aperti al dialogo come strumento di reciproca comprensione, non esitate a difendere in ogni momento i legittimi diritti della persona come esigenza del profondo rispetto che merita in quanto creatura di Dio dotata di una dignità unica e chiamata a un destino trascendente. Qualsiasi offesa fatta a un essere umano è anche un’offesa fatta a Dio e si dovrà rispondere di essa dinanzi a lui, giusto Giudice. Non possiamo tuttavia dimenticare che la radice di qualsiasi male è nel cuore dell’uomo, di ogni uomo. Solo da un cuore rinnovato nascerà l’esigenza interiore di rispettare la dignità di ogni persona, di perdonare il nemico, di accettare colui che ha un’opinione diversa dalla nostra, di aiutare i bisognosi, di sentirsi responsabili del bene comune”. In queste parole, è stato detto durante la commemorazione, c’è tutto lo spirito con cui qualche anno dopo Giovanni Paolo II visitò Cuba e che oggi costituisce l’eredità più preziosa lasciata non solo ai cattolici ma anche all’intero popolo cubano. (A cura di Luis Badilla)

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    Speranze per il futuro delle minoranze in Pakistan

    ◊   Dopo le solenni affermazioni del summit interreligioso promosso all'ONU dal Re saudita Abdullah, i cristiani pakistani aspettano che si passi dalle parole ai fatti. In questo senso si è espresso Peter Jacob, segretario della Commissione nazionale giustizia e pace della Chiesa cattolica pakistana (Njcp), che in un’intervista all’agenzia Asianews si dice ottimista anche sulle aperture del nuovo governo pakistano guidato da Asif Ali Zardari. “Siamo incoraggiati dall’iniziativa ONU sul dialogo interreligioso e la cultura della pace”, ha detto. “Ora l’odio contro le altre religioni può essere scoraggiato ad ogni livello e trovare fine. Ma, dopo questa conferenza, è il momento che le parole vengano tradotte in azioni”. Riferendosi alla situazione del Pakistan, Jacob ha affermato di attendersi “dall’attuale coalizione al governo un serio e positivo cambiamento d’indirizzo politico in merito alle minoranze religiose, specialmente nell’ambito legislativo, dei media e dell’educazione. E ci attendiamo questi cambiamenti nel pacchetto di riforme costituzionali annunciato dal Pakistan People Party (Ppp)”. Jacob considera urgente l’apertura del parlamento a rappresentanti delle varie minoranze del Paese, da cui sono attualmente esclusi. Anche su questo punto spera nelle promesse fatte dal governo Zardari. Le attese del segretario del Njcp si estendono comunque a tutti i settori della vita sociale del Paese, a cominciare da quello economico. In merito alla recente nomina del cattolico Shahbaz Bhatti a Ministro federale per le minoranze, il segretario di Giustizia e Pace crede che sia la miglior scelta per quel tipo d’incarico e si dice convinto che il nuovo ministro potrà svolgere un ruolo importante nel rimuovere le norme discriminatorie ancora esistenti nel Paese. Jacob suggerisce a questo proposito l’istituzione in tempi brevi di una commissione che verifichi l’ampio e improprio utilizzo della legge sulla blasfemia che è “uno dei maggiori ostacoli all’armonia e al dialogo tra le fedi”. (L.Z.)

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    Timor Est: giovani in missione nella piccola enclave di Oecussi

    ◊   Una piccola frazione di territorio appartenente a Timor Est si trova nella parte ovest dell’isola, che è sotto la sovranità nazionale dell’Indonesia: si tratta della piccola enclave di Oecussi, distretto costiero dove i cittadini timoresi possono arrivare via mare, senza attraversare la frontiera con l’Indonesia. Essendo parte integrante del territorio di Timor Est, il distretto di Oecussi rientra nella diocesi di Dili ed è quindi area dove la Chiesa svolge i suoi programmi pastorali, di catechesi, liturgia e carità. Di recente i giovani cattolici della diocesi di Dili hanno compiuto un’esperienza missionaria a Oecussi, portando per una settimana la propria testimonianza di vita cristiana ad altri giovani e cercando di coinvolgerli nelle attività della comunità ecclesiale. Oltre 100 giovani, sulla scia dell’entusiasmo maturato grazie alla Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney, hanno percorso oltre 240 km per portare il Vangelo, parlare della Bibbia, condividere la loro esperienza di giovani cristiani, che hanno trovato nel cammino con Gesù il senso della loro vita. A Oecussi si trova un'unica parrocchia con 47mila cattolici. I giovani hanno fatto base lì ma hanno anche girato per il territorio invitando i coetanei alla Santa Messa, ad ascoltare seminari e incontri biblici, a pregare, a sviluppare la conoscenza e la comunione fraterna. A guidare i giovani – informa l’agenzia del MEP Eglises d’Asie ripresa dall'agenzia Fides – è stato padre Angelo Salsinha, responsabile del Servizio di Pastorale Giovanile di Dili, che ha sottolineato come la diocesi abbia il dovere di prestare attenzione e farsi carico dei giovani di Oecussi, curando la loro formazione spirituale, culturale e anche professionale. La ricostruzione e la rinascita socio-economica di Timor Est hanno infatti un punto strategico nel settore dell’istruzione e nella formazione dei giovani: il governo, la Chiesa, le forze sociali si stanno adoperando per ricostituire un sistema educativo adeguato per la giovane nazione asiatica, che possa garantire un futuro di sviluppo umano e culturale alle nuove generazioni. (R.P.)

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    Giappone: grande attesa a Nagasaki per la beatificazione di 188 martiri

    ◊   A Nagasaki, in Giappone, fervono i preparativi per la cerimonia di Beatificazione di Pietro Kibe Kasui e degli altri 187 giapponesi martirizzati tra il 1603 e il 1639, prevista per il prossimo 24 novembre. Per la prima volta sarà il suolo giapponese a ospitare l’evento. Secondo quanto riferisce l’agenzia Sir, sabato scorso ci sono state le prove generali per i 2.500 volontari impegnati nella cerimonia, per la quale è stato allestito il Big-N Baseball Stadium, capacità 25mila posti a sedere, prestato dalla Prefettura. Un'organizzazione che ha confermato la stretta collaborazione tra le autorità religiose e laiche, come è stato evidenziato da mons. Mitsuaki Takami, arcivescovo di Nagasaki: “La città, che ha una popolazione in maggioranza non cattolica – ha detto - sente questo evento come proprio. Segue l’esempio del governatore della Prefettura, discendente di cristiani perseguitati, ma di fede buddhista”. “Siamo impegnati soprattutto ad evitare imprevisti, dopo che i dati raccolti prospettano una partecipazione superiore alle previsioni iniziali. Forse 30mila persone, per le quali abbiamo noleggiato 200 autobus-navetta e predisposto posti di ristoro e di assistenza medica”, ha spiegato padre Isao Hashimoto, coordinatore dei comitati promotori. “Siamo impegnati affinché questo evento non resti isolato – ha aggiunto il religioso-, ma apra la visione su una Chiesa perseguitata per avere cercato di essere porta aperta sul mondo”. (M.G.)

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    Nigeria: il Consiglio interreligioso chiede il risarcimento delle vittime delle violenze religiose del 2000-2006

    ◊   Il Consiglio interreligioso della Nigeria (NIREC) ha chiesto ai governi degli Stati musulmani della Federazione nigeriana di risarcire le vittime delle violenze religiose che hanno insanguinato il nord del Paese negli anni scorsi. La richiesta è contenuta in un comunicato diffuso al termine della quarta riunione trimestrale dell’organismo e firmato dai due co-presidenti, l’arcivescovo di Abuja John Onaiyekan e il sultano Sokoto Alhaji Abubakar Sa’ad, presidente del Consiglio Islamico della Nigeria. Si calcola che siano in tutto più di 10mila le vittime delle violenze scoppiate a più riprese tra il 2000 e il 2006 in diversi Stati nigeriani dopo l’introduzione in alcuni di essi della legge islamica. Negli scontri furono distrutte anche molte chiese e moschee. Secondo il NIREC – riferisce il quotidiano nigeriano “Daily Trust” ripreso dall’Apic - il risarcimento permetterà alle vittime, o ai loro familiari, di “alleviare” le “perdite umane e materiali” subite a causa dell’”azione di qualche facinoroso”. Nel comunicato i due leader religiosi mettono inoltre in guardia da quelli che definiscono “i predicatori imprudenti” che con i loro discorsi istigano all’odio interreligioso e rimproverano anche i media di avere contribuito ad alimentare l’intolleranza e le tensioni distorcendo i fatti. Essi esortano quindi i credenti delle due principali religioni del Paese a cercare nel dialogo la via per superare le loro incomprensioni: “Il dialogo – si legge nel testo - è il modo più efficace per promuovere la comprensione, la pace e la coesistenza pacifica tra i popoli, quali che siano le loro convinzioni religiose e appartenenze culturali”. I fedeli cristiani e musulmani nigeriani vengono altresì invitati alla “conversione morale” prendendo sul serio i valori della loro fede e a lottare insieme contro la “corruzione generalizzata”. Il comunicato conclude con un appello alle autorità centrali e alla società civile a costruire “una piattaforma sistematica per la pace e l’armonia religiosa in Nigeria, attraverso la promozione dello sviluppo socio-economico, della giustizia, della trasparenza e del buon governo”. In Nigeria i musulmani sono poco meno della metà della popolazione, concentrati soprattutto nel nord, mentre i cristiani sono il 40%, di cui circa il 15% cattolici. Il restante 10% pratica culti tradizionali. (L.Z.)

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    Kenya: marcia di protesta dei cattolici contro la legalizzazione dell'aborto

    ◊   Centinaia di fedeli hanno partecipato, sabato scorso, ad una marcia per le vie di Nairobi contro la proposta di legge abortista in discussione in parlamento. La marcia è stata guidata al cardinale arcivescovo della capitale kenyana John Njue, che l'ha conclusa con la celebrazione eucaristica sul sagrato della basilica minore della Santa Famiglia. Il disegno di legge, come tanti altri nel mondo, reca il titolo accattivante di "Legge sulla salute riproduttiva e i diritti". Nella omelia, il cardinale Njue senza giri di parole ha definito l'aborto un "assassinio" e "disprezzo della vita e della dignità umana". Egli ha altresì invitato i parlamentari a far decadere il disegno di legge rammentandogli che sono stati inviati in parlamento dal popolo per fare leggi buone, non cattive. La marcia realizzata a Nairobi - ha spiegato l'arcivescovo - è stata uno dei mezzi che la Chiesa vuole usare per fare pressione contro la legalizzazione dell'aborto. I fedeli in marcia, prima di raggiungere la chiesa, hanno sostato davanti alla sede del parlamento kenyano. (A.M.)

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    Celebrata in Thailandia la Giornata nazionale per i diritti umani

    ◊   "Abbattere i pregiudizi e rispettare le differenze, diventando ambasciatori di Cristo per portare pace e armonia nella società thailandese". È l’invito rivolto da mons. Philip Banchong Chaiyara, presidente della commissione di Giustizia e pace, ai cattolici del Paese in occasione della Giornata nazionale per i diritti umani, celebrata domenica scorsa. “Mettere in pratica i diritti umani riducendo i pregiudizi e rispettando le differenze fra noi” è lo slogan scelto dai vescovi thailandesi per ricordare la festa; essi hanno voluto centrare l’attenzione sulla situazione attraversata dal Paese, teatro di scontri e divisioni profonde fra le diverse fazioni politiche. Una escalation di violenze che è culminata nella guerra urbana del 7 ottobre scorso, durante la quale sono morte due persone e 443 sono rimaste ferite. Mons. Chaiyara - riferisce l'agenzia AsiaNews - invita i fedeli a riflettere sull’odio e sul pregiudizio causati dalla lotta tra i partiti di governo e opposizione, i quali hanno un forte impatto “sulla stabilità sociale”. “Non possiamo negare – sottolinea il presule – che la ragione del conflitto sia la mancanza di accettazione e di rispetto delle differenze. Le persone si concentrano sulle proprie opinioni, negando le idee altrui”. Il presidente della Commissione di Giustizia e pace ricorda che “è compito della Chiesa aiutare a guarire i mali della società”. Invitando i fedeli a riflettere sulla lettera di San Paolo ai Corinzi, egli ribadisce che “tutti facciamo parte del medesimo corpo e ciascuno deve rispettare i propri doveri e le proprie responsabilità”. (R.P.)

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    Brasile: per mons. Santoro l'insegnamento religioso favorisce la convivenza ed il rispetto

    ◊   Il vescovo di Petrópolis (Rio de Janeiro), mons. Filippo Santoro, sostiene che l'insegnamento religioso sia “un punto decisivo” nella “battaglia per una società composta da vari soggetti diversi che convivono e si rispettano”. Il presule ha scritto ai fedeli venerdì scorso, il giorno dopo la firma dell'Accordo tra la Santa Sede e il Brasile, che definisce lo status giuridico della Chiesa cattolica nel Paese. Per mons. Santoro, tra i molti aspetti di “grande importanza” dell'Accordo, spicca il riconoscimento dell'insegnamento religioso, sia quello cattolico che di altre confessioni religiose, nelle scuole pubbliche di base. “Questa forma di insegnamento che possiamo definire 'pluriconfessionale' è pienamente in sintonia con quanto previsto dalla Costituzione Federale e dalla Legge di Direttrici e Basi di Educazione”, sostiene. “E' innegabile che l'insegnamento religioso non debba essere inteso come allusivo a una 'religione generica', aconfessionale, indefinita, visto che una 'religione' di questo tipo non esiste. Sarebbe una pura astrazione mentale, senza corrispondenza alla realtà della vita e della società umana”. Se lo Stato volesse amministrare questa forma di insegnamento generica – ha aggiunto il presule ripreso dall'agenzia Zenit –, “questa sì che sarebbe contraria alla laicità dello Stato stesso, perché esso non possiede una religione propria, ma deve rispettare le forme religiose che si trovano nella società”. Secondo il vescovo di Petrópolis, l'insegnamento religioso “è sì confessionale, ma è allo stesso tempo pluralista, in quanto lo Stato offre agli alunni di tutti i credo gli insegnamenti religiosi specifici, in conformità con la loro identità di fede, ed è perfettamente democratico e laico, perché sarà amministrato solo a coloro che lo richiederanno in modo libero e facoltativo. Si tratta di un insegnamento religioso inteso come area di conoscenza e non come catechesi o iniziazione, che è il compito delle denominazioni religiose”, spiega. Mons. Santoro sostiene che la tematica dell'insegnamento religioso “è un aspetto decisivo di questa battaglia per una società fatta di vari soggetti diversi che convivono e si rispettano”. “I problemi legati alla violenza e al coinvolgimento dei minori nel mondo del traffico e del crimine dipendono, tra le altre cose, dalla mancanza di una formazione, di un'identità, di una visione di vita che educhi al rispetto di sé e degli altri”, ha concluso. (R.P.)

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    Taiwan: la diocesi di Taichung impegnata nella “Protezione delle risorse culturali cattoliche”

    ◊   “I cristiani devono saper prendere a cuore e rendere grazie sempre per le loro origini, proteggendole”: mons. Martin Su Yao-wen, vescovo della diocesi di Tai Chung, ha aperto con queste parole il seminario dedicato alla “Protezione delle risorse culturali cattoliche diocesane”. Secondo il vescovo, “lungo i 135 anni dell’evangelizzazione diocesana, abbiamo avuto ben tre chiese che vantano oltre un secolo di storia. Abbiamo avuto tantissimi missionari stranieri che hanno lasciato la patria e tutto quello che possedevano per approdare a questa isola. Ci hanno lasciato un immenso tesoro composto da manoscritti, oggetti storici, monumenti, poesie, musica sacra…. e soprattutto la loro testimonianza emozionante. La vita della diocesi di per sè è un monumento costruito dai pionieri missionari. Abbiamo il dovere di conservarlo con cura, tenendolo caro”. L’iniziativa - riporta l'agenzia Fides - è stata fortemente voluta dal presule, che ha convocato tutte le parrocchie raccomandando la loro presenza e il loro impegno per questa missione “urgente e doverosa”. Inoltre l’Università Cattolica Fu Ren, il seminario regionale di Taiwan, la Fondazione filantropica di Bo Ai, il museo municipale e tante altre realtà ecclesiali e civili sono state invitate al seminario per sensibilizzare la coscienza comune e prendere misure adeguate al fine di “proteggere le risorse culturali cattoliche” perché appartengono non solo alla Chiesa cattolica, ma a tutta la societа. La diocesi di Tai Chung conta oltre 34.800 fedeli. (R.P.)

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    Anche a Montevideo la sede dell'organismo internazionale Pastorale dell'Infanzia

    ◊   A Montevideo, capitale dell'Uruguay, si inaugura oggi, la sede di "Pastorale dell'Infanzia" (Pastoral da Criança International-Pastoral de la Niñez), un organismo internazionale nato in Brasile 25 anni fa ed oggi presente in 17 Paesi dell'America Latina, dell'Africa e dell'Asia. La cerimonia è prevista nell'Aula Magna dell'Università Cattolica dell'Uruguay. Vi parteciperanno la pediatra brasiliana Zilda Arns Neumann, fondatrice e coordinatrice dell'organismo, l'industriale brasiliano Jorge Gerdau Johanpeter, i cardinali brasiliani Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo, e Geraldo Majella Agnelo, arcivescovo di San Salvador. Fu proprio quest'ultimo, insieme alla Arns, a fondare nel 1983 "Pastorale dell'Infanzia" con l'intento che "tutti i bambini e le bambine 'abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza' ". Gli obiettivi dell'organismo, in Brasile come altrove nel mondo, sono la riduzione della mortalità infantile, della denutrizione e delle violenze familiari, così come il favorire lo sviluppo integrale dei bambini nel proprio ambiente familiare, a partire dal concepimento. (A.M.)

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    Rilanciato il diaconato come risposta significativa nell'attuale crisi delle vocazioni

    ◊   “Il diaconato permanente nella Chiesa italiana oggi. Criteri di discernimento e itinerari di formazione”, è il titolo del seminario di studio che si è aperto ieri a Sassone, vicino Roma, promosso del Centro Nazionale Vocazioni, per conto della Commissione Episcopale per il Clero e la Vita consacrata. Presenti circa 180 tra vescovi, delegati regionali e diocesani oltre a numerosi diaconi permanenti. “Il diaconato permanente è una esperienza che oggi possiede un'attualità straordinaria per la Chiesa, in quanto entra nel vivo della dinamica vocazionale con modalità molto diverse: dai diaconi sposati a quelli celibi, investendo persone con specifiche professioni e un inserimento fattivo nel mondo laicale”, ha detto al Sir don Domenico Dal Molin, direttore del Centro Nazionale Vocazioni. “Credo si tratti di una delle vocazioni che nel ‘dopo-Concilio’ – ha aggiunto don Dal Molin – ha dimostrato di avere una grande attualità e che andrebbe proposta come percorso concreto di servizio ecclesiale”. I diaconi permanenti in Italia sono oltre 3200 con una distribuzione varia da diocesi a diocesi. Un organismo di raccordo tra diaconi è la “Comunità del Diaconato” che ha iniziato a funzionare alcuni anni fa e associa circa 640 diaconi. “Tante volte il diacono permanente è stato visto nelle nostre comunità ecclesiali come colui che è chiamato al servizio dell’altare. Ciò ha un suo significato ma non esaurisce la funzione del diacono che anzi, come dice la stessa parola ‘diaconia’, è più rivolta a una presenza di servizio qualificato nell’ambito caritativo”, così don Domenico Dal Molin ha spiegato il ruolo dei diaconi nella Chiesa. “Sono convinto – ha detto ancora don Dal Molin – che nella attuale crisi delle vocazioni presbiterali la figura del diacono possa essere una risposta significativa e anche opportuna dentro la comunità cristiana, per un ministero a tutto campo, nella proposta della Parola, nel servizio di carità, liturgia, formazione e nei vari campi dove la sensibilità dei diaconi apre spazi di annuncio”. Il seminario CEI proseguirà fino a domani, con un taglio di studio in gruppi di approfondimento chiamati a riflettere sugli aspetti teologici del diaconato, il discernimento vocazionale, i percorsi formativi prima e dopo l’ordinazione. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Sei soldati barbaramente uccisi in Afghanistan

    ◊   Sei soldati afghani sono stati uccisi, e uno di essi decapitato, in un'imboscata tesa da insorti nell'Afghanistan occidentale. L'attacco è avvenuto nel distretto di Bala Buluk, nella provincia di Farah. Secondo il portavoce della polizia locale, tra gli insorti sarebbero rimasti uccisi un comandante e quattro suoi uomini. Da quando sono stati cacciati dal potere alla fine del 2001, i talebani portano avanti una sanguinosa insurrezione contro il governo del presidente Karzai e le forze internazionali che lo sostengono.

    McCain offre ad Obama piena cooperazione
    A due settimane dall’elezione alla Casa Bianca il presidente eletto, Barack Obama, ha incontrato ieri il candidato sconfitto, il repubblicano John McCain. Al centro del colloquio, la crisi economica e la necessità di una svolta nella politica americana. Obama ha avuto così la disponibilità di McCain ad un’ampia collaborazione politica. Intanto, si va delineando lo schema della futura amministrazione americana. Il servizio dagli Stati Uniti di Elena Molinari:

    Concordi nell’invocare una nuova era di riforme e determinati a collaborare, Barak Obama e John McCain, due ex rivali di una delle campagne elettorali più intense della storia americana, hanno messo da parte le acrimonie degli ultimi mesi in nome del cambiamento che entrambi avevano scelto come slogan elettorale. E dopo un incontro a Chicago hanno promesso di lavorare insieme per mettere a posto le cose nel Paese. Il primo terreno di questa collaborazione sarà la gestione della crisi finanziaria, che Obama ha promesso di voler affrontare in modo bipartisan. Ma i due hanno discusso anche idee su come chiudere la prigione di Guantanamo e hanno cercato punti di convergenza per una riforma del sistema dell’immigrazione. Intanto, una squadra di consiglieri di Obama sta passando al setaccio le attività e le finanze dell’ex presidente Bill Clinton, per verificare che non ci siano conflitti di interesse con la possibilità di nominare la moglie Hillary segretario di Stato.

     
    Iran
    Il parlamento iraniano ha approvato di stretta misura la nomina a ministro dell'Interno di un personaggio molto vicino al presidente Ahmadinejad, e come lui ex membro dei Guardiani della rivoluzione (Pasdaran). Il nuovo ministro, Sadegh Mahsuli, ha ottenuto 138 voti in favore e 112 contrari, con 20 astensioni, nonostante nell'assemblea i conservatori possano contare su una maggioranza di almeno i due terzi. La nomina di Mahsuli, difeso oggi in parlamento da Ahmadinejad, è stata infatti al centro di polemiche e contestazioni anche da parte di deputati conservatori, che hanno chiesto un'inchiesta sull'origine del suo grande patrimonio. Il ministro dell'Interno è tra l'altro responsabile per l'organizzazione delle prossime elezioni presidenziali, nel giugno del 2009, alle quali Ahmadinejad dovrebbe presentarsi candidato per un secondo mandato quadriennale.

    Somalia
    È in vista delle coste somale la superpetroliera saudita sequestrata da pirati domenica, 800 km a sud est di Mombasa (Kenya), e quindi ad un migliaio di chilometri dall'area dove normalmente operano i sequestratori. La "Sirius Star", questo il nome del supertanker, fa rotta verso il covo storico dei pirati di quelle zone, il porto di Eyl, nel Puntland, regione semiautonoma del nordest del Kenya. Dove di certo non potrà nè attraccare, nè avvicinarsi troppo: è lunga 330 metri per una stazza di 318 mila tonnellate. Oltre ad un ricco carico: due milioni di barili petrolio, più di un quarto della produzione quotidiana dell'Arabia Saudita, che valgono oltre 100 milioni di dollari. L'equipaggio è composto da 25 persone: britannici, croati, sauditi e filippini, mentre il capitano, stando alle ultime informazioni giunte da Varsavia, è un polacco. Stanno tutti bene. Il sequestro ha raggiunto latitudini molto lontane dal normale campo d'azione dei pirati. Tutte le fonti militari, infatti, si dichiarano sorprese non solo per l'enormità (fisica ed economica) dell'obiettivo, ma per dove è avvenuto il sequestro. Già è difficile pattugliare il Golfo di Aden, e le acque al largo della Somalia, fino al nord del Kenya. Ma se i pirati operano 1.000 km a sud, tutte le strategie vanno riviste.

    Kosovo
    Le istituzioni del Kosovo hanno ribadito il loro “rifiuto totale” al piano in sei punti proposto dal segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, per superare lo stallo del dispiegamento della missione civile europea "Eulex" nella zona Nord a maggioranza serba. Al termine di due giorni di incontri a Pristina con l'inviato del Dipartimento di Stato americano, Daniel Fried, il presidente kosovaro, Fatmir Sejdiu, ha spiegato che “le istituzioni kosovare intendono collaborare con Eulex nel rispetto della Costituzione e del piano Ahtisaari”, che garantiscono “la sovranità e l'integrità territoriale del Kosovo”. Il premier, Hashim Tahci, ha aggiunto che “non saranno tollerate strutture parallele in nessuna parte del territorio del Kosovo”. Per Fried, sono stati “due giorni di colloqui intensi”, che hanno gettato “le basi per andare avanti”. Presente all'incontro anche il rappresentante civile internazionale (Ico), l'olandese Peter Seith, che in qualità di emissario Ue ha auspicato un “rapido dispiegamento di Eulex in tutto il territorio”.

    Cina-Taiwan
    Il presidente di Taiwan, Ma Ying-jeou, ha dichiarato in un discorso pubblico che, con ogni probabilità, entro sei mesi partiranno dall'isola voli diretti quotidiani verso la Cina, in segno di più stretti legami commerciali tra i due Paesi politicamente rivali: l'isola è di fatto indipendente dal 1949, ma Pechino la rivendica come parte integrante del proprio territorio. Cina e Taiwan avevano già siglato un accordo all'inizio del mese, che consentirà regolari voli diretti nei fine settimana, sebbene l'accordo necessiti ancora dell'approvazione da parte del parlamento di Taiwan per essere reso effettivo. Dopo il miglioramento dei rapporti fra la Cina popolare e Taiwan, a seguito dell'elezione a Taipei del presidente Ma, il negoziatore di Pechino, Chen Yunlin, ha visitato l'isola dal 3 al 7 novembre, nella missione a più alto livello del governo di Pechino negli ultimi sessant'anni.

    Petrolio
    Scendono ancora le quotazioni del greggio: il petrolio raggiunge i 54,50 dollari al barile, prezzo più basso da gennaio 2007, in particolare diminuisce del 60% rispetto ai picchi della scorsa estate. Ieri, l'Opec ha tagliato le stime sulla crescita della domanda globale per il 2008 e 2009. Per il 2008, la domanda giornaliera mondiale di greggio dovrebbe crescere di 290 mila barili rispetto alla precedente stima di 500 mila barili. Nel 2009, la crescita dovrebbe essere di 490 mila barili rispetto alla precedente stima di 760 mila. Dopo questa decisione, diviene più probabile che il cartello oligopolistico possa decidere un nuovo taglio della produzione petrolifera.

    Prospettive economiche in Europa
    La recessione rischia di essere accompagnata dalla deflazione: questo il nuovo segnale d'allarme lanciato oggi dal commissario Ue per gli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, in occasione del suo intervento all'euroarlamento per il dibattito sui primi dieci anni dell'euro. Lo spettro di una caduta dei prezzi causata dal crollo della domanda rischia quindi di materializzarsi insieme alla recessione e per fare fronte alla crisi, per Almunia, come per il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker (anch'egli intervenuto davanti all'europarlamento) è assolutamente necessario che l'Europa “parli con una voce sola” e agisca in maniera coordinata. Tanto che Juncker, davanti alla possibilità di fughe in avanti che alcuni - come la Germania nel caso degli aiuti al settore auto - ha lanciato un appello affinchè anche l'Europarlamento si mobiliti nel chiedere ai governi di non adottare misure anti-crisi senza averle prima presentate all'Eurogruppo e all'Ecofin.

    Parigi, a gennaio un vertice internazionale sulla globalizzazione
    "Nuovo Mondo: valori, sviluppo e regole" è il titolo del vertice internazionale annunciato oggi dal presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, e dall'ex primo ministro britannico, Tony Blair. Si terrà l'8 e 9 gennaio a Parigi e ospiterà, oltre ai responsabili politici internazionali di primo piano, anche i migliori esperti mondiali sui temi affrontati. Sarkozy, che ha affidato l'organizzazione del vertice a Eric Besson, sottosegretario incaricato della valutazione delle politiche e dello sviluppo dell'economia digitale, ha precisato che si sta vivendo un periodo cruciale per l’economia e le organizzazioni sociali e che più che mai servono soluzioni concrete alle sfide che si presentano. Da parte sua, Blair sottolinea che si tenta di definire un nuovo modello di capitalismo e di riflettere sui valori che aiuteranno l’adattamento alla mondializzazione.

    Russia
    La fuga di capitali dalla Russia tocca nel 2008 circa i 50 miliardi di dollari, e stando alle previsioni della Banca mondiale, pubblicate oggi, toccherà i 100 miliardi di dollari nel 2009: lo riferisce l'agenzia Interfax, citando un rapporto che indica nel pagamento dei debiti e nella carenza di grandi investimenti stranieri e interni le radici del fenomeno. Lo stesso rapporto dipinge un quadro abbastanza fosco per il 2009: l'inflazione, quest'anno attorno al 13,5% secondo le stime, scenderà fino al 12%, restando comunque a due cifre. La crescita economica subirà un dimezzamento, dal 6% previsto per la fine 2008 al 3% l'anno prossimo.

    Seggi aperti nello Stato indiano del Jammu e Kashmir
    In una situazione di massima allerta, si sono aperti ieri i seggi per il rinnovo dell'Assemblea dello Stato indiano del Jammu e Kashmir, da tempo percorso dalla violenza separatista islamica. Le elezioni, previste in sette round che termineranno il 24 dicembre, sono state boicottate dai partiti che sostengono l'indipendenza dello Stato conteso da India e Pakistan. Il servizio da New Delhi di Maria Grazia Coggiola:

    Il voto nella travagliata regione dei Jammu e Kashmir è considerato un banco di prova per il governo di New Delhi, dopo le violente proteste pro-indipendentiste dell'agosto e del settembre scorsi, scoppiate nella regione controllata dall’esercito indiano. Al voto ieri sono andati 600 mila elettori, tra cui molti nel distretto buddista del Ladak e in quello induista di Jammu. Il test elettorale kashmiro, che si concluderà il prossimo 24 dicembre è visto come una sorta di verifica della legittimità e della capacità di controllo di New Delhi sulla regione contesa, che è una delle più militarizzate al mondo. Anche per queste elezioni sono state schierate migliaia di truppe davanti ai seggi. In questi ultimi giorni, circa 30 leader separatisti sono stati messi agli arresti domiciliari, tra cui il Mirwaiz Umer Faruq, presidente dell’organizzazione separatista Hurriyat Conference e carismatica figura religiosa. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Federica Andolfi)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 323

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