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Sommario del 17/11/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Libano non sia terreno di scontro per conflitti regionali e internazionali: l'appello del Papa nel discorso all'ambasciatore libanese
  • Altre udienze
  • Messaggio del Papa al Meeting interreligioso di Cipro: tenere alta la fiaccola della pace
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Iraq: nuovo sì al ritiro USA nel 2011. Preoccupazione per le minoranze
  • Stato di allerta per le elezioni nel Kashmir indiano
  • Seminario a Firenze sui mass media e l'Africa
  • Il 2009 sarà l'Anno Internazionale dell'Astronomia: nuova occasione di dialogo tra scienza e fede
  • Restaurato il Portale del Paradiso a Santo Spirito in Sassia a Roma
  • Chiesa e Società

  • La Caritas continua la sua missione nel Kivu in totale insicurezza
  • Estremisti indù attaccano una chiesa pentecostale vicino Mumbai
  • Vietnam: nuovo attacco ad Hanoi contro la parrocchia di Thai Ha
  • Diciannove anni fa l’uccisione a San Salvador di 6 gesuiti
  • Cuba si prepara alla beatificazione di fra José Olallo Valdés
  • Il cardinale Antonelli auspica un ripensamento sul caso Englaro
  • Allarme di Medici senza Frontiere sull’inefficacia delle cure per la tubercolosi
  • Thailandia: la Chiesa cattolica onora la memoria della principessa Galyani Vadhana
  • Seminari per i giovani promossi dalla Chiesa delle Filippine in vista delle elezioni del 2010
  • Celebrazioni a Shang Hai per i 125 anni di fondazione della parrocchia di Tutti i Santi
  • Corea del Sud: celebrati i 50 anni di attività dell’Istituto cattolico per la catechesi
  • In India un francobollo speciale dedicato a suor Alfonsa dell'Immacolata Concezione
  • A dicembre la nascita dell’Istituto Universitario Sophia promosso dai Focolari
  • In Irlanda si è conclusa la Settimana per la giustizia riparativa
  • Nuovo sito Internet per la Chiesa delle Isole Salomone
  • Nasce un ponte digitale tra scuole italiane e africane
  • Convegno a Roma sulle società del XXI secolo alla luce del pensiero di Aldo Moro
  • L’antropologia teologica di San Camillo al centro di un convegno a Roma
  • Roma: intitolata una strada al professor Crucitti, medico di Giovanni Paolo II
  • 24 Ore nel Mondo

  • Congo: l'accordo sul cessate il fuoco non ferma gli scontri in Nord Kivu
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Libano non sia terreno di scontro per conflitti regionali e internazionali: l'appello del Papa nel discorso all'ambasciatore libanese

    ◊   Il modello libanese di cooperazione interreligiosa e interculturale sia un laboratorio di pace per tutto il Medio Oriente: è l’auspicio espresso, stamani, da Benedetto XVI nel discorso al nuovo ambasciatore del Libano, Georges Chakib El Khoury, ricevuto in Vaticano per la presentazione delle Lettere Credenziali. Il Papa si è felicitato per i recenti sforzi da parte delle istituzioni per risolvere la crisi politica del Paese. Quindi, ha esortato i cattolici libanesi a impegnarsi per la pace e la concordia tra le diverse componenti della nazione. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Nella ricchezza delle sue diversità, ha detto Benedetto XVI, il Libano ha mostrato, nella sua storia, che numerose confessioni religiose “possono vivere assieme nella fraternità e nella collaborazione”. Per questo, è stato il suo auspicio, il Libano dovrebbe essere “come un laboratorio per la ricerca di soluzioni efficaci ai conflitti che agitano la regione del Medio Oriente da così lungo tempo”. La sua storia millenaria, la sua posizione nel cuore di un contesto regionale complesso, ha ribadito, affida al Libano una “missione fondamentale per contribuire alla pace a alla concordia” di tutti. Ed ha messo l’accento sul valore dell’esperienza libanese per la “collaborazione intercomunitaria e interculturale”.

     
    Il Papa ha così invitato la comunità internazionale affinché “protegga e valorizzi” il modello libanese “attraverso un suo impegno concreto”, contribuendo ad evitare che “questo Paese diventi un terreno di scontro per conflitti regionali o internazionali”. Il Papa si è felicitato per gli sforzi “coraggiosi” realizzati negli ultimi mesi, da parte di tutto il Paese e dei suoi responsabili, per riprendere una vita politica e istituzionale normale. “L’elezione del presidente della Repubblica, la formazione di un governo di unità nazionale e l’approvazione di una legge elettorale – ha rilevato – non possono che favorire l’unità nazionale e contribuire a un’autentica coesistenza tra le diverse componenti della nazione”. D’altro canto, ha aggiunto, il “dialogo nazionale”, in corso da alcune settimane, è l’occasione per “chiarire le sfide che il Paese deve affrontare oggi” e per “trovare i compromessi necessari per affrontarle”.

     
    La speranza, ha detto il Papa, è che si mettano da parte gli “interessi particolari”, si sanino le ferite del passato, “impegnandosi tutti fattivamente sul cammino del dialogo e della riconciliazione per permettere al Paese di progredire nella stabilità”. Di fronte alle “tensioni” ancora presenti, il Pontefice ha incoraggiato il Libano a proseguire sulla strada aperta qualche mese fa dall’Accordo di Doha per “costruire assieme le istituzioni libanesi”. Ogni componente del popolo libanese, è stato il suo auspicio, deve sentirsi “veramente a casa in Libano” e deve vedere che “le sue preoccupazioni e aspettative legittime siano effettivamente prese in considerazione nel rispetto reciproco dei diritti degli altri”. Per raggiungere questo traguardo, ha aggiunto il Papa, va sviluppata “una reale educazione delle coscienze alla pace, alla riconciliazione e al dialogo, specie in favore delle nuove generazioni”.

     
    La Santa Sede, ha assicurato il Papa, segue con grande attenzione gli sviluppi della situazione in Libano e incoraggia gli sforzi per una soluzione dei problemi che il Paese sta affrontando. “Particolarmente sensibile alle annose sofferenze delle popolazioni del Medio Oriente – ha affermato – la Santa Sede persegue con determinazione il suo impegno in favore della pace e della riconciliazione del Libano e di tutta la regione così cara al cuore dei credenti”. Quindi, ha esortato i cattolici libanesi, “in comunione profonda con i loro pastori” ad essere “convinti operatori di unità e fraternità” al servizio della pace.

     
    Una pace durevole, aspirazione profonda di tutti i libanesi, ha avvertito il Pontefice, è possibile nella misura in cui ci sia “un’autentica volontà di vivere assieme sulla stessa terra e di considerare la giustizia, la riconciliazione e il dialogo come una cornice propizia alla risoluzione dei problemi delle persone” e dei diversi gruppi. E ancora, ha aggiunto: “Per edificare una società che assicuri a tutti i suoi membri un’esistenza degna e libera, una cooperazione sempre più profonda tra tutte le componenti della nazione” andranno sviluppate “relazioni di fiducia tra le persone e le comunità”.

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    Altre udienze

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica; il cardinale Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum"; il cardinale Carlos Amigo Vallejo, arcivescovo di Siviglia.

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    Messaggio del Papa al Meeting interreligioso di Cipro: tenere alta la fiaccola della pace

    ◊   "Tenere alta la fiaccola della pace" attraverso il dialogo nel rispetto delle diversità: è questo in sintesi quanto si legge nel messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che il Papa ha inviato al Meeting Uomini e Religioni, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, che ieri sera ha aperto il suo 22.mo appuntamento a Cipro, dove continua a resistere l'ultimo muro d'Europa che divide l'Isola dal 1974. Da Nicosia, Francesca Sabatinelli.
     
    La consegna di Benedetto XVI al popolo di Sant’Egidio è un dono e una sfida al contempo: "tenere alta la fiaccola della pace" attraverso "quotidiani gesti di carità e di amicizia fraterna". Così il Papa incoraggia ancora una volta la Comunità a proseguire nel compito assunto subito dopo l’incontro di preghiera per la pace convocato ad Assisi nel 1986 da Giovanni Paolo II. Fu allora l’occasione, spiega il messaggio, per “diradare le nebbie del sospetto e dell’incomprensione” e per chiedere a Dio "il prezioso dono della pace". Qui a Nicosia, ci si ritrova quindi ancora una volta nello spirito di Assisi, per quella che il messaggio definisce “una forte esperienza di comunione, grazie alla quale ognuno potrà spalancare gli occhi alla realtà e al reciproco confronto con i fratelli". "Un momento di vera, reale e reciproca conoscenza delle differenze, delle singolarità e degli elementi" che accomunano gli uomini. E Cipro ospita questo dialogo. Un’ isola che dalla convivenza tra due comunità etniche e religiose, ha ricordato ieri in apertura il fondatore di Sant’Egidio Andrea Riccardi, è passata ad essere l’ultimo lembo di Europa occupata. La convivenza è difficile in tante parti del mondo, ha proseguito soffermandosi sulla tragedia del tracollo finanziario mondiale che ricade inesorabilmente sui più poveri. Se si vuole la pace, si è ripetuto, bisogna andare incontro ai poveri e c’è bisogno di radicali cambiamenti. E il mondo spirituale ha una sua forza pacifica e pacificatrice, ha aggiunto Riccardi, secondo la profezia di Giovanni Paolo II ad Assisi. Questo l’importante ruolo delle religioni, purché coltivino un linguaggio di pace e non alimentino l’odio. E ieri, prima giornata di questo incontro, sono arrivati due forti segnali. Dopo il simbolico passaggio nella parte occupata di Nicosia, ieri mattina, di 40 leader di tutte le religioni, in serata nel suo discorso inaugurale, le parole del presidente cipriota Christofias, che ha dichiarato la sua intenzione di voler continuare il dialogo con il leader turco-cipriota Talat, in attesa che anche l’altra parte mostri la stessa volontà. Alla comunità di Sant’Egidio è poi arrivato l’invito da parte del cardinale Dziwisz arcivescovo di Cracovia ad organizzare l’incontro del 2009 nella sua città in occasione di due anniversari: i 70 anni dall’invasione della Polonia e i venti anni dalla caduta del muro di Berlino.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un articolo di Ettore Gotti Tedeschi dal titolo “Paradossi della crisi economica”: tra spinte al consumo e necessità di risparmio

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la situazione nella Repubblica Democratica del Congo: una tregua nel Nord Kivu concordata con l’inviato dell’Onu

    In cultura, un estratto dalla relazione del cardinale Angelo Scola “La teologia del laicato alla luce dell’ecclesiologia di comunione: l’identità del fedele laico” tenuta in occasione della XXIII assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici

    “Operazione carte false” per salvare gli ebrei: Gaetano Vallini recensisce “Con gli occhi di allora”, memorie di Mirjam Viterbi Ben Orin, scampata al lager grazie all’aiuto del vescovo di Assisi

    Raffaele Alessandrini recensisce il romanzo di Sabino Caronia “L'ultima estate di Moro”, mentre si apre oggi a Roma il convegno sul tema: “II governo della società nel XXI secolo. Ripensando ad Aldo Moro"

    Silvia Guidi ricorda la figura di Elisabetta d’Ungheria, la principessa che rinunciò alla corona e della quale ricorre oggi la memoria liturgica.

    La “Deus caritas est” come l’avrebbero copiata gli amanuensi: donata al Papa un’edizione interamente manoscritta dell’enciclica

    Nell'informazione religiosa, la sintesi dell’omelia del cardinale Tarcisio Bertone nella Messa - ad Essen, in Germania - per l’ordinazione episcopale di mons. Martin Krebs, nuovo nunzio apostolico in Guinea e Mali.

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    Oggi in Primo Piano



    Iraq: nuovo sì al ritiro USA nel 2011. Preoccupazione per le minoranze

    ◊   Il ministro degli Esteri iracheno Zebari e l’ambasciatore statunitense a Baghdad, Crocker, hanno firmato questa mattina l'accordo approvato ieri dal governo iracheno sul futuro delle truppe Usa in Iraq. Approvato da 27 ministri su 37 del governo del premier sciita Nuri al-Maliki, passa al vaglio del Parlamento, che si riunirà per discutere il testo a partire da domani, ma senza poterlo modificare, per poi votarlo il 24 novembre. Il servizio di Fausta Speranza:

    L’ultimo soldato statunitense lascerà l'Iraq dopo circa otto anni di presenza nel Paese, ovvero alla fine del 2011: lo stabilisce l'accordo, ancora oggi fortemente osteggiato dalla frangia più radicale del fronte sciita. Il testo, composto da 31 articoli, fornisce un quadro giuridico sulla presenza militare americana in Iraq alla scadenza, alla fine di quest’anno, del mandato dell'Onu e prevede la partenza definitiva entro il 31 dicembre 2011 dei circa 150.000 soldati Usa. Distribuiti in più di 500 basi, dovranno abbandonare i centri abitati entro il prossimo anno. Dopo il voto del parlamento, seguirà la ratifica da parte del consiglio presidenziale e, solo a quel punto, la firma ufficiale, presumibilmente a Washington, da parte di al-Maliki e del presidente Bush. La Casa Bianca parla di “importante e positivo passo in avanti”. Da parte sua, il presidente eletto Obama conferma la sua volontà di avviare il ritiro delle truppe dopo il suo arrivo alla Casa Bianca il 20 gennaio 2009, prevedendo un ritiro in 16 mesi. Ma come guardare a questo accordo? Lo chiediamo a Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica “Limes”:

     
    R. - Sicuramente è un accordo molto importante che però difficilmente potrà essere eseguito nei termini che sono messi su carta, nel senso che da qui al 2011 ci sono troppe variabili che possono, in qualche modo, rimettere in discussione almeno alcuni aspetti di questo accordo. Direi che le parti più preoccupate nell’Iraq di questa prospettiva di ritiro americana, sono i curdi, cioè i tradizionali alleati degli americani, e i sunniti che negli ultimi anni hanno stretto un accordo relativamente robusto con gli americani, mentre chi ne potrebbe approfittare di più sono gli sciiti che sono la maggioranza nel Paese.
     
    D. – Parliamo invece di geopolitica…

     
    R. – Intanto, probabilmente, quasi tutti pensano che in realtà gli americani, seppure in forma minore, resteranno ben oltre il 2011. In secondo luogo, molto dipenderà dal rapporto tra Iran e Stati Uniti. Se, come è possibile, in qualche punto del prossimo anno, americani ed iraniani ristabiliranno il dialogo ed arriveranno, forse, anche ad un compromesso, allora anche la situazione in Iraq sarà stabilizzata, altrimenti è possibile, anzi probabile, che l’Iran continuerà a fare del suo meglio per destabilizzarla o quanto meno per aiutare i suoi alleati contro i suoi nemici in Iraq.

    C’è da dire che per quanto il livello di violenza sia diminuito negli ultimi mesi, ci sono giornalmente episodi di violenza: solo ieri a Diyala, nell'Iraq settentrionale, due attentati hanno provocato la morte di almeno 20 persone, tra cui sette poliziotti, e una ventina di feriti. C’è poi il dramma delle minoranze, in particolare dei cristiani per i quali si deve parlare di vera persecuzione. Sulle prospettive del dopo accordo, don Renato Sacco di Pax Christi:

     
    R. – Primo, non ci stancheremo mai di ripetere che lì, l’importante era non andare, accogliendo l’invito del Papa e della comunità internazionale che questa guerra non era da fare perché avrebbe creato grossissimi problemi, oltre che sulle persone, sulle impostazioni di vita dei rapporti, avrebbe creato tutto quello che abbiamo visto. Purtroppo questa voce non è stata ascoltata: il disastro c’è sotto tutti i punti di vista. Io credo che non ci sia una soluzione da bacchetta magica, “via gli americani, ritorni la pace”, perché sarebbe lo stesso errore di chi diceva: “Arrivano gli americani e portano la pace”. Lì è stato buttato per aria tutto: le minoranze, in questo scontro di potere, pagano un conto alto. Io credo che sia importante lavorare perché si affermino i diritti, i diritti che devono essere rispettati dagli iracheni, dalle forze occupanti militari, i diritti di ogni persona. Su questa base dei diritti umani si può lavorare per un futuro; se chi resta o chi parte non rispetta i diritti umani, credo non ci siano grosse prospettive. D’altronde, se gli Stati Uniti prevedeono di andare via dall’Iraq, puntando sulla divisione del Paese e quindi sull’escludere le minoranze, sicuramente le minoranze anche cristiane, pagheranno un conto caro. Quindi dobbiamo vigilare perché non entri come progetto di presenza o di ritiro la logica del “divide et impera” che abbiamo già visto anche in Bosnia. Le forze che controllano il territorio non hanno risolto molto, anzi. Quindi, certo, l’abbandonare un terreno - quasi a dire: “Adesso chi ha più arroganza, chi ha più armi, chi ha più violenza faccia la sua parte” - è sbagliato, ma di fatto, già in questi anni, chi ha occupato questo territorio avrebbe dovuto vigilare per il rispetto delle minoranze ma questo, lo dobbiamo dire, di fatto non è molto successo. Io sono stato a Mossul, sono stato a Kirkuk, e questa vigilanza di fatto non c’è stata molto.

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    Stato di allerta per le elezioni nel Kashmir indiano

    ◊   In una situazione di massima allerta, si sono aperti oggi i seggi per il rinnovo dell'Assemblea dello Stato indiano del Jammu e Kashmir, da tempo percorso dalla violenza separatista islamica. Le elezioni, previste in sette round che termineranno il 24 dicembre, sono boicottate dai partiti che sostengono l'indipendenza dello Stato conteso da India e Pakistan. Ma cosa manca per una reale pacificazione della zona? Risponde il prof. Michelguglielmo Torri, docente di Storia dell’Asia all’Università di Torino, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – Non si coinvolge mai a sufficienza la popolazione del Kashmir. La grande maggioranza degli abitanti del Kashmir, in realtà, se solo avessero potuto, avrebbero voluto mantenere uno Stato indipendente sia dal Pakistan, sia dall’India. Quindi, il popolo kashmiri, in realtà, è, come dire, il convitato di pietra di questa sorta di scontro in atto fra India e Pakistan; né il Pakistan, né l’India hanno veramente coinvolto la popolazione del Kashmir nella soluzione del problema.

     
    D. – La violenza separatista islamica da tempo insanguina la zona; al separatismo si sono aggiunte, in altri Stati indiani, le violenze anticristiane, pensiamo all’Orissa. Ecco, oggi l’India che Paese è?

     
    R. – L’India è un Paese attraversato da grandi tensioni, che sono legate a una serie di fattori consistenti; cioè, l’India non è semplicemente un paese multiculturale, multietnico, dove esiste una serie di gruppi etnici con lingue, religioni e tradizioni diverse. L’India è soprattutto un paese dove esistono forti discriminazioni e forti differenze sociali; è un Paese dove - nonostante il funzionamento di un sistema democratico, che è un sistema democratico non di facciata – rimangono grandi ingiustizie sul piano sociale. In realtà, le violenze - che non sono solo le violenze del separatismo islamico e le violenze contro i cristiani, ma anche le violenze contro la minoranza musulmana da parte dei fondamentalisti indù e le violenze da parte dei gruppi sociali dominanti nei confronti degli strati più poveri della popolazione - tutto questo magma di situazioni è, in ultima analisi, legato a una situazione di ingiustizia sociale di fondo che lo Stato indiano non ha fatto abbastanza per rimuovere, soprattutto a partire dall’inizio degli anni ’90, quando si è fatta la scelta di uno sviluppo di tipo neoliberista. Questo sviluppo di tipo neoliberista ha sì comportato la rapida crescita degli indici macroeconomici, ma la verità è che la ricchezza è andata a beneficio di un sesto circa della popolazione - significa 200 milioni di persone, in India – ma che di fatto hanno tagliato fuori, dai suoi benefici, la grande maggioranza della popolazione.

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    Seminario a Firenze sui mass media e l'Africa

    ◊   Africa, continente agli onori della cronaca solo per le guerre, la fame, la povertà, terra dimenticata sotto molti aspetti e soggetta a stereotipi che ne nascondono la ricchezza e la vitalità. A questo è stato dedicato un seminario svoltosi nei giorni scorsi a Firenze e rivolto ai giornalisti e operatori sociali perché l’informazione sull’Africa possa essere sempre più vera e corretta. Tra i relatori Liliane Mugombozi una giornalista congolese, cui abbiamo chiesto un parere sulla lettura dell’Africa di oggi. L’Intervista è di Gabriella Ceraso.

    R. – I media non mettono tanto in luce le cose buone e valide che si fanno in Africa. Tante volte le notizie che vengono pubblicate sul continente non aiutano ad andare avanti. In Congo, per esempio, appena scoppia una tragedia tutti ne parlano. Allora, rimane che l’Africa è solo questo. E’ vero si soffre, ma si gioisce anche, e si cerca di costruire un futuro migliore.

     
    D. – Mi pare di capire che i mass media possono fare qualcosa per il futuro dell’Africa...

     
    R. – I media possono favorire gli incontri delle culture, dei popoli, ma che siano incontri veri, di comunione, dove una persona si sente valorizzata per quello che è. Poi, su questo, si costruisce. Questo avviene, quando si crede nell’uomo.

     
    D. – A proposito di Congo, che è la tua terra, che cosa provi? Ti sei fatta un’idea delle responsabilità?

     
    R. – Prima di tutto è un dolore enorme. Io ci sono cresciuta e siamo tutti responsabili. Oggi nessun popolo può dire: “quello non mi riguarda”; bisogna giungere ad un embargo totale della vendita delle armi. Ci sono stati poi tanti accordi e occorre che la comunità internazionale si mobiliti, perché siano tutti attuati, e occorre aiutare la società civile a promuovere la riconciliazione delle parti, perché si giunga alla pace.

     
    D. – L’Onu, l’Unione Europea e l’Unione Africana possono fare di più?

     
    R. – Secondo me, questa è la prova e la riprova che le organizzazioni, per quanto grandi siano, hanno bisogno di una maggiore cooperazione. Bisogna ripensare, ridefinire le modalità e ci vuole la collaborazione di tutti.

     
    D. – Spesso anche per i governanti africani ci sono aspre critiche...

     
    R. – E’ vero; prima di tutto vorrei dire che bisogna riconoscere gli sforzi che si sono fatti. In tanti Stati, dopo 30, 40 anni di indipendenza, solo adesso sono state fatte elezioni democratiche. Ovviamente sono democrazie che si stanno introducendo adesso timidamente, ma ci sono. Riguardo alle critiche, tutti abbiamo le nostre responsabilità, quindi anche i governi africani: la comunità internazionale e anche le società civili devono fare pressione, perché facciano il loro dovere.

     
    D. – A marzo il Papa sarà in Camerun e in Angola. In ottobre 2009, poi, ci sarà un Sinodo dedicato all’Africa. Quali sono le tue speranze?

     
    R. – L’Africa è veramente esuberante. La Chiesa africana è molto viva, quindi è una gioia per tutti ed una speranza vera, perché oltre ad essere un pastore, il Papa è anche una figura morale molto forte. Quindi, crediamo proprio che sarà una svolta.

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    Il 2009 sarà l'Anno Internazionale dell'Astronomia: nuova occasione di dialogo tra scienza e fede

    ◊   Il 2009 è stato dichiarato dall’Unesco “Anno Internazionale dell'Astronomia”: il prossimo anno coincide infatti col quattrocentesimo anniversario delle prime osservazioni astronomiche fatte da Galileo Galilei con il cannocchiale nel 1609 e delle prime scoperte ottenute con queste osservazioni. L’Anno dell’Astronomia vuole essere anche un’occasione importante per rinnovare il dialogo tra scienza e fede. Ascoltiamo in proposito l’astrofisico Piero Benvenuti, ordinario di astronomia all’Università di Padova e consigliere di Amministrazione dell’Agenzia spaziale italiana. L’intervista è di Fabio Colagrande:

     
    R. – A me sembra che sia veramente un’occasione imperdibile per iniziare un nuovo confronto, un nuovo dialogo tra la scienza e la fede. Sarà una vetrina veramente eccezionale per meditare sui progressi che la scienza astrofisica ha fatto negli ultimi anni, in questi 400 anni, con un’accelerazione incredibile negli ultimi decenni. Sarebbe, però, un peccato se la presentazione dei risultati scientifici si fermasse qui e non approfondisse il significato profondo che ha questa scienza. In fondo, l’astronomia è la scienza più antica e ha radici profonde in tutti. Non a caso è l’unica disciplina scientifica che conti, io credo, un numero incredibile di appassionati e di dilettanti, di astrofili, che testimonia come tutti gli uomini si sentano attratti dal cielo stellato, dal mistero del cosmo che ci circonda. Quindi, quest’anno, credo sia un’occasione veramente unica per riprendere un confronto, un dialogo tra la scienza, la ricerca scientifica e la riflessione filosofica e teologica.

     
    D. – Secondo lei, prof. Benvenuti, a quali condizioni ci può essere questo rinnovamento del dialogo? Quale sforzo devono fare sia la scienza, sia la teologia?

     
    R. – Da parte della scienza, credo che sia importante riconoscere il limite della ricerca scientifica. La ricerca scientifica, sin dai tempi di Galileo, e per ammissione stessa di Galileo, non vuole approfondire l’essere, l’essenza delle cose, si limita a misurare, ad osservare i fenomeni e ad interpretarli razionalmente. Quindi, questa sua autolimitazione, che è anche il suo grande motivo di successo, deve essere in qualche modo riconosciuta, deve riconoscere che ci sono altre forme di conoscenza che possono lavorare insieme ed in collaborazione con la ricerca scientifica. Da parte della teologia e dell’esegetica, è necessario che queste discipline, che sono pure discipline scientifiche, riconoscano nella scienza e nei risultati della scienza, qualcosa che va utilizzato. Non si può ignorare, perché si tratta di conoscenza, e deve essere quindi integrata. Per far questo bisogna rivedere l'interpretazione di certi passi della Bibbia, capire perché certi passi della Bibbia sono stati scritti in quel modo. E’ in fondo il monito che ci viene anche dalla Dei Verbum del Concilio Vaticano II.

     
    D. – L’Anno dell’Astronomia può essere un’occasione proprio per riscoprire il valore che ha contemplare il cielo stellato? Una volta Benedetto XVI ha detto che il cielo non è vuoto. Ecco, ha un valore anche senz’altro religioso guardare al cielo...

     
    R. – Assolutamente sì. In fondo, noi vivendo nella civiltà moderna, nella civiltà tecnologica abbiamo perso questa possibilità di osservare quotidianamente il cielo, opportunità che invece i nostri antenati, anche solo 100 anni fa, avevano tutti i giorni. L’Anno dell’Astronomia si propone proprio anche come iniziativa mondiale di stimolare tutti a ritagliarsi un piccolo momento, una sera, per riprendersi questa visione affascinante del cielo, andando in un luogo più oscuro, isolato, mettendo l’occhio anche in un piccolo telescopio. Ecco, se questa iniziativa portasse con sé anche un significato quasi di preghiera, credo che avremmo raggiunto dei risultati ancor più importanti di quelli che inizialmente ci siamo proposti.

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    Restaurato il Portale del Paradiso a Santo Spirito in Sassia a Roma

    ◊   E’ stato presentato oggi a Roma il restauro del Portale del Paradiso del Complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia. Insieme al restauro sarà possibile visitare fino al 17 gennaio prossimo anche una mostra fotografica che spiegherà le varie fasi e tecniche utilizzate per il complesso lavoro. Il servizio di Marina Tomarro:

    Una grande lunetta conchigliata, con due angioletti alati che sostengono l’emblema di Papa Sisto IV, e tutt’intorno anfore, piccoli melograni, zucche, ciliegie e uva. E’ la preziosa e particolare decorazione del Portale del Paradiso dello scultore lombardo Andrea Bregno, che è situata presso l’entrata laterale dell’ Ospedale di Santo Spirito, quella parte da cui accedevano malati, pellegrini e gente bisognosa di aiuto per introdursi poi nelle due ali della Corsia Sistina voluta appunto da Papa Della Rovere. Claudio Strinati, soprintendente per il Polo museale della città di Roma:

    “E’ un portale del Quattrocento, quindi ha importanza perché è una cosa abbastanza rara a Roma. Poi è un’opera monumentale grandissima, bellissima e, tra l’altro, è poco conosciuta, anche questo va detto perché è molto difficile che venga notata normalmente: infatti è il portale di accesso alle Corsie Sistine però, in realtà, sulla strada, non si vede che una porta più moderna che non ha un grande pregio artistico. Quindi c’è anche il pregio di una cosa un po’ segreta: è una delle opere più grandiose di quell’epoca".

    Quindi il restauro della Porta del Paradiso ha restituito alla città di Roma, uno dei monumenti più particolari. Ma come si è svolto? Ancora Claudio Strinati:

     
    “Il restauro è consistito fondamentalmente nel consolidamento e nella ripulitura dell’opera perché da tantissimo tempo non aveva più destato l’interesse degli esperti e quindi è riemersa la superficie, quattrocentesca, bellissima, che era completamente offuscata dal tempo”.

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    Chiesa e Società



    La Caritas continua la sua missione nel Kivu in totale insicurezza

    ◊   L'équipe della Caritas nella Repubblica Democratica del Congo porta avanti la sua opera umanitaria nella regione del Nord Kivu in un clima di crescente insicurezza. Quattro giorni fa, il centro per ex bambini soldato che gestisce nella località di Kanyabayonga, a 150 chilometri da Goma, ha subìto un'incursione armata in cui i soldati hanno saccheggiato le scorte di cibo, le coperte e i materassi. I ragazzi sono riusciti a fuggire prima dell'attacco senza subire alcun danno. Tutti i minori - riferisce l'agenzia Zenit - sono stati accolti da Caritas Goma, che sta gestendo il loro ingresso nella scuola Don Bosco, nella stessa città. Negli ultimi giorni, sono stati registrati scontri con artiglieria pesante nei pressi del campo di rifugiati di Kibati, gestito dalla Caritas. Come conseguenza, molte famiglie stanno abbandonando quegli insediamenti per dirigersi in zone più sicure. Altri gruppi di rifugiati sono rimasti isolati a causa dei combattimenti in zone in cui è impossibile portare aiuti. I campi di rifugiati di Goma ricevono continuamente nuovi flussi di sfollati e alcuni hanno visto raddoppiare il numero degli ospiti in appena una settimana, il che sta creando seri problemi strutturali. Giovedì scorso è arrivato a Goma un gruppo di Vescovi della Conferenza Episcopale Congolese in missione pastorale d'urgenza, per offrire sostegno e solidarietà agli sfollati e verificare di persona la risposta della Chiesa. La missione è stata presieduta da mons. Janvier Kataka, Vescovo di Wamba e presidente della Commisione Episcopale di Caritas e Sviluppo. Appena giunti a Goma, i presuli hanno celebrato una riunione di lavoro con tutti i membri dell'équipe tecnica della Caritas nella regione, dopo la quale si sono trasferiti nel campo di rifugiati di Buhimba, dove hanno preso contatto con i responsabili per la sistemazione e le famiglie sfollate. (R.P.)

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    Estremisti indù attaccano una chiesa pentecostale vicino Mumbai

    ◊   Dopo le violenze anti-cristiane in Orissa, due giorni fa una chiesa pentecostale di Bhayander, vicino Mumbai, è stata attaccata da 20 radicali indù che hanno detto di appartenere al gruppo di Vishwa Hindu Parishad (VHP). Gli estremisti – riporta AsiaNews – hanno fatto irruzione nella chiesa accusando la comunità di convertire la popolazione. Dopo le urla sono passati alle mani, aggredendo fisicamente il pastore Felix Fernandes che poi ha perso i sensi. La polizia ha arrestato un gruppo di persone e ha aperto un’inchiesta ma per Abraham Mathai, vicepresidente della Commissione statale per le minoranze, è necessario che le forze dell’ordine ricerchino “davvero” i colpevoli. Una dura condanna per quanto accaduto è giunta da mons. Percival Joseph Fernandes, vescovo ausiliare di Bombay. “Il terrorismo ha le sue radici nelle idee e si nutre dell’odio propagandato. – ha dichiarato - noi che teniamo alla pace dobbiamo fermarlo in tutti i modi possibili”.(B.C.)

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    Vietnam: nuovo attacco ad Hanoi contro la parrocchia di Thai Ha

    ◊   Suscita inquietanti interrogativi l’attacco condotto sabato notte da gruppi di attivisti del Partito comunista contro la cappella di San Gerardo, che si trova all’interno del terreno della parrocchia di Thai Ha. Simile a quello condotto il 21 settembre contro lo stesso obiettivo, l'attacco - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha visto la partecipazione di un delegato del Comitato del popolo di Quang Trung, mentre forze di polizia e reparti della sicurezza assistevano passivamente al saccheggio della cappella, che non ha avuto gravi conseguenze solo per l’immediato arrivo sul posto di fedeli di Thai Ha e di altre parrocchie. Eglises d’Asie riferisce che abitanti del quartiere hanno raccontato che fin dal pomeriggio, mentre in chiesa si celebrava la festa dei martiti vietnamiti, i giovani comunisti erano riuniti nelle loro sedi per mettere a punto l’operazione. Lo stesso stava avvenendo, in contemporanea, nei locali della Sicurezza del quartiere. Una lettera di denuncia dell’accaduto è stata indirizzata da padre Matthew Vu Khoi Phung, superiore del monastero, al Comitato del popolo di Hanoi ed alla polizia di Hanoi e del distretto di Dong Da. A preoccupare i cattolici sono le domande sul perché dell’attacco, giunto dopo che si è conclusa nel modo voluto dalle autorità – e cioè con un rifiuto - la richiesta dei Redentoristi di ottenere la restituzione del terreno della parrocchia. Qualcuno pensa ad una rappresaglia – il terreno che era stato concesso ad una impresa di abbbigliamento è stato trasformato in un parco pubblico – e teme che ci saranno ulteriori aggressioni contro monastero, parrocchia e cappella. (R.P.)

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    Diciannove anni fa l’uccisione a San Salvador di 6 gesuiti

    ◊   “Ricordiamo oggi le vittime e offriamo a Dio il loro sacrificio implorando la pace per il Paese”. Così ieri, l’arcivescovo di San Salvador, mons. Fernando Sáenz Lacalle, ha voluto ricordare il 19.mo anniversario dell’uccisione di sei sacerdoti gesuiti e di due loro collaboratrici domestiche, tra cui una ragazza di 16 anni, che avvenne all’interno dell’Università Centroamericana (UCA). Questa triste ricorrenza coincide con la presentazione di una querela da parte di un tribunale speciale spagnolo (Audiencia Nacional) contro l’ex presidente salvadoregno Alfredo Cristiani, al potere dal 1989 al 1994, e contro altri 14 militari ritenuti coinvolti a vario titolo in quest’omicidio collettivo. Va ricordato che alcuni dei sacerdoti uccisi 19 anni fa erano spagnoli, una precisazione contenuta nell’esposto presentato da parte di un’associazione pro diritti umani della Spagna e dal Centro per la giustizia e responsabilità con sede a San Francisco, negli Stati Uniti. Mons. Sáenz Lacalle ha espresso il “timore che questo caso, lasciato nelle mani di un tribunale di altro Paese, non sia molto utile al processo interno di riconciliazione” e quindi ha aggiunto di condividere “la decisione dell’attuale rettore della Università Centroamericana, padre Jesús José María Tojeira, di non prendere parte al processo che si svolgerà a Madrid”. L’arcivescovo salvadoregno ha detto anche di essere d’accordo con quanto recentemente dichiarato da padre Tojeira per il quale “è meglio cercare dentro il Paese i modi per guarire le ferite”. Giovedì scorso, il rettore dell’università - commentando le notizie che arrivavano dalla Spagna - aveva aggiunto che, pur rispettando quanto deciso dal tribunale speciale spagnolo, riteneva che il modo migliore di fare giustizia ai sacerdoti gesuiti e alle loro collaboratrici passasse attraverso istanze salvadoregne. Il 16 novembre 1989, diversi comandi militari, nel corso di un’operazione contro la guerriglia - l’allora “Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional" (FMLN), oggi partito di opposizione dopo gli accordi di pace del 1992 - fecero irruzione nella zona residenziale dell’Università Centroamericana trascinando nel giardino il rettore, padre Ignacio Ellacuría, di nazionalità spagnola, che proprio lì trovò la morte. Simile trattamento fu riservato ad altri quattro sacerdoti spagnoli: Ignacio Martín Baró, Amando López, Juan Ramón Moreno Segundo Montes e un salvadoregno Joaquín López y López. Intanto altri militari, nella zona cucina, giustiziarono la cuoca salvadoregna Elba Ramos e sua figlia Celina. In uno dei tanti processi, nel 1991 furono condannati il colonnello Guillermo Benavides e il tenente Yussy Mendoza, ma poi grazie all’amnistia nel 1993, vennero liberati. (A cura di Luis Badilla)

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    Cuba si prepara alla beatificazione di fra José Olallo Valdés

    ◊   Il prossimo 29 novembre nella città di Camagüey, a Cuba, il cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione per la causa dei Santi, presiederà la solenne concelebrazione Eucaristia durante la quale sarà beatificato il Servo di Dio fra José Olallo Valdés, dell'Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, definito da Papa Giovanni Paolo II "testimone della misericordia, la cui vita esemplare al servizio dei più bisognosi è un fecondo esempio di vita consacrata al Signore". Insieme al cardinale Saraiva celebrerà il presidente della Conferenza dei vescovi cattolici di Cuba, l'arcivescovo di Camagüey mons. Juan García Rodríguez. Sarà la prima volta che sull’isola caraibica si svolge una cerimonia di questa natura e ciò ha provocato molto interesse fra i fedeli. Da diversi mesi, come ha riferito Osvaldo Gallardo González, responsabile dell'ufficio stampa dell'arcidiocesi di Camagüey, tutte le diocesi nonché una commissione mista tra il governo e la Chiesa, lavorano per dare alla beatificazione l’importanza che merita e che i cubani desiderano. Il nuovo beato cubano, il secondo dopo il diacono agostiniano José López Piteira - martire della fede ucciso durante la guerra civile spagnola- nacque all’Avana il 12 febbraio 1820 e morì a Camagüey, il 7 marzo 1889. Per 54 anni consacrò la sua vita alla cura dei poveri, degli infermi e dei lebbrosi, degli abbandonati e dei moribondi, dei bimbi infermi, degli anziani senza famiglia, dei prigionieri e si battè contro la schiavitù. La sua fama di santità si è mantenuta viva nei 115 anni trascorsi dalla sua morte. Fra José Olallo Valdés fu l’ultimo religioso di San Giovanni di Dio rimasto a Cuba anche dopo la scomparsa dell’Ordine nell’isola. Il popolo ha sempre mostrato affetto e vicinanze per le sue spoglie, conservate in un bel monumento funebre realizzato con una sottoscrizione popolare. I religiosi ospedalieri tornarono poi a Cuba nel 1940, provenendo dalla Spagna, e per prima cosa allestirono l’ospedale psichiatrico di San Giovanni di Dio all’Avana e più tardi, nel 1945, inaugurarono la Clinica Infantile per curare le malattie ortopediche. In concomitanza col centenario della morte di fra José Olallo Valdés, è stato aperto un Centro per anziani a Camagüey con un servizio ambulatoriale di fisioterapia. Nel 1990 è stata avviata la fase diocesana del processo di beatificazione e lo scorso 10 febbraio sono stati riesumati i suoi resti. Parlando del Servo di Dio, in occasione della visita ad limina dei vescovi cubani – il 2 maggio scorso – Benedetto XVI ha invitato i presuli a guardare alla prossima beatificazione di fra José Olallo Valdés perché essa dia “nuovo impulso” nel servizio alla Chiesa e al popolo cubano, “per essere in ogni momento fermento di riconciliazione, di giustizia e di pace!”. (L.B.)

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    Il cardinale Antonelli auspica un ripensamento sul caso Englaro

    ◊   Nell’illustrare il progetto di civiltà cristiana ai partecipanti del 28.mo convegno nazionale dei Centri di Aiuto alla Vita (CAV), conclusosi ieri a Montecatini, il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha spiegato che la “vita e la famiglia sono i valori su cui si costruisce la civiltà dell’amore e chi li difende si riempie di Spirito Santo e trasmette l’amore di Dio a fratelli e sorelle”. Il compito dei cristiani, ha aggiunto il porporato, è di accoglierlo con fede e portarlo agli altri attraverso le opere di carità. Nella sua omelia, riporta Zenit, il cardinale Antonelli ha parlato della vicenda di Eluana Englaro, auspicando un ripensamento perché “l’ideologia non oscuri del tutto le coscienze”. “Eluana è in stato vegetativo ma – ha sottolineato - non è un vegetale, è una persona dormiente. La persona anche quando è addormentata o disabile, conserva tutta la sua dignità. La persona vale per se stessa e non per quello che produce e consuma o per il piacere e le soddisfazione che procura agli altri”. Il porporato ha invitato ad “un impegno intelligente generoso e perseverante a favore della vita” che si articoli in senso culturale, giuridico e politico ma anche nella testimonianza personale. Ricordando le tante parole spese sul caso, il presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia ha voluto sottolineare quelle delle suore che assistono la ragazza: “Se c’è chi la considera morta, lasci che Eluana rimanga con noi che la sentiamo viva… lasciateci la libertà di amare e donarci a chi è debole”. Parole ricordate anche da Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita, che ha scritto al capo dello Stato Napolitano ed ha rivolto un appello al Parlamento perché approvi una legge sul fine vita “che possa evitare – ha detto - alle altre migliaia di persone nelle condizioni di Eluana, di essere minacciate da un’eutanasia che nessuno ha neppure il coraggio di chiamare col proprio nome”.(B.C.)

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    Allarme di Medici senza Frontiere sull’inefficacia delle cure per la tubercolosi

    ◊   In un nuovo rapporto pubblicato da Medici senza Frontiere, l’organizzazione invita la Commissione Europea a maggiori finanziamenti nel campo della ricerca per sconfiggere la tubercolosi, causa di morte ogni anno per 1,7 milioni di persone. MSF chiede che gli aiuti vengano quintuplicati perché i test diagnostici e i farmaci che vengono usati sono inefficaci e così combattere l’epidemia di TBC in Africa e in Asia, è “una missione praticamente impossibile”. L’analisi di MSF – riporta l'agenzia Sir - dimostra anche come i finanziamenti della Commissione europea non rispondano ai bisogni di chi deve sviluppare vaccini, farmaci e test diagnostici. Sarebbe così necessario investire nelle nuove alternative come “le partnership non profit e i "prize funds", un premio economico da assegnare a chi scopre e realizza nuovi farmaci o vaccini”.(B.C.)

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    Thailandia: la Chiesa cattolica onora la memoria della principessa Galyani Vadhana

    ◊   Ieri la Chiesa cattolica thailandese ha ricordato la principessa Galyani Vadhana, scomparsa il 2 gennaio scorso all’età di 84 anni. In tutte le comunità del Paese i cristiani hanno pregato per la defunta; nella cattedrale dell’Assunta a Bangkok si è tenuta una messa di suffragio alla quale hanno partecipato vescovi, religiosi e semplici fedeli, che hanno voluto onorarne la memoria. Durane la celebrazione - riferisce l'agenzia AsiaNews - l’arcivescovo di Bangkok, cardinale Michael Michai Kitbunchu, ha ricordato l’impegno della principessa a favore del popolo thailandese in moltissimi settori della vita quotidiana. Dal sociale all’istruzione, dal sostegno ai poveri delle periferie alla raccolta fondi per garantire borse di studio ai medici, la principessa ha promosso “moltissime iniziative a nome del re” e “ha testimoniato con la propria opera” quanto sia importante mettere “la vita al servizio degli altri”. Jira Sirisamphan, funzionaria del governo thailandese, ha seguito da vicino le attività della defunta principessa sia in patria che all’estero: “Ho lavorato con lei per 14 anni – ricorda la donna, di religione cattolica – durante i quali mi sono sentita immensamente grata per l’attenzione che ha mostrato verso la Chiesa cattolica thailandese”. Della nobile sottolinea anche il “profondo rispetto verso i luoghi di culto che visitava”. La principessa Galyani Vadhana – il cui nome completo è Kalaynivadhana Krom Luang Naradhiwas Rajanagarindra – è stata sorella di re Anandhamahidol (Rama VIII) e del regnante re Bhumibol Adulyadej (Rama IX), sul trono dal 1946. Nel corso degli anni ha svolto importanti attività a favore della Chiesa cattolica e dei cristiani nel Paese: tra i tanti gesti di carità, l’aiuto finanziario a una famiglia cattolica della provincia di Mae Hongsorn, la cui figlia doveva sostenere una operazione alla cornea. (R.P.)

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    Seminari per i giovani promossi dalla Chiesa delle Filippine in vista delle elezioni del 2010

    ◊   Coinvolgere le generazioni future nel processo di cambiamento sociale delle Filippine. E’ lo scopo dell’iniziativa promossa dall’Associazione dell’educazione cattolica delle Filippine (CEAP), la più grande organizzazione di scuole cattoliche del Paese con oltre 1200 aderenti, e da quella delle scuole parrocchiali dell’arcidiocesi di Manila (MAPSA). Secondo Asianews, sono almeno duemila i giovani che hanno preso parte alla due giorni di incontri, esprimendo così il loro desiderio di essere parte attiva nella vita politica del Paese, inidirizzandola sulla strada del buon governo e dell’onestà. “Alla luce dei più recenti problemi che affliggono il Paese ed in vista delle elezioni presidenziali del 2010 - ha spiegato in conferenza stampa il presidente di Ceap e Mapsa - è il momento di offrire ai nostri giovani l’opportunità di esprimere il loro pensiero e come essi percepiscono la situazione disordinata del nostro Paese. È giunto il tempo in cui inizino a partecipare, come giovani filippini, alla vita sociale del Paese e a prendere iniziativa per aiutare la riforma della nostra nazione”. (B.C.)

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    Celebrazioni a Shang Hai per i 125 anni di fondazione della parrocchia di Tutti i Santi

    ◊   “Leggere sempre la Sacra Scrittura, vivere secondo l’insegnamento evangelico, lontano da ogni male ed esercitando sempre la carità cristiana, osservando la giustizia. Così noi cristiani diventeremo un raggio di luce che illumina, facendoci coscienza della società”. Con queste parole mons. Xing Wen Zhi, vescovo ausiliare della diocesi di Shang Hai, ha esortato i fedeli della parrocchia di Tutti i Santi di Qing Cun e tanti fedeli provenuti da ogni parte, per la celebrazione dei 125 anni di fondazione della parrocchia. Diciannove sacerdoti hanno concelebrato la Santa Messa con mons. Xing. Hanno inoltre preso parte alla solenne liturgia 4 seminaristi, 14 religiose e oltre 1.200 fedeli. Ben 28 giovani e alcuni adulti hanno ricevuto i sacramenti della Eucaristia e della Confermazione. Durante l’omelia - riferisce l'agenzia Fides - il presule ha percorso la storia della parrocchia per mettere in evidenza la responsabilitа di ogni parrocchiano nel portare avanti la missione della Chiesa. “Ma siamo anche coscienti che ciò richiede tempo, energia, impegno e soprattutto la volontà. Solo così potremo riunirci un giorno con Tutti i Santi, che sono i Patroni della vostra parrocchia, nella Casa del Padre” ha affermato Mons. Xing. Durante l’Anno Paolino, che coincide anche con la celebrazione dei 125 anni della fondazione, la comunità si è mobilitata in tutti i campi, soprattutto quello spirituale. Lungo tutto l’Anno, in comunione con il Santo Padre e con la Chiesa universale, ogni giorno si recita la preghiera all’Apostolo Paolo per vivere e diffondere lo spirito paolino. Inoltre ha preparato una mostra dedicata alla Sacra Scrittura in occasione della festa patronale e del Sinodo dedicato alla Parola di Dio. La diocesi di Shang Hai è famosa per la sua gloriosa storia missionaria, per il suo Santuario mariano di She Shan, meta di pellegrinaggio per tutti i cattolici cinesi e dell’Asia, e per i tantissimi eroi della fede. Storicamente è stata missione dei gesuiti francesi. Oggi la comunità cattolica è composta da oltre 100 mila fedeli, con 70 sacerdoti, 80 religiose, 30 novizie ed un seminario maggiore. In diocesi ci sono 110 chiese. (R.P.)

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    Corea del Sud: celebrati i 50 anni di attività dell’Istituto cattolico per la catechesi

    ◊   Da 50 anni l’Istituto Cattolico per la Catechesi di Seul si occupa di spiegare ai fedeli la dottrina cattolica in campo morale, sociale, liturgico, pastorale; diffondere sussidi per la catechesi da utilizzare in parrocchie, scuole, movimenti e associazioni; formare laici e catechisti, che hanno il delicato compito di raccontare Cristo a giovani e ragazzi; illustrare i documenti della Chiesa universale utili per la catechesi. Linee, si legge su Fides, sulle quali proseguire perché l’istituto è diventato un punto di riferimento essenziale dalla Chiesa coreana nel campo della catechesi. Per celebrare la ricorrenza, si è tenuta una santa Messa e un successivo simposio dal titolo “Passato, presente e futuro dell’Istituto Cattolico per la Catechesi”, in cui si è discusso e fatto il punto della situazione sull’opera di catechesi nella Chiesa coreana che intende impegnarsi per il potenziamento della formazione all’interno della comunità ecclesiale. (B.C.)

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    In India un francobollo speciale dedicato a suor Alfonsa dell'Immacolata Concezione

    ◊   Le Poste indiane hanno emesso uno speciale francobollo dedicato a suor Alfonsa dell'Immacolata Concezione, la prima santa indiana canonizzata lo scorso 12 ottobre a Roma da Benedetto XVI. La cerimonia per la presentazione del francobollo commemorativo, del valore di cinque Rupie, si è svolta ieri a New Delhi. A proporre l’iniziativa – informa l’agenzia cattolica indiana Sarnews - sono state le Clarisse francescane indiane, la Congregazione di appartenenza di suor Alfonsa. La canonizzazione della religiosa clarissa è stata festeggiata nei primi nove giorni di novembre con varie iniziative cui hanno partecipato più di 100 mila persone. Alle celebrazioni è intervenuto, tra gli altri, il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali che ha presieduto il 9 novembre la Santa Messa conclusiva, alla presenza dell’ex-presidente indiano Abul Kalam.(L. Z.)

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    A dicembre la nascita dell’Istituto Universitario Sophia promosso dai Focolari

    ◊   Offrire un approccio antropologico che inquadra le rispettive specializzazioni in una visione relazionale di ogni sapere, a favorire l’apertura al dialogo e a promuovere la crescita integrale della persona. Sono gli obiettivi fissati dall’Istituto Universitario Sophia (IUS), che sarà inaugurato il prossimo primo dicembre a Loppiano, nel comune di Incisa Valdarno, vicino Firenze, e conta già 40 studenti di 16 nazioni di 4 continenti. Come riporta l’agenzia Sir, a Roma si terrà domani una conferenza stampa, presso la Sala Stampa Estera, cui interverranno Maria Emmaus Voce, presidente dei Focolari, mons. Piero Coda, preside dello IUS, Sara Ciancioso, rappresentante degli studenti al Consiglio d’Istituto. “Vuole essere un laboratorio di formazione e di ricerca – ha spiegato mons. Coda - in cui si riconnettono i legami profondi tra vita e pensiero, tra studio ed esperienza. E’ un istituto universitario che guarda al futuro, attento alle istanze che il nostro tempo offre perché l’uomo di oggi e di domani, come amava ripetere Chiara Lubich, diventi sempre più uomo-mondo”.(B.C.)

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    In Irlanda si è conclusa la Settimana per la giustizia riparativa

    ◊   Il sistema penitenziario irlandese funziona? Prevede la riabilitazione dei detenuti? Esistono alternative al carcere? È possibile agire prima per evitare che una persona commetta un crimine e finisca in carcere? Sono alcune delle domande su cui sono stati chiamati a riflettere i fedeli irlandesi in occasione della Settimana per la giustizia riparativa (Restorative Justice Week) promossa dalla Chiesa locale dal 9 al 16 novembre. La giornata di ieri ha concluso otto giorni di iniziative per pregare per i detenuti, le loro vittime e il personale che lavora nei carceri e, appunto, per sensibilizzare il pubblico e le autorità sui limiti dell’attuale sistema penitenziario irlandese. Un sistema inefficace - rileva la coordinatrice nazionale dei cappellani carcerari della Repubblica d’Irlanda Imelda Wickham sul magazine della Conferenza episcopale Intercom – perché fondato esclusivamente su una concezione punitiva della giustizia. “Una giustizia meramente punitiva – afferma - non funziona nel lungo termine, perché non affronta le cause del crimine alla radice, le sue conseguenze e, soprattutto, non tutela le vittime”. La sfida che la giustizia riparativa lancia è appunto quella di cercare di superare questa logica del castigo muovendo da una lettura relazionale del fenomeno criminoso, inteso essenzialmente come un conflitto che provoca la rottura di aspettative sociali simbolicamente condivise. La giustizia riparativa può essere quindi definita come un modello di giustizia che coinvolge la vittima, il reo e la comunità nella ricerca di soluzioni agli effetti del conflitto generato dal fatto delittuoso, allo scopo di promuovere la riparazione del danno, la riconciliazione tra le parti e il rafforzamento del senso di sicurezza collettivo. In questo senso si muove anche l’idea, su cui hanno molto insistito in questi anni i cappellani carcerari irlandesi, di misure alternative alla prigione e che possono favorire il recupero, la riabilitazione e il reinserimento sociale dei detenuti. (L.Z.)

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    Nuovo sito Internet per la Chiesa delle Isole Salomone

    ◊   L’Ufficio comunicazioni della Chiesa delle Isole Salomone ha lanciato un nuovo sito Internet per far conoscere meglio il suo volto e per diffondere il messaggio di Cristo sul web: è quanto ha comunicato all’agenzia Fides padre Ambrose Pereira, responsabile dell’Ufficio che cura diverse iniziative e pubblicazioni della comunità cattolica dell’arcipelago, dedicandosi all’evangelizzazione tramite i mass-media e alla formazione dei giovani. Il sito Internet, all’indirizzo web www.catholicchurchsolomonislands.com, contiene ogni informazione utile sulla Chiesa nelle Salomone, con diversi link che portano a diocesi, parrocchie, congregazioni religiose, siti di informazione, a pubblicazioni come “Voice Katolika” o a emittenti come “Radio Don Bosco”. “Il sito fornisce informazioni molto semplici, come gli orari delle Sante Messe, e dà notizie di eventi e iniziative ecclesiali. Ma offre anche un quadro della Chiesa in Oceania, mostrandone le forze di apostolato, le riflessioni, la Pastorale”, spiega padre Pereira. La necessità di superare le immense distanze dell’Oceano e di costituire una “comunione di comunità” è sempre molto sentita nelle Chiese del Pacifico, che hanno trovato nelle nuove tecnologie un utile strumento per comunicare e condividere con maggiore facilità, con grande beneficio per i programmi pastorali di tutta l’area. (R.P.)

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    Nasce un ponte digitale tra scuole italiane e africane

    ◊   E' stato presentato recentemente a Roma il progetto “Digital Bridge”, un portale di sviluppo comunitario che mette in rete studenti laziali, camerunensi e saharawi (che vivono nella zona del Sahara Occidentale). Il ponte wi-fi, ricorda un articolo del sito del Movimento dei Focolari ripreso dall'agenzia Zenit, permette ai ragazzi di comunicare, interagire e confrontarsi ed è possibile grazie alle antenne installate a Frascati (Roma), che fanno "rimbalzare" il segnale a Lebialem e nel Sahara Occidentale. Grazie al “Digital Bridge”, giovani di alcune scuole superiori di Roma e ragazzi dell'High School di Fontem e Lebialem in Camerun possono sentirsi vicini “nonostante le condizioni ambientali e tecnologiche sinora molto diverse”, visto che i ragazzi italiani “vivono in una regione con un clima temperato, dispongono del collegamento ad Internet e fra non molto anche della Rete wi-fi gratuita”, mentre quelli di Fontem e Lebialem “abitano in una regione montagnosa, nella foresta equatoriale, dove la stagione delle piogge rende problematici i collegamenti”. Dopo l'installazione del sistema di collegamento satellitare e la rete locale wi-fi in Camerun e i corsi di formazione sulle nuove tecnologie per la comunicazione nel Sahara Occidentale, frequentati da ragazze e ragazzi tra i 14 e i 18 anni, il personale locale sarà in grado di gestire le infrastrutture e sarà possibile passare al piano didattico. L'iniziativa creerà un'interdipendenza culturale tra i paesi coinvolti, nuovi posti di lavoro e servirà a frenare la migrazione degli abitanti della regione del Camerun verso i grandi centri abitati”. (R.P.)

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    Convegno a Roma sulle società del XXI secolo alla luce del pensiero di Aldo Moro

    ◊   Si apre oggi a Roma il convegno internazionale “Il governo delle società nel XXI secolo. Ripensando ad Aldo Moro”. Il convegno si confronta con due esigenze: ampliare la ricerca e il confronto scientifico sulle trasformazioni legate al passaggio alla “società post-moderna”, e sulla possibilità di dare una guida politica ai processi sociali; misurarsi compiutamente con la figura di Aldo Moro, sia riguardo al passato (sul versante della ricerca storiografica e della memoria collettiva), sia riguardo al futuro, interrogandosi sugli elementi di attualità del suo pensiero e del suo approccio. I temi al centro dell’appuntamento saranno: “Italia ed Europa nei processi di mutamento delle relazioni internazionali”, “La costruzione del consenso nelle società contemporanee”, “Aldo Moro nella ricerca storiografica”, “Religioni e democrazia” e “Processi costituenti e compimento della democrazia”. Alla sessione inaugurale, che si svolge alla presenza del presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano, interverranno il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, i presidenti della Regione Lazio, Piero Marrazzo, e della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, insieme al rettore dell’Università di Bari “Aldo Moro” Corrado Petrocelli. A svolgere relazioni, nella sessione pomeridiana del 19 novembre su “Religioni e democrazia”, saranno, fra gli altri, il cardinale Achille Silvestrini, prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali e il prof. Alberto Melloni, docente di Storia Contemporanea, Università di Modena e Reggio Emilia. (R.P.)

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    L’antropologia teologica di San Camillo al centro di un convegno a Roma

    ◊   “Vulnerabili, bisognosi e capaci di cura: l'antropologia teologica di San Camillo” è il tema di un convegno che si aprirà giovedì prossimo a Roma in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2008/2009 del Camillianum-Istituto Internazionale di Teologia Pastorale Sanitaria. Nel pomeriggio è prevista la Santa Messa officiata da monsignor Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la vita. I lavori saranno moderati dal prof. Adriano Pessina, direttore del centro di Bioetica presso l’Università Cattolica di Milano. Sono in programma relazioni sui “Disabili e abili nell’esperienza di Dio affidabile” e su “San Camillo teologo della premura di Dio”. Nell’introduzione al convegno - riportata da Zenit - si legge che “spesso la dignità umana è legata all’essere liberi, uguali e indipendenti, ma più realisticamente la nostra nobiltà è di tipo superiore, è la dignità di un vivente mortale e vulnerabile”. “La cura è dunque una struttura fondamentale dell’humanum, rivelativa della nostra costitutiva dipendenza e vulnerabilità, espressiva del nostro essere, in rapporto, bisognosi, spaventati, ma anche aperti alla speranza”. San Camillo diceva che nel curare dobbiamo essere “come una madre”, con la sua capacità calda di confortare avendo il “cuore nelle mani”, cioè con la sua fine premura che non solo si occupa di qualcuno, ma si preoccupa per qualcuno. La calda premura di Camillo de Lellis ha anche il significato dei preambula fidei, mentre conforta, aiuta a conoscere Dio, oltre la dimostrazione logica e il discorso persuasivo. In tal senso è importante guardare alla sua sollecitudine verso i malati e i sofferenti, una premura che “non parla il linguaggio di una ragione forte, ma ugualmente comporta un appello alla ragionevolezza della fede in Dio Misericordioso, mentre sottolinea l’antropologia della vulnerabilità e della cura”.(B.C.)

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    Roma: intitolata una strada al professor Crucitti, medico di Giovanni Paolo II

    ◊   In occasione del decimo anno dalla scomparsa del prof. Francesco Crucitti, per anni medico di Giovanni Paolo II, il comune di Roma gli ha oggi intitolato una strada. La figura del chirurgo è stata ricordata in una messa officiata dal cardinale Giovan Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, nella cappella dell'Università Cattolica, alla quale hanno partecipato i suoi famigliari, le autorità cittadine e rappresentanti del governo. Il prof. Francesco Crucitti operò Papa Wojtyla dopo l'attentato in Vaticano il 13 maggio 1981 e in circostanze successive nel 1992 e nel 1996. (B.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    Congo: l'accordo sul cessate il fuoco non ferma gli scontri in Nord Kivu

    ◊   Non si fermano i combattimenti in Nord Kivu, la provincia della Repubblica Democratica del Congo nella quale, da agosto, si stanno confrontando i militari di Kinshasa e i ribelli guidati dal generale Nkunda. Nonostante le violenze sul terreno, prosegue la mediazione dell’inviato dell’Onu, Olusegun Obasanjo, che, dopo aver incontrato il presidente congolese Kabila, ha concluso un accordo di massima con il leader ribelle Nkunda. Il punto nel servizio di Marco Guerra:

    La sospensione immediata delle ostilità, l'apertura d'un corridoio umanitario e la creazione di un organismo tripartito tra ribelli governo e Nazioni Unite per vigilare sul rispetto della tregua. Sono queste le tre condizioni dettate dall’intesa di massima annunciata, ieri dal leader delle milizie del Congresso nazionale per la liberazione del popolo (Cndp), Laurent Nkunda e dall’inviato dell'Onu per il Congo ed ex presidente della Nigeria, Olusegun Obasanjo, al margine di un lungo incontro tenutosi a Jomba, località a nord di Goma. Il generale dei ribelli tutsi, che tengono sotto scacco il Nord Kivu, ha quindi espresso la volontà di contattare la contro parte per arrivare ad un accordo di pace. Ma gli sviluppi sul piano diplomatico non hanno determinato nessuna distensione tra le parti in conflitto. Nelle ultime 24 ore, i ribelli e le truppe governative hanno continuato ad affrontarsi a colpi di razzi e di mortaio. Secondo il portavoce militare della missione Onu, Monuc, è in atto in offensiva delle truppe di Nkunda che si apprestano ad entrare nella città di Kanyabayonga. Tuttavia, non si ferma neanche il lavoro dei mediatori internazionali. Oggi l’inviato dell’Onu Obasanjo si trova in Rwanda (considerato il principale sostenitore di Nkunda) per coinvolgere Kigali in nuovi negoziati, mentre il ministro degli Esteri congolese, ha confermato che Kinshasa è disposta a ospitare osservatori del Ruwanda per constatare gli sforzi compiuti contro i gruppi armati rwandesi fuggiti oltre confine.

     
    Economia: Giappone in recessione
    Dopo Germania e Italia, anche il Giappone è entrato in recessione tecnica. Nel terzo trimestre dell'anno, infatti, il Prodotto interno lordo della seconda economia del mondo ha registrato una flessione dello 0,4%, rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente. Secondo gli analisti, a causare quella che è la prima recessione dal 2001 ha contribuito soprattutto il taglio delle spese e degli investimenti da parte delle imprese, che si misurano con lo yen forte nei confronti del dollaro e dell'euro e con l'economia mondiale, a partire da quella degli Stati Uniti, in difficoltà. Nonostante i dati negativi sul Pil, oggi la Borsa di Tokyo ha chiuso in rialzo dello 0,71% al termine di una seduta altamente volatile. Andamento al ribasso invece per la maggior parte delle altre Borse mondiali.

    Francia – Arresto capo militare dell’Eta
    Arrestato nella notte in Francia il presunto capo militare dell’Eta, l’organizzazione separatista basca. A darne notizia, attraverso un comunicato, il ministro dell’Interno di Parigi senza tuttavia precisare le circostanze dell’arresto. L’uomo è sospettato di essere l’autore dell’omicidio di due poliziotti francesi, avvenuto a Capbreton il primo dicembre dell’anno scorso e dell’attentato, nel dicembre 2006, all'aeroporto madrileno di Barajas, in cui morirono due cittadini ecuadoregni. Grande la soddisfazione espressa dal presidente francese, Nicolas Sarkozy, secondo il quale l'arresto del presunto capo dell'apparato militare dell’ETA prova “l'eccellente collaborazione tra Francia e Spagna nella lotta contro il terrorismo basco”.

    Afghanistan
    “Se il capo spirituale dei talebani, mullah Omar, vuole trattare la pace, il governo afghano gli garantirà protezione”: così, il presidente afgano, Hamid Karzai, che di fronte alle all’aggravarsi delle violenze, offre di nuovo la sua disponibilità a negoziare una tregua con il leader dei miliziani integralisti. Dal conto loro, i talebani hanno fatto sapere che stanno preparando una risposta all’offerta di pace di Karzai. Sul terreno intanto non si fermano gli attacchi della guerriglia: due poliziotti e un passante sono morti in un attentato suicida contro la sede del governo distrettuale della provincia di Kandahar, nel sud del Paese.

    Medio Oriente
    Resta alta la tensione nei Territori tra Israele e la Striscia di Gaza. Almeno sette razzi sono stati sparati oggi da Gaza in direzione di insediamenti ebraici nel Neghev occidentale. Ancora non è noto se vi siano vittime o danni. I missili sono nei campi del consiglio regionale Eshkol e la popolazione resta nei rifugi, nel timore di nuovi bombardamenti. Intanto, continua la chiusura dei valichi di transito con Israele. Tuttavia, secondo fonti militari israeliane, 30 camion con generi di prima necessità sono entrati stamani nella Striscia. Ieri, diversi esponenti del governo dello Stato ebraico hanno lanciato dure accuse contro Hamas per aver violato, venerdì scorso, la tregua siglata a giugno tra le due parti.

    Cina
    Trentaquattro minatori sono rimasti intrappolati, a causa di un allagamento, all'interno di una miniera di carbone situata nella provincia di Henan, nella Cina centrale. Secondo fonti giornalistiche locali sono in tutto 42 le persone che lavoravano nell’impianto di estrazione: otto di loro, precisa l'agenzia, sono state tratte in salvo e riportate in superficie.

    Filippine
    Ancora un omicidio di un giornalista nel Mindanao, la turbolenta zona meridionale delle Filippine. E’ il quarto dall’inizio dell’anno e il 59.mo dall’inizio del 2001. La vittima è Areteo Padrigao, giornalista radiofonico, ucciso a colpi d’arma da fuoco. Per la polizia tuttavia non è al momento possibile collegare l'omicidio con il lavoro giornalistico della vittima. Varie organizzazioni internazionali, compreso il Comitato per la protezione dei giornalisti con sede a New York, continuano a considerare il Paese asiatico tra i più pericolosi al mondo per chi svolge attività giornalistica.

    Indonesia: terremoto
    Almeno due persone sono rimaste uccise ed altre 40 ferite in seguito alla scossa sismica di magnitudo 7,7 gradi della scala Richter che ha colpito l'isola indonesiana di Sulawesi. L'epicentro della scossa è stato localizzato circa 138 chilometri al largo della città di Gorontalo ad una profondità di dieci chilometri. Dopo una seconda scossa, il centro di allerta per gli tsunami del Pacifico, con base alle Hawaii, ha lanciato l'allarme per una zona di 1.000 chilometri intorno all'epicentro e molti abitanti delle regioni costiere si sono immediatamente spostati nell'entroterra e su terreni più alti. Lo stato di allerta è stato fortunatamente revocato in tempi brevi, ma sulla terraferma si hanno notizie di edifici crollati. Le informazioni, rivelano le autorità indonesiane, sono ancora frammentarie e si teme che il bilancio delle vittime e dei danni possa essere ben peggiore.

    Lampedusa: sbarchi immigrati
    Un barcone con oltre 160 persone, tra cui 17 minori e 4 donne, è giunto ieri pomeriggio nel porto dell’isola di Lampedusa. Dopo essere stati raggiunti dalle forze dell’ordine mentre cercavano di scappare, gli immigrati sono stati condotti nel centro di prima accoglienza di Lampedusa, dove attualmente si trovano 1.200 migranti. Secondo gli investigatori, però, all'appello mancherebbero altri extracomunitari, riusciti a far perdere le proprie tracce sull'isola subito dopo lo sbarco. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 322

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