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Sommario del 14/11/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienze
  • Telegramma di cordoglio di Benedetto XVI per la scomparsa del vescovo emerito di Como, Alessandro Maggiolini
  • All’indomani della sentenza su Eluana Englaro, la riflessione di mons. Fisichella, del prof. D’Agostino e del dottor Sanna
  • Alla Conferenza in Vaticano sui bambini malati, interventi di segno multireligioso sulla intangibile dignità della vita umana
  • Capi di Stato e di governo hanno ribadito il diritto alla libertà religiosa durante la Conferenza sul dialogo interreligioso all'ONU di New York
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Attesa a Washington per il G21 dedicato al confronto sulla crisi finanziaria globale. L'opinione dell'economista Mario Deaglio
  • Le iniziative internazionali per la Giornata mondiale del diabete. Stasera, le statue dei Santi Pietro e Paolo in Piazza S. Pietro illuminate di blu
  • La città cipriota di Nicosia da domani teatro del 22.mo Incontro "Uomini e religioni", promosso dalla Comunità di Sant'Egidio
  • Al termine dell'incontro di Budapest, l'invito a cattolici e ad ebrei a diventare segni di speranza per il mondo
  • Chiesa e Società

  • Crisi finanziaria e appello per i cristiani iracheni nel documento finale della COMECE
  • I vescovi congolesi denunciano il “genocidio silenzioso” in Nord Kivu
  • Italia: costituito un comitato di emergenza per il dramma del Kivu
  • Nuovo appello dei vescovi statunitensi in difesa della vita
  • Uruguay: il presidente pone il veto alla parte di una legge che intendeva depenalizzare l’aborto
  • L’impegno del laicato nel documento conclusivo della plenaria dei vescovi del Messico
  • Giornata di preghiera per la vita e la pace in Venezuela
  • Le violenze anticristiane in India al centro del lavoro di una Commissione per i diritti umani
  • Indonesia: i leader delle Chiese cristiane invitano a un voto responsabile per le elezioni 2009
  • Iraq: gli USA riconsegnano la Facoltà teologica del Babel College alla Chiesa caldea
  • Le ragioni del dialogo interreligioso in un documento della Conferenza episcopale francese
  • Zambia: preoccupazione dei vescovi per l'esito delle recenti presidenziali
  • La crisi finanziaria globale in Africa al centro di un vertice a Tunisi
  • Denunciato l’ex presidente di San Salvador per l’omicidio di sei Gesuiti nel 1989
  • Allarme ad Haiti per un nuovo crollo di una scuola nella capitale
  • Australia: l’aiuto delle religiose alle vittime della violenza domestica
  • Le comunità ecclesiali di base nelle Filippine per risolvere il problema della povertà
  • La Chiesa di Singapore sostiene l'inserimento degli immigrati
  • Sud Corea: domenica prossima si celebra la "Giornata del laicato"
  • Taiwan: la posa della prima pietra del Centro di spiritualità a Miao Li
  • Non è eutanasia il caso di un adolescente inglese che ha rifiutato il trapianto di cuore
  • Attualità e prospettive della Costituzione repubblicana in un convegno della Pastorale universitaria
  • 24 Ore nel Mondo

  • Crisi economica: Eurolandia entra in recessione tecnica
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienze

    ◊   Mattinata di udienze private per Benedetto XVI, che ha ricevuto il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, quindi il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei popoli, e infine l’arcivescovo George Panikulam, nunzio apostolico in Etiopia e delegato apostolico in Somalia.

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    Telegramma di cordoglio di Benedetto XVI per la scomparsa del vescovo emerito di Como, Alessandro Maggiolini

    ◊   “Zelante sacerdote”, “valido docente” e “sollecito pastore”: così il Papa ha ricordato in un telegramma di cordoglio, a firma del cardinale segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone, mons. Alessandro Maggiolini, vescovo emerito di Como, scomparso martedì sera all’età di 77 anni dopo una lunga malattia. Benedetto XVI, in occasione dei funerali svoltisi ieri sera nel Duomo della città lariana, ha ricordato “il fervido impegno” del presule nella redazione del catechismo della Chiesa e il suo “generoso ministero” all’interno della comunità diocesana, assicurando per lui e i fedeli “fervide preghiere di suffragio”.

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    All’indomani della sentenza su Eluana Englaro, la riflessione di mons. Fisichella, del prof. D’Agostino e del dottor Sanna

    ◊   In Italia, acceso dibattito nell’opinione pubblica e nel mondo della politica all’indomani della sentenza della Corte di Cassazione che ha dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione, il ricorso della Procura generale di Milano sulla vicenda di Eluana Englaro, autorizzando così la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione della donna in stato vegetativo da quasi 17 anni. In una nota, la presidenza della Conferenza episcopale italiana, pur partecipando “con delicato rispetto e profonda compassione” alla dolorosa vicenda, richiama “alla loro responsabilità morale quanti si stanno adoperando per porre termine alla sua esistenza”. “La convinzione che l’alimentazione e l’idratazione non costituiscano una forma di accanimento terapeutico - prosegue la nota - è stata più volte, anche di recente, resa manifesta dalla Chiesa e non può che essere riaffermata anche in questo tragico momento”. In tale contesto, concludono i vescovi italiani, “si fa più urgente riflettere sulla convenienza di una legge sulla fine della vita, dai contenuti inequivocabili nella salvaguardia della vita stessa”. Sulla gravità della sentenza della Cassazione e sulla necessità di difendere la vita contro le derive eutanasiche, si sofferma il presidente della Pontificia Accademia per la Vita e rettore della Lateranense, mons. Rino Fisichella, intervistato da Francesca Sabatinelli:

    R. - E’ una decisione questa molto grave, sotto tutti i profili. Per quanto mi concerne, è gravissima dal punto di vista etico e dal punto di vista morale. Forse potranno trovare delle giustificazioni nei cavilli procedurali e nelle interpretazioni del linguaggio. Nella sostanza, però, rimane un fatto del tutto grave, un fatto del tutto estraneo alla cultura del popolo italiano e un fatto di una gravità assoluta per quanto riguarda un attentato alla vita. Ciò cui saremo costretti ad assistere è che, ancora una volta, ad una vita umana, ad una vita personale, ad una ragazza di 37 anni - come fu nel passato per Terry Schiavo, negli Stati Uniti, così oggi in Italia - verrà tolto il nutrimento e verrà tolta l’idratazione, cioè ad una persona viva, non attaccata a nessuna macchina, ad una persona che respira autonomamente, ad una ragazza che si sveglia e si addormenta, ad una ragazza che percepisce anche. Perché questo è ugualmente da ribadire: lei percepisce delle sensazioni. Le verrà tolta l’acqua e le verrà tolto il nutrimento, condannandola certamente ad una morte di grave sofferenza e di stenti.

     
    D. - Eccellenza, secondo lei, con questa sentenza c’è il rischio, così come è stato ipotizzato da alcuni, che si possa introdurre l’eutanasia in Italia?

     
    R. - Io sono ancora più profondamente convinto che il popolo italiano, verificando il dramma che si sta per compiere sotto ai suoi occhi - perché rimango fermamente convinto che la maggioranza degli italiani non condivide questa posizione nel momento in cui è informato di come avvengono veramente le cose e di quale posta in gioco realmente ci sia - credo sarà convinto ancora di più ad arrivare a formulare una legge, mi auguro il più possibile condivisa, proprio perché venga evitato il più possibile qualsiasi esperienza e qualsiasi forma di eutanasia passiva o attiva nel nostro Paese.

     
    D. - Accanto ad Eluana ci sarà - lo ha già detto, come sempre è stato in questo periodo - il papà Beppino, che ha dichiarato subito dopo la sentenza che in Italia si vive in uno Stato di diritto...

     
    R. - Sì, io ho sempre avuto profondo rispetto per la situazione familiare, per il dolore familiare, così come ho rispetto però per più di duemila persone che vivono la stessa condizione e che non giungono alle stesse conclusioni. Mi sembra però che invocare il diritto lasci aperto un grande vuoto che è quello di richiamare anche ad una dimensione della compassione e dell’amore. In uno Stato di diritto le assicuro che c’è un principio fondamentale che dice “Summum ius, summa iniuria”. Io credo che questo parli già da sé. Se gli antichi romani avevano stabilito questo principio, pensi se non sia ancora valido oggi.

    “Giuridicamente devastante”: così, l’Unione giuristi cattolici italiani (UGCI) definisce “la sentenza della Cassazione che ha posto fine al caso Englaro”. Secondo i giuristi cattolici, infatti, la Cassazione ha introdotto “di fatto nel nostro ordinamento l'eutanasia passiva”, inducendo l'opinione pubblica “a ritenere che una vita malata possa perdere di dignità”. Un atto, questo, che va contro l’ordinamento costituzionale italiano. E' quanto sottolinea il presidente dei giuristi cattolici italiani, il prof. Francesco D’Agostino, intervistato da Luca Collodi:

    R. - Nella pronuncia di ieri, la Cassazione ha riconosciuto un diritto di rango costituzionale all’autodeterminazione dei pazienti, anche nei confronti di scelte di fine vita. La Costituzione non parla di un diritto di questo genere: si limita ad affermare che ogni persona ha diritto a rifiutare terapie coercitive. Ma forme di autodeterminazione che si trasformino obiettivamente in pratiche di eutanasia passiva, come quella che aspetta la povera Eluana, sono sconosciute al nostro testo costituzionale. Se la Cassazione avesse adottato un’interpretazione saggia e prudente del nostro ordinamento giuridico, e avesse preso seriamente in conto i principi della deontologia medica, non ci sarebbe stato alcun bisogno di una legge. Ma dato che la Cassazione ha scelto invece una interpretazione indebitamente estensiva, che di fatto introduce l’eutanasia nel nostro ordinamento, a questo punto ritengo che sarebbe sommamente auspicabile che il parlamento intervenisse per ribadire principi tradizionali che oggi, evidentemente, sono andati perduti.

     
    D. - Professore D’Agostino, non pensa che queste sentenze possano aprire anche un fronte culturale su tematiche come quella del rapporto tra etica e giustizia?

     
    R. - Guardi, aprono un fronte culturale estremamente delicato. La vita di Eluana, essendo in stato vegetativo persistente, avrebbe perso dignità. Questa affermazione è gravissima e, a mio avviso, è un vero e proprio insulto nei confronti di tutti quei malati che si trovano nella situazione di Eluana e dei medici e dei parenti che li accudiscono. Bisogna ribadire con forza l’esatto contrario: la dignità umana non solo è inviolabile ma è imperdibile, nessuna situazione può farci pensare che la dignità umana sia venuta meno, meno che mai quando parliamo di malati. Ecco perché, avere giustificato la sospensione delle cure di Eluana, apre una breccia, di tipo culturale ed etico, a mio avviso, devastante. E sulla dignità della persona morente, ecco la testimonianza del dottor Giovanni Maria Sanna, responsabile del Centro "Santa Maria Assunta" di Guspini - vicino Oristano, in Sardegna - che da anni cura malati in stato di coma e affetti da gravi cerebrolesioni. L’intervista è di Alessandro Gisotti:

    R. - Non ci possiamo fermare ad un aspetto semplicemente esteriore della persona. E’ una persona viva, che mi trasmette comunque un’emozione, e io sono sicuro che ci sia un passaggio, diciamo, di emozione reciproca.

     
    D. - Per chi non ha fede, ovviamente, la questione diventa più complicata. Cosa si sente di dire lei, in base alla sua esperienza?

     
    R. - Io lavoro con gente che non ha fede, con colleghi, con famiglie che non hanno fede. Posso dire semplicemente questo: anche loro combattono la stessa battaglia e, pur con differente sensibilità, vivono la stessa esperienza. Quello che mi colpisce, soprattutto nella mia esperienza ultradecennale, è che mai ho avuto richieste di interrompere una terapia, per non parlare poi della somministrazione di cibo, perché tutto ruota sempre intorno alla situazione della persona: se lasciata sola, sono sicuro che la disperazione può portarla a richieste eccessive; se invece la società la accompagna fino alla fine, non sente il bisogno di chiedere l’interruzione della vita. Questa è la mia esperienza.

     
    D. - La solitudine del malato e di chi gli è vicino: il problema è proprio questo?

     
    R. - Sì, il problema è proprio questo. Noi non stiamo parlando soltanto del malato, noi stiamo parlando della persona sofferente. E nella mia esperienza, la persona sofferente fa vedere un aspetto trinitario della persona che vive in società, che è l’ammalato, la famiglia stessa e gli amici. Questi soffrono e, se non sono lasciati soli, trovano in loro la forza di portare avanti la croce che gli si è presentata, la sofferenza.

     
    D. - La vicenda di Eluana Englaro, ovviamente oggi sulle prime pagine di tutti i giornali, è innanzitutto una storia di dolore: di Eluana, del padre... Che cosa pensa di fronte ad una realtà come questa?

     
    R. - Alla società dico di stare molto attenta a quello che introduce dentro se stessa, perché può farsi molto male, prendendo decisioni che non spettano neanche alla legge. Per quanto riguarda il padre - quando mi capita personalmente di stare vicino a queste persone sofferenti, non posso assolutamente dir niente - lo inviterei comunque ad interrogarsi proprio in virtù di questa esperienza e a cercare la verità. E’ importante che quest’uomo che ha sofferto tanti anni venga aiutato a trovare la verità.

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    Alla Conferenza in Vaticano sui bambini malati, interventi di segno multireligioso sulla intangibile dignità della vita umana

    ◊   “Il primato della persona del bambino malato trova una crescente difficoltà di riconoscimento” anche "all'interno delle stesse strutture sanitarie”, come ad esempio in Olanda dove, in base al Protocollo di Groninghen, “medici e genitori possono decidere di rinunciare o sospendere le cure” se ritengono che la futura “qualità della vita” del bambino sia minacciata. E’ la denuncia che mons. Ignacio Carrasco de Paula, cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita, ha levato alla seconda giornata della Conferenza internazionale in corso in Vaticano su "La pastorale nella cura dei bambini malati". Alla conferenza - che oggi ha visto prendere la parola, fra gli altri, al cardinale Dario Castrillon Hoyos, presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, e ad alcuni esponenti di altre religioni - interverrà nel pomeriggio di oggi lo psicologo e psicoterapeuta Vito Ferri, esperto dei rapporti tra i bambini malati e le loro famiglie. Eliana Astorri lo ha intervistato su questo delicato aspetto:
     
    R. - Accade un terremoto esistenziale, che si abbatte su un gruppo familiare. Anche qui ci sarebbe molto da dire, perché parliamo di famiglia, ma la condizione stessa della famiglia oggi è una condizione di fragilità. Quindi, è un terremoto che si abbatte su una struttura che già di per sé o è pericolante o comunque scricchiola, non è mai solida e stabile. Dunque, il bambino già di per sé è fragile e la famiglia è pure in una condizione di fragilità, anche perchè è un’istituzione sulla quale non si investe - se ne sta parlando da molto tempo - e ciò è dovuto al fatto che si tende a lasciare la famiglia a se stessa, abbandonata. L’abbandono è rischioso: o la famiglia o l’individuo - quando è abbandonato, quando è solo - è in una condizione di estremo rischio. Immaginiamo quando poi è colpito dalla malattia: questo non è più un rischio, ma diventa un pericolo, diventa sofferenza, diventa una sofferenza particolare in queste famiglie, che è quella della desolazione.

     
    D. - E quindi, in questo contesto di famiglia fragile, che patisce una sorta di abbandono, quando arriva un bambino malato, oppure quando il bambino sano si ammala...

     
    R. - Sì, la famiglia è smarrita. Si sente impotente, vive anche un’esperienza di rabbia. E magari il bambino è figlio unico, oggi c’è anche questo dramma.

     
    D. - Un genitore si chiede: “Perché proprio a me”?

     
    R. - “Perché proprio a me”: ecco la rabbia. Alcune volte se la prende con il Signore: “Perchè non mi fai un miracolo?”, “Perché mio figlio non guarisce?” Purtroppo, molte famiglie rimangono in questa condizione, che è una condizione di desolazione, se non ricevono aiuto dalle istituzioni, se non ricevono aiuto sociale, se non ricevono aiuto da altre famiglie o altre persone. Questa è una malattia che si aggiunge alla patologia del bambino. Il bambino è colpito da patologia, vive una condizione di malattia, ma è la famiglia che si ammala, cioè vive un disagio profondo.

     
    D. - Dunque, quando la condizione di malattia di un bambino si verifica in una famiglia la prima reazione è questa consapevolezza di impotenza. Poi che cosa succede? Cosa fa scattare la reattività, cosa trasforma questa tragedia in un qualcosa di proiettato verso il futuro?

     
    R. - Finché noi guardiamo dall’esterno queste famiglie, rischiamo di esserne spaventati: c’è paura e disagio nel confrontarsi con queste famiglie. Se ci si limita solo ad uno sguardo di superficie, vediamo situazioni disarmanti, di desolazione continua. Se invece seguiamo queste famiglie nel loro evolversi - perché una famiglia si evolve, cresce dove c’è un bambino con una malattia cronica - ci accorgiamo che molte di queste famiglie, non tutte purtroppo, iniziano ad accedere ad una nuova condizione. Pur permanendo lo stress, la fatica, il disagio, iniziano a guardare il bambino con un occhio nuovo: vedono un essere vivente che ha una sua ragione di esistere, dal quale provengono anzi tanti doni. Queste famiglie sanno identificare cosa è veramente importante nella vita e ne vengono arricchite. E sono tutti doni che provengono da quel figlio, da quel bambino malato. E’ chiaro che non sempre questo è possibile da soli: le famiglie hanno bisogno di altre famiglie. E saranno solo queste famiglie che potranno guardare poi con un occhio particolare le famiglie che stanno vivendo ancora la fase della desolazione e fare in modo che possano accelerare questo processo di sollievo.

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    Capi di Stato e di governo hanno ribadito il diritto alla libertà religiosa durante la Conferenza sul dialogo interreligioso all'ONU di New York

    ◊   Far avanzare il dialogo interreligioso e arginare le ideologie estremiste. Sono le priorità indicate durante l’incontro, conclusosi ieri nella sede dell’ONU a New York al quale hanno partecipato il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, e capi di Stato e di governo di oltre 70 Paesi. Aprendo la conferenza, promossa dall’Arabia Saudita ed incentrata sul tema “Cultura di pace”, il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha elogiato l’iniziativa: è un tentativo - ha detto - di costruire ponti tra culture e religioni in un’epoca in cui l’acuirsi delle differenze lascia sempre più spazio alle derive estremistiche. Da sottolineare, poi, che per la prima volta un presidente israeliano, Shimon Peres, si è rivolto direttamente ad un re saudita, Abdullah, per lodarne gli sforzi in favore della pace in Medio Oriente. “Terrorismo e criminalità - ha affermato il sovrano dell’Arabia Saudita - sono i nemici di ogni religione”. E l’ex premier francese, Alain Juppé, ha poi affermato che il diritto alla libertà religiosa deve essere riconosciuto in tutti i suoi aspetti.

    Intervenendo su questo stesso tema, il presidente statunitense, George W. Bush, ha dichiarato che “ogni persona ha il diritto di scegliere o cambiare la propria religione e il diritto di praticarla in privato o in pubblico”. Sono anche state espresse preoccupazioni e speranze. Il capo di Stato libanese, Suleiman, ha sottolineato “l’inquietudine suscitata da fenomeni di violenza confessionale”. Il presidente filippino, la signora Arroyo, ha ricordato l’esempio della risoluzione congiunta Pakistan-Indonesia-Filippine per la promozione del dialogo interreligioso e interculturale. La vera forza del dialogo - è stato infine più volte ribadito durante la Conferenza - è quella di diventare uno strumento capace di promuovere la stabilità internazionale. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per un esame di coscienza: in prima pagina, un commento di Lucetta Scaraffia sulla sentenza per Eluana Englaro.

    Intervento della Santa Sede - alla 63 Assemblea generale dell'Onu - sulla crisi finanziaria globale.

    Venti di disgelo tra Unione Europea e Russia: in rilievo, nell'informazione internazionale, il vertice di Nizza. Sarkozy convince Medvedev a fermare il dispiegameto dei missili a Kaliningrad.

    In cultura, un testo inedito del medico e scrittore di Salonicco Saul Israel dal titolo "Evocazione": la persecuzione nazista e i ricordi struggenti di un intellettuale ebreo che durante l'occupazione di Roma trovò rifugio nel convento di San Francesco in via Merulana.

    Bruno Fabio Pighin ricorda, a cinquant'anni dalla morte, il cardinale Celso Costantini.

    Giuseppe Buffon sulla Bibbia in cinese di frate Gabriel Maria Allegra.

    Nell'informazione religiosa, un articolo di Maurizio Malvestiti sulla visita - dal 5 all'11 novembre - del cardinale Leonardo Sandri in India.

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    Oggi in Primo Piano



    Attesa a Washington per il G21 dedicato al confronto sulla crisi finanziaria globale. L'opinione dell'economista Mario Deaglio

    ◊   Al via questa sera a Washington il vertice G21 convocato dagli Stati Uniti per rispondere alla crisi finanziaria globale e gettare le basi di riforme mirate ad impedire che una situazione di questo tipo si possa ripetere in futuro. Ma quali sono i risultati concreti che ci possiamo attendere? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Mario Deaglio, docente di Economia internazionale presso l’Università di Torino:

    R. - In realtà, possiamo attenderci molto poco, per motivi oggettivi e soggettivi. Oggettivi, perché la situazione è tale per cui, concretamente, dall’oggi al domani non si può fare molto. Soggettivi, perché l’interlocutore principale, cioè il governo degli Stati Uniti, è praticamente assente e a rappresentarlo c’è un’amministrazione che non sarà più in carica tra due mesi.

     
    D. - Il presidente della Commissione Europea, Barroso, alla vigilia della sua partenza per Washington, ha chiesto che l’Europa resti unita, almeno in questa occasione. Cosa accadrà, secondo lei?

     
    R. - Il pericolo per l’Europa è la differenza di vedute che cova da parecchio tempo, che non è espressa in forma clamorosa, ma è abbastanza profonda tra Francia e Germania. Si vede una Germania timorosa, che ha ostacolato lo sforzo francese di costruire un fondo comune europeo per interventi sulla crisi e ha invece preferito curare le proprie ferite da sola.

     
    D. - Il vertice di Washington vedrà seduti allo stesso tavolo i leader dei Paesi del mondo, che producono tutti insieme oltre il 90 per cento dell’economia mondiale. Manca però un attore importante: il Terzo mondo...

     
    R. - Dal punto di vista strettamente economico, con un po’ di cinismo bisogna dire che il Terzo mondo, che umanamente è molto importante dal punto di vista economico, conta molto poco, nel senso che non ha mezzi finanziari a propria disposizione, in quantità rilevante e, quindi, figura soprattutto come problema da risolvere, ma non come attore che può risolvere questi problemi.

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    Le iniziative internazionali per la Giornata mondiale del diabete. Stasera, le statue dei Santi Pietro e Paolo in Piazza S. Pietro illuminate di blu

    ◊   “Esercitiamoci a sconfiggere il diabete”. Si intitola così la Giornata mondiale del diabete che si celebra oggi per volontà delle Nazioni Unite. Sono 160 i Paesi coinvolti dalle iniziative di sensibilizzazione nei riguardi di una patologia che si prevede possa colpire entro il 2025 oltre 380 milioni di persone. Secondo le stime ONU, ogni giorno circa 200 bambini sviluppano il diabete di tipo 1, mentre mezzo milione sono quelli che ne sono affetti. In Italia, in segno di adesione, molti monumenti verranno illuminati di blu e lo stesso avverrà in Vaticano dove stasera ad essere illuminate saranno le due grandi statue di San Pietro e San Paolo in Piazza San Pietro. Eliana Astorri ha sentito il prof. Giovanni Ghirlanda, responsabile del Servizio di diabetologia del Policlinico Gemelli di Roma:

    R. - Il diabete è una malattia per cui il glucosio nel sangue aumenta in maniera evidente. La causa di questo aumento della glicemia è la riduzione dell’attività dell’insulina. L’insulina è un ormone prodotto dalle cellule "beta" del pancreas che permette al glucosio di entrare all’interno delle cellule: si tratta di una tappa molto importante perché il glucosio è un po’ la “benzina” del nostro organismo, senza glucosio noi non possiamo vivere. Nel diabete, dicevo, questa attività insulinica è carente per cui il glucosio non entra nelle cellule, rimane in circolo ed aumenta la sua concentrazione.

     
    D. - E questi tipi?

     
    R. - Abbiamo il cosiddetto “tipo uno” che è il vecchio diabete giovanile. E’ un diabete che colpisce prevalentemente, ma non solo, i bambini e gli adolescenti, ed è caratterizzato da una riduzione assoluta ed una mancanza assoluta di insulina. I pazienti con questa malattia sono completamente privi di insulina e hanno bisogno, per vivere, di fare costantemente, ogni giorno, una terapia insulinica. C’è poi l’altra forma di diabete, il diabete cosiddetto di “tipo due” o “dell’adulto”: in questa forma, invece, c’è una situazione un po’ più complessa: da un lato, il pancreas che produce l’insulina in maniera non perfetta e, dall'altro, una situazione cosiddetta di insulino-resistenza, con l’organismo che non riesce a sfruttare bene l’insulina da lui stesso prodotta. Una delle cause principali di questa ridotta attività dell’insulina nel diabete di “tipo due”, è l’obesità e noi sappiamo che obesità e diabete di “tipo due” vanno parallelamente. Nei Paesi dove c’è questo enorme aumento di diabete, c’è stato anche un aumento dell’obesità. Un’altra situazione molto spesso presente nella nostra società, è la mancanza di attività fisica: quando noi facciamo attività fisica, bruciamo lo zucchero senza bisogno di insulina, quindi diamo una mano al pancreas bruciando glucosio senza consumare insulina. La sedentarietà, quindi, da un lato non ha questo aspetto positivo di bruciare glucosio senza insulina e dall’altro favorisce l’aumento di peso. Quindi è un circolo vizioso per cui il paziente ingrassa, aumentare sempre di più il rischio di diventare diabetico.

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    La città cipriota di Nicosia da domani teatro del 22.mo Incontro "Uomini e religioni", promosso dalla Comunità di Sant'Egidio

    ◊   E’ vigilia, sull’Isola di Cipro, della 22.ma edizione dell’incontro “Uomini e religioni” promosso dalla Comunità di Sant’Egidio: un appuntamento annuale che unisce persone di culture e fedi diverse nel segno del dialogo e della pace. Marco Impagliazzo, presidente di Sant’Egidio, spiega il perché della scelta di Cipro al microfono della nostra inviata a Nicosia, Francesca Sabatinelli:

    R. - Cipro è sede di una grande Chiesa ortodossa che ha visto, sulla sua terra, gli Apostoli Paolo e Barnaba e dunque essere a Cipro nell'Anno paolino ha un profondo significato per ricordare l’antica evangelizzazione di questa terra e per rispetto di questa grande Chiesa ortodossa che ci ha invitato. Dunque, un segno di ecumenismo molto concreto. Ma Cipro poi è nel cuore del Mediterraneo, che è il luogo dove si combatte la più antica guerra dell’epoca contemporanea e noi spereremmo di poter dare un messaggio di pace proprio là dove è scoppiata la guerra più antica.

     
    D. - Avete annunciato che, in qualche modo, Sant’Egidio lavorerà anche per la ricostruzione dei luoghi sacri, in stato di abbandono sia nella parte turca che in quella cipriota. Concretamente, cosa intendete fare?

     
    R. - Questo è un progetto che sta prendendo le primissime mosse. Noi dobbiamo verificare se sarà possibile, se le due parti accetteranno, la parte greco-cipriota e la parte turco-cipriota. E’ un nostro auspicio, non c’è ancora nulla di concreto, anche perché il processo di pace sta muovendo finalmente i suoi primissimi passi e dobbiamo stare attenti a non interferire con un processo di pace che è molto delicato. Quindi il nostro è soprattutto uno auspicio.

     
    D. - Così come pure è un auspicio anche quello di portare qualche tavola rotonda del convegno nella parte turca?

     
    R. - Sì, sono auspici che noi stiamo verificando ma, in ogni caso, quello a cui noi teniamo di più - al di là del nostro meeting, evidentemente - è che il processo di pace vada avanti. Quindi, già la nostra presenza qui ha un significato: di essere pellegrini di pace in un luogo non ancora riconciliato. Se poi la nostra presenza può significare dei passi ulteriori, ne saremmo felici.

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    Al termine dell'incontro di Budapest, l'invito a cattolici e ad ebrei a diventare segni di speranza per il mondo

    ◊   “Il dialogo ebraico cattolico può diventare un segno di speranza e di ispirazione”. E’ quanto si sottolinea nella dichiarazione diffusa ieri al termine del 20.mo incontro del Comitato internazionale di collegamento cattolico-ebraico, runitosi dal 9 al 12 novembre a Budapest. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    “Negli ultimi decenni - si legge nel testo del documento finale - il dialogo ebraico-cattolico è stato caratterizzato da una crescente amicizia e comprensione reciproca”, che hanno permesso di costruire un clima di fiducia. Nella dichiarazione si condannano anche le violenze a sfondo religioso e si prende atto, in particolare, degli attacchi contro i cristiani in India e in Iraq e degli episodi di antisemitismo in Europa e nel Medio Oriente. Si ribadisce anche l’importanza di garantire la libertà religiosa sia agli individui sia alle comunità e di rispondere all’ateismo. Cattolici ed ebrei - si legge nel testo - hanno un obbligo etico di dimostrare la responsabilità religiosa per la società e di educare le future generazioni ai valori religiosi. Questo compito è ritenuto particolarmente importante nel momento attuale di fronte all’emergere di espressioni di xenofobia, razzismo e antisemitismo in alcune parti dell’Europa centrale ed orientale. Nella dichiarazione finale si fa riferimento infine anche alla crisi finanziaria mondiale: si chiede di non attribuire la responsabilità “a nessun particolare gruppo religioso, economico, sociale, etnico e nazionale”.

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    Chiesa e Società



    Crisi finanziaria e appello per i cristiani iracheni nel documento finale della COMECE

    ◊   Uno stile di vita fondato sulla moderazione come risposta valoriale alla crisi finanziaria. E‘ la proposta che i vescovi della Comece (Commissione dei vescovi delle Conferenze episcopali della Comunità europea) propongono in un comunicato stampa diffuso oggi al termine della loro Assemblea plenaria autunnale che si è tenuta a Bruxelles. I vescovi – si legge nel comunicato ripreso dall'agenzia Sir – hanno constatato “con rammarico” che “la crisi finanziaria ha manifestato una più profonda crisi spirituale e un errato sistema di valori” che sono sempre più assoggettati alla logica del profitto. Per questo, le Chiese europee invitano alla “moderazione”, ”virtù centrale” – dicono – che costituisce “il cuore per questo cambiamento di stile di vita”. I vescovi della Comunità europea hanno anche lanciano un appello ai deputati del Parlamento Europeo affinché assumano “le loro responsabilità” ed includano “la protezione della Domenica nella direttiva sull'orario di lavoro che sarà presentato al voto del Parlamento europeo entro la metà del Dicembre”. Nel comunicato, la Comece afferma che “il rispetto per la Domenica di riposo” rappresenta “uno dei fondamenti del modello sociale europeo” e “un modo per bilanciare lavoro e vita familiare”. Infine i presuli chiedono che l’Unione europea riconosca “il ruolo centrale del cristianesimo nella tradizione e nella storia dell’Iraq e sollevi continuamente, nei suoi contatti e nelle discussioni con il governo iracheno, la questione della tutela della comunità cristiana, oggi minacciata di estinzione, e delle minoranze religiose in Iraq”. I vescovi constatano “con rammarico che l'Unione europea, nelle sue relazioni con i paesi terzi, compie ancora insufficienti sforzi nell’affrontare con determinazione il problema della violazione della libertà religiosa delle minoranze in altre parti del mondo”. Nel comunicato si rende anche noto che i vescovi hanno incaricato il Segretariato della Comece di costituire un gruppo di esperti con il compito di “prendere in considerazione il principio di reciprocità in materia di libertà religiosa”. (R.P.)

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    I vescovi congolesi denunciano il “genocidio silenzioso” in Nord Kivu

    ◊   Nel Kivu sta avvenendo un “genocidio silenzioso” nel “lassismo” della comunità internazionale: la denuncia viene dai vescovi della Repubblica Democratica del Congo, in una nota ripresa dall'agenzia Sir, diffusa durante la sessione straordinaria del Comitato permanente della Conferenza episcopale nazionale del Congo (Cenco). “Condanniamo con veemenza questa maniera ignobile di considerare la guerra come un mezzo per risolvere i problemi e accedere al potere – scrivono i presuli -. Denunciamo tutti i crimini commessi contro cittadini innocenti e disapproviamo nel modo più assoluto ogni aggressione del territorio nazionale. Biasimiamo il lassismo con cui la comunità internazionale tratta il problema dell’aggressione di cui è vittima il nostro Paese”. La situazione nel Kivu, affermano, “sta raggiungendo proporzioni insopportabili”, con una “crudeltà di eccezionale virulenza” contro le popolazioni locali. Tutto ciò “sotto gli occhi impassibili di coloro che hanno ricevuto il mandato di mantenere la pace e proteggere la popolazione civile. I nostri stessi governanti si dimostrano impotenti di fronte alla portata della situazione”. I vescovi chiedono “l’immediata cessazione delle ostilità e la garanzia delle condizioni di sicurezza per il ritorno degli sfollati alle loro terre”, “un aumento dell’aiuto umanitario”, mentre si appellano al governo e alla comunità internazionale per porre fine alle violenze. (B.C.)

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    Italia: costituito un comitato di emergenza per il dramma del Kivu

    ◊   Davanti al dramma nel Kivu congolese, istituti missionari, enti ed organizzazioni varie hanno dato vita ad un cosiddetto Comitato Intercongregazionale Emergenza Congo (CIEG). Il comitato si è costituito presso la sede romana dell’Unione Internazionale Superiore Generali (UISG) e dell’Unione Superiori Generali (USG), dove ha avuto luogo un incontro di un centinaio tra religiosi, rappresentanti di enti e di ONG presenti nella Repubblica Democratica del Congo. L’incontro è stato moderato da padre Rino Benzoni, Superiore Generale dei Saveriani. Il CIEG – secondo l’agenzia Misna – è incaricato di raccogliere e di centralizzare informazioni, appelli, notizie, iniziative e soprattutto di mettere a punto una “strategia unica e concordata” degli istituti missionari. Il Comitato, che si riunirà a partire dalla prossima settimana, dovrà nominare le commissioni incaricate di affrontare i molti aspetti attraverso i quali gli istituti missionari intendono aiutare la popolazione: pressione sui media, raccolta fondi, giornate di digiuno, manifestazioni e marce, un centro di raccolta documentazioni che favorisca un’informazione più corretta sul conflitto. Tra le prime iniziative concordate c’è quella di una lettera da inviare alle Conferenze episcopali di Congo e Rwanda e alle Conferenze degli Istituti religiosi maschili e femminili presenti nei due paesi. Allo studio anche una serie di documenti per richiamare alle proprie responsabilità - in questa come nelle crisi armate che da oltre 10 anni scuotono il Congo - gli Stati Uniti, l’Inghilterra, l’Unione Europea, le Nazioni Unite e le aziende di questi paesi che, come dimostrato da una serie di rapporti dell’Onu, alimentano i conflitti manovrando ‘pedine’ locali. Il CIEG dovrà occuparsi anche di cose più “concrete” e dei problemi più “imminenti” che la popolazione congolese sta affrontando, a cominciare dall’emergenza sfollati e dalla grave scarsità di cibo che si registra nella zona di Goma e che, secondo le testimonianze dirette giunte ai partecipanti della riunione in questi giorni, rischia di aggravare ancora di più una crisi umanitaria già fuori controllo. Tra le congregazioni missionarie che si sono unite al nucleo centrale del CIEG anche i dehoniani, le suore paoline, il “Jesuit refugee service” (Jrs), i comboniani, i saveriani, i Padri Bianchi, i barnabiti, i carmelitani, i salesiani e le Suore Maestre di Santa Dorotea. (A.M.)

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    Nuovo appello dei vescovi statunitensi in difesa della vita

    ◊   Un appello alla difesa della vita e la disponibilità a lavorare con il presidente eletto Obama “per il bene comune di tutti”. Sono i due punti cardine del documento, riportato dall'Osservatore romano, presentato ieri al termine dell’Assemblea plenaria dei vescovi statunitensi tenutasi a Baltimora. “Esprimiamo il desiderio di lavorare con tutti quelli che hanno a cuore il bene comune della nostra nazione”. E’ la speranza espressa dai vescovi statunitensi nei confronti della nuova amministrazione di Obama. I presuli precisano però che “il bene comune non è la somma totale degli interessi individuali ma si raggiunge lavorando insieme in una vita comune basata sul buon senso e sulla buona volontà di tutti”. Il bene fondamentale, aggiungono, “è la vita stessa, dono di Dio e dei nostri genitori”. “Un buono Stato – si legge nella dichiarazione finale del cardinale Francis Eugene George, presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti – protegge la vita di tutti”. Proprio sull’aborto si fa decisa la posizione dei vescovi che, rivolgendosi al presidente eletto Obama, parlano di un’unità del Paese “impossibile da raggiungere” se si incrementano i ricorsi “alle politiche aggressive, legislazioni e decreti pro-aborto”. “L’aborto – aggiungono – non uccide solo i bambini, distrugge l’ordine costituzionale e il bene comune, che è assicurato solo quando la vita di ogni essere umano è legalmente protetta”. Riferendosi alle elezioni, i vescovi – evidenziandone la portata storica - sottolineano che a pesare sul voto è stata “la preoccupazione degli americani per l’economia”, non si tratta dunque di “un referendum sull’aborto”. Infine la Conferenza episcopale statunitense ribadisce la propria opera a favore della “giustizia economica” e delle “pari opportunità per tutti”, per “modificare le leggi sull’immigrazione”, per un’assistenza adeguata soprattutto nei confronti di donne e bambini e nel “desiderio di salvaguardare la libertà religiosa”, "diffondendo pace entro e oltre – aggiungono - i nostri confini nazionali”. (A cura di Benedetta Capelli)

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    Uruguay: il presidente pone il veto alla parte di una legge che intendeva depenalizzare l’aborto

    ◊   Il Presidente dell’Uruguay, Tabaré Vázquez, medico di professione, ha firmato ieri, il veto ad una parte della Legge sulla salute sessuale e riproduttiva, in particolare quella relativa alla depenalizzazione dell’aborto, come lui stesso aveva promesso. Allo stesso tempo, anche il ministro della Salute Pubblica, María Julia Muñoz, ed il ministro dell’Interno, Héctor Lescano, hanno firmato il veto. Lo scorso 4 novembre, la Camera dei Deputati aveva approvato tra forti pressioni, per 49 voti contro 48, la discussa legge sulla salute sessuale e riproduttiva che depenalizza l’aborto in Uruguay. Dopo quella votazione si attendeva che il Presidente mantenesse la promessa più volte annunciata di vietare la norma. Il veto - riporta l'agenzia Fides - si applica ai capitoli II, III ed IV, lasciando intatto il capitolo I, riferito alla salute sessuale e riproduttiva. L’articolo 8 del capitolo II affermava che “nell’esercizio dei diritti sessuali e riproduttivi che la presente legge riconosce e protegge, ogni donna può decidere l’interruzione della sua gravidanza durante le prime dodici settimane di gravidanza”. Secondo l’articolo 9, l’interruzione volontaria della gravidanza sarebbe permessa nel caso in cui la donna, davanti al suo medico, adducesse circostanze come “la penuria economica, sociale, familiare”, situazioni che servono in pratica a realizzare aborti in qualunque circostanza. Il disegno di legge prevedeva soltanto che la donna firmasse un consenso previo informato. I vescovi del Paese avevano lanciato numerosi appelli affinché la legge non fosse approvata, l’ultimo dei quali lo scorso 7 novembre, durante la celebrazione della loro Assemblea plenaria, occasione nella quale hanno ribadito che “il valore della vita umana è un bene per ognuno e per la società, ed è al di sopra di tutti gli altri interessi”. Per questo “nessuna legge onesta può giustificare l’eliminazione di un essere indifeso che ha diritto alla vita ed a nascere”. (R.P.)

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    L’impegno del laicato nel documento conclusivo della plenaria dei vescovi del Messico

    ◊   “Viviamo un autentico cambiamento epocale e ciò comporta l’esistenza di crisi profonde nell’ambito della vita personale e sociale, ma al tempo stesso offre grandi opportunità per costruire il Regno di Dio”. È questo uno dei pensieri centrali dell’ampia dichiarazione con la quale i vescovi del Messico hanno concluso la loro 86.ma Assemblea plenaria che - come sottolineano nel documento - ha avuto una metodologia di lavoro inedita. Insieme ai prelati, infatti, hanno partecipato 118 laici, uomini e donne provenienti da 67 diocesi. Il motivo specifico di questa presenza è la preparazione del lancio della Missione continentale e dunque l’articolazione del ruolo e dei compiti del laicato in questa grande sfida. I vescovi messicani rilevano, infatti, la presenza nel Paese di un “gran numero di laici convinti di dover dare ragione e testimonianza pubblica della loro fede nei diversi campi in cui vivono e lavorano: famiglia, politica, imprenditoria, cultura e mass-media” e a volerlo fare soprattutto “nella difesa della vita”. Ricordando l’approvazione dell’aborto in assemblee legislative federali, i vescovi ribadiscono che sono decisioni “che distorcono il fondamento dell’autentico Stato di diritto e feriscono la dignità degli esseri umani più vulnerabili e indifesi”. Si tratta di una realtà ancora più preoccupante, rilevano i presuli messicani, se tutto ciò va unito “alla promozione attiva di una vita sessuale senza riferimenti morali oggettivi, associata al disprezzo per la famiglia costituita sul matrimonio”. Riflettendo sulla famiglia, i presuli parlano del dramma della povertà e, in particolare, affermano che “il Messico continua ad essere uno dei Paesi con la maggiore iniquità sociale perché le ricchezze sono sempre concentrate nelle mani di pochi. Al tempo stesso, oltre la metà della popolazione vive al di sotto della soglia minima consentita per lo sviluppo e la dignità”. “Questo nostro scenario fa sì che la missione dei laici abbia uno speciale significato perché, seguendo la propria vocazione, spetta a loro la trasformazione del mondo”; tale cambiamento, sottolineano i vescovi, passa attraverso “l’annuncio di Cristo in ogni ambiente, struttura e istituzione riconoscendo che il Vangelo è la nuova novella per tutti e per ciascuno”. La parte finale del documento episcopale approfondisce - come previsto dall’agenda della Plenaria - la situazione, la missione e i compiti del laico messicano di fronte alla grande sfida lanciata ad Aparecida: la Missione continentale che, di fatto, è cominciata ieri in tutto il Paese. Infine, l’Assemblea plenaria dei presuli ricorda ai laici alcuni campi prioritari della loro azione e concludendo l’esortazione citano la promozione e la difesa della vita intesa dal suo concepimento fino al suo termine naturale; la difesa della dignità e la vocazione della donna nella società e nella Chiesa; il rinforzo della famiglia e del matrimonio; la promozione di un sistema educativo capace di formare nella fede e nello sviluppo della personalità; la solidarietà e la cura speciale per i più poveri e la diffusione della dottrina sociale della Chiesa. I vescovi, nel volere trasmettere altri contenuti da inserire nell’annuncio evangelico della Missione continentale, terminano rilevando anche l’importanza della protezione e della promozione dei diritti umani, prima fra tutti del diritto alla libertà religiosa, che ritengono componenti essenziali “per la formazione di una nuova cittadinanza, più responsabile, partecipativa e impegnata attivamente nella ricerca e gestione del bene comune”. (A cura di Luis Badilla)

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    Giornata di preghiera per la vita e la pace in Venezuela

    ◊   “Elevare, uniti ai nostri fratelli, preghiere al Signore per la vita e per la pace in Venezuela, per la sospensione della violenza, degli assassini, dei sequestri e dell’insicurezza personale, per la concordia tra i venezuelani e per la soluzione pacifica, democratica dei problemi che attualmente affliggono la nostra cara Patria”. E’ quanto ha scritto – riporta l’agenzia Sir – il cardinale Jorge Urosa Savino, arcivescovo di Caracas, in una lettera inviata a tutte le parrocchie per celebrare al meglio domani e domenica la Giornata di preghiera per la vita e la pace. Un’iniziativa nata, ha scritto il porporato, dal “desiderio di molte persone” e “alla necessità di pregare uniti”.(B.C.)

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    Le violenze anticristiane in India al centro del lavoro di una Commissione per i diritti umani

    ◊   Andranno avanti fino al 18 novembre i lavori della Commissione nazionale per i diritti umani (NHRC)che ha avviato le indagini sulle violenze contro i cristiani in Orissa. Alcuni delegati – riporta Asianews - hanno effettuato un sopralluogo in diverse zone dove si sono verificati gli attacchi, hanno incontrato le vittime, i poliziotti dei vari distretti responsabili dell’ordine pubblico e gli amministratori locali. A distanza di due mesi, oltre 10mila persone vivono ancora nei campi profughi allestiti dal governo. Secondo le fonti ufficiali i morti sarebbero 38, ma per un rappresentate del governo  locale – che ha chiesto l’anonimato – sarebbero oltre 500 le vittime. Intanto non c’è conferma dell’avvenuto confronto tra suor Meena Barwa, la religiosa violentata da un fondamentalista indù, grazie anche alla connivenza di una parte delle forze dell’ordine. Mons. Raphel Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, ha riferito che la suora è ancora provata e sottoposta a cure mediche. (B.C.)

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    Indonesia: i leader delle Chiese cristiane invitano a un voto responsabile per le elezioni 2009

    ◊   In vista delle prossime elezioni politiche in Indonesia, previste nell’aprile 2009, i leader cristiani locali hanno diffuso una dichiarazione congiunta nella quale esortano tutti i fedeli a esercitare il loro diritto di voto con coscienza e responsabilità. La politica – si legge nel messaggio ripreso dall'agenzia Ucan – dovrebbe essere la manifestazione dell’amore di Dio che si rende visibile nello sforzo di ogni cittadino di promuovere il bene comune. Con questo spirito, la Chiesa sostiene un corretto svolgimento delle elezioni che si spera produrranno rappresentanti e dirigenti seriamente intenzionati lavorare con tutti per il bene comune”. I leader cristiani evidenziano quindi che i fedeli possono sostenere candidati e partiti diversi, ma che questo “non dovrebbe minare l’unità della comunità o della Chiesa, dal momento che la loro comunione non è basata su comuni scelte politiche, ma sulla fedeltà all’unico Dio”. Ciò premesso - precisano - un uomo di Chiesa che voglia svolgere il suo ministero in modo neutrale e obiettivo “non può dirigere o essere membro di un partito”. Nel testo viene anche espresso l’auspicio che l’esito del voto permetta di preservare i principi costituzionali della Pancasila su cui dal 1945 si basa la pacifica convivenza tra le diverse etnie e religioni in Indonesia: la fede in Dio, l’umanità giusta e civile, l’unità nazionale, la democrazia consensuale guidata dall’avvedutezza dei suoi rappresentanti e la giustizia sociale per tutti. La dichiarazione conclude con l’invito a tutti i cristiani a studiare con attenzione le procedure elettorali in modo che la loro partecipazione al voto permetta l’elezione di rappresentanti preparati e di leader carismatici sostenuti dal popolo. (L.Z.)

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    Iraq: gli USA riconsegnano la Facoltà teologica del Babel College alla Chiesa caldea

    ◊   Il 6 novembre scorso, la sede di Baghdad del Babel College, l’unica facoltà teologica cristiana in Iraq, è stata restituita alla chiesa caldea che ne è proprietaria, dall’esercito americano che la occupava dalla fine di marzo 2007. A riferire la notizia è il sito Baghdadhope che riporta le parole del rettore il vescovo caldeo mons. Jacques Isaac. “Gli americani hanno deciso di lasciare gli edifici ed hanno sottoscritto un accordo con la Chiesa caldea in base al quale si impegnano anche al restauro delle parti danneggiate ed a sostituire ciò che è stato distrutto: le attrezzature delle aule, ad esempio e la tipografia”. Nessun danno per biblioteca e cappella, quest’ultima “vista anche la presenza di un cappellano, è stata usata come luogo di culto”. Tuttavia per dirsi soddisfatta la Chiesa caldea attende che “i lavori vengano conclusi” spiega mons. Isaac. “Siamo ancora nelle prime fasi. Abbiamo dato all’esercito americano una lista dettagliata di tutto ciò che c’era negli edifici prima che diventassero una base operativa. In ogni caso ci vorranno dei mesi perché tutto sia rimesso a posto". Al momento a vigilare sulla sicurezza dell’immobile è l’esercito iracheno. Come è noto il Babel college, affiliato all’Università Urbaniana di Roma, a gennaio del 2007 fu trasferito per motivi di sicurezza ad Ankawa, nel nord, dove attualmente svolge le sue lezioni. (R.P.)

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    Le ragioni del dialogo interreligioso in un documento della Conferenza episcopale francese

    ◊   Un documento di otto pagine, frutto di due anni di lavoro all’interno del Consiglio per le relazioni interreligiose, è stato presentato nei giorni scorsi al termine dell’Assemblea plenaria dei vescovi francesi che si è svolta a Lourdes. Un dossier – si legge sull’Osservatore Romano – che “esplora fondamenti, obiettivi, frutti e condizionamenti del dialogo fra le religioni” e giunge alla conclusione che il cammino pur essendo “difficile e esigente” permette ai cristiani di “andare sempre più lontano per sondare la profondità del Mistero di Cristo”. Il documento, infatti, sottolinea che il dialogo è l’espressione dell’annuncio ovvero “l’ascolto e l’atteggiamento positivo di un cristiano che si impegna nel dialogo proclamando il piano di Dio per tutti gli uomini” e realizzando in pieno il dialogo con gli altri e Dio stesso. Il dialogo interreligioso implica “un modo di agire” e ancora di più “un modo di essere”. Ricordando la Dignitatis humanae di Paolo VI sulla libertà religiosa, il documento indica quattro condizioni per il dialogo: “conoscere meglio il punto di vista degli altri credenti”; rendere “il dialogo incarnato” ; “avere il coraggio di dire senza aggressività” infine una “giusta complementarietà fra l’ascolto e la parola”. “La sfida – sottolinea il dossier – è di mantenere in tensione feconda un’identità religiosa riconosciuta, una referenza comunitaria non particolarista e il riconoscimento dell’alterità nel quadro della laicità”. (B.C.)

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    Zambia: preoccupazione dei vescovi per l'esito delle recenti presidenziali

    ◊   Le recenti elezioni presidenziali, vinte di stretta misura da Rupiah Banda, “hanno mostrato la debolezza del sistema elettorale in Zambia”, lasciando il Paese più diviso di prima: è quanto affermano i vescovi zambiani in una dichiarazione diffusa a più di una settimana dalla tornata elettorale del 30 ottobre. “Oggi – scrivono i presuli - il Paese appare più polarizzato di quanto non lo fosse all’indomani dell’introduzione del multipartitismo nel 1991, una situazione che preoccupa e che non può andare avanti”. Pur apprezzando lo svolgimento pacifico del voto, i presuli sottolineano che “la scarsa affluenza alle urne – appena il 43% degli aventi diritto contro il 70% del 2006 – è il risultato della percezione di brogli e irregolarità. Di qui l’appello al nuovo governo a riformare radicalmente il sistema elettorale prima delle prossime elezioni nel 2011 e ad assicurare al Paese una nuova Costituzione entro il 2009. I vescovi hanno dato infine la loro disponibilità a mediare per riconciliare i leader politici nazionali. Il candidato perdente Michael Sata, sconfitto per pochi voti, non ha infatti riconosciuto la vittoria di Banda. Sempre dallo Zambia, è giunta ieri la notizia dell’arresto di un sacerdote direttore di una popolare emittente cattolica della diocesi di Ndola, accusato di avere diffuso notizie faziose sulle elezioni. Franck Bwalya, questo il suo nome, dirige “Radio Icengelo” (“Radio Luce”, nella lingua locale), molto ascoltata nella provincia di Kitwe Zambia per il suo impegno a favore di chi non ha voce. Le sue analisi sul voto del 30 ottobre gli hanno attirato in queste settimane gli attacchi di diversi esponenti del partito di maggioranza che lo hanno accusato di essere un membro del Fronte Patriottico, il principale partito di opposizione. (L.Z.)

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    La crisi finanziaria globale in Africa al centro di un vertice a Tunisi

    ◊   Sono numerosi gli impegni assunti dai governatori delle banche centrali e dai ministri delle Finanze dei Paesi africani, al termine di un vertice sulla crisi finanziaria mondiale e sulle sue ripercussione in Africa. Tra questi: una più attenta gestione dei proventi fiscali, il rilancio del processo di integrazione del Continente e la diversificazione delle economie nazionali così da ridurne la dipendenza dalla domanda di materie prime che arriva dai mercati occidentali e dai Paesi emergenti dell’Asia. In un comunicato articolato in 17 punti, riportato dalla Misna, i partecipanti all’incontro organizzato dall’Unione Africana (UA) e dalla Banca africana di sviluppo (BAD) “prendono atto che la crisi non potrebbe arrivare in un momento peggiore per il continente, perché mina i significativi progressi compiuti negli ultimi dieci anni e aggrava gli effetti del recente forte aumento dei prezzi dei generi alimentari e la volatilità dei mercati petroliferi”. Nel documento si sottolinea l’importanza di una riforma del sistema del commercio internazionale, che deve compensare le conseguenze negative derivante anche per il Sud del mondo da una minore disponibilità del credito e da un calo degli investimenti. I partecipanti alla conferenza di Tunisi chiedono inoltre una ripresa dei negoziati dell’Organizzazione mondiale del commercio per aumentare le “opportunità per i Paesi poveri” e “contrastare le tendenze protezionistiche” che penalizzano le esportazioni africane.(B.C.)

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    Denunciato l’ex presidente di San Salvador per l’omicidio di sei Gesuiti nel 1989

    ◊   Sono due le denunce presentate al Tribunale penale spagnolo nei confronti dell’ex-presidente di San Salvador Alfredo Cristiani e di 14 ufficiali dell’esercito in servizio durante il suo mandato (1989-1994), per l’assassinio avvenuto nel novembre del 1989 di sei padri gesuiti, di una loro collaboratrice e di sua figlia adolescente all’interno dell’Università Centroamericana (UCA). Secondo gli esposti, Cristiani avrebbe ostacolato il raggiungimento della verità per coprire i suoi militari. Nove di essi, come riferisce la Misna, furono condannati a 30 anni di carcere ma beneficiarono dell’amnistia proclamata nel 1993 dall’Alleanza Repubblicana Nazionalista (ARENA), allora al governo, nell’ambito degli accordi di pace che nel ’91 avevano messo fine ai 12 anni di conflitto civile in Salvador.(B.C.)

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    Allarme ad Haiti per un nuovo crollo di una scuola nella capitale

    ◊   C’è ancora sgomento ad Haiti dopo il crollo di una scuola a Port au Prince, nei giorni scorsi, costato la vita a più di cento bambini. Ora è nuovo allarme per il cedimento di un altro edificio scolastico che fortunatamente non ha provocato vittime. Intanto l’ONG AVSI (Associazione Volontari per il Servizio Internazionale) di Haiti, come riporta l’agenzia Fides, ha lanciato una campagna di sostegno alle vittime e di prevenzione sulla sicurezza delle scuole. Come denuncia l’associazione, “le cause della tragedia sono ancora da accertare, anche se pare sempre più evidente che la precarietà che governa Haiti regni anche nel campo edilizio”. Secondo l’AVSI, “quell’edificio non andava costruito lì, su un terreno in forte pendenza, eroso a dismisura, con una architettura improbabile, strutture portanti poco equilibrate con le sue dimensioni e disfunzioni visibili anche ad occhio nudo”. Un problema che, secondo l’ONG, interessa tante altre scuole del Paese per le quali non è previsto alcun controllo, “non ci sono ispettori che fanno il loro dovere; non c’è una protezione civile per soccorrere le vittime; non ci sono ospedali in grado di accoglierle; mancano i servizi sociali e di supporto psicologico per i parenti”. (B.C.)

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    Australia: l’aiuto delle religiose alle vittime della violenza domestica

    ◊   Suor Mary Burke, delle Francescane Missionarie di Maria, lavora da dieci anni in Australia a sostegno delle donne e dei bambini vittime di abusi e violenze tra le mura domestiche. Nel 1998 suor Mary ha cominciato a lavorare in un centro di accoglienza femminile aperto negli anni '70, dopo che l'Istituto aveva deciso di concentrare il suo apostolato a favore delle donne australiane con problemi familiari alle spalle. Due anni dopo il centro è stato incorporato al Family Service delle Suore del Buon Pastore, che oggi collaborano stabilmente con suor Mary e le altre volontarie. Il centro - riferisce l'agenzia Fides - ha la funzione principale di accogliere donne e bambini che fuggono da casa in condizioni psichiche molto gravi. In altri casi occorre curare ferite lontane nel tempo che non permettono il reinserimento nella vita sociale, in collaborazione con una rete di operatori distribuiti sul territorio di provenienza. Il lavoro comprende anche la ricerca di un nuovo domicilio, l'orientamento per le eventuali procedure giudiziarie e la collaborazione con la polizia. Le volontarie del centro vengono a contatto con fenomeni di violenza domestica anche diversi dall'abuso sessuale. “In questi anni – afferma suor Mary – ho aperto gli occhi su come una persona possa esercitare il suo controllo su un'altra persona, non necessariamente ricorrendo alla violenza fisica. La violenza a volte si nasconde in atteggiamenti come l'aggressione verbale, l'isolamento, la privazione di un sostegno economico da parte del coniuge, le continue mortificazioni subite”. In dieci anni di esperienza il gruppo di volontarie ha sviluppato una serie di tecniche di ascolto e di recupero, che permette alle donne e ai bambini di vincere le paure e di raccontare le loro storie. In alcuni casi il semplice ascolto e l'accoglienza in un gruppo di supporto possono incoraggiare le vittime a risolvere con la propria determinazione, situazioni ancora non del tutto compromesse. (R.P.)

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    Le comunità ecclesiali di base nelle Filippine per risolvere il problema della povertà

    ◊   Sono 315 i delegati, gli ospiti e gli osservatori che hanno preso parte al congresso nazionale della Conferenza episcopale delle Filippine che si chiude oggi a Cagayan de Oro. Una riunione organizzata dalle comunità ecclesiali di base (BEC) che sono state incoraggiate da mons. Antonio J. Ledesma, arcivescovo della città filippina, a contribuire per risolvere il problema della povertà. “Sappiate – ha detto il presule – che questa è una povertà che disumanizza l’uomo”. Il convegno – riporta l’Osservatore Romano – ha fatto il punto sull’esperienza maturata dalle BEC sul territorio, offrendo nuove soluzioni per migliorare i servizi che molte comunità ecclesiali mettono a disposizione intervenendo direttamente sul territorio, favorendo, ad esempio, la costruzione di strade. L’arcivescovo Ledesma ha invitato i delegati delle comunità ecclesiali alla “responsabilità come cristiani" per discernere quelle "azioni collettive che Dio vuole che adottino per liberare veramente le persone dalle varie forme di povertà". Infine, ha ribadito che il compito delle BEC è di fornire risposte alle esigenze delle comunità locali. (B.C.)

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    La Chiesa di Singapore sostiene l'inserimento degli immigrati

    ◊   L’arcidiocesi di Singapore è sempre più determinante nella vita sociale dello Stato. Domenica scorsa sono stati 400 gli emigrati che hanno conseguito il diploma come lavoratori domestici. La cerimonia, celebrata nella chiesa del Cuore di Maria Immacolata, segna la fine di un percorso formativo iniziato nel 2001, ormai punto di riferimento per questi bisognosi. L’arcidiocesi - riferisce l'agenzia AsiaNews - attraverso la commissione pastorale per la cura dei migranti e gli ambulanti (ACMI), ha provveduto ad un progetto di reinserimento e formazione, ospitando i diversi workshop nei propri locali. Gli specializzati sono ora informatici, sarti, parrucchieri, oltre che aver approfondito lo studio della lingua inglese. Il presidente dell’ACMI, Conni Fong ha espresso soddisfazione per i risultati ottenuti da questi “studenti fuori dal comune”. Professionisti volontari si sono offerti di tenere i corsi ed hanno garantito che continueranno ad aiutare queste persone a realizzare i propri sogni. “Con la giusta preparazione – ha proseguito la Fong durante la cerimonia – ci sono i presupposti perchè voi possiate impiegarvi in aziende a Singapore. L’arcidiocesi sta collaborando anche con l’American school di Singapore: insegnanti volontari stanno tenendo corsi di informatica, e qualcuno interessato a trovare lavoro come badante, viene assistito da esperti, nello studio delle degenze e delle cure mediche. (R.P.)

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    Sud Corea: domenica prossima si celebra la "Giornata del laicato"

    ◊   Il laicato è essenziale alla missione della Chiesa: da questa certezza parte la Chiesa coreana nel celebrare la “Giornata del Laicato”, che si terrà in tutte le diocesi e parrocchie domenica prossima. Il Consiglio per l’apostolato dei laici, in seno alla Conferenza episcopale, presieduto dal prof. Thoamas Han Hong-soon, ha diffuso sussidi, indicazioni e materiale informativo sulla Giornata, che riporta all’attenzione della comunità la centralità della famiglia. Il tema sarà infatti “La famiglia come scuola di amore e culla della fede” e intende meditare sull’apostolato laicale che parte dalla famiglia, prima cellula della società. “Mettiamo l’apostolato dei laici nella pratica della nostra vita famigliare”, ha detto Thoamas Han Hong-soon, aggiungendo: “La missione dei fedeli laici è quella di essere santificati attraverso la fervente preghiera, la vita sacramentale e la pratica del Vangelo nei luoghi dove vivono, come la famiglia, il lavoro, le relazioni con il prossimo. La missione dei laici dev’esser vissuta prima di tutto in famiglia”. Oggi il laicato cattolico - riferisce l'agenzia Fides - è il motore della Chiesa coreana: il loro prezioso contributo in tutti i campi della pastorale, rende questa Chiesa una fra quelle che meglio hanno compreso e messo in pratica lo spirito del Concilio Vaticano II. (R.P.)

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    Taiwan: la posa della prima pietra del Centro di spiritualità a Miao Li

    ◊   Mons. Luke Liu Hsien Tang, vescovo emerito della diocesi di Hsin Chu, davanti ad una assemblea festosa composta da sacerdoti, religiose e fedeli, ha benedetto la posa della prima pietra del Centro di Spiritualità della “Santa Casa di Loreto” a Miao Li. Un anno e mezzo fa il cardinale Paul Shan, vescovo emerito di Kaohsiung, aveva inaugurato questa copia della “Santa Casa” che è identica a quella custodita nel Santuario di Loreto, in Italia. Si tratta della terza “Santa Casa” al mondo (oltre in Italia, ne esiste una copia nella Repubblica Ceca) ed è l’unica in Asia, e si trova nel convento di Miao Li delle Suore del Sacro Cuore di Gesù e Maria, nella diocesi di Hsin Chu. Accogliendo da oltre un anno i pellegrini che giungono in questo luogo di preghiera, le religiose hanno ricevuto tante richieste sulla necessità di poter disporre di un luogo che permetta un periodo di soggiorno, di riflessione spirituale, di preghiera privata e intima davanti alla Madonna. Quindi - riferisce l'agenzia Fides - si sono mobilitate per realizzare questo progetto. Grazie alla generosità di tante persone, hanno potuto raccogliere i fondi sufficienti ad iniziare il lavoro. Inoltre le suore intendono in questo modo manifestare la loro profonda devozione per la Madonna e nello stesso tempo promuovere la zona di Miao Li, dove sorge il convento, anche dal punto di vista economico ed a livello internazionale, dato che sono già numerosi i pellegrini che vi affluiscono. (R.P.)

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    Non è eutanasia il caso di un adolescente inglese che ha rifiutato il trapianto di cuore

    ◊   E’ forte il dibattito in Gran Bretagna sul caso di Hannah Jones, la tredicenne di Marden, nel sud ovest di Inghilterra, che ha rifiutato il trapianto di cuore necessario per mantenerla in vita. Molti media hanno riportato la vicenda come una storia di “diritto a morire” ma per Paul Tully, segretario della “Società per la protezione dei bambini non nati” – importante organizzazione del Movimento per la vita – i mezzi di comunicazione hanno distorto il caso a favore di una campagna per la legalizzazione dell’eutanasia. Al Sir, Tully ha affermato che l’operazione alla quale l’adolescente doveva sottoporsi era “complicata, rischiosa e incerta” e poteva avere un esito negativo, pertanto una “linea di confine va tracciata caso per caso” perché “una cura può essere troppo pesante per un paziente ma utile alla sopravvivenza di un altro”. (B.C.)

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    Attualità e prospettive della Costituzione repubblicana in un convegno della Pastorale universitaria

    ◊   “La Costituzione repubblicana. Fondamenti, principi e valori tra attualità e prospettive”: il tema del Convegno organizzato dall’Ufficio per la Pastorale universitaria del Vicariato di Roma, in collaborazione con il ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, che si è aperto ieri nella capitale. Il Meeting, che si concluderà domani, vede la partecipazione di oltre 400 docenti provenienti da tutta Italia. “Nonostante ritardi, contraddizioni e persino tradimenti, lentamente la Costituzione è divenuta fondamentale, è la fondamentale regola di convivenza del Paese” così Ugo De Siervo, giudice della Corte Costituzionale, si è rivolto ai partecipanti al Convegno “Infatti - ha continuato De Siervo - i valori costituzionali oggi stanno alla base di un forte senso di appartenenza nazionale”. E all’apertura del Meeting ha partecipato anche il cardinale Agostino Vallini, Vicario della diocesi di Roma, che ha ricordato come nonostante nella Costituzione si parli di diritto di uguaglianza e dignità della persona, in Italia, in realtà, ci sia molta disuguaglianza, e per questo è dovere dello Stato cercare di abbattere la povertà e favorire un’inclusione sociale e civile di tutti. Questa mattina, i lavori sono proseguiti presso la Pontificia Università Lateranense, con una sessione plenaria che ha visto fra i relatori anche Herbert Schambeck, presidente emerito del Senato federale della Repubblica austriaca, che ha parlato di costituzione degli Stati all’interno di un’Europa integrata, lamentando come nel Trattato di Lisbona non vi sia riferimento alle radici cattoliche dell’Europa e del grande contributo dato, sia da Giovanni Paolo II che da Benedetto XVI, al dibattito su questo argomento. (A cura di Marina Tomarro)

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    24 Ore nel Mondo



    Crisi economica: Eurolandia entra in recessione tecnica

    ◊   Eurolandia è in recessione tecnica. La conferma arriva da Eurostat, i cui dati indicano come il PIL della zona Euro anche nel terzo trimestre del 2008 abbia fatto registrare un calo dello 0,2%, così come nel secondo. Stesso risultato anche per l'UE-27. Ad affossare la crescita europea soprattutto i risultati di Italia, Germania, Regno Unito (tutti a -0,5%) e della Spagna (-0,2%), mentre la Francia ha fatto registrare un timido +0,1%. In Italia, il presidente Napolitano ha detto che “si impongono politiche di rigore e anche sacrifici, di fronte ad una situazione difficile come non si vedeva da anni”, nella quale si sovrappone la questione antica del debito pubblico e l'effetto della crisi economica mondiale sempre più evidente. Tuttavia, ha concluso, non bisogna perdere di vista esigenze di spesa pubblica prioritaria in alcuni settori perchè “le voci di spesa non sono tutte uguali”.

    Parole di disgelo tra Unione europea e Russia nel vertice a Nizza
    Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha chiesto alla Russia di non procedere al preannunciato dispiegamento di missili nell'enclave di Kaliningrad prima di ulteriori discussioni. Secondo Sarkozy, Mosca ha accolto positivamente la proposta. Unione Europea e Russia cercano di riprendere il filo delle loro relazioni nel vertice di oggi a Nizza (Francia), il 22.mo nella storia delle relazioni bilaterali, il primo dopo il conflitto tra Russia e Georgia dell'agosto scorso. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

     
    “Non avevamo congelato o fermato niente”, ha commentato in conferenza stampa il presidente francese Sarkozy, “avevamo semplicemente deciso di rimandare”. La scelta dei 27 era collegata alle difficoltà crescenti nei rapporti con Mosca ed al conflitto in Georgia in agosto. Dialogo e non sanzioni, ha ripetuto più volte il capo dell’Eliseo, ricordando che Russia e UE sono vicini con economie integrate. Il presidente Medvedev si è dimostrato soddisfatto dell’esito del vertice, anche se divergenze rimangono sull’applicazione del piano di pace in Caucaso. Il Cremlino considera che questo sia stato completamente attuato, non così l’Unione Europea: alcune cose sono da rivedere. Le differenze restano sul concetto di sovranità della Georgia. Sul capitolo dello scudo spaziale USA, Russia ed europei si sono accordati per organizzare una conferenza sulla sicurezza continentale entro la metà del prossimo anno, a livello di OSCE. Prima di allora, l'auspicio è che si evitino passi unilaterali. Insomma, serve una trattativa internazionale. Sul G20 di domani a Washington, le parti hanno dichiarato di essere su posizioni comuni con la volontà di definire un’agenda per riformare le istituzioni finanziarie.

     
    Prima approvazione della Duma in Russia per allungare il mandato presidenziale
    La Duma russa ha approvato in prima lettura, con 388 voti a favore e 58 contrari, il prolungamento a sei anni del mandato presidenziale proposto dal leader del Cremlino, Dmitri Medvedev, nel suo discorso alla nazione del 5 novembre. Il presidente ha chiesto anche un prolungamento del mandato dei deputati a cinque anni, dagli attuali quattro. La nuova norma, se sarà ratificata in seconda e terza lettura, non verrà comunque applicata all'attuale presidente o all'attuale Duma. L'iniziativa di Medvedev ha fatto molto discutere la stampa russa, che ha interpretato la nuova disposizione come un favore fatto al predecessore Vladimir Putin per assicurargli in futuro dodici anni presidenziali. L'attuale primo inquilino del Cremlino ha però smentito con fermezza di volersi dimettere anticipatamente. Intanto, è stato annunciato oggi che il presidente russo si recherà a Cuba il prossimo 27 novembre nell'ambito di un tour in America Latina.

    Al via stasera il vertice G20 a Washington sulla crisi globale
    La crisi economica mondiale sarà al centro dei lavori del primo G20 a livello di leader che vedrà da stasera allo stesso tavolo a Washington Paesi con ambizioni molto diverse. Mentre gli europei, con la Francia in prima linea, spingono per avviare una profonda revisione delle regole del gioco - creando nuovi organi di controllo e modificando i compiti di importanti istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale - gli Stati Uniti sono decisi a frenare queste riforme strutturali. Il presidente americano, Bush, in un discorso ieri a Wall Street, ha ammonito che “la crisi non è un fallimento del sistema di libero mercato e che la risposta giusta non è cercare di inventare di nuovo tale sistema”. C’è anche la posizione di estrema debolezza di Bush: ormai in procinto di lasciare la Casa Bianca, non potrà prendere decisioni importanti senza il consenso del suo successore Barack Obama. Ma la decisione del presidente eletto Obama di non partecipare al vertice rinforza le probabilità che il G20 (che si apre stasera con una cena di lavoro alla Casa Bianca e proseguirà domani con due sessioni plenarie in un museo di Washington) si limiterà ad adottare decisioni di principio in vista di futuri vertici già preannunciati per i prossimi mesi.

    Somalia
    Un peschereccio cinese è stato bloccato al largo della Somalia da pirati che hanno sequestrato i 24 marinai a bordo. Sul peschereccio sequestrato ieri sera, ci sono 15 marinai cinesi, tre filippini, quattro vietnamiti, un giapponese e uno di Taiwan. Il Golfo di Aden è diventato teatro di ripetute azioni di bande di pirati che sequestrano navi ed equipaggi per ottenere riscatti. Intanto, secondo fonti ufficiali somale e keniane, riportate dalla stampa locale, nelle ultime 48 ore sarebbero stati allacciati i primi contatti con i sequestratori di suor Caterina Giraudo e suor Maria Teresa Olivero, le due religiose del "Movimento contemplativo missionario Charles de Foucauld", rapite lunedì in Kenya e poi portate in Somalia. Intanto, il pensiero delle consorelle va anche alle ottanta persone bisognose, soprattutto anziani, che restano senza le cure delle due missionarie: oggi ad Elwak, il villaggio dove operavano le religiose, non si terrà la consueta distribuzione del cibo per gli indigenti come ogni venerdì. Delle possibili ragioni del rapimento, Federico Piana ha parlato con don Fredo Olivero, fratello di suor Maria Teresa:

    R. – Hanno già rapito, negli anni passati, delle persone, degli stranieri, diciamo per mettersi in mostra. Questi erano più ricchi, stranieri che hanno lì delle attività, ma in questo caso non capisco. Sono già andati un’altra volta, qualche mese fa, forse volevano rapire altri, ma erano solo in 50 e sono andati via. Questa volta sono andati in 200, armati fino ai denti, hanno preso le auto del comune, i fuori strada, hanno ucciso il capo delle guardie che aveva la custodia delle auto e hanno preso un interprete per poter parlare con le suore. Di più non sappiamo. Io non credo che siano banditi; lì ci sono due tribù in conflitto. Tutti i mesi c’è qualche morto, da una parte e dall’altra. Anche in Somalia avviene la stessa cosa. Non riesco a capire perché questo rapimento. Le suore lì fanno solo un’attività sociale.

     
    R. – Prima del rapimento aveva sentito sua sorella, don Olivero?

     
    D. – Sì, la sera prima le ho mandato un’e-mail, lei mi ha risposto alle nove di sera, quindi due ore e mezza prima del rapimento; ho avuto un messaggio da lei, un messaggio tranquillizzante. Scriveva che aveva passato una buona giornata e che il clima era sereno, non c’erano problemi, era piovuto da qualche giorno quindi avevano acqua in abbondanza; siccome lì piove una volta all’anno, due giorni al massimo, loro raccolgono l’acqua piovana per poter vivere.

     
    Congo
    Nell'est della Repubblica Democratica del Congo (RDC), le Nazioni Unite hanno deciso di trasferire più di 60mila sfollati che si trovano in due campi a Kibati, nei pressi di Goma, in un nuovo campo a circa 15 chilometri di distanza, a causa dell'insicurezza. Il trasferimento degli sfollati verso il nuovo campo situato a Muguna all'ovest di Goma “dovrebbe prendere il via la settimana prossima”. Il trasferimento volontario sarà complesso e molte persone dovranno muoversi a piedi”, ha detto oggi a Ginevra il portavoce dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) Ron Redmond. “Vogliamo muovere queste persone - ha aggiunto - perchè sono vicine alla linea del fronte e sono esposte ad una ripresa degli scontri”.

    Pakistan
    Due giornalisti, un giapponese e un afghano, sono stati raggiunti da colpi di arma da fuoco (senza riportare gravi conseguenze) mentre si stavano recando nel distretto di Khyber per fare un’intervista ad un leader locale. È successo proprio nella zona nord-occidentale del Paese dove almeno 12 persone, presumibilmente ribelli ultra-islamici, sono morte in seguito ad nuovo raid aereo americano. Nove sono stranieri. Il Pakistan fa sapere di considerare tali operazioni una violazione della propria sovranità.

    Medio Oriente
    Almeno quindici razzi sono stati sparati da Gaza verso il Neghev occidentale. Hamas e i Comitati di resistenza popolare hanno spiegato che si tratta della reazione ad un raid condotto in mattinata dalla aviazione israeliana. Dichiarato lo stato di massima allerta nella zona israeliana limitrofa alla Striscia di Gaza. E i valichi fra Israele e Gaza restano chiusi fino a nuovo ordine. Dal canto suo, la Commissione Europea ha chiesto oggi ad Israele di riaprire i valichi almeno per i convogli umanitari.

    Nuovo arresto in Kosovo per traffico di organi
    In Kosovo è stato arrestato un cittadino israeliano sospettato di aver avuto il ruolo di intermediario in casi di trapianti illegali di organi che sono stati effettuati in una clinica privata di Pristina, la "Medicus". L'uomo, secondo quanto riportato dalla polizia locale, si occupava di trovare vittime per trapianti di organi in Turchia, Moldavia, Israele e altri Paesi per poi portarli a Pristina per donare reni. La polizia dà inoltre la caccia a due medici ritenuti tra i principali responsabili di questo scandalo: il turco Yusuf Ercin Sonmez e il tedesco Ulrich Hake. Le indagini, che hanno portato già al fermo di quattro persone, sono state avviate il 31 ottobre scorso.

    Nicaragua
    Accese polemiche ed una tensione latente, capace di esplodere in ogni momento come già avvenuto lunedì, hanno accompagnano oggi la verifica dei risultati delle elezioni municipali svoltesi domenica in Nicaragua, dai quali è emersa per ora una vittoria del Fronte sandinista di liberazione nazionale (FSLN) al governo, contestata però duramente dall'opposizione di centro-destra. Il Consiglio supremo elettorale del Nicaragua (CSE) ha confermato la vittoria alle elezioni municipali di Managua del candidato sandinista, l'ex campione di pugilato Alexis Arguello. Il nuovo conteggio, effettuato dopo le accuse di irregolarità lanciate dall'opposizione, ha rilevato che Arguello ha ottenuto il 51.38 per cento dei voti ma l'opposizione comunque continua a protestare, perchè voleva un riconteggio a livello nazionale e non solo nella capitale. Anche la Conferenza episcopale del Paese si era espressa a favore di un riconteggio a livello nazionale.

    India
    Cinque bambini sono morti dopo aver bevuto del latte in una scuola di Baridih, a circa venticinque chilometri da Ranchi, nello Stato indiano nord orientale del Jarkhand. Altri 65 studenti e il guardiano della scuola sono stati ricoverati in ospedale. Cinque sono in gravi condizioni.

    Birmania
    Nove monaci buddisti che avevano partecipato alle grandi manifestazioni anti-regime del 2007 in Birmania sono stati condannati a pene da sei anni e mezzo a otto anni di carcere. Lo ha annunciato un portavoce dell'opposizione. Altri 14 esponenti del partito del premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi sono stati condannati a pene dai quattro ai dieci anni di carcere. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Federica Andolfi)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 319

     E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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