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Sommario del 06/11/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Cristiani e musulmani costruiscano un futuro di pace nel rispetto dei diritti dell’uomo: così, il Papa al Forum cattolico-islamico
  • Il Papa alla nuova ambasciatrice egiziana presso la Santa Sede: le religioni sono fattori di pace nella difficile situazione mondiale
  • In un telegramma, il dolore del Papa per il tragico incidente aereo di Città del Messico
  • Altre udienze
  • Il cardinale Bertone: propaganda sovietica la leggenda nera su Pio XII
  • Mons. Fisichella: la donazione degli organi, una testimonianza di carità
  • Per volontà del Papa, il Dispensario pediatrico “Santa Marta” in Vaticano diventa Fondazione
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Crisi economica al centro dell'agenda del presidente eletto Obama. Il messaggio dei vescovi
  • Giornata internazionale contro lo sfruttamento dell'ambiente durante i conflitti
  • Le omelie di Benedetto XVI in un libro curato dal vaticanista Sandro Magister
  • Chiesa e Società

  • Appelli per la pace e la speranza nel Nord Kivu
  • L’Associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre si mobilita per il Congo
  • Orissa: torna la paura per i cristiani dopo la morte di un indù
  • Nell'Orissa le ONG donano ai cristiani perseguitati 1000 nuove bibbie
  • Dopo l'elezione di Obama, dall'Australia l'appello di un attivista aborigeno
  • I vescovi delle Filippine: la povertà non è causata dalla sovrappopolazione ma dalla corruzione
  • Droga: crescono i consumi secondo il Rapporto UE 2008
  • Visita in Liberia e Sierra Leone di delegazioni del Consiglio Ecumenico delle Chiese
  • I media africani riuniti a Dakar per raccontare un continente che cambia
  • Inaugurato l’Anno Accademico dell’Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia
  • In Bulgaria cattolici e ortodossi contro il riconoscimento delle coppie di fatto
  • Gran Bretagna: dopo la GMG di Sydney in aumento le vocazioni
  • Presentato dai vescovi sudcoreani il nuovo statuto delle scuole cattoliche
  • Singapore: network di solidarietà ispirato alla Dottrina sociale della Chiesa
  • Lisbona: seminario per il terzo centenario della morte di padre Pereira, missionario in Cina
  • Celebrazioni nel centenario della nascita di padre Arrupe
  • L'arcivescovo di Firenze ricorda La Pira “profeta e costruttore di pace”
  • 24 Ore nel Mondo

  • Il nuovo governo del Congo apre al dialogo per porre fine alla violenza
  • Il Papa e la Santa Sede



    Cristiani e musulmani costruiscano un futuro di pace nel rispetto dei diritti dell’uomo: così, il Papa al Forum cattolico-islamico

    ◊   Il nome di Dio è un nome di pace e amore, mai la violenza può essere giustificata in suo nome: è quanto ribadito, con forza, da Benedetto XVI nel discorso di stamani, in Vaticano, ai partecipanti al primo Seminario del Forum cattolico-musulmano. L’organismo, lo ricordiamo, è stato istituito dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e da esponenti musulmani a seguito della Lettera indirizzata al Papa ed altri capi di Chiese e Comunità cristiane da 138 personalità musulmane, nell’ottobre 2007. Il Pontefice ha invitato cristiani e musulmani a lavorare per superare pregiudizi e incomprensioni ed ha esortato i leader politici e religiosi ad assicurare la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, in particolare della libertà di religione. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Cristiani e musulmani “devono lavorare assieme per promuovere un genuino rispetto della dignità della persona umana e dei suoi diritti fondamentali, anche se le nostre visioni antropologiche e teologiche” manifestano questo in modo differente: è l’esortazione di Benedetto XVI che, parlando ai partecipanti al Seminario promosso dal Forum cattolico-islamico ha sottolineato che “c’è un vasto campo in cui si può agire in modo concorde nella difesa e nella promozione dei valori morali che fanno parte del nostro comune patrimonio”:

     
    Only by starting with the recognition…
    “Solo iniziando a riconoscere la centralità della persona e la dignità di ogni essere umano – ha aggiunto - rispettando e difendendo la vita che è dono di Dio, ed è sacra per cristiani e musulmani, solo sulla base di questo riconoscimento, possiamo trovare un terreno comune per costruire un mondo più fraterno.” Un mondo, ha rilevato, “in cui il confronto e le differenze sono affrontate in modo pacifico e il devastante potere delle ideologie viene neutralizzato”:

     
    My hope, once again, is that these fundamental…
    “Ancora una volta – ha affermato il Papa – la mia speranza è che questi diritti umani fondamentali siano protetti da ognuno e in ogni luogo”. Quindi, ha ricordato ai “leader politici e religiosi” che hanno “il dovere di assicurare il libero esercizio di tali diritti nel pieno rispetto della libertà di coscienza e di religione di ognuno”. Il Papa definisce “atti inaccettabili e ingiustificabili” “la discriminazione e la violenza che ancora oggi persone religiose sperimentano in aree del mondo e le violente persecuzioni a cui sono soggette”. Tutto ciò, è stato il suo vibrante richiamo, “è ancor più grave e deplorevole quando viene fatto nel nome di Dio”:

     
    God’s name can only be a name of peace…
    “Il nome di Dio – ha ricordato – può essere solo un nome di pace e fraternità, giustizia e amore”. “Noi – è stato il suo appello – siamo chiamati a dimostrare, con le nostre parole e ancor più con le nostre azioni che il messaggio delle nostre religioni è instancabilmente un messaggio di armonia e di mutua comprensione”. Un compito “essenziale” ribadisce il Papa, pena “l’indebolimento della credibilità e dell’effettività non solo del dialogo” tra cattolici e musulmani “ma delle religioni stesse”. Il Papa spera che iniziative come il Forum creino maggiori spazi per il dialogo al fine di “superare incomprensioni e disaccordi”.

     
    Let us resolve to overcome past prejudices…
    “Lavoriamo per superare i pregiudizi del passato – è l’esortazione del Papa – e correggere le immagini spesso distorte l’uno dell’altro che anche oggi creano così tante difficoltà nelle nostre relazioni, lavoriamo per educare tutti e specialmente i giovani a costruire un futuro comune”. Il Pontefice non ha mancato di sottolineare il valore del Seminario soprattutto se farà in modo che “le riflessioni e i positivi sviluppi che emergono dal dialogo tra cristiani e musulmani non siano limitati ad un gruppo di esperti e studiosi”, ma messi al servizio di tutti e portino frutti nella vita quotidiana. Il Papa si è soffermato sul tema del seminario incentrato sull’“Amore di Dio, amore del prossimo” rilevando che, pur avendo “approcci differenti” riguardo a Dio, “tutti dobbiamo mostrare, con mutuo rispetto e solidarietà, che ci consideriamo membri di un’unica famiglia”, creata ed amata da Dio. Il Papa si è particolarmente compiaciuto per l’adozione da parte del Seminario di una posizione comune sul bisogno di adorare Dio ed amare “disinteressatamente” i nostri fratelli, “specie quanti sono nel bisogno”.

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    Il Papa alla nuova ambasciatrice egiziana presso la Santa Sede: le religioni sono fattori di pace nella difficile situazione mondiale

    ◊   Le religioni non devono essere sfruttate per fini violenti, ma essere fattori di pace soprattutto in quelle zone del mondo dove, a causa di differenze culturali e religiose, non può esservi pace se non in un clima di mutuo rispetto. Con questo pensiero, Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza la nuova ambasciatrice dell’Egitto presso la Santa Sede, la signora Aly Hamada Mekhemar. Il Papa ha parlato delle situazioni di violenza che agitano il Medio Oriente, l’Africa e l’Asia, invitando la comunità internazionale ad agire per favorire la riconciliazione. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    L’Egitto imparò all’alba del mondo a comprendere cosa voglia dire essere crocevia e crogiuolo di razze e di credenze religiose. Questa ricchezza culturale e spirituale, che ha reso lo Stato nordafricano un esempio “di saggezza ed equilibrio”, deve essere anche oggi motore di un’incessante costruzione della pace su scala mondiale, che passi attraverso il contributo delle diverse religioni. E’ molto netta la posizione di Benedetto XVI nel riflettere sul ruolo dell’Egitto, ma anche della Santa Sede, in rapporto alla scena internazionale. “L’Egitto - ha ricordato il Papa - era già all’avanguardia nella ricerca di ponti tra i popoli e le religioni. Tali rapporti sono certamente basati su un profondo rispetto reciproco delle identità, ma anche e soprattutto su un vero e proprio desiderio di promuovere l'unità e la pace, sia all'interno dei confini nazionali che all'interno dello spazio internazionale, e di sviluppare il dialogo e la collaborazione tra i membri delle diverse culture e religioni”.

     
    Proprio questa collaborazione interreligiosa, ha proseguito il Pontefice al cospetto dell’ambasciatrice egiziana, è un aspetto chiave per contrastare le derive violente che hanno attualmente per teatro molte zone dell'Africa e dell'Asia, in particolare del Medio Oriente, e per ricercare al contrario “soluzioni giuste che rispettino gli Stati e le persone”. In questo quadro, ha scandito Benedetto XVI, “le religioni possono e devono essere fattori di pace. Purtroppo, esse possono essere scarsamente comprese e utilizzate per provocare la violenza o la morte. Il rispetto per la sensibilità e la storia di ciascun Paese o di ogni comunità umana e religiosa, le ripetute consultazioni e riunioni multilaterali, e soprattutto un autentico desiderio di ricerca della pace favoriranno - è stata la convinzione espressa dal Papa - la riconciliazione dei popoli e la convivenza pacifica fra tutti”.

     
    Benedetto XVI si è anche soffermato sul rapporto con l’islam. Per decenni, ha osservato, “gli incontri annuali tra il Comitato permanente per il Dialogo tra le religioni monoteiste dell'istituzione di Al-Azhar al-Sharif e il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso hanno cercato di aprire un percorso di comprensione e di rispetto reciproco tra islam e cristianesimo”. Un cammino “è già stato fatto, e altra strada resta ancora da percorrere”, ha riconosciuto il Papa, che ha invitato a irradiare il clima di comprensione reciproca scaturito da questi incontri in ogni ambito sociale, perché si tramuti, ha auspicato, “in mutua stima”. In questo senso, un gesto di attenzione e rispetto potrebbe venire - ha detto il Papa - dall'offrire ai moltissimi turisti cristiani che vengono in Egitto “l’opportunità di pregare Dio con dignità in appositi luoghi di culto”. Questo, ha concluso, sarebbe un “buon segno” del fatto che l'Egitto intende promuovere “amichevoli e fraterne relazioni tra le religioni e popoli, in pieno accordo con la sua antica e nobile tradizione”.

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    In un telegramma, il dolore del Papa per il tragico incidente aereo di Città del Messico

    ◊   Con un telegramma di cordoglio, a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, Benedetto XVI si è unito al dolore del presidente messicano, Felipe Calderon Hinojosa, per il tragico incidente di due giorni fa, quando un aereo con a bordo il ministro Juan Camilo Mourino e altre 12 persone è precipitato per cause ancora da accertare in una strada di Città del Messico, provocando la morte di tutti i passeggeri del velivolo e una quarantina di feriti tra i passanti.

    Il Papa, si legge nel telegramma, è vicino con la sua preghiera alle famiglie delle vittime e al popolo messicano, “offre voti per l'eterno riposo dei deceduti e prega Dio per il rapido recupero dei feriti”.

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    Altre udienze

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina anche alcuni presuli della Conferenza episcopale della Bolivia, in visita "ad Limina Apostolorum".

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    Il cardinale Bertone: propaganda sovietica la leggenda nera su Pio XII

    ◊   La polemica sul cosiddetto silenzio di Pio XII, imputato di insensibilità o addirittura di connivenza di fronte alla Shoah, oltre ad essere oltraggiosa, è strumentale e priva di qualsiasi fondamento storico: lo ha ribadito stamani il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone durante un Convegno a Roma, presso l’Università Gregoriana, per il 50.mo anniversario della morte di Papa Pacelli. Il servizio di Sergio Centofanti.

    Il cardinale Bertone ha ricordato che le accuse contro Pio XII furono avanzate dalla propaganda sovietica, e dai suoi alleati, parecchi anni dopo la sua morte, durante gli anni della guerra fredda. Si voleva diffondere, per scopi politici, l’immagine di Pio XII come “Papa di Hitler” o come “cappellano dell’occidente”, succube degli americani. Ha quindi denunciato che i tanti documenti accessibili da tempo ormai negli Archivi vaticani e che dimostrano, carte alla mano, l’assurdità di quelle accuse sono paradossalmente trascurati: “evidentemente – ha sottolineato – a molti la storia importa soltanto se può essere usata come un’arma”. Il cardinale Bertone ha riportato in modo dettagliato tutti gli interventi e le dichiarazioni di Pio XII a favore degli ebrei sin da quando era nunzio in Germania e poi come segretario di Stato. “Come diplomatico di Benedetto XV, Pacelli si adoperò per fare condannare già nel 1915 violenze antisemite esplose in Polonia, mentre negli anni Trenta, come segretario di Stato di Pio XI, fece cessare la propaganda radiofonica antiebraica di un prete cattolico statunitense, Charles Coughlin”. Poi “tra l’autunno del 1939 e la primavera del 1940 il Pontefice appoggiò, con una scelta senza precedenti, il tentativo, presto abortito, di alcuni circoli militari tedeschi in contatto con i britannici di rovesciare il regime hitleriano. E dopo l’attacco tedesco all’Unione Sovietica Pio XII rifiutò di schierarsi e di schierare la Chiesa cattolica con quella che veniva presentata come una crociata contro il comunismo e, anzi, si adoperò per superare le opposizioni di molti cattolici statunitensi all’alleanza con i sovietici, anche se il giudizio sul comunismo del Pontefice e dei suoi più stretti collaboratori restò sempre radicalmente negativo”.

     
    Il cardinale Bertone cita un articolo di Albert Einstein nel 1940 sul “Time”: “Soltanto la Chiesa – scriveva lo scienziato - ha osato opporsi alla campagna di Hitler di sopprimere la verità. Non ho mai avuto uno speciale interesse verso la Chiesa prima, ma ora sento un grande affetto e ammirazione perché solo la Chiesa ha avuto il coraggio e la forza costante di stare dalla parte della verità intellettuale e della libertà morale”. “Da parte sua il domenicano Yves Congar, poi cardinale, riferisce nel suo diario conciliare le confidenze d’un testimone del tempo, il confratello Rosaire Gagnebet. Dopo la strage delle Fosse Ardeatine il Papa s’interrogò ‘con angoscia’ se denunciarla: “Ma tutti i conventi, tutte le case religiose di Roma erano piene di rifugiati: comunisti, ebrei, democratici e antifascisti, ex generali, ecc. Pio XII aveva sospeso la clausura. Se Pio XII avesse protestato pubblicamente e solennemente, ci sarebbe stata una perquisizione in queste case e sarebbe stato catastrofico”. Così il Pontefice scelse la protesta diplomatica”.

     
    “L’opera di soccorso disposta da Pio XII verso i perseguitati – tra questi moltissimi ebrei, a Roma, in Italia e in diversi altri Paesi – ha affermato il cardinale Bertone - fu immensa ed è sempre più documentata, anche da parte di autorevoli storici e intellettuali che certo non sono difensori d’ufficio del papato … Fatti e documenti stanno lentamente riemergendo da questo passato che non passa. Questa documentazione rende giustizia a quanto Papa Pacelli e la sua Chiesa hanno fatto di fronte alla criminale persecuzione degli ebrei e imporrebbe di riscrivere innumerevoli libri di storia e di relegare nell’oblio la leggenda diffamatoria di un Pontefice filonazista”. “Che si trattasse di una campagna orchestrata lo aveva denunciato in Italia Giovanni Spadolini già nel 1965, quando lo storico parlò di ‘sistematici attacchi del mondo comunista che non mancavano di trovare qualche complicità o qualche condiscendenza anche nei cuori cattolici – o almeno in certi cattolici non ignoti neppure all’Italia’”. Tuttavia, oggi - ha precisato il segretario di Stato - il dibattito sulla figura di Pio XII "si sta facendo da qualche tempo più sereno ed equilibrato nel riconoscere la rilevanza e la grandezza del suo pontificato".

     
    Infine il porporato, riguardo alla causa di beatificazione e canonizzazione di Papa Pacelli avviata nel 1965 ha sottolineato che si tratta di “un fatto religioso che esige di essere rispettato da tutti e che nella sua specificità è di esclusiva competenza della Santa Sede”, ricordando il recente invito di Benedetto XVI a pregare perché la causa "prosegua felicemente”.

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    Mons. Fisichella: la donazione degli organi, una testimonianza di carità

    ◊   Medici e ricercatori di diversi Paesi del mondo si riuniranno nel pomeriggio a Roma, presso l’Auditorium della Conciliazione, per partecipare al Congresso internazionale incentrato sul tema “Un dono per la vita. Considerazioni sulla donazione di organi”. Il convegno, organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita, sarà dedicato in particolare allo stato del sistema dei trapianti a livello internazionale. Ma perchè è stato promosso, in questo momento, un congresso internazionale sulla donazione di organi? Risponde, al microfono di Fabio Colagrande, il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Rino Fisichella:
     
    R. – Il tema, come sappiamo, presenta diverse sfaccettature. Innanzitutto, credo che gli ascoltatori, almeno quelli di una certa età, possano facilmente ritornare con la mente a quando, più di 40 anni fa, il professor Barnard, da Città del Capo, in Sudafrica, rese noto di avere fatto il primo trapianto di cuore. Ora, in questi 40 anni, la scienza medica ha fatto dei progressi enormi. Credo che sia giunto anche il momento di fare una prima verifica, di capire i fatti che sono stati compiuti, i grandi passi, il grande progresso che la scienza medica ha realizzato e cercare di verificare anche con quale spirito porci dinanzi al futuro. Noi sappiamo che la lista di persone che attendono un trapianto è realmente lunga e non c’è così profonda sensibilità nelle diverse popolazioni, nelle diverse aree geografiche del mondo, una sensibilità alla donazione degli organi. E quindi, riteniamo che sia un momento importante anche per sollecitare una riflessione in proposito. In secondo luogo, direi che nemmeno possiamo chiudere gli occhi davanti ai grandi problemi etici che vengono posti dal traffico di organi che spesso, purtroppo, toccano anche vite innocenti. Ecco: questi due elementi ci impongono di fare una riflessione, sia a livello scientifico, medico, ma anche con tutte quelle componenti che sono di ordine antropologico, di ordine etico, di ordine legale, sociale e culturale.

     
    D. – Vogliamo ricordare qual è la posizione della Chiesa cattolica sul trapianto d’organi?

     
    R. – La posizione della Chiesa è bene espressa nel Catechismo della Chiesa cattolica, là dove viene esplicitato che il trapianto di organi la Chiesa lo accetta e lo accoglie; ci sono evidentemente alcuni limiti che vengono posti, anche. Innanzitutto, non si deve mai perdere la propria identità, e quindi non può mai esserci una sproporzione nella donazione degli organi e nel mantenimento della propria identità personale. Così come non può esserci sproporzione nemmeno nei confronti della cura che viene fatta e anche delle soluzioni a cui il trapianto potrebbe portare. Quindi, c’è una grande apertura ma anche con limiti ben precisi che sono determinati, appunto, dal criterio della proporzionalità. Direi che, in positivo, la Chiesa vede il trapianto degli organi come una dimensione profonda di una testimonianza di carità, una testimonianza di amore. Dopotutto, si può parlare di donazione di organi come un dono per la vita, nella misura in cui rimane realmente un dono, e quindi in cui c’è un atto di libertà alla base e in cui non c’è assolutamente la volontà di guadagno come invece il traffico di organi manifesta.

     
    D. – Come lei sa, un argomento che si collega a questo è quello di una possibile legislazione in Italia sulle direttive anticipate di fine vita: un tema discusso proprio in questo periodo. Ecco, una legislazione specifica sul consenso informato, appunto, sulle direttivi anticipate di fine vita anche in Italia, potrebbe favorire le donazioni d’organi?

     
    R. – In Italia è aperto un dibattito politico su questa legge e quindi credo che sia importante in questo momento rispettare il lavoro parlamentare che è fatto di un dialogo tra le diverse forze politiche sempre – ci auguriamo – in attesa di poter arrivare ad una soluzione condivisa e partecipata di una estensione, la più ampia possibile, del Parlamento, visto che si toccano tematiche di sensibilità etica alquanto importanti e determinanti per la vita. Quindi, direi, mi sembra che la cosa più importante in questo momento sia quello di far lavorare con tranquillità e serenità il Parlamento, senza interferire con tante altre iniziative che possono solo ed esclusivamente creare confusione e conflitto. Mi sembra che una mentalità che favorisca il trapianto stia crescendo, nel nostro Paese; dobbiamo fare di tutto perché questo avvenga. In Italia, la legge sul trapianto di organi è una delle migliori leggi che possono esistere nell’orizzonte internazionale e quindi credo che la porta sia già aperta per favorire questo. Tutte le altre iniziative, che potrebbero verificarsi in tal senso, nel rispetto dei principi fondamentali dell’etica, possono soltanto essere benvenute.

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    Per volontà del Papa, il Dispensario pediatrico “Santa Marta” in Vaticano diventa Fondazione

    ◊   Sorto nel maggio del 1922 per volontà di Pio XI, il Dispensario pediatrico “Santa Marta” in Vaticano offre da quasi 90 anni assistenza ed aiuto a bambini bisognosi e alle loro famiglie. Ora, con un chirografo firmato da Benedetto XVI nel luglio scorso, il Dispensario assume la configurazione di Fondazione autonoma. Il documento pontificio riconosce l’importante opera svolta dal Dispensario affidato alle Figlie delle Carità di San Vincenzo de’ Paoli e diretto da suor Chiara Pfister. Ma quali benefici verranno all’attività del Dispensario dall’istituzione della Fondazione? Alessandro Gisotti lo ha chiesto a mons. Giorgio Corbellini, vicesegretario del Governatorato e membro del Consiglio di amministrazione della Fondazione “Dispensario Santa Marta”:

    R. – Io penso innanzitutto che l’attività di servizio ai piccoli e anche alle loro famiglie avrà il supporto di una struttura giuridica ben precisa e quindi una maggiore stabilità. Già questo, ritengo sia un aspetto molto importante. Il servizio è stato espletato da tanto tempo, grazie alla spontanea generosità delle Figlie della Carità e poi di tanti volontari. Da questo momento in avanti, lo stesso servizio svolto sempre da queste persone, è però svolto anche a nome del Santo Padre e della Santa Sede. Anche l’esistenza, ad esempio, di un Consiglio di amministrazione, che è presieduto dall’Elemosiniere di Sua Santità, potrà certamente garantire una tutela migliore, anche dal punto di vista giuridico, dell’attività del dispensario. Naturalmente, non dobbiamo dimenticare il fatto più importante: la stabilità che deriva a questa attività dall’essere stata configurata giuridicamente richiederà, come sempre, l’impegno e la generosità di tanti che, offerti dentro una nuova cornice, non potranno essere meno vivi e meno ricchi di prima.

     
    D. – Si può dire che il dispensario è un segno concreto della carità del Papa?

     
    R. – Certamente. Possiamo dire che insieme alla Casa Dono di Maria, che tutti sappiamo essere stata espressamente voluta dal Servo di Dio Giovanni Paolo II come servizio offerto quotidianamente ai senza fissa dimora, il Dispensario è un’attività che testimonia la sensibilità della Santa Sede e del Santo Padre verso i bambini poveri e le loro famiglie, accolti e serviti all’interno delle Mura del piccolo territorio della Città del Vaticano: quindi, proprio un’espressione diretta dell’attenzione del Papa verso le situazioni di bisogno che concretamente si incontrano.

     
    D. – Come sintetizzerebbe il significato, il valore di una realtà come il Dispensario Santa Marta?

     
    R. – Penso e credo che il valore più grande sia quello del servizio reso con amore gratuito ai piccoli e ai poveri, e questo nel nome di Gesù, prescindendo dall’appartenenza etnica e religiosa dei destinatari. I bambini e le loro famiglie appartengono ai popoli più svariati, e anche dal punto di vista religioso, alle religioni più diffuse.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L’udienza di Benedetto XVI al forum cattolico-musulmano. Gli interventi del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, di Mustafa Cerić, Gran Mufti della Bosnia e dell’Erzegovina, e di Seyyed Hossein Nasr

    Nell’informazione internazionale, le prime nomine nello staff del presidente eletto degli Stati Uniti d’America, Barack Obama

    Al di là delle polemiche strumentali, tutta la grandezza di un Pontificato: il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, sulla figura e l’operato di Pio XII, in apertura di un congresso presso la Pontificia Università Gregoriana

    La diplomazia arte della speranza: Giovanni Zavatta sugli interventi di monsignor Pietro Parolin, sotto-segretario della Segreteria di Stato per i rapporti con gli Stati, e di Mordechay Lewy, ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, in un incontro promosso da “Carità politica”

    “Wait and See”: Marco Bellizi sulle reazioni dei vescovi nei Paesi più coinvolti nella politica degli Stati Uniti all’elezione di Barack Obama

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    Oggi in Primo Piano



    Crisi economica al centro dell'agenda del presidente eletto Obama. Il messaggio dei vescovi

    ◊   “Una scelta di cui gli americani devono essere orgogliosi”. Così George W. Bush si è felicitato con Barack Obama per aver vinto la corsa alla Casa Bianca. Intanto, fervono le attività politiche per formare la nuova squadra di governo; e già arrivano le prime nomine. Al centro dell'agenda di Obama c'è la crisi economica. Da Chicago, ci riferisce Elena Molinari:

    Non ha tempo per riposare sugli allori, il neopresidente eletto americano. C’è il passaggio di potere di cui occuparsi, un intero gabinetto di ministri da nominare e c’è una crisi finanziaria da affrontare. Per questo, prima ancora del suo insediamento, il 20 gennaio, Barack Obama potrebbe partecipare al vertice del G20 sulla crisi, in programma a Washington il 15 novembre. Lo stesso George Bush, ieri, congratulandosi con il successore, lo ha infatti invitato ai lavori del Summit. E il direttore generale del Fondo Monetario, Dominique Strauss-Kahn, si è detto impaziente di lavorare con Obama. L’afroamericana segretario di Stato uscente, Condoleezza Rice, ha ammesso invece di essersi commossa alla notizia della vittoria del democratico, un rivale del suo partito. E Colin Powell, altro ex membro dell’amministrazione conservatrice Bush, ha parlato di giornata storica. Intanto è stata confermata la prima nomina del nuovo presidente, il deputato di Chicago Rham Emanuel, che ha accettato il posto di capo di Gabinetto della nuova amministrazione.

     
    Barack Obama eredita una politica estera dominata, tra l’altro, dalle crisi legate alla lotta al terrorismo, a due guerre ancora in corso, al conflitto israelo-palestinese, al confronto sugli armamenti. L’obiettivo della nuova amministrazione della Casa Bianca sarà quello di risollevare l’immagine globale degli USA? Risponde il prof. Maurizio Simoncelli, esperto di geopolitica dei conflitti per Archivio Disarmo, intervistato da Giada Aquilino:

     
    R. – Certamente, da un lato è quello di risollevare l’immagine, ma dall’altro lato è proprio di far ritrovare un ruolo propositivo e vincente agli Stati Uniti, perché non dimentichiamo che l’eredità di Bush è quella di due guerre iniziate, in Iraq e Afghanistan, e non vinte, una crisi economico-finanziaria devastante e una opinione internazionale nei confronti degli Stati Uniti che si è profondamente deteriorata.

     
    D. – Per quanto riguarda le guerre in corso, stando alle dichiarazioni di Obama, la priorità ora diventa l’Afghanistan. Come cambieranno le strategie statunitensi?

     
    R. – Viene riconosciuto che tutto considerato l’Iraq è stato un errore ed è difficile uscirne, tant’è vero che non si parla di un’uscita immediata ma si parla di un’uscita valutata intorno ad un anno, un anno e mezzo. Poi si parla di concentrarsi in Afghanistan e sul versante pakistano. Rimane sempre da vedere come penserà Obama di risolvere questi problemi che – ricordiamo – sono sempre legati ad una matrice di terrorismo fondamentalista islamico.

     
    D. – Che sfida lanciano Paesi come la Russia e la Cina agli Stati Uniti?

     
    R. – Quando Bush entrò per la prima volta nella Casa Bianca, si trovò di fronte intanto una Russia decisamente indebolita che faticava a funzionare, proprio come Stato. Oggi, Obama si trova di fronte una Russia, invece, che sta nuovamente candidandosi ad essere una superpotenza a livello internazionale, con una presa di posizione da parte delle autorità di Mosca che hanno pubblicamente dichiarato l’installazione di una serie di nuovi missili, anche in conseguenza alla dislocazione di basi missilistiche statunitensi ai confini con la Russia – pensiamo, appunto, al caso della Polonia e ad altri Stati dell’Europa dell’Est. Si tratta di riallacciare un dialogo, tenendo presente che ci sono invece una serie di altri attori sullo scenario mondiale. Poi, c’è la Cina che anche dal punto di vista economico si sta avviando a diventare il vero, grande ‘competitor’ degli Stati Uniti.

     
    Da parte sua, la Chiesa guarda con attenzione al prossimo capo della Casa Bianca. I vescovi degli Stati Uniti hanno fatto gli auguri a Barack Obama definendo "evento storico" l'elezione di un afro-americano alla guida del Paese. Lo hanno quindi esortato a difendere i deboli e a sanare le divisioni, dicendosi pronti a collaborare nella difesa e nel sostegno della vita e della dignità di ogni essere umano. Ascoltiamo, al microfono di Susan Hodges, il vescovo di Rockville Center, William Francis Murphy, responsabile del Comitato Giustizia e Pace della Conferenza episcopale statunitense:

    R. – Well, it’s very clear...
    E’ molto chiaro che per l’intera nazione questo sia un momento storico che certamente segna la fine, in modo pubblico e rilevante, della lunga storia di razzismo, a livello ufficiale, in questo Paese. Rimane comunque un’altra questione: rimane da vedere che impatto avrà tutto questo su quei gruppi di afroamericani che continuano a trovarsi in circostanze difficili. E questo rimanda alla questione della povertà: continuiamo ad avere questo spettro della povertà in alcune parti del nostro Paese che colpisce in maniera non proporzionale gli afroamericani. Ma non possiamo ignorare il fatto che questo sia un momento storico nella storia della nostra nazione.

     
    D. – Quindi, secondo lei, cosa significa la vittoria di Obama, per gli Stati Uniti ed anche per la comunità internazionale?

     
    R. – It strikes me that it means a new direction…
    Percepisco in maniera forte che si tratta di una nuova direzione, ovviamente, sia internamente che sul fronte internazionale e significa la fine dell’amministrazione Bush, che era diventata un’amministrazione impopolare, sia per il Paese che per il resto del mondo. Rimane da vedere come questo nuovo presidente sarà in grado di condurre la popolazione verso una politica che unisca il Paese e come guiderà le questioni internazionali.

     
    D. – Ora, certamente la più grande sfida che dovrà affrontare il nuovo presidente eletto sarà la crisi finanziaria globale. Qual è il messaggio della Chiesa al presidente eletto Obama?

     
    R. – Well, I think, that first of all…
    Bene, penso, prima di tutto, che questa sia una delle questioni più pressanti sulla quale in questo momento si concentra la nostra attenzione. Credo francamente che l’amministrazione attuale abbia affrontato la crisi in un modo che ha avuto una sua coerenza e credo che lo stia facendo in un modo che dovrebbe portarci a superare la sfiducia che gli speculatori di Wall Street hanno ingenerato. Credo che il signor Obama dovrà rassicurare la gente attraverso le persone che sceglierà attorno a sé, perché penso nessuno si aspetti che egli abbia un piano economico già pronto; la Chiesa seguirà tutto ciò con molta attenzione. Noi in quanto Chiesa diremo la nostra parola su questa questione, come anche su molte altre questioni che, francamente, sono altrettanto importanti se non ancora più importanti: vedremo come il signor Obama sarà capace di unificare la nostra società e di essere la voce che unisce la brava gente, non solo di questa nazione, ma anche della comunità delle nazioni.

     
    Oltre al voto presidenziale e per il rinnovo del Congresso, in alcuni Stati si è votato anche per un referendum su aborto o nozze gay. I matrimoni omosessuali sono tornati fuorilegge, con una percentuale del 52%, in California, lo Stato più popoloso dell'Unione, che non di rado serve da modello per il resto degli Stati Uniti. Anche in Florida una stragrande maggioranza ha votato contro le nozze gay. Gli elettori del Colorado e del South Dakota hanno respinto il referendum anti-aborto mentre il Michigan ha approvato l’uso della mariujana a scopo terapeutico e il Massachusetts ha depenalizzato il possesso di meno di 30 grammi di 'erba' secondo le prime proiezioni elaborate dai media. I risultati sono stati i primi ad arrivare tra le 158 iniziative proposte al voto degli elettori in 36 Stati.

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    Giornata internazionale contro lo sfruttamento dell'ambiente durante i conflitti

    ◊   Si celebra oggi la “Giornata internazionale per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in situazioni di guerra e di conflitto armato”. Dai Balcani all’Afghanistan, dal Libano al Sudan, le Nazioni Unite stanno studiando gli impatti sull’ambiente causati dai conflitti mondiali. “I danni al territorio e il crollo delle istituzioni stanno minacciando la sicurezza e la salute umana”. E’ quanto sottolinea, nel suo messaggio, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon. Al microfono di Federica Andolfi, la riflessione di Sergio Marelli, presidente dell’associazione delle ONG italiane, sul significato della giornata:

    R. – Sicuramente è l’occasione per richiamare l'attenzione su una situazione che se non sarà oggetto di politiche più responsabili, condurrà ad un futuro di insostenibilità ed invivibilità per tutti.

     
    D. – Qual è il contenuto e che tipo di strumento legislativo rappresenta il primo protocollo della convenzione di Ginevra, relativo allo sfruttamento ambientale?

     
    R. – Come tutte le convenzioni internazionali, penso che debbano restare dei pilastri vincolanti per tutti coloro i quali sono chiamati a prendere delle decisioni e ad assumere delle politiche che, appunto, tengano conto che le risorse naturali sono un bene comune, debbano essere utilizzate con parsimonia, senza sacrificare all’interesse immediato la possibilità di poterne godere anche in futuro.

     
    D. – L’utilizzo irrazionale del territorio cosa comporta in termini d’impatto ambientale?

     
    R. – Penso che sia la chiave con la quale individuare poi delle soluzioni concrete. Per questo noi continuiamo a sostenere l’incentivazione di quelle piccole aziende molto spesso a dimensione familiare: se adeguatamente sostenute, penso che siano un primo grande baluardo per non consegnare questi territori al degrado.

     
    D. – Quali conseguenze subiscono le popolazioni locali?

     
    R. – Lo sfruttamento indiscriminato delle risorse, che spesso peraltro avviene addirittura con l’aggravante della violazione dei diritti umani delle popolazioni che vivono in questi territori. Questa logica del profitto è anche disponibile, in molti casi, a calpestare la dignità della vita delle persone.

     
    D. – I proventi ottenuti sfruttando le risorse naturali sono serviti in alcuni casi a finanziare la guerra?

     
    R. – L’accaparramento dei giacimenti e delle miniere e delle risorse naturali sono quasi sempre le cause stesse o la causa principale di molti conflitti. Ancora oggi stiamo drammaticamente assistendo a questo rigurgito della logica della guerra nelle regioni dei Grandi Laghi, in particolare nella regione di Goma, nella Repubblica democratica del Congo. Ciò dimostra che, alla fine, pur mascherate da guerre per ragioni tribali e motivi etnici sono delle guerre che servono per accaparrarsi proprio questi enormi tesori che sono nei sottosuoli, costituiti dalle risorse minerarie, dalle risorse petrolifere e dalle risorse energetiche.

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    Le omelie di Benedetto XVI in un libro curato dal vaticanista Sandro Magister

    ◊   “Le omelie liturgiche sono una vetta del Pontificato di Benedetto XVI. La meno frequentata e conosciuta”. E’ quanto scrive Sandro Magister, vaticanista dell’Espresso, nella prefazione al libro “Omelie. L'anno liturgico narrato da Joseph Ratzinger, Papa” in libreria da oggi. Un volume curato dallo stesso Magister per la collana "Libri Scheiwiller" che presenta al lettore una parte imprescindibile del Magistero del Santo Padre. Alla presentazione, ieri sera a Roma, è intervenuto anche il cardinale Camillo Ruini, vicario generale emerito della diocesi di Roma. C’era per noi Benedetta Capelli:

    Una traccia nascosta, un tesoro pronto per essere scoperto e offerto. Sono le omelie di Benedetto XVI raccolte nel libro “Omelie. L’anno liturgico narrato da Joseph Ratzinger, Papa”. Ventisette interventi del Santo Padre, preceduti da passi delle Sacre Scritture, mentre in appendice del libro sono presenti anche alcuni discorsi pronunciati all’Angelus. E’ sulle omelie che si concentra l’attenzione del curatore Sandro Magister che così le definisce:
     
    “Sono parole che diventano realtà. Benedetto XVI è del tutto consapevole di essere il grande liturgo che, proclamando la Parola di Dio e commentandola, la rende realtà”.
     
    Una realtà dunque che fa da “ponte” tra “le due mense” quella della Parola e del Pane. Omelie che per il vaticanista sono quanto di più “genuino” esca dalla mente di Benedetto XVI perché inconfondibilmente sue e personali. Ma qual è il filo conduttore che le lega? Ancora Sandro Magister:

     
    “Si vede come Benedetto XVI sia una sorta di grande mistagogo, è l’introduttore nel mistero, è la guida a penetrare nel mistero cristiano che non è un’idea, una dottrina, è una storia. E’ una vicenda che abbraccia il divino e l’umano, l’eterno e il tempo, in cui anche il tempo normale salta e diventa tutto attuale. Ciò che è avvenuto nel passato, diventa oggi. Questo è l’elemento essenziale dell’omelia. Benedetto XVI mette in luce il grande racconto, un racconto continuato”.
     
    Semplicità e sostanza sono i termini usati dal cardinale Camillo Ruini per raccontare le omelie del Papa sottolineandone la chiarezza, il rigore e la forza comunicativa. Ha ribadito poi come Benedetto XVI sia sotto ogni profilo straordinariamente “orientato verso il ministero dell’omelia”:

     
    “Le omelie sono un’espressione della teologia del Santo Padre, della sua capacità di catecheta ma soprattutto sono un lato specifico perché le omelie sono parte della liturgia e, come sappiamo, l’attuale Pontefice è un grande innamorato della liturgia, un cultore anche della liturgia, nel suo significato più profondo. Inoltre, c’è da dire che quello che egli dice negli interventi magisteriali lo mette in pratica nelle omelie”.
     
    E il porporato non ha mancato di sottolineare come il Papa nelle sue omelie riesca ad “unire esegesi e teologia” guidato da “un pensiero essenzialmente storico” non disgiunto dall’oggi in “un interscambio profondo con le grandi problematiche del tempo che stiamo vivendo di cui coglie – ha aggiunto - il senso, le origini e i dinamismi”.

     
    Pertanto questa raccolta è senz’altro utile per rinnovare le omelie dei sacerdoti, ma come ribadisce Sandro Magister è diretta all’umanità:
     
    “E’ vero che l’omelia di per sé è un atto liturgico all’interno della comunità cristiana ma nello stesso tempo è anche il riflesso di che cosa è la Chiesa. Nei primissimi secoli cristiani, i pagani colti riconoscevano i cristiani dal loro celebrare quindi l’omelia è un riflesso davanti al mondo intero di che cosa è la Chiesa”.

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    Chiesa e Società



    Appelli per la pace e la speranza nel Nord Kivu

    ◊   Un appello per la pace nel Kivu, Repubblica democratica del Congo, con alcune indicazioni politiche per andare oltre l’emergenza umanitaria, è stato lanciato da “Chiama l’Africa”, Beati i costruttori di pace, Commissione giustizia e pace degli istituti missionari, Gruppo Pace per il Congo e CIPSI. Nel messaggio i firmatari ricordano che “centinaia di migliaia di profughi vanno ad aggiungersi al milione di persone già censite come sfollati dalle agenzie umanitarie” e che resta “il problema politico delle cause di questa nuova guerra e dei problemi lasciati irrisolti, nonostante le elezioni e i tanti accordi non rispettati firmati dalle parti in causa”. Nel Nord Kivu, informa l’Unicef, circa il 60% degli sfollati è costituito da bambini e si acuisce la piaga dei bambini soldato, reclutati per combattere. All’ONU i missionari e le organizzazioni firmatari dell’appello chiedono che si faccia pressione per il rispetto gli accordi e la protezione dei civili, e per unificare le regole d’ingaggio dei contingenti delle Nazioni Unite, ma nel messaggio non mancano motivi di speranza: “nonostante questi problemi irrisolti e la grande delusione dopo le elezioni – si legge - la gran parte della popolazione ha ancora la volontà di costruire una convivenza pacifica, uscendo definitivamente dalla guerra”. E per dare sostegno ai consacrati e alle consacrate che si trovano nelle zone di conflitto, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, un messaggio congiunto è stato inviato, dall’Unione delle superiori maggiori del Congo e dall’Assemblea dei superiori maggiori del Congo. Citando l’Enciclica Spe Salvi di Benedetto XVI, il messaggio ricorda ai religiosi che ‘La vera, la grande speranza dell’uomo, che resiste malgrado tutte le disillusioni, può essere soltanto Dio, il Dio che ci ha amati e che ci ama ogni giorno”. (C.D.L.)

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    L’Associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre si mobilita per il Congo

    ◊   “Un piccolo aiuto può fare molto” è il messaggio lanciato dall’associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) per favorire il sostegno alle popolazioni del Congo, nel nord-Kivu. ACS – riferisce l’agenzia Zenit - ha inviato nel Paese un primo contributo di 20 mila euro, e insieme cibo, coperte e medicinali destinati alla diocesi di Goma, dove il conflitto si è particolarmente acuito. Dopo le recrudescenze delle ultime settimane, nel Paese sarebbero più di un milione le persone in fuga dalle violenze, ma crescono gli ostacoli agli interventi umanitari, consentiti solo a condizioni particolarmente restrittive. Il clero locale – continua Zenit - è profondamente preoccupato per la situazione e teme che la regione orientale del Nord Kivu, teatro degli scontri più cruenti, diventi “un secondo Darfur”. “Le madri e i bambini hanno bisogno di acqua – fanno sapere – e servono coperte perché le notti sono già fredde”. Le attività scolastiche sono da tempo interrotte e i locali delle scuole sono stati adibiti a ricoveri per i profughi. A fronte della crisi, forti critiche colpiscono anche l’operato delle forze governative, accusate di aver partecipato a saccheggi e violenze. Nemmeno l’intervento degli oltre 17 mila peacekeepers delle Nazioni Unite è riuscito a contenere l’esplodere del conflitto. La Repubblica Democratica del Congo resta dunque una priorità per Aiuto alla Chiesa che Soffre, che l'anno scorso ha inviato quasi 1,26 milioni di euro per aiutare i cristiani sofferenti del Paese. (C.D.L.)

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    Orissa: torna la paura per i cristiani dopo la morte di un indù

    ◊   Un attivista radicale indù è stato ucciso ieri da tre persone nel villaggio di Kumharigaon, nel distretto di Kandhamal, nello Stato indiano di Orissa. La vittima, Dhanu Pradhan, era un attivista della Rss (Rashtriya Swayamsevak Sangh), uno dei gruppi fondamentalisti indù che fanno parte del Sangh Parivar, responsabili delle violenze contro i cristiani scoppiati due mesi fa proprio nel distretto di Kandhamal. L’uomo, un imprenditore edile, si trovava nel villaggio – quasi totalmente cristiano – per controllare una scuola in costruzione, quando è stato avvicinato da tre individui che gli hanno sparato. La polizia afferma che Dhanu Pradhan era da tempo su una lista di persone da eliminare stilata dai gruppi maoisti. L’ultima serie di attacchi contro i cristiani è iniziata dopo la morte di un responsabile radicale indù, Swami Laxamananada Saraswati, ucciso il 23 agosto scorso. Anche lui è stato ucciso da un gruppo di militanti maoisti, ma il Sangh Parivar ha subito dato la colpa ai cristiani, scatenando un vero e proprio pogrom. I cristiani temono che questo nuovo omicidio crei una nuova ondata di violenze. Il padre Dibya Singh, portavoce della diocesi di Cuttack- Bhubaneshwar, spiega ad AsiaNews le sue preoccupazioni: “È stato imposto di nuovo il coprifuoco e il panico si è diffuso in tutto il distretto. La nostra sola speranza per tornare alla normalità è che interessi nascosti e persone da fuori non creino nuovi problemi alla povera comunità cristiana del distretto di Kandhamal. La situazione è molto tesa e precaria e chiunque potrebbe creare il caos per incanalarlo poi nell’eliminazione dei cristiani”. L'attivista ucciso ieri, è fra i responsabili delle violenze scatenate dai radicali indù sempre nel distretto di Kandhamal lo scorso dicembre. Alla vigilia di Natale gruppi di estremisti del Sangh Parivar hanno attaccato e bruciato 13 chiese, centinaia di case di cristiani e ucciso 3 persone. L’Orissa è uno Stato dove il fondamentalismo nazionalista indù è molto forte. Dal 1968 vi è una legge anti-conversione, che blocca la missione dei cristiani. Nel 1999 il missionario australiano Graham Staines e i suoi due figli sono stati uccisi e bruciati nella loro auto. Sempre nel ’99, è stato ucciso anche un sacerdote cattolico, padre Arul Doss. (R.P.)

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    Nell'Orissa le ONG donano ai cristiani perseguitati 1000 nuove bibbie

    ◊   Mille nuove bibbie per i cristiani dell’Orissa. E’ la campagna promossa da alcune delle organizzazioni non governative presenti in India “per mostrare solidarietà e vicinanza alla popolazione cristiana perseguitata e privata dei suoi diritti fondamentali”, e restituire ai fedeli parte dei testi andati bruciati, distrutti o danneggiati nell’ondata di aggressioni vandaliche. Scritte in lingua Oriya, quella parlata dalla popolazione dell’Orissa – si legge su un comunicato del Sir - le bibbie saranno consegnate all’arcivescovo di Cuttak-Bhubaneshwar, mons. Raphael Cheenath, che nelle scorse settimane aveva sottolineato la carenza di bibbie nel territorio della diocesi, ricordando che la Parola di Dio è lo strumento essenziale per restituire coraggio e speranza alla provata popolazione dell’Orissa. (C.D.L.)

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    Dopo l'elezione di Obama, dall'Australia l'appello di un attivista aborigeno

    ◊   “Il neo-eletto presidente degli Stati Uniti ha avviato un dialogo, dobbiamo cominciare e portare a termine lo stesso percorso qui, nel nostro paese”: trae nuove forze dal voto americano Patrick Dodson, storico attivista per i diritti degli aborigeni dell’Australia, che ha ricevuto oggi il Premio di Sydney per la pace. In un intervento nel corso della cerimonia all' ‘Opera House’, Dodson ricorda l’impegno di Obama a sostegno dei nativi americani e chiede al governo e ai propri connazionali la stessa assunzione di responsabilità. L’attivista, riferiscono oggi giornali ed emittenti radiotelevisive australiane riprese dall'agenzia Misna, chiede che gli aborigeni siano ricompensati dei torti subiti dai colonizzatori bianchi e che la proprietà tradizionale dei territori indigeni sia riconosciuta dalla Costituzione. Dodson contrappone il “dialogo” avviato da Obama con il carattere unilaterale di alcune decisioni dell’amministrazione di Canberra, definendo “rozzo, razzista e malpensato” un piano del governo per contrastare le conseguenze dell’alcolismo presso alcune comunità di nativi. “Il fallimento del governo di avviare un negoziato sulle sue politiche per la società aborigena dei Territori del nord – sostiene l’attivista - sarà ricordato dagli australiani come un modello del peggior tipo di imposizione”. Il Premio di Sydney per la pace è un riconoscimento internazionale, già conferito tra gli altri all'ex-diplomatico svedese Hans Blix per il suo impegno in favore del disarmo nel mondo. (R.P.)

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    I vescovi delle Filippine: la povertà non è causata dalla sovrappopolazione ma dalla corruzione

    ◊   Secondo un sondaggio realizzato dalla Gallup International-Voice, le Filippine sono al quinto posto della classifica mondiale dei Paesi in cui la popolazione patisce la mancanza di cibo. Quattro filippini su dieci affermano che nel corso del 2008 hanno sofferto almeno una volta per la penuria o la totale carenza di alimentazione. Stando ai dati forniti dalla Gallup, la fame riguarda il 40% dei filippini. Nel Paese che registra uno dei tassi di crescita della popolazione più alta dell’Asia, si stima che il numero di abitanti sia attorno ai 90 milioni. Oltre il 60% è raccolto attorno alle aree urbane ed i dati del sondaggio registrano i casi di fame più numerosi nella zona metropolitana di Manila dove il fenomeno riguarda all’incirca 550mila famiglie. Dal canto loro - riferisce l'agenzia AsiaNews - i vescovi del Paese invitano il governo a varare concreti programmi di aiuto e affermano che la povertà non è causata dalla sovrappopolazione, ma dalla corruzione. In particolare il direttore della comunicazione della Conferenza episcopale delle Filippine, monsignor Pedro Quitorio, ha ricordato che l’ultimo rapporto pastorale della conferenza episcopale ha già sottolineato l’aggravarsi della povertà nel Paese. “Come cresce la povertà, così cresce la fame”, ha affermato mons. Quitorio, ma le ragioni della situazione non possono essere cercate nel sovrappopolamento. Diversi parlamentari da tempo affermano che l’aumento della povertà può essere arginato solo con la diminuzione dei tassi di crescita e indicano un drastico controllo delle nascite come la strada da seguire per il futuro. Monsignor Quitorio, ricordando l’ultimo rapporto dell'episcopato filippino ha invece ribadito che “la causa principale della povertà e della fame sta nella corruzione del governo”. Ribadendo la posizione dell’episcopato filippino mons. Jose Oliveros, vescovo di Malolos ha invitato il governo a realizzare interventi urgenti per combattere il fenomeno della malnutrizione e la fame nel Paese. (R.P.)

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    Droga: crescono i consumi secondo il Rapporto UE 2008

    ◊   Crescono i consumi di droga in Europa secondo il rapporto dell’Agenzia Europea delle droghe (OEDT) presentato oggi a Bruxelles: in cima alla lista dei consumi la cannabis, seguita da anfetamine, ecstasy e cocaina. Fra le categorie più a rischio grande preoccupazione destano i giovani: circa due milioni, fra i 15 e i 34 anni, hanno provato le anfetamine nell’ultimo anno e ben 2,5 milioni hanno assunto ecstasy. Sulla cannabis, la relazione OEDT sostiene che gli europei adulti che ne hanno fatto uso “almeno una volta nella vita” sono circa 71 milioni, mentre 23 milioni di persone, pari al 7% dei cittadini UE fra i 15 e i 64 anni, “l’ha consumata nell’ultimo anno” confermando come essa sia “la sostanza illecita più utilizzata”. L’Agenzia segnala inoltre un aumento dei consumi di cocaina, anche fra gli adulti. “L’offerta di stupefacenti provenienti dall’esterno dell’Ue o disponibili al suo interno sta evolvendo”, spiega Wolfgang Götz, direttore dell’Agenzia, “creando innovazioni del mercato che mettono a dura prova le strategie” di controllo e sanitarie. Difficile dunque contrastare l’importazione di droghe dai Paesi extracomunitari, come pure il traffico illecito interno all’UE. Per l’Agenzia europea delle droghe i consumatori “problematici” di oppiacei, come morfina, eroina, metadone e derivati, oscilla tra 1,3 e 1,7 milioni: “L’uso di eroina – si legge - è responsabile dei costi più elevati, relativi alla droga, in termini sanitari e sociali”: ogni anno in Europa sono circa 8mila i decessi per il consumo di stupefacenti. (C.D.L.)

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    Visita in Liberia e Sierra Leone di delegazioni del Consiglio Ecumenico delle Chiese

    ◊   Due delegazioni del Consiglio ecumenico delle Chiese (COE) in Africa. Fino all’8 novembre quattro delegati visiteranno la Liberia e la Sierra Leone, Paesi devastati da guerre civili negli anni '90, mentre fino al 12 novembre 5 pastori ed un rappresentante della Chiesa ortodossa saranno in Sudafrica. La Liberia ha ritrovato la pace e la stabilità dopo la destituzione del presidente Charles Taylor, nel 2003, e l’elezione a capo dello Stato, nel 2005, di Ellen Johnson-Sirleaf; in Sierra Leone invece la guerra civile è cessata 6 anni fa. Il COE ha seguito da vicino la situazione in Sierra Leone e in Liberia, sostenendo le Chiese ed altri organismi ecumenici, partecipando alle operazioni di soccorso ed offrendo aiuti. La visita delle “lettere viventi” in questi due Paesi vuole essere un modo per comprendere in che modo vengono affrontate le difficoltà scaturite dalle guerre civili. Le delegazioni si informeranno sulle iniziative di pace nelle quali i consigli nazionali delle Chiese sono impegnati in collaborazione con altre comunità religiose, in Sierra Leone per lo più musulmane. La visita del COE in Sierra Leone prevede anche un incontro con il presidente Ernest Bai Koroma ed altri rappresentanti del governo. “La visita delle ‘lettere viventi’ in Sudafrica è importante per il ruolo giocato dalle Chiese e dai loro consigli nazionali dinanzi alla violenza dell’ideologia e del sistema dell’apartheid”. Il programma dei delegati prevede colloqui con i responsabili delle Chiese e delle comunità che lavorano per la giustizia e la pace, come l’organizzazione “Love in Action”, che a Mabopane si occupa degli emarginati ed organizza programmi di insegnamento per i bambini che vivono in strada e i carcerati. (T.C.)

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    I media africani riuniti a Dakar per raccontare un continente che cambia

    ◊   I mezzi di comunicazione, volàno dello sviluppo nel continente africano. In questa prospettiva 32 tra i principali giornali ed emittenti radiotelevisive africani, e poi giornalisti, esperti e studiosi provenienti da tutti i Paesi del continente, si sono incontrati a Dakar, in Senegal, per il primo forum dedicato ai media africani. Un Meeting che, a partire dalla considerazione che “I mezzi d’informazione hanno un ruolo centrale nel migliorare le condizioni di vita in Africa” – riferisce l’agenzia Misna - ha inteso riflettere sulle modalità per migliorare la collaborazione tra i diversi mezzi di comunicazione, condividere esperienze e contenuti, adottare un regolamento per i professionisti dell’informazione ed infine contribuire positivamente allo sviluppo dell’Africa. Una crescita che – ha sottolineato il caporedattore del quotidiano nigeriano “Thisday”, Nduka Obaigbene, presente all’incontro – non si nutre di donazioni ma richiede il coinvolgimento di partner e investitori: “non stiamo chiedendo l’elemosina – ha detto Obaigbene - vogliamo fornire un prodotto di qualità, utile per comprendere le trasformazioni in atto nel nostro continente”. La necessità di fornire un’informazione non omologata agli standard occidentali è stata poi sottolineata dall’amministratore delegato del gruppo editoriale “East African”, Linus Gitahi, che ha esortato a “raccontare le storie africane in modo africano”. I presenti si sono dati infine appuntamento al prossimo anno, per un secondo incontro che si svolgerà in Kenya. (C.D.L.)

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    Inaugurato l’Anno Accademico dell’Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia

    ◊   “Nel contesto socio-culturale del nostro tempo, nessuno può esimersi dal portare il suo contributo ragionevole e credibile alla vera concezione del matrimonio e della famiglia, radicati nel nucleo più intimo della verità sull’uomo e sul suo destino. L’Istituto Giovanni Paolo II lo fa con gli strumenti che gli sono propri: la ricerca, lo studio, l’indagine appassionata sul matrimonio e la famiglia e sul valore insindacabile della vita umana dal concepimento alla morte naturale”. Così il card. Agostino Vallini, Vicario del Papa per la diocesi di Roma, ha inaugurato ieri l’Anno Accademico del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi su Matrimonio e Famiglia. Una realtà a carattere internazionale, con studenti e docenti provenienti dai cinque continenti, che, con l'aiuto delle varie scienze umane, offre un contributo di riflessione filosofica, teologica e pastorale, sulla verità circa la persona, il matrimonio e la famiglia. Una missione ricordata durante la cerimonia dal preside dell’Istituto, mons. Livio Melina, che ha sottolineato come siano necessari “creatività e rigore scientifico” “proseguire il lavoro di ricerca e di formazione mostrando la grandezza e la bellezza del “mistero nuziale”, nel quale si esprime la vocazione dell’uomo e della donna ad essere immagine e somiglianza del Dio creatore”. Momento centrale della cerimonia è stata infine la prolusione affidata a mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, sul tema: “Come vite feconda e virgulti di ulivo. Spunti di teologia biblica matrimoniale e familiare”. Citando alcuni testi biblici mons. Ravasi ha messo in evidenza la grandezza e la bellezza della vocazione della famiglia, secondo la quale – ha detto - “la famiglia non è una monade chiusa, ma è aperta all’intera società” e nella relazione di amore che la fonda, “la persona non perde la propria identità nella donazione all’altro ma ha proprio bisogno di quest’altro per trovare se stessa”. Citando l’autore francese François Mauriac, Mons. Ravasi ha concluso indicando come nella famiglia incontriamo “il più bello dei miracoli benché sia anche il più comune”. (C.D.L.)

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    In Bulgaria cattolici e ortodossi contro il riconoscimento delle coppie di fatto

    ◊   “Il matrimonio è l’unione sacramentale tra un uomo e una donna (…) e porta il segno dell’unicità”, nel senso che “un uomo appartiene a sua moglie e rispettivamente la donna ha un unico uomo. 'Indissolubile' significa unione sacra contratta per tutta la vita”. E’ in questa prospettiva dunque che “le coppie di fatto sono assolutamente inaccettabili”. E’ questo in sintesi il significato del discorso dell’Esarca apostolico mons. Christo Proykov, presidente della Conferenza episcopale bulgara, a proposito del disegno sul Codice familiare discusso nei giorni scorsi dal Parlamento bulgaro. Nel suo messaggio l’Esarca si associa alla posizione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa del Paese contro l’approvazione delle coppie di fatto e spiega che, a differenza di ciò che avviene nel matrimonio, dove i coniugi dopo aver lasciato le rispettive famiglie si uniscono per costituire un nucleo nuovo ed essere insieme “una sola carne”, la convivenza tra un uomo e una donna si fonda su una mancanza di fiducia e apre a problematiche nuove sul futuro dei figli. “Più di mille anni fa il nostro popolo ha ricevuto la fede cristiana, che ci fa onore – ha detto nel suo messaggio mons. Proykov - “Perchè – dunque - con tanta facilità rinneghiamo le nostre radici, i principi e la morale della nostra fede cristiana?”. La convivenza – precisa – “è un’imitazione del mondo che ci circonda”, un frutto del “regime ateo sotto il quale siamo vissuti negli ultimi 50 anni di storia in Bulgaria senza avere il diritto all’educazione e la cultura religiosa”. Con l’approvazione dell’articolo 13 del progetto sul Codice familiare – conclude dunque l’Esarca - non guadagneremo niente, ma perderemmo tanto”. (C.D.L.)

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    Gran Bretagna: dopo la GMG di Sydney in aumento le vocazioni

    ◊   La Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney sembra avere lasciato un segno tra i giovani britannici. Questa almeno l’impressione rilevata dai direttori dei Centri vocazioni diocesani del Regno Unito riuniti nei giorni scorsi nel seminario di Saint Cuthbert di Ushaw per la loro conferenza annuale, dedicata appunto a fare un primo bilancio della GMG. Un bilancio che, sul fronte delle vocazioni, sembra decisamente positivo a giudicare dal numero crescente di giovani e adolescenti che in queste settimane si stanno rivolgendo ai centri vocazionali delle loro diocesi per chiedere informazioni, segno inequivocabile di un nuovo interesse per la vita sacerdotale e religiosa. Merito anche dei numerosi seminaristi che hanno accompagnato la delegazione inglese a Sydney e che hanno avuto l’opportunità di parlare e fare conoscere ai ragazzi la propria esperienza, stimolando la loro curiosità. A colpire è anche l’età di questi giovani attirati dalla vita sacerdotale: molti sono adolescenti con meno di 18 anni. Tanto è stato l’impatto della GMG di Sydney tra i ragazzi, che un direttore diocesano ha raccontato che il suo ufficio ha deciso di istituire un nuovo gruppo di promozione vocazionale per adolescenti. Molti giovani inglesi sembrano dunque avere recepito bene l’invito rivolto il 20 luglio da Benedetto XVI all’Ippodromo di Randwick a “non avere paura” di dire il loro sì a Gesù, di trovare la loro “gioia nel fare la sua volontà, donandosi completamente per arrivare alla santità” e facendo uso dei loro “talenti a servizio degli altri”. (L.Z.)

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    Presentato dai vescovi sudcoreani il nuovo statuto delle scuole cattoliche

    ◊   Dare agli istituti educativi cattolici sudcoreani una visione unitaria dell’educazione, perché sia chiara la loro missione e preservata l’identità cattolica. Questo lo scopo del nuovo Statuto delle scuole cattoliche della Corea del Sud presentato ufficialmente nei giorni scorsi dalla Conferenza dei vescovi sud-coreani (Cbck). Frutto di più di due anni di lavoro, lo Statuto è stato preparato dalla Commissione episcopale per l’Educazione e colma una lacuna del sistema scolastico cattolico in Corea del Sud, il cui unico punto di riferimento erano sinora le istruzioni vaticane. Lo Statuto indica quelle che dovrebbero essere le caratteristiche degli istituti educativi cattolici nel Paese, in particolare i principi e i valori a cui dovrebbe ispirarsi il loro insegnamento. “La missione delle scuole cattoliche – si legge nel testo - è di contribuire all’evangelizzazione e all’educazione integrale”. A questo scopo esse sono chiamate ad aiutare gli studenti a vivere secondo gli insegnamenti del Vangelo e a crescere in modo equilibrato. In particolare, l’educazione cattolica deve concentrarsi sulla fede, la difesa della vita, la promozione della giustizia e della pace, il servizio agli altri, il dialogo con le altre religioni, la difesa dell’ambiente. Per promuovere i principi e valori cristiani nei programmi educativi le scuole cattoliche vengono esortate inoltre a collaborare con le diocesi, le congregazioni religiose, le famiglie, le comunità locali e il governo. A quest’ultimo lo Statuto chiede di garantire il pieno rispetto della libertà di insegnamento (in parte limitata dalla legge che nel 2005 ha riformato la gestione delle scuole non statali in Corea del Sud). Alla pubblicazione dello Statuto – ha anticipato all’agenzia Ucan il segretario della Commissione per l’educazione, padre Joseph Kim Ung-tai – seguirà a breve la distribuzione nelle scuole cattoliche di un manuale attuativo. L’impegno della Chiesa coreana nel settore educativo risale alla fine del XIX secolo ed è molto attivo oggi: secondo i dati della Conferenza episcopale, attualmente essa gestisce nel Paese sei scuole primarie, 66 scuole medie e superiori, un college e 11 università. (L.Z.)

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    Singapore: network di solidarietà ispirato alla Dottrina sociale della Chiesa

    ◊   Una settantina di imprenditori e liberi professionisti cattolici di Singapore hanno dato vita a un network di solidarietà ispirato ai principi della Dottrina sociale della Chiesa. Si chiama “Catholic Business Network” (CBN) ed è stato inaugurato nei giorni scorsi alla presenza dell’arcivescovo di Singapore, mons. Nicholas Chia e di un centinaio di invitati. Scopo dell’iniziativa - ha spiegato all’agenzia Ucan il suo presidente, nonché ideatore George Chew - è di aiutare gli aderenti nel loro cammino di fede, spronandoli a mettere in pratica l’etica e i valori morali cattolici nel loro lavoro e di incoraggiarli a mettere i loro talenti e mezzi al servizio della comunità e dei meno fortunati. La costituzione del nuovo network è stata preceduta da una serie di convegni intitolata “Essere cattolici in un mondo che lavora” e da altri incontri informali tra i suoi membri. Positivo il giudizio sull’iniziativa di mons. Nicholas Chia, che alla cerimonia inaugurale ha rilevato come essa “aiuterà la promozione dei valori morali della società”. “Oggi domina una cultura consumistica - ha detto il presule -, dobbiamo invece coltivare una cultura della vocazione: siamo chiamati a usare i doni che ci vengono dati per costruire il Regno di Dio”. “La gente pensa che non puoi fare affari ed essere allo stesso tempo cattolico, ma Gesù ci dice invece che è possibile e CBN dovrebbe aiutare a capire come”, ha detto, da parte sua, mons. Eugene Vaz, vicario generale dell’arcidiocesi, e direttore spirituale della nuova associazione. Le principali attività del Catholic Business Network comprendono la raccolta di fondi per aiutare i bisognosi. Tra i progetti in agenda per l’anno prossimo vi è poi quello di mettere on–line un almanacco delle imprese cattoliche locali per aiutare l’assunzione di cattolici che hanno perso il lavoro a causa della crisi. (L.Z.)

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    Lisbona: seminario per il terzo centenario della morte di padre Pereira, missionario in Cina

    ◊   Un simposio internazionale intitolato “L’Imperatore Kang Xi e la missione gesuita in Cina”, per ricordare i 300 anni della morte del padre gesuita Tomás Pereira, (1645-1708), si svolgerà a Lisbona, in Portogallo, dal 10 al 12 novembre. Il simposio è organizzato da un nutrito gruppo di realtà culturali: dall’Istituto Matteo Ricci di Macao, all’Università classica di Lisbona e sono previsti interventi di alcuni esperti di fama internazionale. I temi affrontati riguarderanno: “Padre Pereira, la sua persona e la sua missione”, “La missione in Cina durante la dinastia di Kang Qi”, “Padre Pereira, scienza e missione, la musica e la cultura cinese, la corte di Qing”. Inoltre si terrà un’altra conferenza dedicata alla memoria del sacerdote gesuita a Macao, dal 27 al 29 novembre. Il missionario portoghese padre Tomás Pereira - riferisce l'agenzia Fides - è una delle figure-chiave per la storia della Chiesa in Cina: infatti conquistò la fiducia dell’Imperatore Kang Xi svolgendo un ruolo essenziale per placare la polemica nata riguardo ai riti cinesi. Come rappresentante e protettore della missione, divenne mandarino a corte, entrando a far parte della diplomazia cinese, restaurando la famosa chiesa dedicata all’Immacolata Concezione di Maria fondata dal suo confratello gesuita e grande missionario, padre Matteo Ricci. L’Imperatore Kang Xi è il più grande imperatore cinese non solo per la dinastia Qing ma lungo tutta la storia imperiale cinese. Oltre alle sue grandi capacità ed all’intelligenza, fu anche un imperatore molto aperto e tollerante verso la cultura e la religione occidentale. Grazie a lui i missionari cattolici, soprattutto gesuiti, hanno potuto diffondere la fede liberamente. Purtroppo a causa del conflitto politico e religioso occidentale, l’Imperatore cambiò il suo atteggiamento amichevole verso i missionari. (R.P.)


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    Celebrazioni nel centenario della nascita di padre Arrupe

    ◊   Con la celebrazione della Santa Messa, presso la Chiesa romana del Gesù, avrà inizio il prossimo 9 novembre la giornata che ricorda il centenario della nascita di padre Pedro Arrupe, dal 1965 al 1983 Padre Generale della Compagnia di Gesù, e fondatore del servizio dei Gesuiti dedicato ai Rifugiati (JRS). Presiederà la celebrazione padre Adolfo Nicolás, Preposito Generale della congregazione, insieme a padre Peter Balleis, direttore dell’Ufficio internazionale del JRS, e a padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli (JRS Italia). Nella giornata di commemorazione grande attenzione sarà posta all’impegno di padre Arrupe in difesa dei rifugiati ed una mostra fotografica sul tema dal titolo “L’amore di un uomo. Un omaggio alla visione di padre Arrupe” ricorderà le tappe principali della storia del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati da lui fondato. "Padre Arrupe capì l’importanza di non limitarsi a rispondere ai bisogni materiali dei rifugiati – ha detto in un comunicato il direttore dell’Ufficio internazionale del JRS, padre Peter Balleis - Fin dall’inizio del lavoro del JRS, lo staff ha interpretato l’approccio personale e pastorale di “essere con” più che “agire per” i rifugiati”. In questa prospettiva – continua il comunicato dei Padri Gesuiti - quasi trent’anni più tardi il JRS è diventato un’organizzazione umanitaria internazionale che serve circa 500mila, tra rifugiati e migranti, con progetti in tutto il mondo tesi a rispondere ai bisogni di natura educativa, sociale e sanitaria. La mostra che racconta l’opera di sostegno portata avanti dal JRS resterà aperta al pubblico fino al prossimo 28 novembre. (C.D.L.)

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    L'arcivescovo di Firenze ricorda La Pira “profeta e costruttore di pace”

    ◊   Quella di Giorgio la Pira è una “straordinaria figura di cristiano”: egli fu “terziario domenicano fedelissimo alla sua consacrazione, sindaco di Firenze, profeta e costruttore di pace e di unità tra i popoli, figura eccelsa di santità in questa Chiesa”. Così mons. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, ha definito La Pira nel giorno del 31° anniversario della sua morte, celebrato – riferisce la Misna - a Firenze nella basilica di San Marco. “Un discepolo del Signore” ha continuato il presule nell’omelia, che rappresenta “il titolo più alto cui un cristiano può e deve aspirare”. Un modello per i laici soprattutto, ai quali è chiesto di annunciare il Vangelo ‘ubi Christus non est nominatus’, e di ‘essere laici che si distinguono per una professionalità rigorosa”. Nel suo impegno sullo scenario politico italiano – ricorda ancora mons. Betori – la Pira si richiamava spesso al discorso di Gesù nella sinagoga di Nazaret, dove il Signore indica come “il cammino della storia, sotto il segno vivificante e orientatore dello Spirito Santo, di Cristo Risorto, della Chiesa”, avrà, come suo punto terminale “la Terra promessa” e dunque la pace, l’unità e la promozione e liberazione dall’oppressione per tutti i popoli della terra. “Questo è il vero programma politico di La Pira: - ha concluso l’arcivescovo di Firenze - essere promotore di unità e di pace nel nome del Vangelo”. (C.D.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Il nuovo governo del Congo apre al dialogo per porre fine alla violenza

    ◊   Il nuovo governo congolese “metterà fine alla guerra” nella parte orientale del Paese. Lo ha detto il primo ministro Muzito, che si trova a Goma, capoluogo del Nord Kivu minacciato dai ribelli di Laurent Nkunda. “Metteremo fine alla guerra con mezzi diplomatici, politici, militari”, ha detto nel corso di una conferenza stampa, precisando che il “governo è pronto ad ascoltare tutti i movimenti armati”. Tante sono state le critiche mosse in questi giorni alla MONUC, la forza dell’ONU presente nell’area. Proprio in queste ore, sono cambiate per loro le regole d’ingaggio. Questo vuol dire che i caschi blu potranno intervenire in maniera più concreta? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Angelo Turco, africanista e docente di Geografia politica all’Università dell’Aquila:

    R. - In realtà, più che cambiate ci si è accorti che, sulla base di un capitolo delle Nazioni Unite, i soldati possono intervenire ma, a quanto pare, per difendere Goma. Quindi, non è una cosa da poco. Ma di qui a pensare che possa cambiare la strategia sul terreno, forse ci passa qualcosa.

     
    D. - Nelle prossime ore si terrà il vertice di pace straordinario di Nairobi. Cosa possiamo aspettare da questo incontro?

     
    R. - Intanto, diciamo che questo incontro è un successo. Lo dico un po’ provocatoriamente per sottolineare che è un successo comunque se consideriamo quali erano, fino a qualche giorno fa, le posizioni di Kagame e di Kabila, che non volevano neanche parlarsi. Mai come in questo caso, dunque, il risultato è aperto. Tuttavia, se i soggetti convocati fanno ciascuno la loro parte, possiamo forse intravedere uno spiraglio per una pace più duratura, o per l’inizio di un percorso di pace più duraturo del cessate-il-fuoco unilaterale proclamato da Nkunda. Quindi, dovremo seguire con molta attenzione quello che succederà nei prossimi giorni.

     
    Pakistan
    È salito a nove morti il bilancio dell'attentato compiuto questa mattina a Bajaur, nel Pakistan nordoccidentale. Lo riferisce la televisione Geo News. Al momento dello scoppio, era in corso una jirga, una riunione di anziani, della tribù dei Salarzai. I feriti, 40 di cui 15 in gravi condizioni, sono stati trasportati all'ospedale di Khar, dove è stato dichiarato lo stato di emergenza. I Salarzai, come molte altre tribù, combattono al fianco dell'esercito pakistano contro i talebani legati ad Al Qaida. In mattinata, sempre nel nordovest del Paese, non lontano dalla zona di Bajaur, aerei dell'esercito di Islamabad hanno bombardato postazioni talebane a Chaharmang, Nawagai e Mamond, facendo vittime.

    Iraq
    Almeno tre persone sono rimaste uccise, tra cui due membri dei Sahwa, ovvero le milizie anti-al Qaida, e altre 12 sono rimaste ferite stamani in seguito all'esplosione di quattro ordigni in diverse zone di Baghdad. Due bombe, hanno riferito fonti di polizia, sono esplose in rapida successione sulla via Shaikh Umar, nel centro di Baghdad, ad un posto di blocco delle milizie Sahwa, causando la morte di due miliziani e il ferimento di altri tre e di due passanti. Un terzo ordigno è esploso nei pressi della Moschea al Kailany, sempre nel centro della capitale, provocando la morte di un civile e il ferimento di altri quattro. Il quarto ordigno, collocato sotto un'auto civile, è esploso nella parte est di Baghdad, nella piazza al Hamza a Sadr City, provocando il ferimento di tre civili.

    Afghanistan
    Almeno sette civili afghani sono stati uccisi ieri sera da un attacco aereo delle forze della coalizione su di un villaggio nel nordovest del Paese, secondo quanto riferito dalle autorità del Paese. L’attacco è avvenuto dopo che un convoglio di militari afghani e internazionali era stato attaccato da ribelli taleban nel distretto di Ghormach della provincia di Baghdis. Il capo del distretto ha riferito che sette civili e 15 insorti sono morti nel raid, ma il capo del consiglio provinciale ha detto che gli abitanti del villaggio gli hanno parlato di trenta morti. Un portavoce delle forze USA ha detto di non avere notizie della presenza di civili e di aver avviato accertamenti. Ieri mattina, inoltre, secondo l'esercito francese, tre civili afghani, fra i quali un bambino, sono rimasti uccisi da un razzo lanciato contro un campo della NATO alla periferia di Kabul. Il razzo è finito su di una casa a 600 metri dal campo.

    Medio Oriente
    Continua la tensione in Medio Oriente. Oggi due razzi Qassam sono stati lanciati dalla Striscia di Gaza colpendo il territorio del Neghev occidentale. Secondo la radio israeliana non si ci sono state vittime. Ieri, sei miliziani di Hamas sono stati uccisi, a poca distanza dal confine, nel corso di un'operazione militare condotta da reparti speciali dello Stato ebraico. Hamas ha reagito sparando oltre una trentina di razzi contro il territorio israeliano, senza peraltro causare vittime. Per un quadro della situazione nell'area, Gabriella Ceraso ha raggiunto telefonicamente a Gaza Lino Zambrano della ONG CRIC-Centro regionale di intervento per la cooperazione:

    R. - Si è temuto per la rottura della tregua che va avanti da diversi mesi, però, almeno qui a Gaza, sembra che sia Hamas che Israele confermino che la tregua va avanti e che questo sia stato solo un episodio.

     
    D. - Qual è la condizione della popolazione?

     
    R. - La popolazione vive questa situazione di chiusura. Da qualche mese sono stati aperti i valichi, qualcosa in più entra, soprattutto alimenti. Ciò che manca spesso sono i medicinali e quei materiali che possono servire anche nella vita quotidiana. Manca spesso il latte, è tornato il black-out dell’elettricità in alcune ore della giornata.

     
    D. - È trascorso quasi un anno dal vertice di Annapolis in America. Hai notato dei miglioramenti?

     
    R. - Devo dire la verità, no. La gente spera innanzitutto in un riavvicinamento tra le fazioni palestinesi - sono in corso anche dei colloqui – però non c’è molta speranza nell’immediato.

    Ossezia del Nord
    Sono almeno dieci le vittime dell’esplosione di un pulmino avvenuta questa mattina nel capoluogo della regione russa dell'Ossezia del Nord. L’attentato ha colpito il centro della capitale, nelle vicinanze di un mercato. Al momento, non si conosce l’origine dell’attentato né l’identità delle vittime. Già nel 2004, nella zona del Caucaso russo si sono verificati attentati di matrice islamica: oltre 300 persone, in maggioranza bambini, rimasero uccise a Beslan per un attacco terroristico diretto ad una scuola.

    Fondo Monetario Internazionale e Ucraina
    Il Fondo monetario internazionale (FMI) ha dato il via libera al prestito di 16,4 miliardi di dollari in favore dell'Ucraina, allo scopo di aiutare il Paese a superare le difficoltà generate dalla crisi finanziaria mondiale. L'approvazione da parte del Comitato esecutivo, si legge in una nota, ha permesso lo sblocco di una prima tranche di 4,5 miliardi di dollari, pochi giorni dopo l'adozione da parte del parlamento ucraino di uno schema di salvataggio economico richiesto proprio dall'FMI. Il piano prevede un fondo di stabilizzazione finanziato da entrate generate da privatizzazioni, una migliore protezione dei depositi bancari delle persone fisiche, l'acquisizione da parte dello Stato di quote di banche in difficoltà e una maggiore disciplina di bilancio.

    Rapporti Corea del Sud e Corea del Nord
    Il governo sudcoreano ha rinnovato oggi l'appello, ripetuto più volte in passato, affinchè le associazioni di difesa dei diritti civili del Paese pongano fine alla campagna contro Pyongyang, interrompendo l'invio di volantini anti-nordcoreani nella zona smilitarizzata al confine tra le due Coree. “È una condotta assolutamente riprovevole di cui chiediamo lo stop immediato”, ha dichiarato a Seul il portavoce del Ministero per l'unificazione, Kim Ho Nyoun, secondo il quale la diffusione di tali volantini è un “fatto non desiderabile, anche in considerazione dello stato attuale dei rapporti tra Nord e Sud”. L'appello del governo di Seul arriva sulla scia dell'ultima campagna contro Pyongyang organizzata da alcune associazioni sudcoreane, che ieri hanno inviato in Corea del Nord circa 100 mila volantini tramite grandi palloni aerostatici che hanno oltrepassato la linea di confine. Il mese scorso, la Corea del Nord aveva minacciato la chiusura di ogni relazione bilaterale con il Sud, con l'avvertimento di una possibile “punizione decisiva e senza pieta”', nel caso in cui il governo conservatore guidato dal presidente Lee Myung-bak avesse continuato la politica della linea dura nei confronti del regime stalinista.

    Cina-Taiwan
    Dopo gli accordi economici firmati la scorsa settimana, per la prima volta dal 1949, anno di proclamazione d’indipendenza dell’isola, un leader di Taiwan ha incontrato un alto rappresentante di Pechino. Il colloquio tra il presidente taiwanese, Ma Ying-jeou, e Chen Yunlin, è stato spostato di cinque ore per evitare le proteste dei gruppi filoindipendentisti di Taiwan. Fonti giornalistiche riferiscono che la riunione, sebbene durata pochi minuti, sia stata l’occasione per ratificare ulteriori accordi. L'incontro, ha commentato il presidente Ma "costituisce un grosso passo avanti per le relazioni attraverso lo stretto" di Taiwan e "contribuirà alla stabilità ed alla prosperità”. È importante, ha aggiunto, che "in futuro le parti guardino alla realtà e non neghino l'esistenza dell'altra, al fine di promuovere il benessere e la pace”.

    Cina, Taiwan e crisi finanziaria
    Taiwan e crisi finanziaria sono i problemi che Pechino considera prioritari per lo sviluppo delle relazioni tra la Cina e il presidente eletto degli USA, Barack Obama. Lo ha affermato oggi il portavoce del ministero degli Esteri, Qin Gang, in una conferenza stampa a Pechino sul prossimo viaggio del presidente Hu Jintao a Washington, dove prenderà parte il 15 novembre alla riunione del G20 dedicato alla riforma del sistema monetario internazionale. Pechino, ha aggiunto, “attribuisce la massima importanza” alle relazioni con gli USA e “farà di tutto per facilitare” il passaggio delle consegne tra l'amministrazione del presidente Bush e quella di Obama. Il portavoce ha detto che per Pechino il problema bilaterale più delicato è quello di Taiwan, l'isola di fatto indipendente dal 1949, che Pechino rivendica. Gli USA riconoscono una sola Cina, quella di Pechino, ma mantengono buone relazioni con Taiwan. Per quanto riguarda la discussione del G20, che comprende sia Paesi emergenti che Paesi industrializzati, il viceministro degli Esteri, He Yafei, presente alla conferenza, ha detto che la Cina ritiene che i Paesi industrializzati debbano essere maggiormente rappresentanti nelle istituzioni finanziarie internazionali. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 311

     
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