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Sommario del 05/11/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI all'udienza generale: vivere il cristianesimo richiede coraggio, ma senza la risurrezione di Cristo la fede sarebbe assurda
  • Il vero volto di Papa Pacelli nella mostra del Pontificio Comitato di Scienze Storiche
  • Mons. Marchetto: gli immigrati, anche se irregolari, hanno dignità e diritti che nessuno può calpestare
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il messaggio del Papa a Barack Obama eletto presidente degli Stati Uniti
  • Il senatore afro-americano Obama alla Casa Bianca: giornata storica per gli USA
  • Reazioni positive nel mondo all'elezione di Obama. La gioia dell'Africa
  • Bandire le cluster bombs: l'appello della Campagna italiana contro le mine
  • Il cardinale Tettamanzi ai sacerdoti: il nostro stile di vita non scandalizzi i poveri
  • Radio Don Bosco in Madagascar: l'impegno dei media cattolici per l'Africa
  • Chiesa e Società

  • Unicef: migliaia di bambini allo stremo nel Nord Kivu
  • L’impegno della Caritas a sostegno delle vittime della guerra nel Congo
  • Cina: si è spento l'arcivescovo Jin Peixian. Subì il carcere e i lavori forzati
  • Terra Santa: visita a Gerusalemme del cardinale cinese Zen Ze-kiun
  • Messa celebrata alla frontiera tra Messico e USA in memoria delle vittime dell'immigrazione
  • Il cardinale Leonardo Sandri in visita in India
  • Pace e sviluppo al centro della riunione delle Organizzazioni Femminili Cattoliche dell'Asia-Pacifico
  • La storica visita del cardinale Vingt-Trois alla Chiesa ortodossa di Russia
  • In corso a Santo Domingo la Settimana Vocazionale 2008
  • Il cardinale Brady: “riaffermare la priorità della famiglia fondata sul matrimonio”
  • La riflessione del cardinale Grocholewski su famiglia, scuola cattolica e mass media
  • Spagna: la società civile chiede attenzione per le famiglie in crisi
  • Eletta la presidenza della Conferenza episcopale del Paraguay
  • I vescovi del Paraguay: preoccupazione per i contadini “senza terra”; necessaria una riforma agraria
  • Due pellegrinaggi del Terz’ordine Canossiano per i 200 anni di fondazione delle Figlie della Carità
  • Cambogia: l’ingresso in seminario di quattro giovani khmer segno di speranza per le vocazioni
  • Giornata della Memoria a Palermo: mons. Romeo ricorda le vittime della violenza
  • Padre Giuseppe Bellocci è il nuovo direttore dell’Ufficio Stampa della Compagnia di Gesù
  • 24 Ore nel Mondo

  • Congo: il leader dei ribelli minaccia di attaccare Kinshasa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI all'udienza generale: vivere il cristianesimo richiede coraggio, ma senza la risurrezione di Cristo la fede sarebbe assurda

    ◊   Il cristianesimo non è la “via della comodità”, ma una “scalata esigente” che non può essere compiuta se non con la fede nella risurrezione di Gesù, l’evento che dà senso alla speranza cristiana. Sono alcune delle affermazioni, ispirate dalle Lettere di San Paolo, che hanno caratterizzato l’udienza generale di questa mattina di Benedetto XVI in Piazza San Pietro. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Sarebbe “semplicemente assurda” la vita cristiana senza la risurrezione di Gesù. La convinzione ribadita da Benedetto XVI fu la stessa che duemila anni fa mosse Paolo di Tarso: il suo insegnamento alle prime comunità di credenti, ha spiegato il Papa, parte sempre e in ogni caso da questo momento zero della fede: il sepolcro vuoto, i testimoni che ne toccano le pietre e le bende, Gesù che appare a questi testimoni dopo la sua morte. Da qui - allora per Paolo, ma oggi per noi - muove anche ogni passo del cristiano verso la vera speranza:

     
    “In tale evento infatti sta la soluzione del problema posto dal dramma della Croce. Da sola la Croce non potrebbe spiegare la fede cristiana, anzi rimarrebbe una tragedia, indicazione dell’assurdità dell’essere. Il mistero pasquale consiste nel fatto che quel Crocifisso 'è risorto il terzo giorno secondo le Scritture' - così attesta la tradizione protocristiana. Sta qui la chiave di volta della cristologia paolina: tutto ruota attorno a questo centro gravitazionale”.

     
    Ma in che modo il “grande apostolo”, come lo chiama il Papa, annuncia questo mistero? E perché per lui è un tema “così determinante”? La catechesi in Piazza San Pietro risponde a queste due domande. Sul come, Paolo - ha affermato Benedetto XVI - annuncia a partire dalle parole della “tradizione”, non ne “va mai a discapito”. Risponde alle domande concrete dei primi cristiani, ai loro dubbi. In sostanza, ha osservato il Papa, quella paolina è una “teologia vissuta”. E qui, il Pontefice, esperto teologo, ha fatto una digressione sul ruolo della teologia moderna:

     
    “l teologo, il predicatore non crea nuove visioni del mondo e della vita, ma è al servizio della verità trasmessa, al servizio del fatto reale di Cristo, della Croce, della risurrezione. Il suo compito è aiutarci a comprendere oggi, dietro le antiche parole, la realtà del ìio con noi’ quindi la realtà della vera vita”.

     
    Rispettando la “catena della tradizione” avviata dai primi Apostoli, San Paolo arriva dunque a presentare la risurrezione di Gesù come “sintesi” del Vangelo e come “punto culminante” di un cammino di salvezza. E questo “modo” di annunciare induce, ha proseguito Benedetto XVI, a chiedersi il “perché” insista su questo evento. Perché, ha risposto il Papa:

     
    “La novità della risurrezione consiste nel fatto che Gesù, elevato dall’umiltà della sua esistenza terrena, viene costituito Figlio di Dio ‘con potenza’ (...) La risurrezione svela quindi definitivamente qual è l’autentica identità e la straordinaria statura del Crocifisso. Una dignità incomparabile e altissima: Gesù è Dio!”.

     
    Tutto ciò, ha concluso il Pontefice rivolgendosi alla folla, produce “importanti conseguenze per la nostra vita di fede”, perché siamo intimamente chiamati a partecipare “a tutta la vicenda della morte e della risurrezione di Cristo”. Siamo chiamati a una speranza che passa per un via di grande impegno:

     
    “La teologia della Croce non è una teoria – è la realtà della vita cristiana. Vivere nella fede in Gesù Cristo, vivere la verità e l’amore implica rinunce ogni giorno, implica sofferenze. Il cristianesimo non è la via della comodità, è piuttosto una scalata esigente, illuminata però dalla luce di Cristo e dalla grande speranza che nasce da Lui”.

     
    Al termine della catechesi e dei saluti in varie lingue, Benedetto XVI si è soffermato sul mistero della morte che la Chiesa celebra in questi giorni. Tale pensiero, ha detto ai giovani, non sia per voi motivo di tristezza, “ma stimolo ad apprezzare e valorizzare appieno la vostra giovinezza, orientando sempre il vostro spirito ai valori spirituali che non periscono”. Per gli ammalati sia un invito a rinnovare costantemente la fiducia in Cristo, “sapendo - ha assicurato - che in ogni situazione siamo sempre nelle sue mani”. Per i nuovi sposi, infine, la prospettiva della vita eterna diventi un “incoraggiamento” a progettare la famiglia guidati “da Cristo e dal suo Vangelo”.

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    Il vero volto di Papa Pacelli nella mostra del Pontificio Comitato di Scienze Storiche

    ◊   Una mostra che vuole far emergere non solo l’immagine ufficiale di Pio XII consegnata agli archivi della storia, ma qualcosa di più singolare e profondo, che mira a far luce sul suo carattere e sulla profondità dei suoi sentimenti. Con queste parole il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ha inaugurato ieri pomeriggio in Vaticano, al Braccio di Carlo Magno, l’esposizione fotografica e documentaria dedicata a Papa Pacelli. Tra le varie manifestazioni che quest’anno ricordano la morte del Pontefice, l’allestimento consente di conoscere meglio il difficile periodo della seconda guerra mondiale. Ascoltiamo le parole del cardinale Bertone in questo servizio di Tiziana Campisi:

    “La memoria di questo grande pastore ci riporta alle condizioni sociali, politiche e religiose di quegli anni, certamente mutate rispetto alla situazione odierna, anche se non poche problematiche ritornano, di bruciante attualità”.

     
    Ricordare Pio XII, ha sottolineato il cardinale Tarcisio Bertone, significa anche ripercorrere gli anni delle due guerre mondiali. E se, come ha detto Benedetto XVI il 9 ottobre scorso - giorno del cinquantesimo anniversario della morte di Papa Pacelli – il dibattito storico sulla sua figura non sempre sereno ha tralasciato di porre in luce tutti gli aspetti del suo poliedrico pontificato, la mostra cerca di offrire uno sguardo più ampio sulla storia, come ha detto mons. Walter Brandmüller, presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche:

    “Attraverso la mostra commemorativa, vogliamo mettere in dovuta evidenza la persona e l’operato di Eugenio Pacelli – Pio XII, su richiesta del Santo Padre, Benedetto XVI. Questa iniziativa ci è parsa tanto più opportuna in quanto, a partire dall’anno 1962-63, venne scatenata una campagna diffamatoria, ben orchestrata, contro la memoria del Pontefice. Ciò non significa fare apologetica: basta, piuttosto, far conoscere la verità storica, poiché le accuse lanciate contro Papa Pacelli non possono richiamarsi alla seria ricerca storica, la quale in modo sempre più convincente ne dimostra l’infondatezza”.

     
    Immagini inedite o poco note, scritti di carattere personale e ufficiale: è quanto fa conoscere di Pio XII l’esposizione. ancora il cardinale Bertone:

    “Si è cercato di fare emergere i diversi aspetti caratteristici della sua personalità. Non solo la sua immagine ufficiale, consegnata agli archivi della Storia, ma qualcosa di più singolare e profondo”.

     
    Tra le tante discussioni di ordine politico, teologico, diplomatico, pastorale e storico, ha concluso il cardinale Bertone, Pio XII ha sempre perseguito l’intuito del popolo, specialmente di quello romano, ha aggiunto, restandogli accanto soprattutto – come documenta la mostra – nei momenti drammatici del secondo conflitto mondiale.

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    Mons. Marchetto: gli immigrati, anche se irregolari, hanno dignità e diritti che nessuno può calpestare

    ◊   Il servizio concreto ai migranti, ai rifugiati ed ai profughi interni sono da anni al centro dell’attenzione delle Chiese in Asia, che sono convolte sia come Paesi di emigrazione che come Paesi di accoglienza di massicci flussi di rifugiati e profughi. Il tema verrà ripreso da domani a Bangkok, in Thailandia, dai rappresentanti di quindici Paesi asiatici, tra vescovi e operatori pastorali, in un incontro di tre giorni, organizzato dal Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, in collaborazione con la Commissione per la mobilità umana della Conferenza episcopale thailandese. E’ in gioco la vita di milioni di persone, che a vario titolo, con le loro famiglie, si trovano a vivere in un Paese che non è il proprio a motivo di conflitti armati, di problemi economici e politici, o per lavoro, al fine di garantire un futuro migliore ai propri figli. Numerosi sono stati gli appelli e gli incontri dedicati dalle singole Chiese e dalla Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia a favore dei migranti e dei rifugiati, e per le loro famiglie. Facciamo dunque il punto della situazione con il segretario del Pontificio Consiglio per la pastorale del migranti e degli itineranti, l’arcivescovo Agostino Marchetto, al microfono di Pietro Cocco.

    R. - Dietro tali dichiarazioni vi è il costante sforzo di cappellani ed operatori pastorali che lavorano tra migranti, rifugiati e profughi allo scopo di rispondere ai loro bisogni spirituali e materiali, e anche di operare per la loro promozione umana, ricordando che sono figli di un Dio che è amore. Vi è anche una stretta collaborazione tra le Chiese asiatiche di origine e di destinazione, altresì non in Asia, per assicurare a queste persone protezione e sostegno, ma pure per aiutarle a raggiungere la possibilità di essere protagonisti di evangelizzazione.

     
    D. - Quali sono oggi gli aspetti problematici di questa pastorale per la Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche?

     
    R. - Prima di tutto bisogna salvaguardare la dignità umana di migranti, rifugiati e profughi interni e far rispettare i loro diritti umani e lavorativi. Ciò include la previdenza sociale e l’assistenza medica per i lavoratori migranti, l’opportunità di impegnarsi in attività economiche proficue, al fine di offrire ai richiedenti asilo, rifugiati e anche profughi la possibilità di essere autosufficienti. La questione della migrazione irregolare è pure legata a questo contesto. Quando ci sono flussi misti di rifugiati che sono effettivamente, per definizione, perseguitati e di persone che vi si aggiungono per altri motivi, generalmente meno drammatici, come possiamo determinare chi ha il diritto ad un’assistenza specifica? Quando le persone che abitano in campagna si spostano in città, anche oltre confine, spesso c’è di mezzo pure una migrazione senza documenti. Questa tendenza verso la città cresce sempre di più e sta portando ad un’urbanizzazione incontrollata, con i problemi che essa trae con sé. Poi, vi è la femminizzazione della migrazione. Le donne stanno diventando sempre più migranti indipendenti e la principale fonte di guadagno delle proprie famiglie. In alcuni Paesi asiatici, vi sono più donne che uomini migranti. Questo spesso significa che devono lasciare i propri figli e/o mariti nel luogo di origine. Le donne migranti sono più vulnerabili degli uomini nei paesi di accoglienza, soprattutto in quelli in cui i diritti delle donne non sono culturalmente riconosciuti. La migrazione sia di uomini che di donne può facilmente avere come conseguenza famiglie fragili, infedeltà coniugali e dissoluzione di matrimoni. L’integrazione – non l’assimilazione – è un’altra questione importante. Come possono essere aiutati i migranti, rifugiati e profughi interni ad integrarsi nei paesi di destino, nelle Chiese di accoglienza, in modo tale che possano dare il proprio contributo positivo alla società e alla Chiesa?

     
    D. - Quale impulso vi attendete dunque dall’incontro di Bangkok?

     
    R. - In primo luogo, speriamo di rendere consapevoli i migranti, rifugiati e profughi interni del fatto che hanno una dignità umana che nessuno può loro togliere, indipendentemente dal loro status economico o legale. Quindi i loro diritti umani, che includono quelli sociali, lavorativi ed economici, devono essere riconosciuti e salvaguardati. Speriamo di far capire sempre più ciò a tutti. Questo significa incoraggiare i governi a ratificare, mettere in atto e addirittura creare ulteriori leggi nazionali che siano in conformità con la legislazione internazionale e le convenzioni che proteggono i migranti, i rifugiati e le loro famiglie. Bisognerà anche lavorare per la protezione dei profughi interni, che non hanno lasciato cioè il proprio Paese. Speriamo che l’incontro di Bangkok faccia capire a tutti gli attori coinvolti che migranti, rifugiati e profughi interni non devono essere considerati come entità separata dalle proprie famiglie. Speriamo soprattutto che da questo incontro nasca o si confermi la convinzione che in ogni migrante, rifugiato e profugo interno è presente Gesù Cristo. In ogni caso il Congresso sarà eminentemente pastorale.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Prima pagina. "Siamo gli Stati Uniti d'America": il senatore Barack Obama eletto presidente.
    Un commento di Giuseppe Fiorentino dal titolo "Una scelta che unisce".

    Sviluppo sostenibile e difesa dell'ambiente: nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede alla 63.ma Assemblea generale delle Nazioni Unite.

    In cultura, stralci dall'intervento dell'arcivescovo Gianfranco Ravasi al convegno "L'eredità del Magistero di Pio XII" organizzato, a Roma, per il cinquantesimo anniversario della morte di Papa Pacelli.

    La prolusione di Gianpaolo Romanato all'inaugurazione del nuovo anno accademico dello Studio Rotale del Tribunale Apostolico della Rota Romana.

    Carlo Carletti su "Eagle", il portale che punta a catalogare e a rendere disponibile in rete l'intero patrimonio epigrafico greco latino.
     Far vivere le chiese dappertutto, missione dei fedeli in Francia: nell'informazione religiosa, un articolo sui lavori dell'assemblea plenaria dei vescovi focalizzati sulla questione dell'abbandono degli edifici di culto.

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    Oggi in Primo Piano



    Il messaggio del Papa a Barack Obama eletto presidente degli Stati Uniti

    ◊   Il Papa ha inviato, attraverso l'ambasciata statunitense presso la Santa Sede, un messaggio a Barack Obama, eletto ieri 44.mo presidente degli Stati Uniti. Lo ha riferito ai giornalisti padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana. Nel messaggio, il Pontefice, facendo gli auguri a Obama e alla sua famiglia e definendo questa elezione un’occasione storica, assicura le sue preghiere a Dio perché lo assista nelle sue alte responsabilità nel Paese e nella comunità internazionale. Benedetto XVI invoca la benedizione di Dio sul presidente eletto e sul popolo statunitense perché con tutte le persone di buona volontà si possa costruire un mondo di pace, di solidarietà e giustizia. Ma sull’elezione di Obama ascoltiamo il commento di padre Lombardi:

    Il compito del presidente degli Stati Uniti è un compito di immensa e altissima responsabilità non solo per il suo Paese, ma per tutto il mondo, dato il peso che gli Stati Uniti hanno in tutti i campi sulla scena mondiale. Perciò tutti auguriamo al nuovo presidente Obama di poter rispondere alle attese e alle speranze che si rivolgono verso di lui, servendo efficacemente il diritto e la giustizia, e trovando le vie adatte per promuovere la pace nel mondo; favorendo la crescita e la dignità delle persone nel rispetto dei valori umani e spirituali essenziali. I credenti pregano che Dio lo illumini e lo assista nella sua altissima responsabilità.

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    Il senatore afro-americano Obama alla Casa Bianca: giornata storica per gli USA

    ◊   E' stata una giornata storica per gli Stati Uniti: al termine di una lunga e avvincente campagna elettorale, il 47enne senatore afro-americano Barack Obama ha conquistato stanotte la Casa Bianca, prevalendo nettamente sul candidato repubblicano, il senatore dell’Arizona John McCain. Per la prima volta, nella storia degli Stati Uniti, un candidato nero viene eletto alla presidenza. Obama ha conquistato il 52 per cento dei suffragi e 349 voti elettorali su 538 in palio, conquistando anche Stati tradizionalmente repubblicani come Florida e Ohio che, nelle due precedenti tornate elettorali, avevano votato per George W. Bush. Il partito democratico ha inoltre guadagnato posizioni nelle contestuali elezioni per il rinnovo del Congresso. Da Chicago, la città del neo-presidente Obama, il servizio di Elena Molinari:

    “If there is anyone out there who still doubts that America is a place where all things are possible, who still wonders if the dream of our founders is alife in our time, ...
    'Se qualcuno avesse avuto dubbi questa notte dimostra che l’America è il Paese dove tutto è possibile'. Così ha esordito Barack Obama di fronte alla folla riunita al Grant Park di Chicago. Ed è stato un riferimento alla storicità del momento, all’ascesa cioè del primo nero alla guida di un Paese che da più di 200 anni trascina con dolore la macchia del peccato originale della schiavitù. “Yes, we can”, sì, ce la possiamo fare, ha ripetuto Obama più e più volte, promettendo una presidenza che riunisca il Paese: bianchi, neri, democratici e repubblicani. John McCain, con una telefonata all’ex rivale di una delle campagne elettorali più lunghe, costose e faticose della storia americana, ha garantito che il nuovo presidente potrà contare su di lui e sul suo aiuto, per rimettere in piedi gli USA dopo un tracollo finanziario e due guerre all’estero, e ha invitato la parte del suo partito a mettere da parte l’amarezza in nome dell’interesse nazionale. Intanto, lo spoglio del voto continuava e mostrava che Obama ha conquistato Stati che quattro e otto anni fa avevano votato per George Bush. Obama è arrivato alla Casa Bianca promettendo il cambiamento ma, come ha ammesso lui stesso questa sera, essere eletto è solo il primo passo.

     
    Obama assumerà l’incarico di 44.mo presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio prossimo durante una solenne cerimonia a Washington. Intanto, ci si interroga sul significato di questa vittoria che tutti i media americani definiscono storica. Raggiunto telefonicamente a New York da Giada Aquilino, il responsabile Esteri del TG1-RAI, Paolo Mastrolilli si sofferma in particolare sulle proporzioni del successo del senatore dell’Illinois:

    R. – E’ una vittoria storica anche per le proporzioni che ha avuto: Barack Obama è riuscito a vincere in molte regioni che, nel passato, erano state facili preda dei repubblicani. Questo significa che con il suo messaggio, con il suo carisma, è riuscito anche a riunificare un po’ il Paese che era rimasto molto diviso negli ultimi anni. E’ una vittoria ancora più significativa perché dimostra la capacità di cambiamento della democrazia americana, la capacità di rinnovarsi.

     
    D. – Obama ha vinto in quegli stati che invece, nelle ultime elezioni, avevano consegnato la Casa Bianca a Bush: Ohio, Florida, Virginia. Cosa ha influito?

     
    R. – Evidentemente c’era una forte insoddisfazione nei confronti dell’amministrazione Bush. Il presidente era ai livelli minimi di popolarità, non tanto per la guerra in Iraq, il modo in cui aveva gestito la guerra al terrorismo, ma soprattutto per la crisi economica.

     
    D. – Ad incidere sul risultato finale, il voto degli afroamericani, degli ispanici, dei giovani, delle donne. Perché?

     
    R. – Sono i gruppi che forse erano stati più trascurati durante l’amministrazione Bush e che si sono fatti sentire perché hanno visto in Obama un candidato che dava loro l’opportunità, appunto, di far ascoltare la loro voce. Però, è importante anche che naturalmente Obama sia riuscito ad ottenere il sostegno di tutti perché un risultato come quello che ha avuto oggi, non è una cosa che si può ottenere solamente con i gruppi di minoranza. Quindi è un risultato ancora più significativo perché questo candidato, il primo afroamericano che entra alla Casa Bianca, è riuscito nella difficile impresa di riunificare il Paese.

     
    Nella vittoria di Barack Obama hanno avuto un peso importante i giovani, che hanno seguito con grande impegno e partecipazione la campagna elettorale del senatore afro-americano. Alessandro Gisotti ha raccolto il commento di due ragazzi americani, studenti della “John Hopkins University” di Bologna, che hanno votato per il senatore dell’Illinois:

    R. – Vogliamo un nuovo mondo. Vogliamo avere l’esperienza del futuro, invece che del passato.

     
    D. – Quindi, il cambiamento è la “parola magica” di Obama?

     
    R. – Sì, ma il cambiamento non è soltanto lui, è la voglia, l’energia che lui porta con sé.

     
    R. – Ho votato per Obama.

     
    D. – Obama sembra avere un grande fascino tra i giovani. Perché?

     
    R. – Secondo me, soprattutto perché lui sembra uno di noi, rappresenta una generazione più giovane. Vogliamo andare avanti e, secondo me, Obama può farlo.

     
    D. – Quindi, il messaggio di cambiamento è l’elemento vincente di Barack Obama?

     R. – Sì, esattamente. Per me il messaggio è più importante di tutte le altre cose.

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    Reazioni positive nel mondo all'elezione di Obama. La gioia dell'Africa

    ◊   “La tua vittoria ha dimostrato che nessuna persona deve aver paura di sognare di voler trasformare il mondo in un posto migliore”. E’ quanto scritto, in un messaggio a Barack Obama dal leader sudafricano, Nelson Mandela. E tutta l’Africa, in particolare il Kenya dove è nato il padre di Obama, ha accolto con particolare gioia il successo del senatore afro-americano. Alessandro Gisotti ha chiesto all’arcivescovo della capitale ghanese Accra, mons. Charles Palmer-Buckle, cosa il Continente africano può aspettarsi da questa elezione di Obama alla Casa Bianca:

    R. – E’ motivo di grande gioia vedere che un figlio dell’Africa, per una volta tanto, è a capo, diciamo, della Nazione più grande del mondo. Allora, questo ci dice che l’africano è capace di arrivare al culmine. La speranza per me è che darà specialmente agli africani, un senso di stima personale perché possano anche loro, veramente, mettersi a fare quello che vogliono e credono di dover fare per migliorare la situazione nel mondo.

     
    D. – C’è una grande speranza che l’America guardi con maggiore attenzione all’Africa?

     
    R. – Una volta io ebbi a dire che il Terzo Millennio sarebbe stata l'era del Terzo Mondo, specialmente dell’Africa. Allora, per me questa vittoria è quasi profetica: avere un presidente della potenza più grande che è un figlio del cosiddetto Terzo Mondo, credo che ci darà occasione, anche a noi africani, di far sentire la nostra voce, non solo a livello delle cose strazianti ma anche a livello di quello che è positivo, che possiamo offrire.

     
    Il successo di Obama, oggi sulle prima pagine dei giornali di tutto il mondo, è stato accolto positivamente, in modo pressoché unanime, dalla comunità internazionale. Ecco alcune delle prese di posizione più significative nel servizio di Alessandro Gisotti:

    Pechino tende la mano a Barack Obama e si augura di instaurare con il neo-presidente degli Stati Uniti una collaborazione ''costruttiva''. E’ quanto affermato dal presidente cinese Hu Jintao in un messaggio di congratulazioni ad Obama. Dal canto suo, il Cremlino spera che l’elezione di Obama porti un nuovo respiro nei rapporti bilaterali tra Mosca e Washington. Secondo il presidente della Commissione UE, Barroso, l'elezione di Barack Obama alla Casa Bianca é “un punto di svolta per gli Stati Uniti e può esserlo per il mondo intero”. Di grande esempio democratico parla il presidente uscente israeliano Olmert, mentre il leader palestinese Abu Mazen chiede ad Obama di accelerare gli sforzi per far avanzare il processo di pace in Medio Oriente. Il gruppo radicale islamico Hamas invita Obama a sostenere la causa palestinese e a non ripetere gli errori del suo predecessore. E sostegno alla Palestina viene richiesto ad Obama anche dal presidente egiziano Mubarak. Infine, il ministro degli Esteri iracheno, Zebari, ha sottolineato che l'elezione del senatore democratico alla presidenza USA “non porterà ad un rapido disimpegno” americano dall’Iraq.

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    Bandire le cluster bombs: l'appello della Campagna italiana contro le mine

    ◊   Mettere al bando le bombe a grappolo così come è stato per l’uso delle mine antiuomo. E’ la sfida lanciata dal convegno “Dalle mine antipersona alle cluster bombs: l’impatto sulle popolazioni civili e i loro diritti” che si è svolto ieri a Roma. Il convegno promosso dalla Campagna italiana contro le mine e dalla Fondazione don Carlo Gnocchi ha ribadito l’importanza di un’azione globale per ridurre gli armamenti, precisando che sono circa 110 milioni le mine terrestri che giacciono inesplose nel mondo. Massimiliano Menichetti.

    Venti milioni di persone ogni anno muoiono o rimangono mutilate a causa delle mine antiuomo, si stima un’esplosione ogni 20 minuti, l’85% sono civili, circa 3000 bambini. Tra i Paesi maggiormente interessati ci sono Eritrea, Etiopia, Kosovo, Iraq, Mozambico Somalia e Sudan. La Conferenza di Palazzo Marini a Roma ha fatto il punto della situazione chiedendo maggior impegno ai governi per lo sminamento e più aiuti per chi è stato devastato dagli ordigni, molti dei quali bambini. Ma se le mine oggi di fatto sono state bandite, l’urgenza ora è anche per le bombe a grappolo, le cluster bombs, ovvero piccoli ordigni contenuti in una bomba più grande che una volta sganciata si apre disseminando a pioggia il suo micidiale contenuto di morte. Giuseppe Schiavello direttore della Campagna Italiana Contro le Mine:

     
    “Oggi ci sono 28 Paesi contaminati dalle cluster bombs, con le mine invece eravamo arrivati a 90 Paesi”.

     
    Ordigni che in gran parte, spesso quasi il 50%, rimangono inesplosi. Oggetti di morte silenti che come le mine sono pronti ad attivarsi al passaggio di un aratro, un trattore o per una mano che li raggiunge un piede che li calpesta e così strappano arti, inghiottono vite. Armi usate largamente in Laos dove il territorio a 30 anni dalla guerra in Vietnam è ancora inaccessibile, ma anche in Iraq, Kosovo dove si calcola che ci siano 290 mila sub-ordigni inesplosi o in Libano dove nel 2006 Israele ha lanciato 4 milioni di cluster bombs per sconfiggere Hezbollah. Ancora Schiavello:

     
    “Queste armi studiate per colpire militari o obiettivi militari, in realtà poi finivano per uccidere soprattutto donne, anziani, bambini”.

     
    L’attenzione della comunità internazionale guarda al 3 dicembre prossimo a Olso dove si terrà la firma della Convenzione sulle cluster bombs, circa 110 le Nazioni coinvolte. Mancano però all’appello Paesi produttori ed utilizzatori come Stati Uniti, Cina, Russia, Israele o India. Ancora Schiavello:

     
    “I Paesi che non firmeranno saranno i Paesi che in qualche modo sono rimasti fuori da questo processo. Bisogna, però, anche considerare il fatto che, come è successo con le mine antipersona, 156 Paesi hanno firmato, e questo ha voluto dire stigmatizzare l’uso di quelle armi, per cui anche i Paesi che le hanno tendono a non usarle”.

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    Il cardinale Tettamanzi ai sacerdoti: il nostro stile di vita non scandalizzi i poveri

    ◊   In occasione della festa del Compatrono di Milano, San Carlo Borromeo, è stata celebrata ieri una Messa nel Duomo di Milano: a presiederla l’arcivescovo della città ambrosiana, cardinale Dionigi Tettamanzi, che ha rivolto ai presenti l’invito a seguire San Carlo nella sobrietà e povertà evangelica. Il servizio di Fabio Brenna.

    L’arcivescovo di Milano raccomanda ai 2700 preti ambrosiani uno stile di vita più sobrio, la riscoperta della povertà evangelica per essere davvero più liberi nel servizio e nel ministero. Il cardinale Tettamanzi fa questa raccomandazione sulla scorta dell’esempio di San Carlo Borromeo, compatrono della Diocesi, che di ricca famiglia rinunciò a molti privilegi per uscire dalla prospettiva mondana e recuperare così la radicalità evangelica. Molto concrete le indicazioni del cardinale Tettamanzi per la riscoperta dell’austerità come stile di vita:

     
    “Non scandalizziamo mai i poveri con spese inutili ed eccessive. La nostra vita sia sobria ed esemplare, così che possa diventare parola forte per ricordare ai ricchi le loro responsabilità, qualora si dimenticassero dei poveri”.

     
    Per essere credibili agli occhi dei poveri ed ancor più in tempi di crisi economica, ai suoi preti che – osserva il cardinale Tettamanzi - hanno comunque di che vivere dignitosamente, per capire chi vive nella precarietà suggerisce di adottare uno stile di vita austero e di condividere quel che si ha con gli altri, a partire, ad esempio, dall’alloggio. L’ottica evangelica sull’uso dei beni deve essere recuperata anche nella gestione delle risorse ecclesiali. Sentiamo l’arcivescovo:

     
    “In concreto, occorre praticare esemplarmente la giustizia, nella gestione dei beni della Chiesa, trattandoli non come patrimonio personale, ma come beni, appunto, della Chiesa, dei quali dobbiamo rendere conto a Dio e ai poveri. Così come occorre garantire la trasparenza della gestione di questi beni. Come amministratore dei beni ecclesiastici, sia noi che i nostri collaboratori laici, siamo chiamati a destinarli esclusivamente ai fini che sono loro propri, indicati dal Concilio in questi tre: l’organizzazione del culto divino, il dignitoso mantenimento del clero, il sostentamento delle opere di apostolato e di carità, specialmente in favore dei poveri”.

     
    La celebrazione di ieri si inserisce nel cammino sinodale del clero milanese iniziato nei giorni scorsi e che proseguirà fino al 20 maggio 2009.

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    Radio Don Bosco in Madagascar: l'impegno dei media cattolici per l'Africa

    ◊   I mezzi di informazione devono impegnarsi per diffondere giustizia, verità e perdono e consolidare la pace attraverso la riconciliazione. E’ la missione indicata dai partecipanti al seminario dei comunicatori cattolici dell’Africa e delle Isole dell’Oceano Indiano, tenutosi recentemente a Dar es Salaam, in Tanzania. Ma come ci si può concretamente servire dei media per favorire la pace? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a don Luca Treglia, direttore della Radio Don Bosco in Madagascar, raggiunto telefonicamente ad Antananarivo:

    R. – Certamente i media hanno un ruolo enorme, soprattutto i media cattolici: basti pensare che nel Continente africano attualmente sono presenti più di 250 radio cattoliche, senza parlare poi dei giornali di ogni diocesi. Quindi c’è questa grande forza però è necessario coordinare, ma soprattutto è necessario avere il coraggio di parlare, di denunciare, di cercare di sforzarci a portare la pace; bisogna cercare di vivere la giustizia, soprattutto con lo scopo di costruire una nuova società che si fonda sulla verità e sull’amore. Lo sforzo della Chiesa deve aiutare la popolazione analfabeta per sconfiggere le ingiustizie e la povertà.

     
    D. – Quale contributo possono dare gli europei, e in particolare i cattolici, per il miglioramento non solo tecnologico dei mezzi di informazione in Africa?

     
    R. – Il contributo che viene da fuori è molto importante: molti, infatti, sono i direttori di radio, di televisioni, che chiedono di essere aiutati soprattutto nel formare il personale. E una seconda cosa è l’aiuto economico concreto: per questo, abbiamo fatto anche un appello ai donatori per sostenere queste attività e mettere in atto questo processo di pace.

     
    D. – Tra le varie realtà del mondo giornalistico cattolico in Africa, c’è anche radio Don Bosco, di cui lei è direttore; quali oggi le potenzialità, le insidie per questa emittente?

     
    R. – Radio Don Bosco ormai ha 13 anni. Qui in Madagascar è tra le più ascoltate. Solo qui nella capitale abbiamo un ascolto che varia dai 500 mila ai 700 mila ascoltatori al giorn. E' un progetto molto, molto bello, che comporta anche dei rischi perché a volte si è obbligati a scontrarsi contro certi sistemi non molto democratici della vita sociale o della vita politica; ma noi siamo tranquilli perché facciamo il nostro lavoro con coscienza, con giustizia e con verità. La radio portavoce del messaggio di amore e di pace.

     
    D. – A proposito di lavoro e di missione, quali differenze ha notato, don Luca, tra il giornalismo in Africa - in particolare cattolico - e quello europeo?

     
    R. – Una differenza fondamentale è questa: mentre il giornalista europeo può parlare liberamente e può scrivere liberamente, quello africano invece è condizionato da una censura metodica e costante. In Africa il giornalista vive in un clima di pressione, di paura, d’intimidazione; in diversi casi non lavora più in una cornice etica, in un ambito deontologico ma svolge il mestiere di redattore solamente per sopravvivere.

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    Chiesa e Società



    Unicef: migliaia di bambini allo stremo nel Nord Kivu

    ◊   “La condizione della nuova ondata di donne e bambini sfollati è disperata. Migliaia di essi non hanno toccato cibo da quando è iniziata la fuga. L’accesso all'acqua potabile e alle cure sanitarie è ridottissimo. Centinaia di bambini sono rimasti separati dalle famiglie, e si ritrovano ad affrontare da soli la sfida per sopravvivere”. E’ la denuncia dell’Unicef sulla condizione delle migliaia di bambini vittime delle violenze nel Nord Kivu, nel nord est del Congo. Secondo l’organizzazione umanitaria le conseguenze del conflitto per molti di loro “potrebbero essere fatali: è elevato l’allarme per lo scoppio di epidemie di colera e morbillo” come pure per la malaria, “principale responsabile della mortalità infantile nella Repubblica Democratica del Congo”, ed ora un rischio più che mai attuale perché “gli sfollati vivono per lo più all’aperto, senza alcuna protezione dalle punture letali delle zanzare che veicolano il parassita della malaria”. Destinata ad aumentare anche la malnutrizione, giacché – sottolinea l’Unicef in un comunicato – “i bambini non ricevono le sostanze nutritive di cui hanno bisogno”. Grande inoltre il rischio che i minori in fuga siano resi vittime di “sfruttamento, abusi e violenza “ e che siano “reclutati in gruppi armati perché privi della protezione dei loro genitori, della comunità e della scuola”. Per far fronte a questo dramma l’Unicef è impegnata a recare sul posto scorte di acqua, indispensabili per “arginare i focolai di colera e di diarrea, veicolati da fonti idriche contaminate”, a distribuire generi alimentari e assistenza medica e farmaceutica. Con un appello ai gruppi armati e ai protagonisti degli scontri, l’organizzazione umanitaria chiede di dare ai bambini una possibilità e di rispettare i diritti sanciti dal diritto internazionale. (C.D.L.)

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    L’impegno della Caritas a sostegno delle vittime della guerra nel Congo

    ◊   Cibo e acqua agli sfollati come pure aiuti in beni non deperibili nel piano di emergenza messo in atto dalla Caritas del Congo per soccorrere le 90 mila persone in fuga dai combattimenti nel Nord Kivu. Nella regione orientale del Paese torna ad infuocarsi lo scontro tra le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo e le milizie del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo: fonti locali parlano di una nuova crisi umanitaria, con 250 mila individui, tra donne, uomini e bambini, costretti a lasciare le proprie abitazioni negli ultimi due mesi. I campi predisposti per l’accoglienza dei profughi – stando a quanto riportato dall’agenzia Zenit – avrebbero ormai superato la capienza limite, mentre altri flussi di sfollati si registrano nella zona di Dungu Doruma, nella provincia orientale, dove le milizie ugandesi avrebbero portato a termine numerosi atti di saccheggio e rapito molti giovani da destinare all’arruolamento forzato. Qui Caritas Congo ha avviato progetti a sostegno di altre 4 mila persone. In questa opera di sostegno alle vittime della guerra importante anche il contributo di Caritas Spagna, presente nel Paese con programmi di assistenza umanitaria e di ricostruzione, che denuncia “i numerosi ostacoli” e ”le precarie condizioni di sicurezza in cui il personale della Caritas deve svolgere la sua opera umanitaria in tutta la regione". (C.D.L.)

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    Cina: si è spento l'arcivescovo Jin Peixian. Subì il carcere e i lavori forzati

    ◊   L'arcivescovo di Shenyang, Pio Jin Peixian, è morto ieri all'età di 85 anni. Il presule - ricorda l'agenzia AsiaNews - si era ritirato lo scorso 29 giugno, lasciando la diocesi nelle mani di mons. Paolo Pei Junmin, suo coadiutore, ordinato nel 2006 con il consenso della Santa Sede. Mons. Pin Peixian, nato nel 1924, era stato ordinato sacerdote nel 1951, due anni dopo la presa di potere di Mao Zedong. Nel 1958 venne imprigionato per "crimini controrivoluzionari" per dieci anni; all'uscita di prigione, in piena Rivoluzione culturale, proprio per la sua profonda comunione con la Santa Sede, venne mandato ai lavori forzati. Solo nel 1980 potè tornare al suo servizio pastorale. Mons. Jin Peixian è stato fra i primni vescovi a inviare i suoi seminaristi e sacerdoti all'estero per colmare le lacune nell'insegnamento e nella teologia, provocate dalla chiusura della Cina negli anni della Rivoluzione culturale; ciò gli ha permesso di rafforzare i rapporti con la Chiesa universale. Le sue doti di mediatore gli hanno permesso di ricucire il tessuto della Chiesa del nord-est della Cina e di avere sempre buoni rapporti con le autorità governative. I funerali dell'arcivescovo si terranno sabato prossimo. (R.P.)

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    Terra Santa: visita a Gerusalemme del cardinale cinese Zen Ze-kiun

    ◊   Il card. Joseph Zen Ze-kiun, vescovo di Hong Kong, ha trascorso alcuni giorni a Gerusalemme partecipando ad alcuni eventi. Il 30 ottobre, ha celebrato la Santa Messa in occasione del pellegrinaggio annuale della comunità cattolica di Gerusalemme sulle rive del fiume Giordano mentre il giorno successivo, ha presenziato all’apertura dell’anno accademico 2008-2009 dello Studium Theologicum Salesianum, affiliato alla Pontificia Università Salesiana di Roma. Lo frequentano i salesiani aspiranti al sacerdozio, religiosi di vari ordini, seminaristi diocesani di rito latino o di altri riti, e laici. Nel suo discorso per il porporato ha proposto una serie di riflessioni sul recente Sinodo dei vescovi conclusosi a Roma il 26 ottobre. Il cardinale Zen - riporta l'agenzia Anc - ha evidenziato la necessità di saper mettere in relazione lo studio scientifico ed esegetico della Parola di Dio con la pratica pastorale, vale a dire, con le omelie, con la “lectio divina” e con la stessa liturgia. Nel pomeriggio, il vescovo di Hong Kong ha raggiunto l’Auditorium del Terra Sancta College per un incontro con le realtà cattoliche a Gerusalemme. Vi hanno partecipato, tra gli altri, il Delegato della Santa Sede in Israele, mons. Antonio Franco, religiosi francescani e domenicani. (A.M.)

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    Messa celebrata alla frontiera tra Messico e USA in memoria delle vittime dell'immigrazione

    ◊   Accompagnati da parrocchiani e sacerdoti, i vescovi di entrambi i lati della frontiera tra Messico e Stati Uniti, hanno celebrato a Città Juárez, nello spazio confinante tra Nuevo Casas Grandes, El Paso y Nuevo México, una Santa Messa in suffragio dei 337 clandestini che sono morti nella regione durante questo anno, nel tentativo di raggiungere gli Stati Uniti. La maggioranza di questi emigranti hanno perso la vita nel deserto a causa della sete, del freddo o delle violenze subite nella loro marcia. Sono già 13 anni che si celebra ogni anno questa Santa Messa in occasione della commemorazione di tutti i Fedeli defunti. Al rito, celebrato il 2 novembre in due lingue, hanno partecipato cinque vescovi e oltre 40 sacerdoti, vicino al confine che separa il Messico dagli Stati Uniti. Per creare uno stesso, unico, altare, sono stati collocati dei tavoli in entrambi i lati della frontiera. Nel lato statunitense hanno partecipato alla Santa Messa centinaia di cattolici, i quali hanno collocato croci lungo la rete metallica di confine, ed altrettanto è successo dal lato messicano. Il vescovo di Città Juárez ha affermato che "le morti aumentano per la vigilanza sofisticata che applicano le autorità statunitensi, come per gli ostacoli che obbligano gli emigranti ad utilizzare altre strade più lontane e pericolose". Ha annunciato quindi che i vescovi del Messico e degli Stati Uniti hanno elaborato una lettera pastorale sul tema dell’emigrazione intitolata "Insieme durante il cammino della speranza, non siamo più stranieri", nella quale affermano che "i migranti cercano una migliore qualità di vita per loro e per le loro famiglie, per questo devono rischiare tutto nel tentativo di entrare in altri Paesi, anche a rischio di trovare la morte”. Durante la Santa Messa, vescovi e sacerdoti, hanno invitato i cattolici presenti ad impegnarsi per la giustizia, la dignità, i valori e soprattutto per la vita degli uomini e delle donne che lasciano i loro Paesi nella speranza di ricercare una vita migliore. (R.P.)

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    Il cardinale Leonardo Sandri in visita in India

    ◊   Inizia oggi la visita in India del cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Il viaggio, che si concluderà l’11 novembre, rappresenta per il porporato un segno del rispetto tra le diverse collettività sul territorio e la volontà di unirsi alla gioia della comunità cattolica locale per la canonizzazione della prima santa indiana. Come ricorda il quotidiano “Avvenire”, madre Alfonsa dell’Immacolata, al secolo Anna Muttathupadathu, è stata iscritta nell’albo dei santi da Benedetto XVI nel corso di un solenne rito in piazza San Pietro il 12 ottobre scorso. Al centro delle celebrazioni in calendario è prevista domenica una festa interamente dedicata alla donna. L’incontro è organizzato nel Kerala, Stato dove sono custodite le spoglie della religiosa ed esattamente nella diocesi di Palai a Bharananganam. Ad inaugurare la serie di manifestazioni sarà un atto pubblico, presieduto dal cardinale Sandri, alla presenza dell’ex presidente dell’India Abdul Kalam, e del nunzio apostolico Pedro Lòpez Quintana. A seguire è prevista una solenne celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Varkey Vithayathil, arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabresi; l’omelia sarà pronunciata dall’arcivescovo maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankaresi, moran Baselio Cleemis. Tra gli obiettivi della visita il cardinale Sandri ha sottolineato la volontà di esprimere l’amicizia della Chiesa cattolica verso tutte le religioni dell’India e la speranza nel definitivo superamento delle violenze che negli ultimi mesi hanno colpito le comunità cristiane dello Stato dell’Orissa. Durante il soggiorno il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali visiterà oltre ai luoghi che hanno contrassegnato la vita della santa, anche alcune opere promosse dalla Chiesa Siro-Malabrese. (F.A.)

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    Pace e sviluppo al centro della riunione delle Organizzazioni Femminili Cattoliche dell'Asia-Pacifico

    ◊   La pace e lo sviluppo passano anche attraverso la promozione della dignità delle donne e della loro partecipazione responsabile alla vita sociale. È stata questa, in sintesi, la principale conclusione emersa dalla VI Conferenza della Regione Asia-Pacifico dell’Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche (WUCWO), svoltasi nei giorni scorsi a Seul, in Sud Corea. “Le donne costruttrici di pace unite nella fede e nell’azione” è stato appunto il tema scelto per l’incontro, che si tiene ogni quattro anni, e a cui hanno partecipato circa 200 delegate da Hong Kong, India Indonesia, Giappone, Sud Corea, Taiwan, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Australia, Inghilterra ed Isole Figi. Quattro giorni di seminari, dibattiti e scambi di esperienze da cui – riferisce l’agenzia Ucan - è emersa la comune convinzione che il rispetto della dignità della donna sia vitale per la crescita della società. Due i principali impegni scaturiti dalla conferenza: da un lato, quello di intensificare la predisposizione di programmi contro la povertà femminile e, dall’altro, quello di aiutare le donne della regione Asia-Pacifico a contribuire alla pace nei loro paesi, promuovendo la partecipazione di delegate femminili ai negoziati di pace e nelle commissioni di riconciliazione promosse dalla Chiesa e dalla società civile. Il documento finale propone, inoltre, di estendere l’area di intervento delle associazioni femminili cattoliche, dalla famiglia ai problemi della società nel suo insieme, compresi quelli della disgregazione delle famiglie e dell’immigrazione. Al termine dell’incontro sono stati assegnati i fondi per il Progetto Donna 2009 della WUCWO. Gli assegni sono andati a quattro associazioni cattoliche femminili delle Isole Figi, India, Indonesia e Filippine. L’Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche è una organizzazione internazionale cattolica ed una Ong con statuto consultivo presso le Nazioni Unite, il Consiglio d’Europa, l’UNESCO e la FAO che riunisce le organizzazioni femminili cattoliche di tutto il mondo. È stata fondata nel 1910 e ha sempre operato con l’obiettivo di promuovere la formazione, la corresponsabilità e la partecipazione delle donne cattoliche nella Chiesa e nella società e ciò a favore della promozione e della crescita di tutte le donne. Attualmente vi aderiscono oltre 100 organizzazioni provenienti da tutti i continenti con circa 5 milioni di aderenti. (L.Z.)

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    La storica visita del cardinale Vingt-Trois alla Chiesa ortodossa di Russia

    ◊   La Chiesa ortodossa di Russia è “una Chiesa viva e santa, forte per la testimonianza dei suoi martiri”. Così il card. André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza episcopale francese, al rientro dal suo viaggio a Mosca, la settimana scorsa. Un viaggio che segue l’invito del Patriarca russo Alessio II, che a Parigi era stato nell’ottobre 2007, e che, insieme ai viaggi precedenti dei cardinali Tettamanzi e Sepe, ha inteso “accrescere le relazioni con il patriarcato di Mosca” e coltivare “rapporti ecumenici che non esistevano prima”. In particolare scopo di questo ultimo viaggio in Russia – spiega un comunicato dell’arcidiocesi parigina ripreso dall’agenzia Zenit – è stato quello di “rendere omaggio al martirio della Chiesa ortodossa durante il periodo sovietico e all'azione di questa Chiesa nella società post- comunista. Un martirio che - ha sottolineato il card. Vingt-Trois visitando l’antico monastero di Solovki, trasformato in uno dei primi gulag sovietici – ha visto uniti numerosi vescovi, sacerdoti e religiosi ortodossi e cattolici, insieme prigionieri e martiri". Durante il suo soggiorno a Mosca, il card. Vingt-Trois ha avuto l'occasione di venerare i martiri della Chiesa ortodossa, di pregare insieme alla comunità cattolica di Mosca e al suo arcivescovo, mons. Paolo Pezzi, nella Cattedrale dell'Immacolata Concezione, e di visitare l'Accademia di Teologia della Trinità-San Sergio, la più antica e grande scuola teologica della Chiesa ortodossa russa. In un comunicato diffuso al suo ritorno, il porporato ha affermato che l'incontro con il Patriarca Alessio II è stato “semplice e fraterno” e che si è parlato, tra l’altro, dell’importanza di trasmissione la fede ai giovani e della possibilità di uno scambio di reliquie tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica francese. Prima di partire il card. Vingt-Trois aveva sottolineato l’importanza di instaurare rapporti di fiducia con la Chiesa ortodossa per favorire il percorso verso l’unità dei cristiani. (C.D.L.)

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    In corso a Santo Domingo la Settimana Vocazionale 2008

    ◊   Con un incontro dei giovani con il cardinale Nicolás di Jesús López Rodriguez, arcivescovo di Santo Domingo, è stata inaugurata lunedì scorso la “Settimana Vocazionale 2008”. La Settimana, che si celebra nella Chiesa di Santo Domingo fino a domenica prossima, ha per slogan: "Deciditi ora! Vieni con me". L'obiettivo di questa Settimana è aiutare tutti gli adolescenti e i giovani a discernere, decidere ed assumere la loro vocazione come discepoli e missionari. Durante la Settimana i seminaristi, i religiosi e le religiose visiteranno le parrocchie del Paese per incontrare i gruppi giovanili ed offrire la loro personale testimonianza vocazionale. La Settimana sarà incentrata sulla figura di San Paolo nella cornice dell'Anno Paolino, perché, come affermano gli organizzatori "Paolo attraverso la sua esperienza con il Risorto, scopre il senso della sua vita, sa che Dio ci ha creati per qualcosa e scopre così la sua missione nel mondo, che è annunciare il Vangelo". Allo stesso modo, sull’esempio di Paolo, il giovane deve scoprire la sua meta, cioè la sua vocazione, deve scoprire quello che Dio vuole da lui nella sua vita: il matrimonio, la famiglia cristiana, il sacerdozio o la vita consacrata. Durante la Settimana sono previste diverse iniziative, tra cui concerti di musica sacra ed un concorso teatrale dal titolo “Scopri a che cosa ti chiama Dio". (R.P.)

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    Il cardinale Brady: “riaffermare la priorità della famiglia fondata sul matrimonio”

    ◊   “Occorre riaffermare la priorità della famiglia rispetto alla società e allo Stato”, giacché “poche istituzioni sono importanti come la famiglia per il futuro della nostra società”. Così ieri – riferisce il Sir - il card. Seán Brady, arcivescovo di Armagh e primate d’Irlanda, nel suo intervento alla Cèifin Conference a Ennis, nel sud del Paese. Il primate ha detto che “La famiglia è la comunità naturale in cui si sperimenta la natura sociale dell’uomo, ed essa offre un contributo insostituibile al bene della società” e che è questo essenziale legame tra “capitale familiare” e “capitale sociale” a spiegare “in parte il posto speciale e l’unicità riconosciuti al matrimonio nella Costituzione irlandese”. Guardando oggi alla realtà del Paese il porporato ha affermato che “la prospettiva di una coppia sposata che dà vita ad una famiglia serena e stabile non è mai stata così grande in Irlanda; la nostra sfida è quella di aiutare le donne e gli uomini a riscoprire la gioia che il matrimonio e l’impegno per tutta la vita possono offrire”. In questo contesto, il card. Brady ha espresso preoccupazione per la recente pubblicazione di un progetto di legge sulla convivenza civile che garantisce “alle convivenze e alle coppie dello stesso sesso, lo status di matrimonio a tutti gli effetti”. Al riguardo il porporato ha spiegato che “non si possono mettere sullo stesso piano matrimonio e convivenza” e che se “in molte circostanze” può “essere giusto introdurre misure legislative che garantiscano un certo livello di protezione ai conviventi di lunga durata”, tuttavia queste misure “non devono minare la famiglia fondata sul matrimonio”. Per il card. Brady, una tale legge “dissolverebbe lo status speciale del matrimonio tra uomo e donna consacrato dalla Costituzione e rappresenterebbe una rivoluzione, forse la più grande nella storia della famiglia in Irlanda”. Al contrario, in difesa della famiglia il porporato auspica politiche sociali dedicate. (C.D.L.)

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    La riflessione del cardinale Grocholewski su famiglia, scuola cattolica e mass media

    ◊   “Educare è la sfida per il futuro”. Con queste parole il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, ha lanciato il suo messaggio sul significato odierno dell’educazione. Il porporato, intervistato dalla rivista “Il Consulente Re” ha detto - secondo quanto riporta il quotidiano “ Avvenire” - che la vera educazione “è ancorata ai valori, non è contraria alla libertà e non è imposizione. Al contrario - ha aggiunto - essa mira proprio a formare persone libere”. Alla base dell’educazione cattolica, secondo il cardinale, ci sono i valori della Sacra Scrittura che persegue tre obiettivi particolari: “l’annuncio efficace del Vangelo, l’iniziazione alla vita liturgica e di preghiera, la maturazione morale, spirituale e religiosa”. Nel contesto attuale, ha aggiunto, “il soggetto primario per l’educazione” dovrebbe continuare ad essere la famiglia” tenendo presente che “l’azione educativa dei genitori è fortemente condizionata poiché la famiglia è oggetto di un processo di marginalizzazione”. Per il prelato anche la scuola cattolica rappresenta una valida alleata per i genitori come strumento fondamentale attraverso il quale si attua l’educazione cristiana, ma essa “non può dichiararsi cattolica e non trasmettere valori cristiani”, giacché l’educazione cattolica “si fa carico della crescita integrale dell’educando, in tutte le sue dimensioni” ed è “inconciliabile con il relativismo”. In questo contensto è lecita, ha sottolineato ancora il porporato, l’obiezione di coscienza di genitori e studenti di fronte ad una educazione civica ispirata al nichilismo anticristiano. Il cardinale ha concluso il suo messaggio con una riflessione dedicata ai mezzi di comunicazione, dei quali ha sottolineato l’importante funzione educativa. (F.A.)

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    Spagna: la società civile chiede attenzione per le famiglie in crisi

    ◊   Promuovere l’integrità familiare attraverso la tutela del diritto alla stabilità coniugale, ad avere figli e a conciliare la vita della famiglia con quella lavorativa. E’ l’impegno che, in Spagna – secondo il Sir - l'Istituto di politica familiare (IPF), un’organizzazione indipendente per la difesa della famiglia, chiede alle amministrazioni pubbliche del Paese. Nel secondo trimestre del 2008 – denuncia l’organizzazione per voce del suo presidente Eduardo Hertfelder - in Spagna si è verificato “un incremento delle rotture familiari del 12% rispetto al primo trimestre dello stesso anno”, con 102 rotture matrimoniali, di cui 34.480 divorzi, 2.566 separazioni e 56 nullità. Per Hertfelder, “le amministrazioni non possono continuare a rimanere indifferenti davanti al problema della stabilità familiare”, piuttosto è chiesto loro di promuovere “una politica attiva di appoggio alla famiglia”, che porti, tra l’altro, anche alla “creazione e al sostegno di centri di orientamento familiare e all'elaborazione a livello nazionale di una legge di prevenzione e mediazione familiare.” “Misure indispensabili ed urgenti – secondo l’IPF - per incominciare ad aiutare i genitori a risolvere situazioni di conflittualità e crisi familiari”. (C.D.L.)

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    Eletta la presidenza della Conferenza episcopale del Paraguay

    ◊   La Conferenza episcopale del Paraguay, nella cornice della 183ª Assemblea plenaria ordinaria che si sta celebrando ad Asunción, ha eletto nuovo presidente della Conferenza episcopale mons. Eustaquio Pastor Cuquejo, arcivescovo di Asunciòn; vicepresidente mons. Claudio Giménez Medina, vescovo di Caacupé; e segretario generale e delegato presso il CELAM mons. Adalberto Martínez Flores, vescovo di San Pedro. I presuli resteranno in carica per un periodo di tre anni. Sono stati eletti anche i vescovi responsabili delle Commissioni episcopali, in attesa dell'elezione di alcune Commissioni e Segretariati esecutivi delle differenti pastorali a livello nazionale. Nel primo giorno dei lavori i vescovi hanno espresso alcune valutazioni sulla recente 'visita ad límina' in Vaticano. Mons. Orlando Antonini, nunzio apostolico, ha presentato ai vescovi un'analisi e una riflessione sulla situazione del Paese, incoraggiando tutti a continuare a lavorare per la crescita della Chiesa e della società paraguaiana, illuminandola con il Vangelo per la costruzione di una società rinnovata, cercando di garantire l'uguaglianza di tutti i paraguaiani. Riguardo alla 'visita ad límina', i vescovi hanno messo in risalto la grande umiltà di Benedetto XVI nei suoi colloqui personali con ogni singolo vescovo. I presuli elaboreranno una lettera di ringraziamento al Papa per l'attenzione personale che hanno ricevuto. (R.P.)

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    I vescovi del Paraguay: preoccupazione per i contadini “senza terra”; necessaria una riforma agraria

    ◊   Accelerare i tempi di una riforma agraria per favorire una più equa distribuzione della terra e porre fine ai conflitti. Questo in sintesi l’appello dei vescovi paraguayani in difesa della popolazione contadina che rivendica il diritto alla terra, per voce del segretario generale della Conferenza episcopale del Paraguay (CEP), mons. Adalberto Martínez. Tensioni sono in corso da settimane in diverse zone rurali del Paese, dove si ripetono occupazioni di latifondi, a volte accompagnate da episodi violenti. Secondo stime correnti – riferisce l’agenzia Misna - il 90% delle terre è in mano ad appena un 5% di proprietari e i contadini cosiddetti “senza terra” protestano contro i coloni brasiliani, dediti in genere alla produzione intensiva di soia, accusati di amministrare terre ottenute da piccoli produttori costretti a venderle a causa della povertà. Il governo del presidente Fernando Lugo si è impegnato ad avviare la riforma agraria da un effettivo censimento delle terre, per il quale tuttavia, come conferma l’Istituto statale dello sviluppo rurale e della terra, mancano per il momento i fondi. (C.D.L.)

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    Due pellegrinaggi del Terz’ordine Canossiano per i 200 anni di fondazione delle Figlie della Carità

    ◊   Due pellegrinaggi, in Italia e ad Hong Kong, sono le principali iniziative del Terz’ordine Canossiano per celebrare i 200 anni di fondazione delle Figlie della Carità ed i 20 anni di canonizzazione della fondatrice, Santa Maddalena di Canossa (1774-1835), avvenuta il 2 ottobre 1988 in piazza San Pietro, oltre ai 148 anni di servizio di “umiltà nella carità” prestato ad Hong Kong. Grazie a questo impegno, la comunità canossiana di Hong Kong è diventata anche la base della missione della Congregazione nell’estremo Oriente. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), durante l’estate appena trascorsa, una trentina di membri del Terz’ordine, accompagnati dai loro familiari, hanno compiuto un pellegrinaggio di 15 giorni in Italia che aveva per tema “Sulle orme della Fondatrice”, celebrando anche l’Anno Paolino. Il 1° novembre, il pellegrinaggio del Terz’Ordine ha avuto per meta la parrocchia dei Santi Pietro e Paolo ad Hong Kong, e ad esso si sono unite le religiose Canossiane. Le Figlie della Carità oggi sono circa 4.000, presenti nei cinque Continenti; i Figli della Carità sono circa 200 ed operano in diverse città italiane ed oltre Oceano. Sono anche numerosi i gruppi di laici legati alla spiritualità della famiglia Canossiana. Nel 1860, su richiesta dell’allora Prefetto apostolico di Hong Kong, la superiora generale delle Figlie della Carità inviò sei giovani religiose italiane ad Hong Kong, e nel 1874 a Macao. Sopportando un lungo viaggio e mille difficoltà, le prime missionarie Canossiane aprirono la casa di Hong Kong da cui si spinsero verso il continente e i diversi paesi asiatici. Oggi, seguendo il carisma della Fondatrice, sono attive nel campo dell’istruzione, della pastorale, della sanità e nell’ambito sociale. (R.P.)

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    Cambogia: l’ingresso in seminario di quattro giovani khmer segno di speranza per le vocazioni

    ◊   La recente ammissione di quattro nuovi giovani aspiranti sacerdoti cambogiani nel Seminario maggiore di Phnom Penh apre nuove speranze per le vocazioni in questo Paese, dove dalla fine del regime dei Khmer Rossi, in quasi venti anni, sono stati ordinati appena cinque sacerdoti locali. I quattro giovani – riferisce l’agenzia Ucan - hanno un’età compresa tra i 27 e i 29 anni e provengono da tutte e tre circoscrizioni ecclesiastiche della Cambogia: due dal Vicariato apostolico di Phnom Penh, uno dalla Prefettura apostolica di Kompong-Cham e uno dalla Prefettura apostolica di Battambang. Il loro ingresso in seminario - riferisce l'agenzia Ucan - è stato festeggiato durante la cerimonia di apertura dell’anno accademico, presieduta dal vicario apostolico di Phnom Penh, mons. Émile Destombes, missionario delle Missioni Estere di Parigi, che nel discorso di circostanza ha voluto ricordare i primi cinque sacerdoti cambogiani ordinati in questo ventennio come un piccolo, ma importante segno della rinascita della Chiesa in Cambogia, dopo due decenni di guerra e persecuzioni. Una Chiesa che conta oggi poco più di 20mila fedeli (molti dei quali di etnia vietnamita) su una popolazione di 13 milioni di abitanti e in cui la maggior parte dei sacerdoti e dei religiosi provengono dall’estero. Proprio per questo essa punta sulla formazione in loco di sacerdoti cambogiani, incoraggiandoli a mantenere i contatti con la cultura e la lingua khmer. (L.Z.)

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    Giornata della Memoria a Palermo: mons. Romeo ricorda le vittime della violenza

    ◊   Anche quest’anno, seguendo la tradizione voluta e iniziata dal card. Salvatore Pappalardo, questa mattina in cattedrale l’arcivescovo Paolo Romeo ha presieduto una Santa Messa in suffragio delle vittime di ogni violenza, nella Giornata della memoria promossa dalla Curia e dal Comune di Palermo. Un’occasione per riunirsi in preghiera e riflettere che, forse per l’ora della celebrazione – le 11 del mattino, quando la maggior parte delle persone è impegnata al lavoro e i ragazzi sono a scuola – non ha consentito la partecipazione della gente comune. Tante le autorità civili e militari, pochi i familiari delle vittime presenti in cattedrale ad ascoltare le parole dell’arcivescovo di Palermo. “Qualsiasi violenza che si permette di togliere la vita – ha detto nell’omelia mons. Romeo – è un atto contro l’uomo e contro Dio e va fortemente condannato. Nessuno si può arrogare il diritto di ergersi a giudice della vita o della morte di chiunque: questo è un diritto che spetta esclusiamente a Dio”. “Chi ha dato la sua vita – ha proseguito l’arcivescovo di Palermo – ha pagato il prezzo più caro che si possa chiedere. La propria vita è stata data per il bene di tutti: forse proprio dal sangue di queste vittime, che hanno sacrificato se stesse ma anche l’affetto di coloro che erano loro cari, è incominciata la risposta che in questo momento storico si inizia ad intravedere, con il costituirsi di diverse associazioni in difesa della persona e contro la violenza, in difesa della legalità e contro ogni forma di sopraffazione verso il prossimo”. “Palermo – ha detto Diego Cammarata, sindaco del capoluogo siciliano – è una città che ha subito violenza, dove la mafia ha cercato di distruggere tutta quella parte di società che aveva deciso di scardinare il suo sistema di terrore e prevaricazione. Ma i palermitani hanno avuto la forza di ribellarsi e di trovare il modo migliore per combattere il potere mafioso e di guardare al futuro con rinnovata speranza”. (Da Palermo, Alessandra Zaffiro)

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    Padre Giuseppe Bellocci è il nuovo direttore dell’Ufficio Stampa della Compagnia di Gesù

    ◊   Il gesuita padre Giuseppe Bellocci, è il nuovo direttore dell’Ufficio Stampa della Compagnia di Gesù a Roma. Il Preposito generale dei gesuiti, padre Adolfo Nicolás lo ha nominato a succedere a padre José Maria de Vera, gesuita spagnolo, per lunghi anni professore di giornalismo alla prestigiosa università Sophia, che lascia l’incarico dopo oltre 14 anni. Nato a Chiusi nel 1938 ed entrato nella Compagnia di Gesù nel 1959, padre Bellucci, ha conseguito la licenza in filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana nel 1964. Nella stessa università, dopo gli studi di teologia in India, si è laureato nel 1972 in missiologia con una tesi su “L’Educazione degli adulti in India dopo l’indipendenza”. Come giornalista ha girato il mondo in visita ai missionari per rendersi conto delle loro condizioni di vita e di lavoro. A metà degli anni Settanta ha fondato, insieme ad altri direttori di riviste, la FESMI, Federazione della Stampa Missionaria Italiana, che oggi raccoglie oltre quaranta testate in Italia. Nel 1972 viene inviato alla rivista “Popoli”, di cui è stato direttore dal 1976 fino all’ottobre 1998. Il nuovo direttore è entrato in carica lunedì scorso. (L.Z.)

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    24 Ore nel Mondo



    Congo: il leader dei ribelli minaccia di attaccare Kinshasa

    ◊   Il mondo della politica cerca nuove soluzioni alla grave crisi nella Repubblica Democratica del Congo: sulla drammatica situazione nella martoriata regione congolese del Nord Kivu si terrà venerdì 7 a Nairobi, in Kenya, un vertice internazionale. Il leader dei ribelli, l’ex generale Laurent Nkunda, ha minacciato intanto di far marciare i suoi uomini verso la capitale Kinshasa se il governo continuerà a rifiutarsi di negoziare. Sul versante umanitario lo scenario è poi sempre più preoccupante, come spiega al microfono di Giovanni Augello un missionario italiano che da più di 30 anni opera nel Sud Kivu e che, per motivi di sicurezza, preferisce mantenere l'anonimato:

    R. - La gente vive una situazione drammatica anche perché è stata dimenticata per mesi, se non per anni. La questione umanitaria, nonostante tutto l’allarme sollevato, è stata messa in seconda linea. La gente da mesi si sposta da una parte all’altra della zona, sapendo che la regione è molto alta: si arriva fino ai 2300 metri. Siamo poi nella stagione della piogge e quindi fa freddo e c’è vento. Piove regolarmente, minimo una volta o due al giorno. Questa gente è abbandonata e senza tende. Ha mezzi di fortuna e non può coltivare la terra. Adesso, con le piogge, è una situazione disperata che crea nell’animo della gente un sentimento non proprio di rabbia: è come se il mondo l’avesse dimenticata. La gente è inerme, sono contadini o pastori.

     
    D. - La popolazione locale è a conoscenza di quel che sta accadendo e delle ragioni di questo conflitto?

     
    R. - Sì, la gente lo sente, lo vive, lo subisce, perché non ha mezzi per poter reagire. C’è l’esercito nazionale, ma tutti sanno che è un esercito di "carta". Molti hanno amici, parenti e conoscenti nelle zone teatro del conflitto e quindi sanno esattamente tutto quello che succede. Per questo, la gente ha una reazione ostile alla presenza internazionale che dovrebbe assicurare la pace.

     
    D. - Come riescono a giungere in zona le armi imbracciate dai guerriglieri, nonostante la presenza della missione ONU nel Paese?

     
    R. - La ricchezza del Paese permette che la guerra non finisca. Sappiamo che durante tutti gli anni di questa guerra, alla base del conflitto ci sono state le risorse del territorio: il koltan, l’oro e i diamanti. Ora, è chiaro che con queste risorse si possono procurare tutte le armi che si vogliono. Le armi che attualmente posseggono - non parlo dell’esercito nazionale - sono abbastanza moderne. La missione dell’ONU è una missione di osservazione e quindi non previene determinate situazioni. E’ quello che la gente vede, sente, e non può più accettarlo perché, nonostante la presenza dell’ONU, le cose si fanno esattamente come se il contingente delle Nazioni Unite non fosse presente.

    Russia
    Poche ore dopo l’affermazione alle presidenziali statunitensi di Barack Obama, il presidente russo, Dimitri Medvedev, ha pronunciato il suo primo discorso alla nazione. Il capo del Cremlino ha affrontato soprattutto temi di politica estera. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La speranza del presidente russo è che l’elezione di Obama porti ad un “nuovo respiro” nei rapporti tra Stati Uniti e Russia. La crisi finanziaria internazionale - ha detto Medvedev - indica la necessità di riformare il sistema politico ed economico nel mondo. La Russia, in cooperazione con gli Stati Uniti e con l’Unione Europea - ha spiegato - farà tutto il possibile “per rendere il mondo più giusto e più sicuro”. Ma tra Washington e Mosca non mancano possibili motivi di frizione: il capo del Cremlino ha preannunciato l’installazione di basi missilistiche a Kaliningrad, sul Baltico, in risposta al dispiegamento del sistema di difesa americano in Polonia e nella Repubblica Ceca. Il capo di Stato russo ha poi fatto riferimento alla guerra in Georgia della scorsa estate, sottolineando come il conflitto sia stato “una conseguenza della politica” della passata amministrazione statunitense, che ha privilegiato “le decisioni unilaterali”. Medvedev ha infine preannunciato la sua intenzione di chiedere al parlamento l’emendamento della Costituzione per estendere a sei anni il mandato del presidente, attualmente di due anni.

    Medio Oriente
    In Medio Oriente, venti razzi lanciati da estremisti palestinesi hanno colpito questa mattina il sud di Israele senza provocare vittime. La radio militare dello Stato ebraico ha riferito che è stato proclamato lo stato di emergenza. L’attacco - il primo da quando lo scorso giugno è stato dichiarato il cessate-il-fuoco - è avvenuto dopo azioni mirate israeliane nella Striscia di Gaza, che hanno provocato la morte di sei miliziani di Hamas. Il movimento fondamentalista palestinese ha anche inviato un messaggio urgente all’Egitto, chiedendo un immediato intervento diplomatico “per salvare la tregua”.

    Afghanistan
    In Afghanistan, fonti locali riferiscono di un raid aereo in un villaggio nel sud del Paese durante una festa di matrimonio. Un testimone ha dichiarato di aver visto i cadaveri di 36 persone. Il villaggio è quello di Rosi Khan, in una zona agricola a nord di Kandahar. Secondo le fonti, si tratta di una risposta americana ad un recente attacco dei talebani contro i soldati della coalizione avvenuto nel distretto. I militari statunitensi sostengono di non avere informazioni sul raid.

    Messico
    Nove persone, tra cui il ministro dell’Interno, Mourino, sono morte in Messico in seguito ad un incidente aereo. Il piccolo aereo sul quale il ministro viaggiava si è schiantato nel centro di Città del Messico. Le cause dello schianto sono al momento sconosciute. Tra le vittime c’è anche il consigliere del governo nella lotta contro la droga, Vasconcelos.

    Somalia
    Rapite sei persone in Somalia. Quattro sono operatori umanitari dell’organizzazione “Action contre la Faim”: si tratta di due francesi, un belga e bulgaro. Gli altri rapiti sono i due piloti keniani che li accompagnavano. Il sequestro è avvenuto a 350 chilometri a nord di Mogadiscio. Secondo fonti locali, le autorità avrebbero già organizzato dei blocchi stradali in tutta la zona. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco e Federica Andolfi)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 310

     
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