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Sommario del 31/05/2008
Benedetto XVI ai membri della Fondazione "Centesimus Annus Pro Pontifice": i sistemi economici globalizzati siano aperti alla sussidiarietà e alla solidarietà, per un'integrale promozione dell'uomo
◊ Porre la persona al centro di qualsiasi programmazione economica, promuovendo i principi della sussidiarietà e della solidarietà, perché lo sviluppo degli interessi e dei commerci cresca di pari passo con lo sviluppo integrale dell’uomo. Benedetto XVI è tornato a riflettere sui temi della Dottrina sociale della Chiesa ricevendo oggi in udienza i partecipanti al Convegno internazionale promosso dalla Fondazione “Centesimus Annus Pro Pontifice”, creata dal Giovanni Paolo II nel 1993. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La realizzazione di un “giusto ordine economico mondiale”, imperniato sull’uomo e non sul profitto. E’ uno degli obiettivi di fondo - ideale e pratico a un tempo - al quale mira la visione sociale cristiana. Le encicliche dei Pontefici, tra la fine del XIX e per tutto il XX secolo, hanno sviluppato questo pensiero, sublimato cento anni dopo la Rerum Novarum di Leone XIII dalla Centesimus annus di Papa Wojtyla, Enciclica dalla quale è scaturita l’idea della Fondazione oggi in udienza in Vaticano. Un magistero che Benedetto XVI ha raccolto e ulteriormente aggiornato, ribadendo che se oggi la chiave di volta dei sistemi finanziari e commerciali risiede nei processi di globalizzazione, essi possono e debbono essere interpretati a misura dell’essere umano, in un contesto sociale aperto alla solidarietà:
“E’ possibile uno sviluppo armonico, se le scelte economiche e politiche poste in atto tengono conto di quei principi fondamentali che lo rendono accessibile a tutti: mi riferisco, in particolare, ai principi della sussidiarietà e della solidarietà. Al centro di ogni programmazione economica, specialmente considerando la vasta e complessa rete di relazioni che caratterizza l’epoca post-moderna, occorre che ci sia sempre la persona, creata a immagine di Dio e da Lui voluta per custodire ed amministrare le immense risorse del creato”.
“Il capitale sociale e lo sviluppo umano” è il titolo del Convegno grazie al quale la Fondazione Centesimus Annus ha radunato, ieri e oggi a Roma, esperti da tutto il mondo per interventi dedicati - ha notato il Papa - alla promozione “di uno sviluppo globale attento alla promozione integrale dell’uomo”. Ciò è possibile, ha affermato Benedetto XVI, se la gestione delle risorse del pianeta verrà condotta sullo stile dell’amministratore del Vangelo, uomo fedele che mette a disposizione di tutti quello che Dio gli ha affidato:
“In altre parole, occorre evitare che il profitto sia solamente individuale o che forme di collettivismo opprimano la libertà personale. L’interesse economico e commerciale non deve mai divenire esclusivo, perché verrebbe a mortificare di fatto la dignità umana. Poiché il processo di globalizzazione, in atto nel mondo, investe sempre più il campo della cultura, dell’economia, delle finanze e della politica, la grande sfida oggi è 'globalizzare' non solo gli interessi economici e commerciali, ma anche le attese di solidarietà, nel rispetto e nella valorizzazione dell’apporto di ogni componente della società”.
“A questo riguardo - ha soggiunto il Papa - la Chiesa nella sua Dottrina sociale sottolinea l’importanza dell’apporto dei corpi intermedi secondo il principio della sussidiarietà, per contribuire liberamente ad orientare i cambiamenti culturali e sociali e finalizzarli ad un autentico progresso dell’uomo e della collettività”. Benedetto XVI ha poi concluso esprimendo la propria gratitudine per il lavoro svolto dalla Fondazione vaticana e invitandone i membri a offrire contributi di riflessione “per la realizzazione di un giusto ordine economico mondiale”, che venga “incontro alle attese legittime e ai bisogni” specialmente “dei più piccoli e bisognosi”.
I drammi e le speranze del Guatemala nelle parole del Papa al nuovo ambasciatore guatemalteco presso la Santa Sede
◊ La povertà in Guatemala e i drammi della malnutrizione infantile, della violenza sociale e del traffico di droga insieme all'impegno della Chiesa di questo Paese centroamericano al fianco della gente sono stati affrontati stamani dal Papa nel discorso al nuovo ambasciatore guatemalteco, Acisclo Valladares Molina, che ha presentato le Lettere credenziali. Il servizio di Fausta Speranza.
“Este derecho primario a la alimentación está intrínsecamente vinculado…”
Il Papa ribadisce il diritto all’alimentazione denunciando la denutrizione di “numerosi bambini” e chiedendo “metodi e azioni specifiche che permettano uno sfruttamento delle risorse che rispetti il patrimonio della creazione”. Non si deve solo contare sui risultati della scienza e della tecnologia – avverte il Papa – ma tener conto del ciclo e del ritmo della natura conosciuto dalla popolazione rurale, proteggendo gli usi e le tradizioni delle comunità indigene. Povertà e emigrazione che “affliggono la popolazione” necessitano di soluzioni effettive e durature. E Benedetto XVI chiede programmi che siano ispirati da principi basilari: dignità della persona, stabilità della famiglia, educazione ai più importanti valori umani e cristiani. Il Papa ribadisce che “sulla difesa della vita umana si basa tutto l’edificio dei diritti umani”. E, sempre pensando ai minori, il Papa chiede che tutte le madri possano allevare i propri figli con dignità evitando "l’ingiustificabile ricorso all’aborto”. Chiede anche che l’adozione sia sempre garantita dalla legalità dei dovuti procedimenti.
“El flagelo de la violencia social se agudiza…”
Del “flagello della violenza sociale parla denunciando diseguaglianze economiche, negligenze e mancanze nell’assistenza sanitaria, consumo e traffico di droga, corruzione.
“Se cumple en este año el XXV aniversario de la primera Visita Pastoral…”
Ricordando che quest’anno si compie il 25.mo anniversario della prima visita pastorale del Servo di Dio Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ribadisce la vicinanza che la Chiesa ha sentito con la popolazione del Guatemala specialmente nei momenti più difficili; sottolinea la sollecita adesione dei guatemaltechi al vescovo di Roma e “la vitalità con cui la Chiesa in Guatemala annuncia il Vangelo, apre vie di speranza e tende una mano fraterna a tutti i cittadini, preferibilmente ai più disagiati”.
Questa sera in Piazza San Pietro la chiusura del mese mariano presieduta dal Papa: intervista col cardinale Comastri
◊ Questa sera, alle 21.00, nella festa della Visitazione della Beata Vergine Maria e nella memoria del Cuore Immacolato di Maria, il Papa parteciperà in Piazza San Pietro alla chiusura del mese mariano. La celebrazione avrà inizio alle 20.00 con la processione del Clero dalla Piazza dei Protomartiri Romani, nella Città del Vaticano, al Sagrato Superiore della Basilica Vaticana, durante la quale verrà elevata la preghiera del Santo Rosario. Il rito proseguirà con una Celebrazione della Parola, che si concluderà con la Benedizione Apostolica impartita dal Papa. La Radio Vaticana trasmetterà l’evento a partire dalle 19.50. E’ il primo anno che Benedetto XVI presiede la conclusione del mese mariano in Piazza San Pietro. Sui motivi di questa scelta Giovanni Peduto ha sentito il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica Papale Vaticana e Vicario Generale di Sua Santità per lo Stato della Città del Vaticano:
R. – Negli anni passati, la conclusione del mese di maggio avveniva presso la Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani, e alla conclusione il Santo Padre scendeva e pronunciava un suo discorso che era una bella lampada che si accendeva per continuare il cammino seguendo Maria. Però, ogni anno si poneva il problema: molti volevano venire ma non tutti potevano entrare. E allora, per andare incontro alla gente che desidera chiudere il mese mariano insieme al Papa, è nata spontaneamente questa idea: trasferiamoci in Piazza San Pietro. Piazza San Pietro ha le braccia aperte, sicuramente può accogliere tutti coloro che vogliono recitare il Rosario e ascoltare la parola del Papa, ricevere la benedizione del Papa. Il Papa è stato felice di accogliere questa idea e ha dato la sua benedizione, e il Vicariato di Roma e il Vicariato dello Stato della Città del Vaticano, insieme, hanno promosso questa iniziativa.
D. – A conclusione del mese di maggio, Paolo VI volle porre la festa della Visitazione della Beata Vergine Maria a Santa Elisabetta. A cosa ci invita questa festività?
R. – La Visita di Maria a Santa Elisabetta la si può capire soltanto andando al momento conclusivo dell’Annunciazione. L’evangelista Luca, raccontando fin nelle minuzie l’episodio dell’Annunciazione, dice che appena Maria pronunciò il suo “sì”, appena disse all’Angelo: “Eccomi! Sono la serva del Signore. Io non discuto la volontà di Dio, mi consegno: puoi dire al Signore che mi porti dove vuole. Avvenga di me secondo la Sua parola!”, Maria non sapeva dove portava la strada di Dio, però si consegna perché Maria è la credente, la donna di fede. Però, subito dopo precisa, l’evangelista Luca: “E l’Angelo si allontanò”, sparì da lei. L’Angelo scomparve. Maria si ritrova sola. Si ritrova sola nella sua casa, che era quella di prima. Si ritrova nel villaggio, che era quello di prima. Però, si ritrova con una notizia che non era raccontabile. A chi poteva raccontare Maria: “E’ venuto un Angelo, mi ha detto che il bambino che è sbocciato nel mio grembo è figlio mio, è figlio di Dio!”? L’avrebbero presa per pazza! Cosa poteva fare, Maria? Maria prende la decisione più semplice ma anche la più bella, la più coraggiosa: Maria va a vivere la carità. Maria sente che nel suo cuore si è accesa la presenza di Dio e sente che è una presenza di amore. Allora, va ad amare, va a servire. E mentre va a servire, Maria ri-sente la voce di Dio, sente il primo commento del fatto, e lo sente attraverso la voce di Elisabetta che, illuminata dall’alto, illuminata dallo Spirito Santo, dice a Maria: “Io, appena ho sentito le tue parole, ho avvertito qualcosa di straordinario: il bambino che è nel mio grembo ha fatto un salto, un salto di gioia, ha sentito qualcosa di straordinario!”. E, illuminata dall’Alto, Elisabetta dà la lettura: “A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me? Beata te perché hai creduto!”. Questa è la beatitudine di Maria: beata te perché hai creduto! Ed è la beatitudine alla quale Maria ci invita a conformarci. Maria dice anche a noi: “Ecco, io ho creduto. Anche voi, diventate credenti! Anche voi, ogni giorno, convertitevi ad una fede sempre più profonda, ad una fede sempre più sincera!”. E quando Maria sente le parole di Elisabetta, in quel momento sgorga il “Magnificat”. Maria ha avuto la notizia più grande, più sensazionale di tutta la storia: non si è inorgoglita. Ha preso la strada umile del servizio, della dedizione. E vivendo la strada del servizio e della dedizione, ha sentito una voce dall’alto che ha illuminato la sua nuova condizione. E in questo momento, Maria esplode in un canto di gioia che è la più grande profezia mai pronunciata. Maria dice: “Elisabetta, io sono felice. Il mio spirito esulta in Dio che è Salvatore, perché ha guardato la piccolezza della sua serva, e d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata!”. E Maria non pecca di presunzione nel dire questo. Maria riconosce la sua piccolezza, ma riconosce che Dio si china sulla piccolezza. Quindi, mentre proclama che tutte le generazioni la chiameranno beata, Maria non vuol dire la sua lode, vuol dire la grandezza di Dio, vuol cantare la grandezza di Dio, vuol dire: “Ecco cosa fa Dio, Dio si china sui piccoli. Mi ha trovata piccola, mi ha scelta perché piccola e proprio perché mi ha scelta, d’ora in poi tutti mi chiameranno beata”. Ma aggiunge: “Se lo sguardo di Dio è rivolto verso i piccoli, gli orgogliosi non incontrano lo sguardo di Dio”. Allora, con tutta certezza può dire: “Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore”, perché i superbi non guardano Dio, non incontrano lo sguardo di Dio. “Ha rovesciato i potenti dai loro troni e ha innalzato gli umili”. Eppure, in quel momento, i troni erano tutti forti, ben solidi: il trono di Augusto, il trono di Erode ... Però, Maria è sicura, è decisa. E questa lettura la dà nella fede, ed è la fede che dà a Maria questa certezza e la storia mille e mille volte ha dato e darà ragione a Maria.
D. – Cosa vuol dire vivere la fede affidati a Maria? Cosa si perdono quanti non si fanno accompagnare dalla Madre di Dio lungo i sentieri della vita?
R. – Maria – lo dice il Vangelo, lo dice Elisabetta illuminata dallo Spirito Santo – è la credente, è la prima, è la perfetta credente. Quando ci si consegna a Maria ci si trova tra le braccia di Gesù. Maria ci educa alla fede, Maria ci conduce al Signore perché il testamento di Maria son le parole che Maria pronuncia al miracolo di Cana: “Fate quello che lui vi dirà!”. Ogni volta che ci accostiamo a Maria noi ci sentiamo più cristiani, ci sentiamo più discepoli del Signore perché Maria non allontana da Dio: Maria porta a Dio, Maria porta a Gesù. Chi rifiuta Maria, rifiuta l’aiuto più grande per andare incontro al Signore.
Altre udienze e nomine
◊ Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Giovanni Lajolo, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano; mons. Timothy Broglio, arcivescovo tit. di Amiterno, ordinario militare per gli Stati Uniti d’America; mons. Justin Saw Min Thide, vescovo tit. di Lemfocta, ausiliare di Yangon (Myanmar), in visita "ad Limina Apostolorum". Il Santo Padre riceve questo pomeriggio il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
In India, il Santo Padre ha nominato vescovo di Kumbakonam il rev. Francis Antonysamy, del clero di Tanjore, parroco della Basilica di Vailankanni. Il rev. Francis Antonysamy è nato il 15 aprile 1946 ad Iluppur, nella Diocesi di Tanjore. E’ stato ordinato il 2 agosto 1974.
In Camerun, il Papa ha nominato vescovo di Yagoua mons. Barthélemy Yaouda Hourgo, del clero di Maroua-Mokolo, amministratore apostolico della medesima diocesi. Mons. Barthélemy Yaouda è nato il 31 gennaio 1964 a Mayo-Ouldémé, appartenente all'allora diocesi di Garoua, ora diocesi di Maroua-Mokolo. E' stato ordinato sacerdote l’8 novembre 1997, incardinato nella Diocesi di Maroua-Mokolo.
Il Santo Padre ha nominato membro della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.
Il Papa ha nominato consigliere dello Stato della Città del Vaticano il dott. Claudio Ceresa.
Il plauso della Santa Sede alla messa al bando delle bombe a grappolo
◊ Sono di segno diverso le reazioni all’approvazione della convenzione internazionale per la messa a bando delle bombe a grappolo, approvata ieri a Dublino da 111 Paesi. Un trattato, che verrà ufficialmente firmato a novembre ad Oslo, che prevede la distruzione e la fine dell’utilizzo delle “cluster bombs” da parte dei firmatari entro otto anni. Soddisfazione è stata espressa dal segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, mentre gli Stati Uniti, che insieme a Israele, Russia, Cina, India e Pakistan non hanno partecipato al negoziato, hanno ribadito l’utilità militare delle bombe a grappolo. Alla Conferenza di Dublino ha partecipato anche una delegazione vaticana guidata dall’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio ONU di Ginevra. Fabio Colagrande gli ha chiesto come considera l’accordo raggiunto a Dublino:
R. – E’ stato un passo enorme, in breve tempo si è arrivati a concludere una nuova convenzione, che apre un capitolo nuovo nel diritto umanitario, ma soprattutto mette al bando tutti gli ordigni, tutte le bombe a grappolo che sono state usate sinora nelle varie guerre, e in più condiziona il trasporto, la costruzione di nuove bombe e anche la nuova tecnologia, che può essere adattata a questi ordigni.
D. – Lei come rappresentante della Santa Sede si è molto impegnato per l’approvazione di questa convenzione. Il Papa aveva auspicato che a Dublino si giungesse ad attuare uno strumento internazionale forte e credibile. Ecco, è un auspicio soddisfatto quello del Papa?
R. – La delegazione della Santa Sede ha giocato un ruolo chiave, nel senso che è stata un poco il ponte tra vari gruppi e varie istituzioni di Stati, portando ad una convinzione positiva per un documento, uno strumento che sia, come il Papa ha detto, forte e credibile. Ed è esattamente così.
D. – Mons. Tomasi, come commenta la mancata adesione di nazioni geopoliticamente importanti, produttrici e utilizzatrici di questi ordigni?
R. – Erano presenti a questa conferenza diplomatica 111 Paesi come membri e 20 come osservatori. Per cui più di 130 Paesi si sono alla fine impegnati applaudendo con grande entusiasmo all’approvazione di questo strumento. La comunità internazionale è abbastanza compatta su questa visione di mettere fine a una pagina di crudeltà, direi, nell’uso di questi ordigni, che vanno indiscriminatamente a colpire le popolazioni civili. Certo, la mancanza di Paesi come la Cina, gli Stati Uniti, la Russia e il Brasile ha fatto riflettere che il cammino per completare il lavoro è ancora lungo. Adesso, però, quello che era per molti di noi inaccettabile dal punto di vista etico, è diventato anche illegale dal punto di vista del diritto internazionale. Perciò abbiamo fiducia che questa pressione e questa volontà chiara della comunità internazionale avrà un peso anche nelle decisioni e considerazioni dei Paesi che non erano presenti.
D. – Mons. Tomasi, si sottolinea spesso che questo tipo di impegno per il disarmo si scontra contro logiche industriali e produttive molto importanti, sulle quali si reggono le economie di interi Paesi. Cosa dire?
R. – Anzitutto, direi che questo tipo di convenzione è come quella contro le mine antipersona di Ottawa. Sono dei passi molto importanti per dire alla comunità internazionale che con la buona volontà e un negoziato paziente è possibile andare avanti nella questione generale del disarmo, anche se le strutture delle Nazioni Unite, in questo momento, sembrano essere in una condizione di stallo, per quanto riguarda la non proliferazione soprattutto delle armi atomiche. Dobbiamo continuare a lottare per dare sicurezza al nostro mondo. Quindi, bisogna lavorare per trasformare le risorse umane e materiali che si investono nel campo militare – basti pensare che l’anno scorso sono stati investiti 1200 miliardi di dollari solo negli armamenti – usare tutte queste risorse per metterle al servizio delle opere di pace e di sviluppo, specialmente per i Paesi più poveri.
D. – Quindi, la speranza è che in futuro la sicurezza non sia basata sulle armi e sull’uso della forza?
R. – Dobbiamo allargare il concetto di sicurezza. Nella Dottrina sociale della Chiesa la sicurezza non viene dalle armi, ma viene da uno sviluppo omogeneo integrale delle società. Quindi, si assicura la pace attraverso la giustizia, attraverso la distribuzione dei beni di questo mondo in maniera più equa, cercando di rendere la globalizzazione in corso un meccanismo che porti benessere non solo ad alcuni, ma a tutti.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Nell'informazione religiosa, intervista di Giampaolo Mattei all'arcivescovo Angelo Amato, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, sul Decreto generale "circa il delitto di attentata ordinazione sacra di una donna".
Munizioni a grappolo al bando, un passo in avanti verso il disarmo: nell'informazione internazionale, intervista all'arcivescovo Silvano M. Tomasi sulla convenzione di Dublino.
Uno scrittore libero contro le ideologie: in cultura, Andrea Monda intervista Juan Manuel de Prada, a Roma per la presentazione del suo ultimo romanzo "Il settimo velo".
Gaetano Vallini recensisce il volume "Ebrei di Salonicco, 1943. I documenti dell'umanità italiana".
Inos Biffi sull'inno "Deus creator omnium" di sant'Ambrogio.
Il noto mariologo Salvatore M. Perrella spiega il senso dell'Immacolata Concezione.
Le celebrazioni in Belgio per i 75 anni delle apparizioni della Vergine dei poveri a Banneux
◊ In Belgio, la conclusione del mese di maggio ha oggi una solennità particolare. Al Santuario di Banneux nelle Ardenne, infatti, il cardinale Danneels, presiede, a nome del Papa, le celebrazioni per il 75.mo anniversario delle apparizioni della Vergine dei poveri a Mariette Béco, una ragazzina di 11 anni. Nel 1933, all’epoca delle apparizioni – otto in tutto – Banneux era un villaggio dimenticato a 25 km da Liegi. Estremamente discreta, la veggente Mariette Béco è tuttora in vita. Le apparizioni di Banneux sono state riconosciute il 22 agosto 1949. Nel 1999, il Santuario è stato riconosciuto dai vescovi del Belgio Santuario nazionale. Nel cuore del Santuario si trova la Cappellina delle Apparizioni, il percorso e la sorgente a cui la Vergine ha condotto la giovane affinché essa “immergesse le mani nell’acqua”. Romilda Ferrauto, responsabile della nostra redazione francese, ha parlato dell’anniversario con il padre gesuita Léon Wuillaume, che ha esaminato tutti gli archivi di Banneux:
R. – Ce qui est formidabile à Banneux c’est que
Quello che è formidabile, a Banneux, e che salta subito agli occhi, è la semplicità del luogo...Niente di spettacolare, niente estasi, nessun messaggio apocalittico ... Quello che credo sia importante ricordare è che a Banneux tutto si è svolto nel silenzio: niente giornalisti, nessuna pubblicità chiassosa, semplicemente il numero sufficiente di testimoni.
D. – Queste apparizioni hanno alcune caratteristiche in comune con Lourdes, come ad esempio la sorgente d’acqua. Ma qual è il senso più profondo del messaggio della Vergine a Banneux?
R. – On a étudié les paroles. Les paroles, ce ne sont que des verbes et des substantifs. …
Sono state studiate le parole. Le parole, poi, non sono che verbi e sostantivi: “Io sono la Vergine dei poveri”, c’è un solo aggettivo: “Una piccola cappella”, c’è un solo avverbio: “Pregate molto”, ma tutto il resto – “Credete in me, io crederò in voi”, ... è un messaggio chiaro, in tre righe, e può essere tradotto in tutte le lingue, in cinque minuti. Ed è per questo che ha conquistato immediatamente tutte le nazioni! Ma il teologo di Banneux ha impiegato 15 anni per comprendere che al centro c’era l’azione: la Vergine ha condotto per quattro volte alla sorgente, cioè a dire che l’apparizione è incentrata sulla sorgente e la sorgente non può essere che Gesù Cristo.
D. – Perché la Vergine ha detto che quella sorgente appartiene a tutte le Nazioni?
R. – Mons. (Louis-Joseph) Kerkhofs, apprennant ça, que la Vierge aurait dit “pour toutes les Nations”, …
Quando mons. Kerkhofs venne a sapere che la Vergine avrebbe detto “per tutte le Nazioni” in quel posto sperduto dove non passava mai nessuno, quando mai qualcuno passava per Banneux? – il nome lo dice, Banneux era il posto dei poveri, risaliva ancora al Medio Evo – la gente diceva: Ma vi sarete sbagliati! Non era verosimile! Mons. Kerkhofs pensò che la piccola avesse capito male. Ora si comprende: ci sono 4 – 5 mila riproduzioni di Banneux sparse per il mondo. E’ sbocciato come un piccolo fiore che è nato d’inverno e si diffuso ovunque: dalla Cordigliera delle Ande fino alla Mongolia. La Vergine dei Poveri è diffusa in Corea, nei Balcani, in Argentina, ovunque, ma soprattutto nei Paesi poveri e ovunque è concepita come la Vergine alla quale ci si rivolge perché è lei che facilita il contatto con il Figlio.
D. – La veggente, Mariette Béco, all’epoca aveva 11 anni ed è tuttora in vita. Non ha preso i voti, si è sposata, ma soprattutto è stata molto criticata perché non ha mai voluto condividere le rivelazioni con il grande pubblico. Cosa ci può dire di Mariette Béco?
R. – Oui elle était l’aînée d’une famille nombreuse, toujours en activité pour aider sa mère, ...
Mariette era la primogenita di una famiglia numerosa, era sempre in attività per aiutare la mamma, cucinava, faceva il bucato, accudiva i fratelli minori ... E’ stato fatto di tutto per portarla via dal suo ambiente. Mariette rappresenta lo sprezzo per l’ipocrisia, l’amore per la lealtà e la rettitudine: non ha mai fatto nulla per conquistarsi la simpatia; le apparizioni non ne hanno fatto una “santarellina” e lei rifiuta la “commedia”: si è limitata a raccontare i fatti nudi e crudi: l’ideale della testimonianza! Ma, come tutti i testimoni, in greco si dice “martirio”, tutti si trovano a dover subire le accuse degli avversari, le pressioni, i sospetti, i processi all’intenzione, le calunnie e i pettegolezzi sulla sua vita privata ... Ma c’è soprattutto un fatto, ed è che Mariette "doveva assomigliare" a Bernardette, come un calco fatto nel cartongesso; ma lei si è rifiutava di rientrare in questo schema prefabbricato come in una nicchia, come se la santità si fabbricasse in serie ...
D. – Mariette Béco vive quindi una vita molto ritirata, distante dai media. Nel 1985, però, in occasione della visita di Giovanni Paolo II a Banneux, ha incontrato il Papa. Lei lo può confermare?
R. – Mariette a demandé pour rencontrer le Pape, mais elle avait demandé qu’il n’y ait pas de cameras ...
Sì, Mariette aveva chiesto di incontrare il Papa, ma aveva chiesto anche che non ci fossero telecamere, perché lei non ha mai voluto né telecamere né giornalisti : li ha sempre rifiutati, ha troppo sofferto a causa loro. Ha incontrato, dunque, il Papa nella sacrestia.
No alla pubblicità del tabacco, slogan della Giornata senza fumo 2008 dedicata ai giovani
◊ Stop alla pubblicità del tabacco in tutto il mondo. Lo chiede l'OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per proteggere i giovani, ai quali è dedicata la giornata senza fumo 2008. Per poter sopravvivere, spiega l’OMS, le aziende produttrici di tabacco devono puntare a consumatori in età giovanissima per poter rimpiazzare chi smette di fumare, o chi muore. Secondo le stime, il tabacco, ad oggi, uccide circa la metà dei consumatori, con 5,4 milioni di morti ogni anno. Un numero che potrebbe salire ad otto milioni nel 2030. Servizio di Francesca Sabatinelli.
Bandire la parola tabacco dalle pubblicità, dalle sponsorizzazioni, dalle promozioni, per l’OMS è il sistema che potrebbe proteggere i giovani, protagonisti della giornata antifumo di quest’anno. Le compagnie di tutto il mondo, denuncia l’Organizzazione Mondiale della Sanità, investono miliardi per attrarre i giovani verso i loro prodotti, ed è dimostrato che i ragazzi subiscono fortemente il condizionamento della pubblicità. Lo conferma Paola Scalari, psicologa e psicoterapeuta, autrice di numerose pubblicazioni sull’età evolutiva.
“Lo sfondo culturale può aiutare i ragazzi a non essere sollecitati all’utilizzo del fumo. Quindi la pubblicità, essendo il veicolo per sollecitare l’acquisto, il consumo, se è meno presente, meno solletica il desiderio, l’emulazione, che non è solo per la sigaretta. Le sigarette vengono associate nella pubblicità al benessere, al relax, alle donne, alle macchine e chiaramente creano un forte desiderio nei nostri giovani”.
Esperti di salute pubblica dell’ONU testimoniano che laddove la pubblicità è bandita, il consumo di tabacco si riduce del 16%, le loro preoccupazioni si rivolgono soprattutto ai giovani dei Paesi in via di sviluppo, dove si concentra oltre l’80% dell’1,8 miliardi di giovani del mondo, è proprio lì che le aziende del tabacco si muovono in maniera più aggressiva. E’ però anche vero che accanto alla pubblicità, ci sono altri stimoli che spingono un ragazzo ad affrontare la prima sigaretta.
“Sicuramente la famiglia con i suoi modelli, le sue testimonianze - mamma e papà ne fanno un grande uso – sollecita i giovani a non sentire che questa cosa è nei valori, nei principi, nelle modalità di vita della propria famiglia, bandita in quanto nociva. Insomma, se mamma la usa, tanto nociva non deve essere e a quel punto nessun divieto funziona, perché l’imitazione e la testimonianza è più importante”.
Quale alternativa offrire quindi ai ragazzi per salvarli dalla trappola del fumo?
“I giovani di oggi sono molto sensibili alla salute, alla bellezza personale e quindi il primo messaggio è che si è più sani se non si fuma. Dopo, credo che uno dei grandi messaggi che oggi possiamo dare ai nostri giovani è quello che tutti insieme dobbiamo salvare il mondo. Il senso ecologico credo sia il nuovo principio, il nuovo valore, la nuova avventura che i nostri ragazzi sanno cavalcare. Sollecitiamoli ad un mondo salubre e vedremo che i nostri giovani non avranno nemmeno voglia di avvicinarsi al fumo, perché loro per primi si sentiranno appartenenti a quella parte del mondo che non vuole nuocere alla vita collettiva, ma invece vuole promuovere nuovi valori”.
L'emergenza alimentare tra i temi centrali della Conferenza dell'ILO
◊ L’emergenza alimentare mondiale è uno dei temi centrali della conferenza annuale dell’ILO, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, in corso a Ginevra, in Svizzera. Alle possibili soluzioni per perseguire la lotta alla povertà nel mondo contribuiscono anche le organizzazioni sindacali che nell’ILO trovano un raro terreno di confronto con i governi e le associazioni di imprenditori. Stefano Leszczynski ha intervistato Cecilia Brighi, delegata della Cisl alla conferenza di Ginevra.
R. - Quando si parla degli obiettivi del millennio, il nodo centrale da superare è la povertà, è quello della promozione dell’occupazione. Noi siamo in una situazione in cui, in questi ultimi anni, c’è stata una crescita economica vertiginosa che non ha corrisposto ad una crescita dell’occupazione. Soprattutto nel settore agricolo c’è un'ulteriore povertà anche dovuta al fatto che c’era stato questo aumento dei prezzi delle materie prime, dei generi alimentari.
D. – Sono molti i temi scottanti che vengono affrontati per quanto riguarda alcuni Paesi, ad esempio la libertà di associazione, la riduzione in schiavitù...
R. – Assolutamente. Quest’anno è il 60° anniversario dell’approvazione della Convenzione sulla libertà sindacale e, purtroppo, più della metà dei lavoratori del mondo non possono godere di questa libertà, perché i governi non hanno ratificato la convenzione. Ci sono poi tanti Paesi in cui la convenzione è stata ratificata, faccio l’esempio della Birmania, che è un esempio proprio classico. E viene completamente disattesa, tanto è vero che a settembre, nel momento in cui ci sono state le grandi manifestazioni, sei sindacalisti sono stati condannati a 20 e 27 anni di carcere perché avevano promosso un seminario il giorno del 1 Maggio. L’altro caso scottante che discuteremo in questi giorni sulla libertà sindacale è il caso della Colombia, dove aquest’anno sono stati 26 i sindacalisti uccisi; poi si discuterà di Zimbawe, dove sindacalisti, anche recentemente, sono stati arrestati e dove ci sono pesantissime violazioni della libertà sindacale.
D.- Come si può leggere la tutela della dignità del lavoro con quella che è la situazione attuale della povertà e della carenza di cibo nel mondo?
R. – La fame e la povertà stanno crescendo proprio nelle aree più povere del mondo, e quindi c’è la necessità di misure urgenti, che permettano lo sviluppo di queste aree, di questi Paesi; quindi ci sarà una discussione specifica per valutare come gli investimenti produttivi e l’occupazione possano portare al superamento di questa crisi alimentare che creerà, se non verrà affrontata adeguatamente, non solo fame, ma anche, probabilmente, decine e decine di migliaia di morti.
L'esperienza di "Nomadelfia", la città dove "la fraternità è legge"
◊ Un popolo di volontari cattolici che vuole costruire una nuova civiltà fondata sul Vangelo: è questo Nomadelfia, l’istituzione cui ha dato vita, tra gli Anni Quaranta e Cinquanta, don Zeno Saltini, oggi a 4 chilometri da Grosseto, in Italia. Si tratta di una comunità che ha una propria costituzione, dove non esiste proprietà privata nè circola denaro e alla quale è stata dedicata la fiction “Don Zeno. L’uomo di Nomadelfia”, trasmessa in due puntate da Rai Uno. Ma quali le impressioni dei nomadelfi sulla produzione? Tiziana Campisi lo ha chiesto al presidente di Nomadelfia, Pietro:
R. - La fiction è molto ben fatta e molto interessante, perché fa rivivere i primi tempi della vita di don Zeno, nella sua vocazione: il rapporto con il vescovo è veramente fedele anche alla storia, alla realtà, ed anche l’accoglienza dei primi figli.
D. - Che cos’è oggi “Nomadelfia”?
R. - Nomadelfia - dal greco vuol dire “dove la fraternità è legge” - è una legge volontaria che si sono data i primi nomadelfi nel 1948. E’ una comunità di famiglie, ci sono persone anche non sposate, qualche sacerdote, ci sono i figli, figli nati e figli accolti e s’ispira alla vita delle prime comunità cristiane descritte negli Atti degli Apostoli. In più, don Zeno ha fondato un popolo che è stato anche riconosciuto dalla Chiesa: si lavora all’interno della comunità, nessuno viene pagato, non si fa carriera, si è disponibili a tutte le iniziative e alle attività della comunità. Tutte le famiglie sono aperte all’accoglienza: i figli vengono accolti attraverso i tribunali o i servizi sociali e poi l’autorità di Nomadelfia li affida alle famiglie che ritiene più opportune e i figli vengono affidati con una cerimonia particolare inventata da don Zeno all’altare con le stesse parole che Gesù dalla croce ha detto alla Madonna e a San Giovanni: “Donna, ecco tuo figlio, figlio, ecco tua madre”. Abbiamo anche le nostre forme di apostolato comunitario: sia con l’accoglienza di ospiti e visitatori, sia incontrando le persone sulle piazze con una tournee di spettacoli che facciamo tutte le estati, dalla fine di luglio alla fine di agosto.
D. - La Chiesa ha eretto Nomadelfia a parrocchia. Come vi rapportate con le altre parrocchie?
R. - Noi siamo una parrocchia unica, ci ha detto la Santa Sede l’unica parrocchia comunitaria del mondo. Tutti i componenti di Nomadelfia - sono poco meno di 300 persone - partecipano alla vita parrocchiale: siamo incardinati nella diocesi di Grosseto, ma abbiamo anche un rappresentante del Papa presso Nomadelfia che è attualmente il cardinale Sepe.
D. - Quali attività si svolgono a Nomadelfia?
R. - Tutte le persone lavorano nelle nostre piccole aziende, nelle nostre iniziative che servono poi per vivere: abbiamo quindi un’azienda agricola, costruiamo noi le nostre case, tutta l’impiantistica, le varie attività, le varie officine, ecc. Ma abbiamo anche attività che riguardano più forme di apostolato, come per esempio l’accoglienza di ospiti. Poi abbiamo una tipografia dove stampiamo il nostro giornale bimestrale, libri di don Zeno ed opuscoli che spiegano Nomadelfia: facciamo noi scuola ai nostri figli fino alla maturità poi, se vogliono proseguire gli studi, devono uscire per poter frequentare l’università.
D. - Cosa vi proponete rapportandovi agli altri o quando portate in giro i vostri spettacoli?
R. - Noi vogliamo soltanto portare una testimonianza, la testimonianza è che si può vivere anche socialmente, non soltanto personalmente o familiarmente, come fanno tutti: ma anche socialmente, si può vivere sui veri valori del Vangelo.
D. - Da quando è nata Nomadelfia, quanto è cambiata e verso quali orizzonti guarda?
R. - Nomadelfia non è nata da un progetto a tavolino. Don Zeno ha seguito i segni del Cielo, cioè la fede voleva dire vedere la volontà di Dio attraverso anche le circostanze e lui diceva: “Io non ho fatto niente di speciale ed ho soltanto fatto quello che il Signore mi ha messo davanti e se non l’avessi fatto, mi sarei considerato un vigliacco”. Nomadelfia direi che su questo non è cambiata: cerca di realizzare quello che è stato il carisma di Zeno.
D. - Quale messaggio oggi vogliono dare i nomadelfi?
R. - Potrei rispondere con le parole che ha usato Giovanni Paolo II quando è venuto a Nomadelfia nel 1989: “Nomadelfia è un popolo che prepara le sue leggi ispirandosi agli ideali predicati da Cristo e più ancora quando noi siamo stati a Castel Gandolfo, nel 1980, pochi mesi prima che don Zeno morisse, abbiamo portato il nostro spettacolo lì proprio per il Papa e lui ha concluso dicendo: “Nomadelfia è un seme piccolo ma deve permeare la civiltà del mondo futuro”. Vivere in una società basata esclusivamente sui valori evangelici: è la testimonianza che vogliono offrire al mondo i nomadelfi".
Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
◊ In questa nona Domenica del Tempo Ordinario la Liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù dice ai discepoli:
“Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:
(Musica)
Il Vangelo di oggi ci insegna un tratto distintivo capitale dell'identità cristiana. Il cristiano è colui che viene riconosciuto da Cristo e chiamato a stare con Lui per l'eternità. E Cristo non riconosce l'uomo che vive solo religiosamente e devotamente. Non riconosce l'uomo che ha preso qualcosa da Lui continuando a seguire la volontà propria.
Qui è posta un'antitesi radicale tra il «fare la volontà del Padre che è nei Cieli» (Mt 7, 21) e il fare la volontà propria. «Piango - scrive Antonio il monaco - su quelli che pretendono di vivere nel nome di Gesù e invece fanno la volontà del proprio cuore e del proprio corpo» (Lettere, VI, 3).
Ma che cosa significa fare la volontà di un altro? Significa obbedire, significa obbedienza.
Solo nell'obbedienza, ci insegna Gregorio Magno, noi cediamo in sacrificio la nostra volontà propria, tutti gli altri sacrifici li offriamo per mezzo della nostra volontà, ma la volontà stessa rimane nostra (cf. Moralia 35, 10).
L'altro grande richiamo è all'azione.
Nell'agire c'è una incontrovertibilità e un'innocenza sulle quali il dubbio e l'accusa non possono nulla. Esso sta quindi come roccia.
(Musica)
Mons. Sako: se la Chiesa caldea sparisse sarebbe una grande perdita anche per i musulmani
◊ “Se oggi gli americani dovessero lasciare il Paese ci sarebbe il rischio della guerra civile e anche di una divisione dell'Iraq per l'influenza dei Paesi dell'area come Iran, Paesi del golfo, Siria a Turchia”. Il monito è stato lanciato a Milano da mons. Sako, rappresentante della Chiesa caldea in Iraq e arcivescovo di Kirkuk, in occasione del ritiro del premio “Defensor fidei”, assegnatogli dal bimestrale cattolico “Il Timone” proprio per il suo impegno a favore del dialogo. ''La Chiesa Caldea - ha spiegato Sako in un incontro nel capoluogo lombardo di cui riferisce l’ANSA - è la Chiesa delle origini anche per l'Occidente. Oggi siamo in pochi ma se dovessimo scomparire sarebbe una grande perdita per l'Occidente ma anche per il mondo musulmano''. In Iraq moltissimi cristiani sono stati costretti a lasciare il Paese, però l'arcivescovo di Kirkuk resta ottimista: “Prima c'era una dittatura assoluta. Con la caduta del regime che controllava ogni cosa è tornata la libertà, ora bisogna educare tutti a rispettare gli altri. Per questo vogliamo il dialogo con i musulmani''. Mons. Sako dice anche di guardare con fiducia alla possibilità di un incontro tra il presidente dell'Iran e il Santo Padre: “Se ci sarà un dialogo sincero potrà arrivare un aiuto per l'Iraq e per l'intero Medio Oriente''. Tuttavia Il dialogo tra le diverse fedi, soprattutto a causa di gruppi estremisti, non sembra facile: ''La situazione nel Paese è ancora drammatica, sicuramente non si può parlare di sicurezza. Ci sono alcune zone, però, che lo sono. Il problema è che l'esercito iracheno non è in grado di controllare tutto, per cui si sono infiltrati gruppi estremisti, ma non tutti i musulmani sono così. La maggior parte delle persone è contro il terrorismo''. Nonostante queste difficoltà l'arcivescovo di Kirkuk è convinto che la Chiesa abbia ancora un ruolo importante: ''La nostra forza non è nei numeri ma nella nostra cultura e nella capacità di apertura agli altri. Importante è che ci sia unità ed è per questo che sarebbe necessaria una pastorale precisa che ancora manca''. (M.G.)
I cattolici indonesiani chiedono il sostegno degli Stati Uniti alla causa degli indigeni papuani
◊ “C’è terrore e gli aiuti economici destinati alla gente vengono utilizzati per altri scopi. Le persone non si sentono ancora sicure nel proprio Paese”. Questa la denuncia di padre Cayetanus Johanes Tarong, Superiore dei missionari del Sacro Cuore, sulle condizioni in cui vive il milione e mezzo di indigeni presenti in Papua occidentale, in Indonesia. In un’area ricca di risorse petrolifere e rame, questa minoranza subisce continue vessazioni ed è afflitta da una povertà estrema. Per questo una delegazione cattolica indonesiana, riporta l’Osservatore Romano, ha voluto incontrare recentemente alcuni rappresentanti della Conferenza episcopale statunitense e si è recata a Washington per chiedere al Congresso da una parte aiuti finanziari, dall’altra una mediazione tra il Governo del Paese asiatico e i papuani, anche ricorrendo alla minaccia di sospensione degli aiuti militari in caso di mancata risoluzione dei problemi. Repressione culturale, aumento dei casi di Aids, drammatica situazione sanitaria, carenza di strutture educative sono solo alcune delle emergenze che gli indigeni si trovano oggi ad affrontare. Sebbene, come ha spiegato Frederika Koraina, direttore operativo dell’Ufficio giustizia e pace della diocesi, essi abbiano accettato che le enormi ricchezze della loro regione siano a disposizione del Paese, continuano a subire ingiustizie e violenze. (S.G.)
Il governo indiano dà maggiori poteri alla commissione per le minoranze del Tamil Nadu
◊ La comunità cristiana e quella musulmana del Tamil Nadu hanno accolto con grande favore la decisione del governo indiano di conferire maggiori poteri, in materia di minoranze linguistiche e religiose, allo Stato dell’India meridionale. Qui lavora dal 1990 la commissione per le minoranze linguistiche e religiose, ma la sua azione per molti anni non è stata incisiva per la mancanza di poteri effettivi, dovuta a carenze legislative. Padre Vincent Chinnaduraui, attuale presidente della commissione, ha spiegato, in una dichiarazione ripresa dall’Osservatore Romano, che i nuovi poteri conferiti renderanno più incisiva l’attività di protezione delle minoranze. Adesso la commissione potrà, fra le altre cose, aver accesso ai documenti governativi e dare ordini ed eventualmente censurare gli agenti del governo. La decisione del governo, presa a seguito di un’interrogazione di un deputato cattolico, è stata bene accolta anche dal leader della minoranza musulmana. (M.G.)
Mail di pace per Betlemme per la settimana di azione delle Chiese per la pace in Israele e Palestina
◊ Inviare auguri e preghiere di pace a Betlemme per posta elettronica per dire ai suoi abitanti che non sono soli. È l’obiettivo dell’iniziativa che il COE, il Consiglio Ecumenico delle Chiese, lancia in occasione della settimana di azione internazionale delle Chiese per la pace in Israele e Palestina che si terrà dal 4 al 10 giugno. I messaggi vanno inviati a aei@p-ol.com prima del 7 giugno, in tempo per essere recapitati alle parrocchie, scuole e organizzazioni di Betlemme ma anche di Gerusalemme e saranno diffusi dal sito aeicenter.org. Il SIR riferisce che alcuni di questi saranno anche letti nella Piazza della Mangiatoia a Betlemme domenica 8 giugno quando la popolazione di Betlemme formerà un orologio vivente per ricordare i 60 anni di vita da rifugiati e i 41 anni di occupazione israeliana. Quest’anno alla settimana di azione partecipano organismi di 17 Paesi, tra cui anche Pax Christi international. Manifestazioni avranno luogo da Canberra a Oslo, da Manila a Edimburgo con incontri culturali, sociali e politici a vari livelli. (M.G.)
A Crema, concerto per la pace di due giovani musicisti israeliani
◊ Vivere in pace in Terra Santa è possibile. È quanto vuole ribadire il concerto che si terrà il 2 giugno, a Crema su iniziativa della parrocchia della Cattedrale e del Comune. Ad esibirsi saranno due docenti dell’istituto musicale Magnificat di Gerusalemme, gestito dalla Custodia di Terra Santa, Dvir Katz, 32 anni flautista, e Vicki Lehem-Zlotkin, 29 anni pianista. Crema diventa così crocevia di scambi culturali e collaborazioni inedite: Dvir Katz, infatti, è di origini romene, mentre Vicki Lehem-Zlotkin è giunta in Terra Santa dalla Bielorussia a 15 anni. Entrambi ebrei, arrivano in Italia per la prima volta senza essersi mai esibiti insieme. Racconta al SIR Katz: “La musica mi ha appassionato sin da piccolo. Ho cominciato con la chitarra poi, a 19 anni, mio fratello mi ha regalato un flauto. Sono nato a Ramla, la cui popolazione si divide tra arabi ed ebrei: convivere in fraternità è possibile e la musica può essere uno strumento giusto”. Aggiunge una testimonianza sulla convivenza Lehem-Zlotkin: “Mi sono trasferita a Beersheba, lontano da Gerusalemme, ho una figlia piccola, ma non rinuncio a insegnare al Magnificat. Gli studenti sono in maggior parte palestinesi e il clima di amicizia e solidarietà instaurato in questi anni è incredibile”. I due giovani maestri interpreteranno musica ebraica religiosa e secolare, così come composizioni classiche ispirate dalla tradizione ebraica. (M.G.)
Giunte in Romania le reliquie del Beato Geremia, il frate cappuccino emigrato a Napoli nel 1500
◊ Oggi a Onesti, in Romania, sono state portate le reliquie di un Beato cappuccino, il beato Geremia, nato in un villaggio chiamato Tzazo e partito nel 1575 per l’Italia dove, secondo quanto gli aveva detto sua madre, vivevano dei cristiani santi e dei monaci esemplari. Arrivato in Italia, rimase tuttavia deluso: non trovò quello che in realtà pensava di trovare e stava per tornare in patria, quando gli fu consigliato di recarsi a Napoli. Qui, infatti, la vita cristiana attraversava un momento felice e Geremia conobbe i cappuccini, entrò nel loro ordine e con loro per 49 anni servì in ospedale i religiosi infermi. Ben presto si sparse la fama della sua santità nella città, e molta gente bussava alla porta del convento per raccomandarsi alle sue preghiere. Per assistere un infermo, che viveva fuori dal convento, si ammalò di pleurite, malattia che lo uccise. Le virtù che aveva praticato entusiasmarono i religiosi grazie ai quali fu avviata una causa di beatificazione che per varie vicende, tuttavia, non andò avanti. Fu ripresa casualmente solo nel 1905, quando un signore romeno trovò su una bancarella di Roma la vita di Fra Geremia da Valacchia; se ne interessò molto e grazie a lui la storia del cappuccino giunse all’attenzione dell’accademia romena. Quando si tentò di riavviare la causa, tuttavia, scoppiò la prima guerra mondiale e solo nel 1926 un sacerdote, padre Iliy Dianu, tornò a parlarne sulle pagine di una rivista romena e l’articolo fu letto da molta gente, tra cui i vescovi di Bucarest e i nunzi che lavoravano in Romania. La causa fu, infine, riavviata dopo il ritrovamento della tomba di Geremia avvenuto grazie a uno studioso romeno. La beatificazione fu proclamata da Giovanni Paolo II il 30 Ottobre 1983. La Chiesa cattolica in Romania ha chiesto insistentemente che venissero portate le reliquie di questo beato nella sua terra d’origine e oggi tutto il Paese è in festa; le reliquie sono arrivate questa mattina qui, a Onesti, dopo aver percorso circa 4.600 chilometri e verranno ospitate in una Chiesa già dichiarata dal vescovo santuario diocesano. In questa cittadina, nel cuore della Moldavia, vivono 51 mila abitanti, dei quali soltanto 6.100 sono cattolici. (Da Onesti, padre Egidio Picucci)
Si aprono oggi le celebrazioni per il centenario della beatificazione di San Gabriele dell'Addolorata
◊ Fu il santo del sorriso. Seppe vivere sempre con gioia ed entusiasmo la sua esistenza, stroncata in giovane età e segnata da numerose sofferenze. E in serata il santuario che porta il suo nome, nel cuore dell’Abbruzzo, ospiterà l’anteprima mondiale del musical che racconta la sua vita: “Gabriele dell’Addolorata, un silenzioso sospiro d’amore”, scritto e diretto da Carlo Tedeschi. Prima dello spettacolo giungeranno nel medesimo luogo di culto, a Teramo, i fedeli che partecipano al pellegrinaggio presieduto dal vescovo di Teramo-Atri, mons. Michele Seccia. Si aprono così le celebrazioni per il primo centenario della beatificazione di San Gabriele dell’Addolorata che domani mattina alle 11 proseguiranno con la Messa Solenne officiata dall'arcivescovo Luciano Suriani, nunzio apostolico in Bolivia e con l’inaugurazione della pala d’altare del nuovo Santuario dedicata alla Risurrezione. Gabriele dell’Addolorata (Francesco Possenti), religioso passionista, morto a soli 24 anni nel 1862, fu beatificato da San Pio X il 31 maggio 1908 e canonizzato da Benedetto XV nel 1920. (S.G.)
Premio Dossetti a mons. Colavero "ambasciatore di pace fra Italia e Albania"
◊ Dare un’istruzione ai bambini non vedenti e renderli autonomi. È questa la missione dell’Associazione Agimi che ha fondato nel sud dell’Albania due centri per oltre venti piccoli allievi, ad alcuni dei quali offre anche un alloggio. Promotore dell’iniziativa è mons. Giuseppe Colavero, cappellano di Sua Santità e seguace dell’apostolo della pace e dei lebbrosi Raoul Follereau. Un importante riconoscimento al suo lavoro è giunto oggi dal Comune di Cavriago, in provincia di Reggio Emilia, che gli ha assegnato il “Premio per la Pace Giuseppe Dossetti”, definendolo “un solido prete di frontiera, vero ambasciatore di pace fra gli individui e i popoli dell’Italia e dell’Albania”. “Il progetto – ha spiegato il prelato – è nato dodici anni fa, su iniziativa della Caritas di cui ero direttore ad Otranto e si avvale di operatori albanesi formati in Italia grazie alla collaborazione dell’Unione Ciechi e del Movimento Apostolico Ciechi”. Caratteristica principale dei due centri dediti all’alfabetizzazione in Braille il pluralismo confessionale: “Nel sud del Paese – sottolinea infatti mons. Colavero – la maggioranza della popolazione è costituita da musulmani e ortodossi”. Il Premio Dossetti, giunto quest’anno alla sua terza edizione, è stato fondato nell’undicesimo anniversario della scomparsa del sacerdote emiliano. (S.G.)
E' morto negli Stati Uniti Lorenzo Odone, il ragazzo salvato dall'olio
◊ Si è conclusa oggi la lunga battaglia della famiglia Odone per salvare la vita di Lorenzo. Il ragazzo, colpito da una rarissima malattia neurologica, è morto stanotte negli Stati Uniti all'età di 30 anni, per le conseguenze di una polmonite e dopo essere rimasto paralizzato per lungo tempo. A rendere noto il suo nome in tutto il mondo è stata la tenacia dei suoi genitori, Micaela e Augusto, che non vollero arrendersi alla condanna a morte diagnosticata per Lorenzo dai medici nel 1983 e trovarono un rimedio, lontano dalla scienza, ma incredibilmente efficace nel ritardare il decorso della malattia: una miscela di olio e di oliva e di colza, una formula passata alle cronache come "Olio di Lorenzo". Grazie a questo preparato, le cui virtù terapeutiche vennero riconosciute dalla comunità medica nel 1999, il ragazzo ha vissuto altri 25 anni. Nell'89 grazie alla passione e agli sforzi di Augusto Odone è nato il progetto Mielina, un programma di ricerca che indaga le cause delle malattie nervose degenerative che colpiscono ogni anno, solo nei Paesi Occidentali, circa un milione di persone. Le vicende della famiglia Odone, italiana d’origine e americana d’adozione, furono raccontate anche dal cinema. A interpretare i ruoli di Micaela e Augusto, Susan Sarandon e Nick Nolte, nel film Lorenzo’s Oil. Il padre ha rivelato oggi l'intenzione di trasferire le ceneri di Lorenzo a New York e di unirle a quella della moglie, morta nel 2000; successivamente venderà la sua casa a Fairfax, in Virginia, per tornare in Italia. (S.G.)
Cina: evacuate 200 mila persone nel Sichuan per il rischio di esondazione di un lago
◊ E’ stato nuovamente aggiornato il bilancio delle vittime del terremoto che ha colpito la Cina il 12 maggio scorso. Sono quasi 69 mila i morti e circa 18 mila i dispersi. Per il premier, Wen Jiabao, è molto probabile che si arrivi ad una stima superiore alle 80 mila vittime. Intanto, 200 mila persone sono state evacuate dalla zona del lago di Tangjianshan, nella provincia di Sichuan, la più devastata dal terremoto. E’ stata anche ordinata la rimozione di 5 mila tonnellate di sostanze chimiche pericolose e un centinaio di fonti radioattive. I soccorsi stanno lavorando per far saltare in aria la barriera che trattiene l’acqua del bacino artificiale, formatosi dopo il sisma, per farla defluire in un canale. A rischio oltre un milione di persone.
Birmania-ciclone
Sono pesanti le accuse rivolte alla Giunta militare birmana da parte del segretario americano alla Difesa, Robert Gates, a Singapore per la Conferenza sulla sicurezza in Asia. Secondo il capo del Pentagono, i militari con il loro atteggiamento di chiusura hanno causato la morte di migliaia di persone già messe in ginocchio dal passaggio del ciclone Nargis. Solo dopo alcune settimane, infatti, il regime ha permesso la distribuzione degli aiuti internazionali.
Israele-politica
Sempre più agitate le acque della politica israeliana. Il vicepremier, Haim Ramon, braccio destro di Olmert, ha ipotizzato la convocazione di elezioni anticipate a novembre, visto il procedere dell’inchiesta per corruzione nei riguardi del primo ministro. Per lunedì, è confermata a Gerusalemme la riunione tra lo stesso Olmert e il presidente palestinese, Abu Mazen, a tre settimane dall’ultimo incontro. Sul tavolo di discussione, la possibile tregua nella Striscia di Gaza. Intanto, è di un palestinese morto e 16 feriti il bilancio di un’esplosione avvenuta a Gaza probabilmente durante la preparazione di un ordigno.
Iraq-cronaca
Visita a sorpresa in Iraq per il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, giunto stamani nel Paese del Golfo. L’esponente politico ha già incontrato il vicepresidente, Adel Abdek Mahdi, previsto anche un colloquio con il presidente Talabani, il premier Al Maliki e con il collega Zeybari, mentre domani si recherà nel Kurdistan iracheno. Proprio in questa zona, nei giorni scorsi, si è verificato un nuovo raid aereo turco contro le basi del PKK: 16 gli obiettivi distrutti.
Afghanistan
Attentato suicida a Jalalabad, in Afghanistan. Quattro soldati della NATO sono rimasti feriti, secondo fonti dell’ISAF, mentre altre parlano di un militare ucciso e altri sei feriti.
USA - Libia
Intesa tra Stati Uniti e Libia su Lockerbie. I due Paesi hanno raggiunto a Londra un accordo di massima riguardo all’attentato al volo PanAm 103 schiantatosi in Inghilterra nel 1988. Nell’incidente, morirono 270 persone le cui famiglie, nel 2002, vennero indennizzate da Tripoli. Il primo ministro libico dell'epoca, Shukri Ghanem, negò che la decisione significasse un'ammissione di colpevolezza. I due Paesi si sono inoltre accordati anche su altri episodi che gli USA considerano atti di terrorismo. Il caso Lockerbie è l'ultimo ostacolo di rilievo alla normalizzazione delle relazioni tra le due potenze.
Macedonia-elezioni
La Macedonia domani alle urne per le elezioni parlamentari anticipate. Ma quello che si reca al voto è un Paese deluso sia nelle aspettative interne che internazionali. Separatasi dalla Jugoslavia nel 1991, oggi la Macedonia aspira ad entrare non senza difficoltà nella NATO e nell’Unione Europea. Ma quale è il clima preelettorale? Giancarlo La Vella lo ha chiesto alla giornalista macedone Emilia Waters:
R. - La Macedonia si presenta molto stanca a questo voto. La scena politica è occupata principalmente da due partiti: il primo, più a sinistra, è di matrice socialdemocratica. Il secondo, più a destra, di matrice popolare. Queste elezioni anticipate si svolgono a due anni dalle precedenti e la maggior parte della popolazione non ha effettivamente capito la necessità di anticiparle. In più, la delusione della Macedonia sta nel fatto che le riforme economiche stentano a decollare, che questa primavera l’inflazione, per la prima volta in 15 anni, è arrivata a circa il 10 per cento. Il terzo fattore della stanchezza politica direi stia nel fatto che il Paese si sente insoddisfatto dal comportamento dell’Unione Europea riguardo al processo di avvicinamento.
D. - Proprio su questo aspetto, è in fase di svolgimento la procedura di adesione della Macedonia alla NATO e all’Unione Europea. Si stanno rispettando i parametri?
R. - I macedoni si sentono europei, sia per l’appartenenza geografica che culturale, e il binomio NATO-Unione Europea è da anni nell’agenda di tutti i partiti. Però, le lungaggini burocratiche, con sempre più richieste da soddisfare, l’effettivo disinteresse dell’Unione a lasciar entrare nuovi Paesi, fa sì che i macedoni si sentano traditi dall’Europa. In questo momento, si stanno rivolgendo sempre più spesso verso gli Stati Uniti. In più, le incomprensioni con la Grecia riguardo al nome e all’identità macedone in tutte le istanze comunitarie, hanno fatto capire ai macedoni, anche se le richieste di Atene sono al limite delle convenzioni internazionali, che si tende sempre più a soddisfare le richieste di chi è già membro nonostante le sue istanze siano discutibili.
D. - Per queste elezioni, quali sono le previsioni di vittoria?
R. - Le previsioni dei sondaggisti parlano di un netto vantaggio del partito che ha governato negli ultimi due anni - il Partito popolare, praticamente - che potrebbe arrivare quasi al 40 per cento dei consensi, in questo momento. Ma, ovviamente, queste sono solo previsioni. Comunque, chi vincerà dovrà formare una coalizione di governo con almeno uno dei partiti più piccoli.
Sudafrica-violenza xenofoba
E’ cresciuto il bilancio delle violenze xenofobe scoppiate in Sudafrica. Fonti ufficiali hanno riferito di 62 morti e 670 feriti. Precedentemente, si era parlato di 56 vittime. Le autorità hanno confermato che la situazione è ora sotto controllo. Intanto, ieri a Ginevra, l’esperto sul razzismo del Consiglio dell’ONU per i Diritti umani ha condannato quanto accaduto nel Paese africano ed ha invitato ad una riflessione sulle cause di questa escalation per stimolare una riflessione comune.
Zimbabwe-politica
Tentativi di compromesso politico nello Zimbabwe. Morgan Tsvangirai, il leader storico dell'opposizione che nelle ultime elezioni ha conquistato la maggioranza in parlamento, ha teso oggi una mano all'ala moderata dello Zanu PF, il partito del presidente Robert Mugabe, al potere da 30 anni. La sua offerta, che giunge a pochi giorni dal secondo turno di consultazioni elettorali previsto per il 27 giugno, è stata seccamente respinta dal ministro della Giustizia, Patrick Chinamasa, fedele di Mugabe.
Italia-rifiuti
Ancora emergenza rifiuti in Campania. Sono stati oltre 40 gli interventi dei vigili del fuoco per spegnere i roghi di immondizia. Diversi i comuni interessati, soprattutto Casoria, Afragola, Giugliano. Coinvolta anche la periferia di Napoli, in particolare Secondigliano. Solo ieri il premier Berlusconi, tornato a Napoli dopo il primo Consiglio dei ministri, aveva affermato che “lo Stato non farà passi indietro” sull’emergenza rifiuti. Chiaiano sarà adibita a discarica, mentre è stato blindato il decreto in discussione alla Commissione ambiente alla Camera. Nessun passo indietro nemmeno sulla "superprocura".
Italia-maltempo
La Procura di Pinerolo, nel torinese, ha aperto un’inchiesta sulla frana che ha travolto una casa a Villar Pellice, provocando la morte di tre persone. La situazione si va normalizzando dopo l’ondata di maltempo che ha ucciso anche un romeno. Intanto, i soccorsi sono al lavoro per raggiungere le aree isolate nel cuneese dove sono circa 190 le persone in difficoltà. Il Consiglio dei ministri ha approvato lo stato d’emergenza per Valle D’Aosta e Piemonte, dove sono già arrivati 5 milioni di euro.
Yemen-attentato
Attacco armato in una moschea in Yemen. Undici persone sono morte e altre dodici sono rimaste ferite dopo che un uomo ha sparato sui fedeli radunati per la preghiera del venerdì a Kahal, città a 100 km a sud della capitale Sana’a. Secondo una fonte ufficiale, l'attentatore sarebbe uno ''squilibrato'' di 24 anni, che è stato arrestato dalla polizia. Nel sud del Paese, nelle stesse ore, un razzo ha sfiorato un oleodotto nei pressi della raffineria della città di Aden.
Corea del Nord-test missilistici
Test missilistico per la Corea del Nord. Tre i razzi a corto raggio lanciati a largo delle coste occidentali. Secondo fonti di Pyongyang, si tratta di una normale esercitazione militare per testare le prestazioni e migliorarne le capacità operative. Critiche sono giunte da Washington che ha definito “non costruttivo” il lancio dei missili ed ha esortato le autorità nordcoreane a smantellare i propri impianti nucleari.(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli e Virginia Volpe)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 152
E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.