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Sommario del 12/05/2008
Benedetto XVI al Movimento per la Vita, nel trentennale della normativa sull'aborto in Italia: la legge non ha risolto i problemi e ha svilito il valore della vita umana, il cui rispetto è invece la "prima giustizia da applicare"
◊ Un grazie dal cuore del Papa per le vite non ancora nate, salvate dalla morte. Si è conclusa con questo aperto riconoscimento l’udienza che Benedetto XVI ha concesso questa mattina ai rappresentanti del Movimento per la Vita, a 30 anni dalla legalizzazione dell’aborto in Italia. Davanti alle circa 800 persone che hanno riempito l’Aula delle Benedizioni in Vaticano, il Papa ha riflettuto sul “progressivo svilimento” e il “minor rispetto” subìti dal valore della vita umana, in tre decenni di pratiche abortive. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Il valore della vita, come spesso ultimamente si sente affermare, è un valore “non negoziabile”. Per il Papa, di più, il “rispetto della vita è la prima giustizia da applicare”. L’affermazione di Benedetto XVI è tanto più incisiva se rapportata alla crescente sensibilità verso i diritti umani di gran parte del mondo contemporaneo, dove paradossalmente però il diritto a nascere di chi non lo è ancora ed è incapace di difendersi soggiace al “giudizio del singolo”, che può ricorrere all’aborto per spezzare quella vita. Trent’anni di interruzioni di gravidanza autorizzate per legge, in Italia, hanno prodotto “effetti” - ha osservato il Pontefice - tanto nella mentalità sociale quanto fra i cristiani stessi, traducibili in una constatazione su tutte: la vita umana oggi vale meno di prima:
“Guardando ai passati tre decenni e considerando l’attuale situazione, non si può non riconoscere che difendere la vita umana è diventato oggi praticamente più difficile, perché si è creata una mentalità di progressivo svilimento del suo valore, affidato al giudizio del singolo. Come conseguenza ne è derivato un minor rispetto per la stessa persona umana, valore questo che sta alla base di ogni civile convivenza, al di là della fede che si professa”.
Certamente, ha subito riconosciuto Benedetto XVI, “molte e complesse sono le cause che conducono a decisioni dolorose come l’aborto”. E se da una parte, ha proseguito, “la Chiesa, fedele al comando del suo Signore, non si stanca di ribadire che il valore sacro dell’esistenza di ogni uomo affonda le sue radici nel disegno del Creatore..."
“...dall’altra stimola a promuovere ogni iniziativa a sostegno delle donne e delle famiglie per creare condizioni favorevoli all’accoglienza della vita, e alla tutela dell’istituto della famiglia fondato sul matrimonio tra un uomo e una donna. L’aver permesso di ricorrere all’interruzione della gravidanza, non solo non ha risolto i problemi che affliggono molte donne e non pochi nuclei familiari, ma ha aperto una ulteriore ferita nelle nostre società, già purtroppo gravate da profonde sofferenze”.
Difficoltà e bisogni delle famiglie, specie quelle ai primi passi, sono evidenti quando lo scenario sociale mostra le “condizioni sfavorevoli” in cui esse devono farsi largo. Il Papa le elenca: “mancanza di lavoro sicuro, legislazioni spesso carenti in materia di maternità”, l’impossibilità di assicurare un sostentamento adeguato ai figli”. Tuttavia, ha affermato Benedetto XVI, è necessario “unire gli sforzi perché le diverse istituzioni pongano di nuovo al centro della loro azione la difesa della vita umana e l’attenzione prioritaria alla famiglia, nel cui alveo la vita nasce e si sviluppa”. E’ necessario, ha insistito, rivolto soprattutto ai cristiani:
“Testimoniare in maniera concreta che il rispetto della vita è la prima giustizia da applicare. Per chi ha il dono della fede questo diventa un imperativo inderogabile, perché il seguace di Cristo è chiamato ad essere sempre più ‘profeta’ di una verità che mai potrà essere eliminata: Dio solo è Signore della vita”.
Il Papa ha speso parole di apprezzamento per il lavoro condotto a vari livelli, nazionale e internazionale, dal Movimento per la Vita, ad esempio l’iniziativa in difesa del diritto alla vita e della famiglia fondata sul matrimonio condotta in seno alla Commissione per le Petizioni del Parlamento Europeo. Poco prima, il presidente del Movimento per la vita, salutando il Pontefice, aveva affermato: “Ci pare di poter scoprire segni di speranza al di sotto del grande dolore per i quasi cinque milioni di aborti legali effettuati in Italia in 30 anni. Vediamo qualche segno di una evoluzione positiva dal punto di vista culturale e soprattutto sentiamo di poter proporre l’esempio dei 100 mila bambini che le strutture ed i servizi del Movimento per la Vita hanno contribuito a far nascere, aiutando le loro madri”. Un pensiero che ha suscitato la piena gratitudine di Benedetto XVI il quale, ricordando il sostegno offerto al Movimento da Giovanni Paolo II nell’udienza del ventennale della legge sull’aborto, ha concluso:
“Dieci anni dopo, sono io a ringraziarvi per il servizio che avete reso alla Chiesa e alla società. Quante vite umane avete salvato dalla morte! Proseguite su questo cammino e non abbiate paura, perché il sorriso della vita trionfi sulle labbra di tutti i bambini e delle loro mamme". (applauso)
Rispetto, stima e collaborazione tra Santa Sede ed Israele: cosi il Papa nell’udienza al nuovo ambasciatore dello Stato ebraico, auspicando una pace giusta con i palestinesi
◊ Parole di augurio per il futuro dello Stato ebraico e di buoni auspici per la pace con i Palestinesi, Benedetto XVI ha rivolto stamane al nuovo ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Mordechay Lewy, che ha presentato le sue Lettere credenziali, alla vigilia della celebrazione - il 14 maggio – del 60.mo anniversario della fondazione di Israele. Il servizio di Roberta Gisotti.
Ha ringraziato Dio, Benedetto XVI “perché le aspirazioni del popolo ebraico di avere una casa nella terra dei propri padri sono state realizzate”, sperando presto - ha aggiunto – “anche in una più grande gioia quando una pace giusta finalmente risolva il conflitto con i Palestinesi”. Ha ricordato il Papa le relazioni diplomatiche tra Israele e Santa Sede strette 15 anni fa, sottolineando il desiderio di sviluppare ancor più “il crescente rispetto, la stima e la collaborazione”, convinto che l’eredità giudeo-cristiana dovrebbe portare “a prendere la guida nel promuovere molte forme di azione sociale e umanitaria attraverso il mondo, non ultimo combattendo tutte le forme di discriminazione razziale”.
Ha rassicurato Benedetto XVI che “la Santa Sede riconosce la legittima necessità per la sicurezza e l’autodifesa” di Israele e “fortemente condanna tutte le forme di antisemitismo”. Ma “anche ritiene che tutti i popoli abbiano diritto ad avere eguali opportunità di prosperare”. Da qui l’appello urgente al Governo israeliano “di fare ogni sforzo per alleviare le privazioni sofferte dalla comunità palestinese, concedendo loro la libertà necessaria per occuparsi dei loro legittimi affari, incluso viaggiare nei luoghi di culto, cosicché anch’essi possano godere di una più grande pace e sicurezza”. “Chiaramente – ha osservato il Santo Padre – questi argomenti possono essere affrontati solo all’interno del più vasto contesto del processo di pace in Medio Oriente”. Da qui l’auspicio di Benedetto XVI perché “le speranze e le attese nate al vertice di Annapolis non vadano deluse”. Quando i popoli della Terra Santa – ha ribadito il Papa – vivranno in pace e armonia, in due Stati indipendenti e sovrani, il beneficio per la pace mondiale sarà inestimabile”.
Benedetto XVI ha poi segnalato “l’allarmante declino della popolazione cristiana” che emigra dal Medio Oriente, raccomandando al Governo israeliano di intervenire per risolvere anche le “continue incertezze” che patiscono i cristiani circa “i loro diritti e status legali, specialmente rispetto alla questioni dei visti per il personale ecclesiastico”, auspicando pure una “conclusione soddisfacente” dei negoziati sulle questioni economiche e fiscali, in corso con la Santa Sede. “Solo quando queste difficoltà saranno superate – ha detto infine il Papa – la Chiesa sarà grado di portare avanti liberamente la propria missione religiosa, educativa, morale e caritativa nella terra dove essa è nata”.
I vescovi ungheresi concludono la visita ad Limina: intervista con il cardinale Péter Erdö
◊ Benedetto XVI ha ricevuto oggi un altro gruppo di vescovi ungheresi a conclusione della loro visita ad Limina. Visita che è iniziata lunedì 5 maggio: il Papa ha rivolto il suo discorso alla Conferenza episcopale ungherese sabato scorso. Sui punti principali dell’intervento del Pontefice ascoltiamo il cardinale Péter Erdö, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente della Conferenza episcopale del Paese, al microfono di Marta Vertse:
R. – Il Santo Padre ha riflettuto su tutti i punti importanti che sono emersi dai nostri resoconti e dai colloqui personali. Prima di tutto ha parlato della situazione generale del nostro popolo. E’ vero che la situazione demografica è molto difficile da noi e la popolazione diminuisce. La famiglia attraversa una crisi molto profonda e a questo riguardo stiamo veramente molto male in confronto ad altri Paesi del nostro continente. Ha parlato poi naturalmente anche della nostra responsabilità e delle nostre gioie, come per esempio il risveglio dei pellegrinaggi, del culto dei santi, dei santuari nazionali, degli anni che abbiamo dedicato a qualche anniversario dei nostri grandi santi: Sant’Elisabetta, Santo Stefano, Sant’Emerico ed altri. Ha anche riflettuto sulla necessità di continuare i nostri sforzi per l’educazione dei sacerdoti e per la cura delle vocazioni sacerdotali. Anche da noi le vocazioni sacerdotali sono scarse. Inoltre, ha parlato dell’unità tra i vescovi, apprezzando l’unità della nostra Conferenza episcopale. Ha parlato inoltre dei nostri rapporti con i religiosi, che sono amichevoli e di collaborazione. Ha sottolineato l’importanza dell’attività di quei religiosi che lavorano per i più poveri e i più abbandonati della società. Ha parlato anche dei nostri rapporti con i cattolici nei Paesi confinanti. In questo contesto, ha confermato la nostra linea di azione, che considera la riconciliazione uno degli scopi da raggiungere nella nostra regione, tanto tormentata nel passato. E la Chiesa cattolica ha come vocazione speciale proprio di servire questa riconciliazione, in una purificazione della memoria. In questo contesto i vescovi delle diverse nazioni, attraverso le loro consultazioni, ma anche attraverso certe azioni pastorali congiunte, possono promuovere questo processo di riconciliazione nella nostra regione.
D. – Eminenza, qual è il messaggio più importante che trasmetterete ai fedeli ungheresi, a conclusione della vostra visita ad Limina?
R. – Soprattutto trasmetteremo il discorso del Santo Padre che abbiamo ricevuto in traduzione ungherese. Già ieri nella Basilica di Esztergom durante la Messa solenne di Pentecoste, ho citato alcuni brani importantissimi del discorso del Santo Padre. Ho visto che la gente è veramente contenta di questo incoraggiamento.
Altre udienze e nomine
◊ Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, arcivescovo di Lima (Perú) e il cardinale Julio Terrazas Sandoval, arcivescovo di Santa Cruz de la Sierra (Bolivia).
In data 10 maggio scorso, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Mackenzie-Fort Smith (Canada), presentata da mons. Denis Croteau, O.M.I., per raggiunti limiti di età. Gli è successo mons. Murray Chatlain, coadiutore della medesima diocesi.
La famiglia al centro della plenaria del Pontificio Consiglio per i migranti
◊ Da domani fino a giovedì prossimo avrà luogo a Palazzo San Calisto a Roma la XVIII plenaria del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti sul tema ‘La famiglia migrante e itinerante’. Apre i lavori il presidente del dicastero, il cardinale Renato Raffaele Martino. Ma quali sono le sfide maggiori della famiglia migrante oggi? Giovanni Peduto lo ha chiesto al segretario del dicastero, l’arcivescovo Agostino Marchetto:
R. - Premetto che la situazione delle famiglie in generale si riflette anche tra le famiglie dei migranti e degli itineranti. Direi che, oltre tutto ciò che proviene al di fuori della famiglia e che già si conosce molto bene, anche grazie all’Erga migrantes caritas Christi, la nostra Istruzione di quattro anni fa, un problema serio che sfida le famiglie oggi – come Lei ha detto – parte proprio dal cuore dell’uomo e della donna che vogliono formarsi una famiglia. Nella nostra società “usa e getta” non di rado si pensa che il matrimonio è un contratto che si può terminare appena i termini non soddisfano più i contraenti. Non si pensa più che la famiglia non è la somma dei suoi componenti, ma un’unica realtà. Perciò va mantenuta una, con tutte le gioie e le soddisfazioni, ma anche con tutti i dolori, i sacrifici e le pene che essa comporta. Bisognerebbe insomma ricordare che la famiglia è quella realtà in terra che più assomiglia alla vita della Trinità. Dunque non si può abbandonarla appena sorge qualche difficoltà. Il discorso sarebbe qui molto lungo … Detto questo, le famiglie delle persone in mobilità hanno difficoltà particolari legate proprio al loro stato in movimento. Prima di tutto, esso vuol dire, in genere, separazione dei membri, quando non tutta la famiglia lascia il paese di origine, e comunque disagi per l’intero nucleo familiare, se parte insieme. Sono proprio le difficoltà che i membri della famiglia sperimentano nel Paese di arrivo che spesso causano la sua disgregazione. Anche coloro che lavorano nel turismo, o sulle navi, sentono la separazione dalle famiglie, anche se in modo saltuario e non permanente. Chi lavora negli aeroporti, invece, ha orari di lavoro lunghi e non abituali che si ripercuotono sulla vita familiare. Lunghe separazioni, purtroppo, – è il caso pure dei rifugiati e dei profughi – possono causare l’infedeltà da parte dei coniugi. Ancora, il genitore assente perde autorità (e forse anche l’affetto) sui e dei figli. Chi rimane con essi è costretto(a) poi a svolgere il ruolo di ambedue i genitori e i figli sentono la mancanza della figura del genitore emigrato. In terra straniera essi sperimentano il divario tra la cultura dei genitori e la cultura del Paese in cui vivono, con senso di duplice, divaricata appartenenza … ma ci fermiamo qui.
D. -Quali proposte può offrire la Chiesa?
R. - Accennerei a due. Prima, la formazione cristiana continua di giovani, che saranno poi quelli che si sposeranno, e delle famiglie, perché possano essere quel vivaio di cristiani che è loro vocazione. Se sanno d’essere cristiani dovunque essi si trovano, e in qualunque situazione vivono, possono affrontare tutti i problemi che assillano le famiglie, anche se sempre non li possono risolvere. La seconda proposta possibile è specificatamente relativa alla mobilità, intendo l’accompagnamento pastorale cioè delle famiglie in mobilità, come del resto già si fa nella Chiesa (v. EMCC 21, 24, 32, 38, 49, 57, 77 e 100). Si tratta ora di diffondere sempre più tale pratica. Mi riferisco ai cappellani e agli operatori pastorali che operano nei vari settori di mobilità umana: tra i migranti, nei campi dei rifugiati, nei porti e negli aeroporti, nei luoghi turistici, tra zingari, circensi e fieranti, nelle università. Si tratta di essere lì dove si trovano queste famiglie per poter essere loro accanto nei momenti di gioia e soprattutto in situazioni dolorose, per aiutarli a scoprire finalmente l’amore di Dio in tutte le circostanze della vita. Se ogni membro della famiglia si sente realizzato, è più facile che la famiglia si mantenga salda.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In evidenza, nell’informazione internazionale, la situazione in Libano: Hezbollah consegna Beirut all’esercito.
Le elezioni politiche in Serbia: vittoria delle forze europeiste guidate dal presidente Tadic.
In cultura, un’anticipazione del volume “Rieducarsi al cristianesimo. Il tempo che stiamo vivendo”, che raccoglie gli interventi che, nel 2007, il cardinale Camillo Ruini ha dedicato ai grandi mutamenti del nostro tempo.
Gaetano Vallini recensisce il libro “Un giornalista contro Hitler” di Ovidio Dallera e Ilsemarie Brandmair, che ricostruiscono la coraggiosa e profetica battaglia del giornalista cattolico Fritz Gerlich: nei suoi editoriali criticò apertamente il nazismo.
Tutto è cominciato con un tubo rotto: Raffaella Giuliani, della Pontificia commissione di archeologia sacra, illustra la scoperta di un santuario martiriale nella catacomba romana dei Santi Marcellino e Pietro.
Stefania Zuliani sul nuovo museo delle arti di Catanzaro, una sorta di officina del contemporaneo: nei sotterranei gli spazi, in continua trasformazione, dedicati alla sperimentazione e a nuovi artisti.
A 40 anni dalla pubblicazione, un convegno celebra “Introduzione al Cristianesimo”, fondamentale opera teologica di Joseph Ratzinger. La riflessione del cardinale Castrillón Hoyos
◊ Quarant’anni fa, il giovane professore di Tubinga, Joseph Ratzinger, scriveva il libro “Introduzione al Cristianesimo”, raccolta di sue lezioni universitarie incentrate sui fondamenti della fede. La pubblicazione di questa opera, considerata una specie di “porta d’accesso” al pensiero teologico di Benedetto XVI, viene celebrata oggi e domani con un convegno al Pontificio ateneo “Regina Apostolorum”. L’evento è stato aperto stamani da un intervento del cardinale Darío Castrillón Hoyos, presidente della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”. Al porporato colombiano, Alessandro Gisotti ha chiesto di raccontare innanzitutto il contesto nel quale è nato il best seller di Joseph Ratzinger:
R. – In quel momento, negli anni ’60, si realizzava nel mondo una delle più grandi, io direi la più grande, svolta culturale della storia. Lo sviluppo scientifico ha cambiato il mondo. Tutti gli uomini sono entrati in questo forum universale, attraverso la comunicazione sociale. In questa fase di grande trasformazione storica, il libro del professor Ratzinger è stato un indirizzo chiaro per capire la storia e per dare all’uomo di quel momento storico - con tutte le sue idee, con tutti i suoi dubbi - l’opportunità di introdursi al cristianesimo, di entrare in contatto con la persona di Cristo, non con un’idea religiosa astratta. Ed è questo il grande merito di “Introduzione al Cristianesimo”.
D. – Un testo che ha 40 anni, ma che colpisce per la grande attualità, così vicina alla sensibilità degli uomini del nostro tempo, agli interrogativi degli uomini del nostro tempo di fronte alla fede...
R. – Le risposte che lui ha dato ai grandi interrogativi dell’uomo sono di valore costante, perché anche l’uomo di oggi ha dinnanzi a sé gli stessi interrogativi, ancora più profondi. Quindi, è molto importante introdurli nel dialogo con Cristo, in una religione che è l’incontro con una Persona, non con un’idea. E l’uomo di oggi, come quello degli anni ’60 e del tempo di Sant’Agostino, ha bisogno di trovare questa ricchezza nell’incontro con un Dio che si è fatto uomo, che è entrato nella storia. Proprio per essere entrato nella storia è possibile e definitivo l’incontro con Lui!
D. – Si può dire che “Introduzione al Cristianesimo” rappresenti quasi una chiave di lettura per comprendere il Magistero di Benedetto XVI. Vediamo una straordinaria continuità anche nella sottolineatura che l’allora teologo Ratzinger fa di una fede amica della ragione...
R. – Io penso di sì. La prima volta che ho letto il libro, nel ’68, ho visto chiaramente che nel blocco del suo pensiero c’è questa idea del rapporto con Dio, di Dio con noi, della relazione uomo-Dio dopo l’Incarnazione. E’ un tema che mantiene sempre una coerenza e che mantiene una vitalità nel pensiero del Papa.
D. – Il Santo Padre continua ad introdurci al cristianesimo con rinnovato vigore...
R. – Sì, a tutti noi, perché tante volte facciamo una vita religiosa senza una coscienza chiara dell’incontro personale con Cristo. E Lui ha tutto il vigore intellettuale e affettivo - la sua Enciclica sull’amore ne è una prova - per introdurre l’uomo alla conoscenza, all’amicizia, all’amore con Dio.
I buddisti celebrano la festa di "Vesakh". Il Messaggio augurale del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso: intervista con mons. Celata
◊ Oggi i buddisti celebrano la festa di Vesakh, che ricorda l’illuminazione del Buddha. Per questa occasione il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso ha inviato, come è ormai tradizione dal 1996, un messaggio augurale invitando cristiani e buddisti a collaborare sempre di più per la tutela dell’ambiente. Ascoltiamo in proposito il segretario del dicastero, l’arcivescovo Pier Luigi Celata, al microfono di Giovanni Peduto:
R. – Lo spunto dal quale parte il messaggio è dato dal messaggio del Santo Padre per la Giornata mondiale della pace in quest’anno 2008. Il Santo Padre ha richiamato la responsabilità di tutta la famiglia umana nella gestione della terra che deve considerare come propria abitazione, come propria casa. Un ambiente, questo che noi siamo chiamati ad abitare, che ci è dato da Dio perché lo abitiamo con creatività e responsabilità: credo che siano le due parole fondamentali da cui parte il significato del nostro messaggio di quest’anno ai buddisti. Il Santo Padre diceva: dobbiamo aver cura dell’ambiente; esso è stato affidato all’uomo avendo sempre come criterio il bene di tutti. Quindi sono tre elementi da sottolineare: creatività, responsabilità, uso per il bene di tutti. Muovendoci su questa linea programmatica dataci dal Santo Padre, abbiamo raccolto anche l’invito delle Nazioni Unite che hanno dichiarato l’anno 2008 come Anno Internazionale del pianeta Terra. E allora, i nostri amici buddisti che del resto conosciamo come molto sensibili all’ambiente, molto rispettosi di ciò che li circonda a livello naturale, noi abbiamo ricordato la nostra comune responsabilità da unire e proporre a quella dei responsabili della cosa pubblica in quanto leader religiosi. Il primo valore che come tali noi dobbiamo richiamare è quello della creazione: Dio che crea la creazione e noi creature. Ecco: all’interno, in conseguenza di questo rapporto, nasce la nostra visione di responsabilità al riguardo dell’ambiente.
D. – E a livello pratico, cosa può dirci?
R. – Noi ci domandiamo, e domandiamo ai buddisti, che cosa possiamo fare di più, in pratica. Indichiamo anche alcuni aspetti di questo nostro senso di responsabilità nella gestione dell’ambiente. Per esempio, il riciclaggio di alcuni materiali, il risparmio energetico, la prevenzione della distruzione indiscriminata di piante e di animali, la protezione delle vie d’acqua – altro argomento molto sensibile nella discussione attuale – in modo da essere insieme proprio come leader religiosi, portatori di una speranza per un mondo pulito, sicuro e armonioso.
D. – Quindi ci sono molti punti d’intesa nel dialogo fra cattolici e buddisti?
R. – Ma certo: c’è un clima di simpatia, di rispetto, di amicizia e di collaborazione, anche, che ormai data da molti anni. Loro apprezzano come noi apprezziamo il comune impegno per la pace, per un mondo più giusto e pacifico; notiamo che dai contatti con noi cristiani cattolici, i buddisti stanno traendo anche spunti per un’azione più concreta di solidarietà e di aiuto alle persone che sono in sofferenza, per esempio ai bambini; e così, per altri impegni analoghi sempre a livello di solidarietà umana.
Fiera del Libro di Torino: la testimonianza di padre Faltas, parroco a Gerusalemme
◊ Sono diversi i meeting a carattere religioso succedutisi in questi giorni alla Fiera del Libro di Torino, che si conclude oggi. Sabato scorso - promosso da Comunicazioni sociali-Cattedra del dialogo del Piemonte - si è svolto l’incontro intitolato “Ebrei, cristiani e musulmani al lavoro per la pace in Terra Santa”. Tra i partecipanti, c’era anche padre Ibrahim Faltas, parroco a Gerusalemme, che ha sottolineato la collaborazione esistente tra i rappresentanti delle tre religioni monoteistiche nella Città Santa. Alessandro De Carolis lo ha intervistato:
R. – Ci sono tante, tante iniziative positive tra cristiani, musulmani, ebrei. In Terra Santa non è solo come si vede sempre in televisione: guerra, violenza, scontri... Noi portiamo avanti progetti di educazione alla pace. Abbiamo portato giovani palestinesi e israeliani in Giappone, in Italia e in America. E’ sicuramente un progetto che sta andando molto bene e vogliamo dire a tutti che si può “fare la pace”. In questi giovani, quando si incontrano, c’è un primo momento di timore, ma poi diventano veramente amici. E questo aiuta, perchè se noi vogliamo un futuro migliore di quello che stiamo vivendo adesso, bisogna educarci alla pace, educare i bambini alla pace. E’ questo ciò che stiamo facendo ed è questo che vogliamo dire a tutti coloro che sono qui a Torino.
D. – Parlando della comunità cattolico-cristiana a Gerusalemme, qual è attualmente la situazione che state vivendo?
R. - Adesso la situazione è più calma. Grazie a Dio, al momento non c’è emigrazione né persone in fuga. La gente non scappa dalla Terra Santa. Anche i pellegrinaggi vanno bene: come sapete, il 90 per cento dei cristiani lavora nel settore del turismo. Con il turismo la gente sta bene e lavora. Certo, tanti devono pensare all’affitto delle case, che è diventato veramente molto caro: si comincia da mille dollari al mese per l’affitto di una casa, fino a 3000 dollari al mese. Con i pellegrini e i turisti, però, la gente sta meglio. Non è come prima, come è accaduto dal 2000 fino al 2005, quando qui non veniva nessuno, la gente era disoccupata e in molti se ne andavano. Tremila persone sono andate via dalla mia parrocchia.
D. – Mi sembra di capire che migliorando la situazione è migliorata anche la speranza per un futuro di pace reale in Terra Santa...
R. – Certo, noi dobbiamo aver sempre speranza prima di tutto nel Signore, che ci dia la forza, perché vivere in Terra Santa è una sfida, non è facile. E speriamo che quando tra poco verrà il presidente americano Bush in Terra Santa si riesca a fare un accordo tra palestinesi e israeliani.
Le Misericordie d'Italia rilanciano dalla Locride il loro impegno cristiano e civile
◊ “Nella Locride per gettare il seme della carità e portare il segno della solidarietà”. E’ la sfida delle Misericordie d’Italia nello scegliere Siderno, in Calabria, per la loro assemblea nazionale. Le Misericordie, lo ricordiamo, costituiscono una delle più grandi entità federative in Italia nell’ambito del volontariato. Durante l’assemblea, conclusasi ieri dopo due giorni di lavoro, hanno ribadito l’impegno nel settore socio-sanitario-assistenziale, nella protezione civile e nell’attività internazionale. Monia Mandracchia ha intervistato il presidente della Confederazione nazionale delle Misericordie Gabriele Brunini.
R. – Abbiamo ritenuto che la Confederazione nazionale delle Misericordie dovesse portare una propria testimonianza nei luoghi dove c’è più bisogno di un impegno civile, ma anche di un impegno forte da parte dei cattolici e dei cristiani. Abbiamo scelto la Locride perché è un luogo e una terra della Calabria, dove c’è bisogno di portare un messaggio di pace, di concordia e di solidarietà e soprattutto dare una testimonianza ai giovani. L’idea nostra è anche quella di promuovere la costituzione di nuove Misericordie proprio in questa parte della Calabria, dove siamo presenti in misura ridotta rispetto ad altre zone della stessa Calabria.
D. – Ma in concreto le Misericordie cosa propongono ai giovani della Locride?
R. – Noi pensiamo che dare ai giovani le opportunità di vivere un’esperienza di carità all’interno di un’associazione che lavora a favore del prossimo sia un’occasione di presenza di pace e di impegno civile e sia anche un modo per allontanare la criminalità che spesso li fagocita.
D. – Quali sono le attività principali della Confraternita?
R. – Le Confraternite, soprattutto quelle più antiche e quelle più organizzate, sono soprattutto quelle di trasporto sanitario, di trasporto di emergenza, di assistenza domiciliare, e si possono spingere nella gestione di strutture assistenziali per anziani, per disabili, ma è soprattutto la cultura della carità che deve essere insegnata nelle Misericordie, quella che ci insegna il Vangelo. Questo è sempre stato il messaggio delle Misericordie che dal 1240 hanno cercato di portare nelle comunità dove sono presenti.
D. – Per concludere, la sfida per il futuro?
R. – Quella di continuare a promuovere in tante realtà che hanno bisogno la presenza delle nostre associazioni. Proprio in questi giorni stiamo lavorando per costituire Misericordie presso i santuari di Loreto e di Pompei e una nostra aspettativa è anche quella di lavorare per la costituzione di una Misericordia a San Giovanni Rotondo. Anche questa presenza nei grandi santuari della cristianità, dove c’è un grande afflusso di pellegrini, essere presenti con i nostri volontari della Protezione Civile, credo sia un servizio alla Chiesa italiana, per cui noi ci proponiamo come uno dei bracci operativi della carità.
Convegno all'Augustinianum sul tema “Il matrimonio dei cristiani: esegesi biblica e diritto romano”
◊ L’uguaglianza tra uomo e donna, la fedeltà, l’impegno evangelico: sono gli aspetti che caratterizzano il matrimonio cristiano sin dai primi secoli e che lo hanno differenziato dalle unioni pagane. Se ne è discusso all’Istituto Patristico Augustinianum di Roma dove si è svolto in questi giorniil XXXVII Incontro di studiosi dell’antichità cristiana sul tema: “Il matrimonio dei cristiani: esegesi biblica e diritto romano”. Tra le sessioni di studio anche quella dedicata ai matrimoni misti. Sulle origini del matrimonio cristiano Tiziana Campisi ha intervistato padre Angelo di Berardino, docente di patrologia dell’Augustinianum:
R. – La prima generazione cristiana in maggioranza era composta da giudei che accettavano Cristo come il Messia e allo stesso tempo accettavano la legge nel matrimonio sia nel mondo ebraico che nel mondo pagano. Naturalmente hanno dato a questo rapporto tra uomo e donna nell’unione matrimoniale una visione diversa: è quella in cui al centro c’è Cristo, quindi non qualcosa soltanto di umano, ma c’è la visione che Cristo, come si vede in alcune immagini, sia dietro ai due sposi, sia nel senso che c’è qualche cosa che supera l’umanità sia che c’è la grazia di Dio nel matrimonio.
D. – Ci sono delle documentazioni che ci fanno conoscere meglio il matrimonio cristiano nei primi secoli?
R. - Le prime testimonianze le troviamo nel Nuovo Testamento e in San Paolo che dà dei consigli alle comunità cristiane di Corinto. Poi, cominciamo con Ignazio e in particolare Tertulliano, all’inizio del terzo secolo, che parla dell’uomo e della donna e dell’unica grazia che c’è in loro due. Nello stesso periodo in Oriente abbiamo Clemente Alessandrino che ha delle pagine molto belle sul rapporto tra l’uomo e la donna nel matrimonio. Questa riflessione sul matrimonio si approfondisce sempre di più in particolare con Agostino che porta il contributo più grande nella teologia, nella visione del matrimonio in rapporto alla creazione dell’uomo e della donna.
D. - Quali valori hanno evidenziato del matrimonio cristiano i Padri della Chiesa?
R. – Anzitutto che il matrimonio non è un affare privato, c’è un rapporto con la società e un rapporto soprattutto con la fede. Si sottolinea la differenza tra leggi romane e legge cristiana con l’idea che tutti siamo figli di Dio anche nel matrimonio, per cui il valore fondamentale che i cristiani portano è quello della fedeltà, dell’uguaglianza dell’uomo e della donna, mentre nella tradizione sia giudaica che pagana c’è una discriminazione rispetto alla donna.
D. – Cosa recuperare oggi dell’insegnamento dei Padri della Chiesa sul matrimonio?
R. – I cristiani vivevano in una società, prima pagana ma poi nel IV secolo diventa una società multireligiosa, multietnica, e affermano un’identità cristiana che non doveva confondersi con la legislazione pagana o la prassi pagana, per cui difendevano molto sia l’uguaglianza dell’uomo e della donna di fronte a Dio e sia la reciproca fedeltà in rapporto alla loro vita ma anche in rapporto a Dio perchè ambedue sono responsabili di fronte a Dio: per questo mettevano in rilievo che una cosa sono le leggi civili e la prassi della maggioranza e un’altra cosa sono le leggi del Vangelo e la prassi cristiana.
Myanmar: il delegato apostolico visita le zone colpite dal ciclone portando agli sfollati il messaggio di solidarietà del Papa
◊ Il Papa ha espresso in un messaggio vicinanza e solidarietà al popolo del Myanmar incoraggiando tutti alla speranza. Il messaggio è stato letto dal delegato apostolico in Mynamar, mons. Salvatore Pennacchio, durante la Santa Messa celebrata lo scorso 8 maggio nella cattedrale di Yangon. Il delegato apostolico ha anche esortato i fedeli a porre la loro speranza in Cristo, “l’unica valida ed eterna risposta alla sofferenza umana”. Il Santo Padre ha anche assicurato preghiere e aiuti umanitari. E tra quanti si impegnano per portare aiuti nel Paese, c’è anche la Chiesa: l’arcidiocesi di Yangon sta cercando di sostenere più di 60 mila famiglie. Servono soprattutto generi alimentari e acqua potabile. Sono già stati allestiti nelle zone più colpite, dei punti di assistenza medica. Ma a dieci giorni dal passaggio del ciclone Nargis nel Myanmar, intere zone del Paese sono ancora inaccessibili. Da segnalare, poi, che gli aiuti sono accettati ma la distribuzione può essere gestita solo da organizzazioni locali. Un ultimo bilancio parla di circa 30 mila morti. Secondo stime dell’ONU, invece, le vittime sono fra 60 mila e 100 mila, i dispersi 220 mila mentre le persone colpite quasi due milioni. In questo difficile scenario, è comunque giunto a Yangon un aereo statunitense con un carico di aiuti. La Commissione europea ha convocato infine per domani a Bruxelles una riunione d'urgenza dei ministri europei responsabili per gli aiuti allo sviluppo, per discutere della situazione umanitaria nel Paese. (A cura di Amedeo Lomonaco)
Attacchi contro i cristiani nello Stato indiano di Orissa: nessun aiuto dal governo
◊ A più di cinque mesi dagli attacchi contro la comunità cristiana dell’Orissa, il governo locale non ha concesso nessun risarcimento per i danni subiti e non ha avviato alcuna indagine giudiziaria degna di questo nome. È la denuncia fatta ad AsiaNews da padre Oscar Tete, superiore locale dei Missionari della carità di Shanti Nivas, campus cristiano del distretto di Khandhamal attaccato da fanatici indù la notte dello scorso Natale. Il campus, dice padre Tete, “è composto da un centro medico, uffici, residenze per i sacerdoti e stalle per gli animali. Tutti questi edifici sono stati gravemente danneggiati nel corso dell’attacco, al punto che ora siamo costretti a vivere ed operare in una piccola stanza, l’unica rimasta in piedi. Il governo non ha concesso alcun risarcimento per questi danni”. Inoltre, aggiunge il missionario, “fino ad ora non ho ricevuto alcun invito per testimoniare in un’aula giudiziaria su quanto è avvenuto. Questo nonostante i molti gruppi di inchiesta, locali e nazionali, venuti qui ad indagare sugli attacchi. Ora, in previsione delle prossime piogge di giugno, cosa faremo? L’acqua potabile inizierà a scarseggiare e noi non abbiamo modo di risistemare i depuratori distrutti”. Tuttavia, riprende il sacerdote, “ora la nostra priorità è la Madonna. Abbiamo messo in mezzo alle macerie una piccola statua di Maria, davanti alla quale recitiamo il rosario tutti i giorni. Alla preghiera partecipano i cristiani di tutte le denominazioni, un segno di quella unità di cui abbiamo tanto bisogno. Come diceva madre Teresa, preghiamo affinché ‘tutti possano essere uno solo’”. (R.P.)
Pax Christi: "La guerra in Iraq ha calpestato ogni prospettiva di pace e democrazia"
◊ “A 5 anni dall'inizio della guerra in Iraq, nessuna promessa è stata mantenuta. L'Iraq oggi non ha autorità credibile né amministrazione efficiente, né la possibilità di fare passi verso la riconciliazione. La tragedia della guerra scatenata in Iraq ha calpestato indecentemente ogni prospettiva di pace e di giustizia, di democrazia e di libertà effettiva”. La denuncia è di Pax Christi Italia ed è contenuta in una nota diffusa ieri, domenica di Pentecoste, ripresa dall'Agenzia Sir. Secondo l’organismo cattolico “sono stati anni di carneficina e disperazione, il prezzo pagato non giustifica gli impalpabili risultati raggiunti”. Dopo 5 anni “resta un popolo che vuole dignità e risposte semplici al vivere quotidiano: acqua, elettricità, scuole, lavoro, strade, cibo. Resta una piccola comunità cristiana che non vuole essere confinata in alcuna riserva ma che desidera condividere il futuro dell'Iraq e non deve essere lasciata sola”. Per Pax Christi “unica via” resta “la non-violenza e il disarmo”. Da qui la richiesta al nuovo governo e al parlamento “di rispettare la Costituzione, di avviare una politica di pace fatta di disarmo e di riduzione delle spese militari” e “a tutti noi una maggiore sobrietà di vita e il coraggio della povertà per non dissanguare i popoli che hanno quelle materie prime che sono spesso motivo di guerre”. (R.P.)
Gerusalemme: nella solennità di Pentecoste Vespri al Cenacolo guidati dai frati della Custodia di Terra Santa
◊ Sono centinaia i cristiani di diverse denominazioni e i pellegrini di tutte le lingue che si stanno recando in questi giorni al Cenacolo, per sostare in particolare nella sala al piano superiore, dove il Signore celebrò l’Ultima cena e dove si venera la memoria della Pentecoste. Nel Cenacolo, tuttavia, dal 1948 in mano al Ministero israeliano degli Affari Religiosi che ne regola l’accesso a turisti e pellegrini, non è possibile celebrare l’Eucaristia. Per questo, ieri pomeriggio, come ogni anno nel giorno di Pentecoste, i frati della custodia francescana hanno compiuto il loro pellegrinaggio e hanno guidato la recita dei Vespri nella sala superiore stracolma di fedeli. Moltissimi i pellegrini che al termine della preghiera presieduta da padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, hanno recitato il Padre Nostro ad una voce in tutte le lingue. Proprio in questo luogo tra il 1335 e il 1551 sorgeva il convento francescano del Monte Sion, sede originaria del custode di Terra Santa. Ieri mattina il Patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, ha presieduto la solenne celebrazione di Pentecoste nell’abbazia benedettina della Dormitio sul Monte Sion, una Messa concelebrata da decine di sacerdoti. Contemporaneamente, a poche centinaia di metri dalla Dormitio e dal Cenacolo, messe in tutte le lingue si sono succedute all’interno, ma anche all’esterno del Santuario francescano detto Cenacolino; nella sua omelia il Patriarca latino ha ricordato come, sia il popolo palestinese che quello israeliano, che celebrano uno la sconfitta e l’altro la nascita del suo Stato, siano entrambi ancora nell’attesa della pace. Ha anche sottolineato che il presidente dello Stato d’Israele nel suo discorso, il giorno dell’indipendenza, ha parlato della persona umana creata ad immagine di Dio, “di ogni persona umana – ha proseguito mons. Michel Sabbah – israeliana o palestinese”. Rendiamo grazie a Dio – ha concluso - per la visione che il presidente ha come capo di una nazione in stato di conflitto e preghiamo perchè questa visione possa svilupparsi e riempire i cuori di tutti i responsabili dei due popoli. (Da Gerusalemme, Sara Fornari)
L'arcivescovo di Lima promuove una "catena di solidarietà" per i fratelli colpiti dal freddo
◊ Il cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, Arcivescovo di Lima, da Roma, dove si trova per la celebrazione del 50.mo anniversario della Pontificia Commissione per l’America Latina, ha lanciato un appello a tutti i fedeli che partecipano alla “Grande Missione di Lima” a dare vita ad una catena di solidarietà per inviare aiuti ai fratelli del sud, in particolare di Puno e Cerro de Pasco, che soffrono le conseguenze dell’ondata di freddo. “Il mio pensiero va alla Grande Missione di Lima, affinché attraverso una catena di solidarietà vengano donati alimenti non deperibili, vestiti, tutto ciò che ciascuno può. Il cardinale ha inviato anche un messaggio di pace e solidarietà ai fratelli peruviani colpiti ed ha chiesto a tutti i fedeli - riferisce l'Agenzia Fides - di mobilitarsi immediatamente e realizzare collette nelle parrocchie e nei centri “affinché la Grande Missione di Lima non rimanga soltanto un’idea campata in aria”. Il vescovo ausiliare di Lima, mons. Adriano Tomasi Travaglia, durante la Santa Messa celebrata nella Basilica Cattedrale, si è unito all’invito del cardinale Cipriani di rendere viva la “Grande Missione” attraverso una catena di solidarietà a sostegno dei fratelli del Sud. Come ogni anno il cambiamento di stagione rappresenta una preoccupazione per le popolazioni ubicate nelle zone andine più alte del centro e del Sud del Perù, che vengono colpite dai cambiamenti bruschi di temperatura che causano grandinate ed ondate di freddo. Secondo il Servizio Nazionale di Meteorologia ed Idrologia, il Sud del Paese, principalmente Puno, vivrà una stagione di gelate da aprile fino a settembre. Da parte sua Caritas Perù ha lanciato la Campagna di Solidarietà “Nutri una Speranza” per aiutare le popolazioni colpite. Fino a questo momento sono state già inviate oltre 61 tonnellate di somministrazioni di aiuti alle zone più colpite dall’ondata di freddo, come le città di Abancay, Sicuani, Juli, Ayaviri, Puno, Huancavelica ed Arequipa. (R.P.)
Uruguay: presentati i nuovi orientamenti pastorali per promuovere l'azione missionaria
◊ Nella solennità di Pentecoste i vescovi delle 10 diocesi dell’Uruguay hanno presentato alle rispettive comunità i nuovi Orientamenti Pastorali che nel quinquennio 2008-2013 accompagneranno il cammino della Chiesa pellegrina in Uruguay, chiamata alla missione permanente. Gli Orientamenti, dal titolo “Ricominciare da Emmaus”, sono stati approvati dalla Conferenza Episcopale nell’assemblea plenaria di aprile. Gli Orientamenti Pastorali, riferisce l'Agenzia Fides, propongono tre priorità pastorali: vivere un processo autentico di conversione pastorale; vivere più intensamente la chiamata alla comunione; vivere più intensamente la chiamata alla missione. Il Coordinatore nazionale della Pastorale, Mons. Francisco Barbosa, vescovo di Minas, ha elaborato un sussidio per la celebrazione di Pentecoste 2008, nel quale riafferma che la Chiesa in Uruguay, in sintonia con ogni Chiesa dell’America Latina e dei Caraibi, assume “La Missione Continentale per una Chiesa Missionaria”. Secondo il vescovo, la missione che si realizza come frutto della Conferenza di Aparecida dovrà, innanzitutto, “incoraggiare la vocazione missionaria dei cristiani, fortificando le radici della loro fede e risvegliando la loro responsabilità affinché tutte le comunità cristiane si mettano in stato di missione permanente”. Inoltre “un obiettivo essenziale della Missione Continentale è prendere coscienza che la dimensione missionaria è parte costitutiva dell’identità della Chiesa e del discepolo del Signore. Per questo motivo, a partire dal Kerygma, essa intende rivitalizzare l’incontro con Cristo vivo e fortificare il senso di appartenenza ecclesiale, affinché i battezzati passino da evangelizzati ad evangelizzatori”. Nel sussidio il vescovo offre tre suggerimenti pratici: celebrare con senso missionario le feste patronali e, a livello nazionale, la festa della Vergine dei Trenta Tre, patrona dell’Uruguay; informare e sensibilizzare sul Terzo Congresso Missionario Americano, che avrà luogo a Quito, Ecuador, il prossimo agosto, ed, infine, celebrare la festa di Pentecoste con senso missionario. (R.P.)
Nella Repubblica Dominicana riflessione dei vescovi sul piano governativo per l'educazione
◊ È un’analisi attenta quella che la segreteria generale della Conferenza episcopale dominicana (CED) fa sul Piano per l’Educazione, presentato recentemente dal governo e valido per il decennio 2008-2018. In un documento a firma di mons. Ramón Benito Ángeles Fernández, segretario generale della CED, i presuli si soffermano su molti punti del progetto governativo. Fiduciosi nel fatto che la nuova politica educativa serva a migliorare la qualità della formazione scolastica di tutto il Paese, i vescovi dominicani auspicano che il piano decennale “sia un’opportunità per superare gli attriti e le limitazioni nel campo dell’educazione, ed offra la possibilità a tutti i cittadini di accedere ad un sistema di formazione di qualità”. I presuli si soffermano quindi sulla necessità di un’educazione che non trascuri “l’aspetto integrale e religioso della persona umana”: “Ci auguriamo – scrivono – che il piano educativo si basi su un insieme di valori che interessano l’aspetto morale ed etico della persona”. “Il fine ultimo dell’educazione – continuano i presuli - è formare la persona. Ciò non si ottiene solo con la teoria, ma anche con il dialogo ed il contatto diretto”. Di qui, l’auspicio che “i valori cristiani siano trattati in modo concreto ed operativo nella gestione del piano” permeandolo nella sua interazza. La Conferenza episcopale dominicana esprime poi il desiderio che questo nuovo piano decennale abbia come risultato la solida formazione umanistica di uomini e donne, rendendoli padroni della scienza e della tecnologia, “così come della pratica e dell’esperienza di un insieme di valori che ne facciano persone libere, solidali, giuste e sensibili ai problemi sociali”. Inoltre, i presuli ritengono necessario creare dei “meccanismi efficienti di integrazione effettiva ed affettiva della famiglia nella scuola”. “Vediamo positivamente – scrivono – la realizzazione di Scuole dei genitori in cui essi partecipino pienamente ai differenti cicli”, assistiti dagli insegnanti. Ulteriore attenzione è dedicata ai docenti: i presuli dominicani concordano sugli incentivi salariali, purché siano basati “sull’impegno, la formazione e l’aggiornamento” degli insegnanti, in vista di un lavoro davvero efficace. “Siamo consapevoli – scrivono ancora i vescovi - che l’educazione richiede un lavoro continuo, lungo e costoso, in cui investire gradi risorse”. La CED si appella quindi al settore industriale ed imprenditoriale, agli organismi di sviluppo nazionali ed internazionali perché continuano a cooperare nel settore educativo, premettendo la realizzazione del piano decennale. “L’educazione deve essere un’autentica politica di Stato – sottolinea la CED – e devono quindi essere erogate le risorse necessarie ad essa, affinché questo piano decennale vada più in là del governo di turno e sia recepito da tutta la società”. (I.P.)
Canada: verso il Congresso eucaristico internazionale di Québec
◊ Manca più di un mese al 49° Congresso eucaristico internazionale e gli organizzatori cominciano a fare un primo bilancio del triennio di preparazione all’evento, ospitato dal 15 al 22 giugno a Québec City. Il cardinale Marc Ouellet, arcivescovo della città e Presidente del Congresso descrive questi tre anni come un periodo di conversione per la Chiesa in Canada. Secondo mons. Charles Picher e Suor Doris Lamontagne, rispettivamente Segretario generale e Vice Segretaria del Congresso, questa preparazione ha già dato frutti importanti. Mons. Picher rileva, in particolare, l’accresciuta partecipazione dei fedeli agli incontri di preghiera, alle adorazioni eucaristiche e ai momenti di condivisione. In un momento in cui la fede cattolica non è più tanto popolare in Québec, osserva, “la più grande sfida è quella pastorale”. Il pellegrinaggio in tutte le diocesi canadesi dell’Arca della Nuova Alleanza, simbolo del cammino di preparazione spirituale all’evento, ha attirato l’attenzione dei fedeli sull’importanza centrale dell’Eucaristia nella vita della Chiesa, spiega da parte sua Suor Doris, che sottolinea come esso rappresenti un’occasione per riflettere su chi è presente nell’Eucaristia e “su chi è Gesù Cristo”. Il tema scelto per il Congresso , che coinciderà con il 4° centenario di fondazione di Québec City (sede della prima diocesi cattolica al nord del Messico) e il 350° anniversario dell’ordinazione del primo vescovo del Canada, il Beato François Laval, è “L'Eucaristia, dono di Dio per la vita del mondo”. L’appuntamento sarà preceduto, dall’11 al 13 giugno, da un Simposio teologico dedicato all’approfondimento del tema dell’Eucaristia come “dono escatologico alla storia del mondo”, come “dono essenziale alla Chiesa nel mondo” e come “dono per la missione della Chiesa”. Il Simposio sarà ospitato dalla “Laval University”, il primo ateneo cattolico francofono in America, e vedrà la partecipazione di più di 200 tra vescovi e teologi da tutto il mondo, soprattutto da Canada, Stati Uniti, Messico Italia e Francia. (L.Z.)
Stati Uniti: liturgia, bioetica e abusi sessuali al centro della plenaria dei vescovi
◊ Si terrà dal 12 al 14 giugno a Orlando, in Florida, la prossima sessione primaverile della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. Diversi e importanti i punti in agenda che riguardano la liturgia, temi eticamente sensibili come la ricerca sulle cellule staminali embrionali e l’alimentazione e idratazione assistita nelle fasi finali della vita, e il problema degli abusi sessuali in seno alla Chiesa. All’apertura dei lavori, che si svolgeranno in gran parte a porte chiuse, mons. Arthur J. Serratelli, Presidente della Commissione episcopale per il Culto Divino, presenterà la fase finale del processo di traduzione e approvazione del Messale Romano ad uso della Chiesa negli Stati Uniti. I vescovi voteranno una nuova traduzione in inglese delle preghiere per le domeniche e le festività dell’Anno liturgico. Le nuove traduzioni dovranno essere approvate da almeno due terzi dell’assemblea e ottenere quindi il “placet” vaticano. All’ordine del giorno figura anche l’approvazione della sostituzione, nell’ordinario della Messa in spagnolo, del pronome “vosotros” con il più moderno “ustedes”. Una richiesta in tal senso era stata presentata nel 2006 dalle 22 Commissioni liturgiche dell’America Latina e dei Carabi in considerazione del fatto che il termine “vosotros” è caduto in disuso nel subcontinente ispanoamericano. Altro importante punto in agenda sarà l’esame di un documento preparato dalla Commissione per le Attività pro-vita circa la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Il documento ribadisce gli argomenti dottrinali contro l’uso terapeutico di cellule staminali che comportino la distruzione di embrioni umani e insiste sulla necessità di una ricerca “eticamente responsabile che rispetti la dignità di ciascun essere umano”. “Solo questa – afferma - può produrre cure e trattamenti accettabili per tutti”. Ai vescovi sarà inoltre sottoposta la richiesta presentata dalla Commissione per la Dottrina di rivedere le “Direttive etiche e religiose per i servizi sanitari cattolici” relativi all’alimentazione e all’idratazione assistita. L’elaborazione dell’aggiornamento delle linee guida, che affrontano diversi temi eticamente sensibili, sarà affidato alla Commissione per le attività pro-vita. Un altro tema delicato affrontato dall’assemblea sarà, infine, quello degli abusi sessuali nella Chiesa. I vescovi ascolteranno una nuova relazione del “John Jay College of Criminal Justice” dell’Università New York incaricata di studiare le cause e il contesto in cui si è sviluppato il fenomeno negli Stati Uniti. La conclusione dello studio, commissionato dai vescovi in linea con quanto stabilisce la “Carta per la protezione dei bambini e dei giovani” adottata dalla Conferenza episcopale nel 2002, sarà completato entro il 2009. (L.Z.)
Studenti di college americanI studiano il viaggio di Benedetto XVI negli USA
◊ Gli studenti dei college cattolici avranno un'opportunità unica per approfondire il messaggio di speranza lanciato da Benedetto XVI durante il suo viaggio negli Stati Uniti, svoltosi ad aprile. La "Path to Peace Foundation" ha annunciato il terzo seminario annuale sul pensiero sociale della Chiesa per gli studenti di college cattolici. Il simposio di quest'anno ha come tema “Gli studenti dei college cattolici e il bene comune: costruire un mondo di speranza e una comunità per la pace”. Il seminario del 2008 segue la scia della visita di Benedetto XVI negli Stati Uniti e alle Nazioni Unite e dà agli studenti di college l'opportunità di coinvolgere leader internazionali ed esperti sul messaggio di speranza del Santo Padre. L'Arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e presidente della "Path to Peace Foundation", guiderà l'evento dal 18 al 23 maggio. Parteciperanno anche altri esperti, come teologi, sociologi e dirigenti e ambasciatori dell'ONU. Il simposio annuale - precisa l'Agenzia Zenit - mira a dare agli studenti di college un maggiore contatto con gli insegnamenti sociali e morali della Chiesa, per fornire valori e convinzioni solidi alla formazione della loro mente e della loro coscienza e incoraggiarli a impegnarsi nel compito di rendere il mondo migliore. La "Path to Peace Foundation" è stata fondata nel 1991 per sostenere le attività umanitarie, culturali ed educative che integrano la Missione della Santa Sede presso le Nazioni Unite. (R.P.)
I vescovi australiani esortano a ricondurre alla Chiesa quanti se ne sono allontanati
◊ Un piano pastorale per raggiungere i cattolici che non praticano più la loro fede e quelli che non si sono mai identificati con la Chiesa, è uno dei frutti dell'assemblea episcopale conclusasi a Sydney giovedì scorso. La Conferenza Episcopale Australiana spera di riportare all'interno della Chiesa i cattolici che se ne sono allontanati. A questo proposito verrà inviata una lettera pastorale alle parrocchie per esortarle a divenire luoghi di accoglienza e verrà predisposto anche un programma di sei settimane intitolato “Ricollegati”. Esiste inoltre un programma simile rivolto ai giovani che vogliono riprendere la vita parrocchiale sulla scia della Giornata Mondiale della Gioventù, prevista dal 15 al 20 luglio a Sydney. Il piano pastorale – riferisce l’agenzia Zenit - prevede poi una campagna nazionale per invitare i cattolici a riunirsi alla comunità ecclesiastica. Nel corso del loro incontro, i presuli hanno rieletto l’arcivescovo di Adelaide, mons. Philip Edward Wilson, come loro presidente. Il presule era stato eletto per la prima volta alla presidenza, che ha durata biennale, nel maggio 2006. (A.L.)
La diocesi di Padova sulla moschea: "un'occasione per imparare a vivere insieme"
◊ Una volta “garantita la legittimità e l’osservanza delle leggi e delle procedure”, la questione della moschea a Padova può diventare “un’occasione” per i cittadini di “imparare a vivere insieme pur nella diversità” e quindi “un’occasione di crescita”. E’ quanto si legge nel documento che la diocesi di Padova ha diffuso per dare – così si legge nel titolo - “Un contributo della Chiesa di Padova alla riflessione sui luoghi di culto musulmani”. “Siamo convinti – si legge nel documento ripreso dall'Agenzia SIR - che la discussione sulla moschea a Padova non possa ridursi a uno scontro tra posizioni ideologiche o tra appartenenze politiche con finalità di potere. La questione della Moschea è prima di tutto un problema culturale complesso e pone a tema il rapporto della città e delle nostre comunità cristiane con una realtà sociale, culturale e religiosa ‘diversa’ e relativamente nuova”. La diocesi ricorda “il diritto di ogni persona e di ogni gruppo sociale alla libertà religiosa, sancito dalla Costituzione italiana e dalla Carta dei diritti dell’uomo” ed aggiunge: “il rispetto delle persone passa anche attraverso il rispetto di questo diritto umano fondamentale, che costituisce pertanto un dovere per i singoli e le comunità. Un diritto-dovere che spetta alle autorità politiche e amministrative tutelare”. Secondo la diocesi, il caso specifico in discussione a Padova “non rimane nell’ambito strettamente religioso” ma è anche “di natura culturale e sociale” perché “riguarda la convivenza tra realtà diverse presenti nella stessa città”. La diocesi auspica pertanto che “i responsabili di queste decisioni” agiscano “con prudenza” e siano guidati dalla volontà di “favorire un clima di concordia e di pace”. “Come Chiesa – si legge ancora nel documento – sollecitiamo l’attenzione sul principio di una fattiva reciprocità: il diritto-dovere al rispetto della libertà religiosa riguarda tutti e quindi deve essere riconosciuto e rispettato anche dai musulmani nei confronti, per esempio, di chi sceglie di diventare cristiano”. (R.P.)
Iniziate a Palermo le celebrazioni della terza edizione della Settimana della carità
◊ Sul tema “La forza della carità nella fragilità della famiglia” sono iniziate a Palermo le celebrazioni della terza edizione della Settimana della carità che si concluderanno il 18 maggio. “E’ proprio sul tema della famiglia – ha spiegato mons. Benedetto Genualdi, direttore della Caritas diocesana - che il nostro arcivescovo Paolo Romeo ha convocato la Chiesa palermitana fin dall'inizio dell’anno pastorale, per promuovere una riflessione corale che la sostenga in modo sinergico attraverso una pastorale unitaria e integrata”. Tanti gli appuntamenti in programma nella logica della pedagogia dei fatti che propongono riflessioni e azioni concrete che mettono a tema la famiglia, con il carico dei minori affidati alle case famiglia, delle persone adulte con disabilità fisica e psichica, delle famiglie con problemi legati alla detenzione, sovraindebitate e a rischio di usura, di tutti coloro che sono senza famiglia e che quindi mancano di un tetto e di una tavola attorno alla quale potersi sedere. Un’attenzione particolare sarà dedicata alla difficile realtà vissuta dalle famiglie e dai minori del quartiere Zen di Palermo. In programma anche la presentazione dei progetti dell'Area Mondialità in Africa, Asia, America Latina ed Europa, con la speranza di poter coinvolgere anche gli immigrati presenti in città. (A cura di Alessandra Zaffiro)
Domani a Pompei la XIII Giornata dei bambini e dei ragazzi
◊ Sono attesi oltre cinquemila studenti alla XIII edizione della Giornata della pace dei bambini e dei ragazzi, promossa, domani a Pompei, dal Centro educativo “Bartolo Longo”. Il tema dell’appuntamento, “Ogni persona di buona volontà è un canale di pace”, punta sull’impegno personale dei singoli per la costruzione della vera concordia. Dopo una sfilata per la città, i ragazzi appartenenti a scuole di ogni ordine e grado di Pompei e dei comuni vicini, si ritroveranno nell’area meeting del santuario di Pompei per una festa con coreografie, momenti di riflessione, testimonianze, canti e danze. Alle ore 12.00, poi, l’appuntamento è davanti alla facciata della basilica, dedicata proprio alla pace universale, per la conclusione, con le parole dell’arcivescovo di Pompei, mons. Carlo Liberati ed il volo delle colombe, simbolo di pace. La Giornata della pace – sottolinea il Sir - è una delle iniziative che vuole sottolineare l’impegno della comunità ecclesiale di Pompei per la pace durante il mese mariano. Anche la Gazzetta dello Sport e l’Aicovis (Associazione italiana contro la violenza negli stadi) prenderanno parte alla manifestazione per ribadire il proprio impegno per la pace e per la convivenza civile. (A.L.)
Pubblicato il calendario 2009 del servizio fotografico dell’Osservatore Romano
◊ E’ stata pubblicata l’edizione 2009 del calendario curato dal servizio fotografico del quotidiano “l’Osservatore Romano”. L’iniziativa è nata lo scorso anno e, visto il gradimento ottenuto, si è pensato di replicarla anche per il 2009. Quest’anno il calendario è stato realizzato in due differenti esemplari. Il primo contiene 13 foto scelte tra le più significative del pontificato di Benedetto XVI; il secondo raccoglie una selezione di 13 foto di Giovanni Paolo II. Anche l’edizione 2009 – rende noto l’Osservatore Romano – è stata stampata dalla libreria Editrice Vaticana, su carta lucida e di grammatura consistente in modo da consentire di ritagliare le singole foto. Il costo è di 5 euro a copia. E’ in vendita presso il servizio fotografico del quotidiano della Santa Sede, nella Città del Vaticano, e nelle principali edicole e librerie nei pressi del Vaticano. (A.L.)
Catastrofico terremoto in Cina: migliaia i morti
◊ Si sta rivelando di proporzioni catastrofiche il terremoto che ha colpito oggi la Cina: secondo l'agenzia ufficiale Xinhua avrebbe provocato tra le 3.000 e le 5.000 vittime in una sola contea della provincia di Sichuan. L'agenzia aggiunge che nella contea di Beichuan, si temono almeno 10.000 feriti. Inoltre, circa 900 studenti si troverebbero sotto le macerie dopo il crollo della loro scuola. Il primo ministro cinese, Wen Jiabao, è arrivato sul luogo del terremoto ed ha affermato che si tratta di “un disastro”. Il premier ha invitato i leader locali ad essere “in prima fila” negli aiuti alle popolazioni colpite e ha aggiunto che la sicurezza della popolazione deve essere messa al primo posto. L'epicentro è stato a circa 100 chilometri a nordovest della capitale della provincia, Chengdu, nella prefettura autonoma di Aba, che ha una forte componente di popolazione etnicamente tibetana. E’ accaduto dunque non lontano da una delle zone dove, in marzo e aprile, si sono svolte alcune delle proteste anticinesi della locale popolazione tibetana. Il presidente cinese, Hu Jintao, ha chiesto soccorsi immediati per le vittime e sono stati inviati sul posto anche reparti dell'esercito. La scossa è stata avvertita a migliaia di chilometri di distanza in un'area che va da Pechino - a circa duemila chilometri da Chengdu - alla capitale della Thailandia, Bangkok e a quella di Taiwan, Taipei. A Chengdu, a Pechino e in altre città cinesi, migliaia di persone sono uscite nelle strade. Una testimone ha riferito all'ANSA che a Chengdu non ci sono stati crolli, ma alcuni edifici mostrano delle crepe. L'aeroporto della città è stato chiuso. Un impiegato della Nokia, che lavora negli uffici della Compagnia in un grattacielo nel centro di Pechino, ha affermato di aver sentito il pavimento tremare per “due o tre minuti” prima di darsi alla fuga con i suoi colleghi.
Libano
Resta drammatica la situazione in Libano. Sono ripresi questa mattina gli scontri a fuoco a Tripoli, 90 chilometri a nord di Beirut tra seguaci dell'opposizione libanese, guidata dal movimento sciita Hezbollah, e attivisti della coalizione di governo. Ieri, invece, almeno 36 persone sono rimaste uccise nei violenti combattimenti nella regione montagnosa a nord-est della capitale. Intanto, vasta eco hanno avuto le parole di Benedetto XVI, che ieri al Regina Coeli in Piazza San Pietro, ha esortato i libanesi ad abbandonare ogni logica di contrapposizione aggressiva, mentre la diplomazia internazionale cerca di risolvere la crisi, a cominciare dall’elezione del presidente della Repubblica. Secondo numerosi analisti ci sarebbe, infatti, un accordo sul capo dell’esercito, il generale Suleiman, ma Hezbollah frena, chiedendo un governo in cui la componente sciita sia più forte. È possibile un accordo? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Roger Bouchahine, direttore dell’Osservatorio Geopolitico mediorientale:
R. - Un accordo vero e proprio in questo momento sarebbe quasi dettare legge da parte di Hezbollah in Libano. Non so se si può definire una situazione più grave negli ultimi trent’anni della vita libanese. Hezbollah non accetterà nessun accordo, non cederà alla attuale maggioranza. Detta legge in Libano.
D. - Quanto è cambiato il panorama politico libanese dopo questa ultima crisi?
R . - A causa del grande errore dell’ONU di non applicare la risoluzione 1559, che vuol dire il disarmo totale di tutte le milizie, comprese quelle di Hezbollah, ci siamo trovati in uno Stato dentro lo Stato, con delle armi micidiali contro i libanesi stessi e la situazione è degenerata in un appropriamento di Hezbollah di tanti villaggi, di tante aree, dall’aeroporto, al porto, alle zone strategiche come la zona del Chuf delle montagne del Libano. Hezbollah si sta appropriando completamente del Libano.
D. - Ieri, Benedetto XVI ha lanciato un vibrante appello per il Libano. Quali sono state le reazioni?
R. - Le reazioni chiaramente non hanno diminuito il piano di Hezbollah di dover continuare con la sua strategia di terrorizzare il popolo libanese. Io spero tanto nella diplomazia e negli uomini politici, perchè cedano al loro orgoglio politico e cerchino di trovare una soluzione per migliorare questo situazione: qui si sta parlando di una vera guerra civile.
Medio Oriente
Il ministro responsabile per i servizi di informazione egiziani, Omar Suleiman, è giunto oggi in Israele per proporre le linee di un cessate il fuoco tra le milizie armate palestinesi nella striscia di Gaza e Israele. Suleiman è stato subito ricevuto a Tel Aviv dal ministro della Difesa, Barak, e vedrà successivamente il premier, Olmert, e il ministro degli Esteri, Livni. La stampa locale riferisce intanto che Israele condiziona, tra altre richieste, l'eventuale tregua alla restituzione del soldato Ghilad Shalit, rapito nel giugno del 2006 da un commando palestinesi di Gaza. Ma fonti di Hamas a Gaza, interpellate dalla Radio pubblica israeliana, hanno respinto questa richiesta affermando che quella di Shalit è un'altra questione la cui soluzione però potrebbe essere accelerata dopo la conclusione di una tregua.
Iran
Cinque uomini sono stati impiccati in Iran, perchè riconosciuti colpevoli di avere violentato e ucciso una ragazza, dandole fuoco quando era ancora viva. Lo scrive oggi il quotidiano Qods. Le esecuzioni sono avvenute ieri nella prigione di Qom, città santa sciita 130 chilometri a sud di Teheran, nella cui provincia era avvenuto, nell'agosto dell'anno scorso, il delitto. Uno dei condannati, che ha confessato, ha detto che il gruppo aveva rapito la giovane e l'aveva portata in una zona desertica. Dopo la violenza di gruppo, la ragazza era stata accoltellata, inzuppata di benzina e data alle fiamme per cercare di cancellare ogni traccia. In Iran, la pena di morte è prevista per diversi reati, tra i quali l'omicidio, la rapina a mano armata, il traffico di droga, la violenza carnale, l'apostasia, l'adulterio e la sodomia. Lo scorso anno, secondo Amnesty International, sono state almeno 317 le esecuzioni capitali nella Repubblica islamica, che si è così situata al secondo posto al mondo per numero di persone messe a morte dopo la Cina.
Serbia
Conto dei seggi in Serbia all'indomani del voto politico e amministrativo di ieri, che ha segnato una netta avanzata del blocco liberale ed europeista del presidente, Boris Tadic, ma senza attribuire ad alcuno una maggioranza assoluta certa. La lista liberale "Per una Serbia europea", del presidente, Boris Tadic, è indicata al 38,75%, con almeno 102 seggi; il Partito radicale (SRS, ultranazionalista) e' al 29,2%, con 77 seggi; il Partito Democratico di Serbia (DSS, conservatore) del premier uscente Vojislav Kostunica si ferma all'11,34%, con 30 seggi. Si parla dunque di una non facile partita per la formazione di una coalizione di governo stabile. Una situazione che sembra rendere ora decisivo il peso delle forze minori, a cominciare dal Partito Socialista (SPS), orfano di Slobodan Milosevic, riemerso dalle secche del declino dopo essersi affidato al pragmatico quarantenne Ivica Dacic. In attesa dei dati ufficiali - ancora incompleti e annunciati in forma definitiva per giovedì - le proiezioni del centro demoscopico Cesid, confermano un 39% di voti alla lista 'Per una Serbia europeà di Tadic: salita d'una decina di punti rispetto al gennaio 2007 e di almeno cinque rispetto ai sondaggi della vigilia. Al 29% resta invece il Partito radicale (SRS, opposizione ultranazionalista) di Tomislav Nikolic, prima forza del Paese dal 2003, che tiene, ma non rispetta il pronostico di un balzo in avanti. I giornali, da parte loro, evidenziano sia il successo dei filo-europei, sia le incognite parlamentari.
Sudan
Le Forze di sicurezza sudanesi hanno arrestato il leader dell'opposizione islamica, Hassan al Turabi, e almeno altri quattro alti dirigenti del suo partito dopo l'attacco a Khartoum da parte di ribelli del Darfur, storicamente legati a al Turabi. “Agenti della sicurezza sono venuti questa mattina all'alba e hanno arrestato Turabi”, ha detto il suo segretario privato, Awad Babiker. Il leader del gruppo ribelle Jem del Darfur, Khalil Ibrahim, ha dichiarato che ci saranno altri attacchi contro la capitale sudanese Khartoum, come quello sferrato sabato, fino a quando il governo sudanese non cadrà. "Questo è solo l'inizio di un processo che terminerà solo con la fine di questo regime", ha dichiarato Ibrahim, leader del gruppo ribelle Movimento per la giustizia e l'uguaglianza (JEM), che ha ribadito poi: “Non vi aspettate solo un altro attacco, questo è solo l'inizio”.
Zimbabwe
Il governo dello Zimbawe ha annunciato che non permetterà l'accesso di osservatori internazionali per il previsto ballottaggio delle elezioni presidenziali fra il presidente uscente, Robert Mugabe, e il leader dell'opposizione, Morgan Tsvangirai, a meno che non siano tolte le sanzioni internazionali contro il Paese. Lo scrive oggi il giornale locale The Herald. Il ministro della Giustizia, Patrick Chinamasa, ha affermato al giornale che molti Paesi occidentali giocano da “attori” nella politica dello Zimbabwe e che il governo non cederà all'opposizione, la quale ha chiesto la presenza di osservatori per monitorare il ballottaggio. “Non li autorizzeremo perchè [i Paesi occidentali] sono degli attori. Ci ripenseremo se leveranno le sanzioni. A meno che non lo facciano, non c'è alcuna possibilità di avere rapporti con loro”. Tsvangirai, leader del Movimento per il cambiamento democratico (MDC), che ha vinto le elezioni parlamentari, ritiene di aver vinto al primo turno anche le presidenziali. Ma secondo i risultati ufficiali, resi noti dopo oltre un mese, avrebbe invece ottenuto il 47,9% contro il 43,2% del "padre-padronè" Mugabe. Tsvangirai ha detto che parteciperà al ballottaggio solo se sarà presente una forza regionale di peacekeeping, se il voto sarà monitorato da osservatori internazionali, se sarà garantito libero accesso dell'opposizione ai media e se cesseranno le violenze, che dalle elezioni del 29 marzo hanno già fatto 32 morti.
Ucraina
I Servizi di sicurezza di Kiev hanno vietato al sindaco di Mosca, Iuri Luzhkov, di entrare nel territorio ucraino dopo le dichiarazioni con cui ieri ha rivendicato alla Russia la città di Sebastopoli in Crimea, sede della flotta russa sul Mar Nero, che domenica scorsa ha celebrato il 225.mo anniversario della sua fondazione. Lo riferisce l'agenzia Interfax. “Fino ad oggi i documenti storici indicano che Sebastopoli non è mai passata all'Ucraina”, ha detto Luzhkov parlando nella città portuale in occasione della ricorrenza. "La questione di Sebastopoli deve essere trasmessa a un tribunale internazional", ha aggiunto il sindaco di Mosca, che ha sottolineato come tale città “sia sempre stata sotto controllo diretto del governo sovietico” all'epoca dell'URSS. Luzhkov ha già irritato in passato le autorità ucraine con dichiarazioni analoghe.
Russia
Governo-lampo in Russia, dove il neo premier Vladimir Putin, a quattro giorni dal voto di fiducia, ha già varato il suo esecutivo, rinnovando solo parzialmente quello uscente e portando con Sé i fedelissimi dal Cremlino. Cambio della guardia al vertice dei servizi di sicurezza (FSB): Nikolai Patrushev diventa segretario del Consiglio di sicurezza e viene sostituito da uno dei suoi vice, Bortnikov. Complessivamente sette i vicepremier, di cui due primi: il premier uscente, Viktor Zubkov, che erediterà dal suo predecessore ed ora neo presidente, Dmitri Medvedev, le deleghe ai progetti nazionali, ed Igor Shuvalov (Rapporti commerciali con l'estero e WTO), ex vice capo dell'amministrazione del Cremlino e consigliere presidenziale. Cinque i vicepremier, due in più rispetto al governo precedente. Riconfermati i ministri chiave del governo precedente: Serghei Lavrov (Esteri), Anatoli Serdiukov (Difesa), Rashid Nurgaliev (Interni) Kudrin (Finanze), Elvira Nabiullina (Sviluppo economico). I nuovi ministri sono: l'ex viceprocuratore di San Pietroburgo e docente di diritto, Aleksander Konovalov (Giustizia), ex allievo di Medvedev all'Università, l'ex dirigente dell'amministrazione presidenziale, Igor Shogolev (Telecomunicazioni), l'ex ambasciatore russo in Francia, Aleksander Avdieiev (Cultura). E' stato inoltre creato il nuovo Ministero per lo sport e il turismo: ad occuparlo è Vitali Mutko, presidente della Federazione calcio russa.
Indonesia
Un incendio scoppiato all'interno di un tempio buddista nella provincia di North Sumatra, in Indonesia, Paese a stragrande maggioranza islamica, ha provocato la morte di almeno sette persone e il ferimento di altre otto. Lo riferisce la polizia. Le vittime stavano dormendo all'interno del tempio Aloviestra. Alcune di loro sono morte dopo essersi lanciate dal secondo piano del tempio per sfuggire alle fiamme e al fumo. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 133
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