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Sommario del 06/05/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Accorato appello del Papa per il Myanmar: la comunità internazionale aiuti con generosità le popolazioni colpite dal ciclone. Oltre 22 mila i morti
  • Udienze e nomine
  • Domani, in Vaticano, il concerto dell’Orchestra Filarmonica Cinese in onore di Benedetto XVI. Padre Lazzarotto, sinologo del PIME: gesto di sensibilità e attenzione verso il Papa
  • Presentate in Sala Stampa vaticana le conclusioni della plenaria delle Scienze Sociali: la società civile sia aperta alla logica del dono e non solo al profitto
  • Festa delle Guardie Svizzere in Vaticano: il grazie del cardinale Bertone per il prezioso apostolato svolto a servizio del Papa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Domani al Cremlino l'insediamento del neo-presidente russo Dmitri Medvedev
  • Gli 80 anni della Rivista del Cinematografo, definita dal cardinale Bagnasco "uno strumento di dialogo"
  • Chiesa e Società

  • “Save the children” pubblica il nono rapporto sullo Stato delle madri nel mondo
  • Incontro a Bruxelles tra i leader delle istituzioni europee con i rappresentanti delle Chiese e delle religioni in Europa
  • Globalizzazione e pluralismo culturale al centro dell’incontro promosso dal Pontificio Consiglio della cultura in Nepal
  • Donne di diverse religioni danno vita al “Pan Asian Women of Faith Network” per la pace
  • La Chiesa pakistana lancia un corso per “formare alla pace”
  • In India bloccata la marcia per la bonifica dell’area di Bhopal, teatro 23 anni fa di un disastro ambientale
  • Rischio di epidemia, migliaia di contagi e 26 morti in Cina per un virus che colpisce i bambini
  • Senegal: appello dell'arcivescovo di Dakar in favore delle popolazioni rurali
  • I vescovi dell'Ecuador contrari alla legalizzazione delle unioni omosessuali
  • Il Messaggio dei vescovi del Venezuela in occasione dell'Anno Paolino
  • Si è svolto in Nicaragua il secondo incontro di giovani del Centroamerica del Cammino Neocatecumenale
  • Soddisfazione dell’arcidiocesi di México per l’abolizione del reato di immigrazione clandestina
  • Primo Congresso nazionale missionario salvadoregno dal 16 al 18 maggio
  • Al Santuario di Torreciudad, in Spagna, grande partecipazione all’Ottavo incontro mariano dei popoli dell’America
  • Stati Uniti: sì della Chiesa alla proposta di legge sul divieto di creazione degli embrioni ibridi
  • In Terra Santa si prevede nel 2009 l’arrivo di un milione di pellegrini dalla Russia
  • Scienzata sudanese nominata "Campionessa della Terra" dal Programma ambientale dell'ONU, per la sua attività nel Darfur
  • Dal 13 al 15 maggio, conferenza internazionale di Emergency sul tema: “Costruire medicina in Africa”
  • La FUCI ricorda con varie iniziative lo statista italiano Aldo Moro, ucciso il 9 maggio del 1978
  • 24 Ore nel Mondo

  • Raid israeliano a nord di Gaza e disordini in Cisgiordania
  • Il Papa e la Santa Sede



    Accorato appello del Papa per il Myanmar: la comunità internazionale aiuti con generosità le popolazioni colpite dal ciclone. Oltre 22 mila i morti

    ◊   Il Papa ha lanciato un accorato appello alla comunità internazionale perché “risponda con un’assistenza generosa ed efficace alle necessità” della popolazione del Myanmar colpita in questi giorni da un catastrofico ciclone che ha causato finora oltre 22 mila vittime, 40 mila dispersi e decine di migliaia di senza tetto. In un telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato Tarciso Bertone, inviato al presidente dei vescovi dell’ex Birmania, l'arcivescovo di Mandalay, mons. Paul Zinghtung Grawng, Benedetto XVI esprime il suo “profondo cordoglio” per le “tragiche conseguenze” del ciclone che ha colpito “l’amato popolo del Myanmar” e assicurando le sue preghiere per le vittime e i loro familiari invoca “la pace di Dio sui morti e la forza e la consolazione divina sui senza tetto e su quanti stanno soffrendo”. Ma sulla situazione nel Paese ci riferisce da New Delhi Maria Grazia Coggiola:

    Secondo quanto ha detto il ministro birmano della Protezione sociale Maung Swe, il potente ciclone Nargis avrebbe generato una sorta di tsunami nel delta dell’Irrawaddy che non ha lasciato via di scampo agli abitanti della fascia costiera e delle basse regioni fluviali dove sorgono le grandi risaie del Paese. La furia del vento avrebbe sollevato un’onda di diversi metri di altezza che ha spazzato via tutto quello che trovava sul suo cammino. E’ la prima descrizione del disastro avvenuto tre giorni fa e che sta mettendo a dura prova il regime birmano e la capacità di far fronte ad un’emergenza che con il passare delle ore diventa sempre più allarmante. La giunta militare, che è al potere da 46 anni, ha deciso di accettare l’aiuto internazionale e di permettere l’ingresso delle squadre di soccorso straniere, ma con la limitazione che dovranno ottenere il nulla osta del ministro degli Esteri, come è stato precisato durante una conferenza stampa a Rangoon, l’ex capitale di 5 milioni persone, dove manca ancora la corrente elettrica e i prezzi dei generi alimentari sono schizzati alle stelle. Di fronte alla gravità della crisi, la giunta ha deciso di rinviare al 24 maggio il controverso referendum sulla nuova Costituzione nella maggior parte delle circoscrizioni di Rangoon e nei sette distretti colpiti. Intanto i Paesi asiatici si stanno mobilitando: il gruppo dell’ASEAN ha lanciato un appello ai suoi membri per inviare aiuti agli sfollati, mentre la Cina ha promesso un milione di dollari in cibo e in denaro contante.

     
    La solidarietà internazionale per il Myanmar è scattata immediatamente in tutto il mondo. La rete Caritas si è prontamente attivata. Della situazione sul posto ci parla Paolo Beccegato responsabile dell’area internazionale della Caritas italiana, intervistato da Sergio Centofanti:

     
    R. – Distinguerei due scenari. Prima di tutto, quello della capitale Yangon, dove certamente il numero di vittime pare essere molto alto; sono stati sradicati quasi tutti gli alberi della città! Quindi grande distruzione e purtroppo molte vittime. Lo scenario della campagna e del grande delta è quello probabilmente di maggiori danni economici, più devastazione dal punto di vista complessivo però, come numero di vittime, appare un pochino inferiore. Certamente, comunque, il fatto stesso che siano state dichiarate queste vittime dal governo è un segnale dell’entità del disastro.

     
    D. – Riescono ad arrivare gli aiuti?

     
    R. – Sì! E’ ancora difficile stabilire bene quanto la vasta area colpita sia completamente raggiunta dagli aiuti. Noi, come rete Caritas, e anche la Chiesa locale nel suo piccolo, stiamo facendo del nostro meglio, stiamo dando il nostro contributo.

     
    D. – Il regime si sta aprendo a questi aiuti?

     
    R. – Ma, appunto, rispetto allo tsunami di tre anni e mezzo fa, l’atteggiamento è completamente diverso: il fatto di aver dichiarato subito lo stato di calamità, la richiesta di aiuto dall’esterno ha dato certamente un segnale di grandissima apertura, di grandissima disponibilità a lavorare anche con realtà internazionali. Speriamo che questo continui in futuro, proprio per il bene della gente, dei più poveri ...

     
    D. – Quali sono attualmente le necessità più urgenti per la popolazione?

     
    R. – Certamente c’è bisogno di una risposta da emergenza a impatto devastante, quindi multisettoriale, dalla rilocazione delle persone che hanno perso la casa in tutto o in parte, a dei programmi che fin da subito – questo ci insegna l’esperienza – prevedano l’impiego, l’attivazione delle persone, perché non si creino meccanismi di dipendenza; quindi ogni tipo di aiuto, che siano forme partecipate anche nella forma, per esempio, cosiddetta “cash for work”, quindi che la gente lavori, si dia loro delle fonti di sostentamento anche a fronte del lavoro che fanno, anche se hanno perso quello che era il lavoro iniziale. E poi, appunto, la ripresa più strutturale, più complessiva, l’attenzione alle epidemie in queste prime giornate, in queste prime settimane e quindi un’attenzione anche sanitaria. Dev’essere un approccio integrato con grande attenzione al coordinamento, perché in queste circostanze c’è sempre il rischio di privilegiare – per esempio – la capitale e le grandi città e dimenticare i villaggi.

     
    D. – Il Papa ha lanciato un forte appello alla solidarietà internazionale. Come si può aiutare la popolazione del Myanmar?

     
    R. – Noi abbiamo lanciato un appello, per raccogliere fondi, certamente inviare generi non ha senso né dal punto di vista dei tempi né dal punto di vista economico. Quindi, l’unica cosa è raccogliere fondi per permettere una ripresa complessiva, quindi non solo in queste primissime fasi, quando tutti i riflettori sono accesi su questa emergenza, ma anche nelle fasi successive, quelle della ricostruzione, dello sviluppo, della ripresa comunitaria, anche di un approccio più attento alla prevenzione. Penso al disastro di qualche mese fa in Bangladesh, a novembre, quando molte vite sono state salvate perché erano stati costruiti dei rifugi anti-ciclone. I cambiamenti climatici che ormai sono ravvisabili in ogni parte del pianeta danno come trend quello – purtroppo – di un crescere di questi disastri ambientali, certamente anche con delle responsabilità antropiche. La responsabilità umana sta anche adesso nel fatto di lavorare di più sulla prevenzione.

     
    D. – Come si può aiutare la Caritas ad aiutare il Myanmar?

     
    R. – Noi abbiamo aperto un conto corrente postale con il numero 34 70 13, indicando come causale “emergenza Myanmar”; sul nostro sito ci sono invece tutti i riferimenti per i bonifici bancari. Per ogni informazione, telefonare al nostro centralino 06 66 1 77 00 1.


    Impegnata negli aiuti anche Medici Senza Frontiere: gravi le preoccupazioni sul fronte sanitario. Ascoltiamo la testimonianza del portavoce dell’organismo Andrea Pontiroli, al microfono di Emanuela Campanile:

     
    R. – Noi abbiamo due preoccupazioni supplementari, che, in particolare, riguardano i nostri pazienti colpiti da Aids, che noi curiamo, perché sono sotto trattamento antiretrovirale. Quindi, sono 8 mila le persone cui noi forniamo farmaci antiretrovirali e siamo molto preoccupati perché temiamo che possano aver perduto le loro scorte di farmaci nel ciclone e abbiano anche difficoltà nel raggiungere le nostre cliniche. Ovviamente quando uno comincia ad assumere la terapia antiretrovirale non può mai interromperla. Quindi, il trattamento deve essere assolutamente regolare e ci preoccupa ovviamente molto la sorte di queste 8 mila persone e la possibilità che siano rimaste senza farmaci e isolate. Un’altra preoccupazione, ovviamente, è rappresentata dal fatto che il Myanmar è un Paese comunque in cui esiste un problema di scarsità generale di cibo e, a quanto ci dicono i nostri colleghi, in questi giorni, i prezzi dei generi alimentari sono già raddoppiati, come per esempio il riso. Quindi, bisogna assolutamente garantire che il cibo e le scorte degli aiuti alimentari giungano quanto prima nel Paese, vivendo già la popolazione, in condizioni normali, al di sotto della soglia di povertà e con un problema immenso di accesso alla salute. Un evento tragico come questo, ovviamente, non ha fatto che esasperare una situazione già drammatica.
     

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    Udienze e nomine

    ◊   Nel pomeriggio di ieri, il Santo Padre ha ricevuto il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia.

    Il Santo Padre ha nominato membri del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi i cardinali: Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi; Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; Lluís Martinez Sistach, arcivescovo di Barcelona; Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay; William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede; Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali; e mons. John Joseph Myers, arcivescovo di Newark; mons. Raymond Leo Burke, arcivescovo di Saint Louis.

    Il Papa ha nominato membri della Congregazione per il Clero i cardinali: Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar-es-Salaam (Tanzania); Marc Ouellet, arcivescovo di di Québec (Canada); Jorge Liberato Urosa Savino, arcivescovo di Caracas (Venezuela); e mons. Tomash Peta, arcivescovo di Maria Santissima in Astana (Kazakhstan); mons. Raymond Leo Burke, arcivescovo di Saint Louis (Stati Uniti d’America); mons. Willem Jacobus Eijk, arcivescovo di Utrecht (Paesi Bassi).


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    Domani, in Vaticano, il concerto dell’Orchestra Filarmonica Cinese in onore di Benedetto XVI. Padre Lazzarotto, sinologo del PIME: gesto di sensibilità e attenzione verso il Papa

    ◊   La grande musica sarà protagonista domani pomeriggio in Vaticano con il concerto, in Aula Paolo VI, dell’Orchestra Filarmonica Cinese in onore e alla presenza di Benedetto XVI. La “China Philarmonic Orchestra” di Pechino e lo “Shanghai Opera House Chorus” eseguiranno il Requiem di Wolfgang Amadeus Mozart, sotto la direzione del maestro Long Yu. Consulente dell’Orchestra, la più importante della Cina, è la signora Deng Rong, figlia del leader cinese Deng Xiaoping. La nostra emittente trasmetterà il concerto in diretta, a partire dalle ore 17,50. La musica si conferma dunque strumento straordinario per il dialogo tra i popoli e le culture. Ecco la riflessione di padre Angelo Lazzarotto, missionario e sinologo del PIME, intervistato da Alessandro Gisotti:
     
    R. – Come ha detto il direttore di questa “Philarmonic Orchestra” di Pechino, Long Yu, che è di Shanghai ma che ha studiato in Germania e che è conosciuto universalmente per la sua capacità, ecco lui stesso ha notato che la musica è un linguaggio universale. La musica aiuta il dialogo fra i popoli e le culture. Ieri, per esempio, il “Quotidiano del Popolo”, riportando il “China Daly” che è il giornale più popolare in lingua inglese di Pechino, riferiva la notizia del concerto, dando questo rilievo di un dialogo culturale fra i popoli, come diceva anche un ufficiale del Ministero degli esteri, uno scambio da popolo a popolo attraverso la cultura e l’arte.

     
    D. – E’ universalmente noto che Benedetto XVI ami la musica. Questo omaggio della Cina dimostra – si può dire – anche un’attenzione particolare per la persona del Santo Padre?

     
    R. – Direi di sì. E’ ovvio! L’orchestra di Pechino è arrivata domenica in Europa e fa la prima tappa proprio a Roma. Il fatto che abbiano proposto la possibilità di fare questa performance nella Città del Vaticano in onore del Papa, penso dimostri la sensibilità e anche la conoscenza che hanno dell’amore che Papa Benedetto XVI ha per la musica, in particolare del suo apprezzamento per Mozart.

     
    D. – Nella sua storica lettera ai cattolici cinesi, pubblicata ormai quasi un anno fa, il Papa sottolinea che il popolo cinese si è “distinto” tra quelli dell’Asia per lo “splendore della sua millenaria civiltà”. E’ un riconoscimento che conferma l’apprezzamento, la consapevolezza del Pontefice del patrimonio culturale del popolo cinese ...

     
    R. – Ovviamente. E questo è in continuità con la storia dei contatti della Chiesa cattolica con il popolo cinese. Già Giovanni Paolo II ha più volte espresso - in modo particolare nell’anno 2001 con un messaggio nell’occasione del centenario dell’ingresso di padre Matteo Ricci a Pechino - questa caratteristica e questo apprezzamento.

     
    D. – Questo concerto in Vaticano rappresenta in certo qual modo il culmine di un interesse crescente per la musica sacra della “China Philarmonic Orchestra” ...

     R. – Direi di sì, perché è un’orchestra giovane, è stata fondata nell’anno 2000 e per la prima volta ha presentato questo “Requiem” due anni fa, al IX Festival musicale di Pechino. L’ha potuto presentare per la prima volta nelle chiesa dedicata a San Giuseppe. Una grande chiesa che è stata restaurata e che è diventata monumento nazionale, direi. Qui è stato presentato per la prima volta in collaborazione con il Teatro alla Scala di Milano e da allora, poi, l’ha presentato anche nell’aprile scorso nella cattedrale di Shangai, alla presenza di mille persone, in occasione del quarto centenario della fondazione della Chiesa di Shangai. Per cui è – credo – un’esperienza che la “China Philarmonic Orchestra” stia valorizzando anche nelle sue tournées.

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    Presentate in Sala Stampa vaticana le conclusioni della plenaria delle Scienze Sociali: la società civile sia aperta alla logica del dono e non solo al profitto

    ◊   In che modo i quattro principi fondamentali della Dottrina sociale cattolica - dignità della persona umana, bene comune, solidarietà e sussidiarietà - possono contribuire a trasformare l’epoca della globalizzazione in una “civiltà del bene comune”, dilatando la logica stretta tra Stato e mercato? E’ la domanda di fondo che ha animato il dibattito della 14.ma plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, svoltasi in questi giorni in Vaticano e terminata oggi. Le conclusioni dei lavori sono state presentate stamattina nella Sala Stampa della Santa Sede. Il servizio di Alessandro De Carolis:


    Sottrarre il modello di organizzazione della società dalla morsa che lo comprime tra Stato e mercato. Enfatizzare la cultura del dono, che è tutt’altro che tipica di modelli sociali ormai tramontati, ma anzi produce “bene comune” molto più nell’epoca contemporanea che in passato. Sono alcuni dei punti fermi fissati dai partecipanti alla plenaria delle Scienze Sociali in Vaticano, ribaditi dai giornalisti nella Sala Stampa della Santa Sede. A organizzare l’evento sono stati il porf. Pierpaolo Donati, dell’Università di Bologna, e la prof.ssa Margaret Archer dell’Università di Warwick, in Gran Bretagna. Il primo ha subito riferito che uno degli argomenti sui quali le opinioni degli esperti hanno convenuto è appunto la constatazione che il compromesso tra Stato e mercato non è in grado di governare i processi della globalizzazione, dai quali dipendono spesso sperequazioni e ingiustizie:

     
    "C’è una morsa tra Stato e mercato per cui gli interessi del mercato e le regolazioni dello Stato prendono il dominio sui gruppi sociali, le formazioni sociali intermedie, le associazioni, le forme di cooperazione, il volontariato e tutte quelle nuove reti in cui - per così dire - nei mondi vitali delle persone si creano ogni giorno dei beni comuni che, tuttavia, vengono non compresi e anzi emarginati dagli attori dello Stato e del mercato, che giocano sugli interessi economici e politici della società. E dunque, il punto di accordo è che occorre fare emergere questa società civile che agisce non per profitto e non su comando della legge, dello Stato".

     
    All’interno della società civile, esistono forze in grado di produrre beni condivisibili e ciò - ha spiegato il sociologo Jacques Godbout, dell’Università del Québec, in Canada - dipende dal fatto che attualmente la logica del dono si è rafforzata su scala globale come dimostrano, ha detto, la maggiore diffusione di donazioni d’organi, le crescenti offerte in denaro, la redistribuzione di cibo prodotta ad esempio dal Banco alimentare e perfino, ha aggiunto, le novità che accadono in ambiti d’avanguardia:

     
    "Ciò che è molto interessante, adesso, è che ci sono settori nuovi dove il dono è importante in sé, come in Internet: che molte persone preferiscono passare per il dono, condividendo file, più che per il mercato".
     
    Da questi esempi emerge che la solidarietà mette in moto una produzione di beni la cui circolazione si deve alla sussidiarietà, ovvero alla capacità delle forze sociali di creare e condividere valori materiali e immateriali in risposta a bisogni. Sul punto, la prof.ssa Archer ha osservato:

     
    "One conclusion, I think, we have come to...
    Una delle conclusioni alle quali credo siamo arrivati è la presa di coscienza che quando parliamo del bene comune non sempre parliamo della stessa cosa. Infatti, parliamo di ‘beni’ comuni, al plurale, che sono differenziati, che possono essere aggiunti, che emergono da nuove pratiche sociali, ma che pure sono tutti vitali per lo sviluppo e il benessere dei singoli esseri umani. In questo c’è anche il riconoscimento, da parte delle istituzioni sociali, della dignità inalienabile della persona umana. E, nello stesso tempo, il consentire l’espressione di diverse forme di “doni” che le singole persone posseggono".
     
    Dunque, ha affermato il prof. Donati, il bene comune “non si identifica più con una entità sovraordinata, come può essere quella dello Stato, benché lo Stato abbia certamente un ruolo importantissimo nel produrre, nel preservare il bene comune”. Semplicemnte, lo Stato “non è l’unico attore, non è il monopolista del bene comune”. In quest’ottica, ha concluso, rivela la propria inadeguatezza la comprensione della società civile basata sulla sola “teoria economica”:

     
    "La teoria economica presuppone ancora un homo economicus, interessato, che agisce sostanzialmente per profitto. E’ vero che la teoria economica vede anche un attore non egoistico, ma lo considera marginale. La teoria economica pensa il terzo settore come un settore di carità, di beneficenza, non come un settore che crei beni comuni. C’è, quindi, la necessità di arrivare ad una nuova teoria economica e forse anche una nuova teoria politica perché in realtà nel mondo vediamo anche un certo ritorno di statalismo in tante aree del mondo che di nuovo punta, in qualche modo, sulla forza e il monopolio dello Stato e questo non giova a sviluppare quei beni comuni di cui appunto parlavo in precedenza".

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    Festa delle Guardie Svizzere in Vaticano: il grazie del cardinale Bertone per il prezioso apostolato svolto a servizio del Papa

    ◊   Giornata celebrativa, oggi in Vaticano, per il Corpo delle Guardie Svizzere, nel giorno che segna l’anniversario del sacrificio di 147 soldati elvetici caduti il 6 maggio 1527 per proteggere il Papa Clemente VII, durante il Sacco di Roma. Il servizio di Roberta Gisotti:

     
    La giornata è iniziata al mattino presto con una Santa Messa nella Basilica Vaticana, che è stata presieduta dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, cui hanno partecipato le guardie svizzere i loro familiari ed amici insieme ad autorità elevetiche. Poi il comandante del Corpo, Elmar Mader, ha deposto una corona d’alloro davanti al monumento ai caduti nel Cortile d’onore del Quartiere Svizzero, quindi l’arcivescovo Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, ha conferito le decorazioni e le onorificenze ad alcuni membri del Corpo. Nel pomeriggio, infine, nel Cortile San Damaso del Palazzo apostolico ci sarà il giuramento di 33 nuovi alabardieri. Questa commemorazione “è uno dei più importanti appuntamenti dello Stato della Città del Vaticano”, ha sottolineato il cardinale Bertone nella sua omelia, ricordando il prezioso servizio offerto dalle Guardie Svizzere al Papa e alla Chiesa fin dal lontano 1506, anno di fondazione del Corpo militare sotto il Pontificato di Giulio II:

     
    “Da allora il vostro benemerito Corpo è stato sempre riconfermato nella sua missione, pure nel 1970, quando il Servo di Dio Papa Paolo VI sciolse gli altri Corpi militari del Vaticano”.

    Un servizio alla sicurezza del Papa e alla sua dimora, che nel corso dei secoli ha mutato le sue competenze non certo il suo carattere di “generosità” e “dedizione” come sottolineato ieri da Benedetto XVI nell’udienza concessa alle Guardie Svizzere, e rimarcato stamani dal cardinale Bertone, che ha voluto citare la formula del giuramento di ogni guardia svizzera “di servire fedelmente, lealmente e onorevolmente il Sommo Pontefice, sacrificando, ove occorra, anche la vita”:

     
    “Non si tratta solo di un mestiere, ma di una missione. Potremmo dire di una vera missione apostolica. Il vostro è un apostolato che esige - come potete facilmente comprendere - insieme all’alta competenza professionale, una fede salda e profonda, da tradurre ogni giorno in coerente testimonianza evangelica”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, il telegramma del Papa per la popolazione del Myanmar, dove il ciclone Nargis ha portato morte e devastazione.

    Nell'informazione internazionale, un articolo di Luca M. Possati dal titolo "Israele e il futuro del Vicino Oriente".

    Un'analisi di Steve Kibble sulla situazione in Somalia, dilaniata da pressioni esterne e dal radicalismo islamico.

    In cultura, i contributi del cardinale Angelo Bagnasco, Dario E. Viganò e Luca Pellegrini per gli ottant'anni della "Rivista del cinematografo".

    Latino, ovvero le sette vite di una lingua che non è mai morta: Roberto De Mattei sull'inchiesta "Latino perchè, latino per chi?", in cui si evidenzia che in America l'inglese arretra e sempre più persone parlano le lingue neolatine.

    Claudio Toscani recensisce "I giorni dell'amore e della guerra", romanzo d'esordio di Tahmima Anam.

    Raffaele Alessandrini ripercorre l'itinerario di una mostra internazionale a Illegio di Tolmezzo (dall'11 maggio al 5 ottobre) sul tema: "Genesi. Il mistero delle origini".

    Intervista di Nicola Gori al presidente della Conferenza episcopale ungherese, che illustra l'impegno della Chiesa per la riconciliazione della società.

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    Oggi in Primo Piano



    Domani al Cremlino l'insediamento del neo-presidente russo Dmitri Medvedev

    ◊   Passaggio di consegne, domani, a Mosca tra Vladimir Putin e Dmitri Medvedev, eletto alle presidenziali dello scorso marzo con oltre il 70% dei suffragi. Il nuovo inquilino del Cremlino, considerato dagli osservatori internazionali il “delfino” di Putin, nelle ore successive la sua elezione, sottolineò il carattere di continuità della sua presidenza. Intanto l'opposizione di Altra Russia, guidata dall’ex campione di scacchi Garry Kasparov, ha annunciato una manifestazione di protesta per domani a Mosca. Ma quale eredità lascia Putin al suo successore? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Fulvio Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana, ed esperto di politica russa:


    R. - Putin, dal punto di vista del potere lascia a Medvedev una buona eredità. E questo perchè gli lascia un Paese tenuto saldamente in pugno, gli lascia un Paese in cui c’è certamente maggiore stabilità ed un tenore di vita superiore a quello che Putin trovò otto anni fa; gli lascia un Paese che ha più influenza ed autorevolezza nel mondo di quanto ne aveva otto anni fa. Questo non vuol dire che non manchino i problemi e le questioni da risolvere.

     
    D. - Ci sono soprattutto problemi in Cecenia, in Daghestan, in Inguscezia: tutte crisi, queste, ancora aperte. Il fronte più caldo, proprio di questi giorni, è la Georgia. Come affronterà le tensioni Medvedev, all’insegna delle continuità o della discontinuità?

     
    R. – Io credo che non ci sarà alcun segno di discontinuità. Credo che Medvedev seguirà passo passo la politica di Putin, che è una politica dura, che è una politica aggressiva, una politica che non fa sconti all’Occidente, perchè non dimentichiamo che la questione georgiana si è aggravata dopo l’indipendenza autoproclamata del Kosovo a cui la Russia era decisamente ostile.

     
    D. – Come definire il nuovo capo del Cremlino?

     
    R. – La prima definizione che viene in mente è quella del “ragazzo prodigio”, perchè è stato un businessman di successo a 25 anni di età; è stato presidente di Gazprom, che è la terza azienda mondiale per dimensioni, a 36 anni; a 42 anni è diventato presidente della Federazione Russa. Certo non si può dire che non sia un ragazzo prodigio. Per il resto, certamente Medvedev è un personaggio un po’ da scoprire, perchè ha avuto cariche importantissime nel settore dell’industria di Stato, ma non in politica. E questo è un banco di prova importantissimo. C’è anche da dire che Medvedev è oggi l’unico personaggio importante del quadro politico russo che non abbia un passato in qualche modo connesso a quello dei servizi segreti. Bisognerà vedere ora in che modo questa sua differenza rispetto al contesto influirà sulle sue azioni.

     
    D. – Molti analisti sostengono che la presenza di Putin sarà, comunque, ingombrante…

     
    R. – Certamente la figura di Putin è quella di un uomo che è stato presidente per otto anni e non dimentichiamo che è stato anche primo ministro, ministro dei servizi di sicurezza e capo dell’amministrazione presidenziale e ,quindi, è quella di un uomo che dei meccanismi del potere della Russia post-sovietica sa tutto ed anche di più! La presenza di un simile uomo non può che essere ingombrante e difficile da ignorare.

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    Gli 80 anni della Rivista del Cinematografo, definita dal cardinale Bagnasco "uno strumento di dialogo"

    ◊   E’ il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il primo a rivolgere gli auguri alla Rivista del Cinematografo che compie i suoi 80 anni: “uno strumento di dialogo – scrive – che chiama in causa i diversi modi di essere cattolici nella società civile”. Molte le voci del mondo del cinema che si uniscono al clima di festa, riconoscendo alla pubblicazione serietà, coerenza, apertura e dialogo. Il servizio di Luca Pellegrini:
     
    Una rivista da leggere, non soltanto da sfogliare. Una rivista per approfondire la realtà del cinema, che non è solo divertimento e divismo. Parlando a tutti del “cinematografo”, ossia di un’arte che ha poco più di cent’anni. E quale altra rivista si avvicina, per longevità e anzianità, agli anni di nascita dell’arte di cui ha continuato a raccontare storie e passioni, ossia al tempo dell’invenzione dei fratelli Lumiére? La Rivista del Cinematografo ha attraversato la storia del cinema, dell’Italia e della Chiesa. Da semplice bollettino, fondato nel 1928 per l’intuizione di don Carlo Canziani, è diventata una rivista che parla a tutti di tutto il cinema. Un dialogo aperto senza mai cancellare, però, la propria identità, quella cattolica. “Sin dalla sua fondazione – ricorda ancora il cardinale Bagnasco, nella sua lettera inviata all’attuale direttore, Dario E. Viganò – l’apostolato della rivista è mosso dall’esigenza morale di considerare il cinema una forma d’arte, capace di interrogare il credente e promuovendo il dialogo con i cattolici, va incontro al mezzo cinematografico animata da ansia di verità e di bellezza”. Riflette su queste parole Dario E. Vigano:

     
    Certamente la rivista, credo che, e non solo per longevità – è appunto la rivista più antica di cinema in Italia – ma anche per la sua origine, sia il punto di riferimento per il mondo che si occupa di cinema di area cattolica. Certo, non è solo per questo mondo, perchè in fondo è un punto di riferimento anche per l’Accademia. In fondo, è una rivista seria e, quindi, noi ospitiamo ad esempio delle rubriche di ordinari di cinema non propriamente dell’area cattolica. Ma, appunto, quando un prodotto è serio, è ben curato, è fortemente apprezzato non in maniera ideologica. Quindi, certamente, c’è una grande attenzione del mondo cattolico, il mondo che si occupa in particolare delle sale della comunità, oppure dei tanti giovani che frequentano le università cattoliche. Però è una rivista che non muore in questo target molto specifico, ma si muove anzi su territori che, a volte, hanno forse poco in comune con le appartenenze, le appartenenze cattoliche. Hanno invece molto in comune con le persone che vogliono comprendere in profondità il mondo del cinema”.
     
    Molti sono i registi, gli attori, i critici e i responsabili del settore produttivo e commerciale che hanno un rapporto di stima con la Rivista del Cinematografo. Tra i molti ricordi e pareri, ecco quello del regista Pupi Avati:

     
    “E’ da considerarsi l’unico sguardo che ha dimostrato una grande attenzione a quelli che erano i contenuti non soltanto strettamente legati all’attualità, ai problemi sociali che il film andava affrontando, ma anche ad un contesto più ampio che comprendeva – e questo anche nel mio caso – la spiritualità, la trascendenza, il senso insomma che cercavo di dare ai racconti che via via andavo proponendo nell’arco di tutti questi anni. La Rivista del Cinematografo la considero una delle interlocutrici, se non l’interlocuzione più significativa che io abbia avuto con la carta stampata nell’arco di questi primi quarant’anni della mia vicenda cinematografica.”.

     
    Anni, tempi e storia. Guido Chiesa, regista attento alle realtà sociali e politiche che il cinema spesso esprime, aggiunge:

     
    “La rivista del Cinematografo in un Paese in cui le riviste di cinema non hanno storia sono spesso, ahimè, delle semplici riviste di nicchia talmente isolate che nessuno conosce, finendo per non avere alcuna influenza sul pubblico e su quelli che sono poi i gusti del pubblico; oppure sembrano a volte delle specie di bollettini ad uso e consumo delle case di distribuzione cinematografiche. La rivista del Cinematografo ha, invece, avuto una continuità nel tempo che le altre non possono vantare e, soprattutto, una presenza resa ancora più forte ed efficace con il sito web, che va assolutamente mantenuta, valorizzata e conservata”.

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    Chiesa e Società



    “Save the children” pubblica il nono rapporto sullo Stato delle madri nel mondo

    ◊   La fotografia scattata da "Save the Children" nel nono rapporto sullo stato delle madri, descrive un quadro allarmante: nel mondo più di 200 milioni di bambini non hanno accesso a cure di base e oltre dieci milioni muoiono ogni anno a causa di un’inadeguata assistenza sanitaria. Il rapporto, che mette in correlazione il benessere materno con quello infantile, sottolinea anche profonde differenze. Sono i Paesi scandinavi gli Stati che offrono le migliori condizioni per le madri. In testa ci sono Svezia, Norvegia e Islanda. Gli ultimi posti sono invece occupati da Paesi africani, tra cui Niger, Ciad, Angola ed Eritrea. Per quanto riguarda il benessere infantile, al primo posto c’è l’Italia, seguita da Germania, Francia e Svezia. La maglia nera, in questo caso, spetta invece all’Etiopia, preceduta da Somalia e Yemen. Tra gli indicatori presi in esame per l’indagine sono stati analizzati il rischio di mortalità materna, l’assistenza qualificata durante il parto, l’aspettativa di vita, la tutela della maternità e la presenza di donne nei governi nazionali. La situazione globale presenta gravi lacune: il rapporto dimostra infatti che il mondo è ancora molto lontano dal raggiungimento del quarto obiettivo del millennio, quello di ridurre di due terzi la mortalità infantile, cioè quella dei bambini sotto i cinque anni, entro il 2015. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Incontro a Bruxelles tra i leader delle istituzioni europee con i rappresentanti delle Chiese e delle religioni in Europa

    ◊   La “conversione ecologica” è stata una delle proposte lanciate durante il 4° Incontro annuale dei leader delle istituzioni europee con i rappresentanti delle Chiese e delle religioni in Europa, svoltosi ieri a Bruxelles. Il presidente in carica del Consiglio Europeo, il primo ministro sloveno Janez Janša, ha riassunto con queste parole di Giovanni Paolo II il fulcro del meeting, nel corso del quale i rappresentanti religiosi hanno affermato che esiste una responsabilità condivisa con i leader politici sul futuro del pianeta. Hanno partecipato all’incontro 21 rappresentanti delle religioni monoteistiche in Europa, insieme al presidente della Commissione Europea, a quello del Consiglio dell'UE e al presidente del Parlamento Europeo. Ricordando che la Bibbia parla di “creazione” piuttosto che di “natura”, spiega un comunicato della COMECE ricevuto da Zenit, il cardinale Franc Rodé ha osservato che è difficile sentirsi responsabili per la “natura”, concetto che si riferisce a risorse illimitate. Il concetto di “creazione”, al contrario, evoca la responsabilità del genere umano. “Nel mondo attuale – ha spiegato – siamo chiamati ad uno stile di vita sobrio e non pretenzioso per preservare le risorse della creazione e condividerle con le popolazioni più povere”. Il vescovo di Rotterdam, mons. van Luyn, ha proposto poi la nomina da parte dell'Unione Europea di un alto rappresentante per le generazioni future accanto a quello per gli Affari Esteri. Questa iniziativa, sostiene il presule, manderebbe “un chiaro segnale delle nostre speranze per un’Europa solidale al di là dei confini geografici e temporali”. Il presidente della COMECE ha anche esortato a creare un “dipartimento per il dialogo con le religioni”, che verrà istituito con l'applicazione del Trattato di Lisbona. (A.L.)

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    Globalizzazione e pluralismo culturale al centro dell’incontro promosso dal Pontificio Consiglio della cultura in Nepal

    ◊   La sfida posta alla Chiesa dall’emergente contesto della globalizzazione, del pluralismo culturale, del nazionalismo culturale, delle vivaci religioni e culture dell’Asia del Sud e la sua risposta attraverso l’evangelizzazione delle culture ed il dialogo interculturale, sono state al centro dell’incontro, promosso dal Pontificio Consiglio della cultura e dai centri culturali dell’Asia meridionale. Tenutosi per la prima volta in Nepal, al Centro di animazione pastorale St. John Vianney di Kathmandu, l’incontro ha visto al lavoro per quattro giorni 37 esperti provenienti da differenti Paesi dell’Asia del Sud: vescovi, sacerdoti, religiosi e laici che hanno esaminato la questione. “Il nostro primo obiettivo – si legge nella dichiarazione finale ripresa dall'agenzia AsiaNews– è stato quello di individuare la missione ed il ruolo del Centri culturali cattolici come laboratori di incontro del Vangelo con i valori culturali”. Il presidente del Pontificio consiglio, mons. Gianfranco Ravasi, in un messaggio letto dal nunzio in India e Nepal, mons. Pedro Lopez Quintana, evidenzia come l’umanità di oggi sia assetata di vita e verità, di pace e felicità. In questo contesto – si legge nella dichiarazione - Gesù ci offre speranza: “E’ Lui la luce che disperde il buio e la confusione”. La dichiarazione termina con una affermazione espressa con forza da Giovanni Paolo II: “Il grande problema che ora è di fronte alla Chiesa in Asia è come condividere con i nostri fratelli e sorelle asiatici ciò che apprezziamo come il dono che contiene tutti i doni, che è la Buona Novella di Gesù Cristo (EA 19). La Chiesa, come ha rilevato il Sinodo, deve essere aperta alle nuove e sorprendenti vie nelle quali il volto di Gesù può essere presentato in Asia”. (A.L.)

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    Donne di diverse religioni danno vita al “Pan Asian Women of Faith Network” per la pace

    ◊   Una trentina di leader religiose cristiane, buddiste, indù, musulmane e taoiste provenienti da 13 Paesi asiatici hanno dato vita a un network interreligioso per coordinare il loro impegno nella promozione della donna e della pace in Asia. Il “Pan Asian Women of Faith Network”, questo il suo nome, è stato lanciato nei giorni scorsi a Bangkok, in Thailandia, durante il Summit delle leader religiose dell’Asia. A organizzare l’incontro è stata la Conferenza mondiale delle religioni per la pace (WCRP), il noto Movimento internazionale che riunisce persone di differenti fedi con lo scopo di pregare e operare per la pace e il rispetto dei diritti umani attingendo al tesoro spirituale delle diverse tradizioni religiose. Lo scopo della nuova iniziativa è di unire le forze delle donne di diverse fedi in Asia per il raggiungimento di obiettivi comuni: dalla promozione della condizione femminile nel Continente, all’impegno per la pace, l’ambiente, la giustizia e contro la povertà. Questi obiettivi, ha spiegato all’agenzia Ucan la delegata cattolica Virginia Saldanha (già segretario esecutivo dell’Ufficio per i laici e la famiglia della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia), sono in linea con la visione e le priorità dei vescovi asiatici, che considerano il dialogo interreligioso uno strumento indispensabile della missione della Chiesa in Asia. Il piano di azione triennale elaborato durante il summit ha fissato in particolare tre priorità: la condivisione delle informazioni e delle risorse per promuovere la leadership femminile nelle rispettive organizzazioni, la valorizzazione dell’esperienza e della capacità delle donne di mediare i conflitti e, infine, la promozione della parità dei sessi e la lotta contro la povertà che in Asia, come altrove, colpisce soprattutto le donne. (L.Z.)

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    La Chiesa pakistana lancia un corso per “formare alla pace”

    ◊   In Pakistan, la Commissione nazionale giustizia e pace inaugura a Lahore il programma di educazione alla pace, al quale partecipano cristiani e musulmani. Si tratta di un programma per fermare l’aumento dell’intolleranza, la violenza e l’estremismo in un Paese che ha soltanto bisogno di armonia. Lo scopo è quello di dare una possibilità al dialogo, dopo anni di scontri violenti. Alla prima fase del progetto – rende noto l’agenzia AsiaNews - hanno partecipato 34 persone, di cui dieci musulmani. L’arcivescovo di Lahore, mons. Lawrence John Saldanha, ha accolto i partecipanti nella cattedrale e li ha invitati a dedicarsi alla giustizia ed al dialogo. “Cerchiamo di promuovere - spiega il direttore nazionale della Commissione, padre Emmanuel Yousaf - una via pacifica alla trasformazione sociale ed alla stabilità di alcune zone del nostro Paese come il Punjab, il Sindh e la Provincia di nord-ovest”. I partecipanti – aggiunge - amano la pace, e questa è l’unica arma contro il declino del Pakistan”. “La violenza – afferma infine Peter Jacob, segretario generale della Commissione - ha lasciato il suo segno nella nostra società. Ora è il momento di vedere cosa può dare la pace: il dialogo e la non violenza sono alla base di ogni insegnamento religioso, e noi dobbiamo mettere in pratica ciò che dice la nostra coscienza”. (A.L.)

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    In India bloccata la marcia per la bonifica dell’area di Bhopal, teatro 23 anni fa di un disastro ambientale

    ◊   In India la polizia ha fermato, nei giorni scorsi, un gruppo di 80 persone, tra cui 52 bambini, che chiedevano la bonifica della zona di Bhopal. In questa zona il 2 dicembre di 23 anni fa si sprigionò una nube tossica in seguito ad un incidente in un impianto della compagnia Union Carbide. Si stima che subito dopo quella tragedia siano morte almeno 3500 persone. Negli anni successivi si sono registrati altri 10 mila decessi. E’ stata inoltre compromessa la salute di migliaia di persone. Secondo attivisti civili e ambientalisti – rende noto l’agenzia Misna - ancora oggi l’inquinamento tossico costituisce una grave minaccia. Nel 1989 la compagnia Union Carbide pagò oltre 470 milioni di dollari per risarcire le vittime ma si rifiutò di bonificare l’area. Il governo del Madhia Pradesh ha reso noto di aver stanziato 220 mila dollari per le opere di bonifica ma i lavori non sono ancora iniziati. (A.L.)

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    Rischio di epidemia, migliaia di contagi e 26 morti in Cina per un virus che colpisce i bambini

    ◊   Un virus intestinale che colpisce i bambini mette in allarme la Cina. I contagiati sono 9700 e almeno 26 i morti. L’infezione nella forma lieve provoca soltanto febbre ed eruzioni cutanee. Colpisce i bambini perché hanno meno difese immunitarie e può creare danni a cervello, polmoni e cuore. Nella provincia centrale di Anhui il morbo si è tuttavia presentato in una forma particolarmente aggressiva. A Pechino si sono verificati più di 1400 casi. Nella capitale le autorità hanno reso noto che i bambini malati devono rimanere a casa in isolamento. Sono anche stati sottoposti a procedimenti disciplinari dottori e personale medico per "negligenza" e per aver "tratto vantaggi economici". Il virus, chiamato enterovirus 71, è considerato particolarmente pericoloso poiché non esiste vaccino o agente antivirale in grado di prevenire o curare la malattia. Quello che preoccupa, oltre alla rapida propagazione dell’epidemia, è la mancanza di notizie dettagliate sulla patologia. Gli esperti ritengono, comunque, che l’epidemia possa terminare prima di agosto. Ieri il rappresentante dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in Cina, ha anche escluso “qualsiasi minaccia per le Olimpiadi”. Ma ha anche riconosciuto che “occorrono maggiori studi per conoscere meglio il virus”. (A.L.)

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    Senegal: appello dell'arcivescovo di Dakar in favore delle popolazioni rurali

    ◊   “In nome della nostra fratellanza umana che ci viene da Dio, non possiamo accettare che un bambino, un uomo o una donna soffra per mancanza di cibo”. Con queste parole il cardinale Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar e presidente della Conferenza episcopale senegalese, ha rivolto un accorato appello alla solidarietà con le popolazioni rurali del Paese colpite dalla carestia. Anche il Senegal è alle prese con una grave crisi alimentare conseguente a una lunga siccità che, sommata all’impennata dei prezzi dei cereali sul mercato internazionale, sta creando serie difficoltà alle fasce più deboli della popolazione. Particolarmente drammatica - riferisce l'Agenzia Apic - è la situazione nelle campagne, dove in alcune località la popolazione riesce a mangiare solo una volta al giorno. “Mi rivolgo a tutta la comunità cristiana e invito tutti gli uomini di buona volontà a gesti concreti di condivisione, perché i nostri fratelli nelle campagne – ha detto il porporato - hanno esaurito le loro riserve alimentari e avranno bisogno di essere sostenuti con viveri per potersi dedicare al lavoro agricolo”. Il cardinale ha anche invitato i fedeli a partecipare ad una settimana di preghiera, dal 9 al 15 maggio, per invocare la pioggia. L’arcivescovo di Dakar si è rivolto in particolare alla rete delle Caritas diocesane per l’organizzazione della campagna di solidarietà. Intanto, il governo di Dakar ha già stanziato più di 15 milioni di euro per l’acquisto di riso a favore della popolazione e ha annunciato il lancio per il prossimo inverno di un vasto programma alimentare. (L.Z.)

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    I vescovi dell'Ecuador contrari alla legalizzazione delle unioni omosessuali

    ◊   “La morale cristiana considera la pratica omosessuale come un grave disordine morale incompatibile con la vita di fede, perché contrasta con la legge naturale ed i comandamenti della Legge di Dio”. Ma assicurando il rispetto per ogni essere umano e le sue libere decisioni, la Chiesa accoglie anche “con comprensione e delicatezza gli uomini e le donne che hanno tendenze omosessuali”. E’ quanto scrive l’arcivescovo di Guayaquil e presidente della Conferenza episcopale ecuadoriana, mons. Antonio Arregui Yarza, in una lettera aperta ai cattolici dell’Ecuador nella quale si precisa che i vescovi sono contrari ad una legge per la legalizzazione delle unioni omosessuali. Il documento è stato diffuso mentre in Ecuador, in occasione dei dibattiti sulla nuova Costituzione, sono state avanzate delle proposte mirate ad equiparare "l'unione tra persone omosessuali al matrimonio e alla famiglia". Il matrimonio – spiega l'arcivescovo - è “una relazione naturale dell'uomo con la donna, fonte delle nuove generazioni, un bene umano che caratterizza tutte le epoche e tutte le culture”. “L’unica finalità di ogni intervento della Chiesa cattolica in materie sociali e giuridiche – aggiunge mons. Antonio Arregui - consiste nella promozione e nella tutela della dignità della persona umana alla luce del Vangelo e della retta ragione”. Secondo il presidente della conferenza episcopale ecuadoriana, le unioni omosessuali “sono contrarie alla natura ed in nessun modo possono assomigliare alla reciproca donazione personale, propria ed esclusiva, per la quale l’uomo e la donna tendono alla loro realizzazione per collaborare con Dio nella generazione dei figli”. “Non si può avere – aggiunge l’arcivescovo di Guayaquil - un cosiddetto matrimonio omosessuale né una famiglia omosessuale”. “Come tutti i cittadini, anche gli omosessuali grazie alla loro autonomia privata - si legge inoltre nella lettera - possono ricorrere al diritto comune per ottenere la tutela di situazioni giuridiche di interesse reciproco”. Ma in nessun modo i vescovi dell’Ecuador – conclude il presule - potrebbero accettare in questo senso “una legge a favore della legalizzazione delle unioni omosessuali come fonte specifica di particolari diritti ed obblighi”. (A cura di Luis Badilla)

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    Il Messaggio dei vescovi del Venezuela in occasione dell'Anno Paolino

    ◊   E' stato reso noto il Messaggio dei Vescovi del Venezuela pubblicato in occasione della celebrazione dell’Anno Paolino che comincerà il prossimo 29 giugno. In primo luogo i Vescovi presentano la figura dell’Apostolo come colui che “dalla sua conversione e battesimo, superando innumerevoli difficoltà, si trasformò in un deciso Apostolo del Signore” e per questo “assunse due atteggiamenti importanti ed irrinunciabili: l’impegno ad annunciare il Vangelo del Signore, ma anche, ed è la cosa più importante, a manifestarlo, che fu la ragion d’essere della sua vita”. “Non dubitò in nessun momento durante l’evangelizzazione” si legge ancora nel testo ripreso dall'Agenzia Fides. Ma per lui evangelizzare “non si ridusse solo ad un annuncio teorico della Parola di Dio” ma assunse realmente il mandato di Gesù di andare e fare discepoli gli altri. I Vescovi segnalano quindi tre caratteristiche dell’azione evangelizzatrice di Paolo: la prima, “l’annuncio esplicito del Vangelo di Gesù Cristo, che realizzò con molta convinzione, poiché comprese il vissuto personale del mistero di Cristo”; la seconda, “il suo impegno nell’edificazione della Chiesa, creando e consolidando le comunità ecclesiali a lui affidate”; e per ultimo l’insistenza nella conversione che implica la fede in Gesù Cristo. Credere in Gesù esige dai credenti rivestirsi di Cristo, agire nel suo nome e camminare in novità di vita. In sintonia con quello che ci propone la Chiesa Universale e secondo il Concilio Plenario del Venezuela, i Vescovi raccomandano agli operatori pastorali, particolarmente ai parroci, ai catechisti e ai religiosi, di promuovere la lettura e gli studi delle sue Lettere. Allo stesso tempo, invitano i parroci, i responsabili dei Seminari, delle Università cattoliche e degli Istituti superiori della Chiesa, i dirigenti dei Movimenti di Apostolato e gli altri operatori di pastorale, ad organizzare giornate di studio sulla vita e l’opera di San Paolo. Chiedono inoltre che in ogni Diocesi e nelle diverse comunità ecclesiali si organizzi l’apertura di questo Anno Paolino con una celebrazione eucaristica in una data vicina al 29 giugno. (R.P.)

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    Si è svolto in Nicaragua il secondo incontro di giovani del Centroamerica del Cammino Neocatecumenale

    ◊   Mille ragazzi hanno dato la propria disponibilità a seguire Cristo nel sacerdozio e 300 ragazze nella vita consacrata, durante il II Incontro di Giovani del Centroamerica del Cammino Neocatecumenale, celebrato a Managua, in Nicaragua. In una spianata a fianco della Cattedrale di Managua - riferisce l'Agenzia Zenit - circa ventimila giovani centroamericani si sono riuniti per partecipare ad un incontro vocazionale. Dopo aver proclamato una lettura del profeta Isaia e un brano del Vangelo, l'iniziatore del Cammino Neocatecumenale, Kiko Argüello, ha invitato i giovani a seguire Gesù Cristo come presbiteri e le ragazze come religiose. Dopo la "chiamata vocazionale", i mille ragazzi e le 300 ragazze hanno ricevuto l'imposizione delle mani per invocare lo Spirito Santo, da parte dell'arcivescovo di Managua Leopoldo Brenes, dell'arcivescovo emerito della Diocesi, il cardinale Miguel Obando y Bravo e del vescovo della diocesi salvadoregna di Zacatecoluca Elas Bolaos. L'incontro vocazionale è il secondo che le Comunità Neocatecumenali del Centroamerica organizzano in vista della Giornata Mondiale della Gioventù, che Benedetto XVI celebrerà a Sydney nel luglio prossimo. Le delegazioni più numerose presenti a Managua sono state quella del Nicaragua con 10.000 rappresentanti e quella di El Salvador con 3.500. A queste si sono unite centinaia di Costaricani, Honduregni e Guatemaltechi. Tutti i giovani giunti in Nicaragua dall'estero, hanno alloggiato in scuole e a casa di famiglie di Managua, Leon, Chinandega e altre città dell'interno del Paese. (R.P.)

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    Soddisfazione dell’arcidiocesi di México per l’abolizione del reato di immigrazione clandestina

    ◊   “Un notevole passo avanti sul fronte dei diritti umani”. Così l’arcidiocesi di México ha commentato la recente decisione del Congresso messicano di abolire il reato di immigrazione clandestina. Il provvedimento, approvato all’unanimità alla fine di aprile, in pratica abroga le pene detentive previste dalla legislazione sinora in vigore contro gli immigrati illegali, molti dei quali (provenienti dal Centro e Sud America) passano attraverso il territorio messicano per recarsi negli Stati Uniti. Esse saranno sostituite da sanzioni pecuniarie, PRECISA L'aGENZIA Cns. Secondo i relatori della legge, il Messico avrà ora un argomento morale in più per chiedere all’Amministrazione americana politiche migratorie più umane verso gli immigrati clandestini messicani. Un giudizio condiviso dall’Arcidiocesi di México che ricorda come che il Governo Federale messicano abbia spesso rimproverato gli Stati Uniti per il trattamento riservato agli immigrati clandestini messicani, per poi violare “i diritti umani degli immigrati senza documenti dall’America Centrale”. (L.Z.)

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    Primo Congresso nazionale missionario salvadoregno dal 16 al 18 maggio

    ◊   Promuovere e rafforzare la coscienza e l’impegno missionario in tutti i figli e le figlie della Chiesa di El Salvador: con questi obiettivi, si svolgerà dal 16 al 18 maggio il primo Congresso nazionale missionario salvadoregno. In una lettera aperta ai fedeli, la Conferenza episcopale del Paese sottolinea che “essere missionari significa essere annunciatori di Gesù Cristo, con creatività e audacia, in tutti i luoghi in cui il Vangelo non viene sufficientemente annunciato e accolto, specialmente negli ambienti difficili e dimenticati, come le nostre frontiere”. L’avvenimento, proseguono i presuli, “segna un passo in avanti in un lungo cammino. Come sappiamo, nel novembre del 2003 si è tenuto il secondo Congresso Americano Missionario, a Città del Guatemala. La preparazione di un avvenimento così importante ha messo in moto un dinamismo missionario particolare nel nostro Paese, che ha reso possibile riunire i direttori diocesani delle Opere Pontificie Missionarie ed i vicari della pastorale”. “Tutti insieme – si legge ancora nella lettera - hanno riflettuto su un tema fondamentale: la dimensione missionaria resta un’operazione marginale se non è inserita nella pastorale ordinaria della Chiesa, in particolare in quella di ogni parrocchia”. Di qui, la scelta ribadita dalla Conferenza episcopale salvadoregna di scegliere come tema del Congresso Nazionale Missionario quello della “Parrocchia, comunità missionaria”, poiché “la parrocchia è un luogo privilegiato dove tutti i credenti vivono e celebrano la presenza del Cristo Risorto”. Essa, inoltre, continuano i presuli, “è uno spazio vitale in cui i fedeli incontrano Gesù, imparano a conoscerlo e si impegnano ad annunciare il suo messaggio”. Invitando tutti i credenti (“bambini, ragazzi, famiglie, anziani, malati, movimenti e comunità parrocchiali”) ad essere “protagonisti di questo grande avvenimento”, la lettera della Conferenza episcopale si conclude con l’annuncio del terzo Congresso Americano Missionario, che si terrà a Quito, in Ecuador, il prossimo agosto. (I.P.)

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    Al Santuario di Torreciudad, in Spagna, grande partecipazione all’Ottavo incontro mariano dei popoli dell’America

    ◊   Oltre 3000 latino-americani residenti in Spagna hanno partecipato nei giorni scorsi, presso il Santuario di Torreciudad, all’ottavo Incontro mariano dei popoli dell’America. Da otto anni, sempre nella prima domenica di maggio, molte famiglie latino-americane manifestano la loro devozione e invocano la Vergine durante questo incontro. Uno dei momenti più significativi - riferisce l’agenzia Fides - è stata la consegna delle offerte alla Vergine: sull’altare della chiesa sono stati portati fiori del Perù, frutti e prodotti tipici dalla Bolivia, immagini sacre dalla Repubblica Dominicana. Mons. Jesús Esteban Catalá Ibánez, vescovo di Alcalá de Henares e presidente della Commissione episcopale per la pastorale, ha chiesto durante l’omelia di “desiderare non solo la patria piccola e terrena, bensì aspirare alla Patria del cielo”. “La nostra religiosità - ha proseguito il presule - non può ridursi ad ‘alcune feste’, ma deve permeare tutti gli aspetti della nostra vita”. Dopo la celebrazione della Messa, si è tenuto il “Festival delle nazioni”, durante il quale associazioni e gruppi di ballo hanno dato un tocco folcloristico alla manifestazione con danze e canzoni tradizionali di vari Paesi. Il rettore del santuario di Torreciudad, don Javier Mora-Figueroa, ha sottolineato infine come l’incontro sia “nato con l’obiettivo di rafforzare i legami culturali tra la Spagna e l’America Latina, avvalendosi della ricchezza e della diversità culturale esistente in entrambi i Continenti”. (A.L.)

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    Stati Uniti: sì della Chiesa alla proposta di legge sul divieto di creazione degli embrioni ibridi

    ◊   Negli Stati Uniti il presidente della Commissione episcopale per le attività pro-vita, cardinale Justin Rigali, ha plaudito a una proposta di legge che vuole bandire la creazione di embrioni ibridi uomo-animale. La Human-Animal Hybrid Prohibition Act è stata presentata nei giorni scorsi alla Camera dei Rappresentanti e fa seguito a una proposta analoga introdotta lo scorso autunno al Senato. La messa al bando è “un’occasione per controllare un grossolano e preoccupante abuso delle tecnologie che attentano alla dignità umana”, ha commentato il cardinale Rigali che ha elogiato i relatori dei due testi legislativi e ha invitato i membri del Congresso ad appoggiare l’iniziativa. “A molti questo tema sembra pura fantascienza, ma purtroppo è una cosa ben reale”, ha aggiunto l’arcivescovo di Philadelphia, ricordando quanto sta accadendo nel Regno Unito, dove il Parlamento sta procedendo verso la legalizzazione di questo nuovo tipo di sperimentazione. “Lo stesso argomento utilitarista addotto per le cellule staminali embrionali - ha denunciato il porporato all'Agenzia Cns - viene ora usato per giustificare un’inquietante forma di manipolazione genetica che vuole creare creature in parte umane come meri oggetti di ricerca”. (L.Z.)

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    In Terra Santa si prevede nel 2009 l’arrivo di un milione di pellegrini dalla Russia

    ◊   In Terra Santa è previsto nel 2009 l’arrivo di oltre un milione di pellegrini provenienti dalla Russia, grazie anche all’accordo con Israele che di fatto “abolisce per loro l’obbligo di visto di ingresso”. Ad affermarlo è al Sir il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa. “Una così alta affluenza nei Luoghi Santi – spiega padre Pizzaballa – pone però problemi logistici non indifferenti, per esempio la celebrazione delle messe”. E’ possibile – aggiunge – che vengano introdotte “messe per gruppi linguistici”. Ma non arriveranno solo russi: per il 2009 sono attesi anche pellegrini dagli Emirati Arabi, in visita alla spianata del tempio dove si trovano le moschee di Omar e Al Aqsa. I fedeli islamici – conclude il custode di Terra Santa - visiteranno anche il Santo Sepolcro, in omaggio alla figura di Gesù, considerato un profeta dall’islam”. (A.L.)

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    Scienzata sudanese nominata "Campionessa della Terra" dal Programma ambientale dell'ONU, per la sua attività nel Darfur

    ◊   Belgis Osman-Elasha, scienziata sudanese dell’Alto Consiglio del Sudan per l’Ambiente e le Risorse naturali impegnata ad aiutare le popolazioni del Darfur a combattere la siccità, è stata nominata “Campionessa della Terra 2008” dal Programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep). Il premio assegnatole in questi giorni insieme ad altri sei personalità della scienza, della cultura e della politica - riferisce l'Agenzia Misna - riconosce la sua attività di ricerca e insegnamento a favore delle comunità rurali del Darfur, stremate dalla guerra e non meno dagli effetti del cambiamento climatico. Osman-Elasha ha trascorso gli ultimi anni a valorizzare le competenze tradizionali e a insegnare a studenti e abitanti locali – in particolare contadini – tecniche di ottimizzazione d'uso e conservazione dell’acqua piovana e costruzione di barriere frangivento per evitare l’erosione del suolo. Tra gli altri personaggi premiati, lo scienziato Atiq Rahma, tra i massimi esperti in Bangladesh di cambiamenti climatici. Il riconoscimento ‘Campioni della terra’ è stato istituito nel 2004 dall’Unep con lo scopo di valorizzare quelle persone che “illuminano una via alternativa per l’umanità prendendosi in carico problemi, dimostrando capacità di guida e realizzando il cambiamento nell’ambito della sostenibilità ambientale”. (R.P.)

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    Dal 13 al 15 maggio, conferenza internazionale di Emergency sul tema: “Costruire medicina in Africa”

    ◊   L’esperienza del centro Salam di cardiochirurgia di Emergency a Khartoum, che offre assistenza altamente specializzata e gratuita a pazienti affetti da patologie cardiache, sarà uno degli spunti per sviluppare dal 13 al 15 maggio a isola di San Servolo, in provincia di Venezia, il tema dalla Conferenza internazionale dal titolo: “Costruire medicina in Africa: principi e strategie”. All’incontro, promosso da Emergency, parteciperanno ministri e delegazioni dei ministeri della Sanità di diversi Paesi, tra cui Repubblica Centrafricana, Ciad, Egitto, Sierra Leone e Uganda. Nel primo anno di attività - riferisce il SIR - lo staff del Centro Salam ha operato pazienti provenienti da 8 Paesi diversi, dimostrando essere anche un luogo di dialogo e di cooperazione tra Stati i cui rapporti hanno spesso avuto natura conflittuale. Il centro dispone di 3 sale operatorie, 15 letti di rianimazione e 67 posti letto. (A.L.)

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    La FUCI ricorda con varie iniziative lo statista italiano Aldo Moro, ucciso il 9 maggio del 1978

    ◊   Con un momento di preghiera e la deposizione di una corona di fiori sulla lapide, la Federazione Universitaria cattolici italiani (FUCI) ricorderà oggi, alle 18, la figura di Aldo Moro, ucciso il 9 maggio del 1978 da appartenenti al gruppo terrorista delle Brigate Rosse. L’insegnamento ereditato da un uomo politico di così eminente rilievo intellettuale e morale - si legge in una nota ripresa dal Sir – merita “una riflessione scrupolosa ed una fresca e vigile memoria”. Sempre oggi, il presidente nazionale della FUCI, Tiziano Torresi, interverrà ad una tavola rotonda dal titolo “La lezione di Aldo Moro”, organizzata dall’Associazione Polis 2000 presso il Centro don Orione di Roma. Venerdì prossimo, inoltre, avrà luogo la commemorazione solenne di Aldo Moro da parte di tutta la FUCI riunita a L’Aquila per il 59.mo Congresso nazionale, a 30 anni dalla morte dello statista italiano. La Messa di suffragio sarà presieduta da mons. Domenico Sigalini, assistente ecclesiastico dell’Azione Cattolica italiana e dall’arcivescovo dell’Aquila, mons. Giuseppe Molinari. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Raid israeliano a nord di Gaza e disordini in Cisgiordania

    ◊   Un miliziano di Hamas è rimasto ucciso e tre suoi compagni sono stati feriti la scorsa notte in un raid aereo israeliano condotto nella zona di Beit Lahya, a nord di Gaza. Nel villaggio cisgiordano di Qabatya, presso Jenin, invece, un palestinese di 21 anni è rimasto ferito in modo grave da un proiettile alla testa, durante disordini divampati mentre agenti dell'ANP cercavano di imporre l'ordine mediante la istituzione di posti di blocco. Il servizio di Fausta Speranza:


    Nel contesto della sistematica dislocazione di forze dell'ANP nelle principali città cisgiordane nei giorni scorsi centinaia di agenti palestinesi hanno raggiunto Jenin. Oggi, nel villaggio di Qabatya, sono stati attaccati da miliziani armati. Intanto, in Israele la polizia prosegue con alacrità le indagini sul premier Ehud Olmert: potrebbe essere nuovamente interrogato nei prossimi giorni dopo aver risposto alle domande degli investigatori venerdì scorso. Nel frattempo però sembra proprio che il suo partito "Kadima" stia discutendo la sua successione. Sulla consistenza dei sospetti di scandali finanziari che gravano su Olmert viene mantenuto in Israele il massimo riserbo, anche se ormai dettagli sono trapelati su Internet. La polizia ha aperto un’inchiesta nei confronti del quotidiano Yediot Ahronot che venerdì, malgrado la secretazione delle indagini, ha pubblicato indiscrezioni. Le indagini si sono estese anche a figure vicine ad Olmert fra cui la sua collaboratrice Shula Zaken e l'avvocato Uri Messer.

    Iraq
    Quattro poliziotti iracheni uccisi e altri due feriti in un attacco armato stamane nella parte Est di Mossul (400 km a Nord di Baghdad). Intanto, l'esercito americano ha annunciato che ritirerà presto 3.500 soldati che erano stati inviati in Iraq nell'ambito di un rafforzamento delle truppe USA deciso, nel febbraio dello scorso anno, per far fronte all'inasprirsi delle violenze nel Paese arabo.

    Pakistan
    Un poliziotto e due civili sono stati uccisi oggi in un attentato suicida a un posto di controllo della polizia nel nord ovest del Pakistan, nei pressi delle zone tribali dove operano combattenti integralisti islamici vicini ai talebani e al Qaeda. Lo hanno riferito le forze armate pachistane. L'attacco giunge mentre il Paese conosce un periodo di relativa calma, dopo l'ondata di attentati che ha fatto quasi 1.100 morti in quasi un anno e mezzo, e mentre il nuovo governo cerca di negoziare un accordo di pace con i combattenti integralisti. L'attentato ha colpito un gruppo di poliziotti che perquisivano veicoli a un posto di blocco alla periferia della città di Bannu, nella provincia della frontiera di Nord Ovest (NWFP), vicino al confine con l'Afghanistan. “Un kamikaze è arrivato a bordo di un rickshaw (una moto taxi a tre ruote) e si è fatto esplodere quando i poliziotti lo stavano perquisendo”, ha detto l'ufficiale di polizia Iftikhar Khan. Un comunicato militare ha detto che l'attentato ha fatto tre morti - un poliziotto e due civili - oltre al kamikaze.

    Turchia - UE
    Un incontro chiave in programma oggi ad Ankara tra alti rappresentanti dell'Unione Europea, la “Troika” e responsabili del governo turco dovrebbe - come ci si attende da più parti - riportare sotto i riflettori le relazioni tra UE e Turchia in un momento in cui diversi recenti sviluppi, tra cui una minaccia di chiusura del partito al governo, stanno scuotendo il panorama politico del Paese. A rendere questi colloqui della "Troika" cruciali saranno oggi non solo questioni annose come il processo di pace con la Repubblica di Cipro, ma anche le più recenti operazioni militari turche nell'Iraq del Nord contro i separatisti curdi del PKK, il ruolo di Ankara in un possibile rilancio del processo di pace in Medio Oriente e gli incidenti dello scorso primo maggio ad Istanbul quando la polizia ha represso una manifestazione di lavoratori. Dall'esame della "Troika" non saranno escluse questioni interne come la possibile chiusura del filoislamico partito AKP al governo, sotto accusa da parte della magistratura per “attività antilaiche”, e il processo di riforme in atto nel Paese. All'incontro, nel quale la Turchia sarà rappresentata dal ministro degli Esteri Ali Babacan, partecipano l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza della UE, Javier Solana; il ministro degli Esteri sloveno, Dimitrij Rupel, presidente di turno dell'UE; il ministro per gli Affari europei francese Jean Pierre Jouyet ed il commissario europeo all'Allargamento Olli Rehn.

    Sudan
    Una pace firmata nel gennaio del 2005, ma mai perfezionata; crescenti tensioni; difficoltà interne; situazione regionale drammatica; misteriosi incidenti aerei che eliminano figure di grande spicco, e quindi scomode; ed un detonatore che il mondo non riesce a disinnescare quale il Darfur, pronto ad esplodere in qualunque momento, ed in tal senso i segnali si moltiplicano, travolgendo tutto: questo il quadro nel quale si muovono Nord e Sud Sudan. Negli ambienti di intelligence e diplomatici di Nairobi, dove di recente si è visto il presidente sud sudanese Salva Kiir, si teme che possa riesplodere di nuovo la guerra, anche perchè giungono costanti conferme che, malgrado l'embargo, Nord e Sud del Sudan si stanno riarmando senza sosta e pesantemente. Uno scenario catastrofico per il Sudan - il Paese più esteso dell'intera Africa, che ha vissuto 21 anni di guerra civile con quasi due milioni di morti - ma anche per gli altri Paesi dell'area: Somalia, Ciad, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Eritrea, Uganda e Kenya.

    Ucraina
    Kiev ha presentato una nota di protesta al Ministero degli esteri russo per un test di collaudo di un missile-siluro anti sommergibile in Crimea effettuato lo scorso 15 aprile dalla flotta russa sul Mar Nero. Missile ritrovato il 27 aprile. “Nessun test è stato concordato con l'Ucraina”, ha dichiarato un portavoce del Ministero degli esteri di Kiev, sostenendo che il lancio viola il trattato del 1997 sullo stato e le condizioni del dislocamento della flotta russa sul Mar Nero”, come riferisce l'agenzia Itar-Tass.

    Tibet
    L'incontro di domenica scorsa con rappresentanti del governo cinese è stato “un buon primo passo” secondo uno degli inviati del Dalai Lama ai colloqui, Lodi Gyari. Gyari si è impegnato a dire di più dopo aver fatto il suo rapporto al leader tibetano, che dal 1959 vive in esilio in India. La Cina è stata rappresentata da due esponenti dell'Ufficio per il Fronte Unito (l'organismo responsabile dei rapporti con i gruppi non comunisti), Zhu Weiqun, e il tibetano Sitar. L'incontro si è concluso con l'accordo a proseguire nei colloqui ma non è stata fissata alcuna data. Nel Tibet è in corso dal 10 marzo una rivolta nella quale sono morte almeno duecento persone, secondo gli esuli tibetani, mentre Pechino afferma che le vittime sono state 22, in maggioranza civili uccisi durante le violenze contro gli immigrati cinesi verificatesi il 14 marzo a Lhasa. I tibetani affermano, inoltre, che un migliaio di persone sono rimaste ferite e che gli arrestati sono circa cinquemila.

    Giappone-Cina
    Da oggi, al via la storica visita di 5 giorni del presidente cinese Hu Jintao in Giappone per rilanciare l'amicizia e la cooperazione tra i due Paesi asiatici. Si tratta del primo viaggio all'estero del leader cinese dall'inizio, in marzo, della rivolta tibetana. Il Dalai Lama, il leader tibetano in esilio, è molto popolare in Giappone e la situazione nel Tibet sarà uno degli scogli che Hu Jintao dovrà superare. Sulle relazioni tra i due Paesi - profonde sul piano economico ma difficili su quello politico - pesano anche la polemica in corso sui diritti di sfruttamento delle risorse naturali del mar del Giappone e sullo scandalo dei ravioli velenosi importati dalla Cina. Oltre ad avere colloqui col primo ministro Yasuo Fukuda, Hu Jintao sarà ricevuto dall'imperatore Akihito. Giovedì prossimo il leader cinese parlerà agli studenti dell'Università Waseda di Tokyo, che hanno annunciato una raffica di domande su Tibet e diritti umani. Intanto, le manifestazioni contro la visita in Giappone del presidente cinese Hu Jintao sono già cominciate. Nonostante gli sforzi della polizia e delle autorità nipponiche, diverse centinaia di persone sono scese in piazza a Tokyo, concentrandosi nelle centrali aree di Ghinza e Toranomon, a ridosso delle sedi istituzionali e ministeriali. Le proteste, in particolare, sono promosse da tibetani residenti in Giappone e loro sostenitori contrari alla repressione di Pechino in atto nel Tibet.

    Sri lanka
    Sono oltre 2000 i militari dell'esercito dello Sri Lanka uccisi e 4000 i feriti nelle battaglie del 2007 nell'isola asiatica. Lo ha reso noto il comandante in capo dell'esercito cingalese, il generale Sarath Fonseka, in una conferenza al quartier generale dell'esercito. Secondo il generale, negli scontri con i ribelli dell'LTTE, l'Esercito di liberazione delle tigri tamil che si batte per l'indipendenza del nord dell'isola, avrebbero perso la vita anche più di 5000 ribelli nel solo anno scorso. Il governo di Colombo ha comunque vietato a qualsiasi fonte di riferire dati relativi alle battaglie con i ribelli, tanto da obbligare le ambulanze che trasportano i militari feriti, a non usare le sirene. Le notizie sul numero dei morti sono uscite dalla stanza del quartier generale dell'esercito, soprattutto in chiave di delazione nei confronti del generale Fonseka, da tutti indicato come responsabile della debacle che l'esercito regolare dello Sri Lanka sta registrando negli ultimi tempi nei confronti delle Tigri. Il generale è ritenuto il principale responsabile della pesante sconfitta registrata lo scorso 23 aprile nel nord del Paese quando, secondo ufficiali dell'esercito, persero la vita una ventina di soldati, mentre le cifre reali parlano di oltre 100 militari caduti in battaglia. Dall'inizio del conflitto nello Sri Lanka, nel 1983, sono morte nel Paese tra le 60 e le 70 mila persone. Dal 16 gennaio scorso non è più in vigore tra governo e ribelli Tamil la tregua conclusa nel febbraio 2002 sotto il patrocinio della Norvegia. Un cessate il fuoco, ormai non più rispettato, era stato annunciato all’elezione, alla fine del 2005, del presidente Rajapaksa, un nazionalista fautore del pugno di ferro contro i 'terroristi". I Tamil, minoranza induista proveniente dal sud dell'India, si battono per l'indipendenza della zona settentrionale del Paese, nel quale vivono 20 milioni di abitanti, di cui il 75% cingalesi per lo più buddisti.

    Immigrazione clandestina
    Soccorsi in nottata nel Canale di Sicilia in due distinti interventi 73 immigrati, tra cui dieci donne e quattro bambini, su due barconi. Tutti i migranti, compresi una donna e due bambini di 3 e 7 anni, sono stati trovati in discrete condizioni di salute. Dopo i primi soccorsi, gli immigrati sono stati trasferiti, per sicurezza, a bordo delle due motovedette e successivamente condotti nel centro di primissima accoglienza di Pozzallo. Inoltre, un gruppo di 41 persone è riuscito a sbarcare direttamente a terra a Lampedusa. Gli extracomunitari sono stati bloccati nei pressi di Cala Galera dagli uomini della Guardia Costiera. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 127

     
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