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Sommario del 04/05/2008
Grande festa in Piazza San Pietro per l'incontro del Papa con l'Azione Cattolica. Benedetto XVI: siate profeti di radicalità evangelica, testimoni coraggiosi di una fede amica dell'intelligenza
◊ Oltre 100 mila persone hanno riempito oggi Piazza San Pietro in una stupenda giornata di sole per il Regina Caeli, nella Solennità dell’Ascensione, e l’incontro del Papa con l’Azione Cattolica per i 140 anni della sua fondazione. Il servizio di Sergio Centofanti:
(Applausi)
Grande entusiasmo in Piazza San Pietro definita da Benedetto XVI quasi un “cenacolo” a cielo aperto con le decine di migliaia di aderenti dell’Azione Cattolica giunti da tutta Italia per l’incontro col Vicario di Cristo. Il Papa al Regina Caeli ha parlato dell’Ascensione di Gesù il quale – ha detto – “è venuto nel mondo per riportare l’uomo a Dio, non sul piano ideale – come un filosofo o un maestro di saggezza – ma realmente, quale pastore che vuole ricondurre le pecore all’ovile”:
“Questo ‘esodo’ verso la patria celeste, che Gesù ha vissuto in prima persona, l’ha affrontato totalmente per noi. E’ per noi che è disceso dal Cielo ed è per noi che vi è asceso, dopo essersi fatto in tutto simile agli uomini, umiliato fino alla morte di croce, e dopo avere toccato l’abisso della massima lontananza da Dio. Proprio per questo il Padre si è compiaciuto in Lui e Lo ha ‘sovraesaltato’ (Fil 2,9), restituendoGli la pienezza della sua gloria, ma ora con la nostra umanità. Dio nell’uomo – l’uomo in Dio: questa è ormai una verità non teorica ma reale. Perciò la speranza cristiana, fondata in Cristo, non è un’illusione ma, come dice la Lettera agli Ebrei, ‘in essa noi abbiamo come un’àncora della nostra vita’ (Eb 6,19), un’àncora che penetra nel Cielo dove Cristo ci ha preceduto”.
Il Papa volge quindi il suo pensiero a Maria:
“Volgendo lo sguardo verso di Lei, come i primi discepoli, siamo immediatamente rinviati alla realtà di Gesù: la Madre rimanda al Figlio, che non è più fisicamente tra noi, ma ci attende nella casa del Padre”.
Alla fine del Regina Caeli è iniziato l’incontro con l’Azione Cattolica. Benedetto XVI ha chiamato gli aderenti a testimoniare la santità nel mondo:
“Ciò sarà certamente possibile se l’Azione Cattolica continuerà a mantenersi fedele alle proprie profonde radici di fede, nutrite da un’adesione piena alla Parola di Dio, da un amore incondizionato alla Chiesa, da una partecipazione vigile alla vita civile e da un costante impegno formativo. Cari amici, rispondete generosamente a questa chiamata alla santità, secondo le forme più consone alla vostra condizione laicale!"
Ricordando che “la Chiesa in Italia continua ad essere una realtà molto viva che conserva una presenza capillare in mezzo alla gente di ogni età e condizione” il Papa ha esortato l’Azione Cattolica “a servire disinteressatamente la causa del bene comune, per l’edificazione di un giusto ordine della società e dello Stato”:
“Sappiate dunque vivere sempre all’altezza del vostro Battesimo, che vi ha immerso nella morte e risurrezione di Gesù, per la salvezza di ogni uomo che incontrate e di un mondo assetato di pace e verità. Siate ‘cittadini degni del Vangelo’ e ‘ministri della sapienza cristiana per un mondo più umano’”.
“In una Chiesa missionaria, posta dinanzi ad una emergenza educativa come quella che si riscontra oggi in Italia – ha concluso il Papa - voi che la amate e la servite sappiate essere annunciatori instancabili ed educatori preparati e generosi”:
“In una Chiesa chiamata a prove anche molto esigenti di fedeltà e tentata di adattamento, siate testimoni coraggiosi e profeti di radicalità evangelica; in una Chiesa che quotidianamente si confronta con la mentalità relativistica, edonistica e consumistica, sappiate allargare gli spazi della razionalità nel segno di una fede amica dell’intelligenza, sia nell’ambito di una cultura popolare e diffusa, sia in quello di una ricerca più elaborata e riflessa; in una Chiesa che chiama all’eroismo della santità, rispondete senza timore, sempre confidando nella misericordia di Dio”.
Prima del Regina Caeli il cardinale Bagnasco presiede in Piazza San Pietro la Messa per i 140 anni dell'Azione Cattolica
◊ In mattinata prima del Regina Caeli, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha presieduto in Piazza San Pietro la celebrazione eucaristica per gli oltre 100 mila fedeli dell’Azione Cattolica giunti a Roma da tutta Italia. Tantissimi i giovani presenti, a testimonianza della grande vitalità dell’associazione, che ha chiuso oggi la sua XIII Assemblea Nazionale. Il servizio di Silvia Gusmano:
“Di me sarete testimoni fino ai confini della Terra”. Le parole che Gesù rivolge agli Apostoli prima della sua Ascensione al Cielo, ascoltate nella Liturgia di oggi, sono le stesse che devono ancora guidare e ispirare l’Azione Cattolica. Così nella sua omelia, il cardinale Angelo Bagnasco ha esortato le centinaia di migliaia di persone riunite stamani in Piazza San Pietro a continuare sulla strada dei primi testimoni della Chiesa:
“Andate, cari amici, andate fino ai confini della terra: questi confini sono quelli delle vostre città e dei vostri paesi, ma anche degli ambienti di vita; sono innanzitutto i confini sconfinati dell’anima umana. Ovunque c’è bisogno di speranza! La Chiesa, specialmente in Italia, è Chiesa di popolo, cioè per tutti perché vicina a tutti nella ferialità della vita, in quel radicamento territoriale che è espresso soprattutto dalle nostre parrocchie. Tutti sanno che la porta è aperta a chiunque, in qualunque momento”.
Arrivare fino ai confini della terra, dunque, ma anche, ha aggiunto il presidente della CEI, “spingersi ancora più a largo”, su quei “versanti che pur illuminati dalla fede sono accessibili alla retta ragione”, versanti quali “la difesa e la promozione della vita dal concepimento al suo naturale tramonto” e della “famiglia basata sul matrimonio”. L’appello a vivere sempre di più in comunione con Cristo è stato così accolto dal presidente nazionale dell’Associazione, Luigi Alici che, con queste parole, si è rivolto più tardi a Benedetto XVI:
“Consapevoli – come abbiamo scritto nel ‘Manifesto al Paese’ – della possibilità e della bellezza di una vita pienamente umana e cristiana”, vogliamo porci al servizio di un incontro sempre possibile ‘tra fede e intelligenza, tra l’altezza dell’infinito e l’ordinarietà del quotidiano. In particolare, intendiamo raccogliere l’invito, rivolto dalla Santità Vostra alla Chiesa in Italia, a ‘rendere visibile il grande sì della fede’, che dobbiamo incarnare in una condizione di ‘paradossale cittadinanza’, perchè chi crede diversamente, deve per forza vivere diversamente”
Questi, inoltre, gli obiettivi che la più antica associazione cattolica d’Italia, incoraggiata dai numerosi esempi di santità che costellano la sua storia, si pone nell’immediato futuro. Carlotta Benedetti, segretaria generale di Azione Cattolica dei Ragazzi:
“Diffondere la consapevolezza dell’importanza del ruolo del laico nella Chiesa, in tutte le diocesi di Italia, con uno sguardo attento alla formazione, alla promozione del bene comune, un essere presenti, portando dei valori cristiani veri e reali”.
Essere presenti soprattutto tra i giovani, in migliaia oggi in Piazza San Pietro, giovani entusiasti e festosi, che così raccontano la missione dell’Azione Cattolica:
R. – Riesce ad educare in modo costruttivo, nonostante tutto quello che ci circonda e ci allontana dalla Chiesa e rispettando gli altri.
R. – Siamo una grande famiglia ed amiamo stare tutti insieme. E questo significa anche fare del bene, proprio perchè stando tutti insieme riusciamo a fare qualcosa per la comunità.
Per continuare ad essere, come ha indicato il tema di questa XIII Assemblea Nazionale, “cittadini degni del Vangelo”.
Il Papa a Santa Maria Maggiore: il Rosario non è una devozione del passato ma reca pace e riconciliazione e contiene in sé la potenza risanatrice del nome di Gesù
◊ “Il Santo Rosario non è una pratica relegata al passato”, ma è una preghiera che “reca pace e riconciliazione”: così, Benedetto XVI, a conclusione della preghiera mariana presieduta ieri pomeriggio nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Moltissimi i fedeli accorsi alla celebrazione nel primo sabato di maggio, mese tradizionalmente dedicato a Maria. Tra i presenti, anche il neo-sindaco di Roma, Gianni Alemanno, cui il Papa ha rivolto l’augurio di “un proficuo servizio per il bene dell’intera comunità cittadina”. Il servizio di Isabella Piro:
(canto: Ave Maria)
Maria, Salus Popoli Romani: l’icona della Vergine, Salvezza del popolo romano, ha accolto Benedetto XVI al suo ingresso nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Il Santo Padre l’ha venerata in silenzio, prima di dare inizio alla preghiera a lei dedicata, il Santo Rosario. La recita dei Misteri Gaudiosi ha ripercorso le tappe della vita di Cristo che vanno dall’Annunciazione a Maria all’episodio di Gesù al tempio, seduto tra i dottori. Momenti suggestivi, che hanno suscitato nello stesso Papa ricordi della sua infanzia:
“Nell’esperienza della mia generazione, le sere di maggio rievocano dolci ricordi legati agli appuntamenti vespertini per rendere omaggio alla Madonna. Come, infatti, dimenticare la preghiera del Rosario in parrocchia oppure nei cortili delle case e nelle contrade dei paesi?”
Benedetto XVI si è quindi soffermato sulla forza ancora viva del Santo Rosario e sulla sua dimensione di preghiera portatrice di pace:
“Oggi insieme confermiamo che il Santo Rosario non è una pratica relegata al passato, come preghiera di altri tempi a cui pensare con nostalgia. Il Rosario sta invece conoscendo quasi una nuova primavera. Questo è senz’altro uno dei segni più eloquenti dell’amore che le giovani generazioni nutrono per Gesù e per la Madre sua Maria. Nel mondo attuale così dispersivo, questa preghiera aiuta a porre Cristo al centro, come faceva la Vergine, che meditava interiormente tutto ciò che si diceva del suo Figlio, e poi quello che Egli faceva e diceva”.
“Con Maria si orienta il cuore al mistero di Gesù”, ha aggiunto il Papa; ci aiuti la Beata Vergine ad accogliere in noi la grazia che promana dai Misteri del Rosario, “affinché attraverso di noi possa “irrigare” la società, a partire dalle relazioni quotidiane, e purificarla da tante forze negative aprendola alla novità di Dio”. Perchè, ha continuato il Santo Padre, la potenza della preghiera mariana è proprio questa:
“Il Rosario, quando è pregato in modo autentico, non meccanico e superficiale ma profondo, reca infatti pace e riconciliazione. Contiene in sé la potenza risanatrice del Nome santissimo di Gesù, invocato con fede e con amore al centro di ogni Ave Maria”.
Di qui, l’invito rivolto dal Pontefice a tutti i fedeli affinché, durante il mese mariano, si sentano “vicini e uniti nella preghiera”, così da formare, con l’aiuto della Madonna, “un cuore solo e un’anima sola”. E poi, una richiesta:
“Vi affido le intenzioni più urgenti del mio ministero, le necessità della Chiesa, i grandi problemi dell’umanità: la pace nel mondo, l’unità dei cristiani, il dialogo fra tutte le culture. E pensando a Roma e all’Italia vi invito a pregare per gli obiettivi pastorali della Diocesi, e per lo sviluppo solidale di questo amato Paese”.
Un invito prontamente accolto dal card. Bernard Francis Law, Arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore, che ha così salutato Benedetto XVI:
“Oggi ci uniamo alle Sue preghiere per la santità e l’unità della Chiesa, per la pace nel mondo, costruita sul riconoscimento della dignità di ogni essere umano, la quale proviene da Dio, per gli ammalati e i deboli, e per tutti coloro che sono vulnerabili. Con il cuore pieno di gratitudine, noi preghiamo per Lei, Santo Padre, e per la Sua missione di confermarci nella Fede, per ricordarci il motivo della nostra speranza, e per spingerci a vivere nell’amore di Cristo”.
(canto: Salve Regina)
L'appello di mons. Celli agli operatori dei media nella Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali: "cercate con passione la verità!"
◊ Oggi, dunque, si celebra la 42.ma Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali sul tema “I mezzi di comunicazioni sociale al bivio tra protagonismo e servizio; cercare la verità per condividerla”. Ma quale appello lancia la Chiesa agli operatori dei media? Ci risponde il presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, l’arcivescovo Claudio Maria Celli, al microfono di Giovanni Peduto:
R. – A vivere con passione questa ricerca della verità. Il Papa l’ha voluto sottolineare espressamente nel suo messaggio: un invito a vivere con passione questa ricerca delle verità, perchè è questo che ci costituisce veramente uomini. Un uomo che non può ricercare la verità, un uomo che non può perseguire e proseguire in questo cammino di ricerca non è uomo in senso pieno. Gli strumenti di comunicazione sociale e gli stessi operatori possono essere considerati indifferenti, ma è l’uomo che li utilizza e che può metterli a servizio del bene o al servizio del male. E’ qui che l’uomo, che nel suo cuore porta determinati valori umani ed evangelici, deve sapere come utilizzare i mezzi che il mondo e la tecnologia gli hanno posto oggi nella mani; come utilizzare questa grande ricchezza mediatica. Allora l’invito è proprio questo: ciascuno di noi, che vive in questa realtà comunicativa, possa meditare sulla grande responsabilità che ha tra le mani e che la possa vivere con passione, con dedizione, con positività, sapendo che tutto il bene, tutta quella realtà positiva che viene trasmessa e comunicata serve a far sì che questo mondo, nel quale oggi viviamo, sia più vero, sia più umano, sia più autentico.
D. – Eccellenza, una parola occorre rivolgerla anche ai fruitori dei mass media. Essi possono incidere sui contenuti stessi che vengono offerti?
R. – E’ vero, è vero. Anche qui c’è la grande responsabilità di chi è destinatario delle trasmissioni o destinatario di tutto ciò che i mezzi di comunicazione sociale gli possono comunicare. Noi oggi sappiamo come determinati movimenti della comunità riescano ad orientare, riescano a guidare o anche a far capire a chi è produttore che determinati valori o meglio disvalori non sono recepibili, non sono accettabili. Questo rappresenta certamente un grande impegno. Da qui nasce anche – se lei mi permette – una grande responsabilità delle famiglie, perchè oggi i nostri giovani, i nostri bambini passano ore di fronte al televisore o navigando in Internet. Tutto questo è positivo, ma c’è sempre il grande rischio di poter perdere valori più ricchi e più importanti per la vita dell’uomo. Ecco qui, ancora una volta, il ruolo dei genitori, la loro responsabilità – e questo vale anche per la scuola – di saper orientare le coscienze ad un retto, saggio uso e sapiente uso dei mezzi di comunicazione sociale.
La Chiesa proclama due nuove Beate: Maria Maddalena dell'Incarnazione e Maria Rosa Flesch, modelli di contemplazione e carità
◊ La Chiesa ha due nuove Beate: la religiosa italiana Maria Maddalena dell’Incarnazione, proclamata Beata ieri a Roma, e la suora tedesca Maria Rosa Flesh, che sarà beatificata nel pomeriggio nella cattedrale di Treviri, in Germania, in una cerimonia presieduta, in rappresentanza del Santo Padre, dal cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Due esempi di vita plasmati nell’adorazione e nella preghiera: sono quelli offerti da madre Maria Maddalena dell’Incarnazione, proclamata Beata ieri, e da madre Maria Rosa Flesch, che sarà beatificata nel pomeriggio. Nella cerimonia di beatificazione, presieduta ieri dal prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi a nome del Papa, il cardinale José Saraiva Martins ha sottolineato come Maria Maddalena dell’Incarnazione, al secolo Caterina Sordini, si sia “lasciata coinvolgere nello splendido progetto di salvezza che il Signore Gesù ha inaugurato nella storia”. La sua grande missione – ha aggiunto il porporato – è stata quella di “proporre a se stessa, all’Istituto delle Suore dell’Adorazione Perpetua del Santissimo Sacramento da lei fondato e alla Chiesa intera l’esperienza di un’adorazione che fosse perpetua”. All’amore di Dio ha consegnato la propria vita anche madre Maria Rosa, nata in Germania nel 1826, che sarà proclamata Beata nel pomeriggio. La sua missione fu quella di orientare la propria carità verso i poveri, gli anziani e gli orfani. Fondatrice della Congregazione delle Suore Francescane Missionarie di Santa Maria degli Angeli, madre Maria Rosa lascia al mondo d’oggi un messaggio evangelico inserito nel vasto orizzonte francescano. E’ quanto sottolinea al microfono di Giovanni Peduto, il vice postulatore della sua Causa di beatificazione, padre Gianni Califano:
“Il significato della vicenda umana e spirituale di madre Maria Rosa può essere racchiuso nell’immagine evangelica del Vangelo di Giovanni (12, 24): 'Se il Chicco di grano caduto in terra non muore resta solo, se invece muore porta molto frutto'. Umiltà, nascondimento, servizio, sono il testamento spirituale della nuova Beata che ha modellato se stessa guardando a Gesù-Servo. La sua vita è nella storia di santità della Chiesa un’ulteriore parabola del mistero pasquale di morte e di vita del Cristo”.
La Chiesa riconosce le apparizioni mariane avvenute a Laus, sulle Alpi francesi. Mons. di Falco: è un messaggio di misericordia e di riconciliazione per tutto il mondo
◊ Migliaia di pellegrini hanno partecipato oggi nel Santuario di Notre-Dame du Laus, sulle Alpi francesi, alla cerimonia solenne in cui il vescovo di Gap et d’Embrun, mons. Jean-Michel di Falco-Leandri, ha proclamato il riconoscimento ufficiale delle apparizione mariane avvenute in questo luogo a cavallo tra il 1600 e il 1700 a una pastorella francese, Benedetta (Benoite) Rencurel. Il servizio di Sergio Centofanti:
A 146 anni dal riconoscimento delle apparizioni di Lourdes oggi la Chiesa riconosce la veridicità dei fatti soprannaturali che si verificarono in questo sperduto e suggestivo luogo delle Alpi francesi a partire dal maggio del lontano 1664: la pastorella Benedetta Rencurel aveva 16 anni quando conducendo al pascolo il gregge ebbe la prima apparizione della Vergine che teneva per mano un bellissimo Bambino. La ragazza non sapeva né leggere né scrivere, ma a lei la Madre di Dio affida un messaggio importante nel periodo in cui in Europa infuriavano le cosiddette guerre di religione: un invito alla conversione dei peccatori e a sperimentare nella misericordia di Dio la riconciliazione. Le apparizioni proseguiranno per ben 54 anni fino al 1718, anno della sua morte. Un lungo periodo in cui la veggente dovette affrontare numerose tribolazioni: dalle vessazioni del Maligno al rifiuto da parte di preti giansenisti di darle la Comunione, all’obbligo di lasciare il luogo nativo per poi ritornarvi e trovare tutto distrutto. Nel 1673 mentre era in preghiera le apparve Gesù steso e inchiodato sulla croce, ricoperto di sangue: da allora Benedetta soffre nel proprio corpo i dolori della Passione di Cristo. Accorrono da lei numerosi malati, poveri, persone disperate. A tutti dona una parola. Molte sono le guarigioni inspiegabili, conversioni. Jean Guitton dirà: questo Santuario sulle Alpi “è uno dei tesori più nascosti e più potenti della storia dell’Europa”. Ma sul riconoscimento di queste apparizioni ascoltiamo mons. Jean-Michel di Falco-Leandri, al microfono di Sabine de Rozieres:
R. – Bien sûr. C’est qui m’a encouragé a faire…
Certamente. Quello che mi ha incoraggiato a compiere questo cammino è stato proprio il messaggio rivolto a Benoite Rencurel. Si tratta di un messaggio tuttora di grande attualità, poiché è centrato sulla riconciliazione. E’ un messaggio di misericordia e di riconciliazione. Credo che viviamo in un’epoca in cui sia ancora possibile contribuire alla realizzazione della riconciliazione, in cui sia possibile riconciliarci con gli altri, per riconciliarci così con noi stessi. Ma solo riconciliandoci con Dio, riusciremmo a riconciliarci con gli altri e con noi stessi! E’ possibile trovare la pace interiore soltanto raggiungendo e realizzando queste tre tappe.
D. – Perché queste apparizioni vengono riconosciute solo ora?
R. – Qui, c’est vrai que ça surprend beaucoup…
Sì, è vero che questo possa sorprendere molto, poiché la prima apparizione è datata 1664, ed anche se non è stato del tutto confermato, è senza alcun dubbio riconosciuta come la prima o una delle prime apparizioni, in ogni caso certamente la più antica apparizione in Francia. Nel momento che sono arrivato nella diocesi, ho ripreso il dossier che era stato già trattato dai miei predecessori, per vedere a che punto fosse il processo di beatificazione della veggente Benoite Rencurel. E quando sono venuto a Roma, mi è stato detto che nel dossier mancava, però, un documento che attestava il riconoscimento da parte del vescovo delle apparizioni. Era certamente sorprendente la situazione visto il tempo che era ormai passato, ma mi ha poi convinto il fatto che la gran parte dei vescovi precedenti dovevano sapere che questo documento era stato in realtà prodotto in virtù del fatto che fin dall’inizio, e quindi dal XVII secolo, ci sono stati dei pellegrinaggi, che ancora continuano. Era importante sapere e soprattutto verificare allora se il messaggio fosse coerente col messaggio della Chiesa e con la fede. Ho successivamente deciso, proprio perchè ritenevo che questo fosse importante per la mia diocesi, ma anche per tutti quei giovani che frequentano questi luoghi, di riconoscere che questi eventi raccontati e vissuti dalla veggente Rencurel avessero un carattere soprannaturale.
D. – Per lei tutto questo è stato molto importante…
R. - Bien sûr, pour moi c’est important en tous cas…
Certamente. Per me è stato qualcosa di estremamente importante e questo per diverse ragioni. Anzitutto era necessario poter affermare in modo completamente ufficiale che le Chiesa riconoscesse ed accogliesse i pellegrini e soprattutto che riconoscesse che in questo luogo si fossero verificati avvenimenti con un carattere soprannaturale. Ma al tempo stesso, tutto questo è stato importante per la nostra stessa diocesi, perchè è una diocesi rurale, dove soffriamo sempre più per la mancanza di preti. E’ importante per noi avere dei punti forti, dei luoghi forti, nei quali i fedeli ed i giovani sanno di poter venire, non importa in quale momento della giornata, e di trovare sempre un prete ad accoglierli; sanno di poter venire tutti i giorni per la celebrazione della Messa e che qui si possono anche confessare. In un certo modo, quindi, questo luogo può compensare il fatto che ci siano meno preti e che si senta magari la loro mancanza in altri luoghi della diocesi
Referendum in Bolivia: Paese a rischio di guerra civile
◊ Oggi oltre 3 milioni 700mila boliviani devono decidere con un "sì" o con "no" se accettano o rifiutano la nuova Carta costituzionale - 411 articoli e 12 disposizioni transitorie - approvata con il solo appoggio dei partiti e movimenti che sostengono il governo del presidente Evo Morales lo scorso 7 dicembre. Inoltre, con un secondo referendum, gli elettori devono decidere anche il futuro di una "riforma territoriale che stabilisce l'estensione massima dei possedimenti agricoli", in pratica la riforma agraria. A queste due importanti consultazioni, di per sé già molto contrastate nel Paese, si aggiunge una terza, non autorizzata da parte del Tribunale supremo elettorale, che nel Dipartimento di Santa Cruz chiede ai cittadini di sancire col voto popolare, cosa più che probabile, una forte autonomia amministrativa e finanziaria rispetto al governo centrale di La Paz.
In passato, qui, ma anche in altri Dipartimenti governati da forze che si oppongono a Evo Morales - Benin, Pando e Tarija - in consultazioni informali la stragrande maggioranza ha votato in favore di tale autonomia. Va ricordato che il Tribunale supremo elettorale aveva chiesto la sospensione dei referendum per le gravi tensioni nel Paese. Richiesta che non è stata accolta. Il Tribunale chiedeva che si svolgesse prima un dialogo tra il presidente e i leader dei Dipartimenti all'opposizione, lo stesso dialogo che a più riprese hanno chiesto l'Unione Europea, l'Organizzazione degli Stati Americani (OSA) e la Chiesa cattolica, impegnata da mesi, per volere delle due parti, nella ricerca di un minimo di condizioni per sedersi ad uno stesso tavolo e cercare soluzioni pacifiche e concordate. Purtroppo tutti gli appelli sono rimasti inascoltati. Qualche giorno fa, la Conferenza episcopale informava il Paese sullo stallo della situazione. “Nonostante siano stati identificati i punti principali per il dialogo che dovrebbe aprire vie per risolvere il conflitto, non esistono tuttora le condizioni per avviare questo incontro”, ha dichiarato mons. Jesús Juárez Párraga, vescovo della diocesi di El Alto, segretario della Conferenza episcopale.
Ora, oggi, si vota e in molti, fuori e dentro della Bolivia, temono il peggio: scontri violenti in diverse città così come accadde già mesi fa. I numerosi scontri politici hanno lasciato gravi lutti e sofferenze, in particolare tra le popolazioni meno abbienti. In Bolivia, oggi, per ampi settori della popolazione la posta in gioco è molto alta e, a complicare le cose, s’intrecciano problemi secolari che hanno diviso la nazione tra bianchi e indios, tra poveri e ricchi, fra regioni scarsamente produttive e aree all’avanguardia dello sviluppo tecnico-economico. Col passare delle ore il clima si fa sempre più teso e perciò, i vescovi, hanno ripetuto in queste ore: :“Tutti gli attori coinvolti in questo processo sono chiamati a misurare la grave responsabilità che pesa su ciascuno e, dunque, a far sì che prevalga una chiara volontà di dialogo sostenuta da gesti e atteggiamenti coerenti”. Infine, i presuli invitano tutti a lavorare per “evitare altri scontri che possano far esplodere la violenza”. (A cura di Luis Badilla)
Andrea Olivero riconfermato alla presidenza nazionale delle ACLI
◊ Ieri pomeriggio Andrea Olivero è stato riconfermato – col 94 per cento dei consensi - presidente nazionale delle ACLI dal XXIII Congresso dell’organizzazione, che si è concluso stamane a Roma. Olivero ha chiesto alla sua associazione di saper rinnovare le proprie forme organizzative e la propria presenza sul territorio. Il neo presidente ha poi puntato sulla formazione degli iscritti e dei dirigenti, con la proposta di una Fondazione intitolata ad Achille Grandi, fondatore delle ACLI, e sull'integrazione dei circoli con la proposta dei “punti famiglia” per costruire percorsi di “cittadinanza familiare”. Per Olivero è, inoltre, importante dare maggiori garanzie ai lavoratori precari. Sentiamolo intervistato da Alessandro Guarasci:
R. – Socializzare il mondo del lavoro: sembra una sfida antica per certi versi, ma oggi e in questo momento, con i cambiamenti che sono intervenuti, è davvero l’aspetto più difficile ed anche più stimolante per una associazione che continua a definirsi “associazione di lavoratori”. Vuol dire mettere insieme soprattutto i nuovi lavoratori, facendo loro comprendere che, anche se i contratti sono individualizzati, anche se gli interessi possono essere differenti all’apparenza, vi sono in realtà molte cose che li uniscono e soprattutto proprio socializzando il lavoro riacquistano la loro identità di lavoratori.
D. – La politica ascolta ancora troppo poco la società civile?
R. – Credo proprio di sì o meglio credo che proprio non la veda, fatica a comprendere che la società non può essere ridotta dentro i suoi schemi tradizionali e che non tutto quello che esiste nella società può essere ridotto a democrazia politica. C’è, invece, un altro spazio che è quello della democrazia sociale che deve emergere e che deve essere tenuta in considerazione, perchè rende i cittadini non solo più rappresentabili, ma anche protagonisti.
D. – In questa legislatura serve una svolta nelle politiche a favore delle famiglie e soprattutto come?
R. – Noi siamo fra gli ultimi Paesi in Europa per investimento per le famiglie e in particolare noi riteniamo che sia venuto il momento di dare un segnale dal punto di vista fiscale con il quoziente familiare, che l’attuale maggioranza ha indicato nel programma di governo, e che rappresenta uno strumento che dà soggettività al nucleo familiare.
D. – La dottrina sociale della Chiesa può essere ancora lievito per la società italiana?
R. – Noi crediamo assolutamente di sì, perchè la dottrina sociale della Chiesa ha saputo, via via, camminare all’interno del popolo cristiano. Non è un insieme di principi che poi non si incarnano, ma – al contrario – la dottrina sociale rappresenta veramente il messaggio del Vangelo che via via divento anche un percorso per la storia degli uomini. In questo senso noi possiamo guardare ad essa con la convinzione di trovarvi dei punti di riferimento, ma anche come ad un nostro impegno, di popolo che deve far camminare sulle proprie gambe la dottrina sociale della Chiesa nel XXI secolo.
Dal Mozambico ai rifugiati in Italia: la vita accanto agli ultimi del missionario comboniano Claudio Crimi
◊ Trovare in Cristo la forza per non arrendersi mai. E’ lo spirito che, da sempre, anima l’impegno per il prossimo bisognoso di padre Claudio Crimi, missionario comboniano che dopo un’esperienza trentennale in Mozambico è ora da alcuni anni responsabile dell’ACSEP, l’Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi. Intervistato da Alessandro Gisotti, padre Crimi esorta i giovani a lasciarsi incontrare da Cristo e a cambiare la propria vita dedicandola agli altri:
(musica)
R. – Ho imparato a casa mia, da mio padre, mia madre, la sensibilità verso i poveri. Soprattutto mia madre, ricordo che mi diceva una cosa: “Quando cade un pezzo di pane per terra, raccoglilo e bacialo, perchè tu non sai cosa vuol dire la fame”. Queste cose mi hanno sempre colpito e quando ho sentito parlare di gente che aveva bisogno, mi sono sentito spinto a dover fare qualcosa. Poi la fede, nel senso che l’esperienza di tutti i giorni mi ha portato a fare una scelta in cui Gesù Cristo diventa qualcuno di veramente importante. Siccome ho vissuto a lungo in zone di guerra, il problema della morte diventa quotidiana. E, quindi, la domanda è: “E dopo?” Se noi non crediamo alla Risurrezione di Cristo, diventa veramente assurdo vivere.
D. – Dalla lunga esperienza in Mozambico, all’impegno ora con i profughi e con i rifugiati. Come si testimonia la speranza evangelica in contesti, in situazioni spesso molto difficili?
R. – Ho lavorato tra i rifugiati del Mozambico che erano fuggiti durante la guerra. C’era, però, il ritorno a casa. Là c’era già una speranza abbastanza concreta: “Torno a casa, ho il mio campo e lavoro”. Quindi, la speranza era concreta. Qui in Italia è un po’ più difficile. Ho notato che le motivazioni che li spingono a venire sono veramente pesanti. La gente che viene dall’Africa è tutta credente. I non credenti li troviamo qui in Europa. Loro chiedono sempre: “Di che religione sei?” Ad uno che ha detto: “Io sono ateo”, un vecchio ha risposto: “Da noi solo i cani sono atei!”. Se c’è questa credenza in Dio è anche più facile dire: “Non aver paura, adesso c’è da lottare, mettiamoci assieme, uniamo le nostre forze, perchè Dio ci accompagna sempre, anche dopo la morte”.
D. – Come spiegherebbe ad un giovane di oggi, magari annoiato e insoddisfatto, la bellezza della sua missione?
R. – Ai giovani di oggi bisogna dare un futuro e cioè essere capaci di costruire qualcosa di buono che possa servire a se stessi e agli altri. Se il mondo è veramente uno e noi ci sentiamo tutti come se fossimo dentro ad una canoa, mettiamola così – l’ho raccontato varie volte per le esperienze passate – e la gente sulla canoa si dà delle botte in testa, va a finire che si rovescia la canoa e andiamo a picco tutti. Allora, dobbiamo unire le forze. I giovani di fronte a questo capiscono. La situazione più difficile è il non avere qui una speranza concreta. D’altra parte, ho visto che i giovani si entusiasmano e questa è veramente la cosa bella dei giovani. Bisogna dare una speranza futura e bisogna avere capacità di sacrificio. E qui ritorno al tema: Gesù non è stato ammazzato per niente! Gesù Cristo ha parlato chiaro, dicendo la verità con un amore infinito. Bisogna accettare e capire che è l’unica via che ci porta alla Salvezza!
(musica)
Giornata di sensibilizzazione sull'Otto per mille per aiutare la Chiesa ad aiutare
◊ Esigenze di culto e di pastorale, interventi caritativi in Italia e nel Terzo Mondo, sostentamento del clero. A questi tre ambiti la Chiesa italiana destina i fondi derivanti dall’“Otto per mille”, di cui oggi ricorre la Giornata nazionale di sensibilizzazione. Ma in cosa consiste questo strumento entrato in vigore nel 1990? Silvia Gusmano lo ha chiesto a Paolo Mascarino responsabile del Servizio CEI per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica:
R. – L’“Otto per mille” è una modalità con la quale i contribuenti possono decidere di destinare una quota delle tasse già versate allo Stato ad una delle sette associazioni religiose che sono ammesse alla ripartizione.
D. – Quanti sono i contribuenti che destinano l’“Otto per mille” alla Chiesa cattolica e come è cambiata questa percentuale negli anni?
R. – L’ultimo dato certo che risale a tre ann fa dice che hanno scelto la Chiesa cattolica l’89,8 per cento dei contribuenti. Questo è certamente un grande segno di stima e di fiducia degli italiani verso l’impegno della Chiesa a favore di tutti. Come trend siamo in crescita negli ultimi sei-sette anni. Credo che il dato più basso sia stato nel ’98 con l’81 per cento di scelte. Quindi c’è una crescita costante negli anni.
D. – Dal 2006 esiste anche in “Cinque per mille”. Qual è la differenza e il rapporto tra il Cinque e l’Otto per mille?
R. – Sono due modalità non alternative l'una con l’altra e quindi si può scegliere di firmare l’“Otto per mille” ed anche il “Cinque per mille”, senza che uno interferisca con l’altro. La differenza importante tra i due è che l'“Otto per mille” è un meccanismo per sostenere l’impegno delle Chiese al servizio del Paese, mentre il “Cinque per mille” è un meccanismo per sostenere la ricerca sanitaria o la ricerca scientifica.
D. – Lo scorso anno la CEI ha ricevuto quasi un miliardo di euro dall’“Otto per mille”. Come ha impiegato questi soldi?
R. – Secondo le direttive della legge del 1985 e quindi per tre finalità precise: la prima è quella relativa agli interventi caritativi in Italia e nei Paesi più poveri del mondo; la seconda è quella relativa alla vita ordinaria delle parrocchie, degli oratori e di tutti i progetti per evangelizzare il nostro Paese; e, infine, la terza è quella relativa al sostentamento del clero diocesano e quindi parliamo dei 39 mila sacerdoti che sono impegnati nelle nostre parrocchie e nelle nostre comunità.
D. – Qual è il senso di una Giornata nazionale di sensibilizzazione sull’“Otto per mille”?
R. – L’“Otto per mille” non è un modo – almeno per noi – per arricchire la Chiesa, ma è una modalità con cui ciascun fedele può esercitare la propria partecipazione corresponsabile alla vita dell’intera Chiesa: una Chiesa che inizia dalla propria parrocchia e si estende via via alla diocesi fino ad arrivare al mondo intero. Il primo senso importante è quindi quello di far capire che questo semplice gesto, che non costa nulla in più al contribuente, è un modo concreto con cui ciascuno dei fedeli può partecipare alla missione dell’intera Chiesa.
L’allarme di mons. Warduni: la guerra ha dimezzato i cristiani in Iraq
◊ Inarrestabile l’esodo dei cristiani dall’Iraq. La guerra ha ridotto il numero dei fedeli dal milione di unità presenti alla fine degli anni ’90 ai 600 mila di oggi. Un calvario che non accenna a diminuire e che vede i cristiani cercare riparo in zone più sicure, mentre numerosi sono i civili uccisi e almeno 15 i sacerdoti rapiti o assassinati. È il disarmante quadro sull’Iraq ricostruito dall’arcivescovo ausiliare di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, in visita in questi giorni a Venezia – si legge sul quotidiano Avvenire - per celebrare una Messa per la pace nella Basilica di San Marco. “Non c’è persecuzione nei confronti dei cristiani, ma c’è la guerra” ha detto il presule, ricordando che dalla caduta di Saddam Hussein “le condizioni di vita non sono migliorate” soprattutto nelle regioni meridionali. Mentre nel Paese cresce il prezzo dei prodotti e si riduce la disponibilità di elettricità e carburante, a Baghdad il conflitto non accenna a placarsi: nella notte di ieri nel quartiere sciita di Sadr City sono stati uccisi 14 miliziani e rimaste ferite almeno 100 persone. E un raid aereo avrebbe colpito un ospedale causando 20 vittime, tra cui donne e bambini, e danneggiando numerose ambulanze. Una situazione drammatica che non favorisce il dialogo fra USA e Iran. Secondo quanto riferito dal quotidiano dei vescovi, il governo di Teheran ha dichiarato ieri di essere pronto a “riprendere i negoziati con gli Stati Uniti sul tema della sicurezza” in Iraq solo quando gli americani “cesseranno i loro selvaggi attacchi contro il popolo iracheno”. (C.D.L.)
Ucciso un sacerdote a Città del Messico
◊ È deceduto in seguito a gravi ferite riportate durante un’aggressione padre Julio César Mendoza Acuña, parroco di Nostra Signora del Rosario di Fátima a Città del Messico, capitale del Paese. Stando a quanto riportato dall’agenzia internazionale MISNA, la procura del distretto federale riferisce che padre Mendoza, 33enne, è stato rinvenuto la sera del 2 maggio nella sua abitazione e subito trasportato all’ospedale di Balbuenas, dove purtroppo è morto. Un’indagine è in corso per stabilire i moventi dell’aggressione e l’identità degli assassini. Nulla nella casa del giovane sacerdote sarebbe stato rubato. (C.D.L.)
I Paesi dell'ASEAN fanno fronte comune contro la crisi alimentare
◊ Cooperare per affrontare la crisi alimentare. È questa la soluzione di alcuni Stati dell’Asia all’emergenza che sta travolgendo molte Nazioni del continente, soprattutto sul fronte economico del mercato del riso. Ieri, a Bali – si legge sul quotidiano Avvenire - si è tenuto un vertice sul tema tra i ministri del Commercio dell’ASEAN, l’organismo regionale a cui appartengono 10 Paesi dell’Asia del Sud-Est. Secondo l’organizzazione l’accesso a quantità di riso adeguate e a prezzi stabili è fondamentale per il benessere sociale ed economico della zona. Un risultato che può essere raggiunto con il miglioramento della produttività e col maggior uso dei terreni a fini agricoli. I ministri hanno inoltre deciso che l’esportazione di generi alimentari potrà proseguire a condizione che i bisogni domestici siano soddisfatti. Attenzione è stata posta alla situazione della Thailandia, che può esportare il riso, prodotto nel Paese in quantità che eccedono la domanda interna, e quella dell’Indonesia, che pur essendo autosufficiente non ha riserve in eccedenza da destinare all’esportazione. Ma di emergenza cibo non si parla solo in Asia. A fare il punto della situazione della crisi alimentare nel pianeta è intervenuto il nuovo relatore speciale delle Nazioni Unite, Oliver De Shutter, che ne ha individuato le cause negli errori dell’economia internazionale. “Numerosi specialisti - ha detto il relatore ONU, secondo quanto riferito dall’Osservatore Romano - già da molti anni gridavano nel deserto e chiedevano che ci fossero maggiori sostegni all’agricoltura nei Paesi in via di sviluppo”. “Le grandi istituzioni finanziarie - ha concluso – hanno spinto sulla liberalizzazione dei mercati e così hanno reso gli Stati più poveri vulnerabili alla volatilità dei prezzi”. (A cura di Virginia Volpe)
Emergenza umanitaria in Somalia: il carovita ha messo in ginocchio 2,6 milioni persone
◊ "La situazione umanitaria in Somalia è rapidamente peggiorata a causa dell'impennata dei prezzi alimentari, della siccità aggravata da una stagione secca particolarmente rigida e dell'inizio ritardato della stagione delle piogge”. E’ quanto si apprende dal comunicato diffuso giovedì dall'Unità di analisi della sicurezza alimentare per la Somalia (FSAU). L’organismo della FAO – riferisce l’agenzia internazionale MISNA - informa che nello Stato africano 2,6 milioni di persone, pari al 35 per cento della popolazione, hanno bisogno di assistenza, in particolare nelle regioni centrali del Paese. Rispetto a gennaio, il numero delle persone che vivono in condizioni di emergenza umanitaria sarebbe aumentato del 40 per cento a causa del carovita, che ha colpito almeno 600 mila poveri, e della svalutazione della moneta locale. A fronte di una condizione già critica, la FSAU mette in guardia contro il probabile peggioramento della situazione umanitaria: “Entro la fine dell’anno – affermano dall’organismo FAO - "il numero di coloro che hanno bisogno di assistenza può raggiungere i 3,5 milioni di persone o la metà della popolazione del Paese”. (C.D.L.)
Africa: la pesca illegale è una delle più grave minacce per l’economia del Continente
◊ La pesca illegale può portare in Africa alla decimazione delle riserve ittiche in tutto il continente. E’ quanto afferma, in un rapporto il Gruppo di valutazione delle risorse marine per conto del governo britannico. Complessivamente, si stima che nel mondo il commercio in questo settore abbia un valore di oltre 80 miliardi di dollari l’anno: più della metà del pescato arriva da Stati in via di sviluppo. Solo in Africa – ricorda l’agenzia Misna - le perdite provocate dalla pesca illegale vanno dai 10 ai 23 miliardi di dollari. Secondo il rapporto questa pratica, “operata su larga scala da grandi compagnie commerciali costituisce la più grande minaccia nel Continente. Occorrono misure e azioni immediate: “Molti Paesi in via di sviluppo – ha detto Gareth Thomas, ministro del commercio e dello sviluppo britannico - hanno maggiori entrate derivanti dalle esportazioni di pesce che da quelle di caffè, cacao, zucchero, banane, gomma e tè messe insieme”. (A.L.)
Nel Burkina Faso, un convegno affronta le problematiche della sanità nei Paesi africani
◊ “La sanità è un diritto fondamentale e in quanto tale l’eccellenza in questo campo deve essere perseguita da tutti i Paesi africani”. Sono le conclusioni della conferenza sulla sanità che si è svolta nei giorni scorsi a Ouagadougou, nello Stato africano del Burkina Faso, e che ha analizzato le ragioni del malfunzionamento dei sistemi sanitari nel continente. A rafforzare i progressi conseguiti negli ultimi anni stando a quanto riferito dall’agenzia MISNA - la Conferenza ribadisce “l’assoluta necessità, per ogni Paese, di destinare almeno il 15% del bilancio al sistema sanitario pubblico” al fine di “attualizzare le proprie politiche nel settore e migliorare la condizione dei servizi, troppo spesso non all’altezza degli standard minimi”. I 300 delegati presenti all’incontro, provenienti da 46 diversi Paesi, si sono confrontati sull’esigenza di “rafforzare i sistemi d’informazione e sorveglianza” e “promuovere il settore della ricerca e delle vaccinazioni per le fasce più povere della popolazione” con particolare attenzione alle donne e ai bambini. Con preoccupazione i convenuti hanno rilevato nel Paese la “mancata creazione di un adeguato tessuto di operatori e specialisti del settore sanitario”, dovuta all’insufficienza delle risorse tecniche ed economiche, ed hanno ribadito l’invito alla comunità internazionale al sostegno allo sviluppo, “una necessità – si legge nel documento diffuso a conclusione del convegno - tanto più urgente se si tiene conto della relazione inscindibile tra sviluppo, sicurezza alimentare e sanitaria, pace e stabilità regionali internazionali”. (C.D.L.)
A Napoli si ripete l'evento della liquefazione del sangue di San Gennaro
◊ San Gennaro è motivo di speranza per la città di Napoli. Così il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo del capoluogo campano, dopo l’evento della liquefazione del sangue del martire, rinnovato ieri, al termine della tradizionale processione che ricorda le traslazioni delle reliquie del Santo. “Il suo sangue ci invita ad essere, come lui, testimoni di Cristo e ad aprirci alla speranza contro ogni paura o rassegnazione che potrebbero attanagliare, bloccare o paralizzare la nostra crescita personale e comunitaria” ha affermato il cardinale Sepe durante l'omelia pronunciata nella Basilica di Santa Chiara, al termine della processione. “Il coraggio che ci chiede il nostro Santo patrono - ha aggiunto il porporato - è proprio di ogni cristiano, è coraggio che edifica e fa onore alla nostra Chiesa, che asciuga le lacrime di tanti fratelli e sorelle che si sentono abbandonati, poveri, ultimi e rifiutati, o dei tanti che si sentono sopraffatti dal malaffare, dalla delinquenza, dall'illegalità, dalla camorra e da quanti hanno la temerarietà di sfidare la legge”. Al termine della Santa Messa una seconda processione, guidata dall’arcivescovo di Napoli, ha riportato le reliquie di San Gennaro nella Cappella del Tesoro della Cattedrale. (C.D.L.)
Si svolge oggi a Madrid la Giornata del Missionario Diocesano
◊ "Chiesa Diocesana… aperta alle missioni" è il titolo della Giornata del Missionario Diocesano che si celebra oggi a Madrid, in Spagna. Le cerimonie in programma – riferisce l’agenzia Fides - hanno il loro culmine nella celebrazione della Santa Messa nella Cattedrale di Nostra Signora dell'Almudena, presieduta dal cardinale Antonio M. Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, con l’invio dei sacerdoti diocesani in partenza per la missione e la consegna dei crocifissi. Nella giornata di oggi il cardinale Rouco ha chiesto preghiere in tutte le parrocchie per i missionari della diocesi impegnati nei cinque continenti. In tre distinte lettere l’arcivescovo di Madrid assicura ai missionari madrileni la preghiera e la vicinanza dell’intera Chiesa diocesana e la collaborazione del Consiglio delle Missioni e di parenti e amici; alle famiglie dei missionari ricorda l’importanza del sostegno che essi possono assicurare ai loro parenti lontani e il dono che esse stesse rappresentano per la diocesi; rivolgendosi ai fedeli diocesani il cardinale Rouco spiega infine che "tutti hanno la responsabilità della missione universale, ed ogni diocesi deve essere aperta a consegnare il meglio dei suoi membri a questo compito". “I missionari – continua – “sono un dono non soltanto per quanti li accolgono nelle terre di missione, ma anche, e in un modo molto speciale, per noi, per la nostra arcidiocesi madrilena, perché senza dubbio ci fortificano". In conclusione della sua missiva alla diocesi il cardinale affida i missionari alla Madonna, affinché possa guidare la Chiesa diocesana “per strade di maggiore impegno e donazione missionaria". (C.D.L.)
Una ricerca descrive il laicato cattolico in Corea come una realtà in espansione
◊ Sono in parte catechisti, diaconi, ministri dell’Eucaristia e animatori ecclesiali, persone che nella Chiesa mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità. I laici cattolici in Corea – riferisce l’agenzia Fides - danno corpo ad una realtà viva, dinamica ed efficiente, preziosa per lo svolgimento della pastorale. E’ quanto emerge da una ricerca sul laicato cattolico in Corea svolta dall’Istituto per l’Apostolato Sociale di Seul e diffusa dalla Commissione per l’Apostolato dei Laici in seno alla Conferenza episcopale coreana. Secondo il Rapporto la maggior parte dei fedeli laici hanno appreso i contenuti fondamentali dell’insegnamento della Chiesa dalle omelie nella Messa domenicale, ma desidera approfondimenti su questioni che riguardano il rapporto fra la fede e la cultura, e tra la fede e la vita quotidiana. Al riguardo nel documento si raccomanda la creazione di programmi e corsi di formazione, quale occasione di rafforzamento della spiritualità laicale, in un’azione di contrasto ai fenomeni di secolarizzazione che attraversano il Paese. (C.D.L.)
Nelle Isole Salomone la Chiesa locale è impegnata nella formazione cattolica dei detenuti
◊ Accrescere l’autostima dei detenuti, le loro motivazioni personali e la speranza di poter dare alla vita nuove prospettive sono le finalità dei corsi di formazione che la Chiesa delle Isole Salomone promuove nelle carceri. Un’iniziativa – riferisce l’agenzia Fides - che intende portare fra le mura dei centri di correzione e degli istituti di pena quella speranza che solo la fede può istillare. L’insegnamento e la responsabilità dei corsi è affidata al padre salesiano Albert Swer, preside di un Centro di formazione professionale intitolato a Don Bosco attivo nel territorio. Nei corsi, che seguono le metodologie educative del Santo fondatore dei Salesiani, si parla di autostima, senso della vita e vocazione, fra una lezione e l’altra di artigianato e cultura generale, alfabetizzazione informatica e uso del computer, educazione sanitaria, formazione spirituale e studi biblici: un passo importante nel percorso verso la riabilitazione globale e il reinserimento dei carcerati nella comunità civile. La bontà del progetto e dei risultati ottenuti risultati hanno portato l’Amministrazione Penitenziaria delle Isole Salomone a caldeggiare l’iniziativa:“Si tratta di una delle attività di maggiore successo organizzate nelle nostre carceri - afferma Gibson Aldo, direttore del Servizio penitenziario – Un progetto che “incontra le esigenze più profonde dei detenuti”. (C.D.L.)
Conclusa a Rimini la XXXI Convocazione nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo
◊ Uscire dai cenacoli per evangelizzare con nuova forza. E’ con questo appello che oggi si è conclusa a Rimini la XXXI Convocazione nazionale del Rinnovamento nello Spirito, sul tema “Rigenerati dalla Parola di Dio”. Un appello pronunciato, davanti agli oltre 20 mila partecipanti, dal presidente del Rinnovamento, Salvatore Martinez. “Dobbiamo ancora far conoscere la grazia della preghiera per l’Effusione dello Spirito all’interno della Chiesa – ha detto Martinez – dobbiamo portarla nei Seminari teologici, nei Movimenti ecclesiali, nel mondo intero”. Un rinnovato impegno all’annuncio della Parola di Dio con la forza dello Spirito, dunque. “Dobbiamo testimoniare Cristo proclamandolo – ha sottolineato Martinez - Il Rinnovamento va proclamato, non spiegato, perché è un’opera dello Spirito”. Il presidente del Rinnovamento ha anche espresso gratitudine per il lungo messaggio inviato da Benedetto XVI, in cui il Papa ha esortato gli aderenti a questo Movimento ad unire sempre “alla preghiera la fattiva attenzione alle necessità del mondo e al bene degli uomini”. Oggi la concelebrazione conclusiva della Convocazione è stata presieduta dal cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi. “Per riconoscere Cristo che incrocia ancora le nostre strade – ha detto il cardinale nell’omelia – dobbiamo guardare la realtà che ci circonda con gli occhi della fede, con gli occhi del cuore. Anche oggi – ha concluso il porporato – il mondo ha bisogno della testimonianza di noi cristiani, ha bisogno della testimonianza dei Movimenti e anche dei gruppi e delle comunità del Rinnovamento”. (Da Rimini per la Radio Vaticana, Luciano Castro)
Ciclone in Myanmar: oltre 240 morti
◊ È di almeno 240 morti il bilancio ancora provvisorio del passaggio del ciclone tropicale Nargis su cinque regioni della Myanmar e su Yangon, la più grande città ed ex capitale del Paese. La città è tuttora senza acqua ed energia elettrica, mentre le strade sono invase dai detriti e dalle macerie, provenienti dagli alberi caduti e dalle case crollate. Ma l'area più colpita è quella del delta del fiume Irrawaddy, dove in alcune città sono stati abbattuti o danneggiati il 70% degli edifici. La tempesta ha spazzato il sud dell’ ex Birmania con venti violentissimi che hanno soffiato a una velocità fra i 190 e i 240 km orari.
Cina–Tibet
Al via a Shenzhen, nel sud della Cina, i colloqui sulla crisi tibetana tra gli inviati del Dalai Lama e gli esponenti del governo cinese. L’incontro tra le due parti, che si protrarrà per almeno due giorni, è il primo da quando, due mesi fa, sono scoppiate a Lhasa le proteste anti-cinesi. Per il punto della situazione ascoltiamo il servizio di Marco Guerra:
Sono iniziati oggi a Shenzhen, nel sud della Cina, i primi colloqui tra inviati del Dalai Lama ed gli esponenti del governo cinese dall'inizio della rivolta tibetana, il 10 marzo scorso. La stampa non è stata ammessa nell’edificio che ospita l’incontro, all’esterno del quale sono state predisposte ingenti misure di sicurezza. Secondo un portavoce del governo tibetano in esilio non saranno quindi diramate informazioni sull’esito del confronto fino al ritorno degli inviati in India, previsto tra martedì e mercoledì. Preoccupato per i danni d’immagine che la crisi tibetana sta recando al Paese a tre mesi dai Giochi di Pechino, il presidente cinese Hu Jintao si è dichiarato "fiducioso" che i colloqui "ottengano i risultati desiderati". Da parte tibetana si registra invece più scetticismo. Ieri il premier del governo in esilio ha detto di non nutrire grandi aspettative ma di essere “contento che ci si parli”. Prosegue intanto il percorso della torcia olimpica in territorio cinese. Dopo la tranquilla tappa nell’ex colonia portoghese di Macao, oggi sarà la volta dell’isola di Hainan. Il momento più delicato, prima dell'arrivo a Pechino l'8 agosto, sarà il passaggio in Tibet, dove la fiaccola verrà portata sull'Everest.
Sri Lanka
In Sri Lanka torna alto il livello dello scontro tra l’esercito governativo e i ribelli Tamil, che combattono da oltre 20 anni per ottenere l'indipendenza. Le autorità di Colombo, nelle ultime 24 ore, hanno riferito della morte di almeno 35 ribelli e di otto militari a seguito di violenti scontri nel nord del Paese.
Iraq
In Iraq proseguono i duri combattimenti tra forze statunitensi e milizie ribelli a Sadr City, roccaforte del leader radicale sciita Moqtada Sadr a Baghdad. Il bilancio delle ultime 24 ore parla di almeno dieci morti e diciassette feriti. Nella parte Ovest della capitale si registra invece la morte di un civile e il ferimento di altri otto a seguito dell'esplosione di due ordigni. Vittime anche tra le truppe statunitensi. Quattro incursori sono stati uccisi da un ordigno esploso al passaggio della loro pattuglia nella provincia di Anbar. Infine una giovane giornalista irachena è stata uccisa con una vera e propria esecuzione mirata a Mosul, nel nord del Paese. Stando a quanto riferito dalla polizia, la donna, di circa trent'anni, si stava recando al lavoro in taxi, quando è stata intercettata da uomini armati che l'hanno trascinata fuori dalla macchina e freddata con un colpo di pistola alla testa.
Turchia- Kurdistan
Sarebbero oltre 150 i ribelli separatisti curdi del PKK uccisi tra giovedì e venerdì a seguito di una serie di raid aerei dell'aviazione turca nel nord dell’Iraq. A renderlo noto è il comando militare di Ankara con un comunicato che riferisce anche della distruzione di tutte le postazioni del PKK nell'area di Qandil. Tuttavia, un portavoce del Partito dei lavoratori del Kurdistan ha smentito le fonti turche, sostenendo che i bombardamenti non hanno provocato alcuna vittima tra i guerriglieri del PKK, ma hanno ucciso otto ribelli curdi di una fazione che lotta contro l'Iran.
Medio Oriente
Il segretario di stato USA, Condoleezza Rice, è da ieri in Israele per rilanciare i negoziati di pace tra israeliani e palestinesi. Si tratta di una “missione lampo” di 36 ore che prevede diversi colloqui con le autorità dei due Paesi, alla vigilia di un nuovo incontro fra il primo ministro Ehud Olmert ed il presidente dell'Anp Abu Mazen. Ieri sera la Rice ha cenato con il premier israeliano Ehud Olmert. Oggi il capo della diplomazia statunitense vedrà il ministro della Difesa dello Stato ebraico Ehud Barak, il ministro degli Esteri Tzipi Livni, e, a Ramallah, il presidente palestinese Abu Mazen e il primo ministro Salam Fayyad. In un incontro con la stampa, la Rice ha spiegato che intende chiedere nuovamente a Israele di ridurre i check point in Cisgiordania e fare pressioni su entrambe le parti “affinché rispettino gli impegni presi".
Iran nucleare
Il ministro degli Esteri iraniano, Manucher Mottaki, ha lanciato un monito ai Paesi negoziatori del “5+1” a non oltrepassare alcuna ''linea rossa'' nella nuova offerta appena messa a punto per Teheran al fine di risolvere la crisi sul programma nucleare. L’esponente del governo del Paese asiatico si riferisce alla proposta con "elementi economici più appetibili", avanzata ieri dagli Stati membri del Consiglio di Sicurezza ONU più la Germania, a condizione che l’Iran rinunci all'arricchimento dell'uranio almeno per il periodo delle trattative.
Nigeria
In Nigera tornano a colpire le milizie del Mend, all’indomani della decisione di un tribunale del Paese che ha deciso che il processo a carico di un leader del Movimento per l'emencipazione del Delta del Niger si svolgerà a porte chiuse. Ieri i ribelli hanno fatto saltare tre pozzi di petrolio gestiti dalla Shell. Oggi sono state rapite due persone nel corso di un attacco sferrato contro una petroliera presso il canale di Bonny. Si tratta, annuncia un portavoce militare, del capitano, un bianco di nazionalità ancora sconosciuta, e di un ingegnere nigeriano. (Panoramica internale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 125
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