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Sommario del 28/06/2008
L’Anno Paolino aiuti i cristiani a rinnovare l’impegno ecumenico: l’esortazione di Benedetto XVI al Patriarca Bartolomeo I a poche ore dall’apertura dell’anno giubilare dedicato all’Apostolo delle Genti
◊ Valorizzare la straordinaria eredità teologica e spirituale di San Paolo per rafforzare l’impegno ecumenico: è l’esortazione e l’incoraggiamento che il Benedetto XVI ha rivolto a tutti i fedeli in occasione dell’incontro di stamani con il Patriarca ecumenico Bartolomeo I. Un’udienza di grande significato ecumenico, giacché avviene alla vigilia della festa dei Santi Pietro e Paolo, Patroni di Roma, e nell’imminenza dell’apertura dell’Anno Paolino, stasera alla Basilica di San Paolo fuori le Mura, a cui prenderà parte lo stesso Bartolomeo I. Il servizio di Alessandro Gisotti:
San Paolo ci indica “una via sicura per mantenere l’unità e, nel caso della divisione, per ricomporla”: nell’incontro fraterno con Bartolomeo I, il Papa ha messo l’accento sulla figura dell’Apostolo delle Genti, a poche ore dall’inizio dell’Anno Paolino. Un’iniziativa, ha sottolineato, volta “a promuovere una sempre più approfondita riflessione sull’eredità teologica e spirituale lasciata alla Chiesa” da San Paolo “con la sua vasta e profonda opera di evangelizzazione”:
“Possa l'Anno Paolino, che questa sera inizierà solennemente, aiutare il popolo cristiano a rinnovare l'impegno ecumenico, e si intensifichino le iniziative comuni nel cammino verso la comunione fra tutti i discepoli di Cristo”.
Di questo cammino, ha aggiunto il Papa, la presenza di Bartolomeo I è “certamente un segno incoraggiante”. Ed ha ribadito che lo scambio di visite in occasione della celebrazione dei Santi Pietro e Paolo, Patroni della Chiesa di Roma, così come di San’Andrea, Patrono della Chiesa di Costantinopoli, “sono sempre occasioni importanti per fraterne conversazioni e comuni momenti di preghiera”.
“Cresce così la conoscenza personale reciproca; si armonizzano le iniziative e aumenta la speranza, che tutti ci anima, di poter giungere presto alla piena unità, in obbedienza al mandato del Signore”.
Il Papa ha inoltre espresso la sua gioia per l’indizione, anche da parte del Patriarca ecumenico, di un Anno Paolino:
“Questa felice coincidenza pone in evidenza le radici della nostra comune vocazione cristiana e la significativa sintonia, che stiamo vivendo, di sentimenti e di impegni pastorali. Per questo rendo grazie al Signore Gesù Cristo, che con la forza del suo Spirito guida i nostri passi verso l’unità”.
“San Paolo - è stata la riflessione del Pontefice - ci ricorda che la piena comunione tra tutti i cristiani trova il suo fondamento in un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo”. Ai cristiani di Corinto, in mezzo ai quali erano sorti dissensi, ha ricordato, “San Paolo non ha timore di indirizzare un forte richiamo perché siano unanimi nel parlare, scompaiano le divisioni tra loro e coltivino una perfetta unione di pensiero e di intenti”:
“Nel nostro mondo, in cui si va consolidando il fenomeno della globalizzazione ma continuano ciononostante a persistere divisioni e conflitti, l’uomo avverte un crescente bisogno di certezze e di pace”.
Allo stesso tempo, però, ha avvertito il Papa, l’uomo “resta smarrito e quasi irretito da una certa cultura edonistica e relativistica, che pone in dubbio l’esistenza stessa della verità”. Anche in questo caso, però, San Paolo ci è di grande aiuto:
“Le indicazioni dell’Apostolo sono, al riguardo, quanto mai propizie per incoraggiare gli sforzi tesi alla ricerca della piena unità tra i cristiani, tanto necessaria per offrire agli uomini del terzo millennio una sempre più luminosa testimonianza di Cristo, Via, Verità e Vita”.
“Solo in Cristo e nel suo Vangelo - ha osservato il Papa - l’umanità può trovare risposta alle sue più intime attese”. Dal canto suo, il Patriarca Bartolomeo I ha ringraziato Benedetto XVI per l’invito a partecipare all’apertura dell’Anno Paolino ed ha ricordato la storica visita del Vescovo di Roma al Patriarcato ecumenico, ad Istanbul, nel novembre di due anni fa:
“Such visits have historically provided crucial exchanges…”
Queste visite - ha detto - hanno offerto la possibilità di incontri fondamentali tra le nostre Chiese. Eventi che sono la tangibile espressione di una più approfondita comunicazione attraverso il dialogo teologico, nell’orante attesa di una piena comunione sacramentale nel Corpo di Cristo. Richiamando poi le celebrazioni paoline a Tarso, Bartolomeo I ha sottolineato che, nelle Chiese dell’Asia Minore, la piccola scintilla delle origini è ancora oggi visibile e vibrante a testimonianza dell’eterna Verità del Signore Risorto, proclamata dall’Apostolo Paolo.
La Basilica di S. Paolo pronta al grande evento ecumenico del pomeriggio: sui riti di avvio dell'Anno Paolino, il commento del cardinale Lanza Cordero di Montezemolo
◊ Nell'imminente apertura dell’Anno Paolino, la Basilica papale di San Paolo Fuori le Mura si prepara dunque ad accogliere, oltre a Benedetto XVI, i maggiori rappresentanti delle Chiese ortodosse e protestanti. Una Basilica profondamente rinnovata anche nel suo aspetto esteriore, come ci riferisce Graziano Motta:
La Basilica papale di San Paolo fuori le Mura si presenta in tutto il suo splendore: si prenda il colonnato del quadriportico, la pulizia e il restauro delle decorazioni dei portici e del nartece, scolpite e dipinte, della famosa statua centrale di San Paolo, della facciata e delle porte, che hanno richiesto parecchi mesi. Nell’atrio, restano tutt’ora coperte la Porta paolina e la Fiamma paolina, i due simboli dell’anno giubilare. La Porta paolina è la seconda da sinistra, per chi guarda il tempio dal nartece: in essa, sono stati collocati dei pannelli raffiguranti quattro scene della vita di San Paolo, elaborate dal celebre scultore Guido Veroli, intervallate da iscrizioni in lingua latina e greca. La Fiamma paolina arderà per tutto l’anno su un grande braciere, che ha trovato collocazione su un alto basamento di granito, davanti alla statua di San Paolo. Splende pure l’interno della Basilica, grazie al nuovo impianto di illuminazione della navata centrale, che fa meglio ammirare i ritratti dei papi.
Questa giornata inaugurale del Giubileo è contrassegnata anche da due eventi: l’apertura della rinnovata pinacoteca dell’abbazia - il primo visitatore sarà il Papa - ove vengono esposti per la prima volta i capolavori del tesoro di San Paolo, e poi un record di connessioni al sito web dell’Anno Paolino, in continuo crescendo. Il primato, tra le varie rubriche di cui si compone, compete a quello delle preghiere, stabilito il 26 giugno con ben 18.142 connessioni, il doppio di quelle registrate sei giorni prima.
Infine, una segnalazione dall’estero: l’eparchia greco-melkita cattolica di Damasco ha aperto le celebrazioni dell’Anno Paolino la sera di Giovedì 26, anticipando di due giorni quella ufficiale per permettere al suo capo, il Patriarca Gregorio III, di partecipare stasera ai Vespri nella Basilica papale. Anche la Chiesa cattolica di Turchia aveva anticipato, di pochi giorni, l’apertura delle celebrazioni paoline: Gregorio III ha voluto svolgere emblematicamente la cerimonia di Damasco non già nella sua cattedrale - nel centro cittadino - ma in periferia, a Dumar, nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, che è di proprietà congiunta di due chiese patriarcali sorelle, la greco-ortodossa e la greco-cattolica, e nella quale da quattro anni ormai operano in santa intesa le rispettive parrocchie.
L'apertura della Porta paolina e l'accensione della Fiamma saranno i due momenrti-simbolo del solenne avvio dell'Anno Paolino. Il cardinale Andrea Lanza Cordero di Montezemolo, arciprete della papale Basilica di San Paolo Fuori le Mura, spiega - nell'intervista di Fabio Colagrande - il valore dei principali gesti liturgici che apriranno l'Anno giubilare:
R. - La cerimonia si svolgerà in questo modo: il Papa accenderà una fiamma - chiamiamola Fiamma paolina - e la consegnerà ai monaci dell’Abbazia di San Paolo, che la manterranno accesa in un braciere particolare che stiamo mettendo nel quadriportico, durante tutto l’Anno Paolino. Poi, il Papa aprirà la Porta Paolina, che non è la Porta Santa - perché le Porte Sante sono nelle quattro Basiliche papali e le apre soltanto il Papa. Abbiamo creato un’altra porta, la chiamiamo “Paolina”, opportunamente decorata, impreziosita; il Papa quindi la scoprirà e la aprirà, per essere lui il primo a passare, poi entrerà nella Basilica e celebrerà i primi vespri.
D. - Eminenza, quello dell’Apostolo delle genti è un messaggio a volte ritenuto difficile: cosa può dirci lei sulle speranze che riguardano la riscoperta del messaggio dell’Apostolo delle genti, durante questo anno giubilare?
R. - San Paolo è di una ricchezza incalcolabile, con la forza, l’ampiezza del suo messaggio, anche talvolta un po’ ermetico, non troppo facile, e quindi non sufficientemente conosciuto. E' un’occasione unica per far conoscere meglio questa ricchezza gigantesca che San Paolo ha saputo fare attraverso la sua lettera, attraverso la sua azione. E’ stato fondatore di chiese, ha viaggiato e, a quei tempi, venti secoli fa, lo ha fatto con una grande vigoria. E' per questo che è rappresentato spesso con la spada: non certo per essere un guerriero, lui che non ha mai usato la spada, ma la sua parola, la sua lingua, la sua forza, la sua vivacità, rappresentata giustamente da una spada. Ci sono alcune comunità, anche di cristiani non cattolici, che conoscono meglio dei cattolici il messaggio di San Paolo. Lo ripeto: è un’occasione magnifica per far conoscere meglio la ricchezza gigantesca del messaggio paolino.
D. - Vi attendete dei frutti sul fronte della missionarietà, una nuova spinta ad annunciare il Vangelo così come ha fatto San Paolo?
R. - Io credo di sì, perché abbiamo già riscontrato molta rispondenza, in tutto il mondo; e moltissime iniziative, sia a livello di diocesi che a livello di categorie di persone, i vari vescovi hanno già reagito preparando dei programmi interessanti, sia anche da parte di comunità di cristiani non cattolici. La rispondenza è molto forte, quindi speriamo e ci attendiamo che l’Anno Paolino sia veramente un grosso beneficio per tutta la cristianità.
D. - I frutti ecumenici: come impedire che eventi come questo diventino solo un’occasione per uno scambio di cortesie tra Chiese, e invece siano davvero un momento di cammino verso l’unità?
R. - Noi abbiamo, da parte anche nostra, delle iniziative: abbiamo invitato gruppi di cristiani non cattolici per fare insieme sia meditazioni, sia un approfondimento, per capirci meglio anche nell’interpretare San Paolo, nel divulgarlo. Diversi gruppi cristiani non cattolici stanno rispondendo con molto interesse, e con molta capacità: dobbiamo dire la verità, anche noi abbiamo molte cose da imparare da loro. Ci sono iniziative per pregare insieme, presso la tomba di Paolo: nessuno più di lui ci può patrocinare la protezione celeste per potere avviarci sempre di più a quello che Cristo ha chiesto nell’Ultima Cena, "perché tutti siano uno". Siamo riusciti anche a fare in modo che da un lato della tomba di San Paolo sia visibile il sarcofago, cosa che facilita moltissimo la devozione dei fedeli.
Il ruolo del Portogallo in Africa e in Asia e il Concordato siglato nel 2004 con la Santa Sede al centro dell'udienza del Papa con il presidente portoghese, Cavaco Silva
◊ Un incontro per fare il punto sulle buone relazioni tra il Portogallo e la Santa Sede e per passare in rassegna il ruolo giocato dal Paese lusitano in Africa e in Asia. In un clima di cordialità, Benedetto XVI ha ricevuto stamattina in udienza il presidente della Repubblica portoghese, Aníbal Cavaco Silva, che si è successivamente intrattenuto in colloqui anche con il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e con il segretario per i Rapporti con i Stati, Dominique Mamberti. “Sono stati passati in rassegna - informa la nota ufficiale vaticana - diversi temi di comune interesse, riguardanti l’attuale situazione del Paese” e sono stati sottolineati i “buoni rapporti esistenti tra la Chiesa Cattolica e il Portogallo”, specialmente per ciò che concerne l’“attuazione del Concordato del 2004”. Inoltre, prosegue il comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, “le conversazioni hanno toccato pure alcuni aspetti dell’attualità internazionale, con particolare riferimento all’Europa e all’impegno del Portogallo nei confronti di alcuni Paesi africani ed asiatici”.
Al termine dell’udienza, il presidente portoghese ha donato a Benedetto XVI una preziosa copia anastatica della Dichiarazione di indipendenza dal Regno di Leon e Castiglia, con la quale il 5 ottobre 1143 fu costituita la Contea del Portogallo, divenuta poi regno autonomo con Alfonso Henriquez.
In udienza dal Papa il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che ha invitato Benedetto XVI a partecipare ad una speciale seduta del Consiglio comunale
◊ Tra le numerose udienze della mattinata, Benedetto XVI ha ricevuto anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Nel corso del colloquio, il primo cittadino ha invitato il Santo Padre a partecipare ad una seduta straordinaria del consiglio comunale. Su questo aspetto, Luca Collodi ha intervistato, poco prima dell’udienza, lo stesso sindaco Gianni Alemanno:
R. - Innanzitutto, è importante che questa decisione coinvolga sia maggioranza che opposizione. L’ordine del giorno di presentazione della mozione è stato firmato dal capogruppo del Popolo della libertà, del Partito democratico, dell’Italia dei valori e di tutti i gruppi minori. La nostra intenzione è quella di ascoltare il Santo Padre e di confrontarci con lui sul tema del ruolo internazionale, universale di Roma, questo valore che parte proprio dal fondamento della cultura cattolica del ruolo di Roma come centro internazionale e unico del cattolicesimo. Questo terreno credo sia il luogo del più alto confronto possibile che la città di Roma in tutte le sue appartenenze e visioni possa trovare.
D. - Proprio su questo, sindaco Alemanno, quanto conta la presenza della Chiesa per una persona impegnata nell’amministrazione di una metropoli come Roma?
R. - Noi siamo una città che ha due Stati al proprio interno ma al di là di questo abbiamo dentro di noi un messaggio che nel contempo fortemente legato a un’identità chiara e definita dai valori e che riesce a essere universale.
D. - Avete già qualche ipotesi di lavoro per valorizzare il Natale a Roma?
R. - Vogliamo ricominciare a rianimare il Natale e le festività natalizie: vogliamo ripartire dalla tradizione di Roma, facendo in modo che ci siano una serie di iniziative tali da valorizzare l’immagine, il ruolo, attrarre anche i turisti, ma facendo in modo che questa festa si possa realmente iscrivere nel cuore di Roma.
D. - Roma ha un nuovo vicario per il Papa: il cardinale Vallini. Vuole rivolgergli un saluto attraverso i microfoni della Radio Vaticana?
R. - Come ieri ho telefonato per salutare il cardinale Ruini, così questa mattina ho potuto telefonare per salutare il cardinal Vallini a cui rivolgo un saluto filiale. Sono convinto che la sua opera, come l’opera del cardinale Ruini, sarà fondamentale per far crescere la nostra città.
Nomine
◊ In Kenya, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Kitui mons. Anthony Muheria, finora vescovo di Embu.
In Polonia, il Papa ha nominato vescovo titolare di Suas ed ausiliare di Lublin (Polonia) mons. Józef Wróbel, dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, finora vescovo di Helsinki.
Nel Myanmar, Benedetto XVI ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Taunggyi il reverendo Basilio Athai, rettore del Seminario maggiore propedeutico St. Michael di Taunggyi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Tasaccora.
Intervista al cardinale Tarcisio Bertone di ritorno dalla Bielorussia: aperte vie nuove nel rapporto Stato-Chiesa
◊ “Per essere liberi non basta abbattere i muri. Bisogna diventare liberi dentro e questo è possibile solo incontrando nella persona di Gesù la verità di Dio”. È questa la consegna che domenica sera il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha lasciato alla Chiesa bielorussa a conclusione dei cinque giorni di visita. L'incontro con la comunità cattolica di Minsk è stato l'ultimo atto del viaggio, iniziato mercoledì 18 giugno. Al microfono di Roberto Piermarini, responsabile dei Servizi Informativi della nostra emittente e di Carlo Di Cicco, vice-direttore dell’Osservatore Romano, il cardinale Bertone si è soffermato sui momenti salienti della sua visita in Bielorussia, spiegando come i cattolici bielorussi stiano contribuendo alla ricostruzione materiale e morale del Paese uscito dalle ceneri del comunismo:
R. – I cattolici in Bielorussia sono una minoranza, ma numerosa e attiva; una minoranza che professa pubblicamente e, direi, entusiasticamente la propria fede. Segnata quindi dalla testimonianza di una ritrovata fede nel Signore Gesù e da una rinnovata pratica cristiana. Il primo impegno – tipicamente pastorale – è quello di educare le giovani generazioni alla fede e di rieducare le vecchie generazioni e le generazioni adulte alla fede, che è stata un po’ sopita e messa alla prova, anche con persecuzioni e sacrifici immani. E poi, i cattolici contribuiscono attraverso una testimonianza dei valori che sono apprezzati anche nella società, dall’autorità pubblica: il valore della vita, della famiglia, dell’educazione, della cura della salute, con tante iniziative di carattere solidaristico, e sociale. Pensiamo anche alla cura dei bambini e delle loro famiglie – si pensi alle conseguenze dell’effetto Chernobyl -. Il viaggio pastorale in Bielorussia l’ho incominciato con la visita ad un centro Caritas che ospita persone bisognose di aiuto. Questa profusione di solidarietà, di generosità – dicevo - è molto apprezzata dalla società civile e dalle stesse autorità.
D. – Quale specificità ha, in Bielorussia, il dialogo tra fede e ragione?
R. – Ha la caratteristica tipica di un confronto tra la ragione, le scienze, la cultura e la tradizione cristiana, la proposta culturale della Chiesa, così come avviene in ogni parte del mondo. Però, ci sono degli accenti particolari. Intanto, in Bielorussia c’è molta sete di questo confronto, molta sete di Dio e delle ragioni di Dio rispetto alle ragioni dell’uomo. Questo confronto tra Dio e l’uomo, soffocato durante la dittatura comunista, riemerge. Nella Università statale di Minsk c’è una bella Facoltà di Teologia, frequentata da ortodossi e da cattolici, dove proprio su questo tema specifico, ho tenuto una conferenza che mi è parsa molto ascoltata ed apprezzata. Il rettore dell’Università intende farne oggetto di ulteriore riflessione. La Facoltà è frequentata anche da non credenti che vogliono confrontarsi con le ragioni della fede. Nel teatro del palazzo del presidente della Repubblica – perché il Teatro di Minsk è in restauro – è stata rappresentata, non so dopo quante repliche, una bella opera: un balletto sulla Creazione. La storia di Dio Creatore è la storia dell’uomo amato da Dio e la storia dell’uomo ribelle, la lotta tra il bene e il male con la vittoria finale del bene. Questa tematica è stata rappresentata dal Balletto “Bolshoj” di Minsk. Ho chiesto se fa concorrenza al “Bolshoj” di Mosca. “A volte – mi hanno risposto - fa anche concorrenza”. Sono andato a vederlo anche per dare una testimonianza; ho salutato il regista che, peraltro, è una persona molto fine ed è molto sensibile a queste tematiche religiose. Egli mi ha raccontato che una delle prime rappresentazioni di quest’opera l’ha fatta davanti al cardinale di Cracovia, Karol Wojtyla, il quale al termine lo ha ringraziato dicendogli: “Ti ringrazio in nome di Dio”. Questi sono dei tratti molto belli; naturalmente, un’espressione simile è rimasta nella mente di questo regista, in maniera incancellabile, fino ad oggi.
D. – A che punto è il dialogo ecumenico in questa regione, e anche la convivenza tra i vari riti nella stessa Chiesa cattolica?
R. – Credo che sia in un momento oserei quasi dire idilliaco di concordia, di rispetto e di promozione reciproca delle iniziative delle diverse Chiese. Ho incontrato il metropolita ortodosso di Bielorussia, Filarete, che fa capo al Patriarcato di Mosca, ed i gerarchi ortodossi sono stati presenti ad ogni mia solenne celebrazione. A Grodno – ad esempio – era presente il vescovo ortodosso di Grodno, a Minsk un rappresentante della Chiesa ortodossa bielorussa. Il colloquio è stato molto interessante: con il metropolita abbiamo trattato problemi di comune interesse, anche il problema dei segni religiosi nella società. C’è anche una sana emulazione e collaborazione nella costruzione delle chiese, nel piantare i segni religiosi. Lui mi ha fatto vedere la galleria di tutte le chiese nuove costruite da quando è metropolita, e così apprezza anche che la Chiesa cattolica costruisca questi segni della presenza di Dio in mezzo agli uomini e nella vita della comunità credente. Tra i latini ed i greco-cattolici che sono presenti anche in Bielorussia c’è un rapporto molto fraterno, e il visitatore – c’è un visitatore greco-cattolico per i greco-cattolici di Bielorussia – è invitato a partecipare regolarmente alle riunioni della Conferenza episcopale: è venuto anche alle riunioni da me presiedute con la Conferenza episcopale bielorussa, e poi ha partecipato a tutte le celebrazioni. Ho visitato il loro Centro a Minsk: ci sono prospettive di sviluppo. Tra l’altro, poi, è difficile calcolare statisticamente le cifre degli appartenenti alle diverse confessioni – erano presenti all’ultima celebrazione a Minsk anche il rappresentante della Chiesa luterana e della Alleanza Biblica Mondiale, c’era un rappresentante della parte musulmana – perché i cristiani, e penso anche i credenti delle altre religioni, trovano il coraggio di manifestare la loro presenza nei momenti in cui si inaugura un luogo di culto, un luogo di riunione. Perché, sappiamo, dopo tanti anni di paura e di oppressione, l’uscita allo scoperto in pubblico è ancora prudente. Però, è interessante: c’è un clima non solo di tolleranza, ma di concordia, di vera concordia tra le varie confessioni e soprattutto tra le confessioni cristiane.
D. – Oltre a questi incontri ecumenici lei ha avuto anche incontri con le autorità governative e statali. Ci può dire quali risultati ha conseguito?
R. – Ho avuto incontri sia con il presidente della Repubblica, Aleksandr Lukašenko, con il quale sono stato un’ora e mezza, sia con il ministro degli Esteri, Martynov e con il presidente del Comitato per gli Affari religiosi e le minoranze etniche del Consiglio dei ministri, Guljako. Ho parlato in incontri ufficiali ma anche così, amichevolmente, nei trasferimenti o in altre circostanze di manifestazioni pubbliche. Il ministro degli Esteri ha dato un pranzo in mio onore, invitando alcune autorità. Gli incontri sono stati molto positivi e abbiamo raggiunto dei risultati concreti: anzitutto, c’è una prospettiva che sta facendosi strada, di stipulare un accordo vero e proprio con la Bielorussia, almeno un accordo fondamentale, che le due parti dovranno studiare, naturalmente. Tra parentesi, ricordo la nomina dell’ambasciatore di Bielorussia presso la Santa Sede, che ha presentato le Lettere credenziali. C’è un bel discorso del Papa all’ambasciatore che è una grande personalità. Il Corpo diplomatico accreditato in Bielorussia – ho incontrato alcuni ambasciatori – lavora bene, c’è un clima di collaborazione anche a livello diplomatico. Abbiamo ottenuto dei buoni risultati, ad esempio per quanto riguarda la possibilità di costruire nuove chiese, una nuova sede per la Nunziatura Apostolica e la sede dell’episcopio di Minsk. Quindi, credo che in Bielorussia, come peraltro negli altri Paesi soprattutto dell’area dell’Europa orientale, abbiamo aperto vie nuove che forse erano fino a poco tempo fa impensabili. Questo dimostra l’opportunità degli incontri personali, degli incontri faccia a faccia con i responsabili della vita civile o dei governi delle diverse Nazioni.
D. – Perché tanta passione educativa e tanto insistere sulla speranza nell’incontro con i giovani?
R. – I giovani sono una porzione eletta – come diceva Don Bosco – del popolo di Dio, della società e quindi suscitano da parte mia sempre una reazione di vicinanza e di intensità di sentimenti e di passione. Non dimentichiamo che una specialissima attenzione verso i giovani c’è stata da parte dei papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI in particolare. Nel mio viaggio sono andato ad incontrare un folto gruppo di giovani in un luogo particolare, cioè in una parrocchia salesiana, e quindi anche come salesiano ho particolarmente goduto di questo incontro con i giovani che mi sembrano già molto ben formati e protesi verso il futuro, verso una solida fede cristiana. Prima dei miei interventi hanno realizzato una specie di ‘recital’ molto bello, sulla lotta tra le tenebre e la luce, sul degrado dei giovani senza fede, senza ideali e quindi sulla necessità, sulla risorsa che la fede è, che la Chiesa è per i giovani, anche in Bielorussia come – credo – per quelli di ogni regione, di ogni continente. D’altra parte, i giovani che vedono e studiano la storia delle loro nazioni, delle loro società hanno bisogno di una iniezione di speranza. Certo, hanno più bisogno di speranza gli adulti, gli anziani che hanno subìto tante delusioni. I giovani sono ancora aperti al futuro, alle cose più belle. Bisogna sostenerli in questa apertura, nell’attesa e nella partecipazione personale alla costruzione di una società che sia a misura degli ideali umani, del progetto della creazione di Dio, e anche a misura delle promesse delle nazioni stesse e della comunità internazionale. I giovani hanno reagito molto positivamente: ho trovato una presenza continua e cospicua di giovani in tutte le celebrazioni, in tutte le manifestazioni pubbliche.
D. – Qual è l’immagine più significativa che le rimane di questo viaggio in Bielorussia?
R. – Vorrei dire un’immagine di un “grande vecchio”, del coraggioso e indomito cardinale Kazimierz Świątek. Ci sarebbero tante altre immagini, naturalmente, anche immagini di belle famiglie, della bella tradizione bielorussa, di un Paese che accoglie offrendo il pane e il sale. Auguro sempre che non manchi mai il pane della vita e il sale della sapienza, soprattutto ai giovani, ma anche alla nazione, a tutti i membri della nazione. Ma al di sopra di tutte rimane l’immagine di questo “grande vecchio” che ha sofferto tanto nella sua vita e che sta per compiere 94 anni. L’ho incontrato a Pinsk, e continua a lavorare con una forza straordinaria; a lavorare apostolicamente, con un progetto pastorale, con impegno veramente ammirevole. Mi ha raccontato tanti tratti della sua vita, tanti episodi della sua esistenza. Ci eravamo già incontrati parecchie volte, ma vederlo in loco, vederlo nella sua diocesi di Pinsk, e vedere di quale amore, di quale stima è circondato mi ha fortemente colpito. I giovani, nel loro ‘recital’, hanno parlato dei martiri, dei testimoni del passato e dei testimoni viventi, e allora hanno portato un mazzo di fiori, un dono al cardinale Świątek, come al testimone vivente, incrollabile di una fede che non vacilla, di una storia di fede che continua.
D. – Nei suoi discorsi dei viaggi precedenti ma in particolare in questo in Bielorussia, lei ha molto insistito sul primato della vita spirituale e sulla testimonianza credibile dei laici e specialmente del clero. E’ stata una scelta occasionale o voluta?
R. – Una scelta voluta, ovviamente; una scelta pensata, per il clero e per i laici. Sia perché sappiamo che la sorgente vera di fedeltà a Cristo e alla Chiesa e anche la sorgente vera di tutte le attività – anche delle attività caritative e solidaristiche – è una vita spirituale ardente, fervorosa. Tra l’altro, proprio il sabato 21 giugno ricorreva la memoria di San Luigi Gonzaga. Ho ricordato ai seminaristi che San Luigi Gonzaga a 12 anni aveva stabilito nel programma della sua giornata di dedicare cinque ore alla preghiera. Ho detto ai giovani che nemmeno noi vescovi e cardinali (forse) dedichiamo cinque ore quotidiane alla preghiera. Però, lì si attinge la forza, nell’amicizia con Cristo. E ciò vale per il clero, vale per i vescovi prima di tutti, ma vale anche per i laici: c’è la risorsa della vita spirituale che alimenta tutte le altre manifestazioni di autentica carità cristiana e tutte le forme di una esperienza cristiana, vissuta personalmente e comunitariamente. Credo che questo sia stato compreso, anche per non svuotarci in un attivismo pure meritevole: pensiamo a tutte le iniziative nel sociale, che sono molto apprezzate, ma che non toccano il cuore se non hanno quella linfa vitale che è l’ispirazione dell’amicizia con Cristo e l’ispirazione autenticamente evangelica.
D. – Le tematiche pastorali e religiose sono state prevalenti in questa come in altre sue precedenti visite compiute a nome del Papa. C’è davvero un nuovo corso nella diplomazia vaticana?
R. – Sono convinto – l’abbiamo detto in questi anni – che la diplomazia della Santa Sede cammina per così dire con due ali: un’ala tipica di impegno pastorale, perché i rappresentanti pontifici nelle diverse nazioni, per statuto, devono essere di aiuto e di sostegno alle Chiese locali; e poi la missione di coltivare, migliorare e intensificare i rapporti con le autorità civili e nazionali. Nei miei viaggi pastorali metto sempre al primo punto la visita alle Conferenze episcopali e alle diocesi. Sottolineo la visita alle diocesi. Naturalmente, nei limiti del possibile, perché non posso visitare tutte le diocesi di una nazione. Per esempio, in Bielorussia ho visitato le diocesi di Minsk, di Pinsk, di Grodno. Ho tralasciato per ora – chissà, in futuro – la diocesi di Vitebsk. Il Vescovo aveva tanto desiderio che andassi anche in quella diocesi, in quella regione che ha dei problemi particolari. La visita alle comunità diocesane è molto attesa e la visita poi del primo collaboratore del Papa in qualche modo rappresenta la vicinanza del Papa, le indicazioni, l’indirizzo che il Papa imprime anche all’attività pastorale, perché naturalmente tutti i miei discorsi hanno come punto di riferimento il magistero di Papa Benedetto XVI, come anche il magistero dei Papi precedenti, in modo particolare di Papa Giovanni Paolo II. Perciò, prima di tutto i miei viaggi hanno un accento pastorale: la visita ai vescovi, alle diocesi, alle comunità locali, ai giovani. Come ho detto, in Bielorussia ho incominciato con la visita a quel Centro Caritas proprio per dare un segno di priorità e di preferenza, che sia conforme all’ispirazione evangelica della nostra vita, anche della vita di un diplomatico, di un rappresentante pontificio. Poi, c’è l’altro aspetto che naturalmente impegna molto, che caratterizza queste visite pastorali: il rapporto, gli incontri diretti con le autorità civili.
D. – Come si collocano i frequenti viaggi del segretario di Stato nel piano di rinnovamento che Benedetto XVI va proponendo alla Chiesa e alla Curia?
R. – Anzitutto, i viaggi del segretario di Stato sono pienamente concordati con il Santo Padre, il quale li condivide, così come condivide le scelte delle nazioni da visitare, in considerazione delle necessità delle varie nazioni e chiese sparse nel mondo. E’ il Papa che manda, è il Papa che segue lo svolgimento dei viaggi e che riceve sia dai vescovi, sia dai nunzi apostolici le notizie e le informazioni sui viaggi. Anche al mio ritorno dalla Bielorussia, nella prima udienza che ho avuto con il Santo Padre, il giorno successivo, il Papa stesso ha espresso la gioia di avere ascoltato dalla viva voce dai vescovi i risultati positivi, le nuove strade aperte nei viaggi precedenti. Questo è bello, perché fa vedere l’opportunità, l’efficacia di questi viaggi nelle due linee. Non voglio dimenticare che cerco di incontrare i seminaristi. Essi sono – lo sappiamo – la risorsa della Chiesa del futuro, la vita nuova della Chiesa. In Bielorussia ci sono due bei seminari maggiori che hanno molte vocazioni, credo in tutto circa 200 seminaristi maggiori. Possono crescere, anche trasformarsi in Facoltà di teologia, anche se c’è quella Facoltà di Teologia all’Università statale di Minsk riconosciuta come facoltà vera e propria. Questo dice anche la finalità: portare la voce del Papa ai candidati del sacerdozio, ai nuovi sacerdoti, ai professori di teologia, e questo mi sembra un contributo importante per continuare nella scia del magistero del Santo Padre, a indirizzarli nel contesto attuale, quindi tra le sfide del mondo attuale, secondo orientamenti precisi. E’ in questo spirito che è stata ribadita, confermata la profonda comunione con il Papa e con la Santa Sede, non solo a livello di Seminari, ma come atteggiamento convinto e condiviso di tutte le Chiese locali.
Padre Federico Lombardi: in Zimbabwe intimidazioni inaccettabili, necessario il rispetto della libertà
◊ La controversa vicenda della tornata elettorale, celebrata ieri in Zimbabwe, oltre che dalla Chiesa dello Stato africano è seguita con attenzione anche da parte della Santa Sede. Il direttore della Sala Stampa Vaticana, e nostro direttore generale, padre Federico Lombardi si sofferma sullo scenario del Paese con alcune riflessioni, ispirate dalle recenti parole di Benedetto XVI dedicate all'Africa:
“Senza giustizia, senza la lotta contro ogni forma di corruzione, senza il rispetto delle regole del diritto, è impossibile costruire una pace vera, ed è chiaro che i cittadini avranno difficoltà a confidare nei loro dirigenti; inoltre, senza il rispetto della libertà di ogni individuo non vi può essere pace”. Benedetto XVI lo ha detto ricevendo il nuovo ambasciatore del Gabon, ma rivolgendosi a tutte le autorità del continente africano. Il pensiero è andato immediatamente allo Zimbabwe, che vive un periodo drammatico per le elezioni presidenziali che si svolgono in un clima di violenza e intimidazione inaccettabile. Molte voci si sono levate per denunciare la situazione. I vescovi cattolici del Sudafrica dichiarano queste elezioni una finzione giuridica e rilevano che la “disperata situazione di violenza, la carestia e l’insicurezza potrebbero portare ad una vasta crisi umanitaria in tutta la regione sudafricana”.
Lo Zimbabwe aveva un’agricoltura e un’economia invidiati da molti altri Paesi dell’Africa; poteva essere sulla buona strada dello sviluppo; ora si trova in una situazione drammatica, principalmente per le responsabilità del suo stesso governo. Il Papa, alle Nazioni Unite, ha parlato con franchezza della “responsabilità di proteggere” che incombe alla comunità internazionale quando un popolo sembra abbandonato a un potere incapace di provvedere al bene comune. Questo principio viene ora invocato dal Consiglio ecumenico delle Chiese, nel caso concreto dello Zimbabwe. Stiamo assistendo a un nuovo capitolo dei drammi dell’Africa. Sapremo trovare finalmente la decisione necessaria per aiutare gli africani ad affrontarli efficacemente?
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, una riflessione del cardinale Walter Kasper sulla figura di san Paolo tra dialogo e testimonianza.
Aperte vie finora impensabili: l'intervista rilasciata dal cardinale Tarcisio Bertone - dopo il viaggio in Bielorussia - a "L'Osservatore Romano", alla Radio Vaticana e al Centro Televisivo Vaticano.
Nell'informazione internazionale, in rilievo lo Zimbabwe: le Nazioni Unite criticano il voto per il ballottaggio presidenziale perché non libero e corretto.
Cosa avvenne davvero su quella strada: in cultura, Romano Penna indaga l'enigma di Damasco.
Una croce come trono, una decapitazione come corona: Inos Biffi sull'inno di Ambrogio per la memoria dei Santi Pietro e Paolo.
Il peccato non intacca l'unità della comunità cattolica: un articolo di Nicola Bux sulla Chiesa indivisa grazie al primato romano.
Il nuovo vicario di Roma il cardinale Agostino Vallini: è un incarico di fiducia del Papa, mi rifarò alla Gaudium et Spes
◊ “Fare sempre meglio per il bene della Chiesa che è a Roma”. E’ l’incoraggiamento del Papa rivolto ieri al nuovo vicario di Sua Santità per la diocesi di Roma, il cardinale Agostino Vallini. Il porporato ha raccolto l’eredità del cardinale Camillo Ruini, che ha lasciato per raggiunti limiti di età. Molti gli auguri arrivati al porporato dal mondo istituzionale italiano a partire dal premier Berlusconi, che gli ha auspicato “ogni successo nella delicata missione pastorale”. Al microfono di Luca Collodi, le impressioni del cardinal Agostino Vallini di fronte a questo suo nuovo incarico:
R. - Innanzitutto, è un incarico di fiducia da parte del Santo Padre, che ancora una volta ringrazio, e che è stato motivo di grande commozione e al tempo stesso, come dicevo ieri, di trepidazione, perché Roma è una grande diocesi, è la diocesi in cui è vescovo il Romano Pontefice. Collaborare dunque al fianco del Papa, certamente chiede una maggiore attenzione e responsabilità. Spero di mettercela tutta.
D. - Eminenza, i convegni della diocesi di Roma, negli ultimi tempi, hanno sottolineato il tema della emergenza educativa. Secondo lei, come si può approfondire meglio questo tema, proprio sul piano pastorale?
R. - Direi che, al fondo della emergenza educativa - sottolineata dal Santo Padre con la sua lettera e poi ripresa nel suo discorso al Convegno diocesano di alcuni giorni fa quando ha detto che è una sfida ineludibile - dal punto di vista pastorale per noi si traduce innanzitutto nel bisogno di una più attenta, articolata e profonda evangelizzazione. Poi, ci sono gli altri aspetti che riguardano una pastorale familiare, la pastorale giovanile e anche il collegamento con le istituzioni civili, con altre agenzie formative, come oggi si usa dire: ovvero, luoghi formativi dove agire in sinergia, per quanto pastoralmente ci sarà possibile, è un dovere per il bene dell’uomo.
D. - Come ipotizza la sua azione pastorale in una città così complessa come Roma, anche sul piano sociale?
R. - Chiederò aiuto a tutti, a cominciare dal vicegerente, dai vescovi ausiliari, dai prefetti, dai sacerdoti. Per conoscere, ho bisogno di un periodo di noviziato. Chiederò consiglio al cardinale Ruini, che conosce molto bene la realtà. Dopo di che, insieme con il Consiglio episcopale vedremo come muoverci, sottoponendo al Santo Padre le scelte che sarà opportuno predisporre.
D. - Quale sarà il rapporto con le istituzioni civili, le istituzioni locali, il Comune, la Provincia e anche in parte la Regione per ciò che riguarda Roma: il suo elemento sociale, la povertà, i bisogni della città?
R. - La "stella polare" è la dottrina del Concilio Vaticano II sui rapporti Chiesa e comunità politica, dove al numero 76 della Gaudium et Spes, il Concilio già stabilisce i binari di questi rapporti. Sono rapporti di collaborazione leale, sincera e di un comune impegno per il bene comune. Lo vediamo anche camminando per la strada: c’è tanta gente che soffre. In questo senso, la dimensione della caritas - che per noi non è l’elemosina o l’occasionale aiuto, ma è un’espressione dell’amore di Gesù, paziente nella vita delle persone, dei fratelli sofferenti - sarà un punto sul quale continueremo, così come sempre Roma ha fatto, in modo molto lodevole.
Le catechesi del Papa sui Padri della Chiesa raccolte nel volume pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana. Intervista con don Giuseppe Costa
◊ Pubblicate in un volume della Libreria Editrice Vaticana le catechesi tenute da Benedetto XVI in occasione delle udienze generali dal 7 marzo 2007 al 27 febbraio 2008. Si tratta di un anno durante il quale il Papa ha dedicato le sue riflessioni del mercoledì ai Padri della Chiesa, in particolare, come recita il sottotitolo, "da Clemente Romano a Sant’Agostino”. Ce ne parla, nell’intervista di Fausta Speranza, don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana:
R. - All’interno c’è tutto un percorso particolare che invita gli ascoltatori e i lettori a delle riflessioni ben precise. Il Santo Padre sta continuando le sue catechesi proprio su questo tema, su questi testimoni della nostra storia ecclesiale. Sono, quindi, dei punti di riferimento per chiunque voglia conoscere la Chiesa e la sua storia. Si tratta di una galleria di 26 affreschi, ciascuno dei quali è dedicato a un autore.
D. - Ci fa qualche nome in questo arco di nome dal 7 marzo 2007 al 27 febbraio 2008: quali sono i padri della Chiesa di cui ha parlato il Papa?
R. - Intanto, si incomincia da Clemente Romano e si chiude poi con Sant’Agostino, quest’ultimo molto caro al Santo Padre al quale dedica ben 5 interventi. Poi troviamo il popolarissimo Ignazio d’Antiochia, Giustino, Ireneo. Andando poi più avanti, saltandone qualcuno, troviamo Basilio, Gregorio di Nazianzio, Giovanni Crisostomo, Sant’Ambrogio, che e assieme agli altri costituiscono veramente un percorso ricco di spiritualità e di insegnamenti.
D. - Don Costa, c’è una scelta editoriale particolare dietro il fatto di pubblicare le catechesi dell’udienza generale senza introduzione e senza altre informazioni, come mai?
R. - Per la semplicità e l’immediatezza del testo, così come si propone di per sé stesso, sia per l’autorità di chi ha preparato le catechesi e di chi le ha tenute, sia per il linguaggio immediato e vivace, del Santo Padre, che stimola ad una lettura più attenta e più facile.
R. - Don Costa, è vero che ci sono già state delle prenotazioni per edizioni in altre lingue richieste dall’estero?
R. - Ci sono i contratti firmati per ben 30 editori di 11 Paesi.
D. - Quali sono?
R. - La Croazia, la Francia, la Conferenza episcopale del Giappone, gli Stati Uniti, la Polonia con tre editori, il Portogallo e il Brasile con tre editori ciascuno, la Spagna, l’Argentina. Ci sono ben quattro editori tedeschi e altre richieste ci verranno prossimamente: questo significa che c’è attesa per questa parola, per questi interventi del Santo Padre.
D. - Il Papa all’udienza generale continua a dedicare la sua catechesi a Padri della Chiesa, possiamo dunque azzardare che ci sarà un altro testo che proseguirà poi le altre catechesi?
R. - Certo, poi, di questo stesso faremo una edizione per Natale con un percorso artistico sul modello della catechesi sugli Apostoli che è raccolta nel primo volume.
Il commento al Vangelo della domenica del teologo don Massimo Serretti
◊ Nel Vangelo della solennità dei Santi Pietro e Paolo, al centro della liturgia domenicale di domani, Gesù dopo aver chiesto ai suoi Discepoli cosa dica la gente di lui, ascolta la profonda confessione di fede di Pietro e gli dice:
"Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa".
Sul significato di questo brano evangelico, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:
(musica)
La solennità di Pietro e Paolo Apostoli offre l'occasione per ringraziare il Signore del dono degli apostoli sui quali ha voluto edificare la Sua Chiesa.
In particolare oggi si ricorda questo binomio singolare, ma anche esemplare: Pietro e Paolo.
Pietro a cui, in seguito alla sua confessione sull'identità di Gesù, questi assegna il primato. Egli è stabilito come Roccia e come Pastore. Entrambi i termini, in tutto l'Antico Testamento sono attributi di Dio. Dio è la Roccia, Dio è il Pastore del suo popolo. Su questa divinità del dono si fonda l'inviolabilità della Chiesa da parte del nemico.
Anche Paolo è costituito dall'Alto, ma, inizialmente, al di fuori della cerchia dei Dodici. La sua chiamata è altissima, il suo compito enorme, ma ciò non toglie che anch'egli debba riferirsi a Pietro «per non rischiare di aver corso invano» (Gal 2, 2).
In questo modo il Signore ha dimostrato, una volta per sempre, che tutti i carismi, anche i più grandi, non hanno in se stessi, ma in Pietro il loro punto di verità.
Al di fuori del riferimento a Pietro, l'umanità è destinata all'erranza e alla dispersione. In Pietro può ritornare in se stessa e sperimentare la vera unità.
(musica)
I vescovi del Camerun scrivono una Lettera Pastorale in occasione dell’anno Paolino
◊ I vescovi del Camerun, “in comunione con la Chiesa universale”, hanno scritto una Lettera pastorale, inviata all’agenzia Fides, in cui accolgono con gioia l’iniziativa di Papa Benedetto XVI di indire un anno Giubilare dedicato a San Paolo in occasione del bimillenario dalla sua nascita. Un modo per “riscoprire la figura dell’apostolo, della sua vita, delle sue attività e dei suoi numerosi viaggi - scrivono - rileggere le sue lettere alle prime comunità cristiane, rivivere i primi tempi della Chiesa, approfondire gli insegnamenti e meditare sulla sua vigorosa spiritualità di fede, speranza e carità, rivitalizzare la nostra fede e il nostro posto nella Chiesa di oggi, pregare e agire per l’unità della Chiesa, ‘corpo mistico di Cristo’”. I vescovi, nella lettera, pongono l’attenzione sui seguenti punti della vita di San Paolo che possono stimolare i fedeli alla riflessione: la difficoltà a vivere la fede, l’incontro con Cristo e la trasformazione della persona, l’incontro con Anania e l’importanza degli altri, l’impegno e l’azione missionaria. Ricordano, inoltre, “i numerosi evangelizzatori che hanno seguito l’esempio di San Paolo” tramandandolo fino ai giorni nostri: i missionari Pallottini, i sacerdoti del Sacro Cuore, gli Spiritani, i missionari di Mill Hill, gli Oblati di Maria Immacolata, le persone consacrate, il clero autoctono e la moltitudine dei catechisti. Il programma dell’anno Paolino prevede tre tappe in Camerun: l’apertura solenne il 29 giugno 2008, una manifestazione ecumenica nel gennaio 2009, durante la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, e la chiusura nel corso dell’Assemblea plenaria dei vescovi, tra il 22 e il 28 giugno 2009. Inoltre, sono previste processioni parrocchiali, una pubblicazione divulgativa, la lettura approfondita dei testi e l’avvio di opere sociali ispirate alla figura del Santo, in onore del quale è stata composta una preghiera, numerosi canti a una rappresentazione teatrale. (R.B.)
I vescovi dell'Ecuador contro l'articolo della Costituente che deroga ai genitori "quando e quanti" figli avere: è un modo surrettizio di aprire all'aborto senza limiti
◊ “Molti ecuadoriani, con profonda preoccupazione e angoscia, abbiamo appreso la notizia sugli articoli approvati lo scorso 24 giugno da parte dell’Assemblea costituente”. Lo scrivono i presuli dell’Ecuador in una dichiarazione della Conferenza episcopale che rileva la gravità del contenuto dell’articolo 8, che stabilisce che “ogni persona ha il diritto a decidere quando e quanti figli o figlie vuole procreare”. “Tale diritto - sostengono mons. Antonio Arregui Yarza, arcivescovo di Guayaquil e mons. Angel Polivio Sánchez Loaiza, vescovo di Guaranda, rispettivamente presidente segretario generale dell’episcopato - viene offerto come un qualcosa senza limiti e assoluto, senza la clausola condizionante rispetto ad altri diritti stabiliti in altri articoli; formula che pure nel medesimo capitolo è spesso invocata nel caso di altre situazioni. A questo punto - proseguono i presuli - chiunque può capire che viene sancito come diritto la possibile decisione di abortire, da prendere in qualsiasi momento della gravidanza. Il padre e la madre della creatura non ancora nata, con il suo diritto a decidere quando avere un figlio, potrebbero non avere il figlio o figlia alla vigilia del parto”. La "generica inviolabilità della vita", sancita nel articolo 1, lascia dunque spazio, sottolinea la nota, "al diritto assoluto dei genitori e ciò perché non viene determinato a partire da quando la vita è inviolabile. Per questi motivi - asseriscono i vescovi ecuadoriani - riteniamo che agendo in questo modo è stato introdotto un testo costituzionale abortista. Si proteggono molti diritti ma non il diritto a vivere degli esseri umani non ancora nati”. Secondo i presuli, in questo modo i costituenti “lasciano le cose nelle mani dei privati cittadini e dunque si privatizza il diritto alla vita”. La Conferenza episcopale dell’Ecuador lancia un appello ai legislatori affinché evitino di “attentare contro la vita”, cosa che, aggiungono “appare molto chiara seppure è stato in forma velata”. I presuli ricordano che occorre invece proteggere “l’amore per la vita, cosa che caratterizza la cultura del Paese così come gli ecuadoriani intendono la loro società e la legge. “Tutto l’impianto della Costituzione che si discute nonché il suo progetto politico di fondo saranno così contaminati di inumanità per un’inaccettabile indifferenza dello Stato di fronte alla morte deliberata di innocenti”. I vescovi concludono implorando al Signore della vita che non si arrivi ad un’applicazione legale di questi articoli e mentre confidano nella coesione sociale del paese per rifiutare tale impianto, ricordano quanto detto nell’Istruzione della Congregazione per dottrina della fede nel novembre 2002: “La coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti (…) Poiché la fede costituisce come un’unità inscindibile, non è logico l’isolamento di uno solo dei suoi contenuti a scapito della totalità della dottrina cattolica (…) L’impegno politico per un aspetto isolato della dottrina sociale della Chiesa non è sufficiente ad esaurire la responsabilità per il bene comune. Né il cattolico può pensare di delegare ad altri l’impegno che gli proviene dal vangelo di Gesù Cristo perché la verità sull’uomo e sul mondo possa essere annunciata e raggiunta”. (A cura di Luis Badilla)
Lo Stato indiano dell’Andhra Pradesh offre un sussidio economico ai cristiani bisognosi che vogliono andare in Terra Santa
◊ La Federazione delle Chiese dell’Andhra Pradesh, un forum ecumenico presente nello Stato indiano, ha chiesto al governo di utilizzare un fondo statale di 20 milioni di rupie per finanziare il pellegrinaggio in Terra Santa dei cristiani bisognosi. Il fondo, già previsto nel bilancio nazionale dal governo che offre un sussidio ai musulmani poveri che vogliono recarsi alla Mecca, stando a quanto detto dal segretario generale del forum, padre Anthoniraj Thumma, all’agenzia Uca News ripresa dall’Osservatore Romano, andrebbe perduto se non utilizzato entro il 3 marzo 2009. L’Andhra Pradesh è il primo Stato indiano ad assegnare un sussidio ai cristiani, che sono circa un milione di persone contro i sette milioni di islamici (la minoranza religiosa più consistente) e la maggioranza di indù. I finanziamenti saranno riservati ai cittadini poveri “più meritevoli”, soprattutto alle coppie e agli ultracinquantenni: si calcola che un migliaio di persone potranno così andare in Terra Santa. La Federazione delle Chiese ha inoltre proposto di costituire un comitato di controllo di cinque membri per selezionare i beneficiari del fondo. Il segretario dell’arcidiocesi di Hyderabad, James Sylvester, ha comunque espresso preoccupazione per tutti coloro che rimarranno esclusi dai finanziamenti. (R.B.)
Riserve dei vescovi spagnoli su "Jesus. Aproximacion historica", best-seller di José Antonio Pagola
◊ In Spagna, la Commissione episcopale per la Dottrina della fede ha diffuso una nota di chiarimento sul libro "Jesus. Aproximacion historica" di José Antonio Pagola. Il libro, uscito sei mesi fa, è già alla ottava edizione. Pur apprezzato, dunque, esso ha provocato tra i fedeli confusione e proteste. L'autore si è dichiarato pronto ad intraprendere una revisione del testo, ma la Commissione episcopale ha voluto esprimere le proprie riserve. Sotto il profilo metodologico, rilevano i vescovi, vi sono nel libro una rottura tra la fede e la ricerca storica, una sfiducia nella storicità dei Vangeli ed un approccio alla storia con presupposti ideologici, che chiudono la vita di Gesù e la sua predicazione del Regno in un orizzonte prevalentemente terreno. Quanto alle questioni dottrinali, l'avvicinamento di Pagola a Gesù, "ne esclude la filiazione divina, riducendolo ad un profeta cui stanno a cuore soltanto i disgraziati". L'autore tace sulla redenzione del peccato operata da Gesù, rileva ancora la nota dei vescovi spagnoli. In definitiva, accade anche che il libro, pur senza negarlo, delegittima di fatto l'insegnamento della Chiesa su Gesù, giudicandolo come infondato. (A.M.)
Shalom Soua: una casa di accoglienza per i bambini della Costa d'Avorio
◊ Sono oltre cinquanta i bambini che possono trovare ospitalità a Shalom Soua, una casa famiglia ad Ayamé, nel cuore della Costa d’Avorio. Aperto cinque anni fa, questo centro - grazie alla disponibilità di volontari, religiosi e medici - accoglie anche numerosi neonati. Promotrici dell’iniziativa, riferisce l’Osservatore Romano, diverse associazioni ONLUS italiane, tra cui l’Agenzia n.1 di Pavia per Ayamé e la ABCS di Verona. L’intento è quello di aiutare le madri nell’educazione alimentare e curare i neonati sieropositivi o affetti da altre gravi patologie. In Costa d’Avorio, sebbene la diffusione dell’HIV sia in calo, le persone colpite dall’epidemia sono ancora 600 mila, di cui circa la metà donne. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si tratta della media più alta in Africa Occidentale. Due anni fa, Shalom Soua si è spostata rispetto all’area ospedaliera in cui era sorta e si è allargata inaugurando, tra l’altro, una nuova pouponniére. Al suo interno, viene rispettato il tradizionale modo di vivere africano e oltre a cibo, vestiario e cure sanitarie viene offerta ai piccoli anche un’istruzione adeguata. A sostenere economicamente il centro, il Cosopopo: un comitato costituito dalle associazioni fondatrici, che si occupa di raccogliere contributi e donazioni. (S.G.)
Repubblica Centrafricana: ancora allarmante la situazione umanitaria secondo l'ultimo Rapporto dell'ONU
◊ Una situazione d’emergenza in cui si registrano solo modesti passi avanti. Così il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, descrive le condizioni umanitarie della Repubblica Centrafricana: condizioni tali da “rendere vittime i civili innocenti e lasciare i responsabili della sicurezza - i movimenti ribelli e i banditi comuni - liberi di commettere crimini in totale impunità”. In un Rapporto presentato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon ha sottolineato però anche gli sforzi compiuti per promuovere il dialogo, a cominciare dalla tregua firmata il 9 maggio scorso tra il governo e i ribelli del nord, cui è seguito, pochi giorni fa, un accordo di pace. Di conseguenza - informa la MISNA - nelle ultime settimane il nord del Paese avrebbe assistito ad una diminuzione degli scontri tra ribelli ed esercito regolare, sostituiti però da scorribande di gruppi armati che avrebbero costretto alla fuga oltre 100 mila persone. Il Rapporto rileva inoltre che nuovi focolai di tensione sarebbero cominciati nel sudovest del Paese per la presunta infiltrazione di ribelli ugandesi del sedicente Esercito di resistenza del signore (LRA), staccatisi dalle loro basi nel sud Sudan per attaccare villaggi e compiere scorrerie. (S.G.)
Nuovo impegno dell'Unione Europea per il diritto all'istruzione dei figli dei migranti
◊ Scarso accesso all’Università e cattivi risultati, soprattutto in matematica, scienze e materie letterarie. Questi i problemi più evidenti nell’istruzione dei figli dei migranti, tema inserito dalla Commissione europea nell’ormai imminente pacchetto di proposte per una nuova agenda sociale, prevista per il 2 luglio prossimo. Sul sito EUobserver.com, ripreso dall’agenzia Redattore sociale, si anticipa che il documento sottolinea l’allarmante segregazione e gli scarsi esiti scolastici dei figli dei migranti e apre un dibattito sulla necessità di adattamento delle attuali regole comunitarie, risalenti al 1977. Viene anche esaminata la tendenza a creare delle "scuole ghetto", dato che sempre più famiglie, a cominciare da quelle benestanti, iscrivono i propri figli in istituti con scarsa presenza di alunni stranieri. Le scuole stesse, inoltre, tendono a segregare, raggruppando i figli di stranieri in classi di minor livello o con un continuo cambio di professori. C’è un’evidente tendenza a orientare il percorso scolastico di questi ragazzi verso scuole professionali, che difficilmente portano a un’istruzione superiore o universitaria, con ricadute rilevanti sull’intero processo di integrazione. Secondo il Commissario all’educazione Jan Figel, la segregazione scolastica fa sì che l’educazione sia non un terreno di integrazione ma di "dis-integrazione”. Dato che la regolamentazione nel campo dell’educazione è largamente in mano ai 27 Paesi membri, Bruxelles non può che limitarsi a delle raccomandazioni, ma si tratta comunque di un problema comune a tutti, con un rilievo più marcato nella vecchia Europa a 15, dove circa il 10% degli studenti di 15 anni o è nato all’estero o ha genitori stranieri. Aumenti particolarmente alti si sono registrati in Italia, Spagna, Irlanda, in cui la popolazione di studenti ‘migranti’ è triplicata o quadruplicata dal 2000 a oggi. (S.G.)
In Francia, sciolta la Conferenza delle Organizzazioni cattoliche internazionali
◊ Addio alla Conferenza delle Organizzazioni internazionali cattoliche (COIC): nei giorni scorsi, infatti, l’assemblea generale, convocata in seduta straordinaria, ha approvato lo scioglimento dell’istituzione. Nata nel 1927 con il nome di “Conferenza dei Presidenti", la COIC si è istituzionalizzata e nel 1951 si è dotata di una personalità giuridica. Il riconoscimento ufficiale da parte della Santa Sede è stato accordato nel 1953, in occasione della prima Assemblea generale a Roma. L’istituto voleva essere uno spazio di riflessione e d’intesa per le Organizzazioni internazionali dei laici (uomini e donne) riconosciute dalla Santa Sede, impegnati soprattutto nella difesa dell’uomo in campo politico, economico, sociale, culturale e spirituale. La decisione dello scioglimento, si legge in una nota della stessa COIC, “ha come obiettivo principale quello di lasciare spazio ad un nuovo Forum composto di un centinaio di Organizzazioni non governative di ispirazione cattolica che si sono riunite per la prima volta a Roma nel novembre del 2007, su iniziativa della Segreteria di Stato del Vaticano“. Questa nuova piattaforma - continua la nota - privilegia gli scambi in rete in modo da rendere più efficace la presenza e i contributi da apportare di fronte alle sfide globali del mondo, nel quadro delle Nazioni Unite e di altre istanze intergovernative”. (I.P.)
Australia: soddisfazione della Commissione cattolica per i rapporti di lavoro per l'introduzione del salario minimo
◊ “Una conquista significativa”: così la Chiesa cattolica australiana definisce l’introduzione del salario statale minimo per i lavoratori del Nuovo Galles del Sud. In una nota diffusa dalla Commissione cattolica per i rapporti di lavoro (CCER), facente capo ai vescovi del Nuovo Galles del Sud, si sottolinea come “la Chiesa, attraverso la sua Dottrina sociale, ribadisca la dignità dei lavoratori e supporti i poveri e gli indifesi”. Essa inoltre, continua la nota, “sostiene gli sforzi dei lavoratori nel fare esperienza, ottenere un impiego, mantenere una famiglia e vivere in modo indipendente. Un adulto deve poter guadagnare un salario minimo che gli permetta di mantenere se stesso e la propria famiglia e di non vivere in povertà”. Per questo, la CCER ribadisce che l’introduzione di un salario minimo di 552,70 dollari australiani, destinati ai lavoratori del Nuovo Galles del Sud non coperti da un premio assicurativo o da un accordo di impresa, “è importante per garantire a tutti i lavoratori una rete di sicurezza minima”. In precedenza, infatti, l’assenza del salario minimo impediva agli operai di usufruire degli aumenti annuali sanciti dalla Cassa salariale dello Stato. Infine, la CCER ricorda il ruolo della Chiesa nella “cura pastorale continua delle persone più emarginate della società”. (I.P.)
In Romania, parlamentari europei costernati per la costruzione a Bucarest di un albergo accanto alla cattedrale cattolica
◊ Il Parlamento europeo sostiene l’arcidiocesi cattolica di Bucarest nella protesta contro la costruzione dell’edificio “Cathedral Plaza” nelle vicinanze della cattedrale. Lo hanno affermato i membri della Commissione per le Petizioni del Parlamento europeo, in visita ufficiale a Bucarest in questi giorni. I parlamentari, secondo quanto riportato dall’agenzia SIR, hanno visitato ieri la cattedrale e si sono detti “costernati” dalla realtà dei fatti. Durante l’incontro avuto con l’arcivescovo Ioan Robu, i parlamentari europei hanno invitato la Chiesa di Bucarest a sostenere la propria posizione nei dibattiti che avranno luogo in sede europea per la soluzione della questione. Nel 2007, più di 400 europarlamentari hanno firmato una dichiarazione (n. 54/2007) nella quale hanno condannato “la costruzione illegale di questo edificio, che mette in pericolo la cattedrale e il palazzo metropolitano, considerati monumenti storici di architettura in Romania”. La visita a Bucarest della Commissione per le Petizioni del Parlamento europeo è dovuta al fatto che la Commissione dovrà pronunciarsi presto sulla petizione formulata dall’Arcidiocesi di Bucarest. I lavori di costruzione dell’edificio Cathedral Plaza, arrivati ormai ad uno stato avanzato, sono sospesi dall’agosto 2007, in seguito alla decisione della Corte di Appello. (A.M.)
In provincia di Caserta, Festival dell'impegno nelle ex case confiscate ai boss
◊ Parlare di legalità e impegno sociale nelle case degli ex boss del clan della camorra più pericoloso d’Italia. Portare la società civile nelle stanze in cui si pianificavano estorsioni e assassinii, appalti e acquisizioni di squadre di calcio. Il tutto poco più di una settimana dopo la conferma delle condanne all’ergastolo in appello. È il senso della tre-giorni "Le terre di don Peppe Diana", Festival dell’impegno intitolato al sacerdote ucciso dalla camorra, iniziato ieri a Casal di Principe, la cittadina della provincia di Caserta epicentro del clan di "Sandokan" e che si svolgerà anche nei comuni vicini, fino a domenica sera. "L’iniziativa - spiega il sacerdote don Tonino Palmese, tra i promotori del Festival - è una presa di possesso da parte dei casertani di pezzi delle loro città che finora erano dominio della camorra". I dibattiti e gli incontri culturali - informa il quotidiano Avvenire - si terranno infatti in strutture che ora sono centri pubblici, ma che un tempo erano le case di boss temibili, tutti sodali di Francesco Schiavone "Sandokan". «E non è un caso - aggiunge Valerio Taglione, scout di Casale - che per il festival utilizziamo questi edifici: è simbolo". E non è un caso che anche lo Stato segua l’esempio dei volontari utilizzando beni confiscati. Intanto, ieri è stata proposta una medaglia al valor civile per le persone uccise dalla camorra. (S.G.)
In Corea del Sud, 50 anni fa nasceva con i missionari americani di Maryknoll la diocesi di Cheongju
◊ 23 giugno 1958-23 giugno 2008: sono trascorsi esattamente 50 anni da quando la diocesi di Cheongju, nella Corea del Sud, è stata fondata. Affidata originariamente ai missionari americani di Maryknoll, la diocesi è cresciuta con gli anni ed ora - ha ricordato il vescovo locale, Gabriel Chang Bong-hun, durante una Messa celebrata per ricordare l’anniversario - “è tempo di donare”, poiché “nell’arco di mezzo secolo, abbiamo ricevuto molto dai Padri e dai Fratelli di Maryknoll, così come dai cattolici americani”. “Per mezzo dei missionari di Maryknoll - ha proseguito il presule - Dio ha salvato molte persone colpite dalla miseria, soprattutto in questa provincia di Chuncheongbuk, nota per la sua povertà; molte persone sono state curate, aiutate, vivificate nella speranza”. Situata ad un centinaio di km a sud di Seoul, - riferisce l'APIC - la diocesi di Cheongju ha visto avvicendarsi, nel corso degli anni, circa 80 missionari di Maryknoll, mentre i cattolici sono passati dai 21 mila del 1958 ai 141 mila nel 2008. Poco a poco, i sacerdoti americani si sono ritirati ed oggi la diocesi conta 158 preti autoctoni. (I.P.)
Il vescovo ausiliare di Manila chiede giustizia per le vittime del traghetto affondato dal tifone Fengshen
◊ Giustizia per le vittime del traghetto “Principessa delle stelle”, affondato a causa del tifone Fengshen: è quanto chiede il vescovo ausiliare di Manila, mons. Broderick Pabillo, per le circa 800 persone morte una settimana fa, quando l’imbarcazione, in viaggio verso Cebu, si è incagliata vicino all'isola di Sibuyan, colpita dal ciclone. Il governo filippino ha aperto un’inchiesta sulla vicenda: indagine che, ha detto il presule, si spera porti giustizia a chi è scomparso in mare. “Dobbiamo guardare con attenzione a questa inchiesta - ha aggiunto mons. Pabillo - in modo da poter conoscere il vero responsabile della tragedia”. Il vescovo ausiliare di Manila ha poi lanciato un appello alla “Sulpicio Lines”, la compagnia proprietaria del traghetto, affinché cooperi con le autorità per un’immediata soluzione del caso. “Speriamo - ha detto il presule - che, qualunque sia l’esito dell’inchiesta, esso venga rispettato e che la “Sulpicio Lines” mantenga la sua promessa”, ovvero quella di risarcire i familiari delle vittime con 200 mila pesos (circa 4.500 dollari) per ogni parente scomparso nell’incidente. Infine, mons. Pabillo ha invitato tutti i fedeli a mantenere viva la speranza di ritrovare vivi i superstiti e a “restare saldi nella preghiera per la loro salvezza”. (I.P.)
Dichiarazione di Algeri: 40 Paesi africani si impegnano a incrementare la ricerca nel settore sanitario
◊ “Operare insieme per dare l’impulso necessario al rafforzamento dei sistemi nazionali di ricerca per la sanità, al fine di migliorare le condizioni di salute delle popolazioni del continente”. Questo l’obiettivo fissato da circa 40 Paesi africani riuniti nei giorni scorsi ad Algeri in vista del Forum internazionale sulla Sanità in programma a Bamako (Mali) il prossimo novembre. Il documento redatto nel corso di questo vertice preliminare - informa la MISNA - sancisce l’accordo secondo il quale almeno il 5% degli aiuti destinati alla Sanità verrà investito nel settore della ricerca scientifica. L’intento è quello di contrastare la diffusione di malattie come AIDS, paludismo e tubercolosi e le epidemie che ogni anno colpiscono il continente. I 40 Paesi, inoltre, hanno ribadito la loro volontà di presentarsi a Bamako “impegnati, solidali e con una sola voce” e hanno chiesto all’Organizzazione mondiale per la Sanità (OMS) di creare “un fondo di sviluppo per la ricerca nel settore sanitario in Africa”. La mancanza di indici “sulla salute della popolazione è uno dei principali problemi di molti Paesi africani", ha detto il ministro algerino Amar Tou. "Questo e altre questioni - ha concluso - sono state al centro del nostro incontro che si è proposto di risolvere tali difficoltà e contribuire così ad agevolare lo sviluppo del continente”. (S.G.)
Thailandia: preoccupazione dell'UNHCR per le deportazioni di Lao Hmong
◊ Una violazione del principio internazionale di non-respingimento. A commetterla, secondo quanto denunciato dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), potrebbe essere stato il governo di Bangkok. Domenica scorsa, in Thailandia, 837 persone appartenenti all'etnia laotiana dei lao hmong sono rimpatriate in Laos e si nutrono oggi forti dubbi sulla natura volontaria di tale atto, avvenuto in mancanza di osservatori esterni. Il rimpatrio ha avuto luogo dopo una protesta di massa di migliaia di lao hmong, fuoriusciti da un campo gestito dall'esercito tailandese nella provincia di Phetchabun. In una lettera al governo, l'UNHCR esprime particolare preoccupazione per un gruppo di otto leader e per le loro famiglie - 18 persone in tutto - che sarebbero stati deportati domenica mattina contro la loro volontà e senza prima verificare se avessero bisogno di protezione internazionale. Il principio di non-respingimento, al contrario, prevede che nessun rifugiato o richiedente asilo debba essere costretto a tornare in un Paese in cui potrebbe essere vittima di persecuzioni. Si teme, inoltre, che nel corso dell'operazione alcune famiglie siano state separate. L'UNHCR chiede adesso di poter essere coinvolta nella gestione della situazione al fine di garantire un'adeguata trasparenza nella ricerca di soluzioni umanitarie alla questione dei lao hmong. (S.G.)
In omaggio ai migranti, Lampedusa inaugura la "Porta d'Europa"
◊ Un monumento alla memoria dei migranti morti nel mar Mediterraneo durante i "viaggi della speranza". Ad ospitarlo, da oggi, giorno dell’inaugurazione, sarà l’isola di Lampedusa, in provincia di Agrigento e meta tra le più ricorrenti per i disperati che fuggono dal sud del mondo. I promotori dell'iniziativa sono l'organizzazione Amani, Arnoldo Mosca Mondadori, Alternativa Giovani e la comunità di Koinonia. Il progetto - informa l’ANSA - consiste in una porta alta cinque metri e larga tre metri in ceramica refrattaria e acciaio, realizzata dall'artista Mimmo Palladino. L'iniziativa ha ricevuto il patrocinio dell' Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, del Ministero dell'interno italiano, delle Regioni Sicilia e Puglia. Coinvolta anche l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), che attraverso il presidente italiano, Peter Schatzer, ha espresso così il proprio apprezzamento per l’opera: “Il suo valore simbolico e umanitario corrisponde pienamente alla nostra missione. Occorre ricordare che dall'inizio del 2008, circa 7 mila persone sono giunte a Lampedusa, oltre il doppio rispetto ai primi sei mesi del 2007. Se siamo a conoscenza del numero di coloro che sono riusciti ad arrivare, non siamo però in grado di quantificare l'altissimo numero di coloro che non ce l'hanno fatta e che hanno trovato la morte in mare''. (S.G.)
In Zimbabwe, si attendono i risultati del controverso ballottaggio di ieri. Pressioni della comunità internazionale su Mugabe
◊ Robert Mugabe, candidato unico al ballottaggio presidenziale di ieri, sarà con tutta probabilità riconfermato alla più alta carica dello Zimbabwe. Fonti di governo parlano di ampia affluenza alle urne, mentre il leader dell’opposizione, Morgan Tvsangirai, ritiratosi dalla competizione elettorale, denuncia evidenti manipolazioni. Intanto, nonostante l’unanime condanna internazionale per come Mugabe sta gestendo la situazione nel Paese, il Consiglio di Sicurezza non è riuscito a varare una mozione che deplora l’atteggiamento del governo di Harare. Una situazione di stallo di cui l’opposizione accusa il Sudafrica. Il servizio di Giulio Albanese:
"La farsa è finita", dice la gente a bassa voce commentando il finto ballottaggio di ieri nello Zimbabwe ma il colmo è che al Palazzo di Vetro, ieri, non è passata la mozione di condanna contro il regime di Harare per l’opposizione sudafricana. Intanto, il governo di Washington ha definito la consultazione una frode gestita da un regime che non ha di fatto alcuna legittimità in un clima di paure e di intimidazione. Sulla stessa linea il capo della diplomazia europea, Xavier Solana, che in una nota ha auspicato che l’Unione africana e la Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe traggano le giuste conclusioni, quelle necessarie nell’interesse, non solo dello Zimbabwe, ma dell’intero continente africano. I numeri del ballottaggio sono previsti in giornata.
E la situazione nello Zimbabwe è stata al centro del vertice del G8, conclusosi ieri a Kyoto, in Giappone. I ministri degli Esteri dei Paesi più industrializzati, Stati Uniti in testa, hanno fatto capire che sono imminenti sanzioni nei confronti del governo di Mugabe. Sul tappeto anche la questione dei programmi nucleari dell’Iran e della Corea del Nord. Ci riferisce Elena Molinari:
Zimbabwe, Corea del Nord e Iran hanno dominato la riunione dei ministri degli esteri del G8 a Kyoto, appena conclusasi. Ieri, in particolare, gli otto grandi hanno rilasciato un duro monito al presidente uscente dello Zimbabwe, Mugabe, e una condanna per la violenza sistematica – così l’hanno chiamata - l’ostruzione e l’intimidazione che hanno reso impossibili elezioni libere nel Paese. Inoltre, un avvertimento dagli otto: non sarà riconosciuta la legittimità di alcun governo che non rifletta la volontà del popolo. Il segretario di Stato americano, Rice, ha annunciato che gli Stati Uniti proporranno nuove sanzioni contro lo Zimbabwe al Consiglio di Sicurezza dell’ONU e ha sottolineato che l’esito del ballottaggio presidenziale con candidato unico non può essere accettato. Dal canto suo, l’Unione Europea medita invece il ritiro dei propri ambasciatori. Altri temi caldi a Kyoto sono stati i programmi nucleari di Corea del Nord ed Iran; nel documento finale, gli otto hanno esortato Teheran a rinunciare alle proprie ambizioni nucleari, ma hanno anche espresso scetticismo rispetto alla possibilità che la Repubblica islamica possa, in effetti, congelare l’arricchimento dell’uranio.
Pakistan
Sembra precipitare la situazione in Pakistan. Il leader talebano, Baiatullah Mehsud, ritenuto coinvolto nell’omicidio di Benazir Bhutto, ha annunciato oggi di essere pronto ad interrompere la tregua siglata con il governo di Islamabad lo scorso mese. Il capo del gruppo "Tehrik-e-Taliban Pakistan", vicino ad Al Qaeda, ha accusato il governo di non aver rispettato i patti, continuando a mantenere l’esercito nel nord ovest del Paese. Intanto, proprio questa mattina le forze pakistane hanno lanciato una nuova offensiva nei pressi di Peshawar. I mortai dell’esercito stanno martellando la zona montuosa della regione tribale di Khyber dove si presume si nascondano gli estremisti islamici.
Somalia
Ci spostiamo in Somalia dove si registra un nuovo rapimento di cittadini occidentali. Si tratta di due dipendenti stranieri del servizio antimine dell’ONU, uno svedese e un danese, sequestrati oggi da insorti islamici, che hanno preso il controllo della cittadina di Hodur, a 370 chilometri a nordovest di Mogadiscio. Questi nuovi rapimenti portano a nove il numero totale di operatori umanitari nelle mani di bande criminali e insorti islamici.
Libano
Non si ferma la violenza in Libano. Oggi a Tripoli, nel nord del paese, lo scoppio di un ordigno ha provocato la morte di una persona e il ferimento di altre 22. L'esplosione è avvenuta alle 5:30 e ha devastato un intero edificio di cinque piani nel sobborgo sunnita di Bab al Tebbaneh, teatro nei giorni scorsi di scontri tra sostenitori sunniti del governo e gli alawiti vicini all'opposizione, che sono costati la vita a nove persone. Ad oggi Tripoli è retta da una coalizione antisiriana a maggioranza sunnita.
Libia: incontro Berlusconi-Gheddafi
Un ulteriore rafforzamento della cooperazione economica tra Libia e Italia e l'urgenza di attuare l'accordo del 2007 sul pattugliamento marittimo congiunto per fronteggiare l’immigrazione clandestina: queste le tematiche al centro delle due ore e mezzo di colloquio, tra il premier Berlusconi e il leader libico Gheddafi, tenutosi ieri in Libia. Nella nota ufficiale, diffusa poco dopo il rientro di Berlusconi in Italia, si conferma che i due leader hanno affrontato ''tutti i principali temi bilaterali e dell'attualità internazionale''. Berlusconi ha auspicato in particolare ''l'ulteriore rafforzamento della cooperazione tra Libia e Italia'', affermando che questa ''dovrebbe essere meglio inquadrata anche in un'ottica europea''.
Medio OrienteSempre più fragile la tregua concordata tra lo Stato ebraico e i militanti integralisti di Hamas nella Striscia di Gaza. Le truppe israeliane hanno ucciso ieri un giovane palestinese di 17 anni, nel corso di un’incursione nella Cisgiordania occupata.
Stati Uniti: presidenziali
Dopo la lacerante battaglia per le elezioni primarie, si è ricomposto ieri lo strappo nel partito democratico americano. Nel New Hampshire, davanti a migliaia di persone, Barack Obama e Hillary Clinton si sono presentati insieme all’elettorato. Obiettivo comune: far vincere la corsa alla Casa Bianca al senatore afroamericano.
Mandela: 90 anni, concerto a Londra
“Anche se siamo qui a festeggiare, il nostro lavoro non è finito. C’è ancora povertà, oppressione, AIDS. Il nostro lavoro vuole portare la libertà a tutti”. Così ieri il leader sudafricano, simbolo della lotta per i diritti umani della popolazione di colore ai tempi dell’apartheid, Nelson Mandela, durante il concerto organizzato a Londra per i suoi 90 anni. “E’ tempo di avere nuove mani – ha aggiunto, rivolgendosi ai tanti giovani giunti ad Hyde Park – per sollevare questo fardello”. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 180
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