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Sommario del 19/06/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Nuovo appello del Papa per la pace in Medio Oriente: i fedeli di tutto il mondo sostengano le comunità cristiane d'Oriente. E prega di potersi recare in Terra Santa
  • L’amore di Cristo non è astratto: così, il Papa ai vescovi del Pakistan sottolinea l’importanza dell’azione caritativa in favore dei bisognosi. Appello a proseguire sulla strada del dialogo interreligioso
  • Pace, diritti umani ed educazione dei giovani in primo piano nel colloquio tra Benedetto XVI e il presidente congolese Kabila
  • Nomine
  • Radio cattoliche di tutto il mondo riunite a Roma: il richiamo di mons. Amato a non perdere l’identità cristiana per appiattirsi sulle emittenti laiche
  • Seminario in Vaticano sul tema "La politica, forma esigente di carità". Il cardinale Martino: i politici siano al servizio della persona
  • Precisazione del Pontificio comitato di Scienze storiche sulla consultazione di archivi esteri su Pio XII
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Veglia di preghiera a Santa Maria in Trastevere in memoria degli immigrati vittime dei viaggi della morte verso l'Europa
  • Emergenza fame in Etiopia
  • Le iniziative della CEI per l'Anno Paolino
  • Chiesa e Società

  • Basilica di San Paolo: in una teca gli anelli della catena che tenne prigioniero l'Apostolo delle genti
  • Presentato il Meeting di Rimini sul tema: “O protagonisti o nessuno”
  • In Romania l'abbraccio tra la madre della donna che uccise Frère Roger e il priore della comunità ecumenica
  • Sempre più numerosi i giornalisti costretti a fuggire dall’Iraq e dalla Somalia
  • L’UNICEF ha presentato “Impact: Iraq”, nuova iniziativa dedicata ai bambini iracheni
  • Ruanda: due ufficiali si dichiarano colpevoli per le uccisioni nel 1994 di tre vescovi cattolici
  • Giornata mondiale del rifugiato: cristiani ed ebrei svizzeri denunciano scarsa attenzione dei media
  • Fervono i preparativi in Turchia per l'apertura dell'Anno Paolino il 22 giugno
  • A Sydney attesa per l’arrivo da Torino delle spoglie del Beato Pier Giorgio Frassati
  • La Croce e l’icona Mariana della GMG ritornano a Sydney il 30 giugno per un viaggio nella metropoli australiana
  • La preoccupazione dei vescovi argentini dopo l’approvazione del “Programma nazionale per l’educazione sessuale integrale”
  • I vescovi del Guatemala in difesa delle famiglie contadine
  • Messaggio dei vescovi brasiliani per il centenario dell'immigrazione giapponese
  • Dolore dei presuli messicani per il brutale assassinio della nipote dell'arcivescovo di Jalapa
  • Filippine: gioia del vescovo di Isabella de Basilian per il rilascio di 4 ostaggi
  • Timor Est: una cappella e una statua per ricordare Giovanni Paolo II
  • Migliaia di visite al padiglione della Santa Sede presso l’Expo di Saragozza
  • Pubblicato dalla Conferenza episcopale inglese il sesto rapporto sulla protezione dei bambini
  • Sconcerto dell’arcivescovo anglicano di Canterbury sull’unione di due preti gay
  • Lotta alla povertà al centro del dibattito tra i vincitori del Nobel riuniti a Petra
  • Sabato celebrazione in San Giovanni in Laterano per i 25 anni di episcopato del cardinale Ruini
  • 24 Ore nel Mondo

  • A Gaza regge per il momento la tregua tra Hamas e Israele. Si discute su possibili negoziati indiretti sulla questione dei prigionieri
  • Il Papa e la Santa Sede



    Nuovo appello del Papa per la pace in Medio Oriente: i fedeli di tutto il mondo sostengano le comunità cristiane d'Oriente. E prega di potersi recare in Terra Santa

    ◊   Un nuovo forte appello ai responsabili delle Nazioni per la pace in Medio Oriente: lo ha lanciato il Papa stamani, incontrando in Vaticano i partecipanti all’assemblea della ROACO, l’organismo che riunisce le Opere di assistenza alle Chiese Orientali Cattoliche. Benedetto XVI ha espresso anche un accorato invito ai fedeli di tutto il mondo a sostenere i cristiani nelle terre martoriate della Terra Santa, dell’Iraq e del Libano. Il servizio di Sergio Centofanti:


    Il Papa invita i fedeli di tutto il mondo a sostenere le comunità cattoliche d’Oriente, spiritualmente e materialmente, perché siano incoraggiate, nonostante le gravi difficoltà in cui si trovano, a “vivere in pienezza il mistero dell’unica Chiesa di Cristo nella fedeltà alle proprie tradizioni spirituali”:

     
    “Vi esorto, pertanto, a rafforzare questo vincolo di carità, perché secondo l’ammonimento dell’Apostolo delle genti, chi è nell’abbondanza supplisca a chi è nel bisogno e vi sia uguaglianza nella fraternità”.

     
    Benedetto XVI esprime la sua vicinanza alle piccole comunità cattoliche della Georgia e dell’Armenia, impegnate sulla strada dell’ecumenismo, e manifesta la sua grande preoccupazione per le sofferenze dei cristiani in Iraq. Ricorda con “profondo dolore” l’omicidio dell’arcivescovo di Mosul dei Caldei, mons. Paulos Faraj Rahho, “uomo della pace e del dialogo”. “Come tanti cristiani iracheni – ha detto - l’arcivescovo ha preso su di sé la sua croce ed ha seguito il Signore. Con la sua testimonianza della verità, ha contribuito a portare la giustizia al suo martoriato Paese e a tutto il mondo”.

     
    Con sollievo sottolinea invece “i recenti sviluppi in Libano, che ha ritrovato la via del dialogo e della reciproca comprensione” auspicando che il Paese dei cedri “sappia rispondere con coraggio alla sua vocazione di essere per il Medio Oriente e per il mondo intero un segno della possibilità effettiva di una coesistenza pacifica e costruttiva tra gli uomini”. Ha ricordato quindi che domenica prossima sarà beatificato a Beirut il padre cappuccino Jacques Ghazir Haddad. “Toccato dalla Croce di Gesù” – ha detto il Pontefice – questo religioso “si è fatto prossimo ai malati e ai poveri” chiamando “un gran numero di giovani donne a servirli. Possa la sua testimonianza – ha proseguito – toccare oggi il cuore dei giovani cristiani libanesi, perché imparino, a loro volta, la bontà di una vita evangelica al servizio dei poveri e dei piccoli , in fedele testimonianza della fede cattolica nel mondo arabo".

     
    Ha, quindi, rinnovato la sua “speciale gratitudine” a quanti si prendono a cuore la causa delle Comunità cristiane in Terra Santa, causa – ha aggiunto – “che è vitale per tutta la Chiesa”:

     
    “Condivido le loro prove e le loro speranze e prego ardentemente di poterle visitare di persona, come prego altresì perché taluni segni di pace, che saluto con immensa fiducia, trovino presto compimento. Faccio appello ai responsabili delle Nazioni perché siano offerte al Medio Oriente, e in particolare alla Terra di Gesù, al Libano e all’Iraq la sospirata pace e la stabilità sociale nel rispetto dei diritti fondamentali della persona, compresa una reale libertà religiosa. E’ la pace, del resto, l’unica via per affrontare anche il grave problema dei profughi e dei rifugiati, e per fermare l’emigrazione, specialmente cristiana, che ferisce pesantemente le Chiese Orientali”.

     
    Infine, Benedetto XVI ha affidato questi auspici “al Beato Giovanni XXIII, amico sincero dell’Oriente e Papa della Pacem in terris”.

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    L’amore di Cristo non è astratto: così, il Papa ai vescovi del Pakistan sottolinea l’importanza dell’azione caritativa in favore dei bisognosi. Appello a proseguire sulla strada del dialogo interreligioso

    ◊   La centralità dell’Eucaristia nella vita dei cristiani, l’impegno in favore dei bisognosi, la necessità di un dialogo interreligioso aperto e pacifico: sono i tre grandi temi al centro del discorso che Benedetto XVI ha rivolto stamani ai vescovi del Pakistan, ricevuti in udienza in occasione della visita ad Limina. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dall’arcivescovo di Lahore, mons. Lawrence J. Saldanha. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    I cristiani del Pakistan “siano promotori efficaci del dialogo interreligioso”: è l’invito rivolto da Benedetto XVI ai vescovi del Paese asiatico a larghissima maggioranza islamica. Nel suo intervento, il Papa ha ribadito che i fedeli pachistani sono chiamati a rafforzare “la comprensione e la fiducia con i membri delle altre religioni” in modo da costruire occasioni di confronto aperto e pacifico. D’altro canto, non ha mancato di menzionare le gravi difficoltà che la comunità cattolica pachistana si trova ad affrontare quotidianamente. “I semi del Vangelo – ha ricordato – seminati nella vostra regione da zelanti missionari nel 16.mo secolo, continuano a crescere nonostante condizioni che a volte ostacolano la loro capacità di mettere radici”. Benedetto XVI ha, quindi, elogiato l’impegno delle istituzioni cattoliche che operano per il bene comune del Pakistan. “E’ la dimostrazione – ha sottolineato – che l’amore di Cristo non è mera astrazione, ma raggiunge ogni uomo e ogni donna attraverso persone reali che lavorano nelle istituzioni caritative della Chiesa”:

     
    “The Gospel teaches us that Jesus cannot be loved in the abstract…”
    “Il Vangelo - ha proseguito - ci insegna che Gesù non può essere amato in astratto”. Quanti operano negli ospedali, nelle scuole e nelle associazioni sociali cattoliche, ha detto ancora, “rispondono ai bisogni concreti degli altri, sapendo bene che stanno servendo il Signore stesso attraverso i loro atti di amore”. Ed ha ribadito che i sacerdoti, i religiosi e i laici, che nelle diocesi pachistane aiutano chi è nel bisogno, “rivelano il volto umano dell’amore di Dio ad ogni persona”. Una parte importante del discorso il Papa l’ha dedicata alla centralità dell’Eucaristia, che, ha detto, deve essere evidente nella vita dei sacerdoti e dei vescovi:

     
    “The source and summit of the Church’s life…”
    “La fonte e apice della vita della Chiesa – ha costatato – riorienta il modo in cui i cristiani pensano, parlano e agiscono nel mondo e rende presente il significato salvifico della morte e Risurrezione di Cristo”. Lo spezzare il pane, è stata la riflessione del Papa, “ci ricorda costantemente che l’assurdità della violenza non ha mai l’ultima parola, poiché Cristo ha vinto il peccato e la morte attraverso la sua gloriosa Risurrezione”. La spiritualità eucaristica, ha aggiunto riprendendo la Sacramentum Caritatis, “abbraccia ogni aspetto della vita cristiana”. Ciò, ha notato, risulta chiaro nell’emergere dei movimenti ecclesiali nelle diocesi pachistane. A loro, il Papa ha chiesto di creare una rete di sollecitudine caritatevole in favore del prossimo nel bisogno. Né ha mancato di mettere l’accento sull’importanza della formazione dei seminaristi, esortando i vescovi ad investirvi risorse umane e materiali.

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    Pace, diritti umani ed educazione dei giovani in primo piano nel colloquio tra Benedetto XVI e il presidente congolese Kabila

    ◊   La situazione politica e sociale della Repubblica Democratica del Congo, in particolare delle province orientali del Nord Kivu e Sud Kivu, in primo piano nell’incontro di stamani in Vaticano tra Benedetto XVI e il presidente congolese, Joseph Kabila Kabange. A questo riguardo, informa un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, “è stata ribadita la priorità del rispetto dei diritti umani per porre fine alle sofferenze della popolazione civile e costruire una società più giusta e solidale”. Nel corso dell’udienza, prosegue la nota, “non è mancato un accenno all’aspetto regionale della questione”, con l’auspicio che la prossima entrata in vigore del Patto sulla sicurezza, la stabilità e lo sviluppo nella Regione dei Grandi Laghi “segni una svolta decisiva nella promozione della pace e del bene di tutti i suoi abitanti”. Nel colloquio è stata inoltre “sottolineata l’importanza dell’educazione e della formazione dei giovani, per i quali la Chiesa è sempre pronta a dare il suo specifico contributo”. Dal canto suo, il presidente Kabila ha invitato il Santo Padre a recarsi in visita nella Repubblica Democratica del Congo.

    Durante il colloquio, informa la Sala Stampa vaticana, sono stati affrontati anche altri temi di interesse comune “come l’importanza del dialogo e della collaborazione anche per risolvere il problema della restituzione di alcune proprietà della Chiesa nazionalizzate parecchi decenni fa”. Dopo l’incontro con il Papa, il presidente Kabila, insieme al ministro degli Affari Esteri, si è incontrato con mons. Dominique Mamberti, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati. (A.G.)

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha eretto la diocesi di Kribi (Camerun), con territorio dismembrato dalla diocesi di Ebolowa-Kribi, rendendola suffraganea della sede metropolitana di Yaoundé. Il Papa ha nominato primo vescovo di Kribi mons. Joseph Befe Ateba, vicario generale dell’arcidiocesi di Yaoundé. Mons. Joseph Befe Ateba è nato il 25 aprile 1962 a Nkoabe, Yaoundé, ed è stato ordinato sacerdote il 20 giugno 1987. La nuova diocesi di Kribi comprende il dipartimento dell’Océan, con le sue 7 unità amministrative (Kribi, Mvengue, Akom II, Campo, Lolodorf, Bipindi, Niete). Confina a Nord con le diocesi di Edéa ed Eséka, a Nord-Est con la diocesi di Mbalmayo, ad Ovest con l’Oceano Atlantico, ad Est con la diocesi di Ebolowa e a Sud con la Guinea Equatoriale. È suffraganea dell’arcidiocesi di Yaoundé. L’attuale chiesa parrocchiale di Kribi, dedicata a San Giuseppe, è la Cattedrale della neo-eretta Diocesi.

    Il Santo Padre ha nominato nunzio apostolico in Senegal e in Capo Verde e delegato apostolico in Mauritania mons. Luis Mariano Montemayor, finora consigliere di nunziatura, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Illici, con dignità di arcivescovo. Mons. Luis Mariano Montemayor è nato a Buenos Aires (Argentina) il 16 marzo 1956, ed è stato ordinato sacerdote il 15 novembre 1985. È laureato in Diritto Canonico. Entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede il 1° luglio 1991, ha prestato successivamente la propria opera nelle rappresentanze pontificie in Etiopia, Brasile, Thailandia e infine presso la Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Conosce il francese, l’inglese, l’italiano e il portoghese.

    Il Papa ha nominato difensore del Vincolo presso il Tribunale della Rota Romana mons. Enrico Adriano Rosa, del clero della diocesi di Bergamo, finora notaro del medesimo Tribunale.

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    Radio cattoliche di tutto il mondo riunite a Roma: il richiamo di mons. Amato a non perdere l’identità cristiana per appiattirsi sulle emittenti laiche

    ◊   Delegati di oltre 60 emittenti cattoliche di una cinquantina di Paesi, sparsi nei cinque continenti, sono riuniti da oggi fino a sabato all’Università Urbaniana, dove stamane si è aperto il Congresso mondiale - promosso dal Pontificio Consiglio per le comunicazione sociali – su “L’identità e missione delle Radio Cattoliche oggi. Dal pensiero sull’uomo ad una informazione a servizio della persona”. Il servizio di Roberta Gisotti:

     Non siamo qui per ascoltare parole ma per confrontarci tra noi: il benvenuto ai congressisti di mons. Giuseppe Antonio Scotti, segretario del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali. Siamo qui non solo per raccontarci cosa stiamo facendo – gli ha fatto eco l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Dicastero vaticano – ma per richiamare la consapevolezza di una presenza ecclesiale nel mondo della Radio, nei diversi contesti culturali e religiosi, economico-sociali e politici, comprese le realtà dove alla Chiesa è vietato avere una emittente, considerando sì le nostre radici e la nostra storia, ma guardando soprattutto alla multimedialità sempre più emergente, e mai perdendo di vista l’impegno dell’evangelizzazione.

     
    Promuovere l’ascolto della Parola di Dio – ha aggiunto nella relazione introduttiva l’arcivescovo Angelo Amato, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede – è una missione imprescindibile, tanto più una sfida oggi di fonte ad un’“umanità frastornata” da una cultura permeata dal relativismo. Ecco perché una Radio cattolica – ha proseguito mons. Amato – deve essere chiara, non equivoca, fatta con professionalità da operatori supportati da un’esistenza coerente con l’identità cristiana. Ha ammonito, mons. Amato, le Radio cattoliche, dall’appiattirsi sull’agenda delle altre Radio ma di seguire una propria agenda edificante, che elevi gli animi degli ascoltatori al dialogo con Dio. E sono molti gli argomenti da proporre, mons. Amato ne ha elencati alcuni: temi della bioetica e della biopolitica, o anche la vita dei Santi e la storia della Chiesa, contribuendo a chiarire letture controverse segnate da pregiudizi ed equivoci, come ad esempio le Crociate, l’inquisizione, il rapporto tra scienza e fede ed il caso di Galileo, i rapporti tra Pio XII, gli ebrei ed i fatti della seconda guerra mondiale. Le Radio cattoliche, ha concluso mons. Amato, devono operare oggi un miracolo, “quello di guarire – ha detto testualmente – la sordità culturale contemporanea”.

     
    Una relazione quella di mons. Amato dai toni severi che non mancherà di aprire un dibattito e interrogativi. A margine dei lavori mons. Gregorio Rosa Chavez, vescovo ausiliare di San Salvador, commentava che nel suo Paese e in America Latina il problema è invece quello di superare l’identità confessionale, spesso confusa con quella di molte emittenti evangeliche, e di essere prossimi e presenti nella vita delle persone, raccogliendo le sfide della comunicazione nei tempi attuali.

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    Seminario in Vaticano sul tema "La politica, forma esigente di carità". Il cardinale Martino: i politici siano al servizio della persona

    ◊   Inizia domani in Vaticano un Seminario internazionale di due giorni organizzato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace sul tema “La politica, forma esigente di carità”. Vi prenderanno parte una sessantina di esperti tra politologi e personalità impegnate nel sociale. Si parlerà tra l’altro di ideologie forti e politica debole, valori indisponibili e pluralismo, laicità e biotecnologie. Inaugura l’incontro il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del dicastero. Giovanni Peduto gli ha chiesto il significato del tema scelta per il seminario, la politica come forma di carità:

     
    R. - Abbiamo scelto di usare la ben nota espressione con la quale Papa Paolo VI definì la politica, per sottolineare, da una parte il significato profondo dell’esercizio della politica come servizio alla persona umana, protagonista di una convivenza basata sull’amicizia civile e sulla fraternità e, dall’altro, la stima e la considerazione che la Chiesa nutre per coloro che si dedicano, appunto, a tale servizio, assumendosi il peso delle rispettive responsabilità.

     
    D. - Ecco, in realtà, a leggere i giornali, i politici non sembrano godere buona stampa e la stima della Chiesa nei loro confronti non sembra essere molto condivisa…

     
    R. - In effetti, si potrebbe dire che i politici siano i primi a subire quella crisi della politica che trova origine, come sottolinea il Santo Padre, nella crisi della “ragione politica”. Nell’incapacità, cioè, di riconoscere come evidente il diritto naturale, e, di conseguenza, il fatto che esista una ragione comune a tutti gli uomini, almeno nei grandi ordinamenti fondamentali dei valori. Da qui, l’esigenza, particolarmente avvertita da parte della Chiesa, di ribadire l’esistenza di valori indisponibili, di valori non negoziabili, anche nella situazione di pluralismo culturale che caratterizza i nostri tempi. Anche di questo si parlerà durante il nostro incontro.

     
    D. - Un altro argomento in programma e che sta molto a cuore al Santo Padre è quello della laicità…

     
    R. - Certamente, la questione della laicità è alla base di ogni impegno socio-politico del cristiano e ha origine nel principio di autonomia sancito dall’unico pronunciamento esplicito, per così dire, di “teoria politica e sociale” fatto da Gesù Cristo nel dirimere il problema del tributo dovuto a Cesare. Si tratta, quindi, di inquadrare correttamente il rapporto fra vita di fede e mondo, fra sfera religiosa e sfera politica, nell’ottica di quanto indicato dal Santo Padre nella Deus Caritas est. Lì, trattando del rapporto fra Chiesa e Stato, il Papa parla di due sfere distinte ma sempre in relazione reciproca.

     
    D. -Un accenno, infine ai relatori. Eminenza, ce ne può dire qualcosa?

     
    R. - Prima di tutto, come si può vedere scorrendo il programma, tutti i relatori, salvo mons. Bruguès, il segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, sono laici. Infatti, come è detto nella Gaudium et Spes, è ai laici che spettano primariamente, anche se non esclusivamente, gli impegni e le attività temporali. Inoltre, si è cercato di bilanciare studiosi - il prof. Riccardi e il prof. Morandé, con politologi - quali Thierry Boutet e Marguerite Peeters - con specialisti in determinate discipline - prof. Bruni, economista, e la dottoressa Romero Paredes biogenetista – e, infine, con politici in servizio effettivo ad alto livello, il parlamentare statunitense, Chris Smith e il ministro degli Esteri del Gabon, signora, Gondjout.

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    Precisazione del Pontificio comitato di Scienze storiche sulla consultazione di archivi esteri su Pio XII

    ◊   Con riferimento alla conferenza stampa di ieri per la presentazione delle iniziative per il 50.mo anniversario della scomparsa di Pio XII, un nota del Pontificio comitato di scienze storiche informa che il suo presidente, mons. Walter Brandmuller, “in risposta ad una domanda formulata dai giornalisti riguardante la documentazione vaticana sinora disponibile circa il pontificato di Papa Pacelli, ha parlato della necessità di consultare, insieme ad altri archivi esteri, anche quelli israeliani senza accennare, in alcun modo, alla loro accessibilità da parte degli studiosi”. “Pensiero – prosegue il comunicato – già espresso, alcuni anni fa, in un articolo pubblicato sulla rivista Die Neue Ordnung” (N. 5/2001, p. 378, disponibile anche sul relativo sito web: http://web.tuomi-media.de/dno2/Dateien/NO501.pdf).

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In occasione della Giornata mondiale del rifugiato, nell'informazione internazionale, un articolo del cardinale Renato Raffaele Martino, un messaggio dell'Alto Commissario dell'Onu per i rifugiati (Unhcr), Antonio Guterres, e un'intervista di Pierluigi Natalia alla portavoce dell'Unhcr in Italia, Laura Boldrini.

    In cultura, la presentazione di Tomas Spidlik alla raccolta di testi "Mi canta nell'anima l'amore del Signore" di Armida Barelli curata da Maria Rosaria del Genio.

    Una riflessione di suor Marcella Farina su il già e il non ancora della "Spe salvi".

    Silvia Guidi sul convegno "Paolo, Fruttuoso e il cristianesimo primitivo" in svolgimento a Tarragona, in Spagna.

    Mario Spinelli ripercorre l'itinerario dei viaggi di san Paolo in Asia Minore.

    Nell'informazione religiosa, un resoconto dell'inizio della visita del cardinale Tarcisio Bertone in Bielorussia.

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    Oggi in Primo Piano



    Veglia di preghiera a Santa Maria in Trastevere in memoria degli immigrati vittime dei viaggi della morte verso l'Europa

    ◊   Si svolgerà questa sera nella Basilica romana di Santa Maria in Trastevere la preghiera ecumenica in memoria degli immigrati vittime dei viaggi della morte verso l’Europa. Il rito, che si svolgerà sul tema "Morire di speranza", inizierà alle 18.30 e sarà presieduto dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti. La preghiera si tiene in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato che si celebra domani, ed è promossa dal Centro Astalli e dalla Comunità di Sant’Egidio, insieme alla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e alla Fondazione Migrantes della CEI. Sullo scopo di questa veglia Fabio Colagrande ha sentito il padre scalabriniano Gianromano Gnesotto, direttore dell’Ufficio Nazionale per gli immigrati e i profughi di Migrantes:


    R. – Lo scopo è quello di dare un nome ed una provenienza alle vittime del Mediterraneo, perchè altrimenti questo, che viene chiamato da tutti “cimitero”, è senza croci e senza nomi e quindi senza la dignità della persona. Il sentimento che ci deve animare nei confronti di queste tragedie personali fanno sì che possiamo pregare per queste vittime, cercando di dare loro un nome ed una identità. Alla fine della preghiera ecumenica, faremo un appello, un appello scritto, di tutte le Associazioni cristiane, in cui si dice che come cristiani ci sentiamo anzitutto interiormente lacerati di fronte a queste tragedie e sensibili, per cercare poi di fare la nostra parte. Anche come cittadini sentiamo lo stesso sentimento e chiediamo a coloro che hanno responsabilità, alle istituzioni e a tutti gli uomini di buona volontà di rendere possibile le politiche di solidarietà, di accoglienza e di rispetto verso i richiedenti asilo, impegnandosi maggiormente per quella cooperazione allo sviluppo e per sanare situazioni che poi spingono di fatto a questa fuoriuscita delle persone dal loro Paese.

    E sul fronte dell'immigrazione, la COMECE, la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea, esprime le proprie forti riserve sulla direttiva approvata ieri dall'Europarlamento sui rimpatri degli immigrati irregolari: una direttiva - si dice – che "non tiene conto della situazione di molti immigrati”. I vescovi europei chiedono invece che “sia rispettata la dignità di ogni essere umano”. Massimiliano Menichetti ha raggiunto telefonicamente a Bruxelles, Alessandro Calcagno, esperto di immigrazione della COMECE:


    R. – Intendiamo ribadire il fatto che la necessità di uno strumento in tema di rimpatrio di immigrati - che preferiamo chiamare irregolari e non illegali – permane, ma permangano anche le forti preoccupati che erano state espresse nella prima lettera inviata l’8 gennaio al presidente dell’Unione Europea, al presidente dalla Commissione Europea e al presidente del Parlamento Europeo. Preoccupazioni, queste, che sono poi state ribadite con la lettera del 30 maggio. La valutazione rimane quindi negativa per quanto riguarda la detenzione amministrativa degli immigrati irregolari, che può arrivare in alcuni casi fino a 18 mesi e relativamente al divieto di reingresso dell’Unione con un limite quinquennale che può – in alcuni casi – andare oltre i cinque anni. In quest’aspetto ci preoccupa il possibile effetto negativo sul diritto a richiedere asilo.

     
    D. – La maggioranza degli europarlamentari che hanno votato per la direttiva, sottolineano che il documento rispetta i diritti umani perchè prevede anche il ricorso per gli espulsi…

     
    R.- Pensiamo che si sarebbe potuto fare ancora di più per proteggere la dignità umana. Abbiamo sottolineato anche che lo spazio per ricorrere al rimpatrio volontario non è sufficiente in base al testo. La valutazione sul testo rimane, dunque, sostanzialmente negativa, anche se non abbiamo mai chiesto che la direttiva venisse completamente accantonata. Ma si poteva fare di più.

     
    D. – Dopo questo documento, quale scenario si apre?

     
    R. – E’ uno scenario da non disprezzare, nel senso che si tratta di uno strumento necessario e in un settore molto importante. Si aprono, però, scenari anche molto preoccupanti per quanto riguarda la possibilità di ricorrere in maniera più – diciamo - pesante alla detenzione amministrativa degli irregolari.

     
    D. – Qual è, dunque, il vostro auspicio?

     
    R. – Che l’Unione Europea capisca che la strada da percorrere non è esattamente quella che si sta percorrendo in questo momento. Non c’è che da sperare che nei 27 Paesi dell’Unione Europea si tenga nella massima considerazione quella che è la situazione degli immigrati, prestando particolare attenzione al rispetto della dignità umana.

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    Emergenza fame in Etiopia

    ◊   Nelle regioni meridionali dell’Etiopia, la malnutrizione sta raggiungendo livelli allarmanti. A rivelarlo è Medici Senza Frontiere (MSF) che, in una conferenza stampa oggi a Roma, ha fatto il punto sulle operazioni in corso in Etiopia, dove l’organizzazione opera fin dal 1984. C’era per noi Giada Aquilino:


    “La malnutrizione non è qualcosa di nuovo in Etiopia: quest'anno, tuttavia, la situazione è molto peggiore del solito”. Con queste parole, più volte nelle ultime settimane, Medici Senza Frontiere ha lanciato l’allarme sull’emergenza nutrizionale che sta colpendo la parte meridionale del Paese africano, in particolare nelle regioni di Oromiya e Southern Nations and Nationalities People. In queste zone, l’organizzazione ha aperto appositi centri per il soccorso ai bambini gravemente malnutriti e affetti da malaria o polmonite. Sulle ragioni della drammatica situazione nutrizionale in Etiopia, ascoltiamo Loris De Filippi, responsabile progetti MSF Italia:

    R. – I due principali fattori sono sicuramente quello legato ad un fenomeno assolutamente atmosferico, nel senso che due stagioni delle piogge consecutive sono mancate; l’altro fattore, invece, è collegato all’aumento vertiginoso dei prezzi delle derrate alimentari, con un’inflazione dell’80 per cento su alcuni generi.

     
    D. – Come ha inciso questa crisi sulla popolazione?

     
    R. – In maniera molto importante in alcune zone, soprattutto nella parte meridionale dell’Etiopia. Il governo di Addis Abeba ha appena annunciato che 4 milioni e 600 mila persone sono a rischio di carestia e circa 75 mila bambini sono veramente vicini ad una malnutrizione severa. Per questo, il governo etiope si è appellato alla comunità internazionale per agire il più rapidamente possibile.

     
    Dei programmi di Medici Senza Frontiere in Etiopia, approntati proprio per far fronte alla malnutrizione dilagante, ci parla Elena Torta, operatrice MSF appena rientrata dal Paese africano:

    R. – Ad un mese di tempo da quando abbiamo cominciato ad operare, abbiamo fornito assistenza a 4 mila bambini gravemente malnutriti: hanno un rapporto tra il peso e l’altezza del corpo che è al di sotto del 70 per cento. Un’altra forma di grave malnutrizione si chiama Kwashiorkor, significa che sono bambini gonfi, che hanno una ritenzione idrica sotto i tessuti. Vediamo sicuramente moltissimi piccoli in questo stato.

     
    D.- Qual è l’appello di Medici Senza Frontiere? Cosa serve a questi bambini?

     
    R. – Serve sicuramente aiuto medico, come quello che noi stiamo fornendo, perché comunque si tratta di bambini che hanno uno stato di malattia: la malnutrizione può essere considerata una malattia. E poi, serve anche distribuzione di cibo alle loro famiglie e alla popolazione più in generale.

     
    D. – C’è un ricordo particolare dell’Etiopia?

     
    R. – Ricordo il caso di un bambino molto magro, molto malnutrito, gravissimo. Era accudito dal padre nella clinica di MSF a Shashemene. Ad un certo punto sembrava proprio che non ce la facesse. Mi hanno detto: “probabilmente, non supererà la notte”. E invece, un nostro medico è riuscito a portarlo all’ospedale, che è accanto al centro nutrizionale di MSF. Questo bambino, che sembrava proprio spacciato, il giorno dopo era ancora vivo e il ricordo che ho è quello di un medico che viene da me sorridendo e dicendomi: “la notte scorsa non è morto nessuno”! E’ stato un bel momento ...

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    Le iniziative della CEI per l'Anno Paolino

    ◊   Riscoprire la figura e gli scritti di San Paolo, meditando sulla sua profonda spiritualità e rivitalizzando, così, la fede dei cristiani: è questo l’obiettivo dell’Anno Paolino, indetto da Benedetto XVI per celebrare i due millenni dalla nascita dell’Apostolo delle genti. In occasione di questo grande evento, che prenderà il via il prossimo 28 giugno, il Servizio nazionale per il progetto culturale della CEI ha organizzato numerose iniziative, che sono state presentate stamani, nella Sala Marconi della nostra emittente. C’era per noi Isabella Piro:


    (musica)

    Un’opera poetica e musicale, intitolata “Il fuoco della carità di Paolo”, una settimana biblica interdisciplinare, un concerto spirituale, un sito Internet interamente dedicato agli scritti dell’Apostolo delle genti, e poi incontri, dibattiti e tavole rotonde. Sono solo alcuni degli eventi organizzati dal Servizio nazionale per il progetto culturale della CEI – Conferenza episcopale italiana – in occasione dell’Anno Paolino. In tutti gli appuntamenti, San Paolo viene presentato come uomo di conversione, uomo di confine, che riesce a parlare al mondo di oggi e in cui gli uomini del Terzo millennio si riconoscono. Don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della CEI:

    “Credo che in Paolo colgano, anzitutto, l’autenticità della sua esperienza umana. Basterebbe leggere le lettere di Paolo per accorgersi che si ha a che fare con un uomo vero, con un uomo che non ha paura di manifestare i suoi sentimenti, i suoi contraccolpi emotivi e perciò non si nasconde dietro a un ruolo, ma in qualche modo si espone a mani nude rispetto a quella che è la vicenda che gli tocca di vivere. E’ anche un uomo votato alla ricerca religiosa fondamentale, che lo porterà a superare la semplice comprensione della Torah per arrivare nell’incontro personale con Gesù di Nazareth ad individuare quel punto di svolta che consente a lui di cogliere una fede tutta singolare, che è la fede nel Dio rivelato in Gesù Cristo”.

    Il progetto culturale della CEI punta, inoltre, ad evidenziare anche il ruolo di grande comunicatore avuto da Paolo nella diffusione del cristianesimo. Un aspetto su cui si rifletterà nel febbraio 2009, durante un incontro dal titolo significativo: ancora don Domenico Pompili:

    “Lo abbiamo intitolato 'Soprattutto niente giornalisti', perchè ci sembra che Paolo sarebbe stato oggi un bravo giornalista: a lui si deve sicuramente il merito di aver sdoganato il cristianesimo dalle strette realtà della cultura ebraica per ampliarlo a dismisura a quello che era allora il mondo greco-romano. Ritegno che in fondo oggi i comunicatori abbiano una specifica missione, quella cioè di essere dei mediatori culturali, capaci di saper aiutare la gente di oggi a leggere con profondità la realtà e non a subirla semplicemente, offrendo di volta in volta chiavi di lettura interessanti, ma sempre e comunque partendo dalla realtà. Direi che il realismo di Paolo e la sua straordinaria ispirazione dovrebbero essere due elementi che in qualche modo fanno parte della cassetta degli attrezzi dei giornalisti di oggi”.

     
    Altro evento, la mostra fotografica itinerante intitolata “Sulla via di Damasco. L’inizio di una nuova vita”. Pensata per essere ospitata in parrocchie, enti pubblici e scuole di tutta Italia, l’esposizione è suddivisa in due sezioni: una dedicata ai luoghi della vita e della predicazione di San Paolo e l’altra riguardante l’uomo nuovo nato dalla conversione. Il curatore, Eugenio Dal Pane:

    “Si tratta di pannelli fotografici: abbiamo un ampio repertorio fotografico che ci è stato messo a disposizione dallo Studio Biblico Francescano di Gerusalemme. Per le altre sezioni faremo, invece, riferimento ad opere d’arte per documentare come la tradizione artistica ha raffigurato San Paolo. Noi ci aspettiamo, quindi, che la Mostra continui l’opera missionaria di Paolo. L’abbiamo concepita come una mostra che deve sempre essere collocata nel cuore delle città, come strumento per annunciare a tutta la città che c’è un modo nuovo di vivere, che è quello che nasce da quando uno incontra Cristo”.
     
    Dal 28 giugno 2008 al 29 giugno 2009: tanto durerà l’Anno Paolino. Ma l’auspicio è che l’esempio di Saulo di Tarso continui a permeare la vita dei cristiani di tutto il mondo, diventando occasione di preghiera, riflessione e testimonianza evangelica. Luigi Sozzi, direttore del Servizio nazionale per il progetto culturale della CEI:

    “Come è avvenuto per il grande Giubileo, quando in Italia si è dimostrata una grande creatività di linguaggi, di strumenti per veicolare la grande proposta del Giubileo, io mi auguro che possa avvenire altrettanto e che quindi il lascito sia un investimento maggiore nella cultura e nella elaborazione creativa dell’annuncio del messaggio evangelico".

     (musica)

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    Chiesa e Società



    Basilica di San Paolo: in una teca gli anelli della catena che tenne prigioniero l'Apostolo delle genti

    ◊   Gli anelli della catena che la secolare tradizione vuole abbia tenuto prigioniero San Paolo a Roma, tra il 61 e il 63 dopo Cristo fino al felice esito del processo, sono ora esposti in un’artistica teca illuminata vicina al suo sepolcro, nella Basilica papale di San Paolo fuori le Mura. Si tratta così della più importante reliquia dell’Apostolo delle Genti, che può essere venerata meglio che in passato, dalle migliaia di fedeli e pellegrini che ogni giorno affluiscono nel tempio, proprio presso l’altare della confessione. Erano finora custoditi in una pisside di oro e cristallo nella cappella della Basilica benedettina, insieme ad altre reliquie. La decisione di dar loro maggiore visibilità è stata presa dall’arciprete della Basilica, cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, per segnare un evento dell’Anno Paolino che fra giorni – il 28 giugno – sarà aperto da Papa Benedetto XVI. Il trasferimento della reliquia è stato compiuto dall’abate benedettino padre Edmund Power, mentre il cardinale l’ha collocata nella teca di bronzo patinata con una finestra in cristallo. Vi appare sopra un rivestimento di seta in tutta la sua estensione di nove anelli, agganciati all’estremità a due monete romane ingrandite – sesterzi – con l’effige dell’imperatore Nerone, per ricordare che alla sua epoca San Paolo fu prigioniero e morì martire. Il progetto della teca del cardinale Montezemolo è stato disegnato dallo scultore Guido Veroi, accademico pontificio, autore dei disegni della Porta Paolina, della medaglia commemorativa dell’Anno Paolino e da una moneta celebrativa del bimillenario di San Paolo dello Stato della Città del Vaticano. Egli si è valso della collaborazione di una sua allieva, Gabriella Titotto, che ha modellato le colonnine, gli acroteri e il fregio delle due palme della teca e le figure di San Paolo in catene, fra due soldati che la sovrastano. La realizzazione in bronzo è stata compiuta da un noto cesellatore romano, Ramo Mansutti. E’ di San Giovanni Crisostomo una delle prime testimonianze della venerazione della catena di San Paolo. Ogni anno, per la solennità liturgica del 29 giugno, viene portata in processione dall’Abate di San Paolo fuori le Mura attorno alla Basilica. Negli ultimi anni, questa processione ha avuto una connotazione ecumenica per la partecipazione di numerosi cristiani ortodossi e protestanti. (A cura di Graziano Motta)


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    Presentato il Meeting di Rimini sul tema: “O protagonisti o nessuno”

    ◊   Oggi – ha spiegato Emilia Guarnieri, presidente del Meeting per l'Amicizia fra i Popoli – il protagonista è un soggetto il cui scopo principale della vita è il successo: il protagonista è il divo, l’uomo che si erge a Dio, che nel tentativo di essere libero vuole possedere la realtà, ritrovandosi invece schiavo delle circostanze, delle cose. Un uomo che, tagliato il rapporto con la realtà, è prigioniero del risultato finale, costretto ad una condizione di passività umana, che lo fa esprimere in modo triste, formale, fino allo scetticismo e al cinismo. Essere protagonisti per dirla con don Giussani - come è stato sottolineato oggi in Sala Stampa Estera a Roma - vuol dire avere la genialità o la spiritualità di alcuni, ma con il proprio volto. Protagonista è l’uomo stupito per la scoperta della vita; un uomo religioso, capace di dialogare liberamente con la realtà e che, ammettendo la categoria della possibilità, è disponibile ad una possibile rivelazione nuova. Irriducibile, perchè non si accontenta di nessuna riduzione ideologica, né biologica, né della storia; un uomo che conosce perchè ama le persone e la vita, le circostanze felici o dolorose. Il Meeting di quest’anno alla Fiera di Rimini dal 24 al 30 agosto prossimi, vuole dimostrare tutto questo, con dibattiti, incontri, mostre e spettacoli. Tra le testimonianze del Meeting, l’arcivescovo cattolico di Mosca, mons. Paolo Pezzi, protagonista del cristianesimo e del dialogo in Russia; la storia religiosa del Magdi Cristiano Allam; ma protagonisti saranno anche i monaci buddisti. L’appuntamento estivo di Comunione e Liberazione si propone di andare oltre il multiculturalismo, uno dei temi che caratterizzerà l’edizione 2008 insieme a quelli della politica internazionale: dalla vita dei cristiani nel mondo arabo alla ricerca dell’Islam moderato, al rispetto dei popoli. A rappresentare il mondo della Chiesa, tra gli altri, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI; mons. Dominique Mamberti, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati e mons. Rino Fisichella, neo arcivescovo-presidente della Pontificia Accademia per la Vita. (A cura di Luca Collodi)

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    In Romania l'abbraccio tra la madre della donna che uccise Frère Roger e il priore della comunità ecumenica

    ◊   “Per continuare il gesto di perdono che abbiamo voluto vivere fin da quando Frère Roger è stato ucciso”. Così un membro della comunità di Taizè ha raccontato l’incontro e l’abbraccio tra la madre della donna che tre anni fa tolse la vita al religioso e l’attuale priore Frère Alois. Un omicidio che colpì il mondo intero. Ogni vero perdono risveglia il fondo del cuore umano, quel fondo che è fatto per la bontà. Così scriveva un compagno di Frère Roger all’indomani della sua morte avvenuta il 16 agosto di tre anni fa durante la preghiera serale per mano di una donna squilibrata. Perdono è la parola che più volte è risuonata durante i suoi funerali, ai quali hanno partecipato oltre 12 mila persone. Ed è il perdono che Frère Alois, il successore di Frère Roger, invocò in quell’occasione per Lumitina Solcan, la 36enne romena affetta da turbe psichiche che con due pugnalate tolse la vita al fondatore di Taizè. Un perdono donato e concesso ma anche richiesto dalla famiglia della donna, di fede cattolica e rito orientale molto attiva nella parrocchia di Iasi. Alla mamma di Lumitina ha pensato Frère Alois quando, durante il “Pellegrinaggio di fiducia sulla terra” che si svolge ogni anno dal 1978, si è recato a maggio in Romania. Accolto dal vescovo di Iasi, mons. Petru Gherghel, Frère Alois ha bussato alla porta della casa della signora anziana e malata. Hanno parlato e pregato insieme e lei ha raccontato della sua difficoltà di comprendere il gesto della figlia che ad oggi non ha ancora ammesso le sue responsabilità. “Tutti noi siamo vittime di questa tragedia” ha detto un fratello del priore di Taizè. Ancora la parola perdono è stata evocata nella veglia di preghiera a Iasi, Frère Alois, ha ripetuto quanto già detto ai funerali di Frère Roger: “Dio di bontà; noi confidiamo nel tuo perdono per Lumitina Solcan… con il Cristo in croce ti diciamo Padre perdonala perché non sapeva quello che faceva”. (A cura di Benedetta Capelli)

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    Sempre più numerosi i giornalisti costretti a fuggire dall’Iraq e dalla Somalia

    ◊   A volte perseguitati, intimiditi e poi costretti a vivere da rifugiati. E’ la fotografia dei giornalisti nelle aree più calde del mondo realizzata dal Committee to Protect Journalists (CPJ), organizzazione di difesa dei giornalisti con sede a New York. Secondo quanto riporta la Misna, sono almeno 82 i reporter costretti ad abbandonare il proprio Paese dopo aver subito minacce o molestie nell’ultimo anno. Almeno la metà di loro proviene dall’Iraq e dalla Somalia. Il numero dei giornalisti obbligati all’esilio, circa sette al mese, è doppio rispetto alla media registrata dal CPJ dal 2001, quando cioè è iniziata la raccolta dati da parte dell’associazione. A provocare la fuga è il pericolo di vita: 51 giornalisti sarebbero stati spinti ad abbandonare le proprie case dopo essere stato aggrediti, minacciati con la violenza o di morte. Gli interrogatori, la detenzione hanno invece spinto alla fuga altri 20 giornalisti, mentre per altri 11 la causa dell’esilio è stata la minaccia di reclusione. L’istituto denuncia anche la difficile posizione di molti inviati che vivono in una condizione di rifugiati in Paesi come Siria, Giordania, Kenya e Gibuti, che aspettano di trasferirsi in qualche altro luogo in modo permanente. (B.C.)

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    L’UNICEF ha presentato “Impact: Iraq”, nuova iniziativa dedicata ai bambini iracheni

    ◊   Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF) ha lanciato l’allarme sulla situazione dei bambini in Iraq, che hanno dovuto affrontare 15 anni di stenti e poi cinque di conflitto. Secondo i dati forniti dall’agenzia ONU, oltre 800mila minori non vanno a scuola e solo il 40% ha accesso all’acqua potabile. Inoltre, la mortalità dei bambini sotto i cinque anni è salita al 46 per mille, 1500 sono i minori detenuti e in aumento quelli impiegati nei gruppi armati. L’UNICEF ha comunicato che promuoverà una nuova iniziativa, “Impact: Iraq”, per aumentare la propria presenza nel Paese e fornire assistenza a 360mila bambini in difficoltà e alle loro famiglie. (R.B.)

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    Ruanda: due ufficiali si dichiarano colpevoli per le uccisioni nel 1994 di tre vescovi cattolici

    ◊   Hanno confessato due dei quattro ufficiali ruandesi arrestati la scorsa settimana per il loro coinvolgimento nel 1994 nell’omicidio di 13 uomini di Chiesa, tra cui l’Arcivescovo di Kigali e altri due vescovi cattolici del paese, e di alcuni civili. Davanti a un tribunale di Kigali, i capitani John Butera e Dieudonne Rukeba si sono dichiarati colpevoli, mentre il generale Wilson Gumisiriza e il maggiore Wilson Ukwishaka hanno negato la loro responsabilità. La difesa ha chiesto il rilascio degli accusati sostenendo che gli arresti e la detenzione sono stati attuati su una base illegale, riferisce l’agenzia Misna, riportando fonti locali, mentre il procuratore ha chiesto invece il loro mantenimento in carcere nel timore di una fuga all’estero. All’epoca dei fatti contestati, gli ufficiali erano esponenti del Fronte Patriottico Ruandese, attuale schieramento di governo del presidente Paul Kagame. L’inchiesta sull’omicidio dei religiosi cattolici – tra le vittime spiccano l’arcivescovo di Kigali, monsignor Vincent Nsengiyumva, il vescovo di Byumba (nord) monsignor Joseph Ruzindana e il vescovo di Kabgayi, monsignor Thaddée Nsengiyumva, allora presidente della Conferenza episcopale ruandese – era stata avviata dal Tribunale penale internazionale per il Rwanda e resa pubblica ai primi di giugno al Palazzo di Vetro in un rapporto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. (V.V.)

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    Giornata mondiale del rifugiato: cristiani ed ebrei svizzeri denunciano scarsa attenzione dei media

    ◊   “La Giornata mondiale del rifugiato del 20 giugno 2008 è un’opportunità per richiamare l’attenzione sul destino di tutte le persone che sono state costrette a lasciare il proprio Paese”: così nell’appello lanciato da diverse comunità religiose svizzere in occasione della annuale Giornata del rifugiato che si celebra domani. Il testo è firmato dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Svizzera, dalla Conferenza dei vescovi svizzeri, dalla Chiesa cattolica cristiana svizzera e dalla Federazione svizzera delle comunità ebraiche. “Nel mondo, oltre 33 milioni di persone sono in fuga - ricorda il testo ripreso dall'agenzia Fides -. Gran parte di loro cerca protezione nel proprio Paese o nei Paesi confinanti a seguito di violenza e persecuzione”. Anche la Svizzera ha accolto gran parte di queste persone che hanno bisogno di protezione e le quali costituiscono “una chance e allo stesso tempo una sfida, sia per l’intera società che per i nuovi arrivati”. Secondo quanto affermano i leader religiosi, il destino di queste persone che cercano rifugio non ottiene l'attenzione dei media. Ricordano, per esempio, le decine di migliaia di sudanesi che vivono in accampamenti in zone desertiche, o le rifugiate irachene che cercano asilo in particolar modo nel vicino Oriente, o i rifugiati della Birmania che vivono in campi vicino alla Thailandia e “hanno lasciato il loro Paese molti anni fa e sono in attesa che la loro situazione difficilmente sopportabile trovi una soluzione”. Lo scorso anno sono state 10.000 le persone che hanno chiesto asilo in territorio svizzero e “nel 75% dei casi la Svizzera ha riconosciuto la loro necessità di protezione e ha concesso asilo o un’ammissione provvisoria”. Effettivamente, “la Svizzera si è impegnata a promuovere l’integrazione nella nostra società delle persone bisognose di protezione” ma questo impegno, ricordano i leader, non può essere realizzato solo dalle autorità, infatti “l’integrazione presuppone sia la disponibilità delle persone straniere sia l’apertura di noi cittadini svizzeri”. “Noi, cristiani ed ebrei, siamo chiamati a impegnarci affinché coloro che hanno bisogno della nostra protezione vengano accolti e possano costruirsi una propria esistenza” conclude il testo. (R.P.)

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    Fervono i preparativi in Turchia per l'apertura dell'Anno Paolino il 22 giugno

    ◊   Con una concelebrazione presieduta dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, sarà ufficialmente aperto il 22 giugno a Tarso, l’Anno Paolino. La cerimonia si terrà nell’unica Chiesa che si trova nella città in cui nacque l’Apostolo delle Genti, oggi trasformata in museo dalle autorità turche. Il suo recupero (era un deposito di materiale per l’esercito) si deve all’interessamento dell’Associazione culturale Eteria che fa capo ai cappuccini dell’Emilia-Romagna. All’apertura parteciperà la Conferenza episcopale turca e mons. Giuseppe Bernardini, arcivescovo emerito di Smirne, insieme ai sacerdoti-relatori del “XII Simposio su Paolo” che inizierà nel pomeriggio, sempre a Tarso. Tema dell’incontro di studio sarà: “Paolo di Tarso, Storia, Archeologia, Ricezione”, argomenti che si preannunciano estremamente interessanti sia per l’importanza in sé sia perché affidati a specialisti dell’area cattolica, ortodossa e musulmana. I lavori continueranno a Iskenderun, sede del vicariato apostolico, per concludersi in Antiochia con la festa degli Apostoli Pietro e Paolo nella famosa “Grotta di S. Pietro”. L’Anno Paolino proseguirà poi a Tarso, il 29 agosto, con una celebrazione alla quale parteciperanno 80 diaconi; una liturgia insieme agli studenti della Pontificia Università Gregoriana (9 settembre); una concelebrazione ad Antiochia di Pisidia (31 maggio 2009); una manifestazione conclusiva sempre a Tarso il 28 giugno 2009. “L’Anno Paolino - ha scritto la Conferenza episcopale turca - riguarda tutte le comunità cristiane, ma riguarda particolarmente chi vive in Turchia, dove l’Apostolo ha percorso la maggior parte dei 35 mila chilometri dei suoi viaggi, tra ostilità, pericoli mortali, privazioni di ogni genere, pur di annunciare Gesù Cristo e il suo Vangelo”. (Da Tarso: padre Egidio Picucci)

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    A Sydney attesa per l’arrivo da Torino delle spoglie del Beato Pier Giorgio Frassati

    ◊   Giovanni Paolo II definì Pier Giorgio Trassati, il giorno della sua beatificazione, “l’uomo delle otto beatitudini” per la ricchezza del suo animo sempre proteso verso gli altri. Una vita intensa e breve, morì all’età di 24 anni, e completamente dedicata ai poveri. Alla sua testimonianza di una giovinezza vissuta nella purezza e nella gioia, all’azione dello Spirito Santo si è richiamato ieri il cardinal Severino Poletto durante la Santa Messa nella quale la città di Torino ha salutato le spoglie del Beato, traslate a Sydney per la Giornata Mondiale della Gioventù. Proprio Frassati è uno dei dieci patroni della GMG. Alla celebrazione hanno partecipato i nipoti del Beato, numerosi giovani, l’arcivescovo di Torino e quello di Canberra, mons. Mark Beedict Coleridge, a nome dei vescovi australiani. Il porporato, come riporta Avvenire, ha ricordato che "Frassati dice ai giovani di oggi che per seguire Gesù bisogna avere il coraggio di prendere le distanze dalle cose del mondo, dalle proposte di una vita comoda, di uno scellerato consumismo, dalla ricerca del potere, senza accogliere la Croce, la rinuncia, il sacrificio, necessari per costruire il Regno di Dio”. Il cardinal Poletto ha poi sottolineato che la presenza del Beato a Sydney indica ai giovani che ancora oggi scegliere Gesù Cristo vuol dire scegliere “l’eroismo della santità” che significa “vivere le virtù cristiane: una vita spirituale alimentata dal silenzio e dalla preghiera". "Il messaggio che porterà - ha continuato - sarà che c’è bisogno di ascolto del Signore e di confronto con la nostra coscienza per fare emergere quel tanto di buon che c’è nel cuore di ciascuno”. Per l’arcivescovo di Canberra, mons. Coleridge, “Pier Giorgio dirà ai giovani di Sydney che possono essere adesso e non solo nel futuro i leader della Chiesa e il fermento del mondo”. Al termine della Messa la bara è stata portata in processione alla Piccola Casa della Divina Provvidenza, meta prediletta del Beato, dove si è svolta una veglia di preghiera. A Sydney le reliquie saranno poste inizialmente nella chiesa di Saint Benedict dove il 4 luglio, giorno della memoria liturgica, verrà celebrata una Messa dall’arcivescovo di Sydney, il cardinale George Pell. Infine durante la prima serata della GMG, il 14 luglio, si terrà una veglia di preghiera nella Cattedrale della città australiana dove la bara sarà collocata dall’11 al 22 luglio.(B.C.)

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    La Croce e l’icona Mariana della GMG ritornano a Sydney il 30 giugno per un viaggio nella metropoli australiana

    ◊   Un lungo cammino per i simboli della Giornata Mondiale della Gioventù. Arrivati in Australia a luglio dello scorso anno, dopo un viaggio attorno al continente durato 12 mesi, la Croce e l’Icona mariana, insieme al ‘message stick’ aborigeno, tornano nella capitale il 30 giugno per un raggiungere i luoghi più significativi della regione di Sydney. Secondo quanto riferisce il Comitato organizzatore della GMG, sentito dal Sir, la Croce e l’Icona visiteranno le diocesi di Wollongong, Parramatta, Broken Bay e Sydney per poi fare il loro ingresso nel molo di Barangaroo, che ospiterà la Messa di apertura della GMG, il 15 luglio. In questi giorni finali del pellegrinaggio della Croce il Comitato invita tutti coloro che vogliono partecipare a registrarsi sul sito wyd2008.org per evitare problemi legati ad un eccessivo affollamento. Tutti gli spostamenti della Croce e dell’Icona saranno, infatti, a piedi, con partenza intorno alle 9 della mattina ed arrivo nel pomeriggio alle 16.30 circa. Una lunga processione che per 15 giorni toccherà i luoghi più importanti e affollati di Sydney e dintorni per far assaporare alla città le prime atmosfere della GMG. (V.V.)

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    La preoccupazione dei vescovi argentini dopo l’approvazione del “Programma nazionale per l’educazione sessuale integrale”

    ◊   Un documento in otto punti, indirizzato “ai genitori, alle autorità educative, ai presidi e agli insegnanti delle scuole, agli alunni e a tutte le persone di buona volontà”, per chiarire alcuni passaggi del “Programma nazionale per l’educazione sessuale integrale”, approvato dal governo argentino: così la Conferenza episcopale argentina (CEA) esprime la sua preoccupazione per la recente normativa. “La Chiesa – scrivono i presuli – ha partecipato attivamente, attraverso i suoi rappresentanti, con suggerimenti, critiche e proposte, perché il Programma contribuisse a consolidare la formazione armonica ed equilibrata della persona, in un ambito tanto delicato come l’educazione sessuale”. Ma molte di queste proposte “non sono state incluse nel Programma – sottolineano i vescovi - mentre altre sono state snaturate”. In particolare, la CEA obietta su otto punti: in primo luogo, il Programma omette il principio secondo il quale la sessualità umana è legata all’amore, “oscurando il senso della complementarietà fisica, spirituale e morale dell’uomo e della donna” e trascura il concetto del matrimonio come scelta di vita. In secondo luogo, il testo governativo dimentica “il ruolo della famiglia come agente naturale e primario dell’educazione dei figli e dei loro diritti, riconosciuti dalla Costituzione”. Inoltre, aggiungono i presuli, “il carattere obbligatorio dei lineamenti normativi non lascia margine d’azione ai genitori che volessero obiettare su quei contenuti che attentano alle loro convinzioni religiose e morali”. La CEA, poi, nota che il Programma propone come prioritaria la promozione della salute in generale, e riproduttiva in particolare, dando una maggiore importanza all’aspetto biologico. Altro punto disapprovato dai vescovi è l’accesso ai metodi anticoncezionali, presentato come un diritto fondamentale dei bambini e degli adolescenti, dimenticando che “tale diritto si iscrive nell’ambito dell’esercizio della patria potestà, come prescrive la legge 25.673 sulla salute sessuale e la procreazione responsabile”. La Conferenza episcopale argentina sottolinea, inoltre, che la nuova norma “minimizza la dimensione etica della sessualità, basata su valori e virtù morali”, così come, al contempo, “enfatizza l’uso esclusivo ed obbligatorio di metodi di prevenzione dall’AIDS, come il preservativo”. Metodi che, notano i vescovi, “oltre ad essere moralmente opinabili, hanno prodotto risultati negativi ed insufficienti in tutto il mondo”. Contemporaneamente, il Programma omette altri metodi preventivi, come “l’astinenza e la fedeltà reciproca”. E ancora: la CEA disapprova il fatto che l’identità sessuale sia presentata, nel Programma, come una costruzione “socio-storica e culturale”, dimenticando che la persona umana, “sin dal suo concepimento biologico, è sessualmente definita, sia al maschile che al femminile”. Inoltre, i presuli argentini ricordano che “l’approvazione del Programma come piano comune obbligatorio per tutte le scuole del Paese, mina gli ambiti decisionali propri delle istituzioni educative e delle giurisdizioni”. Infine, i vescovi ribadiscono l’importanza dell’educazione come “aspetto essenziale del bene comune della Patria”. (I.P.)

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    I vescovi del Guatemala in difesa delle famiglie contadine

    ◊   “Le politiche pubbliche nell’ambito agricolo che sono state varate negli ultimi anni, durante i cosiddetti governi della pace, violano i diritti fondamentali delle famiglie contadine, in particolare il diritto al cibo”. Così i vescovi delle diocesi e vicariati prevalentemente rurali del Guatemala che ieri hanno concluso una plenaria straordinaria delle Commissioni per la pastorale della terra. I presuli di Petén, Izabal, Verapaces, Escuintla, San Marcos, Quiché, Suchitepéquez-Retalhuleu e Quetzaltenango-Totonicapán, si sono incontrati per analizzare l’impatto delle politiche pubbliche sulle popolazioni locali. “L’esperienza quotidiana che si vive in ciascuna di queste diocesi dimostra - aggiungono i presuli - che le istituzioni esistenti, create per risolvere i problemi delle donne e degli uomini poveri, sono deboli e non possiedono gli strumenti per affrontare e risolvere la conflittualità nel settore agricolo”. Pertanto sottolineano che, a vent’anni dalla sua pubblicazione, è ancora valida la Lettera pastorale della Conferenza episcopale del Guatemala: “Il grido della terra”. Inoltre evidenziano che il 49% degli introiti delle famiglie contadine della regione occidentale derivano dall’agricoltura ma servono quasi esclusivamente per garantire l’alimentazione. Eppure il 74% delle terre di queste persone non ha la certezza della proprietà della terra e si trova così in una situazione di conflitto con lo Stato. I presuli ricordano inoltre che “situazioni simili si vivono in diverse regioni del Paese” e sottolineano una particolarità che si registra nella regione del nord dove "l’agribusiness", lo sfruttamento di tutte le risorse della terra, ha finito “per provocare lo sfollamento di 2182 famiglie di 27 comunità etniche” rimaste senza lavoro e senza campi. “Esortiamo il governo del Presidente Álvaro Colom - concludono i presuli - a cambiare l’ottica con la quale si è tradizionalmente affrontato il problema nel Paese. E’ vero che il fondamento legale è il principio della proprietà privata, ma è anche vero che l’articolo 44 della Carta Costituzionale stabilisce che l’interesse sociale prevale su quello particolare”. Infine i presuli chiedono il dialogo tra il governo e l’Alleanza per lo sviluppo rurale ed arrivare così ad accordi concreti, vincolanti e capaci di offrire soluzioni integrali ai problemi della terra e per la governabilità del Paese. (A cura di Luis Badilla)

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    Messaggio dei vescovi brasiliani per il centenario dell'immigrazione giapponese

    ◊   Era il 18 giugno 1908 quando la nave giapponese “Kasato Maru”, partita da Kobe tre mesi prima, attraccava al porto di Santos, in Brasile. A bordo, c’erano circa 850 giapponesi, i primi emigranti che arrivavano nel Paese sudamericano, in seguito ad un accordo tra i due governi. Oggi, i giapponesi naturalizzati brasiliani sono 1 milione e 600mila, pari al 62% di tutti i giapponesi naturalizzati all’estero. Per celebrare questa ricorrenza, la Conferenza episcopale brasiliana ha inviato un messaggio di congratulazioni alla Pastorale nippo-brasiliana (PANIB), complimentandosi per “tutto il lavoro svolto nell’Evangelizzazione dei giapponesi”. Nel documento - a firma di mons. Geraldo Lyrio Rocha, mons. Luiz Soares Vieira e mons. Dimas Lara Barbosa, rispettivamente presidente, vicepresidente e segretario generale della CNBB – i vescovi ricordano la fondazione della PANIB, avvenuta nel 1967 e sottolineano “il numero significativo di missionari francescani, gesuiti, diocesani e di altre congregazioni maschili e femminili” che si sono impegnati nella pastorale nippo-brasiliana. “Un ruolo importante – aggiungono i presuli – lo ha avuto il collegio ‘San Francesco Saverio’, fondato nel quartiere Ipiranga di San Paolo e destinato all’accoglienza dei giovani giapponesi”. Così come significativa è stata, continua la Conferenza episcopale brasiliana, la creazione del movimento per ragazzi “Circolo cattolico Stella del mattino”, che si è diffuso in tutti i luoghi del Paese in cui sono presenti gli immigrati giapponesi. Esprimendo soddisfazione anche per “gli istituti di formazione, le scuole, gli ospedali e le chiese” costruite dai missionari nel corso dei decenni, la Conferenza episcopale brasiliana rivolge una preghiera a Dio, “Padre di tutta l’umanità”, affinché “permetta al popolo giapponese di vivere al più presto l’esperienza dell’incontro con il suo Figlio Gesù”. (I.P.)

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    Dolore dei presuli messicani per il brutale assassinio della nipote dell'arcivescovo di Jalapa

    ◊   E' stato ritrovato, domenica scorsa, il corpo della giovane Karina Reyes, 23 anni, figlia del rettore dell'Università del Golfo e nipote dell'arcivescovo di Jalapa, mons. Hipolito Reyes Larios. La giovane era stata sequestrata il 12 giugno. Il corpo è stato rinvenuto, pieno di pugnalate, dentro una borsa di plastica. In una nota ripresa dalla Fides, la Conferenza dell'episcopato messicano denuncia la "brutalità dell'assassinio di Karina Reyes" respingendo "la violenza" e manifestando la "condanna dei sequestri, degli assassinii e delle aggressioni commesse contro qualsiasi persona, principalmente contro gli innocenti". Anche l'arcivescovo di Città del Messico, il cardinale Norberto Rivera Carrera, ha voluto esprimere la propria condanna contro l'atto criminale verso la giovane. Qualche mese fa, l'arcidiocesi di Mexico faceva presente come la violenza "stia mettendo in grave rischio la pace del Messico e mette in risalto la decomposizione del tessuto sociale sfilacciato in larga misura dalle forze della corruzione e del narcotraffico". (A.M.)

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    Filippine: gioia del vescovo di Isabella de Basilian per il rilascio di 4 ostaggi

    ◊   “Sono davvero felice per il loro rilascio”: così mons. Martin Jumoad, vescovo di Isabella de Basilian, nelle Filippine, ha espresso la sua soddisfazione per la liberazione di quattro persone, rapite l’8 giugno scorso nella provincia meridionale di Sulu. I quattro ostaggi – la giornalista Cecilia Drilon, conduttrice dell’emittente televisiva locale Abs-Cbn, il cameraman, Jimmy Encarnacion, il professore universitario Octavio Dinampo e l’autista Angelo Valderama – sono stati liberati sull'isola di Jolo, a sud di Manila, senza il pagamento di alcun riscatto. A rivendicare il rapimento, erano state le brigate di Abu Sayyaf, organizzazione terroristica di matrice islamica: il sequestro, infatti, era avvenuto mentre gli ostaggi si stavano preparando ad incontrare Radulan Sahiron, leader storico dei ribelli. “Continuerò a pregare per la liberazione di altri ostaggi nella provincia di Sulu”, ha aggiunto mons. Jumoad, auspicando poi una migliore cooperazione con le forze armate, “affinché simili problemi siano risolti immediatamente”. Infine, il presule ha invitato i giornalisti ad agire “con maggiore attenzione e prudenza”, evitando situazioni rischiose, che possono mettere in pericolo la loro vita. (I.P.)

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    Timor Est: una cappella e una statua per ricordare Giovanni Paolo II

    ◊   Inaugurate una cappella e una statua dedicata a Giovanni Paolo II a Timor Est. La struttura sorge proprio nel luogo dove il Papa celebrò la Santa Messa davanti a una folta platea di giovani timoresi, il 12 ottobre 1989, portando un messaggio di pace e di speranza. Le costruzioni si trovano nel sobborgo di Tasi-Tolu, alla periferia della capitale Dili, e sono state benedette dal nunzio apostolico in Indonesia e Timor Est, mons. Leopoldo Girelli, in una sua recente visita all’isola. Il sobborgo di Tasi-Tolu è simbolo della sofferenza del popolo timorese. Quando il Santo Padre visitò l’isola, nel 1989, Timor Est era sotto la dominazione indonesiana e stava lottando per la sua libertà, poi ottenuta nel 1999. Allora Giovanni Paolo II baciò la croce per terra, mostrando il suo amore e la sua vicinanza alle sofferenze della popolazione. ”Questo monumento vuole essere segno di speranza per un futuro migliore del popolo timorese, in cui tutti i cittadini possano trovare un posto con dignità”, ha commentato all’Agenzia Fides padre Filomeno Jacob, sacerdote locale e Direttore delle Pontificie Opere Missionarie a Timor Est. Anche il nunzio apostolico è stato chiaro nel suo messaggio: “Non dobbiamo dimenticare le sofferenze del passato, ma imparare dalla memoria storica per non ripetere gli errori che hanno causato così tanto dolore e sofferenza ai timoresi. Per questo non possiamo dimenticare la giustizia: per i cristiani il perdono non significa impunità. Il perdono richiede giustizia. La giustizia è una priorità in tutto il mondo, specialmente nella amata nazione di Timor Est”. (V.V.)

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    Migliaia di visite al padiglione della Santa Sede presso l’Expo di Saragozza

    ◊   Grande successo per il padiglione della Santa Sede presso l’Expo di Saragozza, inaugurata sabato scorso e dedicata al tema “Acqua e sviluppo sostenibile”. Nel primo giorno di apertura, 4318 persone, circa il 12% dei visitatori dell’Esposizione, si sono recate nello stand allestito dalla Santa Sede. Tra le personalità presenti l’arcivescovo di Saragozza, mons. Manuel Urena Pastor, il presidente della Sociedad Expo Agua, Roque Gistau e il commissario generale dell’Expo Emilio Fernàdez-Castano. Le trentanove opere d’arte sistemate nello spazio centrale del padiglione sono l’attrazione principale. Molto apprezzati il quadro di El Greco “Il battesimo di Cristo”, l’arazzo della Creazione, proveniente dai Musei Vaticani e il fonte battesimale di bronzo e argento regalato a Giovanni Paolo II nel 1996. Dal 10 al 12 luglio nello stand della Santa Sede verrà inoltre promosso un Convegno internazionale dal titolo “La questione ecologica: la vita dell’uomo nel mondo”. (V.V.)

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    Pubblicato dalla Conferenza episcopale inglese il sesto rapporto sulla protezione dei bambini

    ◊   La denuncia alle autorità competenti degli abusi è la dimostrazione della buona volontà della Chiesa nella trasparenza e per mantenere un ambiente sicuro. Lo si legge nel sesto rapporto annuale di COPCA, l’Ufficio cattolico per la protezione dei bambini e degli adulti vulnerabili, della Conferenza episcopale inglese. L’ufficio ha il compito di controllare che vengano adempiute le raccomandazioni contenute nel rapporto di Lord Nolan, nel 2001 a capo di una commissione indipendente sulla tutela dei bambini nella Chiesa cattolica in Inghilterra e nel Galles. Come riporta l’agenzia Sir, secondo il rapporto, il numero di parrocchie con almeno un responsabile per la protezione dei bambini ha raggiunto la cifra di 2494. In più sono stati compiuti oltre 19 mila controlli su chi lavora con i minori. Inoltre dal 2007, cioè dopo l’inchiesta dell’ex ministro della Sanità, la baronessa Cumberlege, che aveva riconosciuto l’impegno della Chiesa per la sicurezza dei suoi membri, vi sono stati controlli su 46 accuse di abusi che hanno coinvolto 53 vittime, alcuni commessi oltre 60 anni fa. (B.C.)

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    Sconcerto dell’arcivescovo anglicano di Canterbury sull’unione di due preti gay

    ◊   Sono parole decise quelle contenute in un comunicato congiunto dell’arcivescovo anglicano di Canterbury Rowan Williams e dall’arcivescovo di York John Sentamu dopo il matrimonio di due sacerdoti omosessuali anglicani avvenuta a fine maggio in una chiesa londinese. Una vicenda sulla quale il vescovo di Londra, mons. Richar Chartres, sta indagando. “Grande sconcerto” si legge nel testo, riportato dall’agenzia Sir, nel quale, pur non commentando le circostanze specifiche, i due presuli ricordano che sulla questione della “sessualità umana” esistono dei riferimenti dottrinali e normativi “ben conosciuti e validi” che regolano l’approccio della Chiesa di Inghilterra su questo tema. Dal 4 all’8 giugno, si terrà un Sinodo generale e all’ordine del giorno ci sarà anche la discussione sulla ordinazione episcopale delle donne. (B.C.)

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    Lotta alla povertà al centro del dibattito tra i vincitori del Nobel riuniti a Petra

    ◊   I vincitori dei premi Nobel riuniti a Petra. La città della Giordania ospita, infatti, la quarta edizione dell’incontro, intitolato "Un mondo in pericolo", che si è aperto ieri. “Siamo qui come leader e scienziati – ha dichiarato Elie Wiesel, vincitore del Nobel per la pace nel 1986 – per imparare l’uno dall’altro come aiutare chi ha bisogno, come alleggerire l'impatto di fame e povertà, dare speranza di una vita migliore ai popoli e raggiungere lo sviluppo sociale”. Tra le proposte la creazione di un comitato dei premi Nobel per seguire la crisi alimentare mondiale e presentare raccomandazioni ai governi e alle istituzioni finanziarie. I partecipanti discuteranno, inoltre, della crisi finanziaria internazionale, di sicurezza alimentare e come colmare il divario tra i paesi avanzati e quelli in via di sviluppo. Alla conferenza, riferisce l'agenzia Misna, partecipano 30 vincitori del premio Nobel e oltre 280 tra politici, economisti e scienziati, tra cui il presidente senegalese Abdoulaye Wade, quello croato Stjepan Mesic e il Segretario generale della Lega araba Amr Mussa. (V.V.)

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    Sabato celebrazione in San Giovanni in Laterano per i 25 anni di episcopato del cardinale Ruini

    ◊   Era il 24 maggio 1983 quando Giovanni Paolo II nominò il cardinale vicario Camillo Ruini vescovo titolare di Nepte e ausiliare per le diocesi di Reggio Emilia e Guastalla. Il 29 giugno dello stesso anno il porporato riceveva l'ordinazione episcopale dal vescovo diocesano Gilberto Baroni. Sabato prossimo, alle 18.30, nella basilica di San Giovanni in Laterano questo evento sarà ricordato, 25 anni dopo, con una celebrazione eucaristica. Occasione durante la quale la Chiesa di Roma “renderà grazie a Dio” per l’anniversario di ordinazione episcopale del cardinale vicario Camillo Ruini. “Per sua scelta – si legge nella lettera inviata a tutta la diocesi dal vicegerente Luigi Moretti – il cardinale desidera associare il personale ringraziamento per questo dono ricevuto a quello dei sacerdoti diocesani e religiosi che quest’anno ringrazieranno il Signore nel 25.mo, 50.mo o 60.mo anniversario di ordinazione sacerdotale”. In segno di riconoscenza per il servizio pastorale svolto in questi anni, la diocesi – spiega un comunicato stampa diffuso dal Sir – offrirà al porporato un dono: l’icona di “Maria Salus Populi Romani”, opera dell’iconografa Roberta Boesso, ispirata a quella conservata nella basilica romana di Santa Maria Maggiore. Dedicato al card. Ruini nel suo 25.mo di episcopato anche il concerto che domani, alle 21, nel cortile del Vicariato (Palazzo del Laterano) aprirà la seconda edizione della rassegna “Musica d’estate al Laterano”, organizzata dal Servizio diocesano per la pastorale giovanile. (V.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    A Gaza regge per il momento la tregua tra Hamas e Israele. Si discute su possibili negoziati indiretti sulla questione dei prigionieri

    ◊   E’ entrata in vigore questa mattina nella Striscia di Gaza la tregua tra Israele e il movimento fondamentalista palestinese Hamas. Il cessate-il-fuoco, raggiunto con la mediazione dell’Egitto e sul quale ci sono le perplessità americane, è stato preceduto da una serie di violenze che hanno provocato la morte di un estremista palestinese colpito dall'esplosione di un missile aria-terra israeliano. Si registra inoltre che Israele e Hamas, seppure in forma indiretta, riprenderanno i colloqui in vista di un possibile scambio di prigionieri: lo hanno annunciato fonti del Ministero della difesa dello Stato ebraico, precisando che i contatti riguarderanno in particolare il rilascio del giovane caporale Shalit, rapito due anni fa sul confine con Gaza.

    Afghanistan
    In Afghanistan, sarebbe terminata da poco l’operazione militare dell’esercito di Kabul, supportato dal contingente canadese, contro i talebani che avevano circondato la città di Kandahar, dopo la fuga di massa – la scorsa settimana – dal carcere cittadino. Sarebbero centinaia i morti rimasti sul campo. Ce ne parla Marco Guerra:
     

     
    I talebani sono stati messi in fuga dal distretto di Arghandad, subendo centinaia di perdite tra morti e feriti. La zona sarebbe adesso pacificata. Il governatore di Kandahar ha reso noto stamani il primo bilancio della massiccia offensiva avviata ieri dall’esercito afgano, coadiuvato da forze della NATO, volta a colpire un gruppo di centinaia di miliziani asserragliati in alcuni villaggi nel sud dell’Afghanistan. Si ritiene che molti degli insorti talebani, contro i quali è scattato l’attacco degli elicotteri e delle truppe della coalizione internazionale, siano tra quelli fuggiti dal carcere di Kandahar la settimana scorsa, durante una clamorosa evasione di massa di oltre mille detenuti, resa possibile da un attacco suicida con un camion-bomba. Le autorità hanno precisato che "la maggior parte" degli estremisti eliminati erano "pachistani". Tuttora rastrellamenti e perquisizioni sono in corso nell'intera area, alla ricerca di eventuali talebani superstiti, le operazioni dovrebbero infatti proseguire fino a domenica.

    Iraq
    L’esercito iracheno ha lanciato una massiccia offensiva contro i miliziani sciiti del sud, arroccati ad Amara. L’operazione, sostenuta dai soldati USA in Iraq, era stata decisa dal primo ministro iracheno Nouri al-Maliki e già sabato l’esercito si era dispiegato in forze nella zona. A riportare la notizia è il portavoce della polizia della provincia di Missane.

    Iran
    L’Iran riapre al negoziato sul nuovo pacchetto di incentivi economici proposto dalle potenze del “5+1” nel tentativo di persuadere Teheran a rinunciare al suo programma di arricchimento dell’uranio. Il ministro degli Esteri iraniano, Manouchehr Mottaki, ha detto che Teheran sta valutando le offerte del pacchetto e che "al momento giusto darà le sue risposte''. Secondo il titolare della diplomazia iraniana ora il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, coadiuvato dalla Germania, dovrebbe fare altrettanto con le loro richieste.

    Unione Europea – Ratifica trattato di Lisbona
    Prosegue il suo cammino la ratifica del Trattato di Lisbona: ieri, la Camera dei Lord britannica ha deciso per il sì e il Regno Unito diventa così il 19.mo Paese ad averlo approvato: manca soltanto la firma della Regina in programma per oggi. Un ottimo risultato per il premier Gordon Brown dopo la bocciatura in Irlanda tramite referendum. In Italia il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, davanti all’assemblea di Confcommercio, ha detto che da parte sua ci sarà un’indicazione verso l’approvazione in tutti i Paesi che mancano oltre l’Irlanda. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha chiesto al Parlamento di ratificare subito il trattato, prima della pausa estiva, per dare “un segnale politico”. In Germania, il cancelliere Angela Merkel, parlando al Bundestag di Berlino, ha definito “necessario” il fatto che tutti gli Stati adottino il trattato all’unanimità: “Non ci sono altre strade”, ha detto.

    Unione Europea – Vertice Bruxelles
    Restiamo in Europa, dove sale l’attesa per il vertice di due giorni dei capi di Stato e di governo dell’Unione che si apre oggi pomeriggio a Bruxelles. Al centro dell’appuntamento politico sarà proprio il Trattato di Lisbona sull’ampliamento dei poteri dell’Unione Europea nei confronti degli Stati membri e la bocciatura dello stesso da parte dell’Irlanda nel referendum della scorsa settimana. ''Il compito più importante del Vertice è dimostrare che il 'no' al Trattato non paralizzerà le istituzioni comunitarie'', ha detto ieri il presidente della Commissine UE Barroso. Sul tavolo dei colloqui anche le nuove direttive sull’immigrazione e, in particolare, il problema dell'aumento dei prezzi petroliferi e dei prodotti alimentari.
     
    Zimbabwe
    In Zimbabwe a otto giorni dal secondo turno delle presidenziali, in cui si sfideranno il leader dell'opposizione Tsvangirai ed il presidente uscente Robert Mugabe, il clima politico si fa sempre più rovente. Secondo il portavoce del partito di opposizione - "Movimento per il Cambiamento Democratico" (MDC) - sarebbero stati ritrovati morti quattro loro giovani militanti, sequestrati due giorni fa nelle rispettive abitazioni ad Harare. Poche ore prima la televisione di Stato aveva annunciato che non sarà più consentita la propaganda elettorale dell’opposizione. Diversi osservatori internazionali e leader dei Paesi africani, alla luce delle violenze e delle intimidazioni, ritengono illegittime le consultazioni del prossimo 27 giugno. Intanto, il presidente sudafricano Thabo Mkeki continua a cercare una mediazione: ieri, al termine di un incontro con Mugabe e Tsvangirai, ha rilanciato l’ipotesi di un governo di coalizione.

    USA – esondazioni Mississippi
    Si aggrava sempre più la situazione del Midwest degli Stati Uniti dove, a causa delle piogge inarrestabili, il fiume Mississippi è esondato in una trentina di punti, coprendo d’acqua circa 285mila acri di terreno. Non si registrano né morti né feriti, finora, ma migliaia sono le persone rimaste senza casa e gli agricoltori che hanno perso completamente il loro raccolto: numerosi, infatti, sono i campi di granturco e soia allagati e immediatamente il prezzo di questi due prodotti è salito alle stelle. Ma lo stato d’allerta non cala: dal momento che le previsioni meteorologiche non promettono nulla di buono e, dopo le decine di migliaia di persone sfollate dall’Iowa, si procede con l’evacuzione di zone dell’Indiana, Winsconsin, Illinois e Minnesota. È attesa per oggi, nelle zone più colpite, la visita del presidente George W. Bush appena tornato dal suo viaggio in Europa.

    Cina
    Sei minatori sono morti ieri pomeriggio in una cava di bentonite, che si è allagata vicino a Hangzhou, capoluogo della provincia meridionale di Zhejiang, in Cina. A riportare la notizia è l’agenzia governativa "Nuova Cina" che ha riferito di 16 persone coinvolte nell’incidente, dieci delle quali sono state tratte in salvo. Secondo fonti locali il motivo dell’inondazione sarebbe l’inadeguatezza delle misure di sicurezza presenti: un problema molto diffuso in Cina, dove 4700 minatori sono morti nel 2007. Dopo l’incidente le autorità hanno ordinato la chiusura delle cave in tutta la zona per effettuare controlli.

    Myanmar – compleanno Aung San Suu Kyi
    Sette persone fra i sostenitori di Aung San Suu Kyi sono stati arrestati oggi a Rangoon davanti alla sede della "Lega nazionale per la democrazia", dove si erano riuniti per festeggiare il 63.mo compleanno dell’icona birmana della non violenza. A riferirlo sono membri stessi del partito che vogliono mantenere l’anonimato. Aung San Suu Kyi si trova agli arresti domiciliari più o meno da vent’anni, da quando decise di fondare il partito d’opposizione al regime militare instauratosi nell’ex Birmania e rifiutò l’offerta di lasciare il Paese. Il provvedimento è stato prolungato di un altro anno dal governo, il 27 maggio scorso. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Roberta Barbi)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 170

     
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