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Sommario del 14/06/2008
Il Papa oggi a Santa Maria di Leuca e Brindisi per il suo decimo viaggio pastorale in Italia
◊ Circa un’ora e mezzo separa Benedetto XVI dalla partenza per il suo decimo viaggio pastorale in Italia, che lo porterà in Puglia. Per le 15.30 di oggi è previsto il decollo del volo pontificio all’aeroporto di Ciampino verso lo scalo leccese di Galatina, da dove il Papa proseguirà in elicottero per Santa Maria di Leuca, prima tappa del suo soggiorno. Dopo la Messa presieduta nel Santuario di Santa Maria “de finibus terrae” alle 17.30, il Pontefice giungerà in serata a Brindisi, dove saluterà una prima volta, in una piazza del centro cittadino, le decine di migliaia di persone attese per l’evento. Poi, domattina alle 10, la Messa celebrata al porto e quindi, alle 16.45, l’incontro con il clero in cattedrale. Alle 17,45, infine, Benedetto XVI ripartirà in aereo per fare rientro in serata in Vaticano. La nostra emittente seguirà in diretta gli eventi principali della visita. Sugli ultimi istanti di attesa che stanno vivendo le due città pugliesi, il servizio del nostro inviato, Alessandro De Carolis:
L’ultima volta che la gente di Brindisi lo aveva potuto vedere, il Papa viaggiava in carrozza con palafrenieri e seguito a cavallo. Era il 1089 e l’allora Pontefice Urbano II consacrò la prima pietra della cattedrale, ancora oggi esistente, e constatò di persona la buona ubicazione del porto che di lì a sei anni sarebbe stato la porta verso Oriente percorsa dagli uomini della prima Crociata. Tra poche ore - e 929 anni dopo - la gente di Brindisi vedrà il Papa atterrare in elicottero e se la città e la sua storia sono ben altra cosa rispetto un millennio fa, intatta è rimasta da allora la vocazione di Brindisi, “città d’acqua”, ad essere transito verso un vicino oriente che vuole il dialogo con il mondo musulmano e, insieme, porta d’ingresso per chi cerca in Occidente la speranza di una vita migliore. In questo intrico di sentimenti e storia, cronaca e fede, arriva questa sera Benedetto XVI. I mille anni di attesa sono evocati dai giornali locali, ma più ancora è la speranza la chiave di volta che spiega le attese dei centomila che stasera e domani faranno festa al Successore di Pietro. Speranza per una terra che sta impegnando se stessa in un riscatto sociale difficile, e che cerca nelle rotte della fede indicate dal capo della Chiesa universale idee capaci di irradiare di valori la vita civile. A raccontare questa nuova pagina di storia, saranno gli oltre 300 giornalisti attesi in città e a conservarlo la memoria di chi, specialmente domattina, condividerà con Benedetto XVI la Messa davanti al grande altare bianco che domina dalla banchina di Sant’Apollinare lo skyline del porto. Per il resto, Brindisi presenta il tipico volto di una città in attesa del grande evento: frenesia nei ritocchi finali, vie principali transennate e presidiate dalle forze dell’ordine, i gruppi dei 700 volontari mobilitati per fornire assitenza.
Ma intanto sarà Santa Maria di Leuca a salutare per prima tra poco più di tre ore l’arrivo di Benedetto XVI, pellegrino mariano. Il Papa atterrerà in elicottero a Punta Rìstola, ultimo scoglio d’Italia a tuffarsi tra le onde dell’Adriatico e quelle dello Ionio. Ad attendere Benedetto XVI, 45 mila di fedeli dentro e fuori l’antichissimo santuario mariano detto “de finibus terrae”, dove alle 17.30 è in programma la Messa. E anche qui, dove la tradizione colloca il primo approdo di San Pietro sulla penisola, germoglia una testimonianza di pace: i 30 mila euro di colletta raccolti perché il Papa faccia costruire in Terra Santa una struttura dove i giovani cristiani e musulmani imparino a vivere uniti. Da Brindisi, Alessandro De Carolis, Radio Vaticana.
L'attesa di Benedetto XVI in Puglia
◊ La visita del Papa a Santa Maria di Leuca sarà dunque, sostanzialmente, un pellegrinaggio mariano. Ma cosa si aspettano dall’incontro con Benedetto XVI i fedeli di questa diocesi? Ci risponde il vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, mons. Vito De Grisantis, al microfono di Cecilia Seppia:
R. – Ci aspettiamo innanzitutto uno stimolo ad una devozione alla Madonna più profonda, che veramente aiuti la nostra gente a seguire quello che Maria ha detto alle nozze di Cana ai servi, quando ha detto “Fate quello che Lui vi dirà”. La devozione alla Madonna è molto radicata nella nostra gente. Ma, come ogni devozione, certamente va approfondita e va vissuta nella maniera più bella e anche più profonda, perché sia sempre una devozione che porti al Signore Gesù.
D. – Nella sua lettera per la preparazione della visita del Papa, lei rileva una vostra singolarità, ovvero la posizione del Santuario che guarda ad Oriente e richiama la vocazione di questa Chiesa ad essere ponte di unione tra Oriente ed Occidente. Un impegno, dunque, al dialogo ecumenico e interreligioso…
R. – La posizione di Leuca è stata sempre nella storia punto di incontro tra Oriente ed Occidente, non soltanto in senso positivo. Non so se conoscete la storia del Santuario. L’attuale Santuario è il sesto, infatti, poiché cinque sono stati bruciati dai saraceni, che sbarcavano continuamente sulla nostra terra, proprio a Capo di Leuca, e per prima cosa distruggevano e bruciavano tutto ciò che era cristiano. Quindi, il Santuario di Leuca è stato bruciato per cinque volte. Questo guardare all’Oriente ora deve diventare non più motivo di scontro, ma motivo di incontro.
D. – La vostra diocesi, tra l’altro, è molto impegnata sul fronte sociale, in particolare al fianco dei giovani…
R. – La nostra diocesi è profondamente impegnata nel Progetto Policoro, insieme alla Calabria e alla Basilicata, proprio per venire incontro ai problemi dei giovani, alla formazione dei giovani al lavoro e quindi anche alla possibilità di inserimento nel mondo del lavoro. Tutto questo attraverso, appunto, il Progetto Policoro, che il responsabile della Pastorale sociale del lavoro porta avanti da un po’ di anni con molto impegno e al servizio dello sviluppo, della promozione dei giovani nell’ambito del lavoro. Noi facciamo la nostra parte e soprattutto stimoliamo le istituzioni regionali e locali, perché a questo problema della disoccupazione giovanile, e non solo, si diano risposte efficaci e risposte serie.
D. – Antiche tradizioni locali vogliono che San Pietro apostolo sia passato da queste parti. Quali benefici si attendono ora dalla visita del successore di Pietro?
R. – La tradizione afferma che l’apostolo Pietro è venuto qui ed ha evangelizzato per primo la nostra gente e oggi il magistero di Benedetto XVI continua questa tradizione e quindi deve dare questa spinta alla rievangelizzazione del nostro popolo e il suo magistero è veramente in questa linea. Noi ci aspettiamo, non soltanto dal punto di vista affettivo - perché la nostra gente vuole tanto bene a Benedetto XVI ed io ho toccato con mano l’affetto della gente, la gioia di poterlo accogliere - ma anche da un punto di vista di fede, che cresca questa adesione piena al magistero del successore di Pietro. Che la visita del Papa sul nostro territorio possa essere veramente stimolo ad una maggiore attenzione e quindi anche ad uno slancio maggiore per sviluppare tutte le potenzialità che il nostro territorio ha, non soltanto dal punto di vista turistico, ma anche dal punto di vista culturale, dal punto di vista creativo, dal punto di vista imprenditoriale. Lo spero veramente, perchè la nostra terra ha bisogno di questo sviluppo maggiore, per il bene delle famiglie.
Diamo ora la parola ad Antonio Ferraro, sindaco di Castrignano del Capo, del quale Santa Maria di Leuca è una frazione. L’intervista è di Alessandro De Carolis:
R. – La visita di un Pontefice non è un evento che si verifica tutti i giorni. Naturalmente viviamo l’attesa e l’evento con la dovuta attenzione, con il dovuto orgoglio e speriamo che Benedetto XVI tocchi con mano quanto questa comunità sia votata non soltanto alla cultura della solidarietà e della pace, ma quanto storicamente abbia in sé radicato il sentimento religioso.
D. – Saranno poche ore ma fortemente simboliche: il Papa, proveniente da Roma, che posa il piede dove la tradizione vuole che San Pietro vi abbia poggiato il suo, per poi, un giorno, arrivare a Roma. Quali sono i suoi sentimenti personali di fronte a questo intreccio così particolare tra storia e presente?
R. – Il rivivere il passaggio di un altro Papa, se da un punto di vista prettamente religioso comporta dedizione e stimolo alla riflessione sui grandi temi e principi che attualmente assillano l’intera umanità, dall’altro penso che vada visto anche sotto l’aspetto, questa volta, della “coltura” – e non cultura – di quei principi che dovrebbero essere alla base della convivenza civile, della fratellanza, della pace.
Il Papa sarà a Brindisi già da questa sera. Una città di mare aperta per vocazione naturale all’Oriente e alla solidarietà, in particolare nell’accoglienza degli immigrati. Sono le “qualità” di Brindisi messe in luce, al microfono di Alessandro De Carolis, dal sindaco Domenico Mennitti:
R. – Io mi rifaccio all’Enciclica che il Papa ha pubblicato con l’invocazione a restituire speranza. Questa è una città che sta recuperando la speranza che è un po’ l’anticamera della fiducia perché attraversa una fase di rilancio, di recupero della propria dignità, di riscoperta anche della propria impostazione urbanistica. Brindisi, città d’acqua che tende a recuperare il suo ruolo di interlocuzione soprattutto con il bacino del Mediterraneo e con i popoli che sono dall’altra parte dell’Adriatico.
D. – Visite di questo tipo, risucchiano, per così dire, i luoghi interessati sotto il cono di luce, talvolta un po’ ingombrante, dei media. Nel giugno 2008, quale volto viene in evidenza della città di Brindisi?
R. – Soprattutto il grande recupero del rapporto fra la città e il suo porto. Per quello che noi sappiamo, il Papa è rimasto molto colpito dalla pubblicazione di un libro che parla di Brindisi nel 1991, quando ci fu il grande esodo degli albanesi e noi fummo la sponda della libertà per oltre 20 mila profughi che fuggivano dalla loro patria.
D. – A questo proposito, la vostra città, per la sua naturale vocazione di luogo di transito tra Occidente ed Oriente, è anche una città che ben conosce, per l’appunto, il fenomeno dell’immigrazione. Qual è attualmente la situazione, in questo senso?
R. – Per quanto riguarda la Puglia, ed in particolare Brindisi, oggi il problema è meno grave e meno pressante degli anni precedenti. Tuttavia, devo dire questo: nel momento difficile, quando si avviò questo fenomeno, Brindisi ha retto con un grande spirito di solidarietà.
Nomine
◊ Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare della diocesi di Cleveland (USA), presentata da mons. Alexander James Quinn per raggiunti limiti di età.
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Banjarmasin (Indonesia), presentata da mons. Franciscus Xaverius Rocharjanta Prajasuta, per raggiunti limiti di età. Gli succede il rev. Petrus Boddeng Timang, parroco della Cattedrale di Makassar. Il rev. Petrus Boddeng Timang è nato il 7 luglio 1947, a Malakri, Tana Toraj, nell’arcidiocesi di Makassar. È stato ordinato sacerdote il 13 gennaio 1974 ed incardinato nell’arcidiocesi di Makassar.
Il Papa ha nominato vescovo di Ouesso (Repubblica del Congo) il padre spiritano Yves Marie Monot, amministratore apostolico della medesima diocesi. Padre Yves Marie Monot è nato il 22 aprile 1944, a Pont-l’Abbé, nel dipartimento di Finistère, diocesi di Quimper (Bretagna), in Francia. È stato ordinato sacerdote il 9 luglio 1972.
Il Santo Padre ha nominato il cardinale Nicolás de Jesús López Rodríguez, arcivescovo di Santo Domingo, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni del III Congresso Americano Missionario (CAM3) e dell’VIII Congresso Missionario Latinoamericano (COMLA8), che avranno luogo a Quito (Ecuador) dal 12 al 17 agosto 2008.
Québec attende con speranza l’inizio del Congresso Eucaristico Internazionale al via domani sul tema “L’Eucaristia, dono di Dio per la vita del mondo”. Il Papa registra un videomessaggio per l’evento ecclesiale
◊ Benedetto XVI ha registrato, stamani, un videomessaggio per il 49.mo Congresso Eucaristico Internazionale, che prenderà il via domani a Québec. Nella città canadese fervono dunque gli ultimi preparativi per il grande avvenimento ecclesiale, incentrato sul tema “L’Eucaristia, dono di Dio per la vita del mondo”. L’Inviato speciale del Papa a Québec è il cardinale Jozef Tomko, presidente emerito del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali. Ulteriore motivo di gioia per i fedeli canadesi, il Congresso coincide con il 400.mo anniversario di fondazione della Città di Québec. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Sono felice di dare il benvenuto a quanti verranno per vivere con noi questo avvenimento ecclesiale nella preghiera, nella condivisione e nella comunione”: è il messaggio di accoglienza del cardinale arcivescovo di Québec, Marc Ouellet, che si fa interprete dei sentimenti della Chiesa canadese. Per la seconda volta, il Canada ospita un Congresso Eucaristico Internazionale, dopo quello di Montréal del 1910. Il primo si celebrò a Lille, in Francia, nel 1881, con lo scopo di incrementare la comprensione e la partecipazione al Mistero eucaristico in tutti i suoi aspetti. Significativamente, a prendere l’iniziativa fu una donna, Emilie Tamisier, che trovò l’incoraggiamento e la benedizione di Papa Leone XIII. Ecco come Benedetto XVI, parlando nel novembre del 2006, ai membri del Pontificio Comitato per i Congressi eucaristici sottolinea il significato profondo di questi eventi ecclesiali:
“I Congressi Eucaristici, che si tengono volta a volta in luoghi e continenti diversi, sono sempre sorgente di rinnovamento spirituale, occasione per meglio far conoscere la Santissima Eucaristia, che è il tesoro più prezioso lasciatoci da Gesù; essi sono pure un incoraggiamento per la Chiesa a diffondere in ogni ambito della società ed a testimoniare, senza esitazione, l’amore di Cristo”.
E proprio con questo spirito di amore per Gesù, avrà inizio domani alle ore 15 il Congresso a Québec. A caratterizzare questa prima giornata sarà l’arrivo dell’ "Arca della Nuova Alleanza". Si tratta di un simbolo spirituale il cui pellegrinaggio è iniziato l’11 maggio di due anni fa a Roma con la benedizione del Pontefice. Da allora, l’Arca ha attraversato più di 70 diocesi canadesi per sensibilizzare i fedeli sui contenuti e le finalità del Congresso. Sempre domani, verranno aperti nell’ambito del Congresso diversi luoghi di preghiera destinati all’Adorazione Eucaristica. Un’iniziativa che risponde ad un desiderio del Santo Padre, espresso fin dall’inizio del suo Pontificato:
“Quanto bisogno ha l'odierna umanità di ricoprire nel Sacramento eucaristico la fonte della propria speranza! Ringrazio il Signore perché molte parrocchie, accanto alla devota celebrazione della Santa Messa, vanno educando i fedeli all’Adorazione eucaristica ed auspico, anche in vista del prossimo Congresso Eucaristico Internazionale, che questa pratica si diffonda sempre più”.
Dopo l’apertura di domani, sono previste relazioni di numerosi porporati, laboratori, celebrazioni della Messa. Giovedì 19 giugno, uno dei momenti più forti del Congresso con la processione eucaristica per le vie di Québec, a cui si prevede la partecipazione di circa 15 mila persone. Il giorno dopo, verrà presentata la “Fondazione Cardinale Marc Ouellet”, opera sociale legata al Congresso eucaristico, che aiuta gli immigrati e i rifugiati ad integrarsi nella regione del Québec. Domenica 22, la conclusione del Congresso con la Santa Messa alle ore 11: l’omelia sarà pronunciata da Benedetto XVI, collegato via satellite con il Canada.
Pace e giustizia, valori condivisi da cristiani e musulmani: così il Comitato islamo-cattolico riunito in Vaticano
◊ La dignità dell’uomo, le religioni strumento di pace, la giustizia priorità nel mondo di oggi sono valori condivisi per i cristiani e i musulmani: è quanto viene ribadito in un comunicato al termine della riunione del Comitato islamo-cattolico di collegamento, tenutasi in Vaticano dall’11 al 13 giugno. Tema dell’incontro: “Cristiani e musulmani testimoni del Dio della giustizia, della pace e della compassione in un mondo che soffre la violenza”. I partecipanti all’incontro sono stati ricevuti da Benedetto XVI, mercoledì scorso, a margine dell’udienza generale. L’organismo promotore del colloquio è stato istituito dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e dall’International Islamic Forum for dialogue di Gedda in Arabia Saudita.
Nel comunicato, diffuso oggi dal Comitato, si mette l’accento su cinque punti di condivisione: innanzitutto, l’intrinseca dignità dell’uomo da cui derivano diritti e doveri. La giustizia, si legge nel secondo punto, è una priorità nel nostro mondo e richiede il rispetto dei bisogni fondamentali degli individui e dei popoli, attraverso un’attitudine di amore, fraternità e solidarietà. Non può esserci pace senza giustizia, ribadisce inoltre la nota. Al punto tre si sottolinea che la pace è un dono di Dio e richiede l’impegno di tutti gli esseri umani, soprattutto dei credenti, chiamati ad essere vigili testimoni di pace in un mondo afflitto dalla violenza. Nel quarto punto si ricorda che cristiani e musulmani credono in un Dio misericordioso e perciò considerano loro dovere mostrare compassione verso ogni essere umano, specie i più deboli e bisognosi. Infine, il documento afferma che le religioni, se autenticamente praticate, contribuiscono effettivamente a promuovere la fratellanza e l’armonia nella famiglia umana.
Il comunicato porta in calce la duplice firma del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del dicastero per il Dialogo Interreligioso e del prof. dr. Hamid Ahmad Al-Rifaie, presidente dell’International Islamic Forum for Dialogue. (A.G.)
Islam e dialogo: l'editoriale di padre Lombardi
◊ Quando il Re dell’Arabia Saudita era venuto a visitare il Papa in Vaticano gli aveva parlato di un suo progetto per il dialogo fra le grandi fedi monoteistiche. Le linee dell’iniziativa apparivano ancora assai generali. Ma il Sovrano ha continuato la sua strada, e dopo aver rilanciato altre volte il tema, nei giorni scorsi ha avuto luogo alla Mecca una Conferenza Islamica Mondiale, come fase preparatoria per l’avvio di un grande dialogo prima interno all’islam e poi con il cristianesimo e l’ebraismo, volto a tutelare e promuovere la dignità dell’essere umano, la famiglia minacciata nella sua identità, la pace fra i popoli. Il Sovrano ha espressamente rilevato che alcuni seguaci dell’islam, vittime dell’estremismo, stravolgono dall’interno la natura dell’islam stesso come religione di pace. Alla Conferenza hanno partecipato 500 personalità e dotti islamici delle diverse correnti di pensiero di tutto il mondo, che in un “appello” finale hanno ribadito il loro “no” allo scontro fra le civiltà, invitando i responsabili dei popoli alla concordia e alla promozione della cultura del dialogo.
C’è ancora un lungo cammino da fare per conoscersi e per intendersi sui diritti della persona; le diversità teologiche rimarranno irriducibili; le situazioni concrete di molte minoranze cristiane in terra musulmana sono drammatiche. Tuttavia, più si ripete l’affermazione e si radica la convinzione che in nome di Dio non ci si può odiare, ma ci si deve incontrare e dialogare, meglio è. Giovanni Paolo II aveva già indicato questa via ad Assisi. Il cammino non è facile per i musulmani, non è facile per gli ebrei, non è facile per i cristiani. Bisogna continuarlo con pazienza e coraggio.
Mons. Migliore all'ONU: progressi nella lotta all'AIDS, ma la comunità internazionale può fare di più
◊ Nella lotta della comunità internazionale contro l’AIDS sono stati compiuti evidenti progressi “ma resta ancora molto da fare”: è quanto ha detto l’arcivescovo Celestino Migliore alla riunione di alto livello svoltasi giovedì scorso al Palazzo di Vetro di New York durante la 62ª sessione dell'Assemblea Generale dell'ONU sul tema dell’HIV. L’osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite ha dunque invitato a fare di più: in particolare ha chiesto un maggiore accesso, attraverso costi contenuti, ai farmaci antiretrovirali, a testi affidabili, alla prevenzione della trasmissione della malattia da madre a figlio e alle tecniche diagnostiche. Ha poi sottolineato che un gran numero di vittime dell’AIDS sono dovute in realtà a patologie come la tubercolosi e la malaria. Malattie dagli esiti devastanti – ha rilevato – e che purtroppo non fanno notizia e non ricevono adeguati finanziamenti. Un maggiore impegno della comunità internazionale nel fornire cibo e assistenza sanitaria di base alle popolazioni povere – ha aggiunto – potrebbe gradualmente ridurre il gap tra ciò che è possibile e ciò che è necessario. Mons. Migliore ha infine ricordato l’impegno della Santa Sede nella lotta all’AIDS: attraverso le sue istituzioni raggiunge 4 milioni di persone nel mondo, indipendentemente dalla razza, dalla nazionalità e dal credo, raggiungendo le popolazioni più emarginate nei luoghi più isolati del Pianeta. Un terzo delle cure fornite sono gratuite. Mons. Migliore ha chiuso il suo intervento con un appello a lottare contro la pandemia dell’AIDS con un senso di maggiore solidarietà e compassione promuovendo la dignità di ogni essere umano in tutte le fasi della sua vita.(A cura di Sergio Centofanti)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, un servizio all'indomani della bocciatura del Trattato di Lisbona nel referendum in Irlanda. Un articolo a firma di Francesco Citterich.
Per la visita di Benedetto XVI, nell'informazione religiosa, intervista di Mario Ponzi all'arcivescovo di Brindisi-Ostuni.
In cultura, alcuni estratti dal volume "La salita a Cristo, Arte del Sacro Monte ieri e oggi" di Filippo Rossi, Lucetta Scaraffia e Timothy Verdon. Il libro è stato pubblicato in occasione del festival, a Varallo, "Imago Veritatis. L'arte come via spirituale", che si concluderà domani con l'intervento del cardinale Tarcisio Bertone. Nell'occasione il segretario di Stato pronuncerà una lectio sul tema "Maria figlia di Sion: dalla Gerusalemme terrena alla Gerusalemme celeste".
Nell'informazione internazionale, in rilievo il Vicino Oriente. Fallita la tregua con Hamas, Israele teme nuovi attacchi.
"Ripartiamo con il conforto del Papa": così Kiko Argüello ai nostri microfoni dopo l'approvazione da parte della Santa Sede dello Statuto del Cammino neocatecumenale
◊ Profonda gratitudine e immensa gioia per l’approvazione in via definitiva dello Statuto del Cammino neocatecumenale è stata espressa da Kiko Argüello e Carmen Hernandez, iniziatori e assieme a padre Mario Pezzi responsabili internazionali del Cammino, che ieri pomeriggio a Roma dopo la consegna del Decreto, hanno tenuto una conferenza stampa. Rispetto al Decreto sperimentale del 2002 la versione finale dello Statuto riconosce alle Messe del Cammino l’inserimento “nella pastorale liturgica domenicale delle parrocchie”; che la comunione si riceverà in piedi sul posto, senza più l’obbligo previsto in precedenza di recarsi processionalmente al celebrante e che sono state confermate tutte le altre ‘concessioni’: due specie eucaristiche, monizioni alla Parola, risonanze prima dell’omelia e rito della pace prima dell’Offertorio. Alla conferenza stampa era presente per noi Debora Donnini:
Sulla base di una formazione filosofica esistenzialista, Kiko si interroga sulla sofferenza degli innocenti e capisce che, di fronte a questa, o uno si fa rivoluzionario o si mette ai piedi di Cristo. Ma, mettendosi ai piedi, scopre che l’amore esiste. Siamo nei primi anni ’60, quando Kiko, sulle orme di Charles De Foucault, va a vivere nelle baracche di Palomeras Altas a Madrid; inizia poi il catecumenato nelle parrocchie della capitale spagnola; quindi in pieno ‘68 va a Roma. Nella conferenza stampa, Kiko e Carmen hanno ricordato le origini del Cammino, un’esperienza di formazione cristiana al servizio dei vescovi. Il Cammino, come iniziazione cristiana, nasce dal Concilio Vaticano II - ha spiegato Carmen - e dalla riscoperta della Veglia pasquale, operata dallo stesso Concilio, con le sue radici nella Pasqua ebraica: il passaggio dalla schiavitù alla libertà e, dunque, dalla morte alla Risurrezione. Tra le novità di questa stesura dello Statuto rispetto a quello del 2002, c’è il conferimento della personalità giuridica pubblica all’insieme dei beni spirituali del Cammino e il riconoscimento delle celebrazioni dell’Eucaristia delle comunità neocatecumenali al sabato sera come parte della pastorale liturgica della parrocchia ed aperte anche ad altri fedeli. Fondamentale per il Cammino la nuova evangelizzazione con oltre 600 famiglie inviate nel mondo per predicare il Vangelo. Ma qual è il significato per il Cammino di questa approvazione? Lo abbiamo chiesto a Kiko Argüello:
R. – E’ di grandissima importanza il riconoscimento per il fatto che noi siamo un dono dello Spirito Santo ed un aiuto alla Chiesa per la nuova evangelizzazione. Dopo 40 anni e dopo tante sofferenze, la Chiesa ha visto - in questi 40 anni - i frutti; ha consultato tanti vescovi, tante parrocchie e tante famiglie in missione; ha visto i seminari e, alla fine - oggi - siamo stati riconosciuti come una realtà ecclesiale.
D. – Quali sono i miglioramenti in questo Statuto?
R. – Il miglioramento è stato soprattutto quello di riconoscere che la prassi liturgica del Cammino è una prassi ecclesiale, non è certo un’invenzione, perché per noi del Cammino la liturgia è molto importante; poiché l’Eucaristia soprattutto per i giovani può essere utile per salvarli dalla droga, per farli profondamente cristiani. La Chiesa ha avuto pazienza e, alla fine, ha riconosciuto che questa realtà che sta facendo il Cammino è ecclesiale.
D. – L’importanza è anche che si tratta di una personalità giuridica pubblica...
R. – Noi non vogliamo fare del Cammino ‘un’associazione forte’, in quanto l’animazione cristiana dipende dal vescovo: siamo un servizio al vescovo. Ma la Chiesa ha capito che dovevamo rafforzare la nostra realtà per dare una maggiore ecclesialità, e ci ha quindi riconosciuto come una personalità giuridica pubblica: ciò vuol dire che il nostro agire è in nome della Chiesa, ma così come tutte le fondazioni pubbliche amministrano beni materiali, a noi viene riconosciuto che abbiamo beni spirituali. Un bene spirituale è, per esempio, tutta l’articolazione del neocatecumenato, come si articola la catechesi, la creatività. Questo è un bene che noi mettiamo al servizio della diocesi, però il Cammino in sé non ha né casse, né fondi pubblici: è tutto della diocesi. Il Cammino è soltanto un servizio alle diocesi.
D. – Più di 40 anni fa, lei ha cominciato andando a vivere nelle baracche di Palomeras Altas, tra i poveri. Certo, non immaginava la realtà di oggi, con 20 mila comunità in 107 Paesi del mondo. Quali sono i sentimenti che lei prova oggi con questa approvazione?
R. – Gratitudine alla Vergine Maria, a Dio, a suo figlio Gesù Cristo e poi anche a Pietro. Mi sembra che quello che ha detto Cristo: “Tu sei Pietro e su questa pietra erigerai la mia Chiesa”, è una cosa geniale. Senza Pietro noi non saremmo esistiti. E’ stato provvidenziale come sia Paolo VI, sia Giovanni Paolo II, sia anche questo Papa, abbiano saputo aiutarci ed abbiano saputo vedere l’azione dello Spirito Santo. Per questo esprimo gratitudine, essendo la Chiesa come una madre.
D. – E a proposito della nuova evangelizzazione?
R. – Quando il Papa Giovanni Paolo II ha parlato di “nuova evangelizzazione”, coniando queste due nuove parole, nessuno capiva esattamente in cosa questo consistesse. Oggi, grazie alle nuove realtà ecclesiali, si può cominciare a capire che c’è bisogno di una “nuova evangelizzazione”. Giovanni Paolo II ha detto: “Nuovi metodi, nuovi contenuti, nuova creatività, una nuova evangelizzazione che sia quindi nuova nei suoi metodi e nei suoi contenuti, nella sua espressione e nella sua realizzazione”. Noi pensiamo che adesso, proprio perché rafforzati da questo, rafforzati da questo Statuto e da questo riconoscimento, potremmo rilanciare le famiglie in missione, gli itineranti, i giovani e le vocazioni. Lo facciamo sempre come aiuto ai vescovi. Noi siamo una realtà nata proprio per aiutare le parrocchie.
Incertezza nell'UE dopo il 'no' dell'Irlanda al Trattato di Lisbona
◊ Gli irlandesi, poco meno dell'1% della popolazione europea, hanno bocciato con il referendum di ieri il Trattato di Lisbona, pensato per far funzionare meglio l'Unione Europea, gettando l'intera comunità in una fase di profonda incertezza. Da parte sua il premier sloveno Janez Janza, ricorda oggi che il Trattato è già stato ratificato da 18 Paesi e che tutti i leader dei Paesi che rimangono sono determinati nel continuare il processo di ratifica. Il servizio di Fausta Speranza
Il futuro verrà discusso al vertice dei capi di Stato e di governo, che inizia giovedì a Bruxelles. Dunque i primi giorni della settimana saranno davvero bollenti di trattative. Sorpresa e disorientamento nelle capitali europee per il no referendario dell’Irlanda al Trattato di Lisbona. Ma anche tanti commenti fortemente decisi ad andare avanti, a partire dal ministro degli Esteri italiano Frattini che dice: 'Trasformiamo la sorpresa, il rammarico, ed i fiumi d'inchiostro sulla presunta 'morte' del Trattato di Lisbona, in uno slancio nuovo''. Per il cancelliere tedesco Angela Merkel ''l'Unione Europea non è in crisi, nonostante il duro colpo". Anche dal Foreign Office britannico proposito positivo: ''La Gran Bretagna – si dice - andra' avanti con la ratifica del Trattato a dispetto della bocciatura irlandese''. Nella storia dell’Europa su 10 referendum 6 hanno segnato sconfitte. Per gli irlandesi è il secondo no: nel 2001 avevano bocciato il Trattato di Nizza per poi approvarlo con un secondo referendum l’anno seguente. Più danno nel 2005 dopo il no di Francia e Olanda alla Costituzione: ci sono voluti più di due anni di riflessione per proporre il nuovo testo firmato a Lisbona lo scorso dicembre.
Per capire cosa comporti il ‘no’ e da quali problematiche scaturisce, Luca Collodi ha intervistato Mario Mauro, vicepresidente del Parlamento Europeo:
R. - A mio avviso, è un no dato al deficit della democrazia degli attuali assetti dell’Unione Europea. E’ un no che, in qualche modo, è il completamento di un percorso di distorsione del progetto dei padri fondatori che ha pesantemente segnato l’Unione Europea della tecnocrazia di questi ultimi 25-30 anni.
D.- La sensazione, è però che il no dell’Irlanda confermi un distacco tra l’Unione Europea e la gente comune...
R. – E’ un dato di fatto che, mentre all’inizio c’era un programma politico breve ma molto coeso, e cioè il giudizio di Schuman e di Adenauer, per cui ‘ciò che ci unisce è più forte di ciò che divide’, poi nel nel tempo gli Stati hanno messo in evidenza la convenienza, invece, di ciò che divide. E questo, ha dirottato l’esistenza e la funzionalità delle istituzioni europee sul superfluo; siamo arrivati quindi al quasi ridicolo discutendo sulle dimensioni di zucchine e cocomeri. Questo dà un po’ il senso del bene che è stato smarrito o sprecato in questa circostanza. Quello che mi aspetto è, diciamo, un ulteriore raffreddamento della sensibilità nei confronti delle istituzioni europee, in vista delle prossime elezioni, e questo, credo, chiede ai protagonisti delle istituzioni, particolarmente ai capi di Stato e di governo, di essere coraggiosi in questo momento, di venire allo scoperto e di dire: “Ci interessa l’Europa, o vogliamo che sia semplicemente un sistema di relazioni economiche?" In questo caso togliamo anche parte di ciò di cui oggi si occupa e lasciamo che viva sotto la forma del mercato. Se invece ci interessa come progetto originale di integrazione politica, allora bisogna affrontare, prendere il toro per le corna e decidere se l’Europa merita di avere una sua politica estera, merita di avere un suo esercito per una politica di difesa comune; merita insomma di trasferire quelle competenze che, sole, fanno una vera e propria istituzione sopranazionale, fare insomma veramente gli Stati Uniti d’Europa.
D. – L’aver rinunciato alle radici cristiane dell’Europa ha facilitato il precipitare della situazione dell’Unione Europea?
R. – Questo senza dubbio: ecco, il problema di fondo è in che cosa l’Europa crede, perché non c’è la pace in genere, non c’è lo sviluppo in genere, le cose non si fanno a caso. E’ un’Europa per la quale tutte le soluzioni erano poi sullo stesso piano, dove tutto si reputa possa essere plausibile; parliamo proprio della natura e del valore delle cose, e quindi una certa idea di famiglia, una certa idea di società, una certa idea della vita. Questo, inevitabilmente, ha finito col creare una cortina, un velo che si è insinuato tra i cittadini e l’affermazione di questo grande ideale che –voglio far notare- non è ideale solo dei padri fondatori: è ideale che è nella storia dei nostri popoli, della nostra gente, dalla notte dei tempi.
Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
◊ In questa 11.ma Domenica del Tempo Ordinario la liturgia ci propone il Vangelo dell’istituzione dei dodici apostoli. Gesù vedendo le folle, ne sente compassione, perché sono stanche e sfinite, come pecore senza pastore, e invita a pregare perché il padrone della messe mandi operai nella sua messe. Quindi dice agli apostoli:
“Predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:
(musica)
Ognuno di noi, in quanto membro del popolo Dio che è in cammino verso la Patria, ha esperienza dell'importanza vitale del Pastore e dei pastori.
Anche coloro che nel «popolo nuovo» che Cristo ha costituito, non sono consapevoli del ruolo dei pastori, tuttavia ne beneficiano largamente.
Il nutrimento che traiamo dalla Chiesa, il bene dell'unità che in essa permane e di cui quotidianamente viviamo, la protezione dai «lupi rapaci» che continuamente insidiano il gregge, il nesso col Fondamento senza il quale non c'è verità: tutto questo ci viene dai pastori.
Il Vangelo di oggi ci chiarisce che è la «compassione» del Figlio e il dono del Padre a stabilirci in questa santa fondatezza.
Il dono, però, va accolto. Vengono alla mente le parole di un dramma giovanile di Karol Wojtyla: «Di quante cose non abbiamo mai ringraziato!» (Geremia).
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Gli auguri del Papa per gli 80 anni del cardinale Giacomo Biffi
◊ “Sua Santità si associa con affetto a quanti le sono vicini nel lodare il Signore per i numerosi doni spirituali a lei concessi specialmente nel generoso e fecondo servizio nella Chiesa ambrosiana e bolognese”. Questo un passaggio del telegramma inviato dal Segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone, al cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo emerito di Bologna, in occasione del suo 80.mo compleanno. La Messa di ringraziamento è stata presieduta dallo stesso cardinale Biffi nel santuario di San Luca e concelebrata da una decina di vescovi della regione Emilia Romagna. Nell'omelia il cardinale Biffi, rievocando gli episodi della sua esistenza, ha detto: "Tutto ciò che sulle prime mi era sembrato contingente e fortuito mi si manifesta come frutto di un progetto mirato: un progetto eccedente ogni mia immaginazione e del tutto gratuito, liberamente formulato da colui che è l'Eterno. Il caso, come si vede, non esiste”. (S.A.)
Appello del G8 all'Opec: "Fermate il caro-petrolio, grave minaccia per l'economia globale"
◊ "I prezzi elevati delle materie prime, in particolare del petrolio e dei prodotti alimentari, costituiscono una sfida seria per la crescita economica globale”. Questo uno dei passaggi chiave del documento redatto al vertice di Osaka dai ministri finanziari del G8. L’incontro si è concluso oggi con un forte appello ai Paesi esportatori di greggio perchè incrementino la produzione e favoriscano gli investimenti stranieri e un mercato più trasparente, l’unica strada per calmierare i prezzi dell’oro nero. Sulla questione, tuttavia non sono mancate divisioni all’interno del vertice, laddove il segretario del Tesoro americano Henry Paulson ha negato che si possa legare l’impennata dei prezzi del barile alla speculazione, così come sostenuto dal ministro italiano Giulio Tremonti. Entro ottobre, comunque, il Fondo Monetario Internazionale e l’Agenzia Internazionale dell’Energia si pronunceranno a riguardo: il G8 ha stabilito infatti la necessità di avviare un’inchiesta internazionale sulle cause, reali e finanziarie, del fenomeno rincari. Tra gli altri temi affrontati al vertice anche l’aumento dei beni alimentari che ha fortemente colpito molte aree a basso reddito e che richiede oggi uno sforzo congiunto dei Paesi donatori per far fronte all’emergenza. Un’azione urgente e concertata è stata invocata anche rispetto alle gravi conseguenze dei cambiamenti climatici, mentre sul fronte monetario, dopo aver riconosciuto il recente miglioramento delle condizioni dei mercati internazionali, si è ribadito “l’impegno verso una politica di investimenti aperta” e la volontà di “resistere alle tentazioni protezioniste”. (S.G.)
Al via a Saragozza l'Esposizione Internazionale su "Acqua e Sviluppo sostenibile"
◊ “Questa mostra vuole richiamare l’attenzione del mondo sull’acqua, preziosa risorsa insostituibile per l’uomo e per la Terra”. Con queste parole ieri sera il re spagnolo Juan Carlos ha inaugurato l’Esposizione di Saragozza 2008, dedicata all’Acqua e allo Sviluppo sostenibile. L’enorme struttura organizzata su 25 ettari sulle rive del fiume Ebro, viene aperta al pubblico oggi e per tre mesi ospiterà oltre 5 mila spettacoli e 32 mila esperti che si confronteranno sull’odierna penuria dell’oro blu. Oltre sei milioni e mezzo i visitatori attesi. L'esposizione – la prima a carattere monografico – vede la partecipazione di oltre 100 Paesi, promotori di altrettante proposte e idee su questa grande sfida del XXI secolo. Presente anche la Santa Sede che nel Padiglione realizzato dall’architetto Joaquín Sicilia Carnicer, propone al visitatore un percorso di riflessione in tre tappe sui temi “Acqua, vita e speranza”; “Acqua e arte nella Storia della Salvezza” e “Acqua, bene di tutti e a favore di tutti”. Qui, inoltre, dal 10 al 12 luglio, alla vigilia della Giornata della Santa Sede all’Esposizione, verrà promosso un Convegno internazionale dal titolo “La questione ecologica: la vita dell’uomo nel mondo”. L’acqua, elemento della Creazione divina, spesso richiamato nella Sacra Scrittura e nella vita liturgica e sacramentale della Chiesa, è stata recentemente definita da Papa Benedetto XVI “bene della famiglia umana e diritto inalienabile”. Eppure oggi sulla Terra una persona su tre è esposta alla carenza di acqua, un quinto della popolazione mondiale soffre la penuria idrica e l’uso industriale dell’acqua oscilla tra il 10% nei Paesi a reddito basso o mediano e il 59% in quelli ad alto reddito. Per questo, “Saragozza 2008” illustrerà anche le tecnologie più recenti e innovative in termini di utilizzo, gestione e protezione delle risorse idriche e ospiterà la “tribuna dell’acqua”, un forum di dibattito scientifico sotto la guida di esperti al fine di promuovere tra i governi l’assunzione di impegni internazionali da far confluire nella “Carta di Saragozza”. (S.G.)
Vietnam: al Santuario di La Vang l'inviato della Santa Sede invita a pregare per la missione dei laici
◊ “Preghiamo per le missioni”: è l’invito rivolto dal santuario di La Vang da mons. Pietro Parolin, sottosegretario vaticano per i rapporti con gli Stati, giunto ieri al centro nazionale del culto mariano in Vietnam. “Per aiutare le persone e poter dare il nostro sviluppo al progresso del Vietnam – ha detto il presule avvicinato dal corrispondente di AsiaNews – abbiamo bisogno di conoscere la realtà del Paese. E’ un compito nel quale è particolarmente importante il ruolo dei laici, che possono andare incontro alle reali necessità della gente”. Egli ha poi sottolineato come “i laici all’interno delle comunità parrocchiali sono in grado di lavorare nei settori educativi, sanitari e sociali per i poveri”. Al quarto giorno della sua visita in Vietnam, la delegazione vaticana è dunque giunta nella diocesi di Hue. Dopo aver incontrato il Comitato popolare della provincia di Quang Tri e le autorità di Hue, si è recata in pellegrinaggio al santuario di La Vang. Esso si trova nel distretto di Hai Dang, nella provincia di Quang Tri, a 60 km dalla città di Hue. La Madonna qui apparve nel 1798, quando il Paese era governato dal re Son Tay Canh Thinh, che aveva ordinato di distruggere tutte le chiese, le parrocchie e sradicare la fede cattolica fra la gente. Per sfuggire al decreto reale, i cattolici delle province di Quang Tri si rifugiarono tra le foreste e le montagne di La Vang, pregando Dio e la Vergine Maria di salvare loro la vita. Al riparo sotto i rami di un vecchio albero, essi trascorsero notti intere a pregare e a recitare il Rosario, chiedendo alla Madonna “aiuto e protezione”. Il culto per la Vergine Maria di La Vang è diffuso non solo fra i cattolici, ma anche fra i fedeli di altre religioni fra cui buddisti e protestanti, che pregano la Madonna per ottenere speciali grazie. (R.P.)
La Caritas: carenti gli aiuti in Myanmar, servono altri 8 milioni di dollari
◊ In Myanmar, la Chiesa locale ritiene ancora insufficienti gli aiuti forniti finora alla popolazione colpita dal ciclone Nargis. Per questo la Caritas Internazionalis ha lanciato un appello alla comunità internazionale, affinché siano raccolti almeno altri 8 milioni di dollari per proseguire gli interventi umanitari. Era la notte tra il 2 e il 3 maggio quando il ciclone Nargis sconvolse il sud ovest del Paese, causando la morte di oltre 100 mila persone. Ad oltre un mese dall’evento, il lavoro di volontari e cattolici continua senza sosta. Ma occorrono altri interventi collettivi per far fronte all’emergenza e alla ricostruzione del territorio. “La Chiesa locale, da sola, – afferma l’arcivescovo di Mandalay, mons. Paul Zinghtung Grawng – non può far fronte alla mole di sostegno richiesto”. Finora, in collaborazione con la Caritas, è riuscita a portare cibo, coperte e medicine ad oltre 75 mila persone. Nonostante le difficoltà ed i pochi mezzi a disposizione, sono stati raggiunti anche i villaggi più isolati. Per commemorare le vittime, la Commissione interreligiosa dell’arcidiocesi di Mandalay ha organizzato una veglia di preghiera alla quale hanno partecipato i leader di diverse confessioni religiose: cristiani, musulmani, induisti ed indù. (B.B.)
I ministri africani dell'Ambiente chiedono soluzioni comuni ai problemi climatici
◊ Convincere i Paesi ricchi a ridurre le emissioni nocive tra il 20 e il 40% in 12 anni. È questo uno degli obiettivi centrali messi a punto nei giorni scorsi dalla conferenza dei ministri africani dell’Ambiente. L’incontro – informa l’agenzia Misna – si è svolto a Johannesburg e ha discusso una delle ingiustizie ambientali più gravi del nostro tempo: “L’Africa emette solo il 3,8% dei gas serra – ha denunciato il vertice – ma subisce già la maggior parte delle minacce derivate dai mutamenti climatici: deve avere un’unica posizione e garantire che la sua voce sia ascoltata”. I ministri hanno espresso la volontà di elaborare una strategia comune e hanno proposto la formazione di un comitato composto da esperti africani, che si riunirà a ottobre in Algeria. Durante la conferenza sono state proiettate 300 foto a testimonianza dei mutamenti climatici negli ultimi 35 anni; nel paragone tra il “prima” e il “dopo” si è potuto constatare un notevole cambiamento nei cento luoghi monitorati dal satellite: ogni anno l’Africa perde quattro milioni di ettari di foreste con una media doppia rispetto al resto del mondo, il 50% dei ghiacciai in Uganda si stanno ritirando e in Senegal l’urbanizzazione sta riducendo enormemente le aree verdi. Lo scenario più allarmante, tuttavia, riguarda la riduzione delle precipitazioni che provocherà un aumento delle carestie e della desertificazione. (S.G.)
Al G77 + Cina: fondo per l’assistenza e definizione di linee guida per lo sviluppo dei Paesi poveri
◊ L’approvazione della “Piattaforma di sviluppo per il sud” e la creazione di un “Fondo per l’assistenza umanitaria d’emergenza” sono i risultati della 12.ma riunione del Comitato intergovernativo di monitoraggio e di coordinamento della cooperazione economica tra i Paesi del G77 e la Cina. Il G77, organizzazione intergovernativa delle Nazioni Unite formata da 131 Paesi in via di sviluppo, è stata fondata nel 1964 con lo scopo di promuovere gli interessi economici dei Paesi meno sviluppati e rafforzare la loro capacità negoziale. Il Comitato del G77 si è riunito, insieme ad una rappresentanza del governo cinese, nella capitale della Costa d’Avorio Yamoussoukro. Lo ricorda l'agenzia MISNA. Nel corso della riunione, è stata approvata la Piattaforma di sviluppo per il sud, che definisce un quadro di riferimento e di orientamento politico affinché sia rafforzata la partecipazione e l’integrazione dei Paesi in via di sviluppo nell’economia mondiale. Il Fondo per l’assistenza umanitaria d’emergenza, invece, sarà depositato in Qatar. Il capitale ammonterà, in un primo momento, a circa 16 milioni di euro ma gli Stati membri sperano di poter raddoppiare la cifra entro il 2010. Predisposti anche alcuni progetti futuri relativi alla crisi alimentare, alla sanità, alla scienza e alla tecnologia. (B.B.)
Ruanda: arrestati i militari coinvolti nell'omicidio di tre vescovi nel genocidio del 1994
◊ Sarebbero quattro gli alti ufficiali dell’esercito ruandese, tra cui un generale, arrestati dalla procura militare di Kigali per il loro coinvolgimento nel 1994 nell’omicidio di 13 uomini di Chiesa, tra cui l’arcivescovo di Kigali e altri vescovi cattolici del paese e di alcuni civili. Lo riferisce il giornale governativo ruandese ‘New Times’, precisando che tra i quattro sono tutti indagati per le “responsabilità di comando” che ricoprivano all’epoca dei fatti e in relazione al massacro di religiosi cattolici commesso il 5 giugno del 1994 a Kabyagi, nel centro del Ruanda. Il New Times precisa che i militari avrebbero ucciso “gli uomini di Chiesa in un momento di rabbia e di disperazione”. L’inchiesta sull’omicidio dei religiosi cattolici – tra le vittime spiccano l’arcivescovo di Kigali, mons. Vincent Nsengiyumva, il vescovo di Byumba mons. Joseph Ruzindana e il vescovo di Kabgayi, mons. Thaddée Nsengiyumva, al tempo dei fatti presidente della Conferenza episcopale ruandese – era stata avviata dal Tribunale penale internazionale per il Ruanda e resa pubblica la settimana scorsa al Palazzo di Vetro in un rapporto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. (A.M.)
Nuovi appelli per la crisi umanitaria dello Zimbabwe
◊ Lo Zimbabwe è sull’orlo di una crisi umanitaria, che potrebbe costare la vita a centinaia di migliaia di persone. Lo sostengono il presidente della Caritas Internationalis, il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga e l’arcivescovo di Johannesburg, mons. Buti Joseph Tlhagale. “La sospensione di aiuti internazionali – hanno detto in un comunicato congiunto – e le violenze politiche sviluppatesi nel Paese, hanno prodotto sofferenza a milioni di persone”. Soprattutto a donne, bambini e malati: i bersagli più vulnerabili. Nello Zimbabwe, i progetti della Caritas aiutano oltre 3 milioni di persone. Ma il cardinale Maradiaga sostiene che “l’aumento della violenza impedisce alla Chiesa locale di portare a termine la propria missione di fornire cura e assistenza alle persone più bisognose”. I porporato ed il presule sudafricano hanno rivolto un appello alla comunità internazionale affinché persuada il governo dello Zimbabwe ad impedire la repressione ed accettare gli aiuti internazionali. Inoltre, hanno invitato il governo ad ascoltare tutti i capi e le organizzazioni religiose. (B.B.)
Lussemburgo: otto ONG preparano la Giornata Internazionale per i giovani africani
◊ L’appuntamento è per lunedì prossimo, 16 giugno, quando otto organizzazioni non governative del Lussemburgo, tra cui UNICEF, SOS Villages d’Enfants Monde e Caritas, si riuniranno per promuovere l’IDAY, ovvero “l’Internation Day of African Youth”. L’evento, che si svolgerà presso il Centro culturale “Abbaye Neumünster” della capitale lussemburghese, vuole commemorare i giovani sudafricani massacrati il 16 giugno 1976 a Soweto, durante una manifestazione pacifica a favore del diritto all’educazione. Scopo dell’IDAY è dare la possibilità ai ragazzi dell’Antico Continente di esprimere la propria opinione sul sistema educativo e di realizzare, nell’Africa sub sahariana, il secondo Obiettivo di sviluppo del Millennio, ossia l’istruzione primaria per tutti. Durante l’incontro, si terrà una tavola rotonda sul tema “L’educazione in Africa: nuove realtà e sfide future”. Al dibattito parteciperanno, tra gli altri, il ministro del Lussemburgo per la Cooperazione e l’azione umanitaria, Jean-Louis Schiltz, la fondatrice del “Forum for African Women Educationalists”, Simone de Comarmond ed il presidente del Comitato degli studenti africani del Lussemburgo, Xavier Manga. (I.P.)
Il Consiglio d'Europa lancia domani a Zagabria la campagna contro le punizioni corporali sui bambini
◊ Il programma del Consiglio d’Europa “Costruire un’Europa per e con i bambini” lancia domani a Zagabria, in Croazia, un’attività di sensibilizzazione contro le punizioni corporali sui bambini, con lo slogan: ”Le mani dovrebbero servire a proteggere, non a colpire. Alzate le mani contro lo scapaccione”. Con l’iniziativa si intende ottenere la proibizione formale dei castighi corporali nei confronti dei bambini, la promozione di una genitorialità positiva e la sensibilizzazione ai diritti dei bambini in tutto il Continente europeo. I castighi fisici costituiscono una delle forme più evidenti di violenza sui bambini e continuano ad essere praticati nei luoghi in cui i piccoli dovrebbero essere maggiormente protetti, quali la scuola, l’ambito familiare o i collegi. In numerosi Paesi la società tollera o addirittura ammette alcune forme di violenza “ordinaria” sui bambini, nonostante l’esistenza di accordi internazionali e regionali. Per contrastare il fenomeno, il Consiglio ha messo in campo diversi progetti, tra cui un’attività di sensibilizzazione per l’abolizione delle punizioni corporali e un programma di azione, basato sulle “quattro P”: prevenzione, procedimento giudiziario, protezione e partecipazione, nell’ambito dell’azione generale contro qualsiasi forma di castigo fisico in ogni ambito e senza eccezione. L’odierna manifestazione, presso il Teatro delle Marionette della capitale croata, domani vedrà la partecipazione di esponenti governativi, rappresentanti di organizzazioni internazionali, parlamentari, giovani, bambini ed esperti del settore dell’infanzia. (M.V.)
Bolivia: la preoccupazione dei vescovi per la sospensione del dialogo tra governo e opposizione
◊ Il dialogo è l’unica via valida e veritiera per risolvere tutti i problemi: è quanto afferma la Conferenza episcopale della Bolivia (CEB), esprimendo preoccupazione per la sospensione di un confronto, sia politico che sociale, tra il governo e le forze di opposizione. Il dialogo, scrivono i vescovi in una nota a firma di mons. Jesús Juárez, vescovo della diocesi di El Alto e segretario generale della CEB, “deve puntare a soluzioni concertate, piuttosto che violente, ed al rafforzamento del sistema democratico e dei principi di legittimità e legalità”. La CEB manifesta quindi apprensione perché “ancora una volta, questo processo è stato sospeso, principalmente a causa di una grande diffidenza reciproca tra le parti”, e la situazione attuale “non consente, per ora, di poter contare sulle condizioni necessarie per un dialogo sincero e produttivo”. “La polarizzazione e la tensione politica – si legge ancora nella nota – hanno deviato temporaneamente il percorso di un dialogo responsabile. Tutto ciò porta ad esigere dai nostri leader politici un maggior impegno, una maggiore attenzione verso il bene comune e una maggiore responsabilità di fronte al Paese”. Ricordando poi che “la Segreteria generale della Conferenza episcopale ha risposto all’invito del governo di partecipare come osservatore”, i vescovi boliviani sottolineano che “come Chiesa, rimaniamo vigili e disponibili a sostenere il processo di dialogo che, prima o poi, deve concretizzarsi”. I presuli si dicono quindi speranzosi nel fatto che “a poco a poco si superino le diffidenze e che gli uomini politici comprendano che devono sedersi al tavolo del dialogo non come un espediente, frutto di un calcolo politico, ma con una sincera e profonda convinzione di accordo per il bene di tutto il Paese”. Infine, la Conferenza episcopale si rivolge alla popolazione boliviana, invitandola a mantenere “un atteggiamento sereno e di critica costruttiva”, e lancia un appello ai mass-media, affinché offrano un’informazione “responsabile e collaborino ad un sano e produttivo dibattito pubblico”. La nota dei presuli si conclude quindi con l’esortazione a pregare “il Dio della Vita e della Storia, perché illumini le menti ed i cuori dei leader sociali e politici”. (I.P.)
Germania: il premio "San Bonifacio" per stimolare iniziative missionarie
◊ Per la seconda volta, il Bonifatiuswerk, opera caritativa dei cattolici tedeschi, ha indetto un premio intitolato a San Bonifacio. "Cerchiamo progetti missionari esemplari in Germania", ha detto il segretario generale dell'organizzazione, mons. Georg Austen alla presentazione del premio, avvenuta a Paderborn. Come per la sua prima edizione del 2006, si cercano "missionari coraggiosi". Possono partecipare comunità parrocchiali, gruppi della Prima Comunione o della Cresima, gruppi biblici, ma anche singoli. "Con questo nostro premio, vogliamo sostenere le persone, dentro e fuori la Chiesa ad annunciare la fede in modo deciso", ha sottolineato Austen. "I progetti non devono essere necessariamente costosi", ha proseguito. "Cerchiamo progetti piccoli, intelligenti, ma anche progetti attuati in modo costante". Giornate dedicate ai bambini, musical, tavole rotonde, giornate di meditazione, progetti cinematografici, azioni quaresimali: queste sono alcune delle possibilità a disposizione. Il premio per le azioni missionarie è stato istituito dall'ex caporedattore della Kölner Kirchenzeitung, settimanale dell'arcidiocesi di Colonia. Una giuria composta da sei esperti visionerà e valuterà i progetti pervenuti (nella prima edizione ne erano stati inviati 185). I due premi in palio verranno assegnati il 9 novembre a Berlino alla presenza del card. Georg Sterzinsky, durante l'inaugurazione dell'azione per la Diaspora. (A.M.)
Giovedì prossimo Pompei ricorda Chiara Lubich, già sua cittadina onoraria
◊ È stato convocato per giovedì 19 giugno, alle ore 16.00, in seduta straordinaria, il Consiglio Comunale di Pompei per commemorare Chiara Lubich, figura di primo piano del laicato cattolico, deceduta lo scorso 14 marzo, a Rocca di Papa, all’età di 88 anni. La Lubich nel 1943 fondò il Movimento dei Focolari, diffuso oggi in tutto il mondo e con centinaia di migliaia di aderenti, tra cattolici, cristiani di altre denominazioni, appartenenti alle grandi religioni ed anche non credenti. Nel 1996, in occasione della sua partecipazione alla X edizione del Meeting dei Giovani, a Chiara Lubich fu conferita la cittadinanza onoraria di Pompei, a motivo del forte legame tra la città mariana fondata da Bartolo Longo e il suo Movimento, il cui nome ufficiale è proprio “Opera di Maria”. Anche la Pace, cui è dedicata la facciata monumentale del Santuario, eretta nel 1901, è un carattere peculiare sia dei focolarini, sia dell’impegno umano e sociale di Pompei. Al Consiglio Comunale straordinario del 19 giugno presenzieranno alcuni tra i più stretti collaboratori di Chiara Lubich, che con lei hanno dato vita al Movimento dei Focolari e l’hanno seguita fino agli ultimi istanti della sua vita terrena, tra cui Eli Folonari, sua segretaria personale, Oreste Basso, copresidente del Movimento dei Focolari e Don Pasquale Foresi, confondatore dello stesso Movimento ed attualmente copresidente emerito. Il Movimento dei Focolari è attivo nella città mariana da circa 30 anni e conta numerosi aderenti. All’inizio degli anni ’80, per diversi anni, proprio a Pompei, nell’Istituto “Bartolo Longo”, si svolsero le “Mariapoli”, incontri di quattro giorni, ai quali parteciparono centinaia di persone provenienti da tutto il Sud Italia. Anche il compianto mons. Francesco Saverio Toppi, arcivescovo-prelato di Pompei dal 1990 al 2001, nutriva una profonda stima per la Lubich e il suo Movimento, al quale aveva aderito fin dal 1948. Fu proprio lui ad invitarla nel 1996 a venire a Pompei. In quell’occasione, la Lubich si trattenne ben sei giorni in Campania e fu proprio a Napoli che, il 2 maggio 1996, diede vita al Movimento Politico per l’Unità, “una rete mondiale e aperta di cittadini attivi, di politici eletti nei vari livelli istituzionali o militanti nei più vari partiti e movimenti politici, di funzionari pubblici, di giovani che si interessano alle grandi questioni mondiali e alla vita della propria città e di studiosi di scienze politiche”, diffuso oggi in tutto il mondo. (A cura di Giovanni Peduto)
Stasera a Roma un concerto per il dialogo tra popoli e religioni
◊ Si terrà questa sera a Roma nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme il concerto per un dialogo tra popoli e religioni, l’iniziativa promossa dall’Associazione don Andrea Santoro per ricordare la figura del sacerdote 'fidei donum” in Turchia della diocesi di Roma ucciso a Trebisonda il 5 febbraio 2006 mentre pregava nella sua parrocchia. Tra le finalità del concerto anche il sostegno al progetto del Centro di dialogo interculturale e interreligioso in Turchia. “Crediamo che la figura di don Andrea sia un riferimento per il dialogo e la pace e la sua spiritualità mezzo e via di riconciliazione tra ebrei, cristiani e musulmani” spiega Maddalena Santoro, sorella del religioso e presidente dell’associazione. “Don Andrea era molto rispettoso della popolazione turca ed esprimeva, attraverso le relazioni e il dialogo con tutti, il suo desiderio di voler bene e di farsi voler bene e la possibilità di convivenza tra cristiani e musulmani nella stima, nell’apertura e nell’accettazione reciproca. Siamo convinti” continua Santoro “come diceva lui, che il dialogo tra le fedi, tra i popoli e le religioni, si realizza attraverso una presenza umile, discreta, silenziosa ed iniziative, come questo concerto, che favoriscano la conoscenza reciproca”. All’evento prenderanno parte oltre agli amici di don Andrea, esponenti di altre confessioni, nonché ambasciatori degli Stati del Medio Oriente presso la Santa Sede e l'Italia. L’Associazione don Andrea Santoro si è costituita il 19 giugno di due anni fa in sintonia con la diocesi di Roma e il vicariato apostolico dell'Anatolia e si prefigge di mantenere viva la memoria e la spiritualità del sacerdote ucciso ed essere collegamento fra la diocesi di Roma e il vicariato dell'Anatolia. (D.D.)
Arriva in Italia il primo talk show sulla spiritualità
◊ Felicità e anima, aldilà e male. Sono ambiziosi i quattro temi che, a partire dal 20 giugno, vedranno alcuni esponenti di diverse tradizioni religiose confrontarsi nel “primo talk show sulla spiritualità della tv italiana”. La definizione è degli stessi ideatori del programma in onda in seconda serata su Raitre – Fabrizio Rondolino e Simona Ercolani – che dalle pagine del quotidiano Avvenire spiegano: “Di religione in Tv si parla sempre in termini di geopolitica o dell’opposizione clericalismo/anticlericalismo. Nel dibattito pubblico manca la dimensione spirituale”. Da qui l’idea di allestire uno studio “minimal”, senza simboli religiosi, e di riunire il sacerdote cattolico mons. Ermenegildo Manicardi, il pastore valdese Daniele Garrone, il rabbino Benedetto Carucci Viterbi, l’imam Yahya Pallavicini e il monaco Jiso Forzani. Conduttore, Giorgio Zanchini. In quattro puntate di 50 minuti l’una, gli ospiti rifletteranno sul senso della vita e sulla sofferenza, sull’etica e su tutte le questioni fondamentali a cui da sempre il pensiero religioso tenta di dare risposta. Un dibattito a 360 gradi che andrà oltre i confini della dottrina che ciascuno rappresenta. (S.G.)
Incontro ad Atlanta, negli USA, sulle nuove frontiere dell'evangelizzazione: internet, blog e podcast
◊ “È straordinario come molti nuovi media – podcast e blog in primis – abbiano aiutato le persone a crescere nella propria fede e a diventare più vicine a Dio”. Così il dirigente media americano Greg Willits sottolinea il ruolo chiave delle nuove tecnologie nell’evangelizzazione moderna. Il tema sarà affrontato ad Atlanta, in Georgia, nell’ambito della prima Celebrazione cattolica dei Nuovi Media in programma il prossimo 22 giugno, giorno successivo al Congresso Eucaristico annuale dell'arcidiocesi statunitense. L'evento – informa l’agenzia Zenit – consisterà in un momento di condivisione delle ultime tecniche usate per invitare in modo creativo ed efficiente a crescere nella fede, non solo in ambito diocesano, ma nel mondo intero. Willits, che con la moglie Jennifer ha creato le serie televisive “That Catholic Show” e ospita il Rosary Army Catholic Podcast, ha spiegato: “Sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI hanno incoraggiato i fedeli su questa strada. Il primo parlava di 'grande rilancio' dell'evangelizzazione, mentre il secondo nel corso dell’ultima Giornata Mondiale delle Comunicazioni, si è riferito specificamente alle possibilità offerte alla Chiesa dai nuovi media e da Internet”. “Come cattolici – ha aggiunto l’organizzatore dell’incontro – abbiamo un'enorme opportunità, così come la responsabilità di usare la nostra conoscenza per impiegare queste forme di comunicazione al fine di raggiungere più anime per Cristo”. E ancora: “I nuovi media come i blog e i podcast cattolici forniscono un'immediatezza e un'intimità molto attraenti per le persone che sono in un cammino individuale di fede”. (S.G.)
Nuovo no dell’Iran sulla questione del nucleare: Teheran non ferma i suoi programmi atomici
◊ Teheran chiude alla proposta del “5+1” che prevedeva incentivi in cambio della sospensione del programma di arricchimento dell'uranio. L'Iran, ha fatto sapere il portavoce del governo, ''respingerà qualsiasi proposta della comunità internazionale'' riguardo i suoi piani nucleari. Da Parigi il presidente Sarkoky e Bush, al termine dell'incontro che dovrebbe far dimenticare i burrascosi rapporti durante la presidenza Chirac, si sono detti molti delusi della scelta di Teheran. Il servizio di Marco Guerra:
La Repubblica islamica non è disposta ad accettare alcun pacchetto che preveda uno stop alle attività di arricchimento dell’uranio. Il governo iraniano respinge così al mittente le nuove proposte messe a punto dal “5+1”, proprio mentre stamani, nella capitale del Paese, il responsabile della politica estera della UE, Solana, illustrava al capo della diplomazia di Teheran l’offerta degli incentivi in cambio della sospensione del programma nucleare. Si tratta in pratica di aiuti economici e commerciali che avrebbero potuto aprire la strada a uno sblocco della disputa su basi diplomatiche, per scongiurare il ricorso alle ulteriori sanzioni minacciate di recente da Unione Europea e Stati Uniti. Un pacchetto che tuttavia non è altro che la versione aggiornata e ampliata di quello che Teheran aveva rifiutato nel 2006. Per questo motivo lo stesso Solana, alla vigilia della sua missione diplomatica, aveva comunque avvertito che non ci si sarebbe dovuti attendere una vera e propria svolta nelle trattative. Ciò nonostante Bush e Sarkozy, al termine del colloquio all’Eliseo di questa mattina, che aveva in cima all’agenda proprio la questione del nucleare iraniano, hanno espresso tutto il loro rammarico per il rifiuto di Teheran di accogliere la richiesta della comunità internazionale di sospendere l’arricchimento dell’uranio. "Si tratta di un'indicazione al popolo iraniano che la loro leadership vuole isolarli ancora di più”, ha commentato Bush in conferenza stampa. I due capi di Stato hanno poi lanciato un monito alla Siria affinché si dissoci il prima possibile dalle politiche dell’Iran.
Afghanistan
Sono oltre 1.100 i detenuti evasi ieri dal carcere afghano di Kandahar, nell'assalto con esplosivi, rivendicato oggi dai talebani, che ha causato la morte di almeno 15 guardie penitenziarie. Secondo le autorità del Paese asiatico tra gli evasi ci sarebbero almeno 400 estremisti islamici. L'esercito afghano e le truppe della coalizione internazionale sono ora impegnate in una vera e propria caccia all'uomo. L’attacco è stato portato a termine con due camion pieni di esplosivo che hanno aperto una breccia nella struttura, attraverso la quale hanno fatto irruzione almeno 30 insorti che hanno consentito ai detenuti di fuggire. Sempre ieri, provincia orientale di Nangarhar, un convoglio dell’ISAF è stato oggetto di un attentato suicida. ISAF ha conferma di aver subito diverse perdite ma non ha precisato il numero delle vittime né la loro nazionalità.
Medio Oriente
Un anno fa, dopo duri scontri con le forze di Fatah, le milizie islamiche di Hamas si impossessavano della Striscia di Gaza, provocando di fatto una divisione politica nei Territori palestinesi, tra Cisgiordania sotto Fatah, e Gaza sotto Hamas. Quell’evento ha avuto una serie di conseguenze non solo interne, ma anche nell’attività di mediazione internazionale per la soluzione della questione israelo-palestinese. Quale lettura si può dare oggi di quell’episodio? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Marcella Emiliani, esperta di Medio Oriente dell’Università di Bologna:
R. - Per quello che riguarda Fatah, si è trattato di un colpo di stato vero e proprio, fatto da Hamas ai danni dell’autonomia nazionale palestinese. La versione, invece, che ha dato Hamas, nel suo colpo di mano, è di essere stato costretto ad intervenire perché Fatah stava tramando con gli Stati Uniti e con Israele per rafforzare i propri apparati di sicurezza a Gaza e quindi procedere poi ad una resa dei conti con Hamas. A questo punto, noi esterni - ed Israele in particolare - non sappiamo più che cosa sia la causa palestinese. Dobbiamo vedere in Hamas, quindi in una possibile rivolta armata, il senso della liberazione della Palestina, o la strada, invece, indicata da Abu Mazen, da Fatah, che preme per un continuo negoziato sia con Israele che con l’Occidente?
D. – Possiamo dire che il consenso popolare si è pian piano trasferito da Fatah ad Hamas nella Striscia di Gaza?
R. - La gestione che Fatah aveva fatto dell’autonomia nazionale palestinese era passata molto sulla testa dei cosiddetti “palestinesi dell’interno”, cioè, erano stati quelli che venivano dall’esilio a prendere in mano tutte le redini della situazione e molte volte a passare sopra alle esigenze e alla popolazione che invece aveva sempre vissuto sotto l’occupazione israeliana. Hamas, molto del consenso che ha ricevuto, lo ha ricevuto proprio perché era espressione di un malessere reale e naturalmente di una contestazione della gestione del potere fatta da Arafat e da Fatah.
D. – La crisi umanitaria, sempre più crescente nella zona della Striscia di Gaza, a chi è imputabile?
R. – Certamente allo stesso Hamas che non ha voluto o potuto – qui l’interrogativo è d’obbligo – trovare una strada negoziale. Poi l’irrigidimento da parte di Israele che però su questo si gioca la sua sopravvivenza: non dimentichiamo che nella carta di Hamas c’è scritto, chiaro e tondo, che Israele va distrutto. Inoltre, c'è stato l’irrigidimento dei principali donatori internazionali.
Giappone
Sono quattro i morti accertati, circa un centinaio i feriti e una decina i dispersi, ma il bilancio è provvisorio, del terremoto di magnitudo 7,2 sulla scala Richter che ha colpito la parte settentrionale del Giappone alle 8.43 ora locale. A comunicarlo è la tv giapponese che riferisce, in particolare, di alcuni dispersi sepolti in un bagno termale in un hotel di Kurihara, nel distretto di Miyagi, altri in un cantiere nella stessa città. I danni causati, finora, sembrano essere frane, smottamenti e circa 30mila abitazioni rimaste senza elettricità per alcune ore. Secondo l’Agenzia meteorologica giapponese, l’epicentro è stato nel nord del Paese, nella prefettura di Iwate, nell’isola principale di Honshu, dove si sono verificati i danni, ma le scosse si sono avvertite fino nella capitale, Tokio. Il sisma ha provocato anche una piccola perdita di acqua, circa 14,8 litri, che si trovava in una vasca di stoccaggio per scorie radioattive nella centrale nucleare di Fukushima. A riportare la notizia è la Tokio Electric Power Company, la compagnia che gestisce l’impianto, che ha però precisato che non esistono rischi per la popolazione né per l’ambiente, in quanto la perdita è rimasta all’interno dell’area della centrale.
Cina
È di 27 minatori morti e sette ancora intrappolati, il bilancio di un grave incidente avvenuto ieri mattina in una miniera della regione dello Shanxi. L’agenzia Nuova Cina ha diffuso soltanto oggi la notizia dell’esplosione, riferendo che ricerche di altri sopravvissuti sono ancora in corso. Le miniere cinesi sono ritenute tra le più pericolose al mondo, anche se il bilancio delle vittime nel 2007 è stato di 3800 operai, in calo del 20 per cento rispetto al 2006. Secondo le organizzazioni dei lavoratori indipendenti, invece, i decessi tra i minatori ogni anno ammonterebbero a circa 20mila, tanto che il governo ha avviato una campagna per la chiusura di quelle non a norma di sicurezza. In Cina circa il 70 per cento dell’energia proviene dal carbone.
Zimbabwe
Lo spettro di un conflitto armato incombe nella già turbolenta campagna elettorale per secondo turno delle elezioni presidenziali dello Zimbabwe del 27 giugno. Il presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, ieri ha assicurato che gli ex combattenti della guerra di liberazione degli anni Settanta sono pronti a imbracciare le armi in caso di vittoria dell'opposizione. Fra l’altro in questi giorni al leader dell’opposizione Tsvangirai e al suo partito è praticamente impedito di fare campagna elettorale. Diversi i raduni proibiti e gli arresti tra gli esponenti del Movimento per il Cambiamento Democratico (MDC). Un quadro che rischia di precipitare anche per la situazione umanitaria evidenziata dall’ONU, secondo cui almeno un quarto della popolazione del Paese africano rischia la fame.
Colombia
Si palesa le possibilità di un accordo tra il governo di Bogotà e le Forze Amate Rivoluzionarie Colombiane (FARC), per il rilascio di Ingrid Betancourt. Il presidente colombiano Alvaro Uribe ha riferito di una bozza di accordo proposta dai guerriglieri ai servizi segreti colombiani che riguarderebbe uno scambio fra la donna, nelle mani delle FARC da sei anni, e la promessa di non estradare negli USA un membro delle FARC attualmente detenuto. Il presidente Uribe ha dichiarato di augurarsi che la possibilità di giungere a un accordo sia reale. Le FARC il mese scorso hanno annunciato la morte del loro leader, Pedro Antonio Marin, sostituito da Alfonso Cano. Ingrid Betancourt, di nazionalità franco-colombiana e fondatrice del Partido Verde Oxígeno, fu rapita dal gruppo di guerriglieri il 23 febbraio 2002. Nei mesi scorsi alcuni ostaggi liberati dalle FARC avrebbero rivelato che la donna è ancora viva, ma gravemente malata.
Iran
Sedici poliziotti iraniani sarebbero stati presi in ostaggio da separatisti sunniti del Balucistan: a riportarlo è l’agenzia iraniana FARS. L’assalto alla stazione di polizia della città di Saravan, in Balucistan, vicino al confine con il Pakistan, sarebbe avvenuto nella notte tra giovedì e venerdì. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Roberta Barbi)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 166
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