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Sommario del 12/06/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • L'incoraggiamento del Papa ai vescovi del Bangladesh, pastori di una piccola comunità cristiana segnata da povertà e discriminazione
  • Altre udienze e nomine
  • Far conoscere e amare la Parola di Dio per rilanciare missione e dialogo: presentato l'Instrumentum Laboris del Sinodo di ottobre. Mons. Eterović: la Bibbia, libro più diffuso nel mondo, ma poco letto
  • Incontro sull'AIDS promosso dalla Santa Sede all'ONU: intervista con mons. Migliore
  • No al colonialismo culturale ed eugenetico dei Paesi ricchi nei Paesi poveri: così il cardinale Martino all'Università Cattolica di San Paolo in Brasile
  • Mons. Marchetto: globalizzare la solidarietà anche nel campo dell'immigrazione
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • A Parigi la Conferenza dei donatori per l'Afghanistan
  • Le Conferenze episcopali d'Europa a confronto sulle sfide della comunicazione nel continente
  • Il preposito generale dei Gesuiti sull'immigrazione: la paura ci rende manipolabili
  • Giornata mondiale contro il lavoro minorile
  • Chiesa e Società

  • Lavoro minorile: in India sono 55 milioni i bambini sfruttati
  • Uganda: 2,7 milioni di bambini lavorano a causa di povertà e diffusione dell’AIDS
  • Medici Senza Frontiere: al via la campagna di vaccinazione contro il morbillo in Nigeria
  • Calorosa accoglienza in Vietnam per la delegazione della Santa Sede
  • Vietnam: la diocesi di Thai Binh rientra in possesso del seminario
  • Conferenza episcopale USA: “Ancora troppo pochi i rifugiati iracheni accolti”
  • Scuse ufficiali del Canada agli indiani del nord America per le sofferenze subite negli anni '70
  • Incontro dei vescovi asiatici su “Eucarestia come Comunicazione”
  • Filippine: appello di mons. Gutierrez per fermare le estrazioni minerarie pericolose
  • I vescovi del Cile: non sia snaturata la riforma del sistema educativo
  • A Cracovia il Congresso per i 150 anni dell’Infanzia Missionaria
  • Ucraina: in corso a Leopoli la prima settimana sociale
  • Australia: pronto lo "zaino del pellegrino" per la GMG di Sydney
  • Serra Club: “testimoni nella società a sostegno delle vocazioni”
  • Caritas: oltre un milione i romeni in Italia
  • Domani il Decreto di approvazione degli statuti del Cammino neocatecumenale
  • 24 Ore nel Mondo

  • L’Europa aspetta i risultati del referendum in Irlanda, decisivo per le sorti del Trattato di Lisbona
  • Il Papa e la Santa Sede



    L'incoraggiamento del Papa ai vescovi del Bangladesh, pastori di una piccola comunità cristiana segnata da povertà e discriminazione

    ◊   Il Papa ha incontrato stamane i vescovi del Bangladesh, per la visita ad Limina, incoraggiando la piccola comunità cristiana di questo Paese a maggioranza musulmana ad annunciare il Vangelo con coraggio nonostante le difficoltà e le discriminazioni. Il servizio di Fausta Speranza.

    Il Papa ringrazia la comunità cattolica del Bangladesh per “la crescita e il fervore” in una situazione sociale piena di sfide, e anche per le molte vocazioni registrate e per l’assistenza offerta in altri Paesi, in particolare in Corea a seminaristi e preti. Ricorda la situazione di povertà, di isolamento e di discriminazione in cui vive la minoranza cristiana. Sottolinea anche l’impegno al dialogo interreligioso segnato da varie iniziative e si sofferma sulla dimensione missionaria della Chiesa. Alla fine del mese – annuncia – iniziano le celebrazioni per l’Anno Paolino ed è come un “rinnovato invito ad annunciare Cristo”, via, verità e vita. Rivolgendosi ai vescovi del Bangladesh Benedetto XVI si dice “consapevole” delle loro difficoltà:

     
    “Like the first Christians, you live as a small community among a large non-Christian population...”

     
    “Come i primi cristiani – dice – voi vivete come piccola comunità tra una popolazione in gran parte non cristiana”. Continuate il vostro impegno – aggiunge – “con bontà, semplicità e carità creativa”. Il Papa ricorda il paradosso del Vangelo: “Il completo dono di sé porta alla pienezza della gioia”. E sottolinea che “la testimonianza personale dell’integrità evangelica è d’obbligo”, per poi spiegare che riceve forza dai molti frutti di grazia che lo Spirito regala a chi tende alla perfezione della carità. Parla del ruolo dei laici, in particolare nella catechesi in preparazione dei Sacramenti, sottolineando l’importanza di una buona preparazione al matrimonio, “come impegno di fedele amore per tutta la vita e come cammino verso la santità”. Chiama i vescovi alla tolleranza, alla moderazione e alla comprensione, sottolineando che la Chiesa cattolica abbraccia i popoli di tutte le razze e lingue, non è limitata ad una cultura o sistema politico, sociale ed economico, ed è al servizio dell’intera famiglia umana. Sotto governo militare fino al 1990, con le elezioni del ’91 il Bangladesh passa alla legalità costituzionale ma con tensioni che in questo tempo hanno portato più volte il Paese sull’orlo della guerra civile. Per quanto riguarda la religione, è un Paese al 90% musulmano. Circa il 10% gli induisti, l’1% i cristiani di cui lo 0,2% cattolici.

     
    Ma sul dialogo interreligioso condotto dalla Chiesa cattolica del Bangladesh ascoltiamo quanto ci riferisce il vescovo di Chittagong, Patrick D’Rozario, al microfono di Alberto Goroni:

    R. – Interreligious dialogue is somehow ....
    Il dialogo interreligioso fa in qualche modo parte della nostra cultura. C’è armonia, c’è pace nel Paese. In fondo, noi siamo una cosa sola con la maggioranza musulmana, sebbene lì siano presenti atteggiamenti di stampo fondamentalista, ma penso che nell’insieme la gente del Bangladesh viva in pace e in armonia. Anche se siamo davvero una piccola comunità, la nostra presenza in Bangladesh tuttavia è importante grazie alle nostre scuole e ai nostri servizi sociali e sanitari. E questo è riconosciuto dalla gran parte della società ed anche dal governo. Noi davvero sentiamo di fare qualcosa che testimonia i valori del Vangelo agli altri.

     
    D. – Lo scorso novembre siete stati colpiti da un ciclone e da altri flagelli…

     
    R. - Six districts in my dioceses...
    Sei distretti della mia diocesi sono stati colpiti dal ciclone. Tra l’altro quest’anno abbiamo avuto anche la peste dei ratti. I topi hanno distrutto il 70 per cento dei raccolti. La Chiesa si sta dando da fare attraverso la Caritas e Cor Unum. Il Santo Padre ci ha aiutato ed anche la Conferenza episcopale italiana. Adesso stiamo ricostruendo le case, stiamo fornendo cibo e soccorsi ai gruppi indigeni fino al prossimo raccolto, che sarà in settembre. La Chiesa locale e la comunità internazionale hanno risposto molto bene all’appello lanciato dal Santo Padre. Stiamo facendo vedere alla gente che l’amore di Dio esiste non solo per i cristiani ma per tutte le persone di quella zona.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina anche mons. Giovanni Bulaitis, arcivescovo tit. di Narona, nunzio apostolico in Albania; il signor Fredrik Vahlquist, ambasciatore di Svezia, in visita di congedo; il signor Pavel Jajtner, ambasciatore della Repubblica Ceca, in visita di congedo.

    Benedetto XVI ha annoverato tra i Membri della Congregazione per le Chiese Orientali, il cardinale Angelo Bagnasco; della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, i cardinali: Agustín García-Gasco Vicente, Angelo Bagnasco, Théodore-Adrien Sarr, John Patrick Foley; della Congregazione delle Cause dei Santi, i cardinali: Paul Josef Cordes, Angelo Comastri, Stanisław Ryłko, Raffaele Farina; della Congregazione per i Vescovi, i cardinali: André Vingt-Trois, Angelo Bagnasco, Giovanni Lajolo, Stanisław Ryłko; della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, i cardinali: Théodore-Adrien Sarr, John Njue, Leonardo Sandri, John Patrick Foley, Paul Josef Cordes; della Congregazione per il Clero, i cardinali: Odilo Pedro Scherer, John Njue, Paul Josef Cordes; della Congregazione per l'Educazione Cattolica, il cardinale Raffaele Farina; del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, il cardinale Lluís Martínez Sistach; del Pontificio Consiglio per i Laici, il cardinale Lluís Martínez Sistach; del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, i cardinali: Seán Baptist Brady, Leonardo Sandri; del Comitato di Presidenza del Pontificio Consiglio per la Famiglia, i cardinali: Agustín García-Gasco Vicente, André Vingt-Trois; del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, il cardinale Paul Josef Cordes; del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, il cardinale Daniel N. DiNardo; del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il cardinale Leonardo Sandri; del Pontificio Consiglio della Cultura, il cardinale Giovanni Lajolo; dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, il cardinale Giovanni Lajolo; della Pontificia Commissione per l'America Latina, i cardinali: Francisco Robles Ortega, Stanisław Ryłko; della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa i cardinali: Seán Baptist Brady e Raffaele Farina.

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    Far conoscere e amare la Parola di Dio per rilanciare missione e dialogo: presentato l'Instrumentum Laboris del Sinodo di ottobre. Mons. Eterović: la Bibbia, libro più diffuso nel mondo, ma poco letto

    ◊   Conoscere e amare la Parola di Dio per rafforzare, attraverso di essa, la comunione ecclesiale, rinvigorire la missione, rinnovare la fantasia della carità per andare incontro ai problemi dell’uomo di oggi: il Sinodo dei Vescovi che si svolgerà a Roma dal 5 al 26 ottobre intende favorire questi obiettivi. Sul tema “La parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa” avrà un’indole pastorale e missionaria, come spiega l’Instrumentum Laboris presentato stamani nella Sala Stampa della Santa Sede. Il documento contiene anche diverse citazioni di Benedetto XVI e il suo invito alla Chiesa a rinnovarsi auspicando una nuova primavera spirituale. Il servizio di Tiziana Campisi:

    E’ frutto della riflessione di 13 Sinodi dei Vescovi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, delle 113 Conferenze Episcopali, dei 25 Dicasteri della Curia Romana e dell’Unione dei Superiori Generali. L’Instumentum Laboris della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi indirizzerà i presuli ad un lavoro pastorale e missionario. Riflettendo sulla Parola di Dio i vescovi dovranno pensare come stimolare l’amore profondo per la Sacra Scrittura perché i fedeli abbiano largo accesso ad essa, promuovere la Lectio Divina, far riscoprire il nesso tra Parola di Dio e liturgia. Lo ha sottolineato il segretario generale del Sinodo dei Vescovi mons. Nikola Eterović che ha spiegato il contenuto dell’Instrumentum Laboris. Diviso in tre parti sviluppa: 1) Il Mistero di Dio che ci parla; 2) La Parola di Dio nella vita della Chiesa; 3) La Parola di Dio nella missione della Chiesa.

    Ricordando che oggi la Bibbia - il libro più diffuso e tradotto - si può leggere in 2.454 lingue e che nel mondo se ne contano 6.700, mons. Eterović ha sottolineato che essa è poco letta; in Italia, ad esempio, solo il 38 per cento dei praticanti l’avrebbe aperta negli ultimi 12 mesi. Ma come “attestazione della relazione tra Dio e l’uomo” la Scrittura “la illumina e orienta in maniera certa”, ha detto il presule, per questo il credente deve rivedere il suo atteggiamento di fronte alla Parola di Dio:

    “Esso è caratterizzato dall’ascolto: a Dio che parla è dovuta l’obbedienza della fede e un abbandono libero di se stessi. Ciò accade a livello personale e comunitario, nella comunione della Chiesa. La Parola di Dio pertanto trasforma la vita di coloro che la ascoltano e cercano di metterla in pratica”.

    E la Parola di Dio, ha proseguito il presule, dovrà impregnare i molteplici servizi della Chiesa, per questo dovrà essere valorizzata nella liturgia e nei sacramenti, per portare anche “ad una sempre migliore diaconia, servizio della carità, che è nota essenziale della Chiesa voluta da Gesù Cristo”.

    L’Instrumentum Laboris dedica poi un capitolo “ai rapporti ecumenici ed interreligiosi senza dimenticare i nessi della Bibbia con coloro che si dichiarano lontani dalla Chiesa o addirittura non credenti”. “Si tratta del dialogo che di norma accompagna la missione” ha affermato mons. Eterović aggiungendo che “la Sacra Scrittura è un importante vincolo di unità con gli altri cristiani, membri delle Chiese e comunità cristiane”. Non mancano “importanti considerazioni nei riguardi di fedeli appartenenti alle religioni tradizionali e a quelle che hanno le loro scritture sante (l’induismo, il buddismo, il giainismo, il taoismo) e, in modo particolare, all’islam”. “Anche se il cristianesimo – ha proseguito il segretario generale del Sinodo dei Vescovi – è piuttosto la religione della persona di Gesù Cristo e non del Libro”. Tuttavia la Sacra Scrittura resta “un punto importante nel dialogo interreligioso”, così come è importante “per la cultura di numerosi popoli”:

    “Soprattutto del cosiddetto Occidente per cui tale Libro rappresenta il ‘grande codice’, fondamento comune per la ricerca di un autentico umanesimo a cui, come afferma il Santo Padre Benedetto XVI, il cristianesimo ha da offrire ‘la più potente forza di rinnovamento e di elevazione, cioè l’Amore di Dio che si fa amore umano’”.

    Mons. Fortunato Frezza, sottosegretario del Sinodo dei Vescovi ha definito l'Instrumentum Laboris del prossimo Sinodo “un saggio teologico sulla Parola di Dio così come la Chiesa di oggi la porta con sé per la sua vita interna e per tutti coloro ai quali la Chiesa si rivolge”, “una certa rielaborazione della Costituzione conciliare Dei Verbum, passata attraverso l’esperienza, la meditazione, la riflessione teologica, la prassi pastorale della Chiesa nell’ultimo scorcio del ventesimo secolo e ai primi albori del ventunesimo”:

    “Questa discendenza è significativa per la Chiesa di oggi, perché qualifica a livello alto l’azione del prossimo Sinodo, lasciando ingiustificati certi propalati timori di involuzione. Si tratta di un raccordo di collegialità tra Concilio e Sinodo che manifesta e nello stesso tempo onora la dignità del luogo di nascita, attraverso la bellezza di un organismo sviluppato e promettente”.

    Mons. Frezza ha evidenziato poi che il Sinodo affronterà il tema della spiegazione della Parola di Dio, compito dell’omelia che deve “esporre la Scrittura con linguaggio utile alla comprensione e all’attuazione”, “una ‘lettura odierna’ della Parola rivelata”.

    L’Assemblea sinodale, infine, “avrà due importanti punti di riferimento”: il Sinodo sull’Eucaristia, per tenere conto della liturgia della Parola, e l’Anno Paolino, per guardare ad uno slancio missionario della Chiesa. Due anche gli approcci del Sinodo: quello cristologico e quello pneumatologico, relativo cioè allo Spirito Santo con riferimento alla Trinità e alla storia della salvezza.

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    Incontro sull'AIDS promosso dalla Santa Sede all'ONU: intervista con mons. Migliore

    ◊   Una tavola rotonda promossa dalla Rappresentanza della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York si è tenuta ieri al Palazzo di Vetro, nell’ambito della riunione sull’Aids organizzata dall’ONU, che si è tenuta il 10 e l’11 giugno. Tema della tavola rotonda: “Trattamento, prevenzione e assistenza: tre approcci per affrontare l’HIV/AIDS”. Ma che cosa è emerso di particolare da questo incontro? Adriana Masotti lo ha chiesto a mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite.

    R. – La tendenza è quella di trattare le questioni relative all’HIV in puri termini di fornire strutture, fondi e medicine, specialmente nei Paesi poveri. Ma questa è solo una delle facce della soluzione. Sembra che occorra anche investire in una massiccia formazione del personale medico e paramedico ed elevarne la competenza e il trattamento economico, così che possano rimanere nei propri Paesi e dedicarsi a consolidare i propri sistemi sanitari.

     
    D. – Quali sono le proposte principali formulate dalla Santa Sede nei suoi interventi all’ONU per contrastare la diffusione dell’Aids?

     
    R. – Pensiamo che l’intera questione debba essere affrontata in un sempre maggior spirito di solidarietà e di cura per l’altro. Per quanto riguarda un certo numero, peraltro consistente, di Paesi che non dispongono di infrastrutture e risorse adeguate per far fronte alla situazione, sarebbe opportuno sviluppare un piano analogo a quello ideato per i Paesi più poveri e maggiormente indebitati. Concentrare i nostri sforzi ad investimenti finanziari, logistici, umanitari in questa categoria di Paesi, li aiuterebbe a prendere in mano la situazione, a tenere sotto controllo l’epidemia e darebbe anche all’umanità intera la speranza di poter debellare questo male.

     
    D. – Tante sono le organizzazioni cattoliche impegnate nella lotta all’AIDS in tutto il mondo. C’è un’iniziativa che le piacerebbe ricordare e che può essere presa come esempio?

     
    R. – Più che un’iniziativa è una creativa convinzione. L’ideale cristiano, istillato nelle opere di misericordia, ha fatto nascere ospedali, case di cura, assistenza competente e organizzata per gli ammalati, soprattutto i più poveri. Poi sono nate le organizzazioni statali nel senso moderno, che hanno assunto questo ruolo. Ma l’ideale cristiano ha continuato ad agire da pioniere, sensibile alle nuove malattie che richiedono adeguate forme di assistenza. E quando la pandemia dell’HIV si è affacciata, mentre ancora lo stigma sociale tratteneva la società e le amministrazioni pubbliche dal prendere misure adeguate, furono proprio le suore di Madre Teresa ad aprire il primo centro di assistenza e di accompagnamento dei malati di AIDS, e lo fecero proprio a San Francisco, in California, nel bel mezzo dell’opulenza e della tecnologia avanzata.

     
    D. – Esiste una stretta collaborazione nella lotta all’AIDS tra la rappresentanza della Santa Sede presso l’ONU e tante altre organizzazioni. E’ un fenomeno molto promettente questo per il futuro?

     
    R. – Sì, collaborazione con tutte le organizzazioni che si occupano di questa questione. Ma per quanto concerne poi la nostra esperienza, parlerei anche delle organizzazioni di ispirazione cattolica. Perché la ragion d‘essere della presenza e attività della Santa Sede all’ONU è di contribuire alla soluzione dei problemi del mondo, partendo dalla freschezza e creatività del pensiero sociale della Chiesa. Ora, le organizzazioni non governative d’ispirazione cattolica sono tutte impegnate a realizzare l’uno o l’altro aspetto di questo pensiero nei quattro angoli del mondo. Esse hanno idee, esperienze, realizzazioni e grande motivazione. E in questo senso, direi che è indispensabile e mutuamente arricchente la stretta collaborazione tra la missione della Santa Sede e le Ong di ispirazione cattolica.

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    No al colonialismo culturale ed eugenetico dei Paesi ricchi nei Paesi poveri: così il cardinale Martino all'Università Cattolica di San Paolo in Brasile

    ◊   Illuminare la vita sociale degli uomini e dei popoli con la luce del Vangelo, come fattore determinante del loro pieno e solidale sviluppo, è lo scopo della Dottrina sociale della Chiesa, capace di dare sicuro fondamento alla solidarietà e alla speranza di cui ha estremo bisogno il mondo di oggi. Lo ha affermato il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Martino, in un discorso pronunciato ieri sera al Centro culturale “Fede e cultura” dell’Università Cattolica di San Paolo in Brasile. Lo riferisce un comunicato del dicastero. Il porporato ha indicato tre livelli o cerchi concentrici in cui la globalizzazione della solidarietà, tanto auspicata dal Servo di Dio Giovanni Paolo II, è doverosa e possibile. Il primo di essi è sul piano delle singole nazioni e della società civile internazionale. Al riguardo il cardinale Martino, tra l’altro, ha stigmatizzato che “Organizzazioni Non Governative ed Associazioni espressive di limitate frange dei Paesi ricchi pretendono di imporre agli abitanti dei Paesi poveri pratiche e stili di vita propri di alcuni settori radicali delle società avanzate, soprattutto nel campo della cosiddetta salute riproduttiva. La Santa Sede ha sempre considerato ciò come forme moderne di un colonialismo culturale ed eugenetico inaccettabili da parte dei Paesi poveri”.

    Il secondo livello di solidarietà riguarda l’attuazione dei diritti umani. E qui il porporato ha rilevato la preoccupante forbice tra una serie di nuovi “diritti” promossi nelle società tecnologicamente avanzate e diritti umani elementari che tuttora non vengono soddisfatti in situazioni di sotto sviluppo, come il diritto al cibo, all’acqua potabile, alla casa, all’autodeterminazione e all’indipendenza. Un terzo livello di solidarietà concerne il rapporto tra le generazioni. Qui si richiede – ha evidenziato il presidente di Giustizia e Pace – che nella pianificazione globale venga tenuto in debito conto il criterio della universale destinazione dei beni, il quale rende moralmente illecito ed economicamente controproducente scaricare i costi attuali sulle future generazioni. Tale criterio va applicato soprattutto - ma non solo - nel campo delle risorse della terra e della salvaguardia del creato, un settore reso particolarmente delicato dalla globalizzazione, che riguarda ormai tutto il pianeta inteso come unico ecosistema.

    Nel trattare il nesso tra Dottrina sociale e speranza, il cardinale Martino ha tra l’altro rivendicato il carattere pubblico del cristianesimo e la sua indispensabilità per la costruzione della società secondo giustizia e pace. Facendo eco alla Spe salvi di Benedetto XVI, il porporato nel suo discorso al Centro culturale dell’Università Cattolica di San Paolo ha ribadito che se si elimina la speranza cristiana dallo spazio pubblico si elimina Dio dal mondo e “un mondo senza Dio è un mondo senza speranza”. (A cura di Paolo Scappucci)

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    Mons. Marchetto: globalizzare la solidarietà anche nel campo dell'immigrazione

    ◊   Il primo valore da sostenere oggi, nel contesto dell’attuale crisi mondiale, è quello della globalizzazione della solidarietà: è quanto ha affermato ieri sera l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, nel corso di una Tavola Rotonda promossa a Roma dall’Aspen Institute Italia sul tema “La crisi globale: dal mercato ai valori. L’Europa e l’Italia”. Citando il recente discorso di Benedetto XVI alla Fondazione “Centesimus annus-Pro Pontifice, mons. Marchetto ha sottolineato la necessità di “promuovere uno sviluppo globale attento alla promozione integrale dell’uomo” aggiungendo che “al centro di ogni programmazione economica … occorre che ci sia sempre la persona”. “Solo una condivisa cultura della partecipazione responsabile e attiva – aveva affermato il Papa - può permettere ad ogni essere umano di sentirsi non fruitore o passivo testimone, ma attivo collaboratore nel processo di sviluppo mondiale”. Il presule ha poi ricordato, sulla scia dell’Enciclica Spe salvi, che “le strutture migliori funzionano soltanto se in una comunità sono vive delle convinzioni che siano in grado di motivare gli uomini ad una libera adesione all’ordinamento comunitario”. “Ci sono qui altri valori”, ha aggiunto il segretario del Pontificio Consiglio: “le convinzioni, frutto di una presa di coscienza, che portano alla creatività e all’azione”. Il presule infine ha messo in luce un “binomio significativo ... nel contesto della globalizzazione”, l’associazione di “valori ed emigrazione”, ricordando due suoi recenti interventi intitolati “L’integrazione dei migranti, valore di civiltà” e “L’immigrazione come valore economico e sociale”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, l'arcivescovo Nikola Eterovic presenta la dodicesima Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi.

    Nell'informazione internazionale, un articolo di Pierluigi Natalia sulla piaga del lavoro minorile.

    In cultura, Gaetano Vallini recensice il libro "La conquista della malaria. Una modernizzazione italiana 1900-1962" di Frank Snowden, professore all'università di Yale.

    Inos Biffi sulle "Memorie e digressioni di un italiano cardinale" di Giacomo Biffi.

    Verso l'incontro con il Giudice: una riflessione di Juan Manuel de Prada sulla "Spe salvi".

    Angelo Trimarco illustra lo studio "Il fantasma della statua. Percorsi critici nella scultura italiana del Novecento" di Stefania Zuliani, che viene presentato oggi a Salerno.

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    Oggi in Primo Piano



    A Parigi la Conferenza dei donatori per l'Afghanistan

    ◊   Al via questa mattina a Parigi la Conferenza internazionale dei donatori per l’Afghanistan, che raccoglie i rappresentanti di 80 Paesi. Presente all’incontro, tra gli altri, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon ed il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice. Sul tavolo della Conferenza la richiesta del presidente afghano Hamid Karzai di raccogliere circa 50 miliardi di dollari per un piano di ricostruzione nei prossimi cinque anni. Ma quali sono le reali necessità dell’Afghanistan? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Simona Lanzoni, responsabile progetti della Fondazione Pangea Onlus, da anni presente in Afghanistan:

    R. – Bisogna ricostruire un Paese per intero. Dal 2001 ad oggi sono pochissime le cose che si sono riuscite a realizzare. Mancano strade, fognature, elettricità, manca l’acqua nel Paese, manca un sistema idrico, mancano scuole, ospedali … Pensiamo che l’Afghanistan purtroppo non è riuscito a ricostruirsi, in questo periodo. Bisogna dire, da una parte, perché comunque un Paese dopo 25 anni di guerra non può passare immediatamente ad una situazione di pace e di tranquillità; dall’altro, perché mancano le competenze e perché comunque la presenza internazionale è molto forte. Tra l’altro, una delle cose che più si contestano all’interno di questa conferenza è proprio il fatto che il 70 per cento degli aiuti ritornano poi nelle tasche di consulenti e che, effettivamente, è poi molto difficile ricostruire un Paese in cui comunque la situazione continua ad essere tesa per la presenza dei talebani.

     
    D. – A tutto questo bisogna aggiungere anche che l’Afghanistan resta un Paese nettamente diviso: i “signori della guerra” continuano a dominare ampie regioni del Paese. Ecco, il nuovo piano di sviluppo previsto da Karzai, come cercherà di coinvolgere tutti questi attori?

     
    R. – Quello che si dice fondamentalmente sull’Afghanistan è che una ricostruzione dev’essere fatta grazie anche alla sicurezza, nel senso che non si può ricostruire un Paese se non c’è sicurezza tra la popolazione. L’esempio delle scuole: nel 2007, sono state incendiate oltre 250 scuole, sono stati uccisi oltre 120 insegnanti e una cinquantina sono stati feriti … Quindi, effettivamente, se non c’è sicurezza è molto difficile ricostruire un Paese!

     
    D. – Pangea è presente ed impegnata nella periferia di Kabul con un importante progetto di microcredito. Di cosa si tratta, nello specifico?

     
    R. – E’ un progetto di micro-finanze dedicato non solo alle donne in cui le donne, attraverso un piccolo prestito possono aprire un’attività individuale o di tipo familiare, perché molto spesso – appunto – aiutano tutta la famiglia e sono tutti attivi per aprire questa micro-impresa; attraverso questo, consentiamo alle donne di seguire corsi di alfabetizzazione, sulla sanità – ricordiamo che l’Afghanistan è il secondo Paese al mondo e il primo in Asia per mortalità materna e infantile alla nascita. Non solo: organizziamo anche gruppi di socializzazione … insomma, cerchiamo di dare delle opportunità di reinserimento familiare e sociale alle donne che tuttora vivono una situazione estremamente repressa.

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    Le Conferenze episcopali d'Europa a confronto sulle sfide della comunicazione nel continente

    ◊   “Le sfide della comunicazione per la Chiesa oggi in Europa”: su questo tema discuteranno fino a sabato prossimo, i portavoce e gli addetti stampa delle Conferenze episcopali d’Europa, riuniti a Roma. I lavori si sono aperti ieri pomeriggio con gli interventi, tra gli altri, del cardinale Peter Erdö, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), e di mons. Giuseppe Betori, segretario generale dei vescovi italiani. Il servizio di Isabella Piro.

    Come utilizzare i mass media per evangelizzare? E come difendere la Chiesa dalla disinformazione? Sono queste le domande principali per cui i portavoce e gli addetti stampa delle Conferenza Episcopali d’Europa cercano una risposta. Quattro giorni di lavori in cui si confrontano rappresentanti di più di dieci Paesi, dalla Grecia all’Ucraina, dall’Italia ai Paesi Bassi, dall’Irlanda all’isola di Malta. Ma quale percezione c’è oggi della Chiesa in ambito europeo? Il cardinale Peter Erdö, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa:

    “Ci sono Paesi dove la secolarizzazione comincia a produrre segni di intolleranza verso qualsiasi religione, specialmente contro la religione cristiana. Poi, ci sono Paesi dove i cristiani o i cattolici sono una piccola minoranza della società, di etnia diversa dalla maggioranza. Quindi, in quei contesti ci sono fenomeni anche di xenofobia. Poi ci sono Paesi dove, in seguito al lungo periodo comunista, viene incoraggiato il cosiddetto anticlericalismo. Cerchiamo di entrare anche in dialogo con qualsiasi tipo di società, perché la comprensione almeno diminuisce il rischio di un’ostilità cieca”.

    La Chiesa quindi, ha continuato il porporato, ha bisogno di strategie di difesa:

    “Certamente abbiamo bisogno di una raccolta di dati e informazioni su questi fenomeni, per cercare il modo di difendere i diritti umani almeno. Abbiamo anche da studiare più profondamente il funzionamento di internet e il cambiamento antropologico nella società attuale, perchè la gente è molto aperta agli influssi audiovisivi e quindi siamo molto esposti ad effetti emotivamente molto forti, ma imprecisi. Quindi, il rischio della manipolazione cresce”.

    Sulla stessa linea mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Conferenza episcopale italiana: la Chiesa della Penisola, ha detto, riceve il consenso dal 70% della popolazione. Eppure, spesso i media la rappresentano in modo errato. Fondamentale, allora, educare all’informazione, perché la fede sia diffusa nel modo giusto, soprattutto lontano dai sensazionalismi. Don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della CEI:

    “Quel che viene talvolta riservato alla Chiesa è un po' il destino riservato alla realtà come tale, che nella comunicazione odierna tende ad essere schiacciata sotto l’effetto della spettacolarità e la Chiesa non è esente da questo tipo di lettura. Ciò nonostante ritengo che si debba stabilire con gli operatori dell’informazione un contatto diffuso e anche diretto per favorire la possibilità di una lettura che sia il più possibile ravvicinata a questa realtà così singolare che è appunto la comunità cristiana. Non assumerei un tono lamentoso, ma cercherei piuttosto di vedere come poter servire meglio. Da questo punto di vista la Chiesa credo che debba sempre meglio essere reperibile, nel senso di raggiungibile, e quindi come tale comunicabile”.

    Tra i diversi temi in esame durante i lavori, c’è anche la migrazione. Su questo punto, ha sottolineato il cardinale Erdö, non spetta alla Chiesa proporre soluzioni legislative, ma essa può offrire una giusta visione del fenomeno:

    “Noi siamo per la persona umana e per l’incondizionata dignità della persona umana. Gli immigrati non sono soltanto una forza lavoro che costa meno, ma sono persone umane con la loro dignità”.

    Ultimo argomento in esame, la preparazione dell’Assemblea plenaria del CCEE, in programma in Ungheria dal 30 settembre al 3 ottobre.

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    Il preposito generale dei Gesuiti sull'immigrazione: la paura ci rende manipolabili

    ◊   L’educazione all’accoglienza, l’odierno concetto di frontiera, l’impegno necessario ad incontrare “il diverso” da noi, scoprendolo fonte di crescita e non nemico. Questi alcuni degli aspetti toccati da padre Adolfo Nicolás, Generale della Compagnia del Gesù, intervenuto ieri sera a Roma al dibattito ''Frontiere o barriere?'', promosso dal Centro Astalli. La sede del servizio dei Gesuiti per i rifugiati ha celebrato così la Giornata mondiale del rifugiato del prossimo 20 giugno. C’era per noi Gabriella Ceraso:

     
    E’ un messaggio di speranza, di grande umanità, ma anche di estremo realismo quello che padre Nicolás lascia sul tema attuale delle migrazioni. “Il problema più grande di oggi sono le frontiere che abbiamo dentro di noi – ha sottolineato – frutto delle nostre insicurezze, delle paure che nel mondo sviluppato sono diventate grande e strumento politico, perchè queste paure ci rendono manipolabili. Certo, alcune frontiere crollano, ma noi ne costruiamo altre, a volte frutto di ignoranza, a volte necessarie per proteggerci, forse inevitabili, ma comunque per la maggior parte frontiere artificiali”.

    “Fra gli esseri umani non ci sono frontiere. Tutti abbiamo gli stessi problemi, tutti abbiamo le stesse ansietà e le difficoltà a comunicare. Allora siamo sempre invitati a vedere nell’altro, noi stessi. E’ per questo che questa tendenza a fare delle frontiere delle barriere non è una tendenza sana”.

     
    Siamo chiamati – dice padre Nicolás – a far sparire dal mondo queste frontiere a dare una vita più umana a chi la chiede. Abbiamo bisogno di un mondo nuovo e di un modo nuovo per guardare l’altro e il segreto sta nell’incontro, che trasforma la teoria in vita vera e ci fa scoprire l’altro come ricchezza e, infine, ci cambia.

    “Nell’incontro con l’altro, abbiamo – credo – una opportunità unica di trovarci in noi stessi. Lavorando con i migranti, i migranti ci portano al limite dell’umanità, ci portano dove è difficile vivere umanamente. E’ la che possiamo trovare cosa è veramente umano, cosa è veramente necessario e cosa non è necessario”.

     
    Uscire da sé per far spazio agli altri ed essere toccati e cambiati è rischioso – afferma padre Nicolás – ma è sintomo di uomini sani ed è soprattutto l’unica opportunità che abbiamo per far crescere la nostra personalità. Tutto ciò ben si concilia con il cristianesimo, afferma padre Nicolás: le Chiese in quanto comunità sono, infatti, il luogo ideale per incontrarsi e lo dovrebbero essere in maniera programmatica. Poi lo sguardo alla politica: la richiesta è quella di adottare una memoria totale sul tema migranti:

    “Noi abbiamo sperimentato cosa è la migrazione, cosa è la povertà, cosa è la difficoltà di farcela. Questa memoria collettiva, questa memoria nazionale credo sia molto importante, perchè dalla memoria possiamo prendere saggezza”.

     
    C’è infine – conclude padre Nicolás – la questione educativa, una emergenza mondiale. Ai responsabili cattolici e non, quindi l’appello a cambiare il sistema, puntando a formare non dei tecnici, ma delle persone con il cuore e la mente aperte alla diversità umana.

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    Giornata mondiale contro il lavoro minorile

    ◊   Nel mondo sono circa 165 milioni i bambini di età compresa tra i 5 e i 14 anni che lavorano e di questi 74 milioni sono coinvolti in attività considerate pericolose. Inoltre sarebbero 72 milioni i bambini in età da scuola primaria non scolarizzati. Una realtà drammatica fotografata dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), che promuove per oggi la Giornata contro il lavoro minorile, dedicata quest'anno al tema dell'istruzione. Ad incidere in maniera negativa sul fenomeno è intervenuta ora anche la grave impennata nei prezzi dei prodotti alimentari, come conferma Furio Camillo Rosati, esperto internazionale di lavoro minorile e coordinatore di un progetto sullo studio delle cause alla base del lavoro minorile. L’intervista è di Stefano Leszczynski.


    R. - Nell’immediato ci sono alcuni rischi derivanti dall’aumento dei prezzi dei beni alimentari. I prezzi sono aumentati così rapidamente che rappresentano un grande shock per le famiglie, per il reddito che le famiglie hanno a disposizione. Quindi, soprattutto le famiglie più deboli possono essere costrette ad utilizzare i bambini per cercare di aumentare il loro reddito.

     
    D. – L’ILO ha deciso di puntare sull’educazione per ridurre ulteriormente il fenomeno. In sintesi, come si può descrivere questo progetto?

     
    R. – E’ una strategia globale dell’ILO che vede nell’educazione la vera alternativa al lavoro minorile, quindi, nella necessità, nella possibilità di offrire un’educazione accessibile a tutti e di qualità, lo strumento migliore per indurre le famiglie ad investire nei loro figli in termini di educazione, piuttosto che farli contribuire immediatamente alla produzione di reddito. Le politiche specifiche ovviamente variano da Paese a Paese.

     
    D. – Quali sono le aree geografiche più colpite dal fenomeno e quelle magari dove è più facile avviare un intervento di prevenzione, di recupero?

     
    R. – In termini assoluti, il numero dei bambini lavoratori più elevato è in Asia. In termini, però, di incidenza percentuale è nell’Africa subsahariana che osserviamo i tassi di partecipazione dei bambini e degli adolescenti al mercato del lavoro più elevati. L’area nella quale si sono riscontrati i maggiori successi in termini di riduzione del lavoro minorile è l’area dell’America Latina, dove c’è stato un notevole impegno dei governi e abbiamo osservato una sostanziale riduzione del fenomeno.

     
    D. – Ci sono delle buone possibilità per raggiungere alcuni degli obiettivi contro questo fenomeno, entro una data prefissata?

     
    R. – Io credo di sì. I trend del passato sono positivi. Se i governi e le organizzazioni internazionali, non solo l’ILO, mettono il lavoro minorile al centro delle politiche di sviluppo, insieme ad altri elementi, quali l’educazione, la formazione delle infrastrutture e così via, credo ci siano ottime possibilità di raggiungere obiettivi sostanziali nei prossimi anni.

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    Chiesa e Società



    Lavoro minorile: in India sono 55 milioni i bambini sfruttati

    ◊   “Contro lo sfruttamento minorile le armi da utilizzare sono educazione e istruzione per operare un vero cambiamento culturale”: è questo il pensiero di Lenin Raghuvanshi, direttore del Comitato di Vigilanza Popolare sui Diritti Umani (PVCHR) di Varanasi, in India, intervistato da AsiaNews in occasione dell'odierna Giornata mondiale contro il lavoro minorile. Nel Paese, riferisce l’attivista indiano insignito nel 2007 del prestigioso premio Gwangju per i diritti umani, ci sono circa 55 milioni di bambini in condizione di semi-schiavitù, soprattutto fra le caste più basse della società, come Dalit e tribali, completamente escluse dal sistema scolastico nazionale. “Molti di questi minori – racconta Raghuvanshi – non hanno ancora 5 anni e rischiano la vita per salari da fame che spesso servono a pagare i debiti contratti dai loro genitori. Fanno i fabbricanti di sigarette o di fuochi d’artificio, i minatori, i pescatori, i braccianti agricoli nelle piantagioni di the, oppure i domestici”. Un altro dramma irrisolto, secondo il direttore di PVCHR, è il traffico dei minori, il loro sfruttamento nella prostituzione e l’obbligo a mendicare per i mutilati, ma c’è anche la questione femminile: le bambine devono aiutare le madri nelle faccende di casa e badare ai fratelli più piccoli, il tutto a discapito dell’educazione scolastica. “È un diritto fondamentale – prosegue – e il governo sta approntando una riforma che inserirà l’obbligo all’istruzione primaria fino a 14 anni, in accordo con quanto previsto dall’articolo 21 della Costituzione indiana”. Nel 2004 Lenin Raghuvanshi ha inoltre avviato un progetto sperimentale, il “Jan Mitra Gaon”, che consiste nell’adozione di tre villaggi rurali con l’obiettivo di eliminare il lavoro forzato, costruirvi scuole, obbligare agli studi anche le bambine, diffondendo così un’educazione alternativa a quella tradizionale. (R.B.)

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    Uganda: 2,7 milioni di bambini lavorano a causa di povertà e diffusione dell’AIDS

    ◊   Il lavoro minorile è una piaga che affligge anche l’Uganda: alla vigilia dell'odierna Giornata mondiale contro il lavoro minorile, il ministro del Lavoro ugandese Syda Bbumba, ha presentato i dati di una nuova ricerca sul tema effettuata nel Paese, come riferito dall’agenzia Misna. I bambini che lavorano in Uganda sarebbero 2,7 milioni su 8 milioni di minori in totale (circa uno su tre nella fascia d’età compresa fra i 5 e i 17 anni). Molti di questi lavorerebbero nelle piantagioni di the: in Uganda, infatti, si trova la regione Tooro, leader in questa coltivazione, ma dal conteggio vanno esclusi tutti i bimbi normalmente utilizzati per i lavori domestici. Alla base del fenomeno l’alto tasso di crescita demografica, lo stato di estrema povertà in cui versa la maggior parte della popolazione e soprattutto la diffusione dell’aids (la metà degli orfani è causata dal virus Hiv). La titolare del dicastero ha poi illustrato gli sforzi che il governo sta compiendo per arginare il fenomeno e i piani previsti per l’istruzione primaria e per la riduzione della povertà. (R.B.)

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    Medici Senza Frontiere: al via la campagna di vaccinazione contro il morbillo in Nigeria

    ◊   Si è conclusa pochi giorni fa la campagna di vaccinazione contro la meningite nello Stato di Katsina, nel nord della Nigeria. Ora, l'associazione di Medici Senza Frontiere (MSF) ha avviato una nuova campagna contro il morbillo nello stato di Yobe, nel nord-est del Paese. Durante la prima iniziativa, le equipe di MSF hanno vaccinato circa 100 mila bambini e curato oltre 500 pazienti. Dall’inizio di giugno, invece, le equipe di MSF hanno rilevato diversi casi di morbillo nello stato di Yobe: circa 1500, i casi già trattati. L’Associazione prevede di somministrare il vaccino a circa 192 mila bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 15 anni. Ai bambini verrà somministrata anche la vitamina A, per prevenire le complicazioni oculari causate dalla malattia. MSF provvede anche alla formazione del personale sanitario, alle forniture di medicinali ed alla creazione di nuove strutture ospedaliere. Opera in Nigeria dal 1996, con 291 operatori umanitari. (B.B.)

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    Calorosa accoglienza in Vietnam per la delegazione della Santa Sede

    ◊   Musiche tradizionali per la calorosa accoglienza riservata da Dalat, alla delegazione vaticana giunta ieri pomeriggio in città. Più di 10mila persone - riferisce l'agenzia AsiaNews - si sono raccolte di fronte alla cattedrale, dove il vescovo Peter Nguyen Van Nhon, che è anche presidente dei vescovi vietnamiti, ha voluto ringraziare mons. Pietro Parolin, sottosegretario di Stato vaticano per i rapporti con gli Stati, che guida la delegazione, mons. Luis Mariano Montemayor e mons. Nguyen Van Phuong, che lo accompagnano. Il vescovo di Dalat ha ringraziato per la visita i rappresentanti della Santa Sede ed il governo del Paese per aver creato le condizioni ed aiutato a compiere il viaggio. “Anche se la nostra è una piccola diocesi – ha aggiunto – noi aspettiamo che il Santo Padre possa venire a trovarci”. Dalat è nella regione degli Altipiani, a 330 chilometri da Ho Chi Minh City. La provincia ha 1.218.000 abitanti, con almeno 300mila cattolici. La diocesi è abitata da vari gruppi di minoranza etniche, delle quali si cura, in particolare i K’Ho e i Churu. “Preghiamo insieme – ha detto mons. Parolin durante la messa – per avere cooperazione ed unità. Come missionari, che portano la fede al popolo, dobbiamo avere una grande fede. Noi – ha aggiunto - aiutiamo le altre persone e mostrando la nostra umanità testimoniamo l’amore di Gesù verso di noi”. “Noi – ha detto ancora – porteremo al Santo Padre le attività spirituali e religiose dei vietnamiti. Egli conosce le cose ed ha voluto che venissimo qui”. (R.P.)

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    Vietnam: la diocesi di Thai Binh rientra in possesso del seminario

    ◊   Mons. Francois Xavier Nguyen Van Sang, vescovo della diocesi di Thai Binh, nel Vietnam del Nord, ha confermato che la diocesi ha recuperato la proprietà dell'ex seminario denominato My Duc. L'edificio era stato confiscato dalle autorità comuniste insieme ad un terreno parrocchiale destinato ad ospitare una scuola d'avviamento per handicappati. Le autorità hanno confermato la restituzione alla diocesi anche di questo terreno. L'ex scuola ospiterà invece un istituto di studi teologici destinato a sacerdoti avanti negli anni. "La situazione pastorale esige iniziative generose da parte del vescovo e dei preti. - scrive in una sua recente lettera pastorale mons. Nguyen Van Sang ripresa dall'agenzia Apic - E' aumentato il numero delle parrocchie, che sono cento oggi, ma altrettanto non è aumentato il numero di preti: in tutto 45". Per tamponare questo squilibrio, mons. Nguyen Van Sang ha riunito a Thai Binh un discreto numero di sacerdoti anziani per un aggiornamento dei loro studi filosofici e teologici in diverse sessioni, la prima delle quali debutterà nel prossimo settembre. Il seminario, che venne ricostruito nelle sue attuali dimensioni nel mese di agosto del 1937, e prese il nome di "San Tommaso My Duc", si trova a Cat Dam, lungo il corso del fiume Trà Ly. Nell'ottobre del 1997, la Conferenza episcopale del Vietnam chiese al regime di allora, di poter ricostituire il seminario di Thai Binh. Intanto nello scorso marzo, anche il Seminario maggiore Stella Maris di Nha Trang ha avuto l'autorizzazione dal regime di poter ospitare più seminaristi. (A.M.)

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    Conferenza episcopale USA: “Ancora troppo pochi i rifugiati iracheni accolti”

    ◊   Il direttore dei servizi per i rifugiati e l’immigrazione della Conferenza episcopale statunitense, Anastasia Brown, ha lanciato un appello per porre l’attenzione sulla difficoltà di raggiungere l’obiettivo degli amministratori di reinsediare in Usa 12mila profughi iracheni entro ottobre 2008. La notizia è stata ripresa oggi dall’Osservatore Romano. Secondo la Conferenza, nel solo mese di maggio sono arrivati negli Stati Uniti altri mille iracheni che vanno ad aggiungersi ai 4742 già ammessi quest’anno dopo essere stati esaminati dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite (ACNUR): irraggiungibile, dunque, sembra l’obiettivo dei 12mila, considerando il fatto che ci troviamo a soli quattro mesi dalla chiusura dell’anno fiscale. Secondo Brown sono circa 4,9 milioni gli iracheni costretti a lasciare la propria casa in Iraq: 2,7 milioni sono rimasti nel Paese; 2,2 sono riusciti a lasciarlo per scappare negli Stati vicini, soprattutto in Siria e in Giordania (Paese con il quale gli Usa hanno rapporti diplomatici abbastanza buoni). Molti di loro, però, sembra più di mille, starebbero per partire alla volta della Malaysia, Paese che non richiede visti in entrata, ma non riconosce lo status di rifugiati e quindi li tratterrebbe in stato di fermo. Di diversa opinione sulla questione dell’accoglienza negli Usa è il coordinatore per i rifugiati iracheni e già ambasciatore di Haiti, James Foley, che in una conferenza stampa ha lodato l’efficienza dei sistemi per l’elaborazione delle richieste dei rifugiati nei Paesi vicini all’Iraq: questo, secondo lui, permetterà ai 7800 esuli che hanno concluso gli stadi preliminari del processo di reinsediamento, di completarlo in tempo per il 30 settembre, raggiungendo e anzi superando, così, l’obiettivo dei 12mila nell’anno 2008. (R.B.)

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    Scuse ufficiali del Canada agli indiani del nord America per le sofferenze subite negli anni '70

    ◊   “Porgo le nostre scuse agli ex-alunni dei collegi indiani: il trattamento dei bambini in quelle strutture è un triste capitolo della nostra storia. Riconosciamo che quella politica di assimilazione era sbagliata, che ha causato tanto dolore e che non trova posto nel nostro Paese”. Stephen Harper, primo ministro canadese, si è rivolto alle comunità autoctone: quelle tuttora più svantaggiate rispetto agli altri abitanti del Paese. Le scuse di Harper, a nome del governo, erano state già preannunciate: lo riferisce l'agenzia MISNA. Ieri sono state ufficialmente presentate in parlamento, alla presenza di numerosi indiani del Nordamerica e dei loro rappresentati in abiti tradizionali. Erano anche presenti alcune delle vittime degli abusi subiti nei collegi negli anni settanta. Oltre 150 mila bambini nativi, meticci e inuit furono internati con la forza e spesso maltrattati. L’evento di ieri è stato trasmesso su maxi schermi televisivi posti fuori dal parlamento ed anche in diretta dai canali televisivi nazionali. Le scuse formali fanno parte di un piano più ampio che comprende un cospicuo risarcimento. (B.B.)

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    Incontro dei vescovi asiatici su “Eucarestia come Comunicazione”

    ◊   “Eucarestia come Comunicazione”: questo il titolo di un incontro di Vescovi, delegati ed esperti della Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia (FABC) tenutosi a Bangkok, in preparazione della 9.a Assemblea Plenaria della Federazione che si terrà nel gennaio 2009 sul tema “Vivere l’Eucarestia in Asia”. Durante l’incontro, che ha coinvolto i delegati delle Conferenze episcopali asiatiche per il settore delle comunicazioni sociali, i presenti hanno definito l’Eucarestia “vertice di ogni comunicazione cristiana” e hanno elaborato un documento che offre una profonda riflessione teologica sull’argomento. Il testo sarà ad uso delle diverse Chiese nazionali asiatiche, che saranno chiamate a portare la loro esperienza all’Assemblea Plenaria della FABC. Il documento cita, ad esempio, il ruolo e il significato di rituali come il pasto e la festa nelle culture, nelle civiltà e nelle religioni asiatiche, mettendoli in relazione con la dimensione comunicativa della liturgia. L’Assemblea Plenaria della FABC si terrà a Bangalore, in India, e la sua preparazione ricalca quella necessaria per i Sinodi: una consultazione capillare delle Chiese locali; la realizzazione di un “Instrumentum laboris”, elaborato dall’Ufficio teologico della FABC, in collaborazione con esperti delle differenti Conferenze episcopali; i lavori assembleari in Commissioni e l’elaborazione di un testo finale definitivo. L’Assemblea Generale della FABC si tiene ogni quattro anni e costituisce un importante momento di scambio di esperienze, verifica e programmazione per le Chiese asiatiche. (R.P.)

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    Filippine: appello di mons. Gutierrez per fermare le estrazioni minerarie pericolose

    ◊   “Le estrazioni minerarie su larga scala sono immorali, sbagliate e illegittime”: lo afferma in un documento, controfirmato da 50 preti della diocesi, mons. Dinualdo D. Gutierrez. Il vescovo di Marbel, diocesi dell’isola meridionale di Mindanao, chiede ai rappresentanti delle società minerarie, di abbandonare i progetti che riguardano estrazioni nei Paesi meno sviluppati. “E’ immorale – afferma il documento della diocesi, diffuso dall’agenzia Asianews – estrarre materie prime dai Paesi del terzo mondo quali le Filippine, causando seri danni all’agricoltura e alle risorse idriche, solo per soddisfare i bisogni delle Nazioni industrializzate”. Oltretutto, questo provoca anche gravi conseguenze all’ambiente. “Il riscaldamento globale, i mutamenti climatici e la mancanza di cibo – prosegue il documento – sono minacce che mettono a rischio la vita umana. Le attività di estrazione su vasta scala non risolvono, ma contribuiscono ad aggravare questi problemi”. Le società che controllano il settore minerario hanno già avviato alcune attività di esplorazione. Prevedono di estrarre oltre 2 miliardi di tonnellate di materie prime, a partire dal 2012. Le operazioni di trivellazione copriranno un’area di 20 mila ettari di foreste, con il rischio di terminare le risorse idriche necessarie al fabbisogno e all’agricoltura e di lasciare migliaia di contadini e pescatori senza acqua. (B.B.)

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    I vescovi del Cile: non sia snaturata la riforma del sistema educativo

    ◊   “Doloroso e fonte di preoccupazione” definiscono i vescovi cileni in una dichiarazione della Conferenza episcopale “il rischio di scomparsa” degli accordi raggiunti l’anno scorso tra il governo e i più importanti settori politici e sociali del Paese per definire le linee fondamentali del Progetto di legge sulla riforma generale del sistema educativo. Tempo fa, spiegano i presuli “abbiamo celebrato l’accordo politico sull’educazione - frutto del lavoro di diversi settori”, sociali, tecnici, religiosi - “storico” non solo per avviare un vero progetto di riforma, condiviso e profondo, ma anche in linea “con l’unità della quale il Paese ha bisogno. In questo momento così decisivo per il nostro sviluppo, vogliamo lanciare un appello affinché tutti sappiano dare importanza all’accordo raggiunto” dando un rilevante contributo alla “costruzione di ponti per il dialogo” che garantiscano “ai figli e alle figlie di questa terra, in particolare ai più emarginati e poveri, un’educazione di qualità”, sottolineano i vescovi cileni. Poi ribadiscono il “bisogno di cambiamenti legislativi e strutturali profondi”. Nel ricordare ai principali attori politici del Paese, forze determinanti nel Parlamento, la necessità di non deludere l’opinione pubblica, i presuli ribadiscono la “visione trascendente dell’educazione” al cui centro deve essere collocato sempre “lo studente, in quanto centro di un processo che serve a raggiungere una migliore qualità della vita” e che al tempo stesso porta al superamento della povertà nonché il benessere di tutti. La finalità essenziale di ogni processo educativo è quella di far crescere in ognuno la propria umanità”, sottolineano i vescovi i quali ricordano che un’educazione genuina focalizza nella persona “la produzione di cultura necessaria per costruire e trasformare la società”. I vescovi inoltre richiamano l’attenzione di tutti sul fatto che l’educazione, sia quella statale sia quella privata, è un bene pubblico che il Paese, i suoi diversi settori sociali e le autorità, devono difendere e far crescere costantemente. In conclusione la Conferenza episcopale si rivolge direttamente ai “costruttori della società”, in particolare ai parlamentari, affinché il lavoro iniziato faticosamente un anno fa non si fermi e sia snaturato. Anzi, ora più che mai occorre - secondo i presuli - “la collaborazione di tutti per il bene del Paese. Solo nel prosieguo delle discussioni e della ricerca del consenso sarà possibile, a giudizio dei vescovi, perfezionare altri accordi, trovando soluzione per problemi fondamentali come una maggiore equità, condizioni di vita migliore per i professori e meccanismi per garantire al sistema un'adeguata modernizzazione. (L.B.)

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    A Cracovia il Congresso per i 150 anni dell’Infanzia Missionaria

    ◊   Si è svolto nei giorni scorsi a Cracovia il VII Congresso Missionario nazionale polacco per celebrare i 150 anni di presenza nel Paese dell’Infanzia Missionaria. A riportare la notizia all’agenzia Fides, mons. Jan Piotrowski, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) che ha raccontato come si è svolto l’evento cui hanno partecipato i direttori nazionali delle POM di Austria, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, alcuni direttori diocesani della Polonia e i rappresentanti della Commissione Episcopale per le Missioni, nonché alcuni missionari momentaneamente a riposo in patria. Il congresso si è aperto con un’introduzione di canti e danze di bambini appartenenti a cinque gruppi di danza e folklore nazionale e con l’esibizione del coro di Wola Radziszowska, quindi si è pregato con un’Ave Maria per i piccoli dei cinque continenti. La giornata, cui ha partecipato un gruppo di bimbi dello Zambia presente con le missioni Salesiane, è proseguita con la storia dell’Infanzia Missionaria sottoforma di testo teatrale messo in scena dal gruppo “Krach” della Diocesi di Tarnów, per concludersi poi con una preghiera di ringraziamento del direttore mons. Piotrowski e con i saluti di padre Patrizio Byrne, Segretario Generale dell’Opera dell’Infanzia Missionaria. Il secondo giorno, che ha avuto luogo nel Santuario della Divina Povertà, ha registrato la partecipazione di ottomila bambini vestiti con i colori dei cinque continenti e si è svolta attraverso incontri suddivisi in gruppi continentali guidati da religiosi di diversi ordini, durante i quali è stata fatta una catechesi sull’Infanzia Missionaria e un’animazione ambientata sul continente stesso; quindi è stata proposta una lotteria per raccogliere fondi a favore dei bambini della Mongolia. Il momento centrale della giornata è stata la concelebrazione Eucaristica presieduta dall’arcivescovo di Cracovia, Stanislaw Dziwis, e concelebrata dai vescovi ausiliari mons. Jan Szkodon, mons. Jan Zajac e mons. Antoni Dlugosz della Diocesi di Czestochowa. Al termine si è svolto il concorso nazionale “Il mio collega della missione”, dedicato alla storia dell’Infanzia Missionaria, quindi mons. Piotrowski ha letto una lettera inviata dal Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, Iván Días e il saluto di padre Byrne. Il congresso si è concluso con una preghiera alla Divina Misericordia dedicata a tutti bambini del mondo che soffrono. (R.B.)

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    Ucraina: in corso a Leopoli la prima settimana sociale

    ◊   E’ in corso dal 9 al 15 giugno a Leopoli, in Ucraina, la prima Settimana sociale ecumenica che ha per tema “Sostieni il tuo prossimo”. L’evento si ispira alle Settimane Sociali che ogni anno si svolgono in Francia (addirittura dal 1904), in Italia, Belgio e Polonia. “Queste Settimane Sociali – si legge nella presentazione dell’evento ucraino ripreso dall'agenzia Sir – sono iniziative promosse da laici impegnati nelle loro rispettive Chiese e che desiderano promuovere insieme la dottrina sociale del cristianesimo nella società”, per “contribuire alla edificazione di un mondo migliore”. A promuovere la Settimana Scoiale in Ucraina, sono l’Istituto di studi ecumenici, l’Università Cattolica, il comune e la Regione di Leopoli, in partnership con il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e il Consiglio mondiale delle Chiese. In programma oggi e domani una Conferenza accademica internazionale alla quale prenderanno la parola, tra gli altri, il nunzio apostolico Iwan Jurkovic, Flaminia Giovanelli del Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”, il card. Lubomyr Husar e gli arcivescovi ortodossi della Chiesa ortodossa autocefala e della Chiesa ortodossa di Ucraina. Previsti anche gli interventi di Michel Camdessus e di Jean-Marie Brunot delle Settimane Sociali francesi. Tra i partecipanti anche la moglie del presidente ucraino, Kateryna Youchtchenko. (R.P.)

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    Australia: pronto lo "zaino del pellegrino" per la GMG di Sydney

    ◊   Sono oltre 275mila gli zaini destinati ai pellegrini che parteciperanno alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù, in programma a Sydney, in Australia, dal 15 al 20 luglio. Ed alla loro preparazione si stanno dedicando, come volontari, gli studenti delle scuole superiori dell’intera città: attualmente, sono 2.500 i ragazzi coinvolti nel servizio, che andrà avanti per tutto il mese di giugno. Il centro di preparazione degli zaini è situato nel sobborgo di Granville ed è composto da 14 punti operativi. “Siamo davvero contenti di avere tra noi i giovani di Sydney, impegnati in un compito così importante in preparazione dell’evento” ha detto Geoff Morris, direttore del ‘Servizio pellegrini’ della GMG. “Tutto questo – ha aggiunto – è il perfetto esempio di come le scuole, le parrocchie e le comunità stiano lavorando tutte insieme per una causa comune. E questo è il vero scopo della GMG”. Nei 200mila zaini già pronti, i pellegrini troveranno diversi oggetti, tra cui una coroncina del Santo Rosario, il libro della GMG 2008, una penna, una bandana, il ‘Passaporto del pellegrino’ contenente un buono-acquisto spendibile all’aeroporto di Sydney, un poncho, una coperta, una bottiglia d’acqua e una torcia. “Mi ero posta come obiettivo la preparazione di 7mila zaini al giorno – ha detto Lina Maroun, coordinatrice del deposito della GMG – Invece, nella prima giornata di lavoro, gli studenti ne hanno preparati 8mila e nella seconda ben 10mila!”. “I ragazzi – continua – ora hanno davvero la consapevolezza del significato della GMG 2008. E sono entusiasti di partecipare ai preparativi di questo evento”. La maggior parte degli zaini verrà distribuita nei circa 400 centri di accoglienza, situati a Sydney e dintorni, in cui i pellegrini si recheranno a luglio. Altri zaini saranno inviati a Melbourne, Brisbane e Canberra dove, una settimana prima della GMG, si svolgeranno numerose celebrazioni di preparazione. Altri zaini, infine, verranno donati agli studenti volontari, come segno di gratitudine per il loro impegno. (I.P.)

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    Serra Club: “testimoni nella società a sostegno delle vocazioni”

    ◊   “Scoprire, amare, rispondere alla vocazione che il Signore ci affida e aiutare gli altri a farlo”. Queste le parole del cardinale Josè Saraiva Martins, consulente episcopale per l’Italia del movimento internazionale Serra Club, in occasione della chiusura del Convegno nazionale svoltosi a Collevalenza di Todi. Il Serra Club, nato nel 1934 su ispirazione di alcuni cattolici americani di Seattle, è un’associazione laicale della Chiesa cattolica che si pone l’obiettivo di favorire, sostenere ed incoraggiare le vocazioni al sacerdozio. “Solo sostituendo il nostro cuore con quello di Cristo – ha aggiunto il cardinale – ogni membro del movimento sarà pronto a sostenere i sacerdoti e suscitare le vocazioni per il regno di Dio”. Il convegno, che ha visto la partecipazione di oltre 200 membri da tutta Italia, è stato caratterizzato da molti interventi ed aveva come titolo “I serrani, testimoni nella società a sostegno delle vocazioni”. Durante i lavori è stato nominato anche il nuovo presidente italiano: Gemma Sarteschi Mencarini guiderà l’Associazione per i prossimi due anni. (B.B.)

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    Caritas: oltre un milione i romeni in Italia

    ◊   Sono un milione i romeni in Italia: cento volte di più, rispetto a 17 anni fa. Lo afferma il volume elaborato dalla Caritas italiana, intitolato “Romania, immigrazione e lavoro in Italia. Statistiche, problemi e prospettive”. I romeni si trovano in Italia soprattutto per motivi di lavoro e di famiglia: rispettivamente il 73,7% e il 23,5%. Garantiscono all’Italia l’1,2% del Prodotto Interno Lordo (PIL) ed ogni 6 nuovi assunti stranieri, 1 è romeno. Un terzo lavora nell’edilizia, la metà nel terziario e poco più del 6% nell’agricoltura. Per quanto riguarda la religione, quasi tutti sono ortodossi ed affermano che la Chiesa è spesso luogo di incontro e solidarietà. Nel complesso, all’esperienza fatta in Italia, i romeni immigrati danno un voto di sufficienza “perché – precisa il volume – desidererebbero una maggiore integrazione”. La ricerca si pone l’obiettivo di riflettere sul senso profondo di questa fase storica e riconoscerne i vantaggi, senza continuare a rimanere bloccati dalla paura dello straniero proveniente dall’Est. Contro la “sindrome dell’assedio”, come è chiamata nel volume, i redattori del testo suggeriscono una strategia concreta ispirata alla reciproca fiducia, all’integrazione e alla collaborazione bilaterale. (B.B.)

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    Domani il Decreto di approvazione degli statuti del Cammino neocatecumenale

    ◊   Il cardinale Stanislao Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici, consegnerà, domani, il Decreto di approvazione definitiva degli Statuti del Cammino neocatecumenale, insieme con il testo finale degli Statuti, a Kiko Arguello e Carmen Hernandez, iniziatori del Cammino neocatecumenale, i quali, insieme con padre Mario Pezzi, formano l’Equipe internazionale responsabile per il Cammino neocatecumenale. La consegna si svolgerà nel corso di una cerimonia nell’Aula magna del Pontificio Consiglio per i laici, alle ore 11. Kiko Arguello, Carmen Hernandez e padre Mario Pezzi terranno una conferenza stampa per presentare il decreto e i testi degli Statuti. L’incontro con i giornalisti si svolgerà sempre domani, nella sede del Centro neocatecumenale diocesano di Roma, in via del Mascherino 52, alle ore 16. Il Cammino neocatecumenale, un'esperienza ecclesiale di inziazione cristiana, è nata nelle baracche di Madrid agli inizi degli anni '60. Oggi in 107 Paesi del mondo conta circa 20 mila comunità, presenti in 5700 parrocchie di 1200 diocesi. 70 i seminari missionari diocesani Redemptoris Mater che raccolgono le vocazioni del Cammino, che hanno dato alla Chiesa 1260 presbiteri. Altra realtà in espansione: le oltre 600 famiglie in missione, chiamate ad evangelizzare nelle zone più scristianizzate della Terra. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    L’Europa aspetta i risultati del referendum in Irlanda, decisivo per le sorti del Trattato di Lisbona

    ◊   Dopo le ratifiche del trattato da parte delle aule parlamentari di Finlandia, Estonia e Grecia, il trattato di Lisbona passerà per il giudizio del referendum che si svolge oggi in Irlanda, unico Paese - tra i 27 - a prevedere una consultazione popolare. Per l’approvazione del testo occorre l’unanimità degli Stati membri dell’Unione. Un'eventuale vittoria dei 'no' potrebbe provocare un'impasse come quella che ha fatto seguito al no nel 2005 di Francia e Olanda alla Costituzione. Il servizio di Marco Guerra:

    In vista del voto irlandese, l’Europa saluta con ottimismo la ratifica del trattato di Lisbona, approvata ieri dalle aule parlamentari di Grecia, Finlandia ed Estonia. Ora sono diciotto su 27 i membri dell’Unione ad aver ratificato la nuova carta fondamentale dell’UE. L’obiettivo delle istituzioni comunitarie resta quello della ratifica da parte di tutti gli Stati entro il 2008, per poi far entrare in vigore il testo fin dal primo gennaio del 2009. Ma il destino del Trattato costituzionale di Lisbona sarà deciso dall’odierno voto referendario che si tiene in Irlanda, l’unico Stato dell’Unione che è docuto ricorrere ad un referendum per cambiare la costituzione del Paese sul potere da trasferire all’UE. Un’eventuale vittoria dei 'no' provocherebbe la paralisi politica dell’Unione. Tutti i riflettori del vecchio continente sono quindi puntati sul risultato che uscirà dalle urne, che resteranno aperte fino alle 22, ore locali, di questa sera. Gli ultimi sondaggi registrano una forte crescita dei 'no', ma a decidere la partita saranno gli indecisi, che diversi istituti di ricerca danno intorno al 35%. Secondo i sostenitori del 'no', aderire a Lisbona trasferirà troppi poteri a Bruxelles. Comunque, tutti i partiti politici della repubblica, ad esclusione del Sinn Fein, hanno chiesto un 'sì' agli elettori per proseguire nel percorso di progresso economico degli ultimi 10 anni.

     
    Visita Bush in Italia
    Seconda giornata romana ricca di incontri per il presidente degli Stati Uniti, George Bush. Il capo della Casa Bianca, dopo aver preso parte ad una tavola rotonda con i borsisti italiani all’American Accademy, si è recato al Quirinale per il colloquio con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Nel pomeriggio sarà la volta dell’incontro con il premier Silvio Berlusconi, che ha l’obiettivo di ottenere un maggiore impegno dell'Italia in Afghanistan. A quanto sembra Bush dovrà poi frenare le aspettative italiane di far parte del gruppo '5+1' che negozia con l'Iran sul dossier nucleare, dopo il ''no'' venuto ieri dalla Germania a questa prospettiva.
     Italia – Morti bianche
    In Italia non si ferma il dramma delle morti sul lavoro. Ieri in Sicilia sei operai sono morti a Mineo, in provincia di Catania, in Sicilia, mentre pulivano una vasca di depurazione. Le esalazioni tossiche sarebbero alla base dell’incidente. Sdegno da parte dei sindacati, mentre il presidente della Repubblica Napolitano ha chiesto un intervento immediato per spezzare “la lunga catena di morti bianche”. Il ministro del Lavoro sacconi ha annunciato un piano straordinario per fronteggiare il fenomeno e alle 16:30 di oggi incontrerà le parti sociali e le imprese.

    Somalia
    Almeno cinque civili sono morti negli scontri armati tra ribelli islamici e truppe del governo vicino all'aeroporto di Mogadiscio, a pochi minuti dalla partenza del presidente somalo, Abdullahi Yusuf Ahmed. Ieri è stato assassinato il direttore di Woman and Child Care (WOCCA), una delle principali organizzazioni umanitarie somale, mentre viaggiava in auto con l'autista nel quartiere di Suqbad. Malgrado la recente firma del cessate il fuoco tra le forze governative e le milizie dell’opposizione islamica, in Somalia non si ferma la violenza. Il maggiore Bariyge Bahulko, portavoce della missione di peacekeeping dell'Unione africana in Somalia, ha confermato l'attacco a colpi di mortaio all'aeroporto, smentendo che militari dell'Uganda abbiano preso parte agli scontri.
     ZimbabweResta alta la tensione politica in Zimbabwe. Tendai Biti, segretario generale del Movimento per il Cambiamento Democratico, partito di opposizione è stato arrestato all'aeroporto di Harare, di rientro da una permanenza di due mesi all'estero. A darne notizia è stato un portavoce del partito, Nelson Chamisa. Non si sa quale sia l'accusa contestata a Biti. Tra due settimane è in programma nel Paese il ballottaggio delle presidenziali tra il presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, ed il leader di opposizione, Morgan Tsvangirai.
     Algeria
    Le forze di sicurezza algerine hanno ucciso un presunto terrorista islamico nell'oasi di El Oued, a 600 chilometri a sud-est di Algeri. Lo rende noto l'agenzia APS che cita fonti della sicurezza. Ieri altri due presunti terroristi sono stati uccisi sulle montagne della Cabilia, 50 chilometri a est di Algeri. Questa controffensiva delle forze algerine arriva ad una settimana dall’attentato, nella stessa regione berbera ad est di Algeri, in cui sono rimasti uccisi sei militari.
     USA maltempo
    Almeno 4 morti e una quarantina di feriti è il bilancio delle vittime provocate da un tornado che ha colpito un campo di boy scout nello Stato americano dell'Iowa. I media locali riferiscono che al momento dell'arrivo della tromba d'aria al 'Little Sioux Scout Ranch' erano accampati circa 90 ragazzi di 13-18 anni di eta', su un totale di 120 persone. Tutti gli Stati del Midwest sono attraversati da un’ondata di maltempo senza precedenti. Solo negli ultimi mesi si sono registrati 32 tornado. Centinaia gli evacuati in Iowa. Danni anche in Wisconsin, Oklahoma e Kansas. Ma in questi giorni gli Stati Uniti si trovano a fronteggiare anche temperature eccezionalmente calde negli Stati sulla costa orientale, che hanno provocato 17 vittime, soprattutto anziani.
     Myanmar
    Segni di apertura alle organizzazioni internazionali dal Myanmar. Gli esperti dell’Associazione delle Nazioni dell’Asia del Sud-Est (ASEAN) e delle Nazioni Unite hanno potuto accedere, senza limitazioni, alle zone colpite da Nargis. Lo ha annunciato lo stesso segretario generale dell'ASEAN. Il ciclone, abbattutosi lo scorso maggio sulla ex Birmania ha causato oltre 130.000 morti - secondo il bilancio ufficiale - e 2,4 milioni di sfollati. (Panoramica Internazionale a cura di Marco Guerra)
     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 164

     
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