![]() | ![]() |

Sommario del 06/06/2008
L’esame della situazione italiana e di quella internazionale al centro dell’incontro tra Benedetto XVI e Silvio Berlusconi. Ribaditi la volontà di collaborazione tra Roma e il Vaticano
◊ Lo scenario sociopolitico italiano e quello internazionale, con particolare riguardo all’Europa e ai rapporti bilaterali fra Roma e la Santa Sede. Sono stati questi, in sintesi, i temi che hanno caratterizzato l’udienza privata concessa questa mattina in Vaticano da Benedetto XVI al presidente del Consiglio dei ministri italiano, Silvio Berlusconi. E’ stato il terzo incontro del Pontefice con un premier italiano nel Palazzo apostolico, dopo i precedenti con lo stesso Berlusconi, il 19 novembre 2005, e quello con Romano Prodi, il 13 ottobre 2006. Per i particolari, la cronaca di Alessandro De Carolis:
Uno scambio di vedute ampio, che ha spaziato dall’Italia al resto dello scacchiere mondiale. Benedetto XVI e Silvio Berlusconi, informa la nota ufficiale della Sala Stampa delal Santa Sede durante la quarantina di minuti di “cordiali colloqui hanno affrontato “temi che riguardano la situazione italiana e il contributo della Chiesa cattolica alla vita del Paese” sui quali, specifica il comunicato, il Santo Padre si era “di recente soffermato nel suo discorso all’Assemblea plenaria della Conferenza Episcopale Italiana”. Sono “state pure considerate - si sottolinea ancora - alcune questioni legate all’attuazione degli Accordi vigenti fra Santa Sede ed Italia” e c’è stato tempo anche per un un esame “dell’attuale quadro internazionale”, dalla “situazione in Medio Oriente” alle “prospettive di sviluppo spirituale, etico e sociale del continente europeo”. Le due parti, conclude la nota, “hanno ribadito la volontà di continuare la costruttiva collaborazione a livello bilaterale e nel contesto della comunità internazionale”.
L’udienza è iniziata alle 10.45 quando, con un leggero anticipo sull’orario del protocollo, il corteo di auto del premier è entrato in Vaticano attraverso l’Arco delle campane, sostando nel cortile di San Damaso. Sette le personalità di governo della delegazione italiana che accompagnavano Berlusconi, tra le quali i due sottosegretari alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta e Paolo Bonaiuti. Il Papa e il premier si sono incontrati poco dopo le 11, quando Benedetto XVI ha invitato Berlusconi al colloquio in privato nella sua biblioteca, durato una quarantina di minuti, al quale ha presenziato anche il sottosegretario Letta. Al termine - estendendo l’incontro e i saluti agli altri membri della delegazione italiana - si è svolto il tradizionale scambio dei regali: il Papa ha donato al presidente del Consiglio una una penna stilografica celebrativa dei 500 anni della Basilica di San Pietro e una litografia, mentre Berlusconi ha ricambiato con una croce pettorale d'oro, con pietre e smalti, preparata per l'occasione, avente tasselli decorativi connessi con la storia della Chiesa e dei Papi, come ha spiegato fra l’altro il premier al Pontefice. Infine, la delegazione ospite si è intrattenuta come da prassi con il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, affiancato dal segretario per i Rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Dominique Mamberti. Anche in questo caso, i colloqui si sono protratti per circa 40 minuti.
Nell'annuncio del Vangelo, valorizzare l’ardente desiderio di Dio dei popoli asiatici: l’esortazione del Papa ai vescovi di Malaysia, Singapore e Brunei in visita “ad Limina”
◊ Evangelizzazione, dialogo tra le religioni, promozione dei diritti umani e difesa della libertà religiosa: sono i temi salienti affrontati da Benedetto XVI nel discorso ai vescovi di Malaysia, Singapore e Brunei, ricevuti in tarda mattinata in Vaticano in occasione della visita “ad Limina”. L’indirizzo di saluto al Papa è stato rivolto da mons. Nicholas Xavier Pakiam Murphy, arcivescovo di Kuala Lumpur. Il servizio di Alessandro Gisotti:
The peoples of Asia display…
I popoli dell’Asia, ha sottolineato Benedetto XVI, “mostrano un ardente desiderio di Dio”. Il messaggio cristiano, costata, viene dunque seminato in un terreno fertile. Per fiorire, questo annuncio non deve tuttavia essere percepito dalla gente “come un’importazione straniera, aliena alla cultura e alle tradizioni” dei popoli asiatici. Prendendo spunto dal discorso che San Paolo rivolse agli Ateniesi, è stata la sua esortazione, i vescovi dell’Asia presentino la fede cristiana in modi che richiamino “l’innata profondità spirituale e la saggezza morale” presente nell’anima asiatica.
In particular, you need to censure…
In particolare, ha aggiunto, bisogna garantire che il Vangelo non venga confuso con “i principi secolari associati all’illuminismo”, famigliare all’Occidente cristiano e che ora comincia ad avere un significativo impatto su altre parti del mondo. La verità del Vangelo, ha proseguito, va distinta dal “materialismo e dal relativismo”. D’altro canto, è stato il suo richiamo, pur contrastando “la dittatura della ragione positivista” che “tenta di escludere Dio dalla sfera pubblica”, vanno accolte “le reali conquiste dell’Illuminismo”, specialmente l’importanza attribuita ai diritti umani e alla libertà di religione.
By stressing the universal character of human rights…
Nell’opera di evangelizzazione, Benedetto XVI incoraggia dunque i presuli a mettere l’accento sui diritti umani fondati sulla dignità dell’uomo creato a immagine di Dio. Il Papa non manca di ribadire l’importanza del dialogo interreligioso. Ed esorta i vescovi dei tre Paesi asiatici a cercare nuove strade per un dialogo aperto e onesto con musulmani, buddisti e induisti. Al tempo stesso, il Papa ricorda che in alcuni territori dei Paesi asiatici non sempre è garantita una piena libertà religiosa e si incontrano difficoltà nel promuovere l’istruzione religiosa cristiana nelle scuole.
Do not become disheartened…
Il Papa invita i presuli a non scoraggiarsi e sottolinea che attraverso il loro insegnamento, forte della Verità del Vangelo, si promuove una visione unificata del bene comune. Ciò, a sua volta, è stato il suo auspicio, dovrebbe favorire la crescita della libertà religiosa e una più grande coesione sociale tra i membri dei differenti gruppi etnici che può condurre alla pace e al bene comune dell’intera comunità. Una parte del discorso, il Papa l’ha dedicata alla cura dei sacerdoti, che devono essere guidati dai propri vescovi nell’imitazione di Cristo, e alla pastorale dei laici. Specie in quei territori dove è raro per la gente vedere un sacerdote, ha affermato, è particolarmente importante la formazione del laicato, affinché tutti possano conoscere la speranza a cui sono stati chiamati.
Altre udienze
◊ Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Godfried Danneels, arcivescovo di Malines-Bruxelles, e il cardinale Gaudencio B. Rosales, arcivescovo di Manila. Questo pomeriggio riceverà il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.
I fedeli di Torino rafforzati e incoraggiati dall’incontro con il Papa: così, il cardinale Poletto dopo il pellegrinaggio a Roma, in cui è stata annunciata l’Ostensione della Sindone nel 2010
◊ I fedeli di Torino hanno accolto con gioia l’annuncio del Papa di un nuova “Ostensione della Sindone” nella primavera del 2010. Un annuncio che lunedì scorso ha suggellato il pellegrinaggio a Roma di 7 mila fedeli della diocesi torinese. A loro Benedetto XVI ha chiesto di proclamare il Vangelo senza paura, affrontando le sfide della modernità. Intervistato da Alessandro Gisotti, il cardinale arcivescovo di Torino, Severino Poletto, che sta concludendo in questi giorni la sua visita pastorale alla diocesi, si sofferma sull’importanza del pellegrinaggio a Roma:
R. – Questo pellegrinaggio a Roma ha avuto un grandissimo successo, perché mai nella storia della nostra diocesi un pellegrinaggio si è realizzato con la partecipazione di settemila persone. Il motivo di questo pellegrinaggio a Roma è che noi quest’anno abbiamo vissuto tutto l’anno sotto il tema della “redditio fidei”, espressione latina che vuol dire letteralmente restituzione della fede, ma professione della fede davanti alla comunità cristiana, davanti alla società civile. Qual è il motivo per cui abbiamo fatto un anno intero di “redditio”? Perché la nostra diocesi nel decennio passato si è impegnata molto a fare quattro grandi missioni diocesane. Dopo le missioni diocesane introdotte da un anno della spiritualità, intercalate da un anno dedicato all’Eucaristia, era doveroso vivere la “redditio”, cioè la restituzione: “ho ricevuto l’annuncio e adesso professo la mia fede”. L’incontro aveva questo significato, che il Papa ci incoraggiasse nel cammino fatto e ci spronasse ad avere il coraggio di testimoniare la nostra fede. Noi siamo venuti da Benedetto XVI per ricevere una conferma della nostra fede cattolica.
D. – E questo incontro con Benedetto XVI è stato in qualche modo suggellato da due annunci, se vogliamo, ovvero l’annuncio dell’Ostensione della Sindone nella primavera del 2010 a Torino e il Papa ha anche manifestato il suo desiderio di esserci a Torino in quella occasione...
R. – Sì, non ci poteva essere soddisfazione in me e nei miei fedeli più grande del sentire che il Papa, non solo ci concedeva l’Ostensione tanto desiderata, e forse anche mai attesa, ma l’idea che venisse a Torino ci ha veramente galvanizzati. Quindi, speriamo che veramente questo si realizzi.
D. – Quali sono oggi i temi, gli aspetti che più stanno a cuore alla Chiesa che è in Torino e soprattutto al suo pastore?
R. – Noi il prossimo anno ci dedicheremo alla Parola di Dio, al Sinodo sulla Parola. I vescovi italiani, poi, hanno completato e riconsegnano ai fedeli la nuova traduzione in italiano della Bibbia. L’anno dopo ci dedicheremo alla “Passio Christi, Passio Hominis”, che sarà il tema dell’Ostensione, quindi sul tema della sofferenza umana, rapportata alla sofferenza di Cristo. Punti nodali che noi oggi abbiamo nella pastorale: famiglie che franano, giovani disorientati, vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa in scarsità e quindi in crisi, in difficoltà numerica. Bisogna allora che noi riscopriamo la fonte della fede che è la Parola di Dio e poi la figura di Cristo, che deve diventare centrale per ogni uomo che sia alla ricerca della verità, del bene, della felicità, dell’amore, di una vita umana degna di essere vissuta.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Tante parole, nessuna soluzione: in prima pagina, un commento di Luca M. Possati sui risultati del vertice della FAO dedicato alla sicurezza alimentare.
Nell'informazione internazionale, un articolo di Francesco Citterich dal titolo "Sul Trattato di Lisbona l'incognita del referendum in Irlanda".
In cultura, la relazione di Enrico dal Covolo - sulle origini della teologia cristiana - al sesto Simposio europeo dei docenti universitari, in svolgimento presso la Pontificia Università Lateranense.
Mentre Gauguin partiva per Tahiti, l'arte sacra cercava (con fatica) nuovi linguaggi: Timothy Verdon illustra la situazione della Chiesa d'inizio Novecento tra colto conservatorismo e propensione al nuovo.
Il dono di Clemente XII ai bizantini di Calabria: Eleuterio F. Fortino su origine e vicende del Pontificio Collegio Corsini dei greco-albanesi.
Delusione per i risultati del Vertice FAO
◊ Otto miliardi di dollari, ma poche e fumose strategie per combattere la fame nel mondo. Si è concluso, ieri a Roma, in tarda serata, il vertice straordinario della FAO dedicato all’emergenza alimentare. Dopo tre giorni di lavori i delegati dei 183 Paesi presenti hanno approvato tra le polemiche il testo della Dichiarazione finale. Delusione dalle Organizzazioni non governative che considerano gli impegni assunti contro la fame insufficienti. Il servizio è di Stefano Leszczynski:
Non è stato un fallimento, ma nessuno ha lasciato il vertice della FAO sull’emergenza alimentare con la sensazione che sia stato un successo. La Dichiarazione finale che contiene le linee guida da seguire nei prossimi due anni per combattere la piaga della fame nel mondo è stata approvata, dopo negoziati estenuanti, solo in tarda serata. Jacques Diouf, direttore generale della FAO ha commentato che si tratta di un primo passo, indicando con soddisfazione gli 8 miliardi di dollari di aiuti promessi dagli enti finanziari internazionali – ONU, Banca Mondiale, Ifad, PAM, Banca di sviluppo africano e Banca islamica di sviluppo - e dai governi, anche se resta ignoto il modo in cui questi soldi verranno impiegati. A rallentare, oltre ogni limite, la chiusura della Conferenza è stata poi l’opposizione di molti Paesi sudamericani come Argentina, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Nicaragua e Cuba. Nello specifico, è stata soprattutto la delegazione di Buenos Aires ad opporsi al paragrafo sulla liberalizzazione dei mercati agricoli al fine di abbassare i prezzi delle derrate alimentari a livello internazionale. L’Argentina chiedeva, in particolare, che fossero criticati anche i sussidi all’agricoltura nei Paesi industrializzati. Nonostante fossero considerati temi centrali della Conferenza, né in materia di biocarburanti, per la cui produzione non è prevista alcuna limitazione dei sussidi, né nella lotta ai cambiamenti climatici, l’accordo alla fine è risultato incisivo. Un documento finale, insomma, che il ministro degli esteri italiano Franco Frattini ha giudicato deludente, rispetto alle aspettative dei primi giorni. Se tuttavia un merito c’è stato, è stato quello di riportare l’attenzione sull’Africa, puntando sullo sviluppo dei piccoli agricoltori. Il continente, infatti, è al centro di quella che è stata battezzata la ‘rivoluzione verde’, un memorandum siglato da dal polo agroalimentare delle Nazioni Unite (FAO, Ifad, PAM) e dall’Agra, l’associazione fondata dall’ex segretario generale dell’ONU, Kofi Annan. Ma anche in questo ambito le perplessità delle Ong sono forti, come ci spiega Mario Giro della Comunità di Sant’Egidio:
R. – Innanzitutto, bisogna prendere la questione come una questione strutturale: ridistribuire in maniera equa la produzione agraria mondiale, rilanciare la produttività e qui entrano in gioco i piccoli contadini, ecc., che però sono un anello molto debole; non bisogna fare su questo della retorica perché essere un piccolo contadino povero individuale in Africa è una situazione molto grave. Quindi bisognerà vedere al G8, a luglio e all’assemblea dell’ONU a settembre, quale sarà la strategia unitaria perché finché si rimane con una pluralità di idee contraddittorie, ancorché concrete, non si riesce ad affrontare il problema in maniera strutturale, in maniera strategica, come si dice.
D. – Qual è la vostra impressione su quello che è stato fatto e detto a questa conferenza a Roma?
R. – Innanzitutto, la conferenza di Roma si è trasformata in questi due mesi, a causa della crisi agroalimentare a cui abbiamo assistito. Inizialmente, si è visto anche dal programma, non erano previsti così tanti capi di Stato: invece l’interesse è stato grande. Si è trasformato in un vero vertice mondiale sulla crisi agroalimentare: molte sono state le idee ma non c’è consenso sulla questione dei biocarburanti, non c’è il consenso sulla questione degli aiuti, in particolare non c’è consenso sulla questione della produzione agroalimentare e sulla produzione africana.
D. – Si è parlato, tuttavia, molto degli aiuti ai singoli contadini, alle famiglie rurali…
R. – E’ molto difficile trovare un programma che metta d’accordo tutti, anche perché sappiamo che la produzione agroalimentare è controllata da alcuni Paesi e si fonda, in particolare, su alcune aree geografiche, come ad esempio il discorso sugli aiuti alimentari lo dimostra, perché molti Paesi hanno detto che per risolvere la questione bisogna che i Paesi che soffrono la fame comprino il surplus. Invece, il problema è quello di rilanciare l’agricoltura là dove è stata sconsideratamente diminuita o scoraggiata come per esempio in Africa.
Doppio attentato nello Sri Lanka. L'arcivescovo di Colombo: una guerra assurda
◊ Infuria la violenza nello Sri Lanka: stamani, una mina innescata a distanza con un telecomando è esplosa al passaggio di un autobus gremito di pendolari a sud della capitale Colombo, causando almeno 22 morti e oltre 50 feriti. E poco fa è arrivata la notizia di un nuovo attentato contro un autobus nel centro del Paese: ci sarebbero almeno due morti. Dall'inizio del conflitto nello Sri Lanka, nel 1983, sono morte nel Paese tra le 60 e le 70 mila persone. Dal 16 gennaio scorso non è più in vigore tra governo e separatisti Tamil la tregua conclusa nel febbraio 2002 sotto il patrocinio della Norvegia. Il cessate il fuoco non è stato rispettato da quando è stato eletto alla fine del 2005 il presidente Mahinda Rajapaksa, un nazionalista fautore del pugno di ferro contro la guerriglia. Il servizio di Maria Grazia Coggiola.
Due giorni dopo l’esplosione di una bomba sui binari di un treno locale, un nuovo sanguinoso attentato ha colpito dei pendolari alla periferia di Colombo. Un autobus affollato di gente, diretta al lavoro, è saltato su una potente mina a frammentazione, nelle prime ore del mattino, nella località di Moratuwa, nei pressi della capitale. Secondo alcuni dei passeggeri sopravvissuti, l’esplosione è stata fortissima ed ha causato il completo ribaltamento del mezzo. Un portavoce dell’esercito ha accusato i ribelli delle Tigri Tamil della strage che fa parte di una lunga scia di attentati che da mesi stanno seminando il terrore a Colombo, nelle zone a maggioranza cingalese. Da quando è ufficialmente saltata la tregua con i ribelli Tamil, all’inizio dell’anno, lo scontro etnico in Sri Lanka è precipitato in un conflitto armato. L’esercito sta cercando di riconquistare, con una massiccia offensiva, le roccaforti delle Tigri Tamil, ancora presenti nel nord dell’isola. I separatisti accusano però il governo di effettuare dei raid con l’uso di mine contro i civili, nelle zone sotto il loro controllo.
Appena una settimana fa Benedetto XVI, ricevendo il nuovo ambasciatore dello Sri Lanka presso la Santa Sede, aveva lanciato un appello per la fine della violenza nel Paese affermando che “gli atti di terrorismo non sono mai giustificabili”. Nello stesso tempo aveva sottolineato che “la lotta contro il terrorismo deve sempre essere svolta con rispetto per i diritti umani” e la legalità. Ma sulla situazione nell’isola ascoltiamo l’arcivescovo di Colombo, mons. Oswald Thomas Colman Gomis, al microfono di Emer McCarthy:
R. – This type of violence is going on...
Questo tipo di violenza sta purtroppo andando avanti e con atti totalmente assurdi. Tutti quelli che vengono uccisi sono civili e non hanno niente a che fare con questa guerra: sono solo persone che vivono nello Sri Lanka. Non riesco proprio a capire perché adottino questa strategia causando solo distruzione e uccidendo persone innocenti. D’altra parte sono contento che il Santo Padre abbia lanciato un appello per la fine della violenza.
D. – Il Papa nel suo discorso al nuovo ambasciatore srilankese ha parlato anche delle tante persone scomparse, come padre Jimbrown e il suo assistente, spariti nel nulla da due anni, invitando le autorità di Colombo a risolvere questi casi...
R. – Yes, many of those we’ve still …
Sì, per molti di loro non siamo ancora riusciti a sapere nulla. Ci sono anche delle Commissioni incaricate ma finora ci sono stati pochi progressi nelle indagini. Credo che le ricerche dovrebbero essere più serie: se così non sarà, le istituzioni del Paese diventeranno davvero desolanti.
D. – Qual è la posizione dei vescovi srilankesi sulla situazione che sta vivendo il Paese?
R. – We have very clearly...
Noi abbiamo chiaramente detto che siamo per una soluzione politica. E abbiamo sottolineato tre punti: primo, che questo è un solo Paese e non deve essere diviso. Secondo, che ogni cittadino del Paese deve avere uguali diritti. Terzo, che la soluzione al problema che stiamo affrontando oggi non è la guerra, ma una soluzione politica basata sulla giustizia e sull’uguaglianza. Io spero che queste proposte vengano prese in seria considerazione dal governo dello Sri Lanka. Da parte nostra invitiamo tutti a pregare per questo Paese perché ciò che è impossibile all’uomo è possibile a Dio. Questo è il mio appello finale.
Concluso a Roma l'incontro internazionale per la lotta delle religiose contro la tratta
◊ Si è concluso oggi a Roma l’incontro promosso dall’Unione internazionale superiore generali e dall’OIM, l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, con l’obiettivo di creare una rete internazionale di religiose per combattere la tratta degli esseri umani, che coinvolge circa 800 mila persone nel mondo, per lo più donne. Oltre 30 le Congregazioni religiose che hanno partecipato all’evento in rappresentanza di un grandissimo fronte di suore già impegnate nella lotta contro questo turpe fenomeno. Fabio Colagrande ha intervistato suor Bernadette Sangma, salesiana e coordinatrice del convegno, e Stefano Volpicelli, coordinatore dell’incontro per l’OIM. A suor Sangma ha chiesto se, condotta in rete, la lotta contro la tratta abbia maggiori possibilità di successo:
R. – Sì, perchè ci rendiamo conto di trovarci in una posizione molto strategica. E questo perchè quando si parla di tratta - di donne e di bambini, ma ormai anche di uomini – risultano coinvolte tre tipi di nazioni: le nazioni di origine, le nazioni di transizione e le nazioni di destinazione. Guardandoci intorno, laddove siamo presenti, ci siamo resi conto che avremmo potuto coprire tutte e tre questi tipi di nazioni. Ci siamo anche rese conto che se ci fossimo uniti in una rete, avremmo potuto - da una nazione di origine ad una nazione di destinazione – rendere possibile una collaborazione per cercare di salvare queste donne da questa schiavitù, da questa esperienza disumanizzante.
D. – Volpicelli, nella lotta contro il traffico di esseri umani che voi dell’OIM portate aventi, è importante tener conto delle diversi legislazioni nazionali che riguardo l’immigrazione...
R. – Sì, soprattutto perchè è come se fosse un cane che si morde la coda, nel senso che le politiche migratorie restrittive aumentano la tratta, la facilitano, perchè è ovvio che non esistendo la possibilità legale di spostarsi in forma sicura da un Paese all’altro, anche soltanto per cercare un lavoro, è anche chiaro che chi vuole muoversi cercherà e poi troverà anche delle soluzioni alternative. Questo purtroppo rappresenta un tema molto delicato, perchè bisogna coniugare diversi interessi. E’ vera e necessaria la protezione e la sicurezza nei nostri Paesi, ma anche la dignità e la possibilità di riscatto e di sviluppo per coloro che arrivano da Paesi più arretrati dal nostro.
D. – Voi dell’OIM quale contributo potere dare alle Congregazioni religiose femminili lotta contro la tratta?
R. – In realtà non è tanto l’OIM che dà e l’UISM che riceve o viceversa. La cosa bella che noi stiamo sperimentando tuttora è proprio questa comunione di interessi nella consapevolezza e nel rispetto delle reciproche differenze. Significa quindi sviluppare linguaggi nuovi, significa mettersi in discussione come organizzazioni, significa aprirsi. Questo banalmente si traduce in una ricchezza non solo interpretativa del fenomeno, ma anche in una ricchezza di possibili sinergie e collaborazioni operative. Il valore aggiunto è questo mix di spiritualità e di professionale: perchè non è che il laico è professionale e il religioso è spirituale, ma sono differenti sensibilità spiritualità e differenti modalità operative professionali che vengono mischiate insieme. Il risultato è efficace: riusciamo a dare visibilità a chi vive nell’invisibilità.
Si chiude oggi a Rovereto il Concorso internazionale di composizione "Strumenti di pace"
◊ Si tiene questa sera a Rovereto, all’ombra della storica Campana dei Caduti, il Concerto finale del Concorso Internazionale di Composizione “Strumenti di Pace”. Gustav Kuhn dirige il brano vincitore, scritto da una giovane musicista siciliana, Virginia Guastella, che ha interpretato con le sue note tre testi sulla pace tratti dall’Antico Testamento, dal Vangelo e dal Corano. Il servizio di Luca Pellegrini:
Le parole della Bibbia e del Corano rafforzate dalla suggestione e dalla forza della musica per diventare così inno universale alla pace e al dialogo. Vincitrice del Concorso “Strumenti di Pace” è risultata Virginia Guastella e l’esecuzione in prima assoluta del suo brano, Pax Virginis, sarà questa sera affiancato ad una composizione di Giorgio Battistelli, Angeli, anche presidente della Giuria del Concorso, e a musiche di Beethoven e Schubert. Un linguaggio complesso, quello della musicista, ma che riesce a cogliere – e sono le parole del direttore artistico del Concorso Marcello Filotei –, l’essenza dei testi prescelti, riletti con l’originalità dell’artista contemporaneo. Alla pace e alla giustizia inneggia, infatti, il Salmo 72; veri figli di Dio chiama Gesù tutti gli operatori di pace; la pace conforta i perseveranti, leggiamo in una Sura del Corano. Abbiamo chiesto alla compositrice come questi diversi testi l’hanno ispirata:
“Anzitutto la possibilità, pur essendo tre fonti testuali diverse, di poterle unire concettualmente e, quindi, rintracciare i tratti comuni sia in relazione con una sfera intima del vivere il senso della pace, sia il senso di azione che comunque si cela dietro al raggiungimento di un obiettivo che ci si prefissa ed appunto il raggiungimento della pace”.
Con quale ideale artistico e morale ha tradotto in musica e canto questi testi sacri?
“In realtà il mio obiettivo, anche attraverso il linguaggio musicale, era quello di unire queste tre fonti e di farlo attraverso anche l’uso di immagini e cioè di parole utilizzate come immagini e soprattutto come immagini sonore. Il pubblico potrà così ascoltare una orchestra trattata anche in maniera cameristica, con la scelta per la parte vocale di isolare alcune parole e ripeterle, quasi per conferire loro un significato ancora più immediato, fino ad un crescendo orchestrale che ripropone l’immagine del tuono, il senso dell’azione e quindi della perseveranza in riferimento proprio alla beatitudine dal Nuovo Testamento”.
Pax Virginis: un titolo che spinge l’ascoltatore ad elaborare quale sentimento, quale messaggio?
“Sicuramente la purezza di un dialogo tra qualsiasi forma di credenza religiosa e sicuramente in un tessuto che esclude la violenza, che esclude l’utilizzo di mezzi violenti per perseguire la pace. Quindi un messaggio di pace in senso assolutamente – come suggerisce il titolo – vergine, quindi pulito, quindi puro”.
Cina: dalle zone terremotate la gratitudine per il sostegno del Papa e della comunità cattolica internazionale
◊ La popolazione della zona terremotata cinese è molto grata per la preghiera e la donazione personale del Papa e per tutti gli impegni assunti dalla comunità cattolica internazionale in questo tragico evento. Le autorità locali cinesi - scrive l'Agenzia Fides - hanno espresso la loro gratitudine durante una riunione per il resoconto dei danni subiti dalla comunità cattolica e nel corso di una conferenza stampa svoltasi ieri. Ben sei vescovi diocesani, diversi sacerdoti, il responsabile di Jinde Charities e della Caritas Tedesca, alcuni volontari, hanno preso parte alla riunione intervenendo direttamente. Il responsabile di Jinde Charities ha detto ai giornalisti che “il Santo Padre Benedetto XVI ha subito lanciato l’appello alla comunità internazionale e alla preghiera per la popolazione colpita. Inoltre ha subito dato la sua prima personale donazione per i soccorsi”. Jinde Charities e la Caritas tedesca, insieme ad altri 8 paesi (Austria, Belgio, Corea, Francia, Lussemburgo, Polonia, Spagna e Svizzera) continuano il loro aiuto alla popolazione, stipulando un contratto con la contea dell’epicentro del sisma, Wen Chuan: la comunità cattolica prende l'impegno di offrire riso ed olio da cucina alla popolazione locale. Sei vescovi hanno già visitato diverse zone terremotate, le religiose cattoliche sono impegnate e continuano a lavorare in mezzo alla gente disperata, per assicurare l'assistenza sanitaria, psicologica e morale. Secondo una prima statistica elaborata durante la riunione, i danni causati dal terremoto alle chiese e ai tempi buddisti sono pari a circa 1 miliardo e 100 milioni di Yuan (110 milioni di euro). (R.P.)
Myanmar: primi bilanci sulle conseguenze del ciclone Nargis
◊ Primi bilanci sulle tragiche conseguenze del ciclone Nargis che poco più di un mese fa ha devastato il Myanmar. Le Nazioni Unite stimano che ne abbiano risentito pesantemente 2,4 milioni di persone, di cui 1,4 milioni nelle zone del delta dell’ Ayeyarwardy. Il governo calcola che abbiano perso la vita 77 000 persone, mentre l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli aiuti umanitari (Ocha) parla di oltre 100mila vittime. I dispersi sarebbero oltre 55mila, mentre il numero ufficiale di feriti è vicino ai 19 400. Secondo le informazioni diffuse dall’Ufficio Internazionale del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS), l’Ocha ha reso noto una stima preliminare, aggiornata al 22 maggio, di 110 000 persone che vivono in insediamenti temporanei in 14 diverse località. Il 70% circa degli sfollati hanno trovato ricovero presso monasteri, il 28% in edifici pubblici e il 2% in tendopoli. Da parte sua, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati calcola che ci siano un milione di senzatetto. L’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia stima invece in un milione i bambini che necessitano di urgente assistenza e protezione. Mentre le organizzazioni umanitarie internazionali hanno avuto accesso limitato alle zone colpite dal ciclone - riferisce l'Agenzia Fides - lo staff in loco ha condotto operazioni di soccorso sul campo. Attraverso la rete della Caritas, la Chiesa ha sostenuto con donazioni la popolazione del Myanmar, consentendo loro di distribuire generi alimentari e assistenza medica nelle zone colpite. Viene anche monitorata la situazione lungo il confine, senza che siano però riportati movimenti inusuali di attraversamento della frontiera. È cosa nota infatti che nella regione colpita dal ciclone si trovino numerosi gruppi etnici di minoranza. La Chiesa locale ha esortato il Governo birmano a rispondere senza pregiudiziali alle necessità di tutte le persone colpite e ad aiutarle a ricostruire le proprie esistenze il più velocemente possibile, se necessario con l’aiuto internazionale. (R.P.)
Allerta della Caritas Internationalis per gli aiuti alla popolazione afgana che restano vincolati
◊ In vista della Conferenza internazionale sull’Afghanistan che la Francia ospiterà il prossimo 12 giugno, Caritas Internationalis ha lanciato un appello affinché la lotta alla povertà e la giustizia sociale diventino le priorità della comunità internazionale. L’organismo infatti denuncia il mancato arrivo degli aiuti destinati alla popolazione che avrebbero dovuto supportare la nascita delle nuove istituzioni statali. “Aiuti – riferisce la confederazione di 162 realtà cattoliche - meno efficienti e meno effettivi”. Stando a quanto riporta l’agenzia Sir, “molti dei fondi che passano attraverso il governo si fermano a Kabul e somme consistenti internazionali vanno a profitti corporativi o ad onerosi consulenti stranieri”. Inoltre “i donatori vincolano gli aiuti in modo tale che una percentuale sia destinata all’importazione di lavoro e materiali, molto spesso verso i loro Paesi”. Un rapporto del 2006 sosteneva che in Afghanistan la metà degli aiuti è vincolata, in più le spese militari nel Paese, ad esempio quelle americane, sono 14 volte superiori al totale delle spese quotidiane per lo sviluppo. “Per le comunità afghane – sottolinea Caritas internationalis – le promesse e gli aiuti così tanto pubblicizzati hanno creato grandi aspettative. I fallimenti di fronte a queste attese, la percezione della corruzione e il fatto che le strategie di sviluppo siano centrate sulle agende politiche, hanno creato frustrazione e risentimento nelle comunità di tutto il Paese”. (B.C.)
Vescovi europei preoccupati per il primo via libera alla direttiva UE sui rimpatri
◊ Molta preoccupazione. Così i vescovi della COMECE, la Conferenza degli Episcopali della Comunità Europea, hanno reagito ad un primo via libera da parte dei ministri degli Interni dell’Unione, del progetto di direttiva sui rimpatri. Già nei giorni scorsi avevano espresso perplessità sulla norma che intende armonizzare a livello europeo le pratiche per il rimpatrio dei migranti illegali e che prevede, tra l’altro, la possibilità di detenere un immigrato clandestino fino a 18 mesi in appositi centri, in caso di rischio di fuga, di non collaborazione nel rimpatrio e nel caso in cui non siano disponibili i suoi documenti. La direttiva prevede anche il divieto di reingresso nei Paesi membri per un massimo di cinque anni per chi è colpito dal provvedimento di rimpatrio. Punti che hanno sollevato le perplessità della COMECE, che sempre nella nota, ha chiesto al Parlamento UE di limitare “l'uso della detenzione amministrativa e il divieto di riammissione a circostanze eccezionali”. I vescovi vorrebbero anche che fosse garantito "un periodo minimo di 30 giorni per il rimpatrio volontario". Non è la prima volta che la COMECE si esprime sulla direttiva, già lo scorso 30 maggio il presidente della Conferenza, Van Luyn, con altri rappresentanti delle Chiese e delle organizzazioni cristiane, avevano inviato una lettera ai membri del parlamento per esprimere la loro preoccupazione sul compromesso raggiunto. "Una soluzione – si leggeva - che non tiene conto della situazione di molti immigrati" mentre le Chiese, pur comprendendo le preoccupazioni dei governi chiedono che "sia rispettata la dignità di ogni essere umano". Intanto anche il fronte politico si divide, bisognerà però attendere il 18 giugno per capire gli orientamenti in occasione del voto della plenaria dell'Europarlamento. (A cura di Benedetta Capelli)
Rapporto 2007 della Caritas: in Italia serve unire la solidarietà e la sicurezza
◊ Settantotto pagine nelle quali si elencano in dettaglio tutti i campi di intervento di Caritas italiana in particolare i percorsi di formazione, studio e documentazione. E’ il rapporto presentato ieri, come ricorda l’agenzia Sir, che riassume le tante azioni realizzate per “servire le Chiese locali e i territori - spiega mons. Vittorio Nozza, direttore di Caritas Italiana- sostenendo le Caritas diocesane perché possano aiutare le parrocchie ad assumere un volto sempre più missionario e i territori a crescere nella costante promozione del bene comune”. Il rapporto fotografa anche lo stato della penisola. Per mons. Francesco Montenegro, vescovo di Messina-Lipari-S.Maria del Mela e presidente della Caritas lo scorso anno, l’Italia ha avuto a cuore due questioni: la sicurezza e la solidarietà. Il presule ha sottolineato che “senza la sicurezza la nostra società regredisce, si riempie di istinti negativi, si colora di facili paure”. “Senza la solidarietà – continua ancora mons. Montenegro - l’Italia si inaridisce, perde il senso dell’accoglienza. Per unire solidarietà e sicurezza bisogna avere due volte coraggio: il coraggio di tutelare sempre la vita e la sicurezza di tutti, il coraggio di praticare la solidarietà in ogni momento”. Riguardo all’impegno finanziario, il documento elenca nel dettaglio i fondi utilizzati nel 2007 per ambito di intervento: 9.667.377,02 euro per attività in Italia, soprattutto per progetti sociali ma anche per promozione, formazione ed animazione; all’estero sono stati destinati 10.276.925,95 euro, tra cui il 55% è andato in Asia ed Oceania a causa delle varie emergenze, il 23% in Africa, l’8% in Europa, il 6% in Medio Oriente/Nord Africa, il 5% in America Latina. (B.C.)
Mons. Sako chiede di salvare il patrimonio cristiano dell'Iraq
◊ E’ forte l’appello che mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk, lancia alle istituzioni ed in particolare all’Unesco. Su un articolo pubblicato da Asianews, il presule riflette sull’esodo che sta svuotando l’Iraq della “millenaria presenza cristiana” e che potrebbe cancellare il ricco patrimonio culturale del Paese. Un’eredità che il mondo rischia di perdere. “Cosa sarà di chiese e monasteri antichissimi – si chiede mons. Sako - come la chiesa di Koche alla periferia di Baghdad, Tahira, Mar Isaiyia, Miskenta, san Tommaso, Marhudeini, il monastero San Michele a Mosul e la chiesa rossa di Kirkuk, tutte risalenti tra il V e il VII sec. d.C.?” A rischio anche manoscritti rarissimi e l’aramaico, “lingua sconosciuta al resto del mondo - scrive l’arcivescovo di Kirkuk - se verranno meno coloro che da sempre ne garantiscono la vita e la conservazione”. Da qui l’appello per salvare questi beni con l’aiuto della comunità internazionale, l’Unesco in particolare, dall’incuria in cui ora versano a causa dell’insicurezza e dalla eventuale distruzione se colpite da operazioni militari. Mons. Sako propone inoltre “l’istituzione di un museo cristiano che possa raccogliere tutti i beni che nel corso della storia si sono sedimentati nella nostra terra”. La tradizione cristiana in Iraq è antichissima, risale al primo secolo dopo Cristo quando S. Tommaso apostolo evangelizzò il Paese. Una presenza poi cresciuta e sviluppatasi fino al culmine raggiunto nel IV secolo, quando la Chiesa di Mesopotamia si propose come Chiesa missionaria, spingendosi fino in India e in Cina. Anche dopo la conquista islamica i cristiani hanno contribuito in modo attivo allo sviluppo culturale arabo con l’insegnamento delle lettere, filosofia, astronomia, fisica matematica e medicina. Fin dall’inizio i cristiani si sono fusi con le altre realtà etniche e religiose – curdi, turcomanni e yezidi - hanno sempre difeso l’integrità del Paese in modo coraggioso insieme ai loro fratelli musulmani. “Testimoniano lealtà, fedeltà, onestà e la volontà di vivere in pace e fratellanza con gli altri – scrive l’arcivescovo di Kirkuk - per 14 secoli hanno vissuto insieme nel contesto della cultura islamica nel rispetto reciproco”. (B.C.)
Dialogo tra religioni e culture diverse al centro della conferenza di esponenti islamici alla Mecca
◊ Una conferenza per chiarire cosa “vuol dire dialogare con gente di altre religioni, altre culture e altre civiltà”. E’ quanto ha dichiarato il segretario della Lega islamica mondiale, Abdullah Abdul Muhsin al-Turki, nel corso dei lavori di studiosi musulmani per il dialogo tra le religioni, le culture e le civiltà che si è aperta nei giorni scorsi alla Mecca. “Dialogare - ha proseguito - significa anche dialogare tra noi”. “E’ un modo per conoscersi, una forma di convivialità nella condivisione degli interessi tra le nazioni. – ha detto Abdul Aziz Ben Mohamed al-Cheikh, grande mufti dell’Arabia Saudita - Le differenze tra le persone fanno parte della loro natura, delle loro usanze e dei loro costumi, dei loro linguaggi, di mentalità, e queste diversità sono ammesse e riconosciute dal Corano”. Nel corso della conferenza, come riporta l’agenzia Misna, è intervenuto anche il re saudita Abdullah Bin Abdel Aziz che ha difeso il suo progetto di dialogo tra Islam, Cristianesimo ed Ebraismo. Un’iniziativa che ha lo scopo di diffondere una giusta visione della sua religione per correggere il tiro dalle immagini distorte legate soprattutto al terrorismo internazionale. Il sovrano, parlando ad un’assemblea di circa 500 persone, ha condannato ogni forma di estremismo tra fedeli della stessa fede islamica. Grande consenso intorno al progetto del re saudita è venuto dei capi musulmani degli altri Paesi e un’accoglienza favorevole, ricorda la MISNA, è giunta anche da parte del grande rabbinato d’Israele e da esponenti cristiani. (B.C.)
Mons. Sarraf: le violenze contro i copti in Egitto non hanno moventi religiosi
◊ “Le recenti violenze ai danni di cristiani copti, per quello che sappiamo, non sono riconducibili a motivi confessionali o religiosi ma sono degli episodi di criminalità ordinaria”. Mons. Giuseppe Sarraf, vescovo del Cairo dei caldei, getta acqua sul fuoco delle polemiche, sorte dopo che nei giorni scorsi un orafo cristiano al Cairo è stato ucciso con tre commessi nel suo negozio, un altro orafo ad Alessandria ferito e rapinato e tre monaci del monastero di Deir Abu Fana malmenati da alcuni vicini per una controversia legata alla costruzione di un muro del monastero. “Non ci sono prove che possano far pensare ad una violenza religiosa – dice al Sir il vescovo – anche se non si conoscono ancora i motivi di questi atti esecrabili. Ad Alessandria, tuttavia, hanno già arrestato gli autori della rapina. La vicinanza temporale di questi fatti ha fatto pensare a ragioni confessionali”. “Va detto – aggiunge il vescovo – che le relazioni tra cristiani e musulmani in Egitto sono cordiali. Il governo egiziano vigila per evitare l’infiltrazione nel Paese di elementi estremisti che potrebbero manipolare gli strati più deboli e poveri della popolazione innescando pericolosi conflitti interni difficili poi da sradicare. Infiltrazioni ci sono, inutile negarlo, ma il controllo è continuo e anche noi dobbiamo vigilare”. (A.M.)
E’ dedicato alla crisi del settore agricolo l’ultimo documento della Conferenza episcopale argentina
◊ A fronte della grave crisi che sta investendo il settore rurale argentino, la Conferenza episcopale del Paese ha prodotto un documento dal titolo “La nazione richiede gesti di grandezza”, pubblicato al termine della riunione straordinaria della Commissione Permanente. E’ in corso, infatti, un vero e proprio braccio di ferro tra il governo di Cristina Kirchner e i produttori che protestano per l’aumento delle tasse di esportazione. Una situazione che ha provocato scioperi e blocchi e che ha di fatto fermato la produzione nel Paese. I vescovi, pertanto, hanno sentito la necessità di rivolgersi alle parti ed hanno invitato a prendere coscienza di quanto sta accadendo. “Situazioni come quella che stiamo vivendo ci debilitano come comunità, ci isolano dal mondo e, in definitiva, provocano gravi conseguenze sui più poveri” affermano i vescovi nel documento riportato dall’agenzia Fides. “La persistenza del conflitto e l’apparente impossibilità di risolverlo - aggiungono - costituiscono un segno di debolezza istituzionale”. Così la Conferenza episcopale argentina invita a “gesti di grandezza ed un impegno ancora più convinto da parte delle istituzioni della Repubblica”. In tal senso, i presuli ricordano alle autorità il loro dovere di trovare una soluzione “come principali responsabili del bene comune, in accordo con le funzioni attribuite a ciascuno di loro dalla Costituzione nazionale”. Inoltre fanno riferimento alla Dottrina Sociale della Chiesa per ricordare alle istituzioni che non bisogna sottovalutare “la dimensione morale della rappresentanza politica, che consiste nell’impegno a condividere il destino del Paese e nel cercare soluzioni ai problemi sociali”. Per questo rivolgono un appello al governo nazionale affinché convochi con urgenza un dibattito trasparente e costruttivo, mentre ai settori in conflitto chiedono di rivedere le strategie della protesta. Un impegno forte e perseverante per la giustizia e la solidarietà è la richiesta dei vescovi perché sono molti i fratelli poveri ed emarginati. Infine un invito a tutti per accompagnare con la preghiera il cammino delle autorità, dei dirigenti e dei diversi settori della società civile. (B.C.)
Perù: iniziata la ricostruzione delle chiese distrutte dal sisma del 2007
◊ È trascorso quasi un anno da quando, nella notte del 15 agosto 2007, il Perù fu colpito da un violentissimo sisma che sfiorò l’8° grado della scala Richter. Le vittime furono più di 500, mentre il conteggio dei feriti arrivò a 2mila. La più danneggiata fu la zona di Ica, a sud del Paese, in cui il sisma provocò il crollo della Chiesa del Señor de Luren, proprio mentre si stava celebrando una funzione religiosa. Ed oggi, a circa 365 giorni di distanza, la diocesi di Ica ha avviato i lavori di ricostruzione dei luoghi di culto distrutti. A dare l’annuncio è stato il responsabile della Comunicazione della diocesi, padre Edmundo Hérnandez Aparcana: “Stiamo costruendo alcune cappelle provvisorie per la cura spirituale dei nostri fedeli. – ha detto – Molte Chiese sono comunque monumenti storici e quindi il loro restauro avverrà in tempi molto rapidi”. Oltre al Santuario del Señor de Luren, saranno ricostruite le Chiese di San Clemente, della Vergine delle Nevi e la Cappella di Santa Maria del Soccorso. A dirigere i lavori sarà il vescovo di Ica, mons. Héctor Vera Colona. (I.P.)
Terra Santa e mass media al centro della 280.ma assemblea dei vescovi svizzeri
◊ È stata l’Abbazia benedettina di Einsiedeln ad ospitare, dal 2 al 4 giugno, la 280° assemblea ordinaria della Conferenza episcopale svizzera (CES). Due i principali temi trattati dai presuli: la pace in Terra Santa e il lavoro della Chiesa nei mass media. Riguardo al primo punto, i vescovi hanno tracciato un bilancio del loro primo pellegrinaggio comune a Gerusalemme, svoltosi dal 1° al 7 marzo scorso. Particolarmente colpiti dalla situazione di disagio dei cristiani del luogo, i presuli svizzeri hanno scritto una lettera pastorale ai propri fedeli, lanciando un appello per i cristiani in Terra Santa. In particolare, i presuli hanno sottolineato l’importanza del “Caritas Baby-Hospital” di Betlemme, punto di raccolta e sostegno non solo per i pellegrini, ma anche per i fedeli locali. Inoltre, in accordo con i rappresentati di diverse organizzazioni ecclesiali (come il Consiglio Ecumenico delle Chiese, l’Alleanza luterana mondiale, la Federazione delle Chiese protestanti della Svizzera, alcune diocesi ortodosse), la CES ha auspicato che, in futuro, Gerusalemme diventi una ‘città aperta’, con due popoli e tre religioni. Quanto al lavoro della Chiesa nei mass media, i vescovi svizzeri hanno adottato una dichiarazione sulle priorità pastorali in quest’ambito, ribadendo la necessità di sviluppare l’attività della Chiesa nel mondo dell’informazione, cercando allo stesso tempo una qualità più professionale. La CES ha inoltre designato un gruppo di lavoro che esamini il rapporto stilato dall’esperto di comunicazione Jean-Paul Rüttimann, in cui vengono analizzati “i flussi dell’informazione della Chiesa cattolica nella Svizzera Romanda”. Il documento segue quello realizzato lo scorso anno sulla Svizzera tedesca e precede quello che verrà presto completato sulla Svizzera italiana. Nel corso dell’assemblea, la CES ha messo a punto anche i preparativi per la canonizzazione della Beata Suor Maria Bernarda Bütler (Verena), fondatrice della Congregazione delle Suore Francescane Missionarie di Maria Ausiliatrice, che verrà proclamata Santa il prossimo 12 ottobre. Per l’occasione, le diocesi di Bâle e Saint Gall organizzeranno un pellegrinaggio a Roma, mentre numerose celebrazioni sono in programma per il 19 ottobre ad Au, luogo di nascita della Beata, e per il 19 novembre ad Altstätten, presso il convento di Maria Hilf, in cui Suor Maria Bernarda entrò nel 1867. Infine, i vescovi svizzeri hanno onorato la memoria di Padre Théodose Florentini, di cui quest’anno ricorre il bicentenario dalla nascita. Nato nel 1808, questo religioso è una figura particolarmente rilevante per la Chiesa svizzera: fu grazie a lui, infatti, che nel 1863 si tenne la prima Conferenza episcopale locale. Al suo nome è legata anche la fondazione di due comunità religiose femminili: le sorelle della Santa Croce di Menzingen e le Sorelle della Santa Croce di Ingenbohl. (I.P.)
Nel pomeriggio in Austria una funzione per benedire la zona dedicata ai tifosi giunti per l’Europeo
◊ Clima di attesa in Austria e Svizzera dove domani inizieranno gli Europei di calcio. Nel pomeriggio alle 18, si terrà una celebrazione ecumenica a Klagenfurt alla quale seguirà l’inaugurazione della zona dedicata ai tifosi giunti per il campionato europeo. “Sarai una benedizione”: questo il motto della funzione presieduta dal vescovo della diocesi della Carinzia, mons. Alois Schwarz e dal sovrintendente evangelico Manfred Sauer. Sono numerose le manifestazioni in programma durante questo periodo, come riporta l’agenzia Sir. Tra le iniziative quella del 10 giugno presso il Duomo di Klagenfurt dove è prevista la celebrazione di una messa in tre lingue – polacco, croato e tedesco – per i tifosi che assisteranno alle partite delle rispettive nazionali. Tifosi che potranno anche ricevere sms con “spunti di riflessione”: passi della Bibbia, affermazioni di pontefici, filosofi, ma anche di giocatori e allenatori. Per accedere al servizio ci si può iscrivere sul sito www.kirche08.at. (B.C.)
Rilanciata la campagna “Cartellino rosso alla prostituzione coatta” in vista degli Europei di calcio
◊ Marcia di avvicinamento ai campionati europei di calcio che si svolgono in Austria e Svizzera. Per l’occasione, la commissione dei diritti delle donne del parlamento europeo, presieduta dall’eurodeputata slovacca Anna Zaborska, ha presentato un’interrogazione per ricordare il dramma della prostituzione forzata e la tratta delle donne, fenomeni definiti “forme di violenza inaccettabili”. Un appello a vigilare era già stato lanciato in occasione dei mondiali di Germania 2006 e anche stavolta non si vuole sottovalutare il problema. Come riporta l’agenzia Sir, nessuno intendere lanciare accuse ai due Paesi ma “si tratta di difendere delle persone che subiranno violenza e sfruttamento”. Non ci sono dati precisi ma, secondo le associazioni che si occupano del fenomeno, saranno migliaia le ragazze, soprattutto dell’est europeo, avviate alla prostituzione nelle città che ospiteranno le partite di calcio. L’Unione Europea ha uno specifico “piano d’azione comunitario” per contrastare il problema ma sia la Zaborska, che le sue colleghe: l’austriaca Christa Prets e la tedesca Lissy Groner, hanno chiesto a Bruxelles iniziative specifiche per sensibilizzare i cittadini e per “incoraggiare la cooperazione transfrontaliera di polizia”. Le europarlamentari Zaborska, Prets e Groner hanno rilanciato inoltre la campagna “Cartellino rosso alla prostituzione coatta”, avviata nel 2006 e definita “un grande successo”, avendo fornito “un contributo positivo alla riduzione sia della tratta di donne, sia della prostituzione coatta durante i campionati” di calcio che si erano svolti in Germania. (B.C.)
A Roma il VI Simposio europeo dei docenti universitari
◊ In attesa dell’incontro con Benedetto XVI, che si terrà domani, i lavori del VI Simposio europeo dei docenti universitari, in corso a Roma, sono proseguiti questa mattina per aree tematiche. In pratica l’esplorazione dei possibili rapporti della filosofia con scienza, religione, l’antropologia e la società. Una riflessione a più voci che coinvolge 65 relatori e centinaia di docenti universitari, giunti nella capitale da tutto il continente. Il tema è uno dei più importanti del pontificato di Papa Ratzinger: allargare gli orizzonti della razionalità. E già ieri, nella sessione inaugurale, il cardinale Camillo Ruini ne ha sottolineato la centralità per la cultura contemporanea. “Bisogna difendere l’onore della scienza, in quanto attività conoscitiva, dai tentativi di ridurla ad un’impresa di propaganda del materialismo e dell’ateismo - ha detto il Vicario di Roma- la filosofia, ed anche la teologia, non possono porsi, credibilmente, l’obiettivo di allargare gli spazi della razionalità se non si impegnano in un dialogo approfondito con le scienze oltre che con le religioni, l’antropologia e la società, ha aggiunto”. Di qui il suo appello ad una nuova stagione di dialogo della ragione e della libertà con il cristianesimo. E’ del resto, quello che si propone il Simposio che, dopo l’udienza del Papa, vivrà, domenica, la sua giornata conclusiva e terminerà con la messa presieduta da mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura. (A cura di Mimmo Muolo)
Inghilterra: il cardinale O'Connor inaugura la "Big Hope Conference" di Liverpool
◊ “Integrità, complessità e bene comune”: sono state queste le linee-guida del discorso con cui il card. Cormac Murphy O’Connor, presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, ha inaugurato ieri la “Big Hope Conference” di Liverpool. L’evento – un vero e proprio congresso mondiale di giovani di ogni fede e cultura – è in programma fino all’11 giugno e rientra nell’ambito delle celebrazioni per la città di Liverpool, quest’anno designata “Capitale europea della cultura”. Nel suo discorso, tenutosi nella Cattedrale del Cristo Re, il card. O’Connor ha sottolineato l’importanza della comunità, del dialogo e della vita spirituale per ogni persona, definendoli “esperienze cruciali per la crescita dell’umanità”. Partendo dal concetto di ‘comunità’, il porporato ha ribadito che “i giovani hanno bisogno di sapere che sono amati, che qualcuno presta loro attenzione. Nella comunità, essi possono scoprire un luogo di salvezza, di perdono, insieme all’opportunità di un nuovo inizio”. Parlando poi del dialogo, il presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles ha sottolineato l’importanza della tolleranza: “Se noi viviamo cercando la vera speranza nelle società democratiche pluralistiche – ha detto – dobbiamo allora riconoscere che non tutte le persone condividono i nostri punti di vista o le nostre più profonde convinzioni”. Ciò non significa, però ‘relativismo’, ha continuato il porporato, perché “noi possiamo riconoscere le differenze fra le persone, senza dire che ciò che differenzia noi sia privo di importanza. E questo accade perché noi abbiamo bisogno, nella nostra società, dello spazio per un giusto dialogo, in cui a nessuno sia impedito di esprimere le proprie convinzioni semplicemente per adeguarsi all’idea di ‘politically correct’ che qualcuno ha”. Secondo il porporato, invece, “il vero dialogo rispetta l’integrità di ciascuno. Le persone veramente forti non temono i punti di vista degli altri, ma permettono a gente con idee radicalmente diverse di parlare liberamente. Anzi: sono felici di ascoltare cosa gli altri hanno da dire”. Infine, parlando della necessità di una vita spirituale, in particolare per i giovani, il card. O’Connor ha citato la Regola benedettina del silenzio: “Non è facile per i giovani restare in silenzio – ha detto – in un mondo bombardato da rumori e da immagini in continuo cambiamento”. Di fronte al sovraccarico di informazioni, ha aggiunto, si può restare in equilibrio decidendo cosa deve essere ignorato e cosa va, invece, preso in considerazione: “In questo modo – ha concluso il card. O’Connor – il silenzio diventa una disciplina. Non è facile da imparare, ma da esso si può ottenere un aiuto per discernere ciò che ha senso da ciò che non lo ha, il bene dal male, cosa è superfluo e cosa è veritiero”. (I.P.)
Tradotto in giapponese “Il senso religioso” di don Giussani
◊ Sarà presentato il prossimo 11 giugno presso l’istituto di cultura di Tokyo il volume “Il senso religioso”, per la prima volta tradotto in giapponese, come si legge sull’Osservatore Romano. Si tratta del libro più famoso e diffuso di don Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, scomparso nel febbraio del 2005. “Questa nuova traduzione – spiegano i responsabili di CL - si rivolge al pubblico dei lettori in lingua giapponese affinché possano conoscere più facilmente il contenuto della proposta di don Giussani e le parole fondamentali che la descrivono”. “Il senso religioso” è già stato tradotto in 18 lingue ed è il primo dei tre volumi che fanno parte del “PerCorso”, composto da “All’origine della pretesa cristiana” e “Perché la Chiesa”. Pubblicazioni nei quali si ripercorre l’itinerario spirituale e l’esperienza di Don Giussani e dirette a persone di ogni cultura e tradizione. Alla presentazione a Tokyo parteciperanno mons. Giuseppe Pittau della Sophia University di Tokyo, don Ambrogio Pisoni responsabile di CL per l’Asia e Shodo Habukawa, docente all’università del Monte Koya e responsabile del tempio buddista Muryokoin. (B.C.)
Ancora episodi di violenza nella Striscia di Gaza
◊ Un militante dell'ala armata di Hamas è stato ucciso dall'esercito israeliano nel corso di un'incursione all'alba di oggi, a est della città di Gaza. In precedenza, nella notte, almeno dieci palestinesi erano rimasti feriti in un raid aereo israeliano contro un posto di polizia di Hamas a Beit Lahiya, nel nord della striscia di Gaza. In mattinata, invece, tre palestinesi - un ufficiale della polizia e due civili - erano morti nel rione di Sajaya, a Gaza, in un violento scontro armato fra un’unità antidroga di Hamas e esponenti di un’organizzazione armata, sospettata di traffico di narcotici. Sei presunti trafficanti sono stati arrestati e ingenti quantità di droghe sono state confiscate. Almeno quattro razzi sono stati sparati da miliziani palestinesi appostati nel nord della striscia di Gaza contro villaggi israeliani del Neghev. Non si ha notizia di vittime, mentre a quanto pare danni materiali sono stati registrati in un istituto scolastico della zona. Diverse persone sono rimaste in stato di shock.
Turchia
I vertici del Partito di radici islamiche Giustizia e Sviluppo, AKP, al governo in Turchia, sono stati convocati in una riunione d'emergenza questo pomeriggio per valutare il possibile impatto della sentenza emessa ieri dalla Corte costituzionale a proposito del velo negli atenei. La Corte ha annullato l'abrogazione, voluta dall'AKP, del divieto per le studentesse di indossare il velo negli atenei. È opinione diffusa che la decisione dell'Alta Corte abbia costituito il più grave colpo alle speranze del partito di evitare l'ordine di chiusura - da parte dello stesso tribunale - al termine di un procedimento che lo chiama a rispondere di ben 17 capi d'imputazione per asserite “attività antilaiche” contro lo Stato. Una delle 17 accuse mossegli è appunto quella di aver fatto abrogare il divieto del velo islamico (turban) negli atenei. La riunione, che ha inizio alle 15 (le 14 in Italia) è presieduta dal premier, Tayyip Erdogan. Secondo analisti locali, i vertici del partito - che rischia la chiusura e l'interdizione dalla politica di 71 suoi membri, tra cui lo stesso Erdogan ed il presidente della Repubblica, Abdullah Gul - potrebbero anche discutere della possibilità di indire elezioni anticipate.
Zimbabwe
A venti giorni dal secondo turno elettorale per le presidenziali in Zimbabwe, alcuni diplomatici americani e britannici sono stati trattenuti dalla polizia, ieri, per alcune ore “in stato di fermo”. Un episodio che ha portato ad un intervento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha richiamato il Paese al rispetto della convenzione di Vienna. Intanto da Bruxelles, il Commissario Europeo agli Aiuti Umanitari, Louis Michel, ha chiesto l’eliminazione immediata della sospensione delle attività delle Organizzazioni non Governative, decisa dal governo dello Zimbabwe. Sulla difficile situazione nel Paese africano, Salvatore Sabatino ha sentito Enrico Casale, esperto africanista della rivista internazionale missionaria “Popoli”:
R. – Credo che la situazione sia molto seria, perchè la tensione, soprattutto nelle campagne sta diventando veramente altissima. Il vero problema è che la polizia, l’esercito e le milizie di Mugabe stanno intervenendo nelle campagne per fare forti pressioni attraverso minacce, attraverso percosse, sulla popolazione, affinché voti il presidente Mugabe. La partita in gioco è altissima. Mugabe, questa volta, per la prima volta dopo 28 anni di potere, rischia di perdere il potere. Quindi, con lui rischia di uscire di scena un gruppo di potere che è rimasto al vertice del Paese dal giorno dell’indipendenza ad oggi. Questo gruppo di potere ha una forte presa sia sul sistema economico, gestendo il mercato nero, sia sulla società, e difficilmente lascerà il potere in modo democratico, in modo civile.
D. – Rispetto a quello che è stato il fermo di polizia per i diplomatici britannici e americani, abbiamo visto che c’è stato questo duro intervento da parte dell’ONU. Secondo te, che ricadute avrà?
R. – Non credo che avrà molte ricadute. Io voglio sottolineare che oltre al fermo dei diplomatici, c’è stato anche il fermo di Morgan Tsvangirai e di Modiwa, l’altro oppositore di Mugabe. Quindi, questo dimostra che l’attuale presidente non si ferma di fronte agli appelli. Sono più forti gli interessi che lui deve difendere, che sono interessi della classe politica, che gli è stata attorno da 28 anni a questa parte.
Darfur
Il Sudan ha deciso di bandire le ditte statunitensi da contratti con i peacekeeper internazionali in Darfur e di non rinnovare un contratto della società Lockeed Martin Corp. Ne ha dato notizia l'ambasciatore sudanese all'ONU, Abdalmahmud Abdalhaleem, all'inizio di una visita in Darfur di una delegazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. "Non daremo più permessi alle società americane in questo Paese per lavorare con la Missione in Darfur", ha dichiarato il diplomatico. Abdelhaleem ha aggiunto che il Sudan non rinnoverà un contratto della PA&E, sussidiaria al 100 per cento della Lockeed Martin, quando scadrà in luglio. I rapporti tra Sudan e Washington sono sempre più tesi, soprattutto da quando l'amministrazione USA ha utilizzato di continuo il termine "genocidio" per descrivere la situazione in Darfur, attribuendone la responsabilità al governo di Khartoum. In un colloquio con la delegazione dell'ONU, il presidente sudanese, Omar el Bashir, ha denunciato una “campagna brutale” contro Khartoum e difeso strenuamente il proprio Paese contro le accuse del procuratore del Tribunale penale Internazionale (TPI), secondo il quale il Sudan si rifiuta di collaborare e di consegnare due sospetti criminali di guerra del Darfur, Ahmad Harun e Al Kushayb. “Il mio Paese è bersaglio di una campagna ingiusta e deliberata - ha detto Bashir - questa campagna brutale ha tentato di esagerare e di deformare i fatti e ha offuscato l'immagine, il patrimonio e i valori del nostro popolo”.
Pakistan
La polizia pakistana ha arrestato stamattina sei presunti terroristi, tra i quali tre kamikaze, tra Rawalpindi e Islamabad. La notizia è stata riferita dal consigliere del ministro degli Interni, Malik, alla stampa, secondo la quale è stato anche dichiarato lo stato d'allerta a Islamabad e a Rawalpindi, città-satellite della capitale pakistana, sede dell'esercito. Poche ore prima, la polizia aveva bloccato tre auto che trasportavano circa 500 chilogrammi di esplosivo, con l'arresto di tre persone. I fermi sono stati resi possibili dal maggior numero di agenti di polizia dispiegati sul territorio dopo l'esplosione della bomba a Islamabad, il 2 giugno scorso, dinanzi all'ambasciata danese, che ha provocato 8 morti: attentato rivendicato da al Qaeda.
Russia- Ucraina
Il presidente russo, Dmitri Medvedev, e il collega ucraino, Viktor Iushenko, si sono incontrati oggi per un faccia a faccia a margine del vertice informale della CSI (Comunità di Stati indipendenti, l'organismo nato dalle ceneri dell'URSS), che si tiene oggi a San Pietroburgo in concomitanza con il Forum economico internazionale. Iushenko, riferisce l'agenzia Itar-Tass, ha detto di avere intenzione “di risolvere tutti i problemi che dividono la Russia e l'Ucraina”. Medvedev si è detto contento dell'incontro e sicuro che si risolveranno tutte le questioni. Dopo l’incontro fra il leader del Cremlino e il presidente ucraino, il ministro degli Esteri russo, Lavrov, ha fatto sapere che il prezzo del metano russo destinato all'Ucraina verrà “quasi raddoppiato” a partire dal primo gennaio del 2009. Stando a Lavrov, Iushenko si è dichiarato d'accordo, affermando che prima si passerà ai prezzi di mercato, meglio sarà per l'economia del Paese. Attualmente, Kiev paga 179,5 dollari per 1.000 metri cubi di gas, un prezzo di molto inferiore a quello praticato dal gigante monopolista russo Gazprom sui mercati europei. Al vertice della CSI, sono assenti solo il presidente kazhako, Nursultan Nazarbayev, che aveva già incontrato Medvedev ad Astanà, e il bielorusso Aleksandr Lukashenko, in un momento difficile dei suoi rapporti con la Russia, di cui un tempo la Bielorussia era alleato di ferro.
Negli Stati Uniti si parla dell’incontro Obama-Clinton
Si sarebbe svolto a casa della senatrice democratica, Dianne Feinsetein, a Washington l'incontro di ieri sera tra Barack Obama e Hillary Clinton: lo si legge sulla versione online del Washington Post a conferma che la location "segreta" dell'appuntamento non è stata la residenza nella capitale di Hillary, come riferito in un primo momento. Ma rimangono questi gli unici dettagli diffusi sull'incontro che per il resto rimane "segreto": Diversi media americani oggi concordano sulla versione secondo la quale l'incontro è avvenuto su richiesta della Clinton e alla presenza di pochi collaboratori dei due senatori. Una decisione dell'ultimo minuto, si deduce inoltre, visto che Obama, che sarebbe dovuto tornare direttamente a Chicago dopo un meeting elettorale in Virginia, ha lasciato partire senza di lui l'aereo che lo attendeva con a bordo il suo entourage e i giornalisti. La ex first lady sospenderà la sua campagna elettorale domani, offrendo il proprio appoggio ufficiale a Obama. Ieri, la campagna della Clinton ha ricordato in un comunicato che “la scelta del vicepresidente spetta al senatore Barack Obama” e che Hillary “non sta cercando la vicepresidenza”. Una dichiarazione che non intende comunque, secondo gli osservatori, togliere la Clinton dalla competizione, ma piuttosto rafforzare le sue possibilità di diventare la vice del senatore dell'Illinois nel ticket democratico per la Casa Bianca.
Al processo a Guantanamo, gli imputati dell’11 settembre cercano il martirio
Come Khalid Sheikh Mohammed, considerato il cervello degli attacchi dell'11 Settembre 2001 contro le Torri Gemelle e il Pentagono, anche altri quattro imputati incarcerati a Guantanamo hanno chiesto di non essere difesi e di essere uccisi, per trasformarsi automaticamente in martiri. L'ultimo dei cinque imputati presenti ieri in apertura del processo militare, Mustafa Ahmed al-Hawsawi, accusato di essere il finanziere di al Qaida, ha fatto la sua richiesta in serata, poco prima della sospensione della seduta. Nell'aula di Camp Justice, una struttura per i processi ai terroristi costruita nella base navale a Cuba, Mohammed, il pakistano che si è autoaccusato di aver pianificato l'11 settembre “dall'A alla Z”, ha fatto sapere di non volere l'assistenza dei legali scelti del Pentagono e di accettare solo la sharia, la legge islamica. Un processo è atteso solo tra alcuni mesi, forse a settembre, e potrebbe sfociare nella condanna a morte degli imputati.
Corea del Nord
Giappone e Corea del Nord terranno incontri informali a Pechino nel fine settimana, nell'ambito degli sforzi per riallacciare le relazioni bilaterali. Tra gli argomenti di discussione, i sequestri di cittadini nipponici organizzati da Pyongyang nel passato e le altre questioni ancora in sospeso per favorire la possibile ripresa del gruppo di lavoro bilaterale e i negoziati a sei, che coinvolgono Giappone, USA, le due Coree, Russia e Cina. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri, Masahiko Komura, precisando che un “alto rappresentante giapponese incontrerà il suo omologo della Corea del Nord per uno scambio di opinioni”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 158
E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.