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Sommario del 05/06/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • In udienza dal Papa il cardinale Arinze e un gruppo di vescovi della Malaysia
  • Il cardinale Bertone in visita in Bielorussia dal 18 al 22 giugno
  • Sulle parole di Benedetto XVI all’Angelus dedicate al Sacro Cuore, la riflessione di suor Eugenia Libratore delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù
  • Le celebrazioni per la Giornata mondiale dell'ambiente. Il "decalogo" della Santa Sede in difesa del Creato e delle sue risorse. Intervista con mons. Crepaldi
  • Presentato il programma dell'"Anno Paolino": grande attesa per l’apertura da parte di Benedetto XVI il 28 giugno, vigilia della festa di S. Paolo
  • Una cultura di giustizia e di solidarietà: lo chiede l'osservatore permanente della Santa Sede all'ONU a Ginevra, alla sessione sui Diritti umani
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Alla vigilia della sua udienza con Benedetto XVI, intervista del presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, alla Radio Vaticana e all'Osservatore Romano
  • Si conclude il vertice FAO di Roma. Delegazioni al lavoro per trovare un accordo sul documento finale
  • L'evoluzione dell'architettura sacra dopo la riforma liturgica del Vaticano II al centro del VI Convegno liturgico aperto nel Monastero di Bose
  • Il confronto fra teologia e filosofia al sesto Simposio europeo dei docenti universitari di Roma. Intervista con mons. Lorenzo Leuzzi
  • La nuova vitalità dei cattolici americani, a più di un mese dalla visita di Benedetto XVI a Washington e New York
  • Chiesa e Società

  • Myanmar: secondo Amnesty, i senzatetto costretti a lasciare i rifugi d'emergenza
  • Cina: prosegue l'aiuto della Chiesa ai terremotati, sull'esempio del Papa
  • Appello dei superiori maggiori srilankesi per la ripresa dei negoziati tra governo e Tigri Tamil
  • La Chiesa pakistana chiede al governo di applicare la Costituzione per sconfiggere l'estremismo
  • In India, i Dalit cristiani chiedono il rispetto dei loro diritti
  • La conferenza episcopale delle Filippine chiede la tutela dei bacini idrici nazionali
  • Celebrata in Uganda la “Giornata dei martiri ugandesi” all’insegna del perdono
  • I vescovi della Nigeria prendono le distanze dalla Conferenza di Tokyo sullo sviluppo dell'Africa
  • Preparativi per l’ingresso, il 22 giugno, del nuovo patriarca latino di Gerusalemme, Fuad Twal
  • Le Chiese europee preoccupate per la direttiva UE sui rimpatri degli immigrati illegali
  • Le moschee siano sempre più luoghi di culto e non di influenza politica: così a Bruxelles l’imam Pallavicini
  • Dedicata alla giornalista russa, Anna Politkovskaja, la sala stampa del parlamento europeo
  • Caritas argentina: colletta annuale per i poveri del Paese
  • Critiche dei vescovi del Quebec al rapporto Bouchard-Taylor che non riconosce il ruolo positivo delle religioni nella società
  • Invocare il dono della pace. E’ lo spirito con il quale si è svolto a Lourdes il pellegrinaggio militare
  • La GMG di Sydney sarà, secondo gli organizzatori, un evento che supererà anche le Olimpiadi del 2000
  • Vescovi della Galizia: "lo Stato non può imporre una formazione morale della coscienza degli alunni"
  • Si conclude domani la Missione Giovani di Madrid con la consacrazione al Cuore di Gesù
  • Al Santuario di Pompei l’XI Raduno nazionale degli sposi cristiani: tre giorni di convegno per rinnovare l’amore coniugale
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Slovenia rientra l’allarme nucleare dopo l’incidente nella centrale atomica di Krsko

  • Il Papa e la Santa Sede



    In udienza dal Papa il cardinale Arinze e un gruppo di vescovi della Malaysia

    ◊   Due importanti incontri stamani in Vaticano per Benedetto XVI. Il Papa ha ricevuto in udienza il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Successivamente, il Pontefice ha incontrato un gruppo di presuli della Conferenza episcopale della Malaysia. I vescovi del Paese asiatico sono a Roma in occasione della Visita ad Limina, iniziata lo scorso 2 giugno e in programma fino a sabato prossimo.

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    Il cardinale Bertone in visita in Bielorussia dal 18 al 22 giugno

    ◊   Dal 18 al 22 giugno, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, si recherà in visita ufficiale nella Repubblica di Bielorussia. Durante la sua permanenza, informa una nota della Sala Stampa della Santa Sede, il porporato incontrerà esponenti del governo, presiederà celebrazioni liturgiche ed altri momenti di preghiera nell’arcidiocesi di Minsk-Mohilev e nelle diocesi di Pinsk e di Grondo. Il cardinale Bertone si incontrerà inoltre con i membri della Conferenza episcopale bielorussa.

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    Sulle parole di Benedetto XVI all’Angelus dedicate al Sacro Cuore, la riflessione di suor Eugenia Libratore delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù

    ◊   Ognuno di noi “ha bisogno di sentire non solo il battito del proprio cuore ma più in profondità il pulsare di una presenza affidabile”, “la presenza di Cristo, cuore del mondo”: con questa profonda riflessione, Benedetto XVI ha ricordato all’Angelus di domenica scorsa che il mese di giugno è tradizionalmente dedicato al Cuore di Cristo, “simbolo della fede cristiana”. Per una riflessione su questa devozione, tanto cara al popolo come ai mistici e ai teologi, Alessandro Gisotti ha intervistato suor Eugenia Libratore, membro del Consiglio generale della Congregazione delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù di “Santa Teresa Verzeri”:


    R. - Non è un Cuore simbolo e basta. Per noi, Figlie del Sacro Cuore, diventa un motivo di esistere, perché da quel Cuore riceviamo tutto: riceviamo la fonte della vita, riceviamo la salvezza, perché quel Cuore ha espresso al massimo la carità, la carità che ha portato Gesù ad incarnarsi, a donare tutto per gli altri. Quindi, diventa per noi un richiamo continuo a imitare Cristo. Di fatti, la devozione al Sacro Cuore non è fatta di pratiche: diventa un’intimità con quel Cuore, diventa una spiritualità cristocentrica, che trova nel Cristo-Figlio l’atteggiamento che dobbiamo avere verso Dio-Padre, e dal Padre riceviamo la serenità della vita, la gioia di vivere per poter andare ai fratelli e servirli nei loro bisogni e nella loro realtà.

     
    D. - La devozione al Cuore di Cristo - antichissima - si consolida grazie a Santa Maria Margherita à la Coque, a metà-fine del XVII secolo. Come tenere viva oggi questa devozione in tempi così diversi?

     
    R. - Se nel nostro contatto con i fratelli riusciamo a dare questa consapevolezza con un “cuore che vede” - come dice Benedetto XVI - comunicando loro la capacità di sentirsi amati da Dio e di sentire che hanno un valore come persona, anche se in una realtà di sofferenza, io credo che questo sia il modo più attuale di continuare a tenere viva la devozione al Sacro Cuore. Sì, ci sono devozioni come il primo venerdì del mese, la riparazione, l’adorazione… sono tutte forme che tengono viva la devozione. Ma io penso che abbiamo bisogno di recuperare soprattutto il valore del Cuore, il dono che questo Cuore possiede, e cioè la carità.

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    Le celebrazioni per la Giornata mondiale dell'ambiente. Il "decalogo" della Santa Sede in difesa del Creato e delle sue risorse. Intervista con mons. Crepaldi

    ◊   Un "decalogo", ispirato alla visione cristiana del sociale, per sollecitare le coscienze a tutelare le risorse del Creato per il presente e per il futuro e a sfruttarle nel rispetto dei ritmi naturali, con un'attenzione solidale verso le aree più povere della terra. A metterlo a punto è stato il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e il suo contenuto riecheggia particolarmente mentre la comunità internazionale celebra oggi la Giornata mondiale dell’ambiente, sotto l’egida dell'ONU. Ad ospitare le manifestazioni centrali della Giornata è quest'anno la Nuova Zelanda, sul tema “No alla dipendenza! Per una economia a debole tasso di carbonio”. Il servizio di Alessandro De Carolis: "

     
    Il nostro pianeta è in balìa di una pericolosa assuefazione al carbonio". L'allarme del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban-ki moon, è presente fin nelle primissime righe del suo comunicato per la Giornata mondiale dell'ambiente. Se carbone e petrolio, riconosce, hanno aperto la via dell'industrializzazione all'Occidente prima e oggi a molte nazioni in via di sviluppo, è altrettanto innegabile, afferma, che "la nostra dipendenza dall’energia ricavata dal carbone" abbia causato "un incremento significativo della presenza di gas-serra nell’atmosfera". Lo scenario dipinto da Ban Ki-moon è poco incoraggiante se, avverte, il trend rimarrà quello attuale. I disastri ambientali sono lì ricordarlo con drammaticità e dunque un'inversione di rotta è doverosa. "Mentre - sottolinea - i costi previsti del cambiamento climatico sono incalcolabili", combatterlo può non essere così oneroso: "Alcune stime - riferisce Ban Ki-moon - collocano tale costo al di sotto dell’1% del prodotto interno lordo globale, un prezzo davvero contenuto per la conduzione di una guerra globale". Ogni comparto sociale, conclude il segretario generale dell’ONU, deve quindi agire per far sì che il pianeta possa avere al più presto “un futuro senza carbonio". Sui temi della tutela ambientale, anche la Santa Sede ha sempre mostrato grande attenzione, come conferma il vescovo Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, al microfono di Giovanni Peduto:
     
    R. - Voglio esprimere anzitutto tutto il mio apprezzamento per l’iniziativa, per la Giornata ed anche per il tema che viene espresso, anche se, sinceramente, un discorso sull’economia, sulle relazioni economiche che ci sono oggi - soprattutto tra il mondo ricco e il mondo povero - vanno viste non soltanto all’interno di questa variabile - quella a debole tasso di carbonio - ma con questa variabile integrata con tante altre variabili. E questo, perché l’obiettivo e la prospettiva delineate dal Magistero sociale della Chiesa e ribadita diverse volte dal Santo Padre è quella di una economia giusta e solidale. E’ bene, quindi, il basso tasso di carbonio, ma è necessario aggiungere anche altre cose.

     
    D. - Si parla spesso di fonti di energia alternative: quali strade sono percorribili a suo parere?

     
    R. - Per quanto riguarda le energie alternative, alcune strade si sono già iniziate a percorrere, ma bisogna ora continuare a farlo. E anche in questo caso, tuttavia, bisogna avere un atteggiamento - direi - realistico: non è pensabile che con le sole energie alternative, almeno al giorno d’oggi - come si dice in latino sic stantibus rebus - si possa creare la sostenibilità dei sistemi economici e quindi risolvere i problemi che citavo in precedenza. Parlo dei problemi della povertà, del mancato sviluppo, del sottosviluppo di tante aree del pianeta e questo perché quando si parla di sottosviluppo parliamo di milioni e milioni di poveri, di affamati, di gente che non ha nulla.

     
    D - E per quanto concerne il nucleare?

     
    R. - Per quanto concerne il nucleare, la posizione del Magistero sociale è molto chiara: c’è una condanna precisa per l’utilizzo militare dell’energia nucleare, ma non ci sono obiezioni per l’utilizzo civile dell’energia nucleare. Evidentemente, siamo di fronte ad una questione piuttosto delicata, perché in questo caso abbiamo un problema culturale e politico laddove si afferma di utilizzare il nucleare per scopi civili mentre, sotto sotto, qualcuno pensa di utilizzarlo per obiettivi militari.

     
    D. - Veniamo all’impegno internazionale per la salvaguardia dell’ambiente: il recente Vertice di Kobe per dimezzare le emissioni nocive entro il 2050 e combattere così il riscaldamento globale non ha prodotto risultati eclatanti…

     
    R. - Io direi che riguardo a questa problematica è necessario muoversi su due linee: un maggiore impegno a livello scientifico per chiarire i termini di questa questione e quindi cercando di valutarne il peso sul lungo termine, che è poi una questione molto complessa e controversa. E dall’altra parte, con un maggiore impegno dal punto di vista politico, perché di fatto le politiche messe in atto dai governi sul fronte del monitoraggio del cosiddetto riscaldamento globale sono politiche di difficile sostenibilità finanziaria, perché molto costose. Direi che scienziati e politici, con la partecipazione ovviamente anche dalla società civile, devono impegnarsi di più su questo fronte.

     
    D. - Lei ha stilato un "decalogo" per l’ambiente: quale il contenuto principale?

     
    R. - Ho messo in dieci punti quello che è il capitolo sull’ambiente del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa. E questo l’ho fatto principalmente con finalità di carattere educativo, formativo. Io credo ci sia bisogno di conoscere, soprattutto da parte delle comunità cristiane, dei gruppi e di movimenti, il ricchissimo Magistero sociale della Chiesa sulla questione specifica dell’ambiente e della salvaguardia dell’ambiente.

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    Presentato il programma dell'"Anno Paolino": grande attesa per l’apertura da parte di Benedetto XVI il 28 giugno, vigilia della festa di S. Paolo

    ◊   Fervono gli ultimi preparativi nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma per accogliere il Papa, il 28 giugno prossimo, giorno dell’apertura ufficiale dell’"Anno Paolino", nella memoria bimillenaria dell’Apostolo delle Genti. Il programma di questo grande evento per la Chiesa universale è stato presentato stamani in un conferenza stampa, ospitata nella sede della Radio Vaticana, alla presenza del cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura, e di mons. Liberio Andreatta, vicepresidente dell’Opera romana pellegrinaggi (ORP). Il servizio di Roberta Gisotti:

     
    Sarà un grande evento per la Chiesa universale, con un forte impronta ecumenica, ha sottolineato nel suo intervento il cardinale Cordero Lanza di Montezemolo:

     
    “Un anno dedicato a San Paolo e, come ha spiegato il Papa, con due scopi principali: conoscere meglio e far conoscere meglio San Paolo, tutto il suo insegnamento e la ricchezza gigantesca di quello che ha insegnato - anche se spesso può apparire difficile, ermetico e poco conosciuto - e dare un fine ecumenico, pregando ed operando per l’ecumenismo e cioè per l’unità. La rispondenza è molto forte e quindi speriamo e ci attendiamo che l’Anno Paolino sia veramente un grosso beneficio per tutta la cristianità”.

     
    Ad inaugurare l’Anno Paolino sarà Benedetto XVI. Il Papa, una volta giunto nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, per prima cosa accenderà la fiamma paolina e la consegnerà ai monaci perché possa ardere per tutto l’anno, che si chiuderà il 29 giugno del 2009. Quindi, Benedetto XVI aprirà la Porta Paolina, simmetrica rispetto alla Porta Santa della Basilica, per poi celebrare i Primi Vespri: con lui saranno il Patriarca ecumenico ortodosso, Bartolomeo I, che ha già confermato la sua presenza, ed un rappresentante della Chiesa anglicana, inviato dall’arcivescovo di Canterbury, impossibilitato ad intervenire alla cerimonia.

     
    Tante le iniziative di carattere pastorale, religioso-culturale, artistico di altissimo profilo che si svolgeranno in questo Anno, in particolare per accogliere le migliaia di pellegrini attesi a Roma. Ne ha parlato mons. Liberio Andreatta, annunciando da parte dell’Opera romana pellegrinaggi un impegno davvero ingente ed accordi importanti con il Comune di Roma.

     
    La figura di Paolo “è emblema di speranza per il dialogo tra le Chiese occidentali e orientali ed è altresì un invito al dialogo tra culture diverse”, ha aggiunto padre Cesare Atuire, amministratore delegato dell’Opera romana pellegrinaggi.

     
    Grande entusiasmo, dunque, per rendere onore a questa grande figura di Paolo, cittadino romano, di famiglia ebraica, nato a Tarso nell’odierna Turchia, convertitosi sulla via di Damasco in Siria, apostolo instancabile, in cammino per 16 mila chilometri per il mondo. Un cittadino globale - si direbbe oggi - nella pluralità di culture che ha attraversato.

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    Una cultura di giustizia e di solidarietà: lo chiede l'osservatore permanente della Santa Sede all'ONU a Ginevra, alla sessione sui Diritti umani

    ◊   Una cultura di giustizia e di solidarietà sociale: è quanto raccomanda l'arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l'ONU di Ginevra, intervenuto all'ottava sessione del Consiglio per i Diritti umani. Il servizio di Fausta Speranza:


    L’arcivescovo Silvano Maria Tomasi saluta con favore il nuovo protocollo elaborato dagli organismi ONU per trovare mezzi nuovi per raggiungere gli obiettivi di sviluppo e di lotta alla povertà sintetizzati nell’espressione “Obiettivi di sviluppo del Millennio”. Da parte sua, mons. Tomasi raccomanda “la promozione e la protezione di tutti i diritti umani senza distinzioni di alcun genere”. Storicamente - spiega l’Osservatore Permanente della Santa Sede a Ginevra - alcuni diritti della sfera economica, sociale e culturale potevano essere in qualche modo considerati troppo vaghi per potere essere inquadrati dalla giustizia. Il nuovo protocollo dovrebbe offrire gli strumenti per un approccio legale meglio studiato e disciplinato. E mons. Tomasi ricorda che “ci vuole coerenza per evitare la frammentazione degli interventi a difesa dei diritti umani”. E’ necessario - aggiunge - mettere a fuoco un approccio completo che contempli tutti i diritti umani e eviti riserve.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L'intervista rilasciata dal presidente del Consiglio dei ministri italiano a "L'Osservatore Romano" e alla Radio Vaticana, a firma di Marco Bellizi e di Luca Collodi.

    Contro la fame in ordine sparso: in evidenza, nell'informazione internazionale, il vertice della FAO sulla sicurezza alimentare. Controversie sul documento finale.

    Quando gli aiuti umanitari non aiutano nessuno: intervista di Luca M. Possati all'ambasciatore etiopico in Italia.

    In cultura, l'anticipazione dell'intervento inaugurale del cardinale Camillo Ruini al sesto Simposio europeo dei docenti universitari, e della relazione di Jean-Luc Marion.

    Roberto De Mattei sulle "Lezioni di diritto politico" dell'autore ottocentesco Juan Donoso Cortes, ora pubblicate a cura di Marco Lilli.  

    Sulla "Spe salvi" una riflessione di Lina Boff, religiosa che insegna teologia sistematica nella Pontificia università cattolica di Rio de Janeiro.

    Nell'informazione religiosa, Nicola Gori intervista il comandante del Corpo della Guardia Svizzera Pontificia, colonnello Theodor Elmar Mader.

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    Oggi in Primo Piano



    Alla vigilia della sua udienza con Benedetto XVI, intervista del presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, alla Radio Vaticana e all'Osservatore Romano

    ◊   Domani mattina, alle 11, Benedetto XVI riceverà in udienza in Vaticano il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi. Alla vigilia dell’incontro, il capo dell’esecutivo ha concesso un’intervista congiuntamente alla Radio Vaticana ed all’Osservatore Romano, che verrà pubblicata integralmente nel pomeriggio sul sito della nostra emittente e sull’edizione di oggi del quotidiano vaticano. In questa anticipazione dell’intervista, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi spiega al microfono di Luca Collodi della Radio Vaticana e di Marco Bellizi dell’Osservatore Romano come sia possibile il dialogo tra Stato e Chiesa:
     
    R. - Direi su tutti i temi, senza che ci siano limitazioni alcune. Quindi è possibile ogni dialogo su ogni argomento. La nostra Costituzione, la Costituzione italiana, è molto chiara a questo riguardo. Quindi, non ci possono essere preclusioni alla manifestazione di opinioni e di principi da parte di alcuno, e la Chiesa e le sue organizzazioni hanno tutto il diritto di esprimere le proprie valutazioni e lo Stato - lo Stato laico - poi esprimerà un suo giudizio e potrà servirsi e seguire queste valutazioni nella sua azione politica. Anche lo Stato, da parte sua, ha le sue forme di formulazione ed espressione della volontà che, in un regime democratico, avviene attraverso gli organi rappresentativi i quali hanno un potere legiferante e non c’è nessun dubbio che non ci siano limiti a questo potere, se non quelli - appunto - espressi nella Costituzione. E questo è il fondamento che legittima, appunto, la laicità dello Stato; e questo - come ho detto prima - non esclude però che tutte le forze che operano nella società abbiano il diritto di esprimersi in funzione delle proprie convinzioni, che sono politiche ma che sono anche religiose o culturali o di impostazione economica e sociale. Io ritengo che sarebbe una perdita significativa di libertà, per lo Stato, escludere o soffocare la manifestazione di queste convinzioni, direi di qualsiasi convinzione. E’ tipico proprio di ogni totalitarismo di sopprimerle, ed è un dato storico che i regimi totalitari incominciano proprio con il soffocare la libertà di espressione da parte delle istituzioni religiose. Io sono convinto che proprio per la sua millenaria esperienza, per il suo contatto con tutte le fasce sociali, a cominciare dalle fasce sociali più deboli, la Chiesa rappresenti una ricchezza per lo Stato. E lo Stato, che volendo essere e volendo restare laico, deve fuggire dal pericolo di diventare ideologico, di diventare settario e alla fine addirittura totalitario. Perciò, il dialogo che precede il rapporto tra Stato e Chiesa come organismi giuridici, è un dialogo assolutamente positivo che risiede nella natura stessa della società e dimostra la libertà e la pluralità della società.

     
    D. - Presidente, passiamo ad un tema internazionale: il Vertice della FAO sull’emergenza alimentare sta terminando. Sono - siamo - tutti d’accordo nel combattere la fame nel mondo ma poi, quando si tratta di operare concretamente impegnando soldi ed energie, gli Stati un po’ si defilano. Qual è la sua posizione e quella dell’Italia?

     
    R. - Io sono stato per qualche ora presidente dell’Assemblea dei 183 Paesi che sono venuti a Roma e ho fatto un intervento in apertura, molto breve, perché volevo inviare un messaggio molto conciso e preciso. Cioè: siamo arrivati al tempo dei fatti e non delle parole, perché la fame non può attendere, perché circa un miliardo di esseri umani certamente non comprende i giochi della grande politica, le logiche del mercato, le sottigliezze delle organizzazioni internazionali, ma hanno semplicemente fame e muoiono di fame. Perciò, il mio invito ai partecipanti del Congresso è stato questo: non dilungatevi sulle analisi storiche, sulle analisi accademiche. Trovate soluzioni concrete su cui impegnarvi, e decidete anche i tempi della loro realizzazione. Quindi, la lotta alla fame si divide oggi in due momenti: l’emergenza, dovuta al fatto che alcuni Paesi, che prima erano Paesi di auto-consumo, hanno incominciato, allontanandosi dalla povertà, a soddisfare i loro bisogni anche acquistando i beni alimentari all’estero, in testa a tutti la Cina e l’India, e la speculazione si è subito infilata in questo varco. Ora, per questo bisogna avere subito disponibilità finanziarie, bisogna attingere alle riserve disponibili per alleviare le situazioni più drammatiche, più disperate e bisogna che i Paesi più ricchi mettano a disposizione maggiori risorse per fare fronte a questa situazione. E a questo proposito io ho detto: ma non dobbiamo assistere senza fare nulla alla impennata dei prezzi! Se c’è qualcuno che deve pagare i prezzi in più, c’è anche qualcuno che incassa prezzi in più. E quindi, bisognerebbe chiedere agli Stati, dove ci sono i produttori che hanno queste utilità, di incassare questi utili e che il sovrapprezzo speculativo dei produttori venga destinato in parte ad aiuti immediati. E poi, anche, chiedendo contributi da parte delle Nazioni Unite ai Paesi produttori di petrolio che incassano ogni giorno degli utili straordinari. [...] E infine io, dando tra l’altro anche il buon esempio, perché abbiamo portato da 60 milioni a 190 milioni il nostro contributo per il 2008, ho detto che bisognerebbe che l’Europa - e di questo ho parlato con Zapatero che si è dichiarato d’accordo, con Sarkozy che si è dichiarato d’accordo - non calcolasse nei deficit, quando noi presentiamo i bilanci, le somme che i singoli Stati potrebbero destinare all’aiuto alimentare. E se questo accadesse - io ne parlerò nel prossimo Consiglio europeo - noi e tutti gli altri Paesi potremmo aumentare immediatamente i nostri aiuti. Ma poi, c’è il futuro, e il futuro si risolve soltanto con una maggiore formazione, con una più ampia messa a disposizione delle varie tecnologie, con il ricorso all’OGM in tutti i singoli Paesi, dove si deve arrivare ad una possibilità di sopperire autonomamente alle proprie esigenze alimentari. Cioè: il futuro non è che nell’auto-produzione di ciascun Paese. Per fare questo, c’è un grande ostacolo ed è che molti di questi Paesi sono Paesi ancora non democratici. E soltanto la democrazia può consentire la libertà dei singoli, e solo con la libertà i singoli possono mettere a frutto i loro talenti in ogni settore, quindi anche come imprenditori nell’agricoltura. E questo è il grande problema su cui dovrebbero ragionare ed unirsi tutte le democrazie liberali del mondo per sviluppare tutte le azioni possibili, affinché i Paesi che sono quelli più poveri, in cui esistono dittature e governi autocratici possano passare da questa situazione ad una situazione di democrazia. Soltanto con la democrazia mondiale, di tutti i Paesi, potremmo avere in futuro una pace mondiale che dia veramente, a tutti i cittadini del mondo, la possibilità di guardare al futuro senza angoscia.

     

      

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    Si conclude il vertice FAO di Roma. Delegazioni al lavoro per trovare un accordo sul documento finale

    ◊   Si avvia a conclusione il vertice della FAO sull’emergenza alimentare mondiale. Oltre 500 delegati, viceministri e ministri dell'Agricoltura dei 183 Paesi partecipanti, sono ancora al lavoro per negoziare il testo della Dichiarazione finale. Molti ancora i nodi da sciogliere, con OGM e biocarburanti in prima fila, ma non mancano le polemiche sulle proposte di liberalizzare i mercati agricoli. Il servizio del nostro inviato, Stefano Leszczynski:

     
    Atmosfera di attesa e d’incertezza al vertice della FAO di Roma, dove è ancora in discussione il testo della Dichiarazione finale della Conferenza dedicata alla sicurezza alimentare. Tra i temi scottanti che hanno portato ad una inattesa empasse nei lavori dei delegati, c’è la questione dell'impatto e dello spazio da attribuire allo sviluppo dei biocarburanti e la liberalizzazione dei mercati agricoli, contro la quale anche alcuni grandi Paesi esportatori, come l'Argentina, stanno manifestando forti resistenze. Si registra d’altra parte la convergenza di Stati Uniti e Brasile su una difesa serrata dell'investimento sui biocarburanti, contro uno schieramento di Paesi, i più diversi tra loro, che chiedono che venga chiaramente espressa la necessità che la produzione per l'alimentazione non subisca riduzioni a causa di un'accelerazione su etanolo e biodiesel. E’ ormai chiaro, dunque, che tutti gli Stati sono sì concordi nel considerare grave la crisi alimentare, che affligge oltre 800 milioni di persone nel mondo, ma in maniera altrettanto evidente appare in queste ore la difficoltà di trovare un consenso generale sui metodi per sconfiggere la fame.

     
    La domanda che soprattutto le ONG si pongono, in sostanza, è come dovranno essere utilizzati i tanti milioni di dollari che gli enti creditizi internazionali e i singoli governi hanno promesso di stanziare. Per rimediare alla crisi dei prezzi alimentari, gli interventi principali dovrebbero essere contenuti in un piano da 1,7 miliardi di dollari che prevede: l'analisi delle cause della crisi, la costruzione di reti di sicurezza per gli aiuti umanitari, attività di sostegno alle associazioni agricole nazionali e regionali, il coinvolgimento del settore privato negli investimenti. Anche l'Africa resta al centro dell'attenzione nella fase conclusiva dei lavori del vertice. La Commissione europea, per questo, ha raddoppiato i fondi europei per lo sviluppo, che sono passati da 650 milioni di euro a 1,2 miliardi di euro, e ha stanziato un altro miliardi e 200 milioni di euro per interventi nei Paesi africani fino al 2013, mirati alla sicurezza alimentare e all'agricoltura. Gli aiuti alimentari - fa tuttavia notare Louis Michel, commissario europeo allo Sviluppo - sono uno strumento ''con dei limiti'' nella lotta alla fame e alla povertà, mentre per garantire la disponibilità di cibo nel medio e lungo periodo ''torna ad essere prioritario il tema dell'agricoltura''.

     
    Il commissario europeo sottolinea, comunque, che non bisogna cedere alla tentazione di soluzioni a breve termine, mentre è preferibile puntare sull’integrazione dei mercati regionali e sul rafforzamento della governance alimentare, con l’impegno delle agenzie internazionali come la FAO. Neppure in materia di cambiamenti climatici, le delegazioni sono in realtà riuscite a elaborare una strategia globale, anche se c’è accordo sull’aiuto ai singoli Paesi e alle economie più fragili. Infine, sono risultati poco concreti i progressi nel dibattito sul settore bioenergetico. Qui, nessun accordo è stato raggiunto su una eventuale ripartizione delle quote di produzione dei biocarburanti la cui produzione resta quasi interamente nelle mani di Stati Uniti e Brasile.

     
    Tra le misure sulle quali sembra esservi maggiore consenso in seno al vertice della FAO dedicato alla crisi alimentare, vi è quella di puntare direttamente sullo sviluppo dell’agricoltura nei Paesi che soffrono maggiormente la fame. In particolare, molti dei piani d’investimento ancora allo studio degli esperti potrebbero puntare sui piccoli agricoltori e sul sostegno alle famiglie rurali. Sulle ragioni di questa scelta d’indirizzo, Stefano Leszczynski ha sentito Caterina Betello, del Dipartimento di agricoltura della FAO.


    R. - In molti Paesi, l’85 per cento della popolazione è composta da piccoli agricoltori. Non occuparsi di loro vuol dire non occuparsi di 2 miliardi e mezzo di persone al mondo, un terzo della popolazione del mondo. Per cui, rimettere i piccoli agricoltori al centro della realtà produttiva - al centro di un’agricoltura sostenibile, di persone che vivono in un territorio e conoscono la loro situazione, conoscono la realtà del loro Paese - è l’unico modo per dare loro dignità, dare loro sicurezza e fare anche in modo che ci sia una solidarietà internazionale, così che poi non diventino persone costrette a migrare da qualche parte perchè senza lavoro.

     
    D. - Si parla di nuove proposte, come addirittura la creazione di banche del grano…

     
    R. - Le banche di cereali sono delle banche fatte a livello di villaggio o, a questo punto, di organizzazioni di agricoltori e dunque di cooperative per le quali gli agricoltori non solo producono, ma mantengono il prodotto presso di loro. C’è, quindi, tutta una catena produttiva che rimane al villaggio, alla cooperativa di origine, e porta dunque maggior beneficio ai produttori.

     
    D. - E’ stato possibile avere delle stime anche sui tempi necessari alla soluzione di questa crisi alimentare, attraverso gli interventi che abbiamo citato…

     
    R. - Oggi come oggi, diciamo che questa crisi non si risolve in fretta. Prevediamo tra i 4 e i 10 anni di periodo affinché la produzione si aggiusti, aumenti, e si ricreino o si possano ricreare gli stock, la capacità produttiva dei terreni, degli agricoltori, riaumenti. Quindi, questa volatilità dei prezzi potrebbe andare avanti nel lungo periodo.

     
    D. - Si ha l’impressione che stiano cambiando anche le istituzioni internazionali. Forse è giunto il tempo in cui finirà la settorialità dei diversi istituti specializzati delle Nazioni Unite e ci sarà una maggiore cooperazione…

     
    R. - Il grosso lavoro ormai è reagire, rispettare la volontà dei Paesi. I Paesi decidono di che cosa hanno bisogno. Noi, come istituzione, dobbiamo metterci d’accordo e al loro servizio: fornire, aiutare, guidare, colmare le lacune, sulle richieste che però vengono dai Paesi stessi. Non sono assolutamente le agenzie che decidono cosa succede, ma sono i Paesi, che devono decidere sempre di più di che cosa hanno bisogno per uno sviluppo sostenibile. E dobbiamo coordinarci tra di noi per aiutarli a centrare i loro obiettivi.

     
    D. - Un bel rischio, in caso di cattivi governi…

     
    R. - Assolutamente sì.

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    L'evoluzione dell'architettura sacra dopo la riforma liturgica del Vaticano II al centro del VI Convegno liturgico aperto nel Monastero di Bose

    ◊   “Verificare come e in che misura il Concilio Vaticano II è stato in grado di plasmare gli spazi liturgici”. E’ una delle sfide lanciate dal sesto Convegno liturgico internazionale promosso dal Monastero di Bose in collaborazione con l’Ufficio nazionale beni culturali ecclesiastici della CEI. L’incontro terminerà sabato prosimo ed ha per tema l’"Assemblea santa. Forme, presenze, presidenza”. L’appuntamento si colloca in un ciclo di tavole rotonde con teologi, liturgisti, architetti e responsabili dell’edilizia per il culto che ha già analizzato gli elementi di altare, ambone, orientamento e battistero. Oltre 200 i partecipanti provenienti da 18 Paesi. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose, che oggi ha aperto i lavori:


    R. - Questo Convegno tiene conto anzitutto dello spazio liturgico, della forma che gli è propria, della forma dell’assemblea e quindi, anche della Presenza che si epifanizza in maniera - direi - molteplice all’interno dell’assemblea, della presenza eucaristica, della presenza di Cristo attraverso colui che presiede. Dopo il Vaticano II, in una ecclesiologia di comunione, noi dobbiamo trovare delle espressioni a partire dallo spazio liturgico e dall’assemblea, in cui siano visibilizzate in modo coerente la presenza eucaristica e la presidenza.

     
    D. - Lo spazio architettonico determina dunque anche una idea di chiesa?

     
    R. - Certo, durante i secoli l’ecclesiologia ha determinato l’architettura delle chiese, ma l’architettura delle chiese ha informato poi la spiritualità e la consapevolezza dell’assemblea. Il Concilio di Trento era riuscito a darci - ispirata proprio dalla sua ecclesiologia - una forma precisa di assemblea e il tutto coerente all’interno di quella che era stata la riforma cattolica. Oggi, proprio per rispondere all’istanze del Concilio Vaticano II, dobbiamo riflettere, ripensare la forma dell’assemblea e poi renderla sempre più coerente con la grande tradizione ecclesiale e con la Parola di Dio contenuta nelle Scritture.

     
    D. - Come potrebbe cambiare proprio l’architettura?

     
    R. - Noi crediamo sia importante riflettere, da un lato, su un orientamento che l’assemblea deve avere verso il Signore e, dall’altro, che sia un’assemblea la cui forma racconti la comunionalità tra tutti i membri che in modo diverso, ma specifico, partecipano alla liturgia eucaristica. Sarà molto importante, da esempio, che l’ambone diventi un elemento non più mobile come un tempo, ma un elemento fisso, presente in Chiesa assieme all’altare, che precedano l’assemblea e che non scompaiano dopo che l’assemblea si è sciolta, a testimoniare e a raccontare che è la Parola di Dio che convoca l’assemblea per la celebrazione dell’alleanza nel Sacramento dell’Eucaristia e che questo è essenziale al culto cristiano.

     
    D. - Cambiando l’architettura, cambia in un certo qual modo anche la Liturgia?

     
    R. - E’ la Liturgia che è cambiata con il Vaticano II e che richiede di conseguenza anche uno spazio più coerente con essa. Non cambia l’essenza della Liturgia, perchè la Liturgia cristiana nei secoli non è mai mutata, anche se si è espressa in diversi riti, in diverse forme. Io credo che vada confessato che, se c’è una coerenza, una non contraddizione nella tradizione cristiana, essa è soprattutto a livello liturgico.

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    Il confronto fra teologia e filosofia al sesto Simposio europeo dei docenti universitari di Roma. Intervista con mons. Lorenzo Leuzzi

    ◊   “Allargare gli orizzonti della razionalità. Prospettive per la filosofia.” E’ il tema del sesto Simposio europeo dei Docenti universitari, organizzato dall’Ufficio per la Pastorale universitaria del Vicariato di Roma, che si aprirà oggi pomeriggio nella capitale al Campidoglio. Al convegno, che proseguirà presso la Pontificia Università Lateranense fino all’8 giugno, è prevista la partecipazione di oltre 400 docenti universitari provenienti da 29 Paesi europei, e vede la presenza di 65 relatori internazionali. Ascoltiamo mons. Lorenzo Leuzzi, direttore dell’Ufficio per la Pastorale universitaria al microfono di Marina Tomarro:

    R. - Il Papa ha indicato alla Chiesa, ma anche a tutto il mondo intellettuale, la nuova prospettiva di un allargamento degli orizzonti della razionalità. La diocesi di Roma ha voluto offrire ai docenti universitari un’occasione per approfondire il tema, soprattutto per dare risposte autorevoli a queste indicazioni che il Santo Padre più volte ha proposto nei suoi discorsi.

     
    D. - Ma esistono strade comuni dove possno incontrarsi i due grandi temi della filosofia e della teologia?

     
    R. - Dalla proposta del Santo Padre emerge in maniera molto forte il desiderio di un nuovo incontro tra filosofia e teologia. E per far questo, non è soltanto sufficiente una reciproca attenzione. Il Santo Padre invita i docenti di teologia e filosofia a sapere indagare la nuova situazione storica, per la quale occorre un nuovo tentativo di ricerca: perché indagando sul concreto, sul vissuto dell’esperienza umana, non solo la teologia ma anche la filosofia possono incontrarsi ed elaborare insieme prospettive adeguate, perché l’uomo possa vivere in quella dimensione storica che è propria della condizione umana.

     
    D. - Quindi, questo convegno sarà un’occasione di confronto per i docenti di filosofia con la teologia...

     
    R. - Io credo che il convegno voglia essere una grande occasione per incoraggiare i filosofi a non far coincidere la crisi della modernità con la crisi del pensiero filosofico, ma anzi a guardare all’esperienza cristiana come punto di riferimento per una comprensione dell’uomo contemporaneo, perchè il cristianesimo possiede in se stesso quella capacità interpretativa di cui oggi ha veramente bisogno il pensiero filosofico.

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    La nuova vitalità dei cattolici americani, a più di un mese dalla visita di Benedetto XVI a Washington e New York

    ◊   Una comunità viva e vivacizzata: è quella cattolica americana, permeata in tutte le sue componenti dal ricordo delle parole di Benedetto XVI. Un poco di più mese dalla vista pastorale del Papa a Washington e New York, si conta una notevole crescita di vocazioni e una riscoperta "pubblica" della fede cristiana, come ci riferisce in questo servizio Elena Molinari:


    Un’ondata di iscrizioni ai seminari, chiese più piene nelle città dove Benedetto XVI ha pregato. E discussioni più animate sui siti Internet dedicati alla spiritualità. Un mese dopo la sua visita negli Stati Uniti, l’"effetto-Papa" non è scemato. Al contrario, il seminario di St. Joseph, dove il 19 aprile Benedetto XVI pregò insieme a 25 mila giovani, nelle ultime quattro settimane ha ricevuto “uno tsunami di interesse”, come lo definisce padre Luke Sweeney, il direttore dell’Ufficio vocazioni dell’arcidiocesi. La visita del Papa non poteva arrivare in un momento migliore per St. Joseph. Proprio quest’anno, per la prima volta nei suoi 108 anni di storia, il seminario rischiava di aprire i battenti a settembre senza nessuna matricola. Stando alle esperienze raccolte dal direttore dell’Ufficio vocazioni, i giovani che si sono fatti avanti nell’ultimo mese coltivavano la loro vocazione da anni, senza mai decidersi a compiere il passo decisivo. La preghiera del Papa e la folla esultante hanno risposto in un giorno a tutte le loro domande.

     
    Non tutti dubbi dei cattolici che dialogano via Internet si sono dissipati dopo la visita papale, ma di certo il loro scambio di opinioni si è fatto più vivace. “Benedetto XVI ha sfidato il presupposto di molti americani che la religione sia una questione privata - scriveva di recente un partecipante. Forse spettava proprio al leader del mondo cattolico sfidare l’individualismo radicale della nostra società”. Quanto Benedetto XVI sia riuscito in questo intento lo si può capire osservando anche le decine di cattolici che avevano visto appannarsi il coinvolgimento religioso individuale e che si sono sentiti sollecitare personalmente dall’invito del Papa. Più di tutti, forse, quelli di origine tedesca, commossi dall’arrivo del “loro” Pontefice. Nelle domeniche successive la partenza di Benedetto XVI, la chiesa di St. Joseph, ad esempio - l’unica a New York a celebrare la Messa in tedesco - ha visto più che raddoppiare l’affluenza di fedeli.

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    Chiesa e Società



    Myanmar: secondo Amnesty, i senzatetto costretti a lasciare i rifugi d'emergenza

    ◊   Secondo una nuova ricerca di Amnesty International, presentata oggi a Bangkok (Thailandia), il governo di Myanmar sta raddoppiando gli sforzi “per costringere i sopravvissuti al ciclone Nargis ad abbandonare i rifugi di emergenza e impedire che siano raggiunti dagli aiuti”. Questo comportamento - riferisce l'Agenzia Sir - aumenta il rischio di morte per decine di migliaia di persone. Il 20 maggio, denuncia Amnesty International, il Consiglio di Stato per la pace e lo sviluppo, il governo di Myanmar ha decretato la fine della fase di soccorso e assistenza e l’inizio della fase della ricostruzione”. Subito dopo, “ha avviato una campagna per costringere i senzatetto a sgomberare i rifugi governativi e quelli di fortuna. Le autorità hanno preso di mira le scuole e i monasteri, in cui si erano rifugiati gli sfollati dopo che quei siti erano stati usati come seggi per il referendum costituzionale, adducendo inoltre a pretesto l’imminente apertura dell’anno scolastico”. Molti dei sopravvissuti non possono tornare alle proprie case, dato che molte aree del delta del fiume Irawwaddy rimangono quasi del tutto inabitabili. “Dopo essere sopravvissuti alla furia del ciclone, migliaia di persone ora subiscono quella del Consiglio di Stato”, ha affermato Benjamin Zawacki, ricercatore di Amnesty International su Myanmar, che nell'ultimo mese ha visitato il paese. A giudizio di Zawacki, “poiché il Consiglio ha una lunga tradizione di violazione dei diritti umani, le agenzie umanitarie dovrebbero vigilare con particolare attenzione sul rischio che le autorità ostacolino la consegna o dirottino gli aiuti”. Amnesty International ha potuto confermare “oltre 30 casi in cui i senzatetto sono stati costretti ad abbandonare i rifugi di emergenza, scuole e monasteri inclusi”. Nelle ultime due settimane, sottolinea l’organizzazione per i diritti umani, “questa campagna si è intensificata: le autorità hanno costretto i sopravvissuti a lasciare Maungmya, Maubin, Pyapon e Labutta e a tornare più a sud, verso i loro villaggi originari”. La ricerca di Amnesty International ha riscontrato anche accaparramenti e altri abusi legati alla distribuzione degli aiuti da parte delle autorità, come le oltre 40 denunce di aiuti confiscati, nascosti o dirottati verso altra destinazione. (R.P.)


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    Cina: prosegue l'aiuto della Chiesa ai terremotati, sull'esempio del Papa

    ◊   La mobilitazione cattolica per aiutare la popolazione colpita dal sisma che ha colpito il Si Chuan non cessa, anzi si sta intensificando seguendo le indicazioni e l'esempio di Papa Benedetto XVI. La diocesi di Pechino, secondo quanto riferito all'Agenzia Fides, fino ad oggi ha raccolto in tutte le parrocchie e le comunità ecclesiali di base, circa 50 mila euro come primo soccorso, già consegnati alla Croce Rossa cinese. La raccolta degli aiuti sta continuando a pieno ritmo in tutta la comunità cattolica. I fedeli della zona terremotata hanno potuto anche condividere l’esperienza della prova della fede che hanno vissuto nel momento più terribile. Secondo alcune testimonanze dalla diocesi di Nan Chong, a 240 chilometri dall’epicentro: “Quando ha cominciato a tremare la terra e tutto il resto intorno, mi è venuto spontaneo dire ‘Gesù salvaci’! Non facevo altro che ripetere questa invocazione inginocchiandomi a terra, invocando la protezione e la misericordia del Signore. Quanto è finita la prima scossa, sono corsa subito verso la chiesa più vicina per pregare. Ma sono rimasta fuori, perché l’edificio ormai era danneggiato gravemente. Oggi celebriamo la Messa all’aperto”. “Siamo apparentemente orfani. Ma mettiamo tutto nella mani di Dio, pregando per ottenere la pace e l'aiuto”. “Grazie alla preghiera e al sostegno del Santo Padre ! - dice un sacerdote della diocesi - Grazie ai diversi appelli ed interventi del Papa, diverse Caritas europee si sono mobilitate per aiutarci. Inoltre stiamo riflettendo sulla fragilità della vita dell’uomo. Dobbiamo fare spesso e sempre l’esame di coscienza ed essere sempre pronti ad affrontare la vita e la morte”. (R.P.)

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    Appello dei superiori maggiori srilankesi per la ripresa dei negoziati tra governo e Tigri Tamil

    ◊   Di fronte alla nuova escalation di violenza in Sri Lanka, la Conferenza dei Superiori Maggiori (CMRS), ha lanciato un appello per fermare il conflitto etnico e riportare la pace nel Paese asiatico. Una richiesta che segue quelle venute, la settimana scorsa, dalle Chiese srilankesi e da varie organizzazioni internazionali. In una lettera indirizzata al governo di Colombo e all’esercito di liberazione delle Tigri Tamil, i Superiori maggiori chiedono inoltre alle Nazioni Unite l’invio di una missione di monitoraggio dei diritti umani, una ipotesi sempre respinta dall’esecutivo. Altra richiesta è quella di “compiere i passi necessari per fermare l’azione dei gruppi paramilitari e disarmarli” e favorire lo spostamento degli operatori umanitari e l’arrivo degli aiuti ai campi profughi. I religiosi tornano infine a chiedere il ripristino della sicurezza intorno al Santuario di Nostra Signora di Madhu, al centro degli scontri delle passate settimane. Dall’inizio del 2007 è ripresa la guerra civile tra esercito e separatisti Tamil che dal 1983 ha causato almeno 80mila morti. Il 22 febbraio 2002 governo e Tigri hanno firmato un fragile cessate il fuoco, più volte violato da entrambe le parti. Il governo di Colombo, a gennaio, si è formalmente ritirato dai negoziati di pace. La violenza ha coinvolto anche gli operatori della comunicazione, l’ultimo grave episodio è avvenuto ai danni di un giornalista cattolico, rapito nei pressi della sua abitazione a Colombo, picchiato e poi liberato. Il reporter, come sottolinea l’Osservatore Romano, ha anche perdonato i suoi aggressori ai quali ha garantito di aver sempre scritto la verità. Il fatto ha suscitato vasta eco e non sono mancate mobilitazioni sia da parte della categoria che della società civile. Un gruppo di giornalisti ha manifestato davanti all’abitazione del presidente della Repubblica mentre numerose organizzazioni non governative hanno chiesto maggiore protezione e tutela dei diritti umani. Dal 2006, in Sri Lanka, sono stati uccisi nove giornalisti, altri sono stati arrestati ed hanno subito minacce. Secondo il “Free Media Movement”, la maggior parte dei reporter avevano svelato violazioni, uccisioni ed estorsioni. Negli ultimi tempi la violenza è aumentata: solo tra maggio 2007 e maggio 2008 infatti, i giornalisti uccisi sono stati due, più di dieci le violazioni alla libertà di espressione, 63 incidenti di minacce agli operatori del settore, 15 quelli fermati, oltre 25 coloro che hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni o che sono stati espatriati. Diversi i casi di censura segnalati, un sito internet oscurato senza motivazioni. Anche esponenti religiosi sono scesi in campo chiedendo di far luce su quanto sta accadendo. Ad esempio il parroco di Santa Maria a Dehiwala, la chiesa del reporter rapito e rilasciato, ha affermato che le aggressioni ai giornalisti proseguono senza tregua e nessuno è stato incriminato. Secondo il sacerdote, il governo ha nominato speciali squadre di polizia e commissioni di inchiesta ma che “nessuno è mai stato perseguito per questi crimini”. La condanna del governo non basta, sostiene il vescovo anglicano Duleep de Chickera, Colombo “deve assicurare un’indagine imparziale e dimostrare impegno nel tutelare la libertà dei mezzi di comunicazione”. (B.C.)

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    La Chiesa pakistana chiede al governo di applicare la Costituzione per sconfiggere l'estremismo

    ◊   La Chiesa pakistana ha chiesto al governo di varare “concreti emendamenti costituzionali” che possano sconfiggere “l’intolleranza religiosa” e ristabilire il principio di uguaglianza fra i cittadini di tutto il Paese. Inoltre, i vescovi sottolineano l’importanza di rimettere al loro posto i giudici epurati da Musharraf durante il colpo di Stato di novembre. Le richieste sono state presentate in un documento firmato dal presidente e dal segretario generale della Commissione episcopale giustizia e pace – mons. Lawrence Saldanha e Peter Jacob – nel quale si afferma che: “non è detto che aumentando i posti riservati alle minoranze in Parlamento si possano combattere le umilianti condizioni socio-economiche in cui versano i non musulmani del Pakistan”. Il riferimento è alle riforme ventilate nelle scorse settimane dal Partito popolare pakistano, che prevedono l’ingresso di rappresentanti delle minoranze religiose anche nel Senato. Tuttavia, sottolinea il testo, “esiste nel Paese una reale discriminazione religiosa, che poggia su leggi anti-costituzionali come quella sulla blasfemia”. Ora, conclude il comunicato, “si deve applicare in pieno la nostra Costituzione, garantendo giustizia sociale ed uguali opportunità per tutti i cittadini. Soltanto in questo modo si potrà evitare la discriminazione e la violenza interreligiosa, vero strumento di divisione sociale”. (R.P.)

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    In India, i Dalit cristiani chiedono il rispetto dei loro diritti

    ◊   E’ in programma a New Delhi, nei prossimi giorni, una grande manifestazione convocata dai leader cristiani dello Stato Indiano dell’Andhra Pradesh, alla quale è prevista la partecipazione di diecimila persone. Si chiede il rispetto dei diritti per i Dalit, indigeni fuoricasta considerati all’ultimo gradino della scala sociale indiana. Rispetto a quelli di religione sikh e buddista, che dopo un lungo braccio di ferro hanno ottenuto i loro diritti, quelli cristiani e musulmani sono fortemente indietro. New Delhi infatti non è disposta a fare concessioni perché le due religioni non riconoscono il sistema delle caste. Nel 2004, come riporta l’Osservatore Romano, il governo federale ha creato la commissione nazionale per le minoranze religiose e linguistiche che aveva il compito di studiare la situazione socioeconomica dei Dalit cristiani e musulmani. Questa ha raccomandato di riservare il 10% dei lavori statali ai Dalit musulmani e il 5 % agli altri di fede non induista ma l’esecutivo non ha approvato. Intanto però cresce il consenso intorno alla causa dei Dalit cristiani, numerosi partiti hanno dato il loro sostegno e, in un recente raduno con tutti i membri del parlamento dell’Andhra Pradesh, è stata esortata la commissione dei vescovi cattolici indiani che si occupa di Dalit a promuovere una raccolta fondi. In preparazione anche una lettera indirizzata al primo ministro indiano per sensibilizzare sulla vicenda. Stiamo lottando per una giusta causa, ha detto il presidente della federazione delle Chiese dell’Andhra Pradesh, e non elemosinando favori dal governo. (B.C.)

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    La conferenza episcopale delle Filippine chiede la tutela dei bacini idrici nazionali

    ◊   Proteggere dalla devastazione tutti i bacini idrici delle Filippine: è quanto chiede l’arcivescovo di Manila, card. Gaudencio Rosales, in una lettera al presidente del Paese, Gloria Arroyo. Ribadendo l’importanza della conservazione delle risorse idriche, da realizzarsi piantando alberi e tutelando le foreste, il porporato ricorda il caso del bacino idrico di Marikina che, secondo quanto riferito dagli ambientalisti, è in grave pericolo: in particolare, il card. Rosales sottolinea che i 25mila ettari del bacino sono stati dichiarati ‘area protetta’ dal 1904, ma sono continuamente oggetti di abusi da parte di imprenditori e proprietari terrieri. “Insieme al clero ed ai fedeli dell’Arcidiocesi di Manila – scrive il porporato nella lettera – ribadisco ancora una volta la necessità urgente di dichiarare ‘area protetta’ il bacino idrico di Marikina e di non permettere a nessuno di considerarlo alienabile o disponibile”. L’Arcivescovo di Manila fa poi notare come, assicurando la tutela di tale riserva idrica, sia possibile garantire l’accesso all’acqua potabile a tutti i residenti dell’area metropolitana di Manila. “Da parte nostra – continua il porporato – promettiamo il nostro impegno nel programma di riforestazione della zona, nello sviluppo delle aree di coltivazione e nella protezione di almeno 50 ettari di terreno o circa 20 mila alberi all’anno”. Infine, il card. Rosales assicura che la Chiesa autorizzerà gli agricoltori che già lavorano nella zona, ad amministrare tutti gli alberi piantati. (I.P.)

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    Celebrata in Uganda la “Giornata dei martiri ugandesi” all’insegna del perdono

    ◊   E’ stata la richiesta di perdono alla Chiesa ugandese da parte della famiglia di colui che compì il massacro di Namugongo, 122 anni fa, a segnare la ‘Giornata dei martiri ugandesi’. Nella cittadina a circa 15 chilometri a sudest della capitale Kampala, vennero assassinati 25 cristiani, protestanti e cattolici al culmine di una campagna di uccisioni ordinate dal re Mwanga e che provocarono almeno 45 vittime. “Abbiamo perdonato e li abbiamo accolti nel corpo di Cristo e nel ministero della Chiesa ugandese” ha detto, come riporta la Misna, il reverendo Samuel Balagadde Ssekkadde, vescovo anglicano di Namirembe, davanti a decine di vescovi e migliaia di pellegrini ugandesi fra cui una delegazione di parrocchie keniane partita nei giorni scorsi da Nairobi. Le vittime di Namugongo furono canonizzate nel 1964 da Paolo VI, che li ricordò durante il suo pellegrinaggio in Africa del 1969 con una celebrazione sulle loro tombe. I martiri, straordinari testimoni di speranza, vengono comunemente considerati i protettori dell’Africa moderna. Nella stessa giornata mons. Matthias Ssekamanya, vescovo di Lugazi e presidente della Conferenza episcopale dell'Uganda, al termine della Messa presso il santuario dei Martiri di Namugongo, ha detto che "la Chiesa esprime delle riserve sullo spirito e la sostanza del Land Amendment Bill del 2007. La Chiesa afferma che il proposto emendamento della legge sulla proprietà agraria non è la giusta cura per risolvere il problema dilagante degli sfratti. Se approvato, può rappresentare un ulteriore sconvolgimento nel delicato rapporto tra proprietari e affittuari in buona fede "ha continuato Mons. Ssekamanya. "La Chiesa ritiene inoltre che il progetto di legge abbia ostacolato una consultazione politica a livello nazionale che sarebbe stato opportuno tenere. Riteniamo che la terra sia un bene molto importante e sia un elemento vitale di sussistenza. La Chiesa ritiene che sia opportuna un'ampia consultazione con tutte le parti interessate al fine di raccogliere informazioni sufficienti a stabilire una completa e corretta politica agraria", ha aggiunto. In Uganda - riferisce l'Agenzia Fides - nel corso dei decenni, si è creata una complessa situazione per quel che concerne la proprietà agraria. Negli ultimi anni con la popolazione che cresce al 3,2 per cento all'anno, sono aumentati i contrasti tra proprietari che possiedono i titoli legali sulle terra e gli inquilini che hanno vissuto sulla terra per generazioni, ma che non hanno alcun titolo giuridico. All'inizio dell'anno le autorità locali hanno pubblicato una lista con centinaia di casi di sfratti che sono stati effettuati in modo ingiusto e illegale. La riforma delle legge sulla proprietà agraria affida al governo centrale poteri più ampi a scapito però delle autonomie locali. (B.C.)

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    I vescovi della Nigeria prendono le distanze dalla Conferenza di Tokyo sullo sviluppo dell'Africa

    ◊   I vescovi della Nigeria invitano il governo del Paese a prendere le distanze dalle conclusioni della Quarta Conferenza internazionale di Tokyo sullo sviluppo dell'Africa (Ticad), ospitata dal 28 al 30 maggio a Yokohama. La Conferenza viene organizzata ogni cinque anni in Giappone dal 1993, in collaborazione con l’ONU, per promuovere la cooperazione tra i governi africani e i Paesi partner per lo sviluppo dell’Africa. A suscitare la preoccupazione dell’episcopato nigeriano sono alcune delle misure pro-aborto proposte nella Dichiarazione finale e nel “Piano di azione di Yokohama” per contenere la crescita demografica in Africa, indicata come uno degli ostacoli allo sviluppo del continente. In una dichiarazione diffusa il 3 giugno dall’Agenzia d’informazione nigeriana Nan, i presuli parlano di “un nuovo attacco contro la dignità della persona, la vita umana e i valori della famiglia” e invitano il Governo di Abuja a prendere misure “attive” in difesa della vita. “La nostra fede e gli insegnamenti della Chiesa – afferma la dichiarazione, firmata dal Presidente della Conferenza episcopale mons. Felix Alaba-Job, arcivescovo di Ibadan - ci impongono non solo di opporci, ma anche di condannare tutto quello che è contrario alla dignità della persona e alla vita umana”. (L.Z.)

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    Preparativi per l’ingresso, il 22 giugno, del nuovo patriarca latino di Gerusalemme, Fuad Twal

    ◊   “Attendo con gioia ma anche con preoccupazione questo momento” ha detto, all’agenzia Sir, mons. Fuad Twal, sino ad ora arcivescovo coadiutore del Patriarcato latino, in vista dell’ingresso domenica 22 giugno, nella basilica del Santo Sepolcro, in qualità di nuovo patriarca latino di Gerusalemme. Un momento che sarà preceduto da diverse cerimonie: il saluto, sabato 21 giugno, presso la basilica del Getsemani al patriarca uscente Michel Sabbah che celebrerà una Santa Messa. Successivamente lunedì 23 giugno, il nuovo Patriarca celebrerà la sua prima Messa Pontificale al Santo Sepolcro, il giorno seguente presiederà l’ordinazione sacerdotale di un diacono nella parrocchia della Sacra Famiglia a Ramallah, mentre è previsto per il 25 giugno il solenne ingresso nella basilica della Natività a Betlemme. Nell’intervista al Sir, mons. Twal è intervenuto anche sulla situazione in Medio Oriente e sugli spiragli che si stanno aprendo per rilanciare i negoziati di pace. “Crediamo nella forza della preghiera – aggiunge mons. Twal - affidiamo questo tempo al Signore e riponiamo fiducia nel leader politici di questa Terra, ma anche a quelli internazionali, e chiediamo loro di avere più coraggio e meno paura, e soprattutto di fidarsi gli uni gli altri”. Il nuovo patriarca sottolinea anche l’esistenza di gruppi che non vogliono la pace, invita poi i moderati ad aver forza per mettere a tacere gli estremisti. Infine ricorda quanto c’è di buono nell’area, in particolare invita a guardare alla Giordania, che fa parte del Patriarcato latino, dove si lavora per la tolleranza e la convivenza pacifica”.(B.C.)

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    Le Chiese europee preoccupate per la direttiva UE sui rimpatri degli immigrati illegali

    ◊   Diverse perplessità sono state espresse dalla COMECE, Commissione degli episcopati della Comunità europea, dalla Conferenza delle Chiese europee, la Caritas Europa e la Commissione delle Chiese per i migranti in Europa riguardo alla direttiva che dovrebbe armonizzare a livello europeo le pratiche per il rimpatrio dei migranti illegali. In una lettera, i firmatari sottolineano le difficolta di un’intesa sull’argomento fra Stati membri e parlamento UE, i due organismi co- legislatori. La direttiva, come riporta l’agenzia Sir, giungerà all’attenzione di Bruxelles il 17-18 giugno prossimi; era stata votata ad ampia maggioranza dalla Commissione libertà pubbliche dell’Assemblea nel settembre 2007. In vista del voto però sono forti i ripensamenti sulla norma, le Chiese europee hanno espresso la contrarietà alla “detenzione amministrativa” che potrebbe raggiungere i 18 mesi. I rappresentanti delle Chiese cattolica, protestante, anglicana e ortodossa sono inoltre contrari alla messa al bando dal territorio europeo per cinque anni dei clandestini rimpatriati. Dubbi sono stati avanzati anche da mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti. I “ritorni volontari” potrebbero essere una soluzione possibile, secondo le Chiese europpe, da mettere sul tavolo negoziale. (B.C.)

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    Le moschee siano sempre più luoghi di culto e non di influenza politica: così a Bruxelles l’imam Pallavicini

    ◊   “La costruzione di nuovi luoghi di culto sconvolge lo spazio urbano che ci è familiare”, questo suscita dibattiti, o anche tensioni, tra musulmani da una parte e residenti e autorità locali dall’altra: è quanto ha affermato Chantal Saint-Blancat, docente di sociologia dell’Università di Padoue nel corso del secondo incontro della serie di Seminari di Dialogo dedicati a islam, cristianesimo ed Europa, organizzati dalla Conferenza delle Chiese Europee (CEC), dalla Commissione degli Episcopati della Comunità europea (COMECE) e dalla fondazione Konrad-Adenauer, che si è svolto il 29 maggio scorso a Bruxelles, al Parlamento europeo. La giornata era dedicata alla questione della visibilità della religione nello spazio pubblico, in particolare dei luoghi di culto e dei simboli religiosi. “Ma dalle tensioni possono tuttavia emergere delle opportunità - ha aggiunto la prof. Saint-Blancat – come il mutuo riconoscimento delle comunità, l’occasione per i musulmani di comprendere il contesto secolarizzato europeo ed infine la possibilità di trasformare lo spazio urbano in ‘campo di sperimentazione del pluralismo’ per le nostre società multiculturali”. Il reverendo Berit Schelde Christensen, della Chiesa evangelica luterana, ha ricordato che le religioni contribuiscono alla coesione della società e che la costruzione di luoghi di culto è importante per accogliere la ricerca di senso, la ricerca spirituale, di ciascun essere umano. Ma il reverendo ha anche osservato come ormai il linguaggio religioso non sia più compreso dai contemporanei per la forte secolarizzazione della società e per questo ha esortato i cittadini europei credenti a riflettere su come usare il principio di trascendenza per il bene comune. Dall’imam Yahya Sergio Pallavicini, vice presidente della Comunità religiosa islamica d’Italia è giunto invece l’appello a sviluppare una cultura di pluralismo religioso, auspicando che le moschee siano sempre più luoghi di culto e non luoghi di influenza politica. Il prossimo seminario, che si inquadra nell’ambito delle iniziative dell’Anno europeo del Diaologo interculturale, si svolgerà il 3 luglio, sempre al Parlamento europeo, sul tema “Europa cristiana e islam in Europa”. Obiettivo dei seminari voluti da COMECE, CEC e Fondazione Konrad-Adenauer è quello di mettere in luce la complessità delle questioni legate all’islam, al cristianesimo e all’Europa e di interrogare gli stereotipi. (T.C.)

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    Dedicata alla giornalista russa, Anna Politkovskaja, la sala stampa del parlamento europeo

    ◊   “Lotta per la verità, sempre, senza compromessi, soprattutto dinanzi agli abusi del potere e alla sofferenza delle vittime di tali abusi”. E’ il significato della targa posta ieri nella sala stampa del parlamento europeo dedicata ad Anna Politkovskaja, la giornalista russa uccisa il 7 ottobre 2006. A sottolinearne il senso Lorenzo Consoli, giornalista di ApCom a Bruxelles e presidente della International Press Association. Per Consoli, come riporta l’agenzia Sir, la reporter, che denunciò gli orrori commessi in Cecenia, era “un eroe” ed in proposito ha ricordato una frase quasi premonitrice pronunciata dalla stessa Politkovskaja: “A volte la gente paga con la propria vita per dire ad alta voce ciò che pensa”. Alla cerimonia sono intervenuti il presidente dell’Assemblea, Hans-Gert Poettering, numerosi eurodeputati e decine di operatori dei mass media accreditati presso le istituzioni comunitarie. Nell’occasione è stato letto un messaggio di ringraziamenti inviato dal giornalista russo Alexandre Mineev della Novaja Gazeta, il giornale per il quale la Politkovskaja scriveva. "Sono qui seduto alla scrivania che fu di Anna” è stato uno dei passaggi della lettera. Nel ricordare la giornalista, Consoli ha ribadito come molte volte abbia rischiato la vita “per raccontare gli orrori della guerra, per aver sfidato la realtà ufficiale e il complotto del silenzio del regime neoautoritario russo”. “Il testamento di Anna – aggiunge- è però fondamentale per noi, per ricordarci l’essenza stessa del giornalismo, ovvero la ricerca costante della verità e la testimonianza della verità. Non una verità assoluta, ma quella dei fatti, così come noi li osserviamo e conosciamo”. (B.C.)

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    Caritas argentina: colletta annuale per i poveri del Paese

    ◊   “La disuguaglianza ci addolora. Recuperiamo la capacità di condividere”: questo lo slogan della colletta annuale promossa da Caritas argentina per domenica prossima, 8 giugno. L’obiettivo dell’iniziativa, si legge in una nota, è quello di “invitare tutta la società ad esprimere la propria solidarietà con i poveri”, comprendendo che “siamo tutti parte di un’unica realtà”. La colletta si realizzerà durante tutte le Messe nelle parrocchie e nelle cappelle del Paese e nel corso di numerose iniziative organizzate dalla Caritas, come festival culturali e manifestazioni sportive. Il denaro raccolto, prosegue la nota, servirà a sostenere progetti sanitari, educativi e di microimpresa ed a promuovere i lavori di prevenzione, intervento e ricostruzione in situazioni di emergenza ambientale. “In questo modo – si legge ancora – si promuove la partecipazione personale e comunitaria di tanti fratelli e sorelle che soffrono in situazioni di povertà”. “La nostra missione nel mondo in cui viviamo – afferma mons. Fernando Bargalló, vescovo della diocesi di Merlo-Moreno e presidente di Caritas Argentina – ci sfida costantemente a non rinchiuderci in noi stessi. Come Caritas, e soprattutto come discepoli-missionari di Gesù, dobbiamo incoraggiare sempre, con la parola e la testimonianza, un impegno profondo con i nostri fratelli più poveri”. Come recuperare, allora, la capacità di condividere? “Riconoscendo in ogni persona Gesù che ci viene incontro – conclude mons. Bargalló – Da questa esperienza mistica che unisce profondamente fede e vita, potremo creare vincoli nuovi, consolidare relazioni di solidarietà e fraternità e percorrere strade che garantiscano la comunione, la giustizia e l’equità”. Attualmente, Caritas Argentina conta sull’aiuto di 32mila volontari, che aiutano circa 3milioni di persone, attraverso un lavoro suddiviso in più di 3.500 parrocchie, cappelle e centri missionari, situati in 64 diocesi del Paese. (I.P.)

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    Critiche dei vescovi del Quebec al rapporto Bouchard-Taylor che non riconosce il ruolo positivo delle religioni nella società

    ◊   L’Assemblea dei vescovi del Québec critica in un comunicato il rapporto Bouchard-Taylor, una sorta di manifesto per una società laica e aperta, commissionato dal governo per minimizzare le discriminazioni sociali, culturali e religiose, sostenendo che nel documento “il cristianesimo è trattato come una realtà del passato di cui la collettività diffiderebbe quasi unanimemente”. Secondo i presuli la commissione incaricata di redigere il rapporto non riconosce sufficientemente il ruolo positivo delle religioni nella società. Il documento, circa 300 pagine, contiene 37 raccomandazioni sulle pratiche legate alle differenze culturali, tra queste anche l’invito a togliere il crocifisso dal Salone blu dell’Assemblea nazionale. Il primo ministro Jean Charest - riferisce la cyberpresse - ha affermato che il crocifisso ha un forte valore simbolico e che bisognerebbe vederlo in una prospettiva storica, che la Chiesa ha giocato un ruolo importante nella storia del Québec e che dunque il crocifisso è il simbolo di questa storia. Anche per mons. Martin Veillette, vescovo di Trois-Rivières e presidente dell’Assemblea dei vescovi del Québec, “bisogna ricordare che non si tratta soltanto di un simbolo culturale”, che il crocifisso per la Chiesa ha un’importanza fondamentale, che si tratta di un significato religioso. La commissione incaricata di redigere il rapporto ha consegnato il proprio lavoro dopo 15 mesi di consultazioni. Al governo suggerisce di dar vita ad un libro bianco sulla laicità, di promuovere l’interculturalismo, di integrare meglio gli immigrati e di proteggerli più efficacemente contro ogni forma di discriminazione. La commissione propone inoltre di vietare l’uso di simboli religiosi ai titolari di funzioni che devono incarnare la neutralità dello Stato, fra cui magistrati, procuratori della Corona, poliziotti, guardie carcerarie, presidente e vicepresidente dell’Assemblea nazionale del Québec. (T.C.)

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    Invocare il dono della pace. E’ lo spirito con il quale si è svolto a Lourdes il pellegrinaggio militare

    ◊   “Rappresentanti dei diversi Paesi, popoli, che conoscono la disavventura della guerra e il prezzo della pace, sono diventati discepoli ai piedi della Madonna per imparare la grammatica della riconciliazione”. Così scrive sull’Osservatore Romano Vincenzo Pelvi, Ordinario militare per l’Italia, per raccontare il pellegrinaggio militare che si è svolto dal 22 al 27 maggio a Lourdes. Un appuntamento al quale hanno partecipato 31 vescovi, 35 mila soldati provenienti da 60 nazioni dall’Italia, al Cile, al Libano fino alla Repubblica del Congo. “Il pellegrinaggio militare – scrive Pelvi - si radica nella consapevolezza del soldato che avverte una profonda nostalgia di trascendente e aspira a incontrare Cristo”. Lourdes, in questo senso, rappresenta il luogo ideale per quel “sereno raccoglimento, asilo ed immagine di unità”, una definizione coniata da Papa Pio XII, nel messaggio per il primo pellegrinaggio militare risalente al 4 ottobre 1958. Quello di quest’anno cade inoltre nel centocinquantesimo anniversario delle apparizioni mariane. “Dinanzi alla grotta - scrive l’Ordinario militare - migliaia di uomini e donne d’armi, facce di persone fiduciose e in pace, hanno confermato l’impegno a essere costruttori di quell’ordine di sviluppo giusto e sostenibile senza il quale è impossibile costruire la pace nel mondo”. Definendo il pellegrinaggio come “università di pace”, Pelvi sottolinea come dalle esperienze di preghiera e riflessione sia scaturita “la consapevolezza che la concordia tra i popoli è sempre possibile anzi è il dovere consegnato dalla Vergine di Lourdes al mondo militare, che non cesserà di annunciare a tutti l’eterno ‘Vangelo della Pace’ trasmesso da padre in figlio come un passaparola dai figli ai figli dei figli”. (B.C.)

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    La GMG di Sydney sarà, secondo gli organizzatori, un evento che supererà anche le Olimpiadi del 2000

    ◊   I numeri stanno rendendo la Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney l’evento più grande mai tenutosi in Australia in grado così di superare le Olimpiadi del 2000. Secondo i dati riportarti dal Sir, sono 125 mila i pellegrini internazionali, oltre 100 mila quelli australiani, 8 mila i volontari, duemila i rappresentanti del clero e circa 3 mila i giornalisti accreditati. Dieci i Paesi più presenti: ovviamente l’Australia, gli Stati Uniti, l’Italia, la Germania, le Filippine, la Spagna, la Nuova Zelanda, la Francia, il Canada e la Polonia. Per quanto riguarda gli italiani, sono seimila gli iscritti, provenienti da 127 diocesi e guidati da 35 vescovi. Dall’ufficio nazionale CEI della pastorale giovanile fanno sapere che è possibile iscriversi anche “last minute”: si può contattare Raptim (06 687091) o l’Opera Romana pellegrinaggi (06 6989 6395), oppure l’ufficio allo 06 66398429 o scrivere su segreteria@agoradeigiovani.it.(B.C.)

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    Vescovi della Galizia: "lo Stato non può imporre una formazione morale della coscienza degli alunni"

    ◊   I Vescovi della regione della Galizia (Santiago di Compostela, Tui-Vigo, Oruense, Mondoñedo-Ferrol e Lugo) hanno pubblicato una nota, ripresa dall'Agenzia Fides, in vista del prossimo anno scolastico in merito alla materia “Educazione per la Cittadinanza” (EpC). In primo luogo, i presuli ricordano che “esistono alcuni diritti e doveri, insiti nella natura dell’essere umano e che rendono possibile la convivenza in pace e libertà nella nostra società, che si riflettono nel testo della nostra Costituzione e che devono essere rispettati”. Tra questi c’è il “diritto dei genitori a scegliere il tipo di formazione morale e religiosa per i propri figli”. Perciò “lo Stato non può imporre legittimamente una formazione morale della coscienza degli alunni al margine della libera scelta dei genitori, come si pretende di fare mediante la materia di Educazione per la Cittadinanza ed attraverso i Decreti che la sviluppano”. Inoltre “la comprensione e l’adesione degli alunni ai valori fondamentali non possono raggiungersi attraverso un’imposizione legale da parte del potere politico”. I vescovi considerano, inoltre, che i contenuti della discussa materia “impongono, attraverso istanze politiche, una concezione dell’uomo che contraddice l'idea di fondo delle scuole cattoliche”. Di fronte a questa situazione, i presuli si augurano che venga fermata l’introduzione di questa materia così come è programmata, per rispettare meglio i diritti di tutti i genitori. E, in tal caso, si renda possibile “il suo adattamento ai contenuti, agli obiettivi e ai criteri di valutazione che sono invece alla base dei Centri educativi”. In ogni caso, rammentano i vescovi, i genitori possono opporsi, attraverso mezzi legittimi come l’obiezione di coscienza, all’insegnamento della materia ai propri figli. E le realtà educative, come tutti i centri scolastici, devono rispettare le decisioni dei genitori e non interferire nell’esercizio dei loro diritti fondamentali, consigliando ed accompagnando in modo conveniente tutti coloro che lo richiedono”. Secondo quanto comunicato il 4 giugno dalla piattaforma dei Professionisti per l’Etica, le obiezioni di coscienza alla materia EpC imposta dal Governo hanno superato la cifra di 35.000 in tutta la Spagna. (R.P.)

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    Si conclude domani la Missione Giovani di Madrid con la consacrazione al Cuore di Gesù

    ◊   Volge al termine la Missione Giovani, durata due anni, con la consacrazione al Cuore di Gesù nel Cerro de los Ángeles, centro geografico della Spagna. Le celebrazioni inizieranno domani pomeriggio con l’accoglienza dei partecipanti a Perales del Río; seguirà la preghiera e la benedizione impartita dal vescovo di Alcalá de Henares, mons. Jesús Català Ibáñez. Subito dopo è previsto un pellegrinaggio che, secondo una nota dei vescovi della provincia ecclesiastica di Madrid riportata dall’agenzia Fides, rappresenta “la strada intrapresa due anni fa” quando i giovani sono stati chiamati ad “essere Testimoni del Signore” tra gli altri coetanei. Prima ancora ci sarà la celebrazione del Sacramento della Riconciliazione alla quale parteciperanno le famiglie dei partecipanti. “All’arrivo - continuano i vescovi - accoglieremo l’immagine della Vergine dell’Almudena, patrona dell’arcidiocesi. Ella ci ha accompagnati in tutti gli eventi diocesani durante la Missione Giovane e camminerà con noi”. Nella Concelebrazione Eucaristica presieduta dal cardinale Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, durante la quale si reciterà l’Atto di consacrazione al Sacro Cuore di Gesù. A conclusione della Missione Giovani è prevista infine una veglia di preghiera.(B.C.)

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    Al Santuario di Pompei l’XI Raduno nazionale degli sposi cristiani: tre giorni di convegno per rinnovare l’amore coniugale

    ◊   Si svolgerà da domani, 6 giugno, fino a domenica prossima a Pompei, l’XI edizione del convegno degli Sposi Cristiani, organizzato dall’Ufficio di Pastorale della Famiglia della prelatura del Santuario. Il tema scelto quest’anno è “La famiglia umana, comunità di speranza e di pace”, sul quale ci si è già soffermati in diversi appuntamenti preparatori svolti nelle diverse parrocchie cittadine. L’arrivo dei convegnisti al Centro Educativo “Bartolo Longo” è previsto alle ore 15.30 di domani. Dopo la celebrazione dei Vespri, presso la Cappella del centro, ci sarà l’inizio dei lavori, con i saluti dell’arcivescovo-prelato e delegato pontificio di Pompei, mons. Carlo Liberati, e del sindaco della città mariana, avv. Claudio D’Alessio. Il programma del convegno prevede l’intervento di varie coppie di coniugi che relazioneranno sui temi della famiglia e le problematiche annesse. Non mancherà nella serata di sabato, nel Teatro “Di Costanzo-Mattiello”, uno spettacolo teatrale sulle tematiche analizzate. Domenica 8 giugno, alle ore 10.45 in Santuario, la solenne concelebrazione eucaristica conclusiva presieduta da mons. Liberati. Questo convegno, che è diventato un appuntamento fisso per centinaia di coppie di sposi, da quelle appena sposate a quelle con cinquanta o sessanta anni di vita insieme, è un’importante occasione per riflettere sul ruolo che il sacramento del matrimonio deve avere nella società moderna, così logorata da divisioni e contrasti. L’attenzione alla famiglia è da sempre presente nell’impegno pastorale del Santuario di Pompei, il cui Fondatore - il Beato Bartolo Longo - promosse l’iniziativa “La Pia Unione per la recita del Rosario in comune e nelle famiglie” e che oggi, in un rinnovato ed aggiornato impegno per il Rosario, strumento di contemplazione del volto di Cristo, continua nell’ “Unione Famiglie del Rosario”. (A cura di Giovanni Peduto)

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    24 Ore nel Mondo



    In Slovenia rientra l’allarme nucleare dopo l’incidente nella centrale atomica di Krsko
     

    ◊   La centrale nucleare slovena di Krsko, interessata ieri da un incidente ad un reattore, resterà chiusa per alcuni giorni. Lo hanno annunciato le autorità slovene, ribadendo che è tutto sotto controllo come confermano anche la Commissione UE e l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, secondo cui non si può neanche parlare di incidente, perchè non vi è stata alcuna fuga radioattiva. Ma la popolazione può stare tranquilla dopo le rassicurazioni di Lubiana e della Commissione Europea? Risponde Giorgio Alba, studioso di questioni nucleari per l'Istituto di ricerche internazionali Archivio disarmo, intervistato da Giada Aquilino:


    R. – Riguardo all’incidente in Slovenia, sì: la popolazione europea può stare tranquilla, può essere rassicurata. La risposta è stata rapida, chiara.

     
    D. – In tutta l’Unione Europea è immediatamente scattato un sistema d’emergenza secondo cui i Paesi membri informano la Commissione europea sull’accaduto. Ecco: che tipo di procedura è?

     
    R. – C’è una stratificazione dei livelli di sicurezza. Innanzitutto, c’è l’EURATOM, l’organizzazione a livello di Unione Europea. Questi controlli esistevano già, ma sono stati rafforzati successivamente a Chernobyl e ad altri incidenti anche negli Stati Uniti e in Giappone. Questo perché i rischi maggiori per le popolazioni sono proprio quelli di non essere avvisati dell’allarme, continuare a vivere nell’ambiente esterno quando ci possono essere fughe di gas radioattivi, e quindi possono essere esposti ad alti livelli di radiazioni.

     
    D. – Attualmente in Italia, e non soltanto, il dibattito è sul nucleare sì – nucleare no ...

     
    R. – Il dibattito andrebbe centrato sulla questione “risolvere il problema energetico o non risolvere il problema energetico”. Quindi: quali sono le soluzioni al problema energetico che ci poniamo davanti? Per esempio, il governo tedesco di recente in una Conferenza internazionale che ha visto la partecipazione anche dell’Italia e di 60 altri governi, nell’aprile 2008, ha proposto l’istituzione di un’Agenzia internazionale per la promozione delle energie rinnovabili.
     Polonia
    Almeno quattro minatori hanno perso la vita e altri 23 sono rimasti feriti in un'esplosione verificatasi ieri sera in una miniera nel sud della Polonia. 5 dei feriti sono gravi. Secondo uno dei resposabili dell’impianto estrattivo l'incidente è stato causato da una fuga di metano. Nella giornata di oggi la miniera Borynia sarà visitata dal vice primo ministro Waldemar Pawlak che si recherà anche negli ospedali a salutare i feriti. La procura ha già avviato un'indagine per accertare le cause dell'incidente.

    USA – Presidenziali
    Dopo il completamento delle primarie e il responso favorevole dei superdelegati, il candidato democratico alle presidenziali di novembre sarà Barack Obama. Il senatore dell’Illinois ha avuto la meglio su Hillary Clinton, che sabato annuncerà il proprio ritiro dalla corsa presidenziale e il sostegno ad Obama. Ora però Obama dovrà sciogliere il nodo sul candidato alla vice presidenza. Per i particolari, il servizio di Marco Guerra:


    Ha incassato i complimenti di Bush e Condoleezza Rice, ha risposto ai nuovi attacchi provenenti da McCain, si è recato al Congresso per raccogliere le felicitazioni di deputati e senatori ed ha tenuto il primo discorso da candidato davanti ad una delle più influenti associazioni ebraiche per ribadire il suo impegno nei confronti della sicurezza di Israele. Malgrado la storica nomination e la prospettiva di diventare il primo presidente di colore degli Stati Uniti, Barack Obama ieri non ha dedicato tempo ai festeggiamenti e, dopo il lungo duello delle primarie, ha parlato anche con l’ex rivale Hillary Clinton che, dal canto suo, ha organizzato per sabato un evento nel quale ringrazierà i propri sostenitori, esorterà all'unità nel Partito democratico ed esprimerà il proprio appoggio al senatore dell’illinois. Da oggi per Obama parte quindi la sfida a tutto campo al candidato repubblicano per la Casa Bianca, McCain, il quale si è già detto pronto a sfidarlo in una serie di 10 dibattiti davanti ad una platea che pone domande. Una formula che lo staff democratico si detto pronto a discutere. Nel frattempo Obama dovrà sciogliere il nodo sulla candidatura alla vice presidenza. A tal proposito ha annunciato che ci sarà un incontro "nelle prossime settimane" con la Clinton, spostando così in avanti la scelta se accettare il ticket con la senatrice.

     
    Guantanamo – Processo 11 settembre
    Si apre oggi nel carcere militare di Guantanamo, il processo speciale a cinque presunti terroristi accusati di aver partecipato alla strage dell’11 settembre 2001. Fra gli imputati anche Khaled Cheikh Mohammed, considerato la mente pianificatrice degli attentati alle Torri Gemelle. I familiari delle vittime potranno seguire il processo attraverso un sistema di televisione a circuito chiuso.

    Medio Oriente
    Tornano ad intensificarsi gli attacchi missilistici sulle località del sud di Israele. Oggi un uomo è morto e almeno altri tre sono rimasti ferirti in un kibbutz vicino al centro abitato israeliano di Nir Oz, per l'esplosione di un razzo Qassam lanciato da miliziani palestinesi dalla Striscia di Gaza. Poche ore dopo Israele ha risposto con un raid aereo sulla Striscia che ha causato la morte di una bambina palestinese di quattro anni. Il lancio di razzi è stato rivendicato dall'ala militare di Hamas, che in una nota si è compiaciuta dell’uccisione di un civile israeliano, sostenendo però che gli ordigni erano indirizzati contro una base militare. Per Israele ha risposto un portavoce del governo che ha ammonito che Tel Aviv “non può consentire e non consentirà” che gli attacchi proseguano. L'azione odierna segue un’apparente intensificarsi dei lanci dalla Striscia negli ultimi giorni. Nel solo mese di maggio, del resto, gli attacchi con razzi Qassam o colpi di mortaio verso il territorio israeliano sono stati più di 300.

    Pakistan
    Ancora violenza in Pakistan. Una bomba è esplosa oggi nella provincia del Belucistan, provocando la morte di due bambini che stavano giocando vicino alle rotaie di un ponte ferroviario. L’ordigno era stato collocato da terroristi; secondo le autorità si tratterebbe dei separatisti, che rivendicano l’autonomia della regione ricca di gas. Sempre oggi, Al Qaeda ha rivendicato l’attacco del 2 giugno scorso all’ambasciata danese di Islamabad, in cui sei persone sono rimaste uccise. Un documento diffuso su Internet spiega che l’attentato ha voluto lanciare un monito alla Danimarca per aver permesso la pubblicazione delle vignette satiriche su Maometto.
     Algeria
    3 morti, fra cui l’attentatore kamikaze, e almeno dieci feriti. È il bilancio definitivo, diffuso oggi dalla stampa, dell’esplosione di due ordigni all'ingresso di una caserma della guardia repubblicana e in un caffè in un quartiere orientale di Algeri. Per i giornali locali gli attacchi sono opera di Al Qaeda per il Maghreb Islamico, ma al momento non è ancora giunta alcuna rivendicazione.
     Australia – Inchiesta pedofilia
    In Australia, al termine di una vasta inchiesta internazionale, durata sei mesi, la polizia ha arrestato 70 persone, tutte accusate di scambio e visione di immagini pedopornografiche su Internet. Venti di queste persone devono già presentarsi davanti ai giudici. Fra le persone fermate anche un commissario di polizia e un insegnante. Il commissario capo della polizia federale australiana, Mick Keelty, ha detto che l'inchiesta è stata condotta grazie alla collaborazione della polizia di 170 paesi. Si prevedono numerosi altri arresti. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 157

     
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