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Sommario del 04/06/2008
Benedetto XVI su San Gregorio Magno: insegnò la grandezza dell'umiltà che ogni vescovo deve testimoniare. Il saluto del Papa alla "Fiaccola della pace" del pellegrinaggio Macerata-Loreto
◊ Un vescovo, per essere guida di anime e pastore della Chiesa, deve avere come prima qualità la stessa umiltà di Dio. Gregorio Magno fu l’incarnazione di questa virtù e perciò è rimasto nella storia come un grande Papa. Lo ha affermato Benedetto XVI nella seconda catechesi del mercoledì dedicata al celebre Pontefice del sesto secolo. L’udienza generale, celebrata in Piazza San Pietro, è stata conclusa dal saluto di Benedetto XVI agli atleti che porteranno la “Fiaccola della pace”, nella 30.ma edizione del tradizionale pellegrinaggio da Macerata a Loreto, e da un pensiero su Giovanni XXIII, a 45 anni dalla sua scomparsa. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Fu un grande Papa perché fu umile: rimase un monaco fin nelle profondità dell’animo, nonostante la chiamata al soglio di Pietro e nonostante la grande capacità di governo che dimostrò nel corso del suo ministero pontificio, in tempi non facili per la Chiesa. Fu davvero in vita ciò che amò fissare in una semplice formula, rimasta poi nei secoli l’attributo che esprime il dover essere di un Papa: servus servorum Dei, servo dei servi di Dio. Nella seconda catechesi incentrata su San Gregorio Magno, in particolare sulla sua densa opera dottrinale, Benedetto XVI ha battuto a più riprese su un aggettivo, che da Gregorio fu perseguito in ogni sfaccettatura: umiltà nello studiare la Bibbia, umiltà nello spiegarla ai fedeli, umiltà nell’essere Papa pur nella fermezza che il ruolo talvolta impone, come ad esempio nella vicenda che lo vide in attrito con il Patriarca di Costantinopoli:
“Se tuttavia San Gregorio, nel contesto della sua situazione storica, si oppose al titolo di 'ecumenico' da parte del Patriarca di Costantinopoli, non lo fece per limitare o negare questa legittima autorità, ma perché egli era preoccupato dell’unità fraterna della Chiesa universale. Lo fece soprattutto per la sua profonda convinzione che l’umiltà dovrebbe essere la virtù fondamentale di ogni Vescovo, ancora più di un Patriarca. (...) Il suo desiderio veramente fu di vivere da monaco in permanente colloquio con la Parola di Dio(…) Proprio perché fu questo, egli è grande e mostra anche a noi la misura della vera grandezza“.
Benedetto XVI ha fatto emergere questa qualità di eccellenza di Gregorio Magno attraverso la presentazione dei suoi scritti, nei quali fra l’altro - ha sottolineato - non si delinea tanto una “sua” dottrina, quanto la preoccupazione di “farsi eco” dell’insegnamento della Chiesa. Anche questo un segno di umiltà, che San Gregorio Magno - “appassionato lettore della Bibbia” - dimostrò anche nell’accostarsi alla Sacra Scrittura:
“L’umiltà intellettuale è la regola primaria per chi cerca di penetrare le realtà soprannaturali partendo dal Libro sacro. L’umiltà, ovviamente, non esclude lo studio serio; ma per far sì che questo risulti spiritualmente proficuo, consentendo di entrare realmente nella profondità del testo, l’umiltà resta indispensabile. Solo con questo atteggiamento interiore si ascolta realmente e si percepisce finalmente la voce di Dio. D’altra parte, quando si tratta di Parola di Dio, comprendere non è nulla, se la comprensione non conduce all’azione”.
“Realizzare un’armoniosa integrazione tra parola e azione, pensiero e impegno” è - per il Pontefice del sesto secolo - un “ideale morale” che diverrà, ha affermato Benedetto XVI, “una specie di Summa” per i cristiani del Medioevo. Così come avrà grande fortuna la “Regola pastorale” scritta da Gregorio Magno, nella quale viene tratteggiata la figura del “vescovo ideale”. Un modello che, chiaramente, deve fondarsi su una dote più di altre:
“Egli afferma che il Vescovo è innanzitutto il 'predicatore' per eccellenza; come tale egli deve essere innanzitutto di esempio agli altri, così che il suo comportamento possa costituire un punto di riferimento per tutti (...) Il grande Pontefice, tuttavia, insiste sul dovere che il Pastore ha di riconoscere ogni giorno la propria miseria, in modo che l’orgoglio non renda vano, dinanzi agli occhi del Giudice supremo, il bene compiuto. Per questo il capitolo finale della Regola è dedicato all’umiltà”.
Il 3 giugno di 45 anni fa, Roma e il mondo si fermavano commossi per la morte del Beato Giovanni XXIII. Rivolgendosi ai pellegrini polacchi in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha voluto ricordarne la figura con queste parole:
“Nazywano go ‘Jan dobry’...
Veniva chiamato dalla gente: ‘Giovanni il buono’ oppure ‘Il buon Papa Giovanni’. Era stato Lui a convocare il Concilio Vaticano II, il quale iniziò il rinnovamento della Chiesa, la riforma delle Sue strutture e l’aggiornamento della liturgia. Che questa riforma porti frutti in noi e nella Chiesa del terzo millennio”.
Nei saluti nelle varie lingue, Benedetto XVI si è unito spiritualmente al pellegrini giunti a Roma per concludere l’anno giubilare dedicato a San Francesco Caracciolo, fondatore dei Chierici Regolari Minori perché il suo esempio, ha detto, aiuti “rinnovare in tutti il vivo desiderio di servire Cristo”. Quindi, agli atleti che innalzavano la “Fiaccola della pace” del prossimo pellegrinaggio a piedi da Macerata a Loreto ha detto:
“Auguro ogni migliore successo alla trentesima edizione di tale importante iniziativa pastorale”.
E sul significato del pellegrinaggio Macerata-Loreto, che si svolgerà nella notte tra sabato e domenica prossimi, ascoltiamo il vescovo di Fabriano-Matelica, Giancarlo Vecèrrica, al microfono di Luca Collodi:
R. – E’ il pellegrinaggio che vige nella storia della Chiesa: nella tradizione del Popolo di Dio ha il significato di un cammino del popolo verso una meta.
D. – Mons. Vecerrica, come nasce l’esperienza del pellegrinaggio a piedi da Macerata a Loreto?
R. – E’ nato mentre insegnavo religione al Liceo Classico di Macerata, perchè vedevo i ragazzi molto impegnati nell’ora di religione, che si aprivano al senso della vita così come è proposto dal Vangelo. Avevo allora desiderio che le vacanze fossero segnate da un avvenimento che li coinvolgesse in modo da tenere viva la presenza cristiana come determinante la vita. E’ venuto l’impegno di risuscitare una tradizione popolare marchigiana che prevedeva che al termine di ogni inziativa si andasse a piedi al Santuario di Loreto: così nel giugno 1978, per la prima volta, ho proposto ai miei studenti e ad altri della città e della regione questo cammino.
Nomine
◊ Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi metropolitana di Tulancingo (Messico), presentata da mons. Pedro Arandadíaz Muñoz, per raggiunti limiti di età.
Il Papa ha nominato arcivescovo metropolita di Tulancingo mons. Domingo Díaz Martínez, finora vescovo di Tuxpan. Mons. Domingo Díaz Martínez è nato a Bravo, diocesi di Querétaro, il 4 agosto 1948. Ha seguito i corsi filosofici e teologici nel Seminario Maggiore di Querétaro. Ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale il 27 giugno 1977. A Roma ha conseguito la licenza in Sociologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Eletto vescovo della diocesi di Tuxpan il 23 marzo 2002, ha ricevuto l'ordinazione episcopale il 1° maggio successivo. Attualmente è rappresentante della Conferenza episcopale del Messico per la pastorale penitenziaria.
Il Santo Padre ha nominato vescovo di Kasana-Luweero (Uganda) mons. Paul Ssenogerere, vicario generale di Kampala. Mons. Paul Ssenogerere è nato a Kusubi, nell’arcidiocesi di Kampala, il 30 giugno 1956. Ha studiato Filosofia nel Seminario Maggiore di St. Mbaga, Kampala (1976-1978), e Teologia nel Seminario Maggiore St. Francis, Milwaukee, Stati Uniti, dove ha ottenuto il certificato M.A. in Teologia (1978-1982). È stato ordinato sacerdote il 3 giugno 1983 ed incardinato nell’arcidiocesi di Kampala. Mons. Ssemogerere è anche presidente del Board of Governors del Collegio St. Augustine, Wakiso.
Il cardinale Tauran: in elaborazione nuovo documento sulle Linee guida per il dialogo interreligioso
◊ E’ iniziata stamane a Roma la plenaria del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Al centro dell’assemblea il tema: “Il dialogo nella verità e nella carità: orientamenti pastorali”. Durante i lavori si parlerà dell’elaborazione di un nuovo documento sulle Linee guida del dialogo con le altre religioni. Ha aperto la plenaria il presidente del dicastero, il cardinale Jean-Louis Tauran. Il servizio di Sergio Centofanti.
Nella sua prolusione il cardinale Tauran ha sottolineato che come credenti sappiamo che Dio “è l'unico che dà il senso ultimo alla nostra vita e alla storia umana” e siamo dunque “impegnati a cercare la verità. Ad amarla. A difenderla. A trasmetterla”.
“Se poi, “come cristiani – ha aggiunto - sappiamo che lo Spirito Santo opera in ogni uomo e ogni donna indipendentemente dal suo credo religioso o spirituale, d'altra parte, dobbiamo proclamare che Cristo è ‘la Via, la Verità e la Vita’. Gesù ci ha rivelato la verità su Dio e la verità sull'uomo e questa è per noi la Buona Novella”. “Non possiamo mettere” questa verità “sotto il moggio” – ha affermato il porporato. “La verità – ha aggiunto – è inseparabile dalla carità. Dio è amore e verità. La verità ispira sentimenti, atteggiamenti e azioni di amore”.
Il cardinale Tauran ha poi detto che il principale compito della plenaria sarà l'elaborazione di "Linee guida" per il dialogo interreligioso. “Dopo molti anni di esitazioni, riguardo all’opportunità di un tale documento - ha ricordato - il tempo è arrivato per offrire ai pastori e ai fedeli alcuni orientamenti generali che ovviamente dovranno essere adattati alle situazioni locali”.
Base di questi orientamenti saranno i Dieci Comandamenti che – ha detto – “sono una sorta di grammatica universale che tutti i credenti possono utilizzare nel loro rapporto con Dio e con il prossimo”. Il presidente del dicastero cita l’Enciclica "Veritatis Splendor" di Giovanni Paolo II: “Solo Dio può rispondere alla domanda sul bene, perché Egli è il Bene. Ma Dio ha già dato risposta a questa domanda: lo ha fatto creando l'uomo e ordinandolo con sapienza e con amore al suo fine, mediante la legge inscritta nel suo cuore (cf Rm 2,15), la ‘legge naturale’. Questa ‘altro non è che la luce dell'intelligenza infusa in noi da Dio. Grazie ad essa conosciamo ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare. Questa luce e questa legge Dio l'ha donata nella creazione’."
Per il porporato è importante preparare i fedeli “a condividere le loro convinzioni spirituali e a prendere in considerazione quelle degli altri”. Occorre infatti “rendersi conto che tutti i credenti hanno un patrimonio comune: la fede in un Dio unico, la sacralità della vita, la necessità della fraternità, l'esperienza della preghiera che è la lingua della religione”.
Il cardinale Tauran ha auspicato infine che al termine della plenaria si possa avere materiale a sufficienza per l’elaborazione di questo documento “per aiutare i cattolici, e forse altri cristiani, a rapportarsi con persone e comunità di altre religioni nella verità e nell'amore”.
Il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace lancia un 'New Deal' contro la fame nel mondo
◊ E’ necessario che nella comunità internazionale “maturi una coscienza solidale che consideri l’alimentazione come un diritto universale di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni”: è l’esortazione del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che ha pubblicato oggi una lunga nota sulla situazione alimentare mondiale, in occasione del Vertice della FAO, in corso a Roma. Un documento articolato che si sofferma sulle cause e le possibili risposte all’emergenza alimentare. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Nell’anno in cui si celebra il 60.mo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, “la crisi alimentare mondiale minaccia il perseguimento del diritto primario di ogni persona ad essere libera dalla fame”. E’ quanto costata con rammarico il dicastero presieduto dal cardinale Renato Raffaele Martino che chiede un “impegno comune e concreto” di tutte le nazioni “per rendere possibile il diritto all’alimentazione”. La nota di “Giustizia e Pace” sottolinea che “dare da mangiare agli affamati” è “un imperativo etico per la Chiesa” che corrisponde agli insegnamenti del suo Fondatore. Il documento enumera dunque una serie di cause congiunturali che hanno determinato la crescita dei prezzi dei prodotti alimentari.
Da una parte, rammenta, si è registrata una scarsità di raccolti in Paesi produttori di cereali come la Cina a causa delle avverse condizioni climatiche. C’è poi l’aumento dei prezzi dell’energia che ha reso più costosa la produzione agricola. E, soprattutto, l’aumento del prezzo del petrolio che ha determinato la convenienza ad ottenere energia dai cosiddetti biocarburanti, “sottraendo così terra alla coltivazione di cereali per uso alimentare”. La nota critica poi il comportamento di quegli investitori internazionali che hanno speculato sull’incremento dei prezzi dei beni primari.
Non meno importanti, per “Giustizia e Pace”, sono i fattori strutturali. “L’incremento della domanda di beni alimentari – si legge nel documento vaticano – si è scontrato con un’insufficienza dell’offerta a livello mondiale le cui cause si possono rintracciare nelle scelte di politica economica portate avanti sia dalle economie avanzate che dalle istituzioni finanziarie internazionali nei Paesi in via di sviluppo, negli ultimi 30 anni”. In particolare, si ricordano le politiche applicate in molti Paesi in via di sviluppo che hanno sostenuto la specializzazione nelle culture d’esportazione, impoverendo i contadini e rendendo più debole la loro autonomia alimentare.
Gli effetti, avverte “Giustizia e Pace”, sono drammatici: secondo le stime dell’ONU, infatti, ad ogni rincaro dell’1 per cento dei generi di prima necessità, 16 milioni di esseri umani precipitano nell’insicurezza alimentare. Di qui al 2015, potrebbero esserci allora 1 miliardo e 200 milioni di affamati cronici. Tuttavia, il documento non si sofferma solo sull’analisi del problema, ma tenta anche di dare delle risposte alla crisi. Il problema, rileva, va affrontato il prima possibile “in una prospettiva di lungo periodo” che elimini le cause strutturali. Serve un vero e proprio “New Deal” per l’alimentazione che permetta un “rinascimento agricolo” sostenuto da misure in grado di “incrementare la produzione alimentare nel mondo”.
Innanzitutto, i contadini dei Paesi in via di sviluppo “devono essere aiutati a produrre di più e a far sì che i loro prodotti raggiungano il mercato”. In tal senso, prosegue la nota, “potrebbe risultare utile considerare le nuove frontiere che vengono aperte da un corretto impiego delle biotecnologie in ambito agricolo”. Al tempo stesso, prosegue, non va trascurata “la questione della riforma agraria” nei Paesi del Sud del mondo, affinché venga conferita ai contadini la proprietà della terra. I Paesi avanzati, è il richiamo del dicastero vaticano, dovranno “forse riconsiderare” in occasione del prossimo G8 in Giappone “l’opportunità della produzione delle bioenergie nell’attuale contesto di penuria di prodotti agricoli”. E ciò, viene spiegato, perché “non è pensabile diminuire la quantità di prodotti agricoli da collocare sul mercato degli alimenti” in favore di “altri pure accettabili fini che non soddisfano però un diritto fondamentale come è quello dell’alimentazione”.
D’altro canto, si rileva che le politiche dei maggiori produttori di biocarburanti, (USA, Brasile UE) sta dirottando i terreni dalla coltivazione di beni primari ai combustibili di origine vegetale, attraverso sussidi e incentivi che ostacolano il corretto funzionamento del mercato. Di qui l’esortazione a Stati Uniti ed Europa a ritornare alla coltivazione di terreni lasciati a riposo in questi anni. Il documento non manca di sottolineare che l’attuale crisi alimentare è stata determinata “anche dalla speculazione finanziaria sulle materie prime” e chiede dunque una regolamentazione dei comportamenti finanziari che incidono sulla realizzazione del diritto primario all’alimentazione proprio di ogni essere umano. Infine, la nota critica il rinnovato ricorso alle tesi malthusiane che indicando nella crescita demografica la causa dell’emergenza alimentare prospettano come soluzione la diminuzione delle nascite nei Paesi poveri.
Al Congresso di Nairobi mons. Marchetto invoca leggi giuste e solidali sull'immigrazione
◊ Il bisogno di una pastorale specifica a favore dei rifugiati si fa sentire più che mai: è quanto ha affermato l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la pastorale per i migranti e gli itineranti, nel suo intervento stamane al Congresso continentale africano, in corso a Nairobi fino a domani. Tema del Congresso, organizzato dal dicastero vaticano in collaborazione con la Conferenza episcopale del Kenya, è: “Per una migliore cura pastorale dei Migranti e dei Rifugiati in Africa all'alba del terzo millennio”. Ieri pomeriggio il cardinale Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio, ha presentato l’Istruzione Erga migrantes caritas Christi. Il servizio di Fausta Speranza:
“Anche se si registra un leggero calo del numero dei rifugiati, le condizioni che sono all’origine delle migrazioni forzate sono lungi dal diminuire, al contrario tendono ad aumentare”. Con queste parole mons. Marchetto ribadisce il dovere dei cristiani di essere “in particolare vicini ai poveri, non solamente a parole ma nei fatti”. Tra i più poveri – sottolinea mons. Marchetto – ci sono senz’altro i rifugiati, gli sfollati, le vittime del drammatico traffico di esseri umani. Mons. Marchetto sottolinea che “una persona che non vive una vita piena nel suo Paese ha diritto, a certe condizioni, di emigrare altrove”. La Dottrina sociale – spiega – è sempre quella della sussidiarietà e della solidarietà. Cita innumerevoli interventi di Benedetto XVI e di Papi precedenti. Tra questi, le parole di Giovanni XXIII nella Lettera Enciclica Pacem in Terris, in cui si chiede “ la solidarietà e la collaborazione di tutti i cristiani e degli uomini di buona volontà”. O le parole, in diverse occasioni, di Benedetto XVI per il ricongiungimento delle famiglie separate a causa di scelte migratorie. E mons. Marchetto spiega bene che cosa significa la solidarietà nei fatti e non nelle parole, facendo degli esempi: “contatto personale, difesa dei diritti degli individui e dei gruppi, denuncia delle ingiustizie che sono all’origine del male, impegno per l’adozione di leggi che garantiscano protezione effettiva, educazione contro la xenofobia, istituzione di gruppi di volontariato e di fondi di urgenza, assistenza spirituale”, ma anche l’impegno a radicare nei rifugiati rispetto e apertura nei riguardi della società che li accoglie”.
In particolare del dramma del traffico di esseri umani ha parlato stamane a Nairobi mons. Novatus Rugamwa, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la pastorale per i Migranti e gli Itineranti, denunciando la “moderna schiavitù” che soffrono, uomini, donne e soprattutto bambini, costretti a lavori disumani, alla prostituzione, alla guerra come tanti bambini soldato. Ricorda che un terzo dei bambini costretti nel mondo con metodi disumani alla guerra si trova in Africa.
A proposito dell’Istruzione Erga migrantes caritas Christi, presentata ieri dal cardinal Martino, bisogna dire che definisce l’attuale fenomeno migratorio “il più vasto movimento di persone di ogni tempo” e che indica la via del dialogo e della solidarietà. Nel documento si ripercorre l’impegno della Chiesa dal secolo scorso, ricordando tappe come la Seconda guerra mondiale o il Concilio Vaticano II. In particolare del Pontificato di Giovanni Paolo II si ricorda la strenua difesa dei fondamentali diritti umani di ogni persona.
In relazione all’oggi si legge nel documento: “La mobilità umana, in particolare le migrazioni, - sottolinea il cardinal Martino citando l’Istruzione - comportano il fatto che ci troviamo faccia a faccia con un pluralismo forse mai sperimentato con così tanta consapevolezza prima”. Gli incontri tra persone e gruppi che hanno vissuto storicamente separati inevitabilmente alimenta problemi che richiedono la creazione di una nuova vita insieme. “Il dialogo è un indispensabile elemento in tale progetto e – sottolinea il cardinal Martino – davvero è un requisito non negoziabile, in particolare perché coinvolge l’interazione in profondità di persone e gruppi sul livello umano, religioso, culturale”. La Chiesa affronta il pluralismo culturale e religioso chiedendo il dialogo a diversi livelli. Primo, dialogo all’interno della Chiesa cattolica; secondo, dialogo con altre Chiese e comunità ecclesiali; terzo, dialogo con membri di altre religioni. Il cardinal Martino ribadisce più volte che la Chiesa assicura materna cura e chiede sempre il rispetto della dignità di ogni essere umano e dei suoi basilari diritti, sottolineando “la positiva dimensione della migrazione umana nella prospettiva della specifica azione pastorale della Chiesa”.
Il 17 giugno in Vaticano un musical su Maria
◊ Il prossimo 17 giugno, alle ore 19.30, si svolgerà nell’Aula Paolo VI in Vaticano, l’anteprima mondiale del musical “Maria di Nazareth - una storia che continua”. L’evento, prodotto da AIRAM - Cultura e Comunicazione, sarà presentato martedì 10 giugno nella Sala Stampa della Santa Sede. Interverranno mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, il mariologo padre Stefano De Fiores, la dott.ssa Maria Pia Liotta, ideatrice ed autrice, il maestro Stelvio Cipriani, autore delle musiche, il soprano Alma Manera, interprete di Maria, e il dott. Ennio Salomone, responsabile ufficio stampa della produzione.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina un articolo di Ettore Gotti Tedeschi dal titolo "L'immigrazione come valore economico e sociale".
Ban Ki-moon chiede al mondo impegni precisi contro la fame: in evidenza, nell'informazione internazionale, il vertice della FAO sulla sicurezza alimentare.
Karl Rahner e la parola poetica: in cultura, anticipazioni della relazione di Antonio Spadaro al convegno (domani a Roma) sul tema: "Spada a doppio taglio. Domande radicali tra letteratura e spiritualità nel Novecento italiano".
A scuola di Bellezza dall'Immacolata: Salvatore M. Perrella sul dogma del 1854, occasione per riscoprire la dignità dell'uomo.
Marco Tibaldi recensisce il libro del critico televisivo Aldo Grasso "Buona maestra. Perché i telefilm sono diventati più importanti del cinema e dei libri".
La caritatevolissima vedova dello strozzino: Elisabetta Galeffi sul busto reliquia della beata Umiliana dei Cerchi, tornato nella basilica fiorentina di Santa Croce.
Vertice FAO: arrivano le prime promesse di interventi contro la crisi alimentare mondiale
◊ Dopo le dichiarazioni dei capi di Stato e di governo, che ieri hanno riconosciuto l’urgenza di affrontare la drammatica crisi alimentare mondiale, oggi sono i ministri degli Stati partecipanti ad affrontare gli aspetti tecnici dell’emergenza. Ad aprire i lavori questa mattina il ministro degli Esteri italiano Frattini che ha difeso il polo romano della FAO dalle polemiche di alcuni esponenti internazionali, chiedendo il superamento di posizioni ideologiche. Il ministro ha, inoltre, confermato l’impegno del governo italiano ad aumentare del 50% gli aiuti alimentari destinati al continente africano. Tra gli interventi della mattina anche quello dell’ex segretario dell’ONU, Kofi Annan, che ha lanciato un partenariato per una “rivoluzione verde” in Africa che “punti sull’agricoltura e rilanci l’intero sistema economico del continente”. Il servizio del nostro inviato, Stefano Leszczynski:
Il segretario generale delle Nazioni Unite, nella conferenza stampa che ha preceduto la sua partenza, ha ribadito che quella contro la fame è una lotta che non si può perdere, pena l’esplosione di incontrollabili rivolte e l’instabilità mondiale. Ban Ki-moon ha dimostrato apprezzamento per la “condivisione delle responsabilità tra gli Stati membri” ed ha ribadito il loro impegno ad aumentare gli aiuti e a investire di più in favore dei piccoli agricoltori e per contrastare l'aumento vertiginoso dei prezzi.
La strada imboccata a Roma insomma appare come quella giusta, ma il segretario generale dell’ONU avverte il lavoro “è appena all'inizio” e soprattutto serve “un piano d'azione concreto”. La fame non è “una catastrofe naturale - ha sottolineato il presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick - ma è stata creata dall'uomo e dall'uomo deve essere sconfitta”. Tre i punti chiave individuati dalla Banca Mondiale per affrontare l'emergenza cibo: intervenire entro il prossimo G8 di luglio per rispondere alle esigenze immediate dei 20 Paesi più vulnerabili, attraverso l'azione delle agenzie ONU e delle banche di sviluppo; fornire sementi e fertilizzanti; e, infine - ha spiegato Zoellick - serve rimuovere divieti e restrizioni sulle esportazioni per consentire l'acquisto di cibo e il trasporto umanitario”. Tra i primi a rispondere alla richiesta di maggiori finanziamenti di progetti strutturali sono stati, dunque, proprio gli enti finanziari internazionali.
Il direttore della FAO, Jaques Diouf, ha annunciato che la Banca islamica per lo sviluppo donerà 1,5 miliardi di dollari a sostegno dell'agricoltura nei Paesi sottosviluppati. Anche il PAM, il Programma Alimentare Mondiale, ha annunciato un nuovo stanziamento di fondi pari a 1,2 miliardi di dollari per aiutare milioni di persone colpite dall'emergenza cibo in 62 Paesi. Mentre l’IFAD prevede di investire nei prossimi 25 anni almeno 200 milioni di dollari in programmi di sviluppo destinati all’Africa e all’Asia.
Pochi i riferimenti all’impatto della produzione di biocarburanti sulla crisi alimentare. Su questo punto il segretario generale dell’ONU ha ammesso che non esistono ancora dati certi e che la questione è ancora allo studio degli esperti. Bassi i toni e massima diplomazia, invece, da parte di Ban Ki-moon sulle accuse rivolte al sistema della Nazioni Unite da parte di Iran e Zimbabwe, anche se fonti dell’organismo internazionale hanno confermato che sarebbe in corso di preparazione una risposta di tipo politico.
Presidenziali USA: sarà il democratico Obama a sfidare il repubblicano McCain nella corsa alla Casa Bianca
◊ Negli Stati Uniti, dopo le primarie democratiche in Montana e Sud Dakota, si è delineato il quadro delle presidenziali di novembre. A sfidare il repubblicano John McCain nella successione a George Bush sarà Barack Obama. Il senatore democratico dell’Illinois è diventato il primo afroamericano a vincere la nomination per la Casa Bianca in uno dei due maggiori partiti del Paese. Il servizio di Elena Molinari:
Con uno sprint finale, Obama ce l’ha fatta: è diventato il primo afroamericano a vincere la nomination per la Casa Bianca di uno dei due partiti di maggioranza americani. Esattamente cinque mesi dopo il primo voto nel gelido Iowa, il senatore dell’Illinois ha tagliato il traguardo dei 2118 delegati necessari a diventare il candidato ufficiale del partito democratico. E lo ha fatto nell’ultimo giorno di primarie, mentre si chiudevano le urne in Montana e Sud Dakota, gli ultimi Stati a pronunciarsi. Tuttavia, non l’ha fatto grazie ai loro voti, bensì a quelli dei super delegati, maggiorenti del partito, che votano per chi vogliono. E’ ironico, infatti, che nell’ultima consultazione, uno degli Stati, il Sud Dakota, sia stato vinto dalla rivale, Hillary Clinton. La gara, dunque, si è chiusa come era iniziata, con un risultato misto, quasi alla pari. Un lungo testa a testa, dove però il candidato più giovane e rappresentante del nuovo, che ha fatto leva sul consenso dei giovani, neri ed intellettuali, è riuscito a convincere i vertici del suo partito a poter riportare la Casa Bianca in casa democratica.
Il senatore dell’Illinois, Barack Obama, sfiderà dunque il repubblicano John Mc Cain, ma - prima - dovrà svelenire il clima interno al partito democratico, dopo oltre cinque mesi di scontro con Hillary Clinton. Ce ne parla il prof. Tiziano Bonazzi, docente di Storia Americana all’Università di Bologna, intervistato da Giada Aquilino:
R. – E’ evidente che deve farlo. Riuscirci, sicuramente, è poi molto più difficile, perché l’elettorato democratico è davvero diviso in due, dopo questa battaglia. Si sa benissimo che, negli Stati Uniti, se gli elettori non hanno un candidato del loro partito che piaccia veramente spesso si astengono. Allora il problema non è tanto il passaggio di voti democratici ai repubblicani, ma l’eventuale astensione di votanti nel caso in cui il candidato non sia esattamente quello che essi preferiscono.
D. – Come potrà essere superata questa divisione?
R. – I leader del partito democratico vorrebbero un ticket Barack Obama-Hillary Clinton, perché ritengono che questo potrebbe davvero portare ad una riappacificazione all’interno dello schieramento. Ad esempio, se la Clinton fosse candidata come vice-presidente, tale decisione potrebbe portare gli ispano-americani - che hanno sempre sostenuto l’ex first lady – a votare più volentieri per Obama.
D. – La presa sull’elettorato ebraico è un altro punto da migliorare per Obama ...
R. – Sicuramente sì, perché alcune sue dichiarazioni non sono piaciute all’elettorato ebraico. Ora, l’elettorato ebraico è forte sia nello Stato di New York sia in Florida: soprattutto quest’ultimo è uno Stato estremamente importante. Se i democratici fossero in grado di vincere in Florida, sarebbe un grosso passo avanti verso la Casa Bianca.
D. – Mc Cain – Obama: come sarà la sfida?
R. – Sarà una sfida sicuramente molto dura. Mc Cain è un uomo politico di lungo corso, che può costruire la sua candidatura sul fatto di essere noto da tanto tempo. Ma Obama in quattro anni ha conquistato il centro dell’opinione pubblica e il fatto di essere ‘nuovo’ in definitiva non gioca contro di lui.
Nuova emergenza umanitaria in Sudan: migliaia in fuga dalla guerra
◊ Dal 14 maggio, i combattimenti tra le Forze armate sudanesi e il Sudan People’s Liberation Army stanno devastando la città di Abyei, che è stata praticamente distrutta, nella regione ricca di petrolio contesa tra Nord e Sud del Paese. L’allarme è stato lanciato da Medici senza Frontiere, che parla di una situazione umanitaria estremamente drammatica, a causa della fuga della maggior parte degli abitanti. Salvatore Sabatino ha raccolto la testimonianza di Sergio Cecchini, di Medici senza Frontiere Italia:
R. – Più di 60 mila persone, che sono fuggite dagli scontri delle settimane scorse dalla zona di Abyei, si trovano in una situazione disperata; si tratta di persone che hanno abbandonato ogni tipo di bene e si trovano a dover sopravvivere senza alcun tipo di riparo, senza nessun tipo di rifugio. Siamo di fronte ad una situazione che può peggiorare di ora in ora, soprattutto visto che le condizioni di sicurezza e gli scontri, anche se avvengono in maniera più sporadica in queste ore, stanno gettando queste persone in un clima di forte insicurezza.
D. – A peggiorare ulteriormente la situazione è la stagione delle piogge. “Le condizioni di vita – voi denunciate – per gli sfollati sono deplorabili”. Di che cosa hanno bisogno?
R. – Innanzitutto di ripari. Nella stagione delle piogge, ovviamente, è più facile il propagarsi di malattie legate alla presenza di acqua, e quindi diarrea e infezioni respiratorie. Bisogna anche sottolineare che quella caratterizzata dagli scontri è una zona in cui le condizioni dei bambini erano già prima particolarmente critiche da un punto di vista nutrizionale; questo ulteriore peggioramento della situazione lancia un campanello d’allarme per quanto riguarda la situazione nutrizionale per i bambini sotto i cinque anni di età.
D. – Voi siete anche preoccupati per alcuni vostri colleghi sudanesi che non sono riusciti a fuggire in tempo e con i quali avete perso i contatti. Avete avuto loro notizie nel frattempo?
R. – Ancora non siamo riusciti ad avere loro notizie, perché purtroppo le persone sono fuggite in varie direzioni. Abbiamo mandato altri team, non solo per soccorrere la popolazione ma anche per capire dove siano fuggiti questi nostri collaboratori locali che, ovviamente, sono stati vittime di questo clima di insicurezza e di incertezza nei loro confronti ma soprattutto nei confronti delle loro famiglie.
D. – I combattimenti proseguono nonostante i media internazionali non diano rilievo a questo Paese. Che cosa sta succedendo, in realtà?
R. – Nella zona di Abyei la situazione non si è mai risolta nonostante i vari accordi di pace tra Nord e Sud Sudan. Abyei sorge in una zona estremamente strategica perché la metà dei giacimenti petroliferi del Sudan si trovano in questa regione, e non è mai stato raggiunto un accordo tra le parti circa i confini da dare alla zona. Per cui, sicuramente, è esplosa in queste ultime settimane, in questi ultimi mesi, la violenza legata a questo mancato accordo e soprattutto ai grossi interessi che gravano su questa zona, che fa estendere il clima di insicurezza non più solo al Darfur, ma in quelle zone che venivano ritenute pacificate con l’accordo di pace Nord-Sud di qualche anno fa.
Giornata Internazionale dei bambini innocenti, vittime di aggressioni
◊ Si celebra oggi la “Giornata Internazionale per i bambini innocenti, vittime di aggressioni”. La ricorrenza si ricollega con il “Decennio Internazionale della Pace e della non violenza per i bambini del mondo” proclamato dall’Assemblea Generale dell’ONU per il periodo 2001-2010. Per questo periodo l’UNESCO ha avuto l’incarico dalle Nazioni Unite di attivare iniziative per promuovere una cultura di pace e di non-violenza. La commemorazione per i bambini vittime delle guerre è stata decisa nel 1982 durante una sessione speciale sulla questione della Palestina nel corso della quale emerse con drammatica evidenza il numero dei bambini vittime della violenza bellica. Nelle parole del direttore generale dell’UNESCO, Koichiro Matsuura, “compito principale delle Nazioni Unite è salvare le future generazioni dal flagello della guerra (Carta ONU, 1945) … attraverso un concetto di educazione formale e non-formale, basata sulla scelta dei valori, sul rispetto dei diritti umani in tutte le dimensioni della vita: nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nelle proprie case”. Al microfono di Chiara Calace il prof. Giovanni Puglisi, presidente della Commissione Nazionale Italiana UNESCO:
R. – Le prime vittime in termini di violenza e in termini di aggressione bellica sono i bambini. Credo che oggi sia importante che le Nazioni Unite richiamino proprio l’attenzione su questo risvolto della violenza e della guerra.
D. – L’UNESCO negli anni passati si è impegnato per promuovere una cultura di pace e di non violenza. Quali sono stati i follow up di questo impegno?
R. – In questo senso credo che la scelta dell’UNESCO di radicare il tema della cultura della pace al tema dello sviluppo sostenibile sia stata intelligente. Ci si è infatti resi conto che oggi i grandi temi e i grandi motivi di conflitto a livello internazionale, ma anche spesso a livello locale, avvengono per motivi di sopravvivenza, derivanti dallo sfruttamento non corretto di risorse naturali.
D. – La Giornata internazionale per i bambini innocenti vittime di aggressioni si inserisce nel quadro di un periodo – 2001-2010 – definito dall’ONU il “decennio internazionale della pace e della non violenza per i bambini del mondo”. Le Nazioni Unite sulla stessa linea hanno poi designato il periodo 2005-2014 come il “decennio dello sviluppo sostenibile”. L’educazione alla cultura della pace e sviluppo sostenibile sono, quindi, strettamente connesse?
R. – Credo che l’educazione alla cultura della pace non possa essere foriera di risultati e di successi se non legata ad una diversa cultura dello sviluppo. Uno sviluppo, questo, che deve tenere conto che le risorse del Pianeta servono per l’intero Pianeta e non per la minoranza del mondo cosiddetto evoluto che le utilizza e che rappresenta una minoranza visibile rispetto alla maggioranza che oggi versa in situazione di grande indigenza. Quello cui assistiamo in questi ultimi tempi e cioè questi grandi flussi migratori, che spostano intere generazioni da una parte all’altra del mondo, sono la dimostrazione che qualcosa in termini di equilibrio e quindi di sviluppo sostenibile non funziona. Recuperare questa cultura significa lavorare anche per la pace.
Esordisce sul web "Afriradio.it" emittente multimediale dei Comboniani per un'informazione al di là degli stereotipi
◊ Un semplice clic per entrare nel cuore dell’Africa. Questo almeno l’intento con la quale è partita, da poche settimane, l’esperienza di "Afriradio", l’ultima creazione multimediale dei Padri Comboniani. Collegandosi al sito www.afriradio.it è possibile sintonizzarsi sulle onde di una radio che per tematiche e linea editoriale rappresenta il mondo del continente africano così come lo si legge sulla storica rivista Nigrizia o su Piccolo Missionario, il celebre periodico dei Comboniani rivolto ai ragazzi. Padre Fabrizio Colombo, esperto benché giovane direttore di "Afriradio", spiega al microfono di Lucas Dùran le caratteristiche della nuova nata in materia di Africa e missione:
R. - Uno degli obiettivi di Afriradio è quello di sovvertire lo stereotipo classico dell’Africa, che la vuole come terra di fame, di guerra, di AIDS o, peggio ancora - per tornare a quello che si sta ascoltando in questi giorni - anche solamente una terra dalla quale provengono i clandestini.
D. - Come concretizzare però un obiettivo come questo, attraverso quale palinsesto?
R. - Principalmente, il nostro palinsesto è fatto di musica: di quella musica accattivante che viene dall’Africa, molto gioiosa, anche molto moderna, e che ormai è diventata di successo un po’ in tutto il mondo. Quindi, questa colonna "vertebrale" musicale offre una radio abbastanza godibile e positiva. Entrando poi nel contenuto, è chiaro che essendo un centro che fa informazione ci sono dei GR-flash che danno ogni ora appuntamento all’informazione dedicata all’Africa: informazione che nessun altro dà, a parte quando ci sono tragedie, come abbiamo visto anche in questi giorni. Altre trasmissioni riguardano, ad esempio, la cultura africana. Abbiamo una trasmissione che si occupa di letteratura, una che si occupa di cinema o di arte in generale - curata da Anna Maria Gallone che è la direttrice artistica del Festival di Milano -, abbiamo una trasmissione di economia africana fatta da un giovane studente di economia dell’Università di Verona - uno studente africano congolese che è qui a Verona - e abbiamo altri tipi di trasmissione sul mondo della scuola, ad esempio. Tutta la ricerca universitaria legata all’Africa viene messa insieme e gli si dà risalto con questa trasmissione che si chiama "Africa e Lode", tenuta da Tiziana Cavallo, un’esperta del mondo universitario, e questo sempre per rilevare quanto l’Africa sia importante nel nostro mondo e venga vista anche con degli occhi diversi, che sono solo quelli dell’"afropessimismo".
D. - In effetti, accanto a voci storiche di comboniani, come Alex Zanotelli, Aurelio Boscaini o prossimamente Giulio Albanese, una caratteristica di Afriradio sembra essere proprio quella di far parlare di Africa agli africani...
R. - Questo è molto, molto comboniano. Daniele Comboni diceva “salvare l’Africa con l’Africa” e noi diciamo che non ha senso fare una radio africana che parli di Africa, senza avere la presenza di africani all’interno della costruzione sia dell’informazione, sia dei contenuti, sia anche di uno stile che sia fatto dagli africani stessi. E’ per questo che abbiamo appunto, come dicevo prima, Ekutsu Mambulu, esperto di economia, e abbiamo anche altri animatori radiofonici che hanno una trasmissione pomeridiana di intrattenimento. In futuro, ne avremo altri, avremo molto probabilmente Eso Elamè, professore che insegna tra l’altro all’Università Cà Foscari di Venezia, che farà una trasmissione sull’intercultura per rovesciare certi stereotipi. Avremo molto probabilmente, stiamo ancora in trattative, la presenza di Jean Leonard Touadi, che è molto conosciuto anche nell’ambiente romano, ex assessore alla sicurezza, che farà una trasmissione sempre di approfondimento sull’Africa.
Terremoto in Cina: aperta la prima scuola prefabbricata. I genitori delle migliaia di studenti sepolti dalle macerie invocano giustizia
◊ Apertura ieri in Cina della prima scuola prefabbricata nel distretto di Wenchuan, nei luoghi dell’epicentro del devastante terremoto, che il 12 maggio scorso ha colpito la provincia del Sichuan. 500 gli alunni ed i docenti che hanno potuto riprendere le lezioni. Solo nel distretto di Wenchuan – riporta l’agenzia Misna - sono 14 mila gli studenti rimasti senza edifici scolastici, che sono crollati seppellendo sotto le macerie in tutta la Provincia del Sichuan migliaia di studenti di tutte le età. Intanto continuano presso le scuole rase al suolo le struggenti veglie dei genitori, che chiedono giustizia per i figli. Le prime indagini del Governo hanno costatato che alcune strutture scolastiche erano state mal progettate ed erette con materiali scadenti. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Ufficio comunicazione del Consiglio di Stato il bilancio del sisma è salito a 69.107 vittime oltre a 18.230 dispersi, mentre i feriti sono 373.577. 15 milioni i senzatetto. Oltre 4 miliardi di euro sono stati finora raccolti in Cina e all’estero in favore dei sopravvissuti e per la ricostruzione. Tra gli operatori umanitari presenti da subito nelle zone terremotate si sono distinte anche numerosi volontari inviati dalla comunità cattolica dell’He Bei e della diocesi di Tina Jin, tra cui diverse religiose. (R.G.)
Myanmar: ad un mese dal ciclone ‘Nargis’, non ancora chiaro un bilancio delle vittime
◊ Nel Myanmar, ad un mese dal passaggio del ciclone ‘Nargis’, manca ancora un bilancio chiaro sulle vittime e sui danni provocati nelle cinque regioni colpite nel delta dell’Irrawaddy. Secondo gli ultimi dati forniti del Governo sarebbero 78 mila i morti e 56 mila i dispersi, mentre non si conosce il numero degli sfollati, di cui si ignorano quindi le necessità, e l’entità delle perdite. Le Nazioni Unite dichiarano che solo la metà dei 2 milioni e mezzo di persone colpite dal cataclisma, secondo le stime, sarebbe stata raggiunta dai soccorsi, mentre oltre un milione resterebbe ancora in attesa di aiuti adeguati se non addirittura di alcun aiuto. Da parte sua il Governo militare – riferisce l’agenzia Misna - si difende negando le inadempienze e riempie i media nazionali di immagini rassicuranti sulla distribuzione di aiuti mentre accusa la comunità internazionale di avarizia. I donatori hanno messo a disposizione solo 100 milioni di euro per l’emergenza, una cautela frutto della scarsa fiducia verso il regime birmano, più volte accusato di appropriarsi degli aiuti. Le organizzazioni non governative internazionali presenti da anni in Myanmar e le agenzie dell’Onu confermano che il flusso di aiuti dall’estero comunque non si è interrotto, e riferiscono di passi avanti nell’assistenza ma lamentano lentezza, ridotta mobilità e insufficiente personale specializzato, conseguenza dei limiti imposti dal Governo all’accesso di operatori stranieri. Intanto si segnalano dispiegamenti di truppe militari lungo le zone costiere ed il confine con la Thailandia, forse nel timore – secondo alcuni osservatori – di un possibile intervento umanitario da parte della comunità internazionale, non autorizzato dal regime di Yangoon (R.G.)
Amnesty International chiede di rilasciare i detenuti per le proteste di Tienanmen
◊ “Rilasciare decine di persone ancora in carcere dai tempi delle proteste di Tiananmen, risalenti ormai a 19 anni fa”: è la richiesta, rilanciata oggi alle autorità cinesi da Amnesty International. “La repressione di Tiananmen del giugno 1989 fece centinaia di vittime. Da allora, decine di persone che avevano preso parte alle manifestazioni languono in carcere, condannati a seguito di processi gravemente iniqui”, ha dichiarato Sam Zarifi, direttore del Programma Asia-Pacifico di Amnesty International. “Negli anni successivi – ha proseguito Zarifi - molti altri attivisti sono stati imprigionati per aver ricordato o criticato l'operato del governo nel 1989. Le autorità di Pechino non hanno alcuna scusa per continuare a tenerle in prigione”. Secondo l'organizzazione per i diritti umani, le autorità cinesi hanno dimostrato di poter rispondere in modo molto efficiente a una catastrofe naturale, come il terremoto che il 12 maggio ha sconvolto la provincia del Sichuan, ai sopravvissuti del quale Amnesty International esprime solidarietà. “Chiediamo che il governo si comporti allo stesso modo quando si tratta di diritti umani, precisamente del diritto di esprimere pacificamente le proprie opinioni”, ha aggiunto Zarifi. Secondo Amnesty sarebbero tra 60 e 100 le persone ancora in carcere per aver commesso reati nel corso delle proteste del giugno 1989. Il numero esatto non è noto, poiché il governo di Pechino non lo ha mai reso pubblico. Nel 2006, ricorda Amnesty International, “le autorità hanno rilasciato diversi prigionieri, che tuttavia rimangono sottoposti a stretta sorveglianza di polizia e al divieto di prendere parte a qualsiasi attività giudicata ‘sensibile’, come parlare ai giornalisti”. (R.P.)
Corea del Nord: ONG sudcoreane denunciano 800 mila morti per la carestia
◊ Persone che muoiono mentre sono al lavoro in fabbrica, stremati dalla fame; poliziotti che rubano cibo alla gente; inedia dovuta a digiuni prolungati: mentre i leader mondiali discutono al vertice Fao del problema alimentare, la popolazione della Corea del Nord rischia una decimazione senza precedenti. L’annuale carestia, unita alle disastrose alluvioni dello scorso anno, ha reso irreperibile ogni genere alimentare nel regime guidato da Kim Jong-il. Secondo Organizzazioni non governative sudcoreane, le uniche che ancora portano beni di prima necessità sul territorio del Nord, sono almeno 800mila le vittime della fame. Particolarmente dura - riferisce l'Agenzia AsiaNews - la situazione dei lavoratori dell’industria bellica, vincolati dal segreto militare a non abbandonare mai la propria postazione di lavoro. Il governo ha assegnato ad ogni fabbrica un quantitativo di cibo talmente insufficiente che, da aprile ad oggi, circa tre operai per fabbrica muoiono ogni giorno. Nelle fabbriche militari la situazione è drammatica. I cittadini ordinari, colpiti duramente dalla mancanza di cibo, possono comunque cercare di ottenere qualcosa da mangiare nei mercatini illegali retti da contadini, che usano il baratto per cercare di sopravvivere. Ma i militari non di servizio, quelli che lavorano nelle caserme o nelle industrie belliche, costretti a lavorare e che non possono uscire dalle fabbriche, non hanno cibo. Secondo le ONG sudcoreane, i quadri comunisti locali non si fanno scrupoli nel requisire e comminare multe per ogni cosa e non organizzano più riunioni pubbliche o sessioni di indottrinamento politico perchè temono che gli abitanti, riuniti ed inferociti, possano usare la violenza per vendicarsi”. (R.P.)
Appello del cardinale Sandri perchè sia garantita la libertà religiosa ai cristiani orientali
◊ La comunità internazionale deve garantire a tutti i cristiani, in particolare a quelli di rito orientale, il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa. È l'appello lanciato dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, in occasione dell'inaugurazione della Casa maronita Beth Maryam-Etoile d'Orient a Lourdes. Lo riferisce l’Osservatore Romano. Il cardinale ha chiesto l'impegno di tutti per ottenere finalmente la pace e la giustizia per il Libano e per i popoli della Terra Santa e del Medio Oriente. In quelle terre, ha detto, i cristiani attendono oggi più che mai pace e giustizia, serenità e solidarietà per continuare a vivere laddove sono nati senza persecuzioni. La nuova Casa maronita a Lourdes si propone come luogo di accoglienza e di preghiera che consentirà anche la diffusione in lingua araba del messaggio di Lourdes e degli insegnamenti del Papa. Vuole essere così un ponte per favorire l'incontro e il dialogo e un luogo di memoria delle vittime di tutte le guerre in Medio Oriente. Alla cerimonia di inaugurazione - presieduta dal cardinale Sandri - erano presenti, tra gli altri, l'arcivescovo Luigi Gatti, nunzio apostolico in Libano; l'arcivescovo di Beirut dei maroniti, monsignor Paul Youssef Matar, rappresentante del patriarca di Antiochia dei maroniti, Nasrallah Pierre Sfeir; il vescovo di Tarbes e Lourdes, monsignor Jacques Perrier; e monsignor Mansour Labaky, che ha fortemente voluto questa nuova Casa. (S.C.)
Padre Christian Delorme: l’Algeria non è una terra anticristiana
◊ Terra di convivenza interreligiosa, l’Algeria si sta ritrovando sul banco degli accusati, in seguito alle diverse misure che hanno ristretto, nel Paese, l’esercizio del diritto di vivere pienamente la propria religione per i cristiani delle differenti denominazioni: è quanto scrive padre Christian Delorme, sacerdote della diocesi di Lione, nell’edizione di oggi del quotidiano Le Monde. Sacerdote impegnato da anni nel dialogo islamo-cristiano, a proposito della polemica che riguarda la situazione dei cristiani in Algeria, padre Delorme avverte che i recenti processi di Tiaret contro persone di origine musulmana che hanno abbracciato il cristianesimo di tendenza evangelica, rischiano di etichettare la nazione magrebina come un Paese in cui i cristiani sono perseguitati. “L’Algeria non è una terra anticristiana” dice il sacerdote, che definisce comunque deplorevoli alcuni episodi verificatisi negli ultimi mesi, quali l’espulsione, dopo circa 45 anni, di un pastore protestante o la condanna alla pena detentiva con la condizionale per un sacerdote che non aveva fatto altro che pregare con alcuni cristiani del Camerun immigrati clandestini. Per padre Delorme la presenza in Algeria di cristiani europei, anche se naturalizzati algerini, così come quella di algerini di famiglie musulmane divenuti cristiani, non rappresenta una minaccia contro l’identità islamica del Paese e la sua unità. E se gli algerini temono il ritorno di forme di colonialismo ed interferenze, da parte di minoranze cristiane, nella politica del Paese, è pur vero, sostiene il sacerdote di Lione che “il Vangelo … chiede ai cristiani di annunciare Cristo, ma non a prezzo della lacerazione di un popolo, non fomentando situazioni di violenza”. E un appello alla solidarietà in favore delle minoranze religiose perseguitate giunge dalla rete “Pluralismo delle culture e delle religioni” animata da mons. Marc Stenger, vescovo di Troyes e presidente di Pax Christi. Nel mondo di oggi, e particolarmente nel Vicino e Medio-Oriente, le religioni minoritarie sono minacciate di estinzione, si legge nell’appello pubblicato sul sito internet http://paxchristi.cef.fr, e diverse sono le difficoltà dei cristiani in Libano, Palestina e Algeria, dei copti in Egitto e dei bahi in Iran. “Cristiani, musulmani, ebrei o agnostici, noi non possiamo restare indifferenti alle sofferenze di popolazioni intere perseguitate per le loro credenze religiose”, continua l’appello che chiede ai governi europei di intervenire nei vari Paesi presso le autorità competenti perché rispettino e facciano rispettare la liberta di credo e di culto. E un appello alle autorità algerine perché facciano rispettare la libertà di coscienza proclamata dalla costituzione è stato lanciato ieri dal pastore Mustapha Krin, presidente della Chiesa protestante d’Algeria. (T.C.)
E' iniziata la settimana di preghiera per una pace giusta in Terra Santa
◊ “E’ tempo che palestinesi e israeliani partecipino ad una pace equa, è tempo di porre fine a 60 anni di conflitto, di liberarsi dell’occupazione, di godere di uguali diritti, di guarire gli animi feriti”: è quanto si legge nel messaggio della Settimana di azione comune per una pace giusta nei Territori palestinesi e in Israele, organizzata da oggi al 10 giugno, dal Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) in occasione del 60° anniversario della divisione dei Territori, nonché della nascita dello Stato d’Israele e dei 41 anni dell’occupazione israeliana di Gerusalemme Est, Cisgiordania e Gaza. Il messaggio chiede anche uguali diritti per entrambe le parti in conflitto e la fine della discriminazione, della segregazione e di tutte le restrizioni sul movimento delle persone. L'iniziativa ecumenica che parte da Gerusalemme sul tema: “E' questo il tempo”, vede impegnati protestanti, cattolici e ortodossi di oltre 100 Paesi, sia nella preghiera che in attività di sensibilizzazione sul tema della pace e della giustizia. A questo scopo è stata distribuita una preghiera, composta dai capi delle Chiese di Gerusalemme, che verrà letta nelle chiese e nelle parrocchie dei Paesi che aderiscono alla Settimana in cui si chiede ai leader politici di “essere abbastanza coraggiosi da firmare un trattato di pace che ponga fine all’occupazione, che dia libertà ai palestinesi e sicurezza agli israeliani e di essere pronti a dedicare le loro vite per una giusta pace per la loro gente”. In programma ci sono incontri tra le Chiese, i governi e mille diverse attività, da una parte all’altra del mondo: a Betlemme un “orologio umano” per scandire 60 anni; ad Oslo un servizio di pace multi-culturale con musica araba ed ebraica; bambini filippini colpiti dalla violenza scriveranno lettere ai loro omologhi palestinesi; alcune parrocchie dello Sri Lanka studieranno il conflitto e in Olanda risuoneranno note di pace da un’orchestra palestinese-olandese mentre verranno proiettati documentari sul conflitto visto dagli israeliani. L’iniziativa è sostenuta da Pax Christi International. (T.C.)
Terra Santa: il saluto del patriarca Michel Sabbah alle comunità cattoliche di lingua ebraica
◊ Prossimo a lasciare l’incarico di Patriarca latino di Gerusalemme, per limiti di età, mons. Michel Sabbah ha voluto salutare, domenica scorsa, la comunità cattolica di espressione ebraica nel corso di una Messa nella loro lingua, di cui riferisce l’agenzia Sir: “Come tutta la Chiesa di Gerusalemme – ha detto Sabbah – anche voi siete una piccola comunità. Solo Cristo è grande sebbene non sia ancora accettato nella sua terra, né in Israele, né in Palestina. Noi cristiani siamo chiamati ad essere suoi testimoni in questa terra”. “L’appartenenza di ogni credente al suo popolo è cosa normale – ha aggiunto – e noi tutti, voi come comunità ebraica appartenente al popolo ebreo ed i cristiani palestinesi, abbiamo lo stesso compito, contribuire alla costruzione delle nostre società”. Per Sabbah “nessuna di queste ha bisogno della nostra compassione e di parole di pietà ma è essenziale una preghiera per la giustizia e la pace” per dare ciò che “è giusto e dovuto alla società israeliana, affinché viva in pace e sicurezza, riconosciuta da tutti, e a quella palestinese, affinché goda della stessa sicurezza, pace e riconoscimento”. “Quanto al nostro ruolo nella Chiesa di Gerusalemme e nelle sue 13 chiese – ha concluso – preghiamo per l’unità”. Le comunità cattoliche di espressione ebraica raccolgono alcune centinaia di fedeli e sono presenti nelle principali città ebraiche come Tel Aviv, Haifa, Beer Sheba oltre a Gerusalemme. (R.G.)
Forum sull’AIDS a New York organizzato dalla Missione permanente all'ONU della Santa Sede
◊ “Curare, Prevenire e Assistere: tre approcci per affrontare l'HIV e l'AIDS”, sarà il tema dell’incontro organizzato a New York il prossimo 11 giugno dalla Missione dell'Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU, in collaborazione con la Fondazione Path to Peace, l'Associazione dei volontari per il Servizio internazionale, il Movimento New Humanity e MaterCare. La riunione – di cui riporta l’agenzia Zenit - si svolgerà presso la sede delle Nazioni Unite e prevede gli interventi di Filippo Ciantia, manager per i Programmi di assistenza sanitaria dell'AVSI (Uganda), Robert L. Walley, presidente e fondatore di MaterCare International e Joseph Klock, segretario generale di New Humanity. Il Forum, inteso a favorire lo scambio di esperienze, mira in particolare a promuovere l'assistenza sanitaria alle madri colpite dal virus e a discutere sui modi migliori per prevenire la trasmissione dell'infezione. (R.G.)
Riunione a Belgrado delle Caritas europee per dibattere su salute e assistenza per i malati a lungo termine
◊ Si è aperta oggi a Belgrado, in Serbia una riunione delle Caritas europee dedicata alla salute e all’assistenza per i malati a lungo termine. Si tratta del secondo incontro – il primo era stato organizzato nel 2006 – dedicato alle cure domiciliari, in un contesto di rapido e progressivo invecchiamento della popolazione nei Paesi europei, che chiede risposte urgenti nel campo dell’assistenza medica. A Belgrado, saranno presi in esame quattro diversi modelli di cure domiciliari. Presenti ai lavori, che proseguiranno fino al 6 giugno, una sessantina di delegati, tra responsabili dei programmi di assistenza domiciliare delle Caritas e rappresentanti dei Governi nazionali. (R.G.)
Spagna: premiate quattro organizzazioni africane per la lotta contro la malaria
◊ Le Organizzazioni “Ifakara Health Research and Development Center” (Tanzania), “The Malaria Research and Training Center” (Mali), “Kintampo Health Research Center” (Ghana) e “Centro di Investigação em Saúde di Manhiça” (Mozambico), riconosciute come leader in Africa nella lotta contro la malaria, sono state insignite del premio “Principe delle Asturie” della Cooperazione internazionale 2008. Queste organizzazioni - riferisce l'Agenzia Fides - sono note per i progressi compiuti nella ricerca di un vaccino contro la malaria e per i loro programmi di formazione di professionisti. Il loro contributo al miglioramento dell’assistenza nei Paesi in cui operano permette di attenuare le terribili conseguenze di questo male che provoca ogni anno la morte di più di un milione di persone, specialmente bambini, in tutto il mondo. La malaria rappresenta una minaccia per quasi il 40% della popolazione mondiale. La maggioranza dei casi e dei decessi si registrano nell’Africa subsahariana, dove muore un bambino al di sotto dei 5 anni ogni 30 secondi. A motivo della prima Giornata mondiale contro la malaria, celebrata il 25 aprile 2008, il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha annunciato il lancio di una campagna informativa per rafforzare l’obiettivo di vincere la malattia nel continente africano prima della fine del 2010. Tra i mezzi per raggiungerlo, il segretario ha evidenziato l’importanza di migliorare la formazione del personale medico nei Paesi colpiti e favorire la ricerca. Le quattro istituzioni premiate contano, tra i loro obiettivi strategici, la ricerca biomedica, l’abilitazione del personale locale, l’attenzione sanitaria ed il rafforzamento delle istituzioni, la ricerca di mezzi per tagliare la relazione tra malattia e povertà, contribuendo allo sviluppo della salute pubblica nazionale ed internazionale. (R.P.)
Costa Rica: primo incontro regionale del laicato missionario
◊ Prende il via oggi ad Alajuela, in Costa Rica il primo incontro regionale del Laicato missionario presso il Centro Pastorale dei Francescani conventuali. Obiettivo generale dell’incontro - precisa l'Agenzia Fides - è potenziare l’impegno missionario Ad Gentes del laicato della regione del Nord, dell’America Centrale e dei Caraibi. Tra gli obiettivi specifici si intende formare l’identità del laico missionario in forza del battesimo, come discepolo missionario di Cristo e di riflettere sulla missione Ad gentes che la chiesa deve portare a compimento attraverso i laici missionari che svolgono questo compito in comunione con il vescovo della diocesi in cui sono inseriti, il clero locale, i religiosi e le religiose. Durante l’incontro si parlerà anche di come i laici della regione stanno svolgendo il loro lavoro missionario Ad gentes, al fine di individuarne gli aspetti positivi e quelli che devono invece essere migliorati. A tal proposito verranno offerte diverse testimonianze sulle esperienze vissute nel corso della missione, sia nel proprio Paese che in un altro Paese americano e in un altro continente. Tra i temi previsti figurano: “Il laico missionario nella Chiesa: vocazione di tutti i battezzati”; “Vita sacramentale e missione”; “Passare all'’altra sponda: campi della missione Ad Gentes”; “Il laico missionario in azione: campi di azione del laicato missionario”; “Che cosa è il CEFAM, Centro di formazione per missionari laici in vista della Missio Ad Gentes”. (R.P.)
Lettera dei vescovi irlandesi in vista del referendum del 12 giugno
◊ In occasione del referendum sul Trattato di Lisbona che si terrà il prossimo 12 giugno i Vescovi irlandesi hanno pubblicato la lettera pastorale intitolata “Nutrire una comunità di valori”. L’Irlanda è l’unico Paese europeo a indire un referendum sul trattato che punta a consolidare l’Unione europea e a favore del quale si sono dichiarati tutti i più importanti partiti. Nella lettera ripresa dall'Agenzia Sir, si ricorda che i cittadini hanno il compito di informarsi sulla nuova costituzione europea e di andare a votare e che il voto sul referendum non dovrebbe essere usato come segno di protesta. “Il Trattato di Lisbona dovrebbe essere costruito attorno a valori”, scrivono i vescovi, “una comunità fondata soltanto sul tornaconto economico personale non durerà. L’Europa è una civiltà ed è importante che promuova una etica della solidarietà globale”. Esistono valori umanistici di tipo cristiano che formano il cuore del Trattato di Lisbona, riconoscono i presuli, ma non esiste purtroppo un esplicito riconoscimento del patrimonio cristiano d’Europa. Citando i commenti di Benedetto XVI sulle radici cristiane d’Europa la lettera ribadisce che “è una sfida per tutti noi oggi capire come possiamo contribuire nel modo migliore a una nuova Europa allargata costruita su valori comuni dei quali le future generazioni saranno orgogliose”. (A.M.)
Sudafrica: Forum economico mondiale sullo sviluppo dell'Africa
◊ Si è aperto questa mattina a Cape Town il XVIII Forum economico mondiale sull’Africa, cui partecipano 800 delegati da 50 nazioni, sia rappresentanti politici sia uomini di affari locali e di grandi aziende internazionali, oltre a esperti del settore socioeconomico. In occasione del Forum, dal titolo ‘Capitalizzare le opportunità’ - riferisce l'Agenzia Misna - si attende la diffusione di un rapporto sulle cause che frenano lo sviluppo economico e tra cui sono segnalate la sicurezza alimentare, l’acqua, il cambiamento climatico e l'instabilità politica. Mentre molti colleghi africani si trovano a Roma per il vertice Fao, hanno deciso di partecipare personalmente all’incontro sette capi di Stato e di governo del continente: il ruandese Paul Kagame, il primo ministro del Kenya, Raila Odinga, il presidente burundese Pierre Nkurunziza, quello del Malawi Bingu wa Mutharika, il presidente del Ghana John Kufuor, il sierraleonese Ernest Koroma, il presidente della Nigeria Umaru Yar-Adua, che è anche in visita ufficiale in Sudafrica, oltre naturalmente al sudafricano Thabo Mbeki. Il Forum economico mondiale sull’Africa è la sezione regionale del Forum economico mondiale, organizzazione fondata in Svizzera nel 1971, nota in particolare per il vertice che ogni anno si svolge a Davos. (R.P.)
Vibrate proteste per l’esclusione ieri alla Conferenza della FAO del vicedirettore dell’AdnKronos international Ahmad Rafat. La FAO chiede scusa
◊ Si è “risolto positivamente” - annuncia stamane l’Ufficio stampa della FAO - il caso del giornalista Ahmad Rafat, vicedirettore dell’agenzia AdnKronos international, dopo che ieri le autorità preposte alla sicurezza gli avevano negato l’accesso ai lavori della Conferenza dell’Organizzazione dell’ONU per l’agricoltura e l’alimentazione, in corso a Roma. Il nome del giornalista di origine iraniana è stato infatti reinserito nella lista della stampa accreditata, dopo le vibrate proteste di organi e associazioni professionali del mondo giornalistico italiano ed estero e di numerose personalità politiche. “A nome della FAO”, Nick Parsons, responsabile della comunicazione dell’agenzia ONU ha presentato “le scuse” “per questo incidente.” “Una riparazione giusta ma tardiva” – ha commentato il segretario nazionale della Federazione nazionale della stampa italiana, Franco Siddi – che rende quanto mai esplicito – ha osservato - l’intento di chi si è posto l’obiettivo di non far seguire l’intervento del presidente Ahmadinejad e di non far fare domande al collega”. Siddi in una nota accusa la FAO, di aver “contraddetto, con una censura inaccettabile, le ragioni fondanti delle organizzazioni delle Nazioni Unite: il dialogo con tutti i popoli, il rispetto delle minoranze, dei diritti umani e civili fuori da ogni discriminazione. La civiltà democratica - prosegue Siddi - si fonda sul pluralismo delle idee e sul riconoscimento del ruolo dell'informazione strumento di consapevolezza, di convivenza e di denuncia. In particolar modo a favore di chi si batte per la democrazia contro odiosi regimi che tappano la bocca a centinaia di giornalisti e che sbarrano decine di quotidiani come è successo in Iran". La FNSI - conclude Siddi - "è al fianco di coloro che si battono per questi principi per dare voce a tutti, non solo ai potenti ed ai capi di Stato”. “Coerentemente a ciò”, Siddi annuncia per domani un'assemblea dell'Associazione giovani iraniani in Italia, che sarà ospitata nella sede di Roma. (A cura di Roberta Gisotti)
Fermare le ambizioni nucleari di Teheran: così il premier israeliano Olmert dopo le dichiarazioni contro lo Stato ebraico del presidente iraniano Ahmadinejad
◊ Israele ha reagito alle dichiarazioni del presidente iraniano, Ahmadinejad, contro lo Stato ebraico, rese ieri al vertice della FAO. Il primo ministro israeliano, Ehud Olmert, durante una convention dell’AIPAC, la principale organizzazione filo-israeliana degli Stati Uniti, ha chiesto che le ambizioni nucleari dell’Iran vengano fermate con ogni mezzo. L’argomento sarà al centro del colloquio di oggi a Washington con il presidente Bush.
Cina-Tiananmen
Gli Stati Uniti hanno chiesto alle autorità cinesi di fare luce su quanto accaduto il 4 giugno di 19 anni fa in Piazza Tiananmen a Pechino. Secondo testimoni, furono migliaia gli studenti che persero la vita dopo l’intervento delle truppe cinesi, chiamate a sgombrare la piazza nella quale stazionavano da giorni. Washington, ma anche gli attivisti per i diritti umani, hanno inoltre chiesto alla Cina di liberare le persone ancora detenute.
Cina-terremoto
Sempre in Cina, resta alta l’allerta perché rischia di esondare il lago che si è formato nella provincia di Sichuan, dopo il sisma del 12 maggio scorso. L’acqua si trova appena a due metri sotto il bordo della barriera artificiale e la pressione sta aumentando. Intanto, è stato nuovamente aggiornato il bilancio del terremoto che ha causato più di 69 mila vittime, mentre il numero dei dispersi, per la prima volta, è sceso sotto quota 18 mila.
Italia-immigrazione clandestina
In Italia, è iniziato al Senato l’esame del disegno di legge sulla sicurezza nel quale è inserita la norma che prevede il reato di immigrazione clandestina. Una norma sulla quale ieri la maggioranza si è divisa: il premier Berlusconi ritiene che sia da considerarsi solo “un’aggravante”, di diverso avviso il ministro dell’Interno, Maroni, per il quale la clandestinità è reato. Soddisfazione per quanto detto dal presidente del Consiglio è stata espressa dal segretario del Partito Democratico, Veltroni, sulla stessa linea il leader dell’UDC, Casini.
Italia-rom
A Mestre, prosegue la protesta organizzata da esponenti della Lega Nord e comitati locali contro la costruzione di un campo nomadi destinato alla comunità sinti. L’opposizione parla di gesto strumentale, sulla stessa linea il sindaco di Venezia, Cacciari, il quale ha precisato che il finanziamento e la costruzione del campo sono stati approvati nel 1997 e dunque da tutte “le giunte che si sono susseguite negli ultimi dieci anni”. Oggi, vertice in Prefettura sul problema. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di don Dino Pistolato, direttore di Caritas Venezia:
R. - Riteniamo che il nuovo sito, più organizzato e meglio attrezzato, possa essere utile per creare un contesto più ordinato, rispettoso e quindi più dignitoso per le persone: questo vuol dire anche offrire maggior garanzia di sicurezza alla stessa cittadinanza.
D. - Viene ribadito che l’emergenza abitativa di duemila persone non viene rispettata, dando priorità alla comunità sinti...
R. - Questo è falso, perché se è vero che c’è un problema abitativo nel Comune di Venezia, è vero anche che è il Comune con il maggior patrimonio immobiliare messo a servizio del cittadino. In proporzione, ciò che si offre ai sinti è infinitamente inferiore, rispetto a ciò che è stato dato alla cittadinanza per superare il problema dell’emergenza casa.
D. - Chi protesta parla di ingiustizia, il sindaco Cacciari di strumentalizzazioni. Oggi alcuni “no global” hanno fatto irruzione nei locali della Lega Nord a Mestre...
R. - Credo che bisogna lavorare per abbassare i toni. Certamente questo non favorisce il dialogo e il superamento del momento conflittuale.
D. - Qual è il profilo della comunità Sinti di Mestre?
R. - Stiamo parlando di cittadini che hanno una tradizione culturale centenaria che vogliono mantenere. Il Comune ha offerto la possibilità anche di inserimenti in alloggi: sette famiglie hanno accettato, gli altri vogliono tutelare questo tipo di cultura che viene dalla loro tradizione. Ma se parliamo di realtà straniere facciamo un grande errore, perché sono persone che ormai sono integrate, vivono e partecipano alla vita sociale del territorio.
D. - Quello che stiamo vedendo, le proteste, rappresenta un "termometro" del tessuto sociale o in realtà il tessuto sociale nella sua interezza è disponibile al confronto?
R. - E’ una realtà nella quale c’è sempre stata la capacità del dialogo e di assimilazione di diverse realtà. Quel territorio ha già anche quartieri dove sono presenti altri sinti. Credo che la maggioranza della popolazione abbia una disponibilità di fondo. Il rischio è nel fomentare il confitto.
D. - Qual è dunque il suo appello per questa vicenda?
R. - Quello di imparare a conoscere queste famiglie, persone che incontriamo tante volte lungo la strada o nei negozi. Dare loro la possibilità di vivere in un nuovo sito più organizzato e meglio attrezzato, vuol dire potere anche legare rapporti di amicizia, di confronto che aiutano la convivenza pacifica.
Iraq-violenza
Aumentano le vittime americane in Iraq. Tre soldati statunitensi hanno perso la vita nella città sunnita di Hawijah. Mentre erano in servizio di pattuglia, sono stati raggiunti dal fuoco della guerriglia. Sale così ad oltre 4 mila il numero dei morti in Iraq tra le file del contingente USA.
Afghanistan-cronaca
Prosegue l’ondata di violenza anche in Afghanistan. In un attentato kamikaze, avvenuto vicino la frontiera con il Pakistan, due bambini hanno perso la vita. Obiettivo dell’agguato, un convoglio di forze della NATO, tre soldati nell'azione sono rimasti feriti. Intanto, la Germania sta valutando l’ipotesi di inviare nel Paese asiatico altri 200 soldati in aggiunta agli oltre tremila presenti.
Libano-governo
Secondo fonti di stampa, il Qatar si è detto disponibile a mediare per la formazione del governo in Libano. Nelle scorse settimane, il presidente Suleiman ha conferito l’incarico al premier Siniora, che per il momento non è riuscito a trovare un’intesa. Intanto, alcune famiglie di detenuti palestinesi, da oltre vent'anni nelle prigioni israeliane, hanno chiesto ai vertici di Hezbollah di inserire i loro parenti nella lista dello scambio di prigionieri tra lo Stato ebraico e il movimento sciita.
Zimbabwe-politica
Clima pesante in Zimbabwe in vista del ballottaggio presidenziale previsto per il 27 giugno. Il governo ha proibito alla ONG “Care International” di continuare i suoi interventi, perché appoggerebbe apertamente l’opposizione. Un’accusa subito respinta dall’organizzazione non governativa.
Kenya-politica
Attesa in Kenya, dove il prossimo 11 giugno si terranno cinque elezioni suppletive. Un appuntamento che segue le consultazioni del 27 dicembre scorso, segnate da scontri nei quali persero la vita circa 1500 persone. Si aggrava intanto anche la situazione economica: ieri sono stati pubblicati i dati dell’inflazione che ha superato il 30 per cento.
Romania-politica
Sarà il ballottaggio a decidere il nuovo sindaco della capitale romena di Bucarest, il prossimo 15 giugno. A contendersi la poltrona di primo cittadino sono il senatore indipendente, Sorin Oprescu, che al primo turno ha ottenuto il 30,12 per cento, e il senatore Vasile Blaga del Partito democratico-liberale, attestato al 29,56 per cento. A livello nazionale, i risultati indicano al primo posto il partito di centrodestra, per numero di seggi di presidenti dei 41 Consigli provinciali romeni.
Algeria- immigrazione
Il governo algerino ha presentato i dati sull'immigrazione clandestina. Oltre 12 mila migranti irregolari di origine africana sono stati arrestati e riportati nel loro Paese d'origine, nel corso del 2007. Secondo le autorità, in questo modo è stato impedito il passaggio di terroristi nelle carovane di immigrati clandestini.
Bangladesh-sicurezza
Vasta operazione contro la criminalità in Bangladesh. Almeno 10 mila persone sono state arrestate in una sola settimana, ma le autorità smentiscono che si sia trattato di fermi politici come sostenuto dall’opposizione.
Corea del Sud-aiuti alimentari
In aiuto alla Corea del Nord, sull’orlo di una crisi alimentare, la Corea del Sud ha deciso di inviare 50 mila tonnellate di grano. Secondo la FAO, Pyongyang sarebbe sull'orlo di una nuova carestia simile a quella che, una decina di anni fa, aveva ucciso circa un milione di persone. A peggiorare la situazione, le devastanti inondazioni della scorsa estate, la corsa al rialzo dei prezzi per i generi alimentari e l'inasprimento dei rapporti con Seul. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli) Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 156
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