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Sommario del 27/01/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • La novità del messaggio di Gesù è che “Dio in Lui si è fatto vicino” a noi: così, Benedetto XVI all’Angelus domenicale. Il Papa e i bambini dell’Azione Cattolica lanciano in cielo due colombe simbolo di pace
  • I mass media al bivio tra protagonismo e servizio: sul Messaggio del Papa per la Giornata delle Comunicazioni sociali, la riflessione di mons. Claudio Maria Celli e Gianni Riotta
  • Oggi in Primo Piano

  • Nella Giornata Mondiale dei malati di lebbra, risuona ancora forte l’appello di Raoul Follereau contro l’emarginazione dei lebbrosi
  • Nella Giornata della Memoria delle vittime dell’Olocausto, l’ONU esorta a non dimenticare l’orrore dello sterminio nazista e a sconfiggere la piaga dell’intolleranza
  • Accanto ai malati di AIDS della Tailandia per ridonare loro speranza nella vita: la testimonianza del missionario camilliano Giovanni Contarin
  • L’arcivescovo di Milano, Tettamanzi, e il direttore del Corriere della Sera, Mieli, a confronto su immigrazione e mass media
  • Chiesa e Società

  • Il cardinale Bertone chiude il convegno romano dell'Opera don Guanella sul tema "L'arte di accompagnare all'incontro con la morte"
  • “Siamo tutti Chiesa e tutti siamo una famiglia”: così, i vescovi argentini nella lettera ai cattolici per la Quaresima
  • La Caritas di Gerusalemme moltiplica gli sforzi a sostegno della popolazione nella Striscia di Gaza
  • India: nella festa della Repubblica, l'arcivescovo di Mumbai, Gracias, invita a combattere la violenza e l’intolleranza
  • In Spagna, annunciati i vincitori dei Premi "Bravo" per la comunicazione sociale
  • In Nepal, oltre 200 persone ricevono il Battesimo nella città di Godavari
  • Nel sud delle Filippine, ad Iloilo City, centinaia di fedeli partecipano alla prima Messa in latino dopo oltre 30 anni
  • Si celebra oggi in Spagna la Giornata dell’Infanzia Missionaria
  • Il 3 febbraio, nella Basilica romana di Santa Maria in Trastevere, un concerto dedicato a don Andrea Santoro
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nuova escalation di violenza in Kenya: decine di morti, tra cui un sacerdote
  • Il Papa e la Santa Sede



    La novità del messaggio di Gesù è che “Dio in Lui si è fatto vicino” a noi: così, Benedetto XVI all’Angelus domenicale. Il Papa e i bambini dell’Azione Cattolica lanciano in cielo due colombe simbolo di pace

    ◊   La novità del messaggio di Gesù é che Dio “si è fatto vicino e regna ormai in mezzo a noi”: è la riflessione offerta da Benedetto XVI ai fedeli riuniti in Piazza San Pietro per l’Angelus domenicale. Tra i tanti pellegrini, anche migliaia di bambini dell’Azione cattolica di Roma, convenuti al termine dell’iniziativa “Mese della pace”. Due di loro, saliti all’appartamento papale, assieme al Santo Padre hanno fatto volare in cielo le colombe della pace. Il servizio di Alessandro Gisotti:
     
    Con “l’inizio della missione pubblica di Cristo” il Regno di Dio “si è fatto vicino, anzi, è ormai venuto in mezzo a noi”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI che si è soffermato sulla liturgia della Terza domenica del tempo ordinario incentrata sull’inizio della predicazione di Gesù in Galilea. Una terra periferica, ha rilevato il Papa, ma che il profeta Isaia aveva già preannunciato avrebbe avuto un futuro glorioso, “avrebbe visto una grande luce”, quella di Cristo e del suo Vangelo. Proprio il termine “vangelo”, ha proseguito, era usato ai tempi di Gesù dagli imperatori romani per i loro proclami. Ma ora, ha avvertito il Papa, la “Buona Novella” assume un significato radicalmente diverso:

     
    “Applicare questa parola alla predicazione di Gesù ebbe dunque un senso fortemente critico, come dire: Dio, non l’imperatore, è il Signore del mondo, e il vero Vangelo è quello di Gesù Cristo”.
     
    Dunque, la buona notizia proclamata da Gesù si riassume in questo: che è Dio a regnare, “è Dio il Signore e la sua signoria è presente, attuale, si sta realizzando”:

     
    “La novità del messaggio di Cristo è dunque che Dio in Lui si è fatto vicino, regna ormai in mezzo a noi, come dimostrano i miracoli e le guarigioni che compie. Dio regna nel mondo mediante il suo Figlio fatto uomo e con la forza dello Spirito Santo, che viene chiamato “dito di Dio”.
     
    Dove arriva Gesù, ha detto ancora, “lo Spirito creatore reca vita e gli uomini sono sanati dalle malattie del corpo e dello spirito. La signoria di Dio si manifesta allora nella guarigione integrale dell’uomo”:

     
    “Con ciò Gesù vuole rivelare il volto del vero Dio, il Dio vicino, pieno di misericordia per ogni essere umano; il Dio che ci fa dono della vita in abbondanza, della sua stessa vita. Il regno di Dio è pertanto la vita che si afferma sulla morte, la luce della verità che disperde le tenebre dell’ignoranza e della menzogna”.
     
    Dopo l’Angelus, si è vissuto un momento particolarmente gioioso con il lancio in volo di due colombe, simbolo di pace, da parte del Santo Padre e due bambini dell’Azione Cattolica di Roma, saliti all’appartamento papale. Ecco le parole della bambina, che ha parlato a nome dei tanti giovani presenti in Piazza San Pietro:
     
    “Caro Papa, impariamo da te cosa vuol dire essere veramente operatori, nel quotidiano, di quella Pace che gridiamo e invochiamo in questa giornata! Come tu ci hai detto nel Messaggio per la Giornata della Pace, ci sono tante “ombre cupe” sul futuro di tanta gente e noi vogliamo dire basta a questa situazione. Ti ringraziamo perché tu pensi sempre a noi bambini e ti promettiamo di non scordare mai che sulla strada della vita, qualunque cosa succeda, Gesù cammina con noi. Caro Papa, l’ACR di Roma ti vuole tanto tanto bene!


    L’evento ha suggellato il “Mese della Pace”. Ai bambini, impegnati in questa iniziativa, il Papa ha rivolto un pensiero affettuoso:

     
    “Cari piccoli amici, so che vi impegnate in favore dei vostri coetanei che soffrono per la guerra e la povertà. Continuate sulla strada che Gesù ci ha indicato per costruire la vera pace!”
     
    Poi, l’atteso lancio delle colombe, che senza incertezze si sono librate nel cielo. Non sempre era stato così negli anni passati. Il Papa ha commentato divertito, rivolgendosi ai due bambini:

     
    Questa volta é andata bene, qualche volta ritornano!”
     
    Sempre dopo l’Angelus, Benedetto XVI ha ricordato le sofferenze dei lebbrosi, nella Giornata della Lebbra, istituita 55 anni fa da Raoul Follereau:

     
    “A tutte le persone che soffrono per questa malattia rivolgo il mio affettuoso saluto assicurando una speciale preghiera, che estendo a quanti, in vari modi, si impegnano al loro fianco, in particolare ai volontari dell’Associazione Amici di Raoul Follereau”.

     
    Benedetto XVI è anche tornato a parlare del compito urgente dell’educazione delle giovani generazioni, tema a lui particolarmente caro. Il Papa ha così menzionato la sua Lettera inviata lunedì scorso alla diocesi e alla città di Roma:

     
    “Ho voluto così offrire un mio particolare contributo alla formazione delle nuove generazioni, impegno difficile e cruciale per il futuro della nostra città. Sabato 23 febbraio incontrerò in una speciale Udienza in Vaticano tutti coloro che, come educatori o come fanciulli, adolescenti e giovani in formazione, sono più direttamente partecipi della grande sfida educativa, e consegnerò loro simbolicamente questa mia Lettera”.
     

     Salutando i pellegrini in lingua polacca, il Papa ha rivolto un pensiero speciale ai famigliari delle vittime di un incidente aereo, avvenuto giovedì scorso in Polonia, nel quale hanno perso la vita 20 persone. Quindi, ha salutato i vescovi sloveni in visita ad Limina, esortandoli a progredire uniti nelle Chiesa e nell’amore verso Dio e verso il prossimo.

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    I mass media al bivio tra protagonismo e servizio: sul Messaggio del Papa per la Giornata delle Comunicazioni sociali, la riflessione di mons. Claudio Maria Celli e Gianni Riotta

    ◊   Ha destato ampia eco in questi giorni - nel mondo della comunicazione e non solo - il Messaggio di Benedetto XVI per la 42.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Socali, pubblicato giovedì scorso. Nel documento, il Papa sottolinea che i mass media sono oggi al “bivio tra protagonismo e servizio” ed esorta i comunicatori a ricercare sempre la verità rifuggendo dal materialismo economico e dal relativismo etico. Sui contenuti del Messaggio, Luca Collodi ha intervistato mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali e Gianni Riotta, direttore del TG1 RAI. Il Messaggio del Papa indica alcune degenerazioni nei mass media. Tuttavia, è la convinzione di mons. Celli, non è questo l’elemento più significativo:


    R. - Io credo che sia stato percepito solo un aspetto di questo Messaggio. Riconosco che il Papa fa riferimento a questi aspetti negativi, però mi permetterei di sottolineare che forse non è l’aspetto principale di questo Messaggio. Il Papa ne parla perché, non c’è bisogno di grandi dimostrazioni, è talmente evidente a tutti noi che c’è una proliferazione di immagini in televisione che non è certamente rispettosa dell’uomo. Il Papa ne parla, ne è consapevole e sottolinea che oggi i mezzi di comunicazione sociale sono talmente suggestivi che il rischio è che possano incidere fortemente e in maniera negativa sulle coscienze, sull’ethos delle persone, sui comportamenti, e questo è un fatto che è sotto gli occhi di tutti. Quello che il Papa vuole toccare con il suo Messaggio, quello che vuole indicarci è il rischio che oggi i media devono affrontare, cioè quale ruolo vogliano giocare nel cammino dell’umanità. E’ solamente un cammino di protagonismo fine a se stesso, quando sono, direi, guidati, orientati unicamente da criteri materialistici o da gruppi di potere, oppure vogliono essere un momento di vero servizio alla verità e all’uomo?

     
    D. - Giriamo questa domanda a Gianni Riotta, direttore del TG1 della RAI. Ecco la sua riflessione sulla domanda che pone il Papa in questo messaggio e che ha rilanciato mons. Celli:
     
    R. - Il messaggio del Papa pone a chi opera nella comunicazione una sfida molto netta che è poi fondamentalmente la stessa sfida che era già stata posta nell’Enciclica “Spe salvi” circa l’ambiguità del progresso. Qual è la lettura del progresso da parte di Papa Ratzinger? Offre inedite possibilità di bene e apre al tempo stesso abissali possibilità di male. Oltre alla televisione che ormai fa parte dei vecchi media, parliamo del nuovo mezzo di comunicazione di massa: Internet. Che cosa è oggi Internet? È un paradiso di possibilità informative culturali di intrattenimento, di distrazione. E’ un inferno di pedofilia, abbrutimento, corruzione, commercio nel senso negativo e distorsione della verità: su Internet si trova scritto che le Torri Gemelle non sono crollate, che Hitler era un “bravo ragazzo” e che i gulag sono un’invenzione. Il compito di noi giornalisti deve essere quello di usare le infinite possibilità di umanesimo o di nuovo umanesimo che il progresso apre e di combattere le infinite distorsioni che il progresso minaccia. Questo è un messaggio che il Papa offre a quanti lavorano nella comunicazione, a prescindere dai propri convincimenti personali”.

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    Oggi in Primo Piano



    Nella Giornata Mondiale dei malati di lebbra, risuona ancora forte l’appello di Raoul Follereau contro l’emarginazione dei lebbrosi

    ◊   Come ricordato dal Papa all'Angelus, oggi ricorre la Giornata Mondiale della Lebbra. Il tema per questa 55.ma edizione è “Lebbra, una malattia dimenticata”. A promuovere la Giornata dedicata a quanti sono colpiti dal “morbo di Hansen” è l'AIFO, l’Associazione italiana Amici di Raoul Follereau. La ricorrenza è stata istituita nel gennaio 1954 dal giornalista e scrittore francese, “apostolo dei lebbrosi”. In quello stesso anno, Follereau inviò due lettere, indirizzate al presidente americano Eisenhower e al premier sovietico Malenkov, chiedendo loro due bombardieri con la vendita dei quali si sarebbero potuti curare tutti i lebbrosi del mondo. Un appello che non ottenne risposta. A oltre mezzo secolo di distanza, quel gesto clamoroso è ancora attuale? Fabio Colagrande lo ha chiesto a Guido Barbera presidente dell’associazione “Voglio Vivere”, membro dell’Unione Internazionale Raoul Follereau:

    R. – Direi che sarebbe indispensabile. Ma purtroppo, ancora al giorno di oggi, la violenza, il conflitto, la guerra predomina sul bene e molte spese da parte dei governi e delle nazioni sono rivolte agli armamenti, invece che occuparsi dei diritti delle persone, delle fasce più deboli: le donne, i bambini, gli ammalati e quindi anche degli ammalati di lebbra. I malati di lebbra rappresentano un po’ il simbolo di una miseria, di un’umanità emarginata e sofferente che grava sempre di più su questa nostra civiltà o forse inciviltà, proprio per il non rispetto della dignità delle persone.

     
    D. – Chi era Raoul Follereau?

     
    R. - Raul Follereau era una persona che di fronte all’ingiustizia, di fronte all’infelicità, di fronte alla sofferenza di un uomo, di una donna o di un bambino non sapeva e non poteva tacere ed agiva, quindi, direttamente senza guardare a distinzioni di credi politici o religiosi. Tutti siamo chiamati a contribuire a questa battaglia di amore – come la definiva Raoul Follereau – per vincere l’ingiustizia, per far sì che qualunque bambino o qualunque persona non debba più soffrire di freddo, di fame, di malattie e di qualunque altro tipo di sofferenza. Follereau è una persona che ha avuto il coraggio di alzare la propria voce per farsi voce dei sofferenti e di portarla poi in tutte le direzioni, fino ad arrivare alle Nazioni Unite, fino ad arrivare agli incontri e non solo con il Santo Padre, ma con tutti i potenti della Terra, passando per le tante mani che ha stretto in oltre 32 giri del mondo che ha fatto per incontrare i malati sofferenti, per incontrare le persone. E’ un esempio che oggi tutti noi siamo chiamati a riscoprire, ma anche a rivivere. Oggi abbiamo bisogno, di fronte alla confusione, all’ingiustizia, alla miseria presente nella nostra società - e non solo nei Paesi più poveri, ma in tutti i Paesi, perché la miseria ce l’abbiamo davanti alle porte di casa – e di fronte a queste persone dobbiamo darci la mano per reagire, perché il nostro messaggio è un messaggio di amore e di rispetto della dignità delle persone.

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    Nella Giornata della Memoria delle vittime dell’Olocausto, l’ONU esorta a non dimenticare l’orrore dello sterminio nazista e a sconfiggere la piaga dell’intolleranza

    ◊   “A coloro che ancora oggi sostengono che l’Olocausto non sia mai esistito, o che ne sia stata amplificata la portata”, si deve rispondere ribadendo la determinazione ad “onorare la memoria di uomini, donne e bambini, innocenti, uccisi per mano dei nazisti e dei loro complici”. E’ quanto si legge nel messaggio del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, per l’odierna Giornata mondiale in memoria delle vittime dell’Olocausto. Questa ricorrenza cade nell’ambito delle commemorazioni del 60.mo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, il primo documento globale a sancire la dignità e l’uguaglianza di tutti gli esseri umani. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
     
    (Musica)

     
    Orrori non vissuti in prima persona, drammi apparentemente lontani non devono indebolirsi, smarrirsi nella quotidianità e riproporsi in disumane tesi antisemite. Ci sono testimonianze, quelle dei sopravvissuti dell’Olocausto, che devono riflettersi in ogni tempo per divenire un monito indelebile per l’umanità. Sulla tragedia vissuta dagli ebrei negli anni della Seconda guerra mondiale, ecco la testimonianza rilasciata alla nostra emittente - al rotocalco ‘Radiodomenica’ - dal rabbino capo emerito di Roma, Elio Toaff:


    “Io per molti anni mi sono svegliato tremando, perché rivivevo quello che era successo. Quindi, ero veramente angosciato perché non avevo nessuna voglia di ricordare, ma tutte le notti, per dieci anni, me le sono riviste davanti agli occhi, quelle scene tremende cui avevo assistito”.


    Riapriamo la drammatica pagina dell’arrivo ad Auschwitz con il ricordo dell’ebreo italiano, Nedo Fiano:

     
    “Siamo scesi giù come tanti sacchi di cemento, incolonnati. La mamma ha capito che andavamo lì a morire e ha detto: Nedo, Nedo, Nedo! Abbracciami, Non ci vedremo mai più! E così è andata”.


    Ma non basta ricordare, onorare e piangere le vittime dell’odio nazista: il segretario generale delle Nazioni Unite sottolinea che si deve educare a rispettare la vita: si deve infondere il rispetto per la diversità – si legge nel messaggio di Ban Ki-moon - prima che si radichi l’intolleranza. Alla memoria, che lo scorrere del tempo potrebbe affievolire ma non cancellare, si deve associare la conoscenza storica per evitare che l’umanità del Terzo millennio possa conoscere ancora orrori simili a quelli avvenuti nei campi di sterminio nazisti. Liliana Picciotto, storica del Centro di Documentazione ebraica contemporanea:


    “Io come storica, mentre sono capace di dire cosa è accaduto, non sono mai riuscita a dare un senso a quello che è avvenuto. Si capisce benissimo che cosa sia successo, ma non il perché. Anche oggi in certi frangenti, in certi ambienti, l’irrazionalità ancora trionfa. Se andiamo a leggere i libri di storia di certi Paesi, dove ancora ci sono regimi antidemocratici, possiamo notare, purtroppo, che la storia è sempre quella. Bisogna cominciare dall’infanzia a divulgare idee di amicizia, di solidarietà verso l’altro”.

     
    Ci sono state persone che hanno detto ‘no’ alla violenza, all’intolleranza e al terrore di quegli anni salvando la vita di molti che erano perseguitati. Tra queste c’è anche mons. Beniamino Schivo, già insignito del titolo di “Giusto tra le genti”, che giovedì scorso ha ricevuto al Quirinale la medaglia d’oro al merito civile durante la cerimonia di celebrazione del “Giorno della Memoria”. Ripercorriamo con mons. Schivo quegli anni e la sua storia, indissolubilmente legata con quella di una famiglia ebrea.

    “Una famiglia venne a Città di Castello e io mi adoperai per trovare loro un nascondiglio. Come potevo rifiutarmi? Mi sembrava doveroso. E mi venne in mente una casa che hanno le nostre suore in alta montagna, in un luogo molto isolato. In primavera cominciò poi la caccia ai partigiani, che si nascondevano sui monti, e allora diventava pericoloso restare in quella casa. La famiglia venne quindi in seminario e tutti poterono trascorrere il periodo più acuto della guerra abbastanza tranquillamente, aiutati da tanta brava gente. Poi, arrivarono gli Alleati e la vita riprese normalmente”.

     
    Il silenzio e la preghiera hanno dominato il 28 maggio del 2006 la visita di Benedetto XVI al campo di sterminio nazista di Auschwitz. “Con la distruzione d’Israele – aveva detto il Papa – si voleva in fin dei conti strappare anche la radice, su cui si basa la fede cristiana”:

     
    “I potentati del Terzo Reich volevano schiacciare il popolo ebraico nella sua totalità; eliminarlo dall'elenco dei popoli della terra. Allora le parole del Salmo: ‘Siamo messi a morte, stimati come pecore da macello’ si verificarono in modo terribile. In fondo, quei criminali violenti, con l'annientamento di questo popolo, intendevano uccidere quel Dio che chiamò Abramo, che parlando sul Sinai stabilì i criteri orientativi dell'umanità che restano validi in eterno”.
     
    Gli insegnamenti drammatici dell’Olocausto devono dunque continuare ad essere trasmessi alle future generazioni: “Se comprendere è impossibile – diceva Primo Levi - conoscere è necessario perché ciò che è accaduto può ritornare”.

     (Musica)

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    Accanto ai malati di AIDS della Tailandia per ridonare loro speranza nella vita: la testimonianza del missionario camilliano Giovanni Contarin

    ◊   Creare un ambiente familiare per quanti, a causa del virus HIV, sono abbandonati e discriminati: con questo spirito, nel 1996, è nato il Centro Camilliano di Rayong a 200 chilometri da Bangkok. Animatore di questa straordinaria iniziativa è padre Giovanni Contarin, che, raggiunto telefonicamente in Tailandia da Alessandro Gisotti, racconta i primi passi della sua esperienza con i malati di AIDS:
     
    (Musica)

     
    R. – Qui in Tailandia, la questione AIDS è stata tenuta nascosta per diversi anni, rispetto all’Occidente. Mi sono detto: questo è proprio il mio lavoro! Ho desiderato incontrare questi malati e nei primi sei mesi sono stato a lavorare in un ospedale nazionale per malattie infettive, dove c’erano una trentina di posti letto per questi malati. Lì ho trovato diversi malati con i quali ho stretto veramente un rapporto umano e ho cominciato a capire che cosa significa l’AIDS, cosa significa essere abbandonati, sentirsi rifiutati. Questo mi ha permesso di creare dei rapporti bellissimi con alcune persone, uno in particolare, che poi si è convertito con il nome di Camillo. Camillo è morto, ma sono stato al suo fianco per circa 5 anni e con lui abbiamo fatto molte cose.

     
    D. - Quali sono le principali difficoltà che affrontano questi malati?

     
    R. - Abbiamo fatto dei grandi progressi in Tailandia in questi 15 anni, in termini di attitudine positiva. Ci siamo impegnati a organizzare delle associazioni e far sentire la voce di questi malati, la voce dei bambini, delle donne, la voce di chi non ha fatto niente di male. Ci siamo concentrati su questi gruppi per poter cambiare la mentalità. Si era convinti che un malato di AIDS, per mille ragioni, dovesse sempre essere cattivo. Abbiamo dovuto lottare per un cambiamento di mentalità e siamo riusciti a fare moltissimo proprio con la collaborazione piena dei nostri bambini e delle donne.

     
    D. - C’è una storia che in un certo modo può racchiudere, raccogliere, tutta la sua esperienza in Tailandia?

     
    R. - C’è la storia di una bambina che oggi è una donna, ha vent’anni, ed è la primissima bambina che ho cominciato a curare con gli antiretrovirali che prendevo dalla Svizzera o dall’India. Con questi medicinali siamo riusciti ad aiutare il primo gruppo di bambini e questa bambina che allora aveva 10 anni. Era ridotta a pelle e ossa, aveva la tubercolosi, altre infezioni. Grazie a questi medicinali, che siamo riusciti a trasportare in maniera nascosta, è riuscita a riprendersi. Abbiamo fatto una scuola interna per lei. Oggi sta terminando le scuole professionali di segretaria di azienda ed è una donna bellissima! Dieci anni di storia, di lotta per un’attitudine positiva, un’accettazione, e lei è un po’ il segno di questi ultimi miei dieci anni di impegno nel campo dell’AIDS.
     (Musica)

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    L’arcivescovo di Milano, Tettamanzi, e il direttore del Corriere della Sera, Mieli, a confronto su immigrazione e mass media

    ◊   “Immigrati in prima pagina”: questo il titolo di una tavola rotonda promossa, ieri, dall’arcidiocesi di Milano in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. A confrontarsi su immigrazione e mass media, il cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, e il direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli. A seguire l’evento per noi, c’era Fabio Brenna:
     
    Troppe volte l'immigrato viene trattato dall'informazione senza rispetto come persona ed anzi come criminale, “l'altro” di cui avere paura. E' una diagnosi realistica ed anche cruda quella cui si sono trovati di fronte l'arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, e il direttore del “Corriere della Sera”, Paolo Mieli, protagonisti di un dialogo per celebrare il patrono dei giornalisti San Francesco di Sales. Nell’occasione, è stata illustrata una ricerca dell'ISMU - Istituto per lo studio della multietnicità - che evidenzia l'uso di un lessico dell'emergenza da parte degli organi di informazione per parlare di stranieri e immigrazione. Marco Garzonio, giornalista e presidente della fondazione Ambrosianeum ha parlato di proiezione sugli stranieri delle difficoltà personali e di quelle provocate dall'appannamento della cittadinanza. Di fronte a questo quadro, per il cardinale Tettamanzi è necessario uno sforzo da parte dell'informazione a riconoscere e a presentare l'immigrato innanzitutto come persona, semplificando il fenomeno complesso senza essere superficiali, sforzandosi anzi di dare la parola all'immigrato stesso:

     
    “Siamo tutti molto pronti, molto disponibili a parlare degli immigrati, a parlare sugli immigrati. Non so se dobbiamo avere una saggezza più grande e un coraggio più energico ad ascoltare questi immigrati, a dare loro una possibilità concreta di esprimersi, di raccontarsi, di farci vedere che loro certo hanno bisogni economici, materiali – casa, lavoro e così via – ma hanno anche bisogni più profondi. Hanno bisogni culturali, spirituali, hanno bisogno dell’educazione, dell’istruzione, di una partecipazione alla vita della città, che non li veda ai margini e quindi costretti alla passività, se non addirittura alla reazione, ma li veda soggetti attivi, responsabili, quindi con la capacità e la volontà di portare il proprio contributo al presente e al futuro della nostra città”.

    Interpellato dall'arcivescovo, Paolo Mieli ha cercato di spiegare che la paura dell'altro è stata amplificata dall'11 settembre 2001 quando l'evocato scontro di civiltà ci ha messo di fronte all'eventualità di una guerra radicale. Il mondo dell'informazione rende un servizio alla verità e alla professione se riesce ad essere autorevole su questo argomento, fornendo pareri e valutazioni meditati e ragionati.

     
    “Si tratta di un problema complesso. Da 2 o 3 mila anni gli incontri fra popoli comportano scontri e c’è un grande lavoro di tessitura per dipanare dei nodi che sono obiettivi. Da questo punto di vista il ruolo dei media, come sempre, è un ruolo chiave. Io sono grato al cardinale Tettamanzi di avere provocato un confronto franco con me, che sono direttore del “Corriere della Sera”, con me non in quanto persona o non solo persona, ma in quanto direttore del “Corriere della Sera”, per vedere come possiamo insieme sciogliere dei nodi, nella consapevolezza che non ci siano ragioni tutte da una parte e torti tutti dall’altra, ma complessità. E’ come un difficile teorema di matematica da risolvere, nella consapevolezza che qui non ci sono numeri, ma degli essere umani in carne ed ossa, cui dobbiamo voler bene, dobbiamo trattare con rispetto, uno per uno. Dobbiamo considerarli e guardarli negli occhi uno per uno come persone, come fratelli, come carne della nostra carne”.
     
    Mieli e il cardinale Tettamanzi hanno poi discusso il problema di come affrontare l'immigrazione in Italia, da un punto di vista integrazionista o piuttosto assimilazionista, augurandosi che le leggi sappiano trovare risposte rispettose di tutti per favorire una convivenza ricca di scambi. (Da Milano, per Radio Vaticana, Fabio Brenna)

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    Chiesa e Società



    Il cardinale Bertone chiude il convegno romano dell'Opera don Guanella sul tema "L'arte di accompagnare all'incontro con la morte"

    ◊   La partecipazione, intensa in termini di numeri, ma anche di emozioni, al meeting organizzato dall'Opera don Guanella a Roma, sul tema "L'arte di accompagnare all'incontro con la morte", è la testimonianza che la morte non è un argomento lugubre. Lo è diventato, nella nostra cultura, che ha espulso la morte dalla vita. "Si vive come se non si dovesse mai morire", ha detto ieri, nell'omelia della Messa conclusiva, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. "Nella nostra società – ha affermato lo psichiatra Vittorino Andreoli –, non c'è tempo per pensare alla morte, per prepararsi alla morte, non c'è tempo da dedicare a chi muore". Si muore sempre più soli, lontani da casa, negli ospedali, spesso di fretta. La morte "si cerca in tanti modi di esorcizzarla – ha detto ancora il cardinale Bertone – invece, dobbiamo imparare a guardarla con serenità, e soprattutto dobbiamo prepararci a incontrarla". Perché morire è un momento della vita, inevitabile, "il momento cui tende ogni vita, fin dalla nascita. Il morente è un vivente. Con i suoi sentimenti, i suoi bisogni, fisici, psicologici e spirituali. E la morte richiede tempo, attenzione, rispetto". È questo, in sintesi, il messaggio conclusivo del meeting. La Basilica di San Giuseppe al Trionfale, voluta ormai cento anni fa dal fondatore, don Luigi Guanella, è stata sempre piena, nei due giorni di incontro. Trecento gli iscritti, dall'Italia, dalla Svizzera e perfino dal Perù. Operatori sanitari, assistenti sociali e spirituali, e persone che semplicemente hanno avuto un lutto o hanno un parente o un amico malato, e cercano un aiuto su come prepararsi all'incontro con la morte o come accompagnare la persona cara a quel momento. E ciò a testimonianza che oggi c'è bisogno di una "educazione alla morte", e anche di una formazione professionale adeguata all'assistenza dei morenti. Si sono toccati temi importanti. C'è un diritto a morire dignitosamente, si è detto. Ma, soprattutto c'è l'altra faccia della medaglia: il diritto-dovere a vivere con dignità, che significa, innanzitutto, un diritto a non morire soli. Come c'è un diritto a non vivere soli. (A cura di Emanuela Bambara)

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    “Siamo tutti Chiesa e tutti siamo una famiglia”: così, i vescovi argentini nella lettera ai cattolici per la Quaresima

    ◊   “Siamo tutti Chiesa.  E' tempo di condivisione”: questo il titolo della lettera che i vescovi argentini hanno indirizzato, recentemente, a tutti i cattolici nell’imminenza della Quaresima, per ribadire i contenuti di un loro documento intitolato: “Condividere la multiforme grazia di Dio”, pubblicato dieci anni fa. Da allora, ricordano i presuli, “abbiamo lavorato con impegno e con molta speranza, affinché ogni battezzato possa vivere, fino in fondo, la sua responsabilità di dare ogni sostegno alla grande famiglia della Chiesa che desidera, non solo, di essere presente ma anche di accompagnare tutti in ogni momento della vita”. I presuli sottolineano ancora una volta: “Siamo tutti Chiesa e tutti siamo una famiglia. Siamo chiamati a condividere ciò che siamo e ciò che abbiamo per far sì che questo messaggio possa arrivare a tutti”. E tutti – aggiungono - possano scoprire in Cristo “il cammino, la verità e la vita” rinnovando nel proprio cuore “la gioia e l’amore che sgorgano dalla Pasqua”. I vescovi argentini, citando ciò che avevano scritto nell’esortazione di dieci anni fa, ricordano che “ogni persona è unica e irrepetibile”. Perciò, spiegano i presuli, “il talento e il tempo di ognuno sono necessari per offrire sempre alla propria comunità di appartenenza il caldo di un focolare nel quale poter dare accoglienza a tutti, in particolare agli indifesi, ai poveri e ai sofferenti. Infine, i vescovi ringraziano “la donazione e lo sforzo” di coloro che in questi anni, e oggi più che mai, in preparazione del tempo quaresimale “hanno dato generosamente il proprio contributo”; incoraggiano infine la comunità ecclesiale a “continuare offrendo aiuto a tutti mettendo i propri doni e beni materiali a disposizione dell’opera evangelizzatrice” della Chiesa. (A cura di Luis Badilla)

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    La Caritas di Gerusalemme moltiplica gli sforzi a sostegno della popolazione nella Striscia di Gaza

    ◊   “La priorità oggi è il cibo, e subito dopo vengono le cure mediche”: così, Jameel Khoury, responsabile della Caritas di Gerusalemme a Gaza, descrive la situazione di emergenza che colpisce la popolazione della martoriata regione costiera mediorientale. La chiusura dei valichi con l’esterno impedisce nel territorio la fornitura di beni di prima necessità, quali acqua, cure mediche, servizi e corrente elettrica. Per sostenere la popolazione, provata e sfiduciata, vittima di quella che è considerata “la situazione peggiore degli ultimi anni”, la Caritas ha moltiplicato gli sforzi cercando di fronteggiare soprattutto la crescente emergenza sanitaria, e offrendo assistenza a malati e feriti. Dal 2003 nella città di Al Shati - riferisce l'agenzia Fides - l’organizzazione umanitaria internazionale gestisce un centro medico, mentre dal 2005 in diverse aree della regione costiera sono state aperte sei cliniche mediche. Non di rado i volontari della Caritas si recano in visita ai villaggi e agli insediamenti nelle aree remote, per dispensare assistenza diretta sul posto, specialmente ai bambini. “Facciamo quello che possiamo - racconta Khoury - con la poca corrente elettrica a disposizione e le medicine sempre più scarse”. Per agevolare l’opera di assistenza alla popolazione, unendosi a tutte le Chiese di Terrasanta e all’appello dei Patriarchi e dei capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme, che hanno chiesto di fermare l’assedio a Gaza, la Caritas di Gerusalemme chiede alla comunità internazionale di riaprire l’accesso alla Striscia. (C.D.L.)

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    India: nella festa della Repubblica, l'arcivescovo di Mumbai, Gracias, invita a combattere la violenza e l’intolleranza

    ◊   “Unire la società per costruire insieme ponti di armonia, tolleranza e rispetto reciproco”. E’ il messaggio del cardinale indiano Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai reso noto dall'agenzia AsiaNews, in occasione della 59.ma Giornata della Repubblica indiana, celebrata ieri in tutto il Paese. Il porporato invita la popolazione a “lavorare insieme per la costruzione di un clima di tolleranza e coesistenza pacifica fra tutti i popoli”, “l’unica garanzia di sicurezza, forza, progresso ed unità della nostra nazione”. “L’India – continua il cardinale Gracias - è un grande Paese, con una ricca pluralità religiosa e culturale. Le religioni hanno molto in comune, anche se vi sono delle evidenti differenze: sta a noi decidere se unire le forze per lavorare insieme o per separarci, ma la religione può unire”. Nel messaggio, l’arcivescovo di Mumbai esprime grande disappunto per l’ondata di violenza scatenata contro i cristiani dell’Orissa e si dice turbato per gli “attacchi lanciati contro persone innocenti, contro le loro case, istituzioni e luoghi di preghiera, soprattutto perché questi sono stati motivati da questioni religiose e di casta”. Il porporato esprime inoltre preoccupazione per il perdurare delle violenze e delle discriminazioni nei confronti delle donne. “La libertà religiosa ed il rispetto reciproco fra le religioni – conclude - sono principi importanti di pluralismo e democrazia”. (C.D.L.)

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    In Spagna, annunciati i vincitori dei Premi "Bravo" per la comunicazione sociale

    ◊   La Commissione episcopale dei Mezzi di Comunicazione sociale di Spagna ha reso pubblico l’elenco dei premi “Bravo”, che saranno consegnati domani nella sede della Conferenza episcopale a Madrid. Un premio speciale é stato assegnato all’arcivescovo emerito di Pamplona, mons. Fernando Sebastián, per la sua attività nella pastorale della comunicazione sociale, considerando i mass media come strumenti privilegiati per l’evangelizzazione della cultura. E’ stato anche premiato il periodico “Gesto” delle Opere Missionarie Pontificie che, con i suoi 300.000 esemplari, include edizioni, oltre a quella in spagnolo, anche in catalano e basco. Per la televisione sono stati premiati tre programmi della tv spagnola, a carattere religioso, non solo per la loro qualità e professionalità, ma anche perché confermano il diritto alla libertà religiosa e la collaborazione tra la Chiesa e la televisione di Stato. Altri riconoscimenti “Bravo” sono andati a diverse entità, produzioni o personalità. In particolare: la commissione episcopale dei mezzi di comunicazione dell’arcidiocesi di Valencia; il Forum Libertas.com come mezzo digitale di ispirazione cristiana nel web; la campagna pubblicitaria in favore dei malati con sindrome di Down; il CD “Misa de la alegría; la settimana di cinema spirituale dell’arcidiocesi di Barcellona; il giornalista Angel del Rio della rete radiofonica COPE. I Premi "Bravo" sono stati istituiti dalla Commissione episcopale di mezzi di comunicazione sociale nel 1971 per la diffusione e promozione, nell’ambito della comunicazione sociale, di alcuni valori fondamentali come la dignità dell’uomo, i diritti umani ed i valori evangelici. (A cura di Ignacio Arregui)

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    In Nepal, oltre 200 persone ricevono il Battesimo nella città di Godavari

    ◊   Oltre 200 persone hanno ricevuto il Battesimo nella città di Godavari, in Nepal. Un evento possibile - sottolinea l'agenzia AsiaNews - grazie alla trasformazione del Paese asiatico in Stato laico con il conseguente riconoscimento ai cittadini della libertà religiosa. Nella città, 15 chilometri a nord della capitale Kathmandu, si impone ora la ricostruzione dell’edificio che ospita la chiesa, diventato ormai troppo piccolo per accogliere il cresciuto numero di fedeli. Padre Perumana Pius, pro-prefetto apostolico del Nepal e parroco di Godavari, ne ha parlato all'agenzia AsiaNews: “All’inizio in questa chiesa c’erano circa 50 cattolici locali, ma ora alla Messa vengono in circa 300. Siamo un po' stretti e qualcuno deve restare in piedi”. E aggiunge: “Abbiamo buoni rapporti con tutti i residenti, di qualsiasi fede”, “questi buoni rapporti hanno favorito la libertà religiosa.” (C.D.L.)

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    Nel sud delle Filippine, ad Iloilo City, centinaia di fedeli partecipano alla prima Messa in latino dopo oltre 30 anni

    ◊   Erano presenti oltre 700 fedeli, la scorsa settimana, nella parrocchia di Mandurriao, ad Iloilo City, nel sud delle Filippine, per la prima funzione eucaristica in latino dopo più di 30 anni. A celebrare la funzione – riferisce l’agenzia AsiaNews - mons. Juanito Maria Tuvilla, padre Oscar Andrada, padre Winifredo Losaria e padre Renato Cuadras. I sacerdoti hanno parlato in latino tranne che nell’omelia, per la quale mons. Tuvilla ha usato il dialetto locale, il hiligaynon. Celebrare in latino, hanno spiegato i religiosi ai presenti, non esclude l’uso della lingua corrente. “Capiamo il latino perché lo abbiamo imparato ed eravamo abituati ad utilizzarlo – commenta una parrocchiana – celebrare la Messa tradizionale ci ispira spiritualmente”. La scelta della Messa in latino - chiarisce Padre Celis - è una risposta positiva al motu proprio “Summorum Pontificum” del luglio scorso, “sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970”. (C.D.L.)

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    Si celebra oggi in Spagna la Giornata dell’Infanzia Missionaria

    ◊   “Mani all’opera”: è il tema che la Chiesa spagnola ha scelto per festeggiare, oggi, la Giornata dedicata all’Infanzia Missionaria. L’iniziativa – riferisce l’agenzia Fides - nasce per invitare i bambini a collaborare direttamente agli impegni missionari, “costruendo con le proprie mani l’opera della missione”. “Non possiamo fermarci. È necessario lavorare con i bambini e per i bambini, senza paure ma con fiducia", spiega mons. Francisco Pérez, arcivescovo di Pamplona-Tudela e direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM), nel messaggio diffuso in occasione della Giornata. Nel suo intervento il direttore nazionale del POM sottolinea che “il relativismo è la causa profonda” della confusione che regna nella società e che nuoce in particolare ai bambini che “tra pochi anni avranno sulle loro spalle i destini della società”. E’ necessario dunque intervenire per insegnare loro che “non tutto è conveniente”, “non tutto è buono” e che “la libertà non è “fare quello che si vuole”; è qualcosa di sacro che aiuta la persona a crescere con uno stile di vita autentico e che ha come norma fare il bene e cercare le cose buone”. Mons. Pérez lancia un appello ai mezzi di comunicazione perché insegnino “a vivere e ad orientare la vita sulla via della verità”, e invita le parrocchie, le scuole e le famiglie a rafforzare l’impegno nella formazione dei bambini. (C.D.L.)

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    Il 3 febbraio, nella Basilica romana di Santa Maria in Trastevere, un concerto dedicato a don Andrea Santoro

    ◊   Una Messa e “Ave Maria” a otto voci a cappella, per ricordare don Andrea Santoro, il sacerdote italiano ucciso il 5 febbraio 2006 da un giovane turco a Trebisonda, in Turchia. Il concerto - informa il quotidiano "Avvenire" - si terrà domenica tre febbraio, a due giorni dall’anniversario della morte del sacerdote, nella Basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma. La serata sarà aperta dal mottetto a quattro voci dispari “Fa’ di me un fiume”, con testo poetico di David Maria Turoldo; seguirà poi “Donum Fidei”, Messa e Ave Maria. Il maestro Mirco De Stefani, che dirige il concerto definisce il programma “un viaggio nella mente” verso un “singolo uomo che ha rappresentato, con la propria vita, uno straordinario tramite con l’assoluto”. (C.D.L)

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    24 Ore nel Mondo



    Nuova escalation di violenza in Kenya: decine di morti, tra cui un sacerdote

    ◊   Nuova escalation di violenza Kenya. Dopo la contestata rielezione del presidente Kibaki si registrano nuovi scontri tribali, mentre tra le numerose vittime delle ultime ore c’è anche un sacerdote. Il nostro servizio:

    Ad un mese esatto dal contestato voto del 27 dicembre scorso, la situazione è sempre tesa nel Paese. Membri della tribu' kikuyu, sostenitori del presidente Kibaki, sono in contrasto con i Luo e i Kalenji che appoggiano il rivale Raila Odinga. Teatro degli scontri la Rift Valley e in particolare la città di Naivasha dove fonti giornalistiche hanno riferito di una decina di corpi impiccati e bruciati. Lo scontro etnico-politico divampa in diverse città della zona, dove da giovedì sarebbero state uccise più di un centinaio di persone. Tra queste anche un sacerdote, padre Kamau Michael Ithodeka, che, ieri, mentre in macchina si stava recando nella città di Nakuru, per incontrare la madre, è stato fermato da uomini armati di lance e frecce che lo hanno colpito a morte. All’origine del gesto potrebbe esserci il suo nome, che è chiaramente riconducibile all’etnia del presidente Kibaki. Padre Kamau aveva 42 anni ed insegnava esegèsi biblica in un seminario locale. Come riporta l’agenzia MISNA aveva studiato all'Università Gregoriana di Roma ed era tornato da qualche anno nel suo Paese natale. In questo quadro a Nairobi prosegue la difficile mediazione tra le parti condotta dall’ex segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che, visitando l’area, ha denunciato “sistematici abusi dei diritti umani” e ha sollecitato un'inchiesta che faccia luce sulle violenze.

    Medio Oriente
    Nuovo incontro a Gerusalemme fra Abu Mazen e il premier israeliano Ehud Olmert. In primo piano, oltre della definizione di un accordo di pace, la crisi nella Striscia di Gaza. Una situazione che coinvolge anche l’Egitto dopo l’apertura da parte dei miliziani di Hamas di diversi varchi nella recinzione di frontiera. Oggi, le autorità egiziane hanno fatto sapere che assumeranno al più presto il controllo del valico di Rafah. Proprio per discutere delle misure da adottare il presidente egiziano, Hosni Mubarak, incontrerà il leader palestinese Abu Mazen mercoledì prossimo, mentre sono in programma altri colloqui separati con Hamas. Ma come mai la crisi della Striscia di Gaza si è riversata così pesantemente anche sull’Egitto? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Ianiki Cingoli, direttore del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente:
     
    R. – Nell’accordo di pace fra Israele ed Egitto, c’è il fatto che l’Egitto si impegna a prendersi responsabilità di questa frontiera e mantenerla sotto controllo. Nel momento in cui c’è l’abbattimento delle barriere da parte di Hamas ed un conseguente flusso libero di popolazione per andare a prendersi gli alimentari ed altri beni di prima necessità, si crea una situazione di confine aperto che, secondo la parte israeliana – in qualche modo – contraddice quel trattato di pace.

     
    D. – Si può dire che sia una mossa cercata da Israele per creare tensione sull’Egitto?

     
    R. – Israele cercava di aumentare la pressione sulla popolazione anche di Gaza, per far sì che questa si rivoltasse contro il governo di Hamas. Ma di fatto non soltanto non ha ottenuto questo risultato, ma ha ottenuto il risultato esattamente contrario. Si è, quindi, creata una situazione in cui loro si sono svincolati dalla morsa entro cui voleva costringerli Israele e lo stesso Abu Mazen, il presidente dell’Autorità palestinese, e hanno dimostrato di saper manovrare molto bene.

     
    D. – A questo punto cosa è legittimo attendersi per una soluzione, un alleggerimento – diciamo – di questa crisi?

     
    R. – Un po’ tutti cominciano ormai a capire che è necessario andare ad una gestione del valico di Rafah, che sia affidato – probabilmente – all’Autorità Nazionale Palestinese insieme agli egiziani, senza il controllo israeliano. Ma questo non può essere fatto senza una qualche forma di negoziato anche con Hamas, che sul terreno controlla la Striscia di Gaza.

     
    Morte Habash
    Il presidente dell’ANP, Abu Mazen, ha proclamato tre giorni di lutto nazionale per la morte del fondatore del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (FPLP) George Habash, deceduto ieri per un infarto ad Amman.
     
    Iraq violenze
    In Iraq un ex alto funzionario del regime di Saddam Hussein è stato ucciso a Baghdad assieme a sua moglie e i loro due figli ventenni. A darne notizia, responsabili della sicurezza irachena precisando che il tutto è successo in nottata ad opera di sconosciuti. Intanto, cinque impiegate dell’Università di Baghdad sono state rapite stamani da un gruppo di uomini armati mentre si stavano recando a lavoro a bordo di un autobus.

    Afghanistan - ricerche cooperante USA
    In Afghanistan, proseguono le ricerche della cooperante statunitense Cyd Mizell, rapita da uomini armati insieme al suo autista afghano ieri mattina a Kandahar, nel sud del Paese. Un rapimento non ancora rivendicato e che potrebbe essere stato compiuto da bande di criminali comuni. Dal canto suo, il britannico Paddy Ashdown ha ritirato la prima candidatura per l’incarico di rappresentante delle Nazioni Unite in Afghanistan. Lo stesso politico in una nota ha parlato della mancanza di “sostegno” necessario per svolgere efficacemente questo compito. La decisione segue una presa di posizione critica del presidente afgano Hamid Karzai il quale contestava il fatto che la stampa aveva dato la nomina per scontata.
     
    USA primarie
    Nuova tappa nelle primarie democratiche statunitensi in vista delle presidenziali del prossimo novembre. Ieri, in Carolina del Sud è stata netta la vittoria del senatore dell’Illinois, Barack Obama, che ha ottenuto il 55 per cento delle preferenze. Ad Hillary Clinton è andato il 27 per cento dei voti, mentre John Edwards ha conquistato solo il 18 per cento degli elettori. Adesso la prova cruciale è fissata per il 5 febbraio, quando si voterà in 22 Stati.

    Morte Suharto
    L’ex presidente indonesiano Suharto è morto stamani nell’ospedale di Giacarta dove era ricoverato da tre settimane. Era entrato in coma e nelle ultime ore era stato portato in rianimazione. Aveva 86 anni e per trentadue ha governato il Paese con pugno di ferro.

    Russia presidenziali
    La commissione elettorale russa ha respinto la candidatura dell’ex primo ministro Mikhail Kasianov alle presidenziali del prossimo 2 marzo. In questo modo nessun candidato dell’opposizione liberale parteciperà allo scrutinio, che, secondo i sondaggi, vede largamente favorito il vice-primo ministro e presidente del colosso energetico Gazprom, Dmitri Medvedev, sostenuto ufficialmente dal presidente Vladimir Putin. Fra i quattro candidati ufficiali, al momento figurano anche l’ultranazionalista Vladimir Jirinovski, il comunista Gennady Ziuganov, e Andrei Bogdanov.

    Italia - consultazioni
    Giornata di riflessione per il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in attesa di riprendere domani le consultazioni per risolvere la crisi di Governo. Domani al Quirinale saliranno UDC, Lega, Rifondazione comunista e Alleanza nazionale. Martedì concluderanno Forza Italia e Partito Democratico. Il servizio è di Giampiero Guadagni:

    "E’ ancora impossibile fare una sintesi". Con queste poche parole, pronunciate ieri, il capo dello Stato ha fatto capire che non sarà facile trovare la quadratura del cerchio. Napolitano ha di fronte due strade: lo scioglimento delle Camere con elezioni anticipate. Oppure un governo istituzionale che realizzi un piccolo pacchetto di riforme urgenti, prima tra tutte quella elettorale. Al momento favorita è la prima ipotesi. Per le elezioni anticipate sono infatti Forza Italia, Lega, AN, i piccoli partiti del centrodestra e l’UDEUR di Mastella. Per un esecutivo di unità nazionale sono il Partito democratico, Rifondazione comunista e Sinistra democratica, sostenuti dalle parti sociali, cioè Confindustria e sindacati. Poi ci sono partiti che considerano quasi inevitabile il ritorno immediato alle urne, ma propongono alternative. L’UDC propone un governo di responsabilità nazionale solo se vi farà parte Forza Italia. L’Italia dei valori un Governo di emergenza. Comunisti italiani e Verdi un reincarico a Prodi senza cambi di maggioranza. Martedì, a chiusura delle consultazioni, Napolitano potrebbe provare a dare un incarico esplorativo al presidente del Senato Marini. Le possibilità di successo non sono molte. Il punto è che per Berlusconi l’unico sbocco alla crisi sono le elezioni, altrimenti – dice – milioni di persone andranno a Roma per chiederle. E al voto sembra ormai rassegnato il PD di Veltroni. Piuttosto gli schieramenti sono già impegnati a costruire coalizioni meno rissose di quelle messe in piedi negli ultimi 15 anni. Ieri, intanto, incalzato dai giornalisti, il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, si è limitato ad auspicare che le forze politiche si mettano d’accordo per il bene comune.

    Manifestazioni in Inguscezia
    Nella Repubblica autonoma dell’Inguscezia le forze paramilitari russe hanno usato i manganelli per disperdere centinaia di dimostranti che ieri nel capoluogo Nazran protestavano contro la corruzione dei governanti chiedendo le dimissioni del presidente locale Murat Ziazikov.

    Turchia treno
    In Turchia almeno nove persone sono morte nel deragliamento di un treno partito questa notte da Istambul con a bordo più di 300 passeggeri. Le autorità locali hanno aperto un’inchiesta eslcudendo comunque l’ipotesi di un sabotaggio. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)



    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 27

     

     
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