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Sommario del 24/01/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • I media al bivio tra protagonismo e servizio: presentato il Messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali
  • In Sala Stampa, mons. Celli presenta il Messaggio del Papa e risponde a tutto campo sui media cattolici e l'etica dell'informazione
  • La nota del nostro direttore dei programmi padre Andrea Koprowski sul Messaggio del Papa per la Giornata delle comunicazioni sociali
  • La sfide del secolarismo e le radici cristiane dell'Europa al centro del discorso del Papa ai vescovi sloveni, in visita ad Limina
  • Altre udienze e nomine
  • Convegno in Vaticano per celebrare i 25 anni del Codice di Diritto Canonico
  • Mons. Celli presiede la Messa nella cappella della Radio Vaticana nella memoria di San Francesco di Sales
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Migliaia di palestinesi da Gaza in Egitto. Mubarak: situazione catastrofica
  • L'emergenza educativa nelle parole del Papa: la riflessione del prof. Mario Pollo
  • Vivace dibattito in Italia dopo l'intervento del Tar del Lazio sulla legge 40 sulla procreazione assistita
  • Musica sacra di scena questa sera al Teatro Olimpico di Roma con composizioni di Scarlatti e Melani
  • Chiesa e Società

  • Al Convegno della CEI il cardinale Rylko indica "i quattro pilastri della pastorale giovanile"
  • L'intervento di mons. Marchetto alla Conferenza europea sui Rom
  • Forti inondazioni colpiscono la Bolivia
  • Costa d’Avorio: i vescovi invitano al dialogo per costruire una pace durevole
  • L’arcivescovo Zef Gashi auspica l’indipendenza del Kosovo
  • La Chiesa delle Filippine chiede al governo di intervenire contro la povertà nel Paese
  • Sri Lanka: emarginati e poveri, di tutte le fedi, laureati grazie al centro di un sacerdote cattolico
  • Australia. Il governo della Tasmania risarcisce gli aborigeni della “generazione rubata”
  • Le comunità cristiane cinesi, insieme alla Chiesa universale, pregano per l’unità dei cristiani
  • Nascerà in Irlanda, nel 2009, una scuola elementare aperta ad alunni delle tre grandi fedi monoteiste
  • Laurea "honoris causa" a Chiara Lubich dalla Liverpool Hope University, unico ateneo europeo a fondazione ecumenica
  • Uno studioso islamico ad AsiaNews: la Lettera dei 138 invita ogni musulmano al dialogo per la pace
  • In Scozia il cardinale Keith O’Brien critica le politiche adottate dal governo locale per prevenire gli aborti
  • Il cardinale Rigali: la liberalizzazione dell’aborto è incompatibile con la dignità umana
  • Nasce a San Antonio, nel Texas, la Catholic Association of Latino Leaders
  • 24 Ore nel Mondo

  • Esplode edificio in Iraq: 34 morti e oltre 200 feriti. Ucciso il capo della polizia di Mosul. L'attentato attribuito ad al Qaeda
  • Il Papa e la Santa Sede



    I media al bivio tra protagonismo e servizio: presentato il Messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

    ◊   I mass media siano al servizio dell’uomo e non diventino "il megafono del materialismo economico e del relativismo etico, vere piaghe del nostro tempo": è quanto scrive il Papa nel Messaggio per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che si svolgerà il 4 maggio sul tema “I mezzi di comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla”. Il Messaggio è stato presentato questa mattina nella Sala Stampa vaticana in coincidenza con la memoria di San Francesco di Sales, Patrono della stampa cattolica. Ce ne parla Sergio Centofanti.
     
    “L’umanità si trova oggi di fronte a un bivio” – scrive il Papa: i mass media, come accade per il progresso, offrono “inedite possibilità per il bene”, ma aprono “al tempo stesso possibilità abissali di male che prima non esistevano”. Infatti “grazie ad una vorticosa evoluzione tecnologica, questi mezzi hanno acquisito potenzialità straordinarie”: “è innegabile” - afferma – il loro contributo all’alfabetizzazione, allo sviluppo della democrazia e al dialogo tra i popoli. Tuttavia – aggiunge - non devono essere solo "mezzi per la diffusione delle idee", ma "anche strumenti al servizio di un mondo più giusto e solidale”. C’è invece “il rischio che essi si trasformino … in sistemi volti a sottomettere l’uomo a logiche dettate dagli interessi dominanti del momento”:

     
    “E’ il caso di una comunicazione usata per fini ideologici o per la collocazione di prodotti di consumo mediante una pubblicità ossessiva. Con il pretesto di rappresentare la realtà, di fatto si tende a legittimare e ad imporre modelli distorti di vita personale, familiare o sociale. Inoltre, per favorire gli ascolti, la cosiddetta audience, a volte non si esita a ricorrere alla trasgressione, alla volgarità e alla violenza. Vi è infine la possibilità che, attraverso i media, vengano proposti e sostenuti modelli di sviluppo che aumentano anziché ridurre il divario tecnologico tra i paesi ricchi e quelli poveri”.

     
    “Occorre pertanto chiedersi - scrive il Pontefice - se sia saggio lasciare che gli strumenti della comunicazione sociale siano asserviti a un protagonismo indiscriminato o finiscano in balia di chi se ne avvale per manipolare le coscienze”. Devono invece restare “al servizio della persona e del bene comune”. Il Papa pone in evidenza una svolta, anzi una “vera e propria mutazione di ruolo” dei media che desta la preoccupazione della Chiesa:

     
    “Oggi, in modo sempre più marcato, la comunicazione sembra avere talora la pretesa non solo di rappresentare la realtà, ma di determinarla grazie al potere e alla forza di suggestione che possiede. Si costata, ad esempio, che su talune vicende i media non sono utilizzati per un corretto ruolo di informazione, ma per ‘creare’ gli eventi stessi”.

     
    Il Papa rileva quindi che, per la loro incidenza sulle coscienze, gli strumenti della comunicazione sociale hanno assunto un ruolo importante in quella che definisce la “sfida cruciale del terzo millennio” ovvero “la questione antropologica”. In gioco sono le dimensioni costitutive dell’uomo: la vita umana, il matrimonio, la famiglia, la pace, la giustizia, la salvaguardia del creato. E “quando la comunicazione perde gli ancoraggi etici e sfugge al controllo sociale” rischia “di condizionare … la libertà e la vita stessa delle persone. Ecco perché – aggiunge - è indispensabile che le comunicazioni sociali difendano gelosamente la persona e ne rispettino appieno la dignità”. E in questo senso sottolinea la necessità di una “info-etica”, così come esiste la bio-etica nel campo della medicina e della ricerca scientifica legata alla vita:

     
    “Occorre evitare che i media diventino il megafono del materialismo economico e del relativismo etico, vere piaghe del nostro tempo. Essi possono e devono invece contribuire a far conoscere la verità sull’uomo, difendendola davanti a coloro che tendono a negarla o a distruggerla. Si può anzi dire che la ricerca e la presentazione della verità sull’uomo costituiscono la vocazione più alta della comunicazione sociale”.

     
    Si tratta di “un compito esaltante” – prosegue il Papa - che, grazie ai nuovi media, “ci riguarda tutti, perché tutti, nell’epoca della globalizzazione, siamo fruitori e operatori di comunicazioni sociali”. “L’uomo è alla ricerca della verità” e “la verità che ci rende liberi è Cristo” – conclude il Papa: “non manchino comunicatori coraggiosi e autentici testimoni della verità… fedeli alla consegna di Cristo e appassionati del messaggio della fede”.

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    In Sala Stampa, mons. Celli presenta il Messaggio del Papa e risponde a tutto campo sui media cattolici e l'etica dell'informazione

    ◊   Stamani, dunque, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa vaticana, ha avuto luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio. Sono intervenuti, tra gli altri, mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali e mons. Paul Tighe, segretario del medesimo Pontificio Consiglio. Ha seguito per noi l’evento Alessandro Gisotti:

    Il messaggio del Papa per le comunicazioni sociali torna ad essere presentato in Sala Stampa. Un segno di presenza importante, ha esordito mons. Celli, che ha voluto sottolineare come il dicastero vaticano da lui guidato, vuole essere, nel servizio alla Chiesa, una “voce amica di tutti gli operatori che ritengono sia loro dovere favorire una corretta informazione”. Tante le domande dei giornalisti per il nuovo presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali. Mons. Celli ha innanzitutto risposto sulla possibilità di un maggior coordinamento dei media vaticani, prendendo spunto dalla Messa celebrata stamani nella cappella della nostra emittente:

     
    “Credo che sia stato molto bello che, questa mattina, alla celebrazione eucaristica in onore di San Francesco di Sales, ci fosse presente sì la Radio Vaticana, ma anche l’Osservatore Romano. E abbiamo cominciato ad accogliere anche amici dei media e quindi agenzie di stampa, che erano venuti. Vediamo come poter arrivare a fare una proposta omogenea dove si salva l’identità di ogni realtà che è già operativa, ma dove si mettono in essere dei concreti atteggiamenti per un migliore coordinamento”.
     
    Mons. Celli si è così soffermato sulla dimensione etica dell’informazione, così a cuore a Benedetto XVI. Il presule ha annunciato che verrà aperto “un forum tecnologico per una riflessione più ampia sulla teologia della comunicazione” e ha ribadito l’urgenza di un approfondimento sulla formazione dei giornalisti. Quindi, ha spiegato il senso della parola “info-etica”, coniata dal Santo Padre in questo Messaggio:

     
    “Uno dei temi forti che emerge è l’etica, perché ancora una volta il Papa lo sottolinea, è l’uomo che è all’origine di questa ricchezza dei media di oggi ed è l’uomo che è destinatario di ciò che i media producono. Il Papa nel suo messaggio conia questa nuova parola: ‘infoetica’”.
     
    L’uomo deve diventare il vero riferimento per tutti i mass media non solo cattolici, ha proseguito mons. Celli. Benedetto XVI, ha detto ancora, riconosce gli aspetti positivi per l’umanità dei mezzi di comunicazione sociale. Tuttavia, non manca di indicare il rischio che i media possano creare piuttosto che rappresentare i fatti. E ancora possano influire negativamente sugli stili di vita delle persone. Il capo dicastero ha rivelato che è al vaglio la possibilità di realizzare un’intervista al Papa con giornalisti di lingua inglese, forse in vista del viaggio apostolico negli Stati Uniti. Quindi, ha messo l’accento sulla sfida posta dal Magistero di Benedetto XVI agli operatori dei media:

     
    “Abbiamo un magistero pontificio di estrema chiarezza e di profonde riflessioni. Direi, un Papa che ci dà la testimonianza di essere uno strenuo ricercatore della verità, anche se alle volte questo suo stile può causare situazioni difficili e lascia pensosi determinati settori dell’umanità. Ma certo ha, e lui stesso lo ha detto e a me ha fatto molto piacere, questo suo amore per la ricerca della verità”.

     
    La Chiesa, è stata la riflessione di mons. Celli, non è una “torre d’avorio”. La Chiesa sa accogliere, capire, dialogare. E i mezzi di comunicazione cattolici - ha detto - dovrebbero essere lo specchio di questa realtà:

    “I nostri media non devono diventare strumenti di un fondamentalismo religioso. Non è questo che cerchiamo! E neanche di integralismi culturali, ma devono essere espressione di una diaconia della cultura. Dovrebbero essere, ancora una volta, strumenti di insegnamento e di cosa significa dialogare ed essere uomini che rispettano le posizioni degli altri, che sanno accogliere. Ecco perché – e lo sottolineo nuovamente – non stiamo cercando fondamentalismi religiosi”.
     
    Mons. Celli ha auspicato di poter presto avere due collaboratori in più nel dicastero da lui presieduto: un asiatico e un mediorientale. Quindi, ha annunciato che entro il primo semestre del 2008 si terranno due convegni internazionali promossi dal Pontificio Consiglio, il primo dedicato alla comunicazione nelle università e il secondo rivolto ai responsabili delle radio cattoliche. 

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    La nota del nostro direttore dei programmi padre Andrea Koprowski sul Messaggio del Papa per la Giornata delle comunicazioni sociali

    ◊   I media giocano un ruolo sempre più importante nella vita della società contemporanea. In politica (nelle campagne elettorali, specialmente negli USA, spesso si sente dire che la presentazione del candidato da parte dei media si trasforma in voti molto più che la sua personalità o il suo programma), nella formazione dell’immagine della Chiesa (significative sono state le parole del nuovo preposito generale dei gesuiti, Adolfo Nicolas, durante la prima omelia nella chiesa del Gesù a Roma quando ha detto: “In questi giorni i mass media giocano con certe espressioni “il papa nero”,”il papa bianco”, “potere”, “incontri”, “discussioni”, ma tutto in modo molto superficiale, senza toccare la realtà. Nutrono tutti coloro che osannano la politica, non noi. Isaia ci dice che soltanto il servizio piace al Signore. Conta soltanto il servizio. Servire la Chiesa, servire il mondo, servire la gente, il Vangelo").


    I mezzi di comunicazione sociale giocano un ruolo sempre più importante anche nella formazione della mentalità, del modo di pensare, plasmano la sensibilità personale. Sensibilità nei confronti di se stessi, di altre persone, della dignità umana. Si parla del contrasto tra tempo mediale e tempo biblico. Il tempo mediale è molto veloce, o meglio, può essere ”spostato”. La scelta delle informazioni, il loro montaggio fa sì che nella consapevolezza di chi riceve si confonda l’inizio e la fine, si perda la percezione del processo. Nella mentalità di una generazione plasmata dai media, troppo spesso si offusca la causalità degli avvenimenti, il fatto che una decisione comporti determinate conseguenze. Si perde quindi il senso della responsabilità delle proprie decisioni.


    Il tempo biblico ha un ritmo ben diverso. Prende in considerazione le tappe e i processi del divenire. E’ un tempo di semina, di morte del seme, un tempo di crescita, di mietitura, di festa dei covoni raccolti. Un tempo di maturazione dell'amicizia e dell'amore, di consapevolezza dei legami e della corresponsabilità.


    L’epoca di Gutenberg si distingueva molto dall’epoca dei mass media e di internet. Bisogna tenerlo presente come parte della nostra realtà. Senza sbuffare, senza critiche, ma anche senza esporsi passivamente al suo dominio.


    Forse varrebbe la pena che gli ambienti giornalistici e anche quelli pastorali si incontrassero in un tempo intermedio, compreso tra il giorno della pubblicazione del Messaggio papale e la giornata dedicata ai media in settembre, e partecipassero a diversi incontri. I giornalisti cattolici, o meglio cristiani, i rappresentanti dei movimenti, le associazioni cattoliche, e anche i laici impegnati nella vita delle comunità locali, tutti insieme per riflettere sulla “situazione dell’uomo”, chiedendosi che cosa si può fare perché la gente smetta di avere paura dell'Altro (e perciò non reagisca così spesso aggressivamente), per rafforzare il clima di stima per l’Uomo e per la propria identità, in un mondo così complicato e pieno di differenze, la cui immagine è plasmata dai media.


    Agli ambienti cristiani oso suggerire anche un tema più specifico: Comunicazione e Vangelo. L’evangelizzazione è proprio comunicazione della Parola, comunicazione che tocca un determinato orizzonte di vita, il modo di affrontarlo, di affrontare se stesso e gli altri uomini, di affrontare la società in relazione al Signore e a quello che Lui ci ha detto in Gesù Cristo, di Lui stesso, di noi, del mondo. Ciò è molto di più che una semplice trasmissione di contenuto. Ci introduce sulla strada di “essere con Gesù”, sulla strada della salvezza. Il tessuto culturale svolge in questo processo un ruolo importantissimo. Da sempre la cultura cristiana, formata dal Vangelo, aveva intorno a sé degli elementi non cristiani, pagani. A partire dall’Illuminismo, la cultura occidentale si è venuta distaccando progressivamente dal cristianesimo. Un'immagine distorta della famiglia e del matrimonio, il tentativo di marginalizzare la dimensione religiosa all’angolo del privato, il relativismo nella vita pubblica e, negli ultimi anni, il tentativo di staccare i diritti dell’individuo dagli interessi della comunità e della società, costituiscono il contesto in cui si innesta la predicazione del Vangelo.


    C’è bisogno di riflettere sul linguaggio della comunicazione. Sul linguaggio che fa parte delle forme di vita comunitaria. Sui movimenti, le associazioni cattoliche, il linguaggio degli esercizi spirituali (ritiri sempre più popolari tra i giovani), dei pellegrinaggi, sulla popolarità (più che turistica) dei santuari mariani in tutto il mondo. Il cristianesimo è comunitario. Non è un'ideologia, non si lega con nessun partito, bensì con la società civile. Favorisce i punti di contatto, trova un linguaggio comune in ciò che è buono e ciò che rafforza la stima di se stessi, e quasi automaticamente è in opposizione a tutto quello che fomenta l'egoismo e la chiusura in se stessi. Josef Ratzinger, ancora cardinale, in un suo articolo su “Comunicazione e cultura” ha citato un gesuita tedesco, Hugo Rahner (fratello di Karl): “Il rito del Battesimo contiene il rifiuto dello spirito maligno, 'pompa del demonio', che nel contesto storico significava il rifiuto del carattere pagano degli spettacoli circensi (nei quali i cristiani erano dati in pasto alle bestie), che suscitavano violenza, crudeltà, umiliazione, fino ad uccidere un uomo per divertire gli altri. Il rito del Battesimo ha un determinato contenuto che riguarda l'orizzonte di vita e la cultura tipica del cristianesimo e costituisce – se ce ne fosse bisogno – un segno di contraddizione." Non vediamo in ciò un’analogia con la situazione di oggi e le sue forme di degenerazione culturale? – si domandava l'allora cardinale Ratzinger.


    Si potrebbero moltiplicare i diversi aspetti degni di riflessione sull’incontro tra evangelizzazione e cultura, sul linguaggio del messaggio mediale - tenendo conto che non si tratta di trasmissione di idee, o di sola comunicazione intellettuale, bensì di un processo vitale per la qualità di vita della società, anche in un mondo così pluralistico come il nostro, nel quale i mezzi di comunicazione svolgono un ruolo così importante.



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    La sfide del secolarismo e le radici cristiane dell'Europa al centro del discorso del Papa ai vescovi sloveni, in visita ad Limina

    ◊   Ricevendo i vescovi della Slovenia, in visita ad Limina, Benedetto XVI ha sottolineato la centralità del patrimonio cristiano per l’Europa e indicato nel secolarismo una delle sfide della comunità ecclesiale slovena. Il Papa ha anche illustrato i fatti politici più significativi avvenuti in questi ultimi anni in Slovenia. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il Papa ha ricordato quattro significative tappe nella storia recente della Slovenia: l’ingresso, il primo maggio del 2004, nell’Unione Europea; l’adozione, tre anni dopo, della moneta unica; l’adesione, lo scorso anno, al Trattato di Schengen per la libera circolazione e l’inizio, il primo gennaio di quest’anno, del semestre della presidenza di turno dell’Unione Europea. Il Santo Padre ha poi indicato l’orizzonte verso cui devono orientarsi i valori e il patrimonio dell’Europa:

    “Se l’Europa vuole rimanere e diventare sempre più una terra di pace, conservando come uno dei valori fondamentali il rispetto della dignità della persona umana, non può rinnegare la componente principale – sul piano spirituale ed etico – di tale fondamento, cioè quella cristiana”.

    Riprendendo la lettera pastorale dei vescovi del 23 aprile 2004, Benedetto XVI ha quindi sottolineato che “il cristianesimo è la religione della speranza: speranza nella vita, nella felicità senza fine, nel compimento della fraternità tra tutti gli uomini”:

    “Questo è vero in ogni Continente, e lo è anche in un’Europa dove molti intellettuali stentano ancora ad accettare il fatto che ragione e fede hanno bisogno l’una dell’altra per realizzare la loro vera natura e la loro missione”.

    Se si concepisce l’uomo, secondo una tendenza oggi diffusa, in modo individualistico diventa arduo – ha osservato il Papa – giudicare lo sforzo per la costruzione di una comunità giusta e solidale. Il Santo Padre si è poi soffermato sulle sfide con cui, oggi, deve misurarsi la Chiesa in Slovenia:

    “Il secolarismo di impronta occidentale, diverso e forse più subdolo di quello marxista, presenta segni che non possono non preoccuparci. Si pensi, ad esempio, alla ricerca sfrenata dei beni materiali, alla riduzione della natalità, e ancora al calo della pratica religiosa con una sensibile diminuzione delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata”.

    Il Papa ha pertanto incoraggiato la Chiesa slovena a “rispondere alla cultura materialistica ed egoistica con una coerente azione evangelizzatrice, che parta dalle parrocchie”. Dalle comunità parrocchiali – ha poi osservato Benedetto XVI – possono e devono venire iniziative ed atti concreti di testimonianza cristiana. Dopo aver ringraziato i vescovi per l’invito a visitare il Paese in occasione del Congresso eucaristico nazionale, in programma nella primavera del 2009, il Santo Padre ha sottolineato che “ogni comunità deve utilizzare i beni terreni semplicemente come servizio al Vangelo”:

    “In ogni epoca della Chiesa, la testimonianza di povertà evangelica è stato un elemento essenziale dell’evangelizzazione, come lo è stato nella vita di Cristo”.

     
    Occorre pertanto impegnarsi tutti - ha concluso il Santo Padre - in una conversione personale e comunitaria, affinché “una sempre maggiore fedeltà al Vangelo nell’amministrazione dei beni della Chiesa offra a tutti la testimonianza di un popolo cristiano impegnato a sintonizzarsi con gli insegnamenti di Cristo”.


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    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Papa ha ricevuto ieri pomeriggio il cardinale Stanisław Dziwisz, arcivescovo di Cracovia.
    Il Santo Padre ha nominato vescovo della diocesi di Kiayi (Taiwan) mons. Thomas Chung An-zu, finora vescovo titolare di Munaziana e ausiliare dell’arcidiocesi di Taipei.
    Il Papa ha quindi nominato nunzio apostolico nella Repubblica Dominicana e delegato apostolico in Porto Rico mons. Józef Wesołowski, arcivescovo titolare di Slebte, finora nunzio apostolico in Kazakhstan, Tadjikistan, Kyrgyzstan e Uzbekistan
    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Springfield-Cape Girardeau (U.S.A.), presentata da mons. John J. Leibrecht, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. James Vann Johnston, Jr., del clero di Knoxville, cancelliere e moderatore della Curia della stessa diocesi. Mons. James Vann Johnston, Jr., è nato il 16 ottobre 1959 a Knoxville, Tennessee, ed è stato ordinato sacerdote il 9 giugno 1990.



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    Convegno in Vaticano per celebrare i 25 anni del Codice di Diritto Canonico

    ◊   Si tiene oggi e domani in Vaticano il Convegno di studio su “La legge canonica nella vita della Chiesa. Indagine e prospettive, nel segno del recente Magistero Pontificio”. Il Convegno è promosso dal Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi nel 25.mo anniversario della promulgazione del Codice di Diritto Canonico. Giovanni Peduto ha intervistato il dott. Alfonso Cauteruccio, membro del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, nonché segretario del Convegno e gli ha chiesto come sia nato questo testo:
     
    R. – Il testo è nato innanzitutto dalla volontà di Giovanni XXIII che, annunciando il Concilio il 25 gennaio del ’59, annunciò anche che bisognava rivedere il Codice di Diritto Canonico. Una commissione ha lavorato per venti anni, dal ’63 all’83, raccogliendo tutte le indicazioni del Concilio. Sono venuti centinaia di consultori da tutto il mondo che hanno approntato degli schemi e che sono stati mandati in consultazione alle Conferenze episcopali, agli Episcopati, alle Università, insomma a tutte le realtà ecclesiali più significative, e in base alle loro osservazioni sono stati poi approntati i canoni così come li conosciamo oggi.

     
    D. - E’ suscettibile di ulteriori modifiche il testo? Quali sono i possibili cambiamenti?

     
    R. – Bisogna distinguere. Ci sono delle realtà ontologiche raccolte nel Codice che naturalmente non sono passibili di modifiche, per esempio i sacramenti, che sono tali e rimangono tali; però ci sono altre cose che seguono l’evoluzione dei tempi e quindi hanno bisogno di essere riviste ogni tanto. Un possibile cambiamento nel Codice potrebbe essere quello di regolare meglio la parte giuridica delle associazioni che svolgono attività inerenti alla carità. Anche nell’enciclica del Papa sulla Carità è detto che forse alcune cose vanno regolate un po’ meglio; questo è un esempio delle cose che si possono migliorare.

     
    D. - Il ruolo del Codice di Diritto Canonico nell’ecumenismo …

     
    R. – Innanzitutto quello di stabilire delle regole, dare delle indicazioni a cui fedeli devono attenersi: per esempio la ‘Communicatio in Sacris’, e tutto quello che può essere condiviso con le altre realtà ecclesiali.

     
    D. - Ad alcuni può apparire arida e rigida una tale legislazione mettendola a confronto con la libertà che si respira nel Vangelo …

     
    R. – Certamente. C’è sempre stata, soprattutto negli anni postconciliari, la disputa tra Legge e Vangelo, cosa deve prevalere nella Chiesa. E’ evidente che il Vangelo è la “Magna Charta” di ogni cristiano, questo è indubbio. Il Codice di diritto canonico serve però a regolare anche la vita sociale dei semplici fedeli, così come delle altre strutture della Chiesa, e si affianca al Vangelo.

     
    D. - Qual è lo scopo ultimo del Diritto Canonico?

     
    R. – Direi quello di organizzare e regolare la vita sociale della Chiesa e di tutte le sue componenti, dalle più alte fino alle realtà più piccole, come le diocesi e le parrocchie.

     
    D. - Cosa si augura per questo convegno?

     
    R. – Mi auguro che tutti comprendano questo: abbiamo tra gli iscritti tantissime donne, sono quasi 200, abbiamo tantissimi giovani: vorrei sfatare l’idea che il canonista è il vecchio monsignore che studia libri in latino e che sta lì a redigere carte in latino. La Chiesa si è trasformata tantissimo, è giovane, è viva; direi che la presenza di tutte queste persone, siamo oltre 800 a questa ricorrenza del 25.mo del Codice, riflette bene questa realtà così viva e vivace.

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    Mons. Celli presiede la Messa nella cappella della Radio Vaticana nella memoria di San Francesco di Sales

    ◊   I media devono impegnarsi in “una libera e responsabile ricerca del vero, in un rispettoso ed aperto dialogo culturale”: è quanto ha affermato questa mattina mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, durante la liturgia celebrata nella sede della nostra emittente, nella cappella dell’Annunciazione, in occasione della memoria liturgica di San Francesco di Sales, patrono della stampa cattolica. Alla Messa hanno preso parte membri del dicastero, dipendenti dell’Osservatore Romano, della Libreria Editrice Vaticana, della Sala Stampa della Santa Sede e del Vicariato di Roma. Nella sua omelia mons. Celli ha ricordato che si deve a Pio XI - nell’Enciclica Rerum Omnium del 26 gennaio 1923 - l’affidamento di “tutti quei cattolici che con la pubblicazione di giornali o di altri scritti, illustrano, promuovono e difendono la cristiana dottrina” alla protezione del santo vescovo di Ginevra vissuto fra il XVI e XVII secolo. Il Pontefice che affidò a Guglielmo Marconi la costruzione di una stazione radio nei Giardini Vaticani – inaugurata il 12 febbraio del 1931 – scegliendo Francesco di Sales come patrono di quanti diffondono la verità utilizzando i vari mezzi di comunicazione sociale, nella sua Lettera invitava ad “imitare e mantenere quel rigore, congiunto con moderazione e carità, tutto proprio di Francesco”, e a prendere ad esempio lo zelante ed instancabile vescovo di Ginevra che con la redazione e la stampa di foglietti si propose di chiarire i dogmi principali della fede cattolica. Se San Francesco di Sales, con quegli scritti semplici che venivano distribuiti dovunque, si proponeva di raggiungere quanti non avevano la possibilità di ascoltare la sua voce, oggi, ha affermato il presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, il servizio che devono offrire i media è quello di aiutare l’uomo nel suo cammino di ricerca, ai media; infatti, Benedetto XVI, nel suo messaggio per la 42.ma Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali che sarà celebrata il 4 maggio, affida la missione di “cercare la verità per condividerla”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, intervista (la prima volta per l'Osservatore Romano) al segretario del Consiglio ecumenico delle Chiese, il pastore metodista Samuel Kobia, in occasione dei cent'anni della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani.

    Il valore dell'unità: sull'ecumenismo una riflessione di Chiara Lubich.

    Il Codice di diritto canonico compie venticinque anni. In cultura, stralci delle relazioni della prima giornata del convegno di studio, in Vaticano, sul tema "La legge canonica nella vita della Chiesa. Indagini e prospettive nel segno del recente magistero pontificio".
     In rilievo, nell'informazione internazionale, la Repubblica Democratica del Congo. Il Governo e i gruppi armati locali siglano un accordo per fermare i combattimenti nel Nord Kivu.

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    Oggi in Primo Piano



    Migliaia di palestinesi da Gaza in Egitto. Mubarak: situazione catastrofica

    ◊   Migliaia di palestinesi della Striscia di Gaza in cerca di cibo, carburante e generi di prima necessità, continuano a riversarsi in Egitto attraverso la grande breccia aperta ieri nella barriera d'acciaio di Rafah che chiudeva il confine. Israele, che ha imposto il blocco di Gaza per i lanci di razzi Qassam sul proprio territorio, accusa il Cairo di non ottemperare agli obblighi relativi all’isolamento della Striscia. Il presidente egiziano Hosni Mubarak, da parte sua, ha detto che non permetterà di "portare alla fame i palestinesi della striscia di Gaza, dove la situazione umanitaria sta diventando catastrofica" e che "non lesinerà gli sforzi per fare togliere il blocco". Proprio sulla situazione umanitaria a Gaza, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente Claudette Habash, presidente di Caritas Gerusalemme, competente per Israele e tutti i Territori palestinesi:


    R. - La situazione umanitaria a Gaza è molto difficile, fa paura. Al momento è in corso questo flusso di palestinesi verso l’Egitto, ma dopo la gente rimarrà comunque in una grande “prigione”, con pochissime cose da mangiare, senza elettricità e nell’impossibilità di soddisfare i bisogni delle famiglie di Gaza.

     
    D. – Quali sono le emergenze di oggi?

     
    R. – Sono emergenze della vita di ogni giorno: oltre al cibo, mancano anche le medicine. E soprattutto quello che manca di più è la speranza che le cose possano cambiare e subito.

     
    D. – Abbiamo visto le immagini di decine di migliaia di palestinesi che oltrepassano il confine con l’Egitto. Cosa li ha spinti?

     
    R. – Per loro quella verso l’Egitto è comunque un’apertura. Ma sono tante le pressioni sull’Egitto, affinché questa possibilità termini.

     
    D. – La situazione drammatica della popolazione palestinese di Gaza - e dei Territori in generale - può essere strumentalizzata da qualcuno?

     
    R. – Sì, c’è la possibilità, perché c’è l’estremismo. Per questo è molto importante essere concreti e dire che la comunità internazionale non deve rimanere zitta, ma deve agire, deve fare qualcosa.

    Proprio sul rischio di infiltrazioni e nuove azioni dell’estremismo in questa crisi della Striscia di Gaza, Giada Aquilino ha intervistato Camille Eid, esperto di questioni mediorientali del quotidiano Avvenire:


    R. – C’è il rischio di sfruttamento della crisi, senz’altro. Presto si sentirà parlare Al Qaeda di tale situazione. Ma la preoccupazione maggiore è che questo quadro di mancata speranza possa spingere alcuni palestinesi a compiere degli attentati.

     
    D. – Il riferimento è anche a possibili traffici di armi?

     
    R. – Più che a traffici di armi, ad una crescita del sentimento integralista di odio, di rancore, di vendetta.

     
    D. – La speranza allora da dove deve venire? Dalla comunità internazionale o dalle autorità locali?

     
    R. – Da ambo le parti. Sappiamo che l’ANP è divisa in due tronconi che non si riconoscono. Quindi, bisognerebbe arrivare ad un unico esecutivo palestinese, valido sia per la Cisgiordania sia per la Striscia di Gaza. Bisognerebbe puntare a riconciliare i palestinesi tra di loro, ma senza penalizzare la popolazione civile.

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    L'emergenza educativa nelle parole del Papa: la riflessione del prof. Mario Pollo

    ◊   “Educare non è mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile”. E’ quanto scrive il Papa in una Lettera per la Giornata della scuola cattolica della diocesi di Roma, che si è celebrata domenica scorsa. Benedetto XVI affronta la grande “emergenza educativa” del nostro tempo superando le facili accuse degli adulti ai giovani per sottolineare invece le responsabilità degli educatori che spesso oggi rinunciano alla loro missione. Luca Collodi ha intervistato in proposito il prof. Mario Pollo, docente di pedagogia sociale dell’Università Pontificia Salesiana e della LUMSA:


    R. - Sì, perché i giovani non sono degli alieni arrivati su un’astronave da Marte, ma sono i figli prodotti dalla nostra cultura e dai nostri processi educativi. Quindi, gli adulti sono i primi responsabili della situazione in cui i giovani vivono e credo che ormai da questo punto di vista richiamare la responsabilità degli adulti soprattutto rispetto al ruolo educativo sia fondamentale in un’epoca in cui gli adulti sembrano non assumersi questa responsabilità ma imputando le cose che non vanno esclusivamente alla responsabilità dei giovani, che pure esiste, però non è unica.

     
    D. - Secondo lei oggi le famiglie non guardano un po’ troppo alla scuola come parcheggio dei giovani?

     
    R. - Direi che guardano alla scuola come guardano alle varie agenzie educative in cui mandano i figli nel corso di una giornata, come un luogo che deve svolgere una funzione parcellizzata molto specifica. Normalmente chiedono alla scuola di dare l’istruzione ma di non turbare gli equilibri della vita dei giovani e tanto è vero che quando la scuola, ad esempio, assume un certo rigore, il genitore normalmente interviene contro gli insegnanti, contro la scuola.

     
    D. - Le regole e gli obiettivi che il Papa dice che mancano, si possono costruire attraverso la diffusione di valori spirituali nella scuola?

     
    R. – Sì, perché senza valori non si ha educazione e l’essere umano è un essere che ha i piedi nella razionalità critica, che ha una dimensione emotiva, affettiva, profonda ma anche una dimensione spirituale trascendente. L’essere umano, se non porta unità a queste tre componenti, non riesce a sviluppare se stesso. In più la dimensione spirituale trascendente è l’unica che può unificare la vita della persona. Se noi non abbiamo dei valori spirituali, non riusciamo a dare un senso unitario alla nostra vita e se la scuola non propone dei valori spirituali, non propone di andare al di là dei bisogni, dei desideri verso la scoperta di un senso della vita più alto, se la scuola non fa questo non aiuta i giovani a scoprire se stessi, a scoprire, direi, in qualche modo la propria anima.

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    Vivace dibattito in Italia dopo l'intervento del Tar del Lazio sulla legge 40 sulla procreazione assistita

    ◊   In Italia fa discutere la bocciatura da da parte del Tar del Lazio di una parte delle linee guida di accompagnamento alla legge 40 sulla fecondazione artificiale, considerate dai giudici frutto di “eccesso di potere”. La sentenza riguarda in particolare il passaggio in cui si spiega che ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati in vitro deve essere solo di tipo osservazionale. Il Tar solleva inoltre la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 14 della legge 40 che vieta la produzione di più di 3 embrioni e il congelamento degli embrioni stessi, con conseguente obbligo di impianto: il giudizio è rimesso nelle mani dei giudici della Corte Costituzionale. Ma torniamo alla bocciatura delle linee guida. Paolo Ondarza ha intervistato Francesco D’Agostino, presidente onorario del Comitato nazionale di bioetica.


    R. – Quando il Tar dichiara che un regolamento – e le linee guida sono un regolamento – pecca di eccesso di potere, significa che a giudizio del giudice amministrativo ci sono troppi divieti nelle linee guida, che mancherebbero nella legge 40. Ovviamente ci sarà tempo per valutare giuridicamente questa sentenza, ma è evidente che criticare o dichiarare nulle le linee guida non intacca sotto nessun profilo i principi fondamentali della legge e, in particolare, il profilo, secondo il quale, l’interesse alla vita del nascituro deve essere rigorosamente protetto.

     
    D. – La sentenza solleva anche la questione di legittimità costituzionale della legge 40...

     
    R. – Sulla legge 40 rimane aperto in Italia un dibattito vivacissimo di carattere fondamentalmente ideologico, più che bioetico, che non accenna a sopirsi. Paradossalmente potrebbe essere utile una parola definitiva della Corte Costituzionale in materia, almeno per far cessare questo continuo stillicidio di polemiche, che sicuramente mantengono inquieto il panorama della fecondazione assistita in Italia. Io non ritengo che ci siano autentiche ragioni di legittimità costituzionale nella legge 40. Ritengo cioè che la legge 40 sia pienamente compatibile con i principi costituzionali, perchè è una legge che garantisce in modo forte e nitido gli interessi di tutti i soggetti coinvolti nella fecondazione artificiale. E c’è da augurarsi che il governo, come è suo dovere, usi migliori avvocati e si impegni fino in fondo, perché la Corte Costituzionale riconosca la costituzionalità di questa legge.

     
    D. – La legge 40 non è una legge che soddisfa i cattolici, ma comunque ha il merito di aver messo ordine. Ora che rischi corre di fronte all’esame della Corte Costituzionale?

     
    R. – I principi che governano la legge 40 sono tutto sommato molto saggi, anche nelle parti che potrebbero apparire più macchinose, come il divieto di fecondare più di tre ovociti o il ricorso solo in ultima istanza al congelamento degli ovociti medesimi. Temo, invece, che se si facesse strada nella Corte Costituzionale una falsa idea che la soppressione intenzionale consapevole di un embrione malformato diventa una terapia, allora veramente la legge potrebbe cadere, ma potrebbe anche cadere quel poco di onestà intellettuale residua che si ha nel dibattito bioetico.

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    Musica sacra di scena questa sera al Teatro Olimpico di Roma con composizioni di Scarlatti e Melani

    ◊   La Roma barocca e la Cappella Liberiana: un periodo aureo per la musica sacra rivive questa sera nella stagione dell’Accademia Filarmonica Romana con l’ensemble Concerto Italiano diretto da Rinaldo Alessandrini al Teatro Olimpico di Roma. In programma la Messa per il Santissimo Natale di Alessandro Scarlatti e le Litanie per la Beata Vergine Maria di Alessandro Melani, composte espressamente per la Basilica di Santa Maria Maggiore, assieme alla Missa Romana detta «di S. Emidio» di Giovanni Battista Pergolesi. A.V.:
     
    Tre capolavori della musica sacra riconsegnati alla città che ne fu testimone e mecenate, ispirando con il sontuoso barocco dei palazzi e la spiritualità delle sue chiese compositori autoctoni e di passaggio. Il programma concepito dal maestro Rinaldo Alessandrini ripristina il collegamento originario fra repertorio e luogo di genesi:

     
    R. – Una maggior precisione vorrebbe che potessero essere ascoltati durante la liturgia, durante una Messa, e questo sicuramente ne chiarirebbe sia la funzionalità che la bellezza. Poi, fondamentalmente, ascoltare una Messa di Scarlatti, scritta per Santa Maria Maggiore, durante una Messa in Santa Maria Maggiore, sarebbe veramente come poter fare un salto di 300 anni nel passato. E’ un collegamento che sicuramente potrebbe rendere giustizia a queste opere, ricollocandole quanto meno nelle acustiche originali, quindi, restituendone l’immagine primitiva.

     
    D. - In quale contesto nascevano queste composizioni liturgiche?

     
    R. – Ogni chiesa aveva una cappella, nel senso che doveva forzatamente essere dotata comunque di un apparato musicale, perché la musica aveva un tipo di considerazione sicuramente diversa da oggi: era un elemento di grosso intrattenimento. Si trattava in realtà di veri e propri concerti. Le Chiese erano dei teatri gratuiti, in un certo senso. Quanto più la qualità della musica era migliore, tanto più la chiesa era piena.

     
    E fra le Cappelle Musicali, proprio a quella della Basilica di Santa Maria Maggiore ha attinto il musicologo Luca Della Libera per riportare alla luce e trascrivere le partiture di Scarlatti e Melani in concerto:

     
    R. – E’ un archivio ricchissimo. Parliamo di qualcosa come di circa 5 mila manoscritti, dal ‘500 ad oggi, cioè sostanzialmente tutta la produzione dei vari maestri di cappella che si sono succeduti nel magistero della Cappella Liberiana. Quindi, ci sono anche nomi molto noti. Ovviamente, il più importante è quello di Giovanni Pierluigi da Palestrina, che fu prima putto cantore nella basilica, poi maestro anche, se per pochi anni, intorno agli anni ’60 del ‘500, e poi l’altro grande nome è quello di Alessandro Scarlatti, che vi lavorò nei primi anni del ‘700.

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    Chiesa e Società



    Al Convegno della CEI il cardinale Rylko indica "i quattro pilastri della pastorale giovanile"

    ◊   “La centralità di Dio nella vita dell’uomo, la ragionevolezza della fede, la libertà e la bellezza”. Sono questi, nell’insegnamento di Benedetto XVI, i “pilastri” su cui deve fondarsi la pastorale giovanile. Li ha richiamati il card. Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici, intervenuto oggi al convegno nazionale di pastorale giovanile della Cei in corso a Salsomaggiore. Ripercorrendo il magistero del Papa in materia di pastorale giovanile il cardinale ha affermato che “il problema fondamentale dei giovani è quello di Dio e la risposta non è un dio qualunque ma il Dio che ha il volto di Cristo. Le giovani generazioni hanno il diritto di ricevere l’annuncio di Dio in maniera esplicita e diretta. C’è sete di Dio nei nostri giovani”. “Nel mondo confuso dal relativismo – ha spiegato Rylko - il Pontefice ricorda il principio della ragionevolezza della fede. Il dialogo tra fede e ragione offre la possibilità di percepire la ragionevolezza della fede in Dio. Per questo – ha raccomandato il presidente del Pontificio Consiglio per i laici – la pastorale giovanile non può accontentarsi di esperienze effimere e superficiali ma puntare in profondità per dimostrare che il vivere cristiano è realizzabile e ragionevole”. La pastorale giovanile tocca, poi, l’ambito della “libertà e del suo uso corretto, una questione decisiva per la vita che riguarda le scelte vocazionali”. Davanti alla “fragilità psicologica” dei giovani, ha sottolineato il porporato richiamandosi sempre a parole del Papa, “serve un’educazione vera che ha bisogno di risvegliare il coraggio delle decisioni definitive come il matrimonio cristiano, il sacerdozio e la vita consacrata”. Il punto cruciale per la pastorale giovanile è “la bellezza. Essere cristiani è bello”. Un tema che ritorna spesso nel magistero di Benedetto XVI. “Oggi – ha dichiarato il cardinale Rylko – il cristianesimo viene considerato un cumulo di divieti che mortifica la libertà e il desiderio di felicità. Ma è vero il contrario, è un affascinante programma di vita del tutto positivo per il quale vale la pena impegnarsi. La sfida decisiva della pastorale giovanile è svelare ai giovani il volto luminoso di Cristo e convincerli che essere cristiani è bello e giusto”. “Non stiamo parlando di un compito facile. – ha concluso il cardinale rivolgendosi ai 600 delegati presenti – Gli educatori siano uomini e donne di speranza, una speranza contagiosa per i giovani”. (R.P.)

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    L'intervento di mons. Marchetto alla Conferenza europea sui Rom

    ◊   Riconoscere i Rom come minoranza linguistica e agevolare la ricostruzione del loro status giuridico, è questa la proposta emersa dalla Conferenza Europea sui Rom voluta dai ministeri dell'Interno e per la Solidarietà sociale. A conclusione della Conferenza ieri pomeriggio, l’intervento di mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Il presule si è rivolto al mondo dell’informazione perché secondo lui “l’informazione audiovisiva o stampata raramente permette al pubblico di conoscere aspetti positivi della cultura zingara, ma molto spesso si sofferma su quelli negativi, che ne danneggiano ulteriormente l’immagine.” Inoltre Mons. Marchetto ha parlato anche dei tanti segni di speranza provenienti dalle comunità Rom, come “Il crescente desiderio di istruzione e formazione professionale, di consapevolezza sociale e politica con la formazione di associazioni e partiti, la crescente partecipazione nelle amministrazioni locali e nazionali in alcuni Paesi, la presenza delle donne nella vita sociale e civile, il numero sempre maggiore di vocazioni al diaconato permanente, al sacerdozio e alla vita religiosa”. “Ma è necessario - ha continuato mons. Marchetto - considerare tutti gli elementi di sviluppo di cui queste popolazioni dovrebbero godere. Si tratta di mettere al centro il rispetto di ogni persona umana, per cui ogni tentativo di assimilazione della cultura zingara e di una sua dissoluzione in quella maggioritaria deve essere fermamente respinto.” A chiedere una legge che tuteli i Rom come minoranza, il direttore generale della coesione sociale del Consiglio d'Europa, Alexander Vladychenko, che ha chiesto un maggiore impegno per rimuovere i pregiudizi verso i Rom. Secondo l’Istituto di Studi sulla Pubblica Opinione, oltre il 40% degli italiani non sa nulla dei Rom e li crede per lo più delinquenti, mentre neanche l’1% è ben informato su quella che è la minoranza più grande d'Europa. Diversamente da quanto si crede, sostiene Marco Impagliazzo presidente della Comunità di Sant'Egidio, dei circa 130 mila zingari presenti in Italia, oltre 60 mila sono italiani. Il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, ha ricordato anche la grande responsabilità dei media il cui ruolo “è cruciale nel muovere i pregiudizi” nei confronti dei Rom. Per il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, infine “è necessario costruire una politica su tre pilastri: scuola, casa e lavoro, che favorisca un processo di inclusione senza sacrificare l’identità culturale dei Rom. (A cura di Giovanni Augello)

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    Forti inondazioni colpiscono la Bolivia

    ◊   Il governo boliviano ha chiesto l’aiuto della comunità internazionale per fare fronte all’emergenza nazionale provocata dalle inondazioni che nelle ultime ore hanno letteralmente sommerso alcuni centri abitati nel Tropico di Cochabamba, al momento il più colpito. Finora il bilancio ufficiale aggiornato parla di 28 morti e 21.500 famiglie disastrate (ogni nucleo è composto in media da tre o quattro persone); ieri nella capitale La Paz, lo straripamento di un fiume in un quartiere residenziale nel sud della città, ha causato un morto e due ‘desaparecidos’, mentre a Puerto Villarroel, nella regione di Cochabamba, riferisce l'Agenzia Misna, gli abitanti sono stati costretti a rifugiarsi sui tetti delle case quando il livello delle acque dei fiumi che scorrono nella zona si è innalzato fino a un metro e 80 centimetri sopra quello abituale. “In questo momento Puerto Villarroel, che conta 2000 abitanti, è la nostra priorità: abbiamo sospeso ogni altra nostra attività per dedicarci esclusivamente all’evacuazione dei residenti”: ha detto il portavoce della Forza navale boliviana, Ricardo Veizaga Crespo. “Ci sono molti villaggi isolati; quello che ci preoccupa ora è salvare vite. La situazione è disperata” ha dichiarato il sindaco della località, Porfirio Quispe. Il ministro della Difesa, Walker San Miguel, ha chiesto l’assistenza della cooperazione internazionale “affinché siano inviati tecnici che valutino le principali necessità”. A Brasile e Cile, San Miguel ha chiesto l’ausilio di elicotteri per trarre in salvo gli alluvionati, soprattutto nelle regioni del Chapare (centro), Santa Cruz (est), Beni (nord-ovest) e Chuquisaca (sud). (R.P.)

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    Costa d’Avorio: i vescovi invitano al dialogo per costruire una pace durevole

    ◊   Per consolidare il processo di pace servono aperture e dialogo da parte di tutti i partiti. E’ quanto scrive la Conferenza Episcopale della Costa d’Avorio in una lettera indirizzata a tutti gli abitanti del Paese. In riferimento all’instabile situazione politica del Paese africano, riferisce l’agenzia Misna, i vescovi locali sottolineano la necessità di risolvere “questioni sensibili”, come la scelta delle date ufficiali delle elezioni presidenziali e legislative. “Una situazione – scrivono i presuli ivoriani – che favorisce i brogli, le manipolazioni, gli inutili braccio di ferro tra i partiti e i protagonisti della vita politica”. A poco servono le dichiarazioni di buone intenzioni, fanno sapere ancora dalla Conferenza Episcopale, se ad esse non seguono atti concreti. A rallentare il processo di pace nel Paese è inoltre la difficoltà degli spostamenti interni, ostacolati dai numerosi posti di blocco e dall’obbligo di pagare tangenti. “Per una pace veramente duratura – conclude il documento – invitiamo a rinunciare alle minacce, alla violenza fisica, all’intimidazione sociale e alla strumentalizzazione dei giovani”. (C.D.L.)

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    L’arcivescovo Zef Gashi auspica l’indipendenza del Kosovo

    ◊   All’indomani delle elezioni presidenziali in Serbia, l’arcivescovo Zef Gashi, della diocesi di Bar, in Montenegro, auspica per la regione del Kosovo una “soluzione giusta”. Nel corso di una visita all’associazione cattolica “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), il presule invita a non trascurare che, sebbene negli ultimi vent’anni la situazione nei Balcani si sia chiarita, la regione del Kosovo resta ostaggio dell’instabilità politica. “La cosa giusta sarebbe concedere l’indipendenza al Kosovo” osserva mons. Gashi, giacchè la popolazione, che ha vissuto esperienze drammatiche e traumatiche come deportazioni e omicidi, “ha diritto ad un avvenire di speranza”. Nativo della regione, l’arcivescovo spiega che il 60% della popolazione kosovara ha meno di 35 anni, ma che i giovani non vedono alcun futuro davanti a sé: la vita pubblica è bloccata e la mancanza di sicurezza ostacola gli investimenti. Ragioni che spingono molti ad emigrare. Amministrato dagli Stati Uniti dal 1999, il Kosovo resta nei fatti sotto il controllo serbo. Le elezioni presidenziali svoltesi in Serbia la scorsa domenica sono considerate predittive circa il destino della regione kosovara. Il prossimo 3 febbraio il Paese eleggerà il suo presidente tra i candidati che hanno ricevuto più voti: il nazionalista Tomislav Nikolic e il presidente uscente filo-europeo Boris Tadic. (C.D.L.)

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    La Chiesa delle Filippine chiede al governo di intervenire contro la povertà nel Paese

    ◊   Dopo la pubblicazione dei dati governativi sullo stato economico della nazione, i vescovi filippini chiedono al governo un intervento serio contro l’aumento del dislivello fra ricchi e poveri nella società. Come “pastori del gregge”, circa 20 membri della Conferenza episcopale si sono recati nel Palazzo presidenziale, dove hanno affrontato il problema. Secondo i dati presentati da Manila, soltanto il 10 % delle famiglie filippine può dirsi benestante, mentre un preoccupante 60 % si trova al disotto della soglia della povertà. Il restante 30 % raggiunge un guadagno pari a 12 dollari al giorno, che gli permette di sopravvivere senza però poter mettere niente da parte per le emergenze. L’arcivescovo di Tuguegarao, mons. Diosdado Palamayan, ha detto ad AsiaNews che i vescovi hanno approfittato dell’occasione per parlare di ciò che affligge i fedeli. "Certo, fra questi problemi la povertà è al primo posto, - ha osservato - ma servono anche infrastrutture e miglioramenti, soprattutto nel campo della sanità”. I presuli hanno poi espresso “preoccupazione” per la questione dei contadini e dei minatori, sempre più spesso sfruttati dalle multinazionali in nome di una crescita economica disuguale. Il governo ha risposto garantendo la “massima attenzione” alle questioni poste ed ha promesso per il prossimo mese una risposta seria al tema della povertà. (R.P.)

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    Sri Lanka: emarginati e poveri, di tutte le fedi, laureati grazie al centro di un sacerdote cattolico

    ◊   Cristiani e buddisti, ragazzi e ragazze, tamil e cingalesi, di famiglie emarginate e povere possono guardare al loro futuro con una speranza in più grazie al progetto di un sacerdote cattolico. Padre Nicholas Batepola, è il fondatore del “Saravasi Seth Sevana” un centro che si trova a Jaela, nell’arcidiocesi di Colombo. Consapevole delle difficoltà dei poveri ad accedere all’istruzione universitaria, strumento fondamentale per un riscatto sociale e per il loro sviluppo, con il suo istituto padre Batepola offre a centinaia di studenti la possibilità di laurearsi gratuitamente. Il centro, nato nel 1996, è un istituto no-profit e fornisce istruzione universitaria ai giovani più dotati tra le famiglie svantaggiate economicamente, senza distinzione di casta, razza o credo. L’ultima cerimonia di consegna dei titoli di studio che si è svolta nei giorni scorsi alla presenza di mons. Marius Peiris, vescovo ausiliario di Colombo, e del prof. Shantha K. Hennayake dell’università di Peradeniya, 26 ragazzi hanno ricevuto la laurea: 14 in Belle arti e 12 in Economia e commercio. Sumudu Anthony, 27 anni, studentessa cattolica tra le ultime laureate, dice ad AsiaNews di apprezzare molto non solo le materie che ha avuto modo di studiare, ma anche gli insegnamenti spirituali e umani appresi al “Saravasi Seth Sevana” mentre Indika Silva, 26 anni, buddista, racconta che non avrebbe mai potuto sperare di laurearsi, date le difficoltà economiche della sua famiglia”.  Secondo i dati forniti da padre Batepola, oggi sono 418 gli studenti iscritti al corso di laurea di Belle arti e 512 quelli che frequentano Economia. Altri 800, invece, sono iscritti ai corsi di inglese finalizzati a scopo lavorativo. Ogni mese le spese da coprire, però, sono alte: 1500 euro. Per continuare il suo prezioso progetto, il sacerdote ha bisogno di aiuti economici: “Dai miei amici all’estero e a livello locale ricevo alcuni finanziamenti, ma non è abbastanza. Faccio un appello a tutti coloro che credono in questo lavoro di mandarci delle offerte”. (R.P.)

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    Australia. Il governo della Tasmania risarcisce gli aborigeni della “generazione rubata”

    ◊   Nello Stato australiano della Tasmania, gli aborigeni saranno risarciti per le “profonde sofferenze” inflitte alla popolazione dalle politiche sociali attuate per oltre un cinquantennio. Lo ha annunciato il governo locale per voce del primo ministro, Paul Lennon, il quale ha precisato che 106 abitanti dello Stato australiano riceveranno come indennizzo oltre 2 milioni di sterline. Stando a quanto riferito dall’agenzia Misna, dal 1915 al 1969, per volere dell’allora governo, i bambini aborigeni, spesso di razza mista, venivano separati dai loro genitori per essere affidati a istituzioni statali o ecclesiastiche o per essere inseriti in famiglie di bianchi “a scopo di integrazione”. Allontanati dai propri nuclei familiari i bambini sottratti hanno dato corpo alla cosiddetta “generazione rubata”. Tra coloro che otterranno i risarcimenti ci sono 84 persone vittime di queste assurde scelte politiche e 22 figli della “generazione rubata”; altre 45 richieste sono state respinte. Il primo ministro australiano Kevin Rudd, a differenza del precedente John Howard, ha chiesto scusa agli aborigeni, ma finora ha rifiutato qualsiasi risarcimento di tipo economico. (C.D.L.)

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    Le comunità cristiane cinesi, insieme alla Chiesa universale, pregano per l’unità dei cristiani

    ◊   Le comunità cristiane presenti in Cina partecipano con numerose iniziative alla settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, celebrata in tutti i continenti dal 18 al 25 gennaio. Raccogliendo l’invito lanciato dal Santo Padre, la scorsa domenica in occasione dell’Angelus, il mondo cristiano cinese si unisce alla preghiera della Chiesa universale. Stando a quanto riferito dall’agenzia Fides, le comunità cattoliche della Cina continentale hanno organizzato numerosi incontri con i fratelli delle altre comunità cristiane, promuovendo, tra l’altro, un concerto di musica sacra cristiana applaudito anche da molti non cristiani. Nella cattedrale di Taipei - riferisce Christian Life Weekly, bollettino cattolico della locale Arcidiocesi – in un clima di devozione e di amicizia si è svolto lo scorso 19 gennaio un incontro di preghiera per l’unità dei cristiani. Più a sud, nella diocesi di Hong Kong – racconta don Xue Jun Hao, presidente della Commissione diocesana su Kong Ko Bao, bollettino diocesano - un grande impulso all’unità delle comunità cristiane è stato fornito dai gruppi carismatici locali. “Abbiamo promosso tante iniziative - riferisce il sacerdote – come visitare le parrocchie e i gruppi, o compiere un pellegrinaggio”. Attività che – sottolinea –“vengono realizzate insieme da tutta la comunità cristiana”. (C.D.L.)

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    Nascerà in Irlanda, nel 2009, una scuola elementare aperta ad alunni delle tre grandi fedi monoteiste

    ◊   Accoglierà bambini cristiani, ebrei e musulmani la scuola elementare che sarà inaugurata il prossimo anno nella diocesi di Kildare e Leighlin, in Irlanda. Una scuola interconfessionale - riferisce il Sir - pensata per incontrare le esigenze di una società multiculturale come quella irlandese, sempre più aperta all’accoglienza di immigrati di religioni e culture diverse. “Un progetto unico” – afferma padre Camillus Regan, responsabile delle scuole elementari per la Chiesa cattolica nella diocesi che ospiterà la struttura – che favorirà la tolleranza fra adulti e bambini di Paesi e tradizioni diverse e fornirà ai genitori l’opportunità di scegliere all’interno di una offerta formativa più ampia. Un primo passo verso l’apertura dell’ “Intercultural, interdenominational Primary School”, così sarà chiamato l’istituto che accoglierà alunni delle tre grandi fedi monoteiste, è stato fatto in occasione di un incontro tra i rappresentanti delle tre religioni a Newbridge. Tra i presenti anche Mary Shine Thompson, ricercatrice al St. Patrick’s College di Dublino, che ha condotto uno studio sulla popolarità del futuro istituto. Attraverso il settimanale cattolico inglese “Tablet” la studiosa ha ribadito come il progetto nasca per fronteggiare i cambiamenti che negli ultimi anni hanno trasformato la composizione religiosa della popolazione irlandese. (C.D.L.)

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    Laurea "honoris causa" a Chiara Lubich dalla Liverpool Hope University, unico ateneo europeo a fondazione ecumenica

    ◊   Il contributo dato da Chiara Lubich “alla vita della Chiesa, alla pace e all’armonia nella società, all’unificazione dei cristiani delle diverse denominazioni e al dialogo e comprensione tra le religioni”, è stato riconosciuto con il conferimento della laurea "honoris causa" in Teologia da parte della Liverpool Hope University, unica università d’Europa a fondazione ecumenica. Un evento che apre prospettive di collaborazione tra l’Ateneo e il Movimento dei Focolari, in particolare con il nascente Istituto Universitario Sophia. L’assegnazione del riconoscimento a Chiara Lubich è stata il momento centrale della cerimonia svolta ieri pomeriggio nella sede della Liverpool Hope University, giorno in cui sono state consegnate le lauree agli studenti, alla presenza del Cancelliere, la baronessa Cox, membro della Camera dei Lord e delle massime autorità accademiche. Questa onorificenza è stata occasione per approfondire la conoscenza reciproca tra l’università inglese e il Movimento dei Focolari. Chiara Lubich, nel messaggio a cui è stata data lettura ieri, ha auspicato l’avvio di una collaborazione, in cui intravvede speranza per il futuro. Ha messo in rilievo la singolare consonanza di ideali, improntati all’unità. “La Hope University – che conta oltre 7000 studenti da vari Paesi - vuol essere infatti, - sono parole della fondatrice dei Focolari - “una comunità accademica” ispirata ai valori cristiani, “un segno di speranza” aperto alle altre fedi e credenze, impegnato a promuovere ‘armonia religiosa e sociale, nella vita educativa, religiosa, culturale ed economica”. Questo auspicio di collaborazione ha avuto una risposta immediata da parte del rettore, prof. Gerald John Pillay, che all’inizio del mese aveva voluto recarsi, con una delegazione dell’Università, a Rocca di Papa per consegnare personalmente a Chiara la laurea h.c. In un’intervista rilasciata alla rivista New City, prospetta l’avvio di una collaborazione a livello di docenti e di studenti tra la Hope University e il nascente Istituto Universitario Sophia dei Focolari che inizierà la sua attività nel prossimo autunno. Intanto il rettore sarà presente all’inaugurazione, occasione per mettere a punto questo progetto. Già ha invitato un docente di economia ad intervenire, nel giugno prossimo, all’evento "Great Hope", una settimana di iniziative per giovani futuri leader di vari Paesi del mondo, promosso dall’Università inglese in questo anno in cui Liverpool è capitale europea della cultura. Una collaborazione che, secondo il prof. Pillay può contribuire a dare una risposta a quella domanda di “sapienza”, che emerge dal mondo della cultura e tra la gente, in una società che sta toccando i limiti di una cultura dominate da scienza e tecnologia. (A cura di Carla Cotignoli)

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    Uno studioso islamico ad AsiaNews: la Lettera dei 138 invita ogni musulmano al dialogo per la pace

    ◊   Interpella ogni musulmano la Lettera aperta inviata al Santo Padre e agli altri leader cristiani, in occasione della fine del Ramadan nell’ottobre scorso, da 138 eminenti personalità musulmane. Ad ogni credente islamico chiede di “riflettere sulla propria fede” per favorire l’apertura al dialogo e alla pace. Lo afferma Ali Aiyub, musulmano, direttore del Silsilah Dialogue Institute di Zamboanga, nelle Filippine, in una “riflessione” inviata ad AsiaNews. Il documento – scrive Aiyub – “rappresenta una pietra miliare nella storia dell’Islam nel mondo moderno” giacché “chiama i credenti a riaccendere e rivivere le nostre strade, i nostri rispettivi sistemi di fede” per trovare “una convergenza” di fronte alle sfide, ai conflitti mondiali, alle divisioni fra nord e sud del mondo e alla distruzione della madre terra. Il documento “è un segno di speranza” continua Aiyub, poiché l’invito al dialogo si fonda sul sentimento, comune a cristiani e musulmani, di amore verso Dio e verso il prossimo: presupposto che consente di instaurare rapporti fondati sul rispetto reciproco e sul sentimento di solidarietà e mutuo sostegno. Secondo lo studioso islamico, la portata innovatrice del testo ne consentirebbe il paragone con il Concilio Vaticano II, che all’interno della Chiesa cattolica seppe promuovere il rinnovamento dei costumi e l'aggiornamento della disciplina ecclesiastica. (C.D.L.)

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    In Scozia il cardinale Keith O’Brien critica le politiche adottate dal governo locale per prevenire gli aborti

    ◊   Le politiche adottate dal governo scozzese per ridurre gli aborti tra le adolescenti e la diffusione delle malattie a trasmissione sessuale si sono dimostrate fallimentari e vanno cambiate. È quanto scrive il Presidente della Conferenza episcopale scozzese, cardinale Keith O’Brien, in una lettera al Ministro della Salute Shona Robison. Lo spunto è il secondo rapporto governativo sulle strategie in tema di salute sessuale presentato nei giorni scorsi. Nella missiva l’arcivescovo di Edimburgo si dice “profondamente deluso” dalla decisione dell’attuale Esecutivo di continuare sulla stessa strada perseguita dal precedente governo laburista, ossia la promozione dell’uso dei mezzi contraccettivi. Una politica che ha prodotto risultati “catastrofici”: nel Paese negli ultimi dieci anni le malattie sessualmente trasmissibili sono raddoppiate, come sono aumentate le gravidanze indesiderate e gli aborti tra le adolescenti. Di fronte a questa realtà le politiche sinora adottate hanno mancato di efficacia. La lacuna più appariscente – sottolinea il cardinale O’Brien - “è la voluta assenza di un qualsiasi riferimento morale”. Diversa la valutazione del Ministro Robison, che nell’introduzione al rapporto parla di “un buon inizio”, anche se – precisa – invertire l’attuale trend negativo richiederà tempi lunghi. (L.Z.-C.D.L.)

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    Il cardinale Rigali: la liberalizzazione dell’aborto è incompatibile con la dignità umana

    ◊   Migliaia di attivisti dei movimenti pro-vita hanno partecipato martedì a Washington, all’annuale Marcia per la vita promossa dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti (USCCB). “Costruisci l’unità sui principi della vita in tutta l’America, senza eccezioni e senza compromessi!” è stato lo slogan di questa 35.ma edizione svoltasi nell’anniversario della sentenza “Roe-Wade” che il 22 gennaio 1973 ha liberalizzato l’aborto. La marcia è stata preceduta dalla tradizionale Veglia di preghiera per la Vita nel Santuario nazionale dell'Immacolata Concezione. A presiedere la Santa Messa di apertura è stato il cardinale Justin Rigali, presidente dell’Ufficio per le attività pro-vita della USCCB. Nell’omelia l’arcivescovo di Philadelphia ha ribadito “l’incompatibilità” della sentenza della Corte Suprema con la dignità della persona umana: “È una decisione che non deve, non può stare in piedi e non resterà in piedi”, ha detto tra gli applausi il porporato. Egli ha quindi esortato i fedeli a dare, ciascuno nel proprio piccolo, il loro contributo alla battaglia per la vita: “Quando perseguite la santità e usate i carismi che Dio vi ha donato perché sia fatta la Sua volontà nella vostra vita, date un potente contributo a quel Regno a cui tutti aspiriamo, dove non ci sarà più dolore e morte. Certamente non l’aborto, l’eutanasia, il suicidio assistito, gli embrioni congelati trattati come merce e la distruzione della vita umana in nome della scienza”. La Veglia di preghiera si è conclusa la mattina alle 6,30 con una liturgia presieduta dal cardinale Daniel N. Di Nardo, arcivescovo di Galveston-Houston. La giornata di martedì è quindi proseguita con altre manifestazioni e celebrazioni culminate nella Marcia per la Vita che ha preso il via a mezzogiorno lungo il National Mall in direzione della Corte Suprema e del Campidoglio. (L.Z.)

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    Nasce a San Antonio, nel Texas, la Catholic Association of Latino Leaders

    ◊   Un gruppo di imprenditori e professionisti ispanici degli Stati Uniti hanno dato vita ad una nuova associazione: la Catholic Association of Latino Leaders (Associazione cattolica dei leader latini – CALL) la cui riunione inaugurale si è svolta nei giorni scorsi a San Antonio, in Texas. L’iniziativa è maturata a settembre, dopo una serie d'incontri nel 2005 e nel 2006 patrocinati dal vescovo di San Antonio José Gomez e dall’arcivescovo di Denver Charles J. Caput. Scopo dell’associazione è di favorire la collaborazione tra l’Episcopato e l’imprenditoria cattolica di origine latina, perché la crescente comunità ispanica possa contribuire in modo più incisivo alla missione della Chiesa negli Stati Uniti. “Oggi più che mai le nostre voci devono farsi sentire”, ha detto all’incontro inaugurale mons. Gomez, che ha evidenziato come nel mutato contesto demografico degli Stati Uniti essi siano una grande risorsa per la Chiesa. “Dobbiamo prepararci ad essere efficaci testimoni della nostra fede cattolica. Tocca a noi adesso fare la differenza e portare alla nazione americana i benefici dell’incontro tra fede e cultura proprie della cultura ispanica”. L’associazione ha assunto l'impegno di contribuire alla realizzazione, nei prossimi anni, delle cinque priorità indicate dai vescovi statunitensi nel loro Piano di azione pastorale: restaurare e promuovere la santità del matrimonio e della famiglia, educare e formare il popolo alla fede mediante la partecipazione ai sacramenti ed infine promuovere le vocazioni sacerdotali e religiose, la vita e la dignità della persona umana, i valori culturali tipici e l'azione apostolica tra gli ispanici. (L.Z.)

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    24 Ore nel Mondo



    Esplode edificio in Iraq: 34 morti e oltre 200 feriti. Ucciso il capo della polizia di Mosul. L'attentato attribuito ad al Qaeda

    ◊   Proseguono scontri e violenze, in Iraq. È di almeno 34 morti e 217 feriti, l'ultimo bilancio fornito dalla polizia. Ieri sera a Mosul, nel nord dell’Iraq, un edificio è crollato in seguito all'esplosione di una bomba: i soccorritori ancora scavano fra le macerie, alla ricerca di eventuali sopravissuti. Molte delle vittime sono civili. Secondo fonti militari, si è trattato di un attentato da attribuire ad Al Qaeda. L'edificio era pieno di esplosivo ed è stato fatto detonare poco prima che i militari iracheni vi entrassero. Nello stesso luogo, questa mattina, durante un sopraluogo, è stato ucciso il capo della polizia di Mosul. Intanto si aprono spiragli sul fronte politico. Il presidente iraniano Ahmadinejad ha accettato l’invito di recarsi a Baghdad: sarebbe la prima visita di un leader iraniano in Iraq. Ancora non è stata fissata la data ufficiale, ma secondo i media locali la visita avverrà entro la prima metà di marzo.

    Pakistan
    E' di 48 morti - 40 militanti e otto soldati - il bilancio delle vittime degli scontri nel sud Waziristan, tra i talebani e i militari pakistani. L'azione era diretta contro Beitullah Mehsud, il leader talebano indicato come il mandante dell'attentato che, il 27 dicembre scorso, uccise Benazir Bhutto. All'offensiva hanno partecipato centinaia di militari: 32 sono rimasti feriti. Almeno 30 miliziani sono stati catturati. “L'azione continuerà fino a quando la regione non sarà stata liberata dai militanti”, ha detto il portavoce dell'esercito, il generale Athar Abbas.

    Kenya
    Ancora scontri in Kenya. E' di 12 morti il bilancio delle violenze avvenute nella notte, tra gruppi di giovani attivisti politici e la polizia locale. Almeno otto persone sono state uccise a colpi di machete. L’origine dei disordini risale al 27 dicembre: giorno in cui è stata nuovamente sancita la vittoria di Mwai Kibaki, alle elezioni presidenziali. Questa mattina, l'ex segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, ha incontrato il presidente Mwai Kibaki, a Nairobi, per tentare una mediazione. Già ieri aveva sostenuto un colloquio con Rail Odinga. Il partito dell’opposizione ha annullato una manifestazione di protesta, in programma domani. Sia il presidente Kibaki che il leader dell’opposizione si sono resi disponibili a partecipare ad una cogestione del potere.

    Bolivia
    Emergenza maltempo in Bolivia. Le piogge e le inondazioni che hanno colpito il Paese, in questi giorni, hanno causato la morte di 28 persone e lasciato 80 mila persone senza casa. Migliaia di abitanti delle comunità del centro del Paese si sono rifugiate sui tetti delle case e sulle cime degli alberi, in seguito all'improvvisa crescita dei fiumi. Due giorni fa, il governo ha decretato lo stato di emergenza. Oggi, rivolge un appello alla comunità internazionale. Il portavoce presidenziale, Alex Contreras, ha affermato: “Le risorse dello Stato sono insufficienti per fare fronte alle conseguenze delle inondazioni”.

    Polonia
    Grave incidente aereo, ieri sera, nella Polonia nord-occidentale. L’intero equipaggio di un velivolo militare - 19 persone, tra cui alti ufficiali dell’esercito - ha perso la vita: I soldati stavano tornando da Varsavia, dove avevano partecipato ad una conferenza sulla sicurezza dei voli. Secondo le prime ricostruzioni il velivolo era in fase di atterraggio, verso la base di Miroslawiec, e sarebbe finito contro alcuni alberi. Inevitabile lo schianto nella vicina foresta. La tragedia è stata confermata dal premier polacco, Donald Tusk.

    Italia
    Sono ore decisive per il governo Prodi. Stasera è in programma il voto di fiducia al Senato, dove l’esecutivo però non sembra più avere la maggioranza. Ma il premier intende andare sino in fondo. Questa mattina Prodi si è recato al Quirinale, per un colloquio durato poco meno di un’ora con il Capo dello Stato. Il servizio di Giampiero Guadagni:


    Romano Prodi si presenterà in Senato per chiedere la fiducia. Il presidente del Consiglio ha comunicato questa mattina la sua decisione al presidente della Repubblica. Il premier interverrà in Aula a Palazzo Madama alle 15. Alle 20, è prevista la votazione palese e per appello nominale. Al momento, sulla carta il governo non ha più la maggioranza. Ma la situazione si evolve di minuto in minuto. Monitoraggio continuo sull’UDEUR, dopo lo strappo di Mastella: uno dei tre senatori potrebbe votare a favore. Tra gli incerti, confermano il voto contrario Fisichella, ex della Margherita, e Turigliatto della sinistra critica. I liberaldemocratici di Dini sono incerti se votare no o non partecipare. Inoltre, non sarà in aula Pallaro, eletto nella circoscrizione estero. I conti dunque per Prodi continuano a non tornare. Ma la giornata è ancora lunga. Ad aprirla era stato il ministro dell'Università, Mussi, esponente della Sinistra democratica, che considera responsabile della situazione il Partito democratico di Veltroni e si dice sicuro delle elezioni anticipate. Un approdo invocato dal centrodestra, a partire da Berlusconi; anche se il leader UDC, Casini, ha aperto all’altra ipotesi. Quella cioè di un governo istituzionale di breve durata, che si ponga l’obiettivo di una riforma elettorale. Ipotesi praticabile solo ne caso in cui Prodi si dimettesse dopo le dichiarazioni di voto in aula a Palazzo Madama. E questo, a quanto si sa, sarebbe stato anche il consiglio di Napolitano, che avrebbe voluto evitare una prova di forza, una volta constatato il venir meno della maggioranza politica.

    Unione Europea
    La presidenza slovena ha deciso di approvare il piano energia, per combattere i cambiamenti climatici. Il piano - varato ieri dalla Commissione Europa - fissa impegni nazionali vincolanti per ridurre del 20 per cento le emissioni di anidride carbonica e portare al 20 per cento i consumi da energie rinnovabili, entro il 2020. La decisione è stata presa in seguito ad un incontro presieduto dal ministro sloveno dell'Ambiente, Podobnik, con i ministri di Francia, Repubblica Ceca e Svezia. Intanto, il premier kosovaro Thaci è arrivato a Bruxelles per ribadire la necessità di definire un progetto di indipendenza della provincia serba a maggioranza albanese. Sarà ricevuto domani dai responsabili della NATO e dell'Unione Europea. Mosca ha ribadito il suo rifiuto all'indipendenza del Kosovo.

    Turchia
    Nel corso del 2008 verranno rilanciate le relazioni diplomatiche tra Turchia e Grecia. In primo luogo riprenderanno i negoziati sulla questione di Cipro. Lo hanno annunciato i rispettivi presidenti, Costas Karamanlis e Tayyip Erdogan, al termine della prima giornata della visita del premier greco in Turchia. La prima visita, dopo 49 anni. Anche il presidente americano George Bush ha stipulato un accordo di cooperazione con la Turchia, ma in campo nucleare. Secondo quanto stabilisce l’accordo, gli Stati Uniti forniranno materiali destinati alla produzione di energia nucleare per usi civili. Lo ha reso noto la Casa Bianca, precisando che Ankara ha dato tutte le necessarie garanzie in materia di non proliferazione.

    Svizzera – Forum Economico Mondiale
    Ha preso avvio questa mattina a Davos, in Svizzera, la seconda giornata del Forum Economico Mondiale (FEM). In agenda, numerose tavole rotonde. L'ex vicepresidente USA, Al Gore, ha già parlato del rapporto tra le sfide climatiche e la povertà. I presidenti del Pakistan, Pervez Musharraf, e dell'Afghanistan, Hamid Karzai, discuteranno della stabilità nelle loro rispettive regioni. Invece, il processo di pace in Medio Oriente sarà al centro di un dibattito fra il presidente israeliano, Shimon Peres, e il premier palestinese, Salam Fayyad. In serata Bill Gates, presidente del consiglio di amministrazione di Microsoft, discuterà di un nuovo approccio al capitalismo. Ieri, la giornata di apertura del forum è stata caratterizzata dai timori di recessione e di crisi del credito.

    Cina
    Il Prodotto Interno Lordo della Cina è cresciuto del’11,4 per cento, nel 2007, rispetto allo scorso anno. È il quinto anno consecutivo di incremento a due cifre e il tasso più alto dal 1994. Gli economisti sostengono che la crescita sia stata trascinata soprattutto dagli investimenti e da una produzione industriale da record. Secondo questi dati, la Cina potrebbe diventare la terza potenza economica mondiale, scalzando la Germania. In cima alla classifica delle maggiori economie mondiali, USA e Giappone.(Panoramica internazionale a cura di Beatrice Bossi)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 24

     

     
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