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Sommario del 20/01/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • In 200 mila all'Angelus dopo la vicenda della "Sapienza". Benedetto XVI: costruiamo insieme una società "fraterna e tollerante". Gli universitari rispettino sempre "le opinioni altrui"
  • Mons. Guido Marini: nella Messa dei Battesimi alla Cappella Sistina, il Papa non ha "voltato le spalle" ai fedeli, ma si è orientato con loro a Cristo: non c'è abbandono della riforma liturgica conciliare
  • Oggi in Primo Piano

  • Il dramma delle famiglie nella Striscia di Gaza, alle soglie dell'allarme umanitario: la testimonianza di Carlo Bollino
  • Dibattito sul calo di aborti negli USA. Per i movimenti pro-vita è merito di una nuova sensibilizzazione. Intervista con Carlo Casini
  • La "via etica" nell'uso delle cellule staminali, che non provoca la morte dell'embrione. Intervista con il prof. Angelo Vescovi, vittima di un recente sabotaggio nel suo laboratorio
  • Da oltre quarant’anni, porta la speranza della redenzione nelle carceri italiane: la testimonianza di Fra Beppe Prioli
  • Chiesa e Società

  • Monsignor Antonio Franco, nunzio apostolico in Israele e Palestina, ha ringraziato lo Stato israeliano per il rilascio di visti multipli a leader cristiani
  • Il vescovo di Tarbes e Lourdes, Perrier, anticipa i programmi per l’11 febbraio, in occasione dell’anniversario della prima apparizione mariana a Lourdes
  • Kazakistan: anche i fedeli greco cattolici hanno accolto con gioia l’inserimento del Natale ortodosso tra le festività pubbliche
  • Si aprirà domani pomeriggio il Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana
  • In Svizzera, sarà dedicata alla fame nel mondo la prossima campagna di Quaresima
  • Nello Sri Lanka, i leader cristiani hanno condannato le violenze contro i civili chiedendo a governo e ribelli Tamil di tornare al tavolo delle trattative
  • Nasce un nuovo sito web con informazioni dettagliate sui conflitti dimenticati e sulle principali guerre in corso. Il suo indirizzo è www.conflittidimenticati.it
  • 24 Ore nel Mondo

  • Seggi aperti in Serbia: sette milioni di elettori alle urne per eleggere il nuovo presidente
  • Il Papa e la Santa Sede



    In 200 mila all'Angelus dopo la vicenda della "Sapienza". Benedetto XVI: costruiamo insieme una società "fraterna e tollerante". Gli universitari rispettino sempre "le opinioni altrui"

    ◊   “Vi incoraggio tutti, cari universitari, ad essere sempre rispettosi delle opinioni altrui e a ricercare, con spirito libero e responsabile, la verità e il bene”. Con queste parole, Benedetto XVI ha salutato l’enorme folla che sin dalle prime ore di questa mattina si è radunata sotto la finestra del suo studio, in Piazza San Pietro, per manifestare solidarietà al Pontefice, al termine di una settimana che lo aveva visto costretto a non recarsi all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università “La Sapienza” di Roma, per le recise proteste di un piccolo gruppo di docenti e studenti. Dopo aver invitato, prima dell’Angelus, a pregare con forza, senza mai stancarsi, “per l’unità dei cristiani, il Papa si è soffermato sulla vicenda dei giorni scorsi manifestando stima e affetto agli studenti della “Sapienza”, ribadendo però che l’ambiente accademico è aperto, per sua natura, “alla ricerca della verità”, al “confronto”, al “dialogo franco e rispettoso delle reciproche posizioni”. Il servizio di Alessandro De Carolis:


    Alla fine, l’appello del cardinale Camillo Ruini ha scaldato il cuore di 200 mila persone. Un normale Angelus di una normale domenica si è trasformato in evento ecclesiale fuori programma, anche se atteso. E che ciò che si pronosticava sarebbe stato tale, nelle dimensioni e negli intenti, lo si era capito già alle otto di stamattina quando, in una Piazza San Pietro solitamente deserta a quell’ora, entrava una sparuta avanguardia di quello che, già tre ore dopo, un’ora prima dell’Angelus, sarebbe diventata una distesa di volti giovani e meno giovani, di striscioni, di “viva il Papa!”, di cori, di canti, tutti intonati a un unico concetto: siamo qui perché vogliamo bene a Benedetto XVI, perché desideriamo stringerci in preghiera con lui, senza nessuna “ripicca” verso chi, nei giorni passati, ha cercato di oscurarne presenza e parola. E il Papa, dopo aver offerto un pensiero sulla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, guardando la folla ammassata tra il colonnato e il presepe monumentale della piazza, ha cominciato con queste parole:

     
    “Desidero anzitutto salutare i giovani universitari - che sono tanti, grzie per la presenza! - i professori e voi tutti che siete venuti oggi così numerosi in Piazza San Pietro per partecipare alla preghiera dell’Angelus e per esprimermi la vostra solidarietà”. (applausi)

     
    “Solidarietà”: questa la parola che ha suscitato la chiamata a raccolta del cardinale Ruini - ringraziato da Benedetto XVI - e la parola che ha spinto decine di migliaia di persone a lasciare la propria casa, da tutta Italia, per radunarsi sotto una delle finestre più celebri del mondo. Solidarietà ma anche il desiderio di ascoltare dal vivo quella parola negata giorni addietro all’Università “La Sapienza” di Roma. E quella parola sulla vicenda non si è fatta attendere:

     
    “Conosco bene questo Ateneo, lo stimo e sono affezionato agli studenti che lo frequentano: ogni anno in più occasioni molti di essi vengono ad incontrarmi in Vaticano, insieme ai colleghi delle altre Università. Purtroppo, com’è noto, il clima che si era creato ha reso inopportuna la mia presenza alla cerimonia. Ho soprasseduto mio malgrado, ma ho voluto comunque inviare il testo da me preparato per l’occasione. All’ambiente universitario, che per lunghi anni è stato il mio mondo, mi legano l’amore per la ricerca della verità, per il confronto, per il dialogo franco e rispettoso delle reciproche posizioni”.

     
    E dal momento che tutto ciò, ha proseguito, “è anche missione della Chiesa, impegnata a seguire fedelmente Gesù, Maestro di vita, di verità e di amore”, il Papa ha chiuso questa pagina con un augurio frutto di un’intensa esperienza accademica:

     
    “Come professore, per così dire, emerito che ha incontrato tanti studenti nella sua vita, vi incoraggio tutti, cari universitari, ad essere sempre rispettosi delle opinioni altrui e a ricercare, con spirito libero e responsabile, la verità e il bene”.
     
    In precedenza, Benedetto XVI aveva, come sempre in questo periodo dell’anno, dedicato una riflessione alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si concluderà il 25 gennaio con i Vespri solenni, presiduti dal Papa stesso nella basilica di S. Paolo fuori le Mura. Ricordando i 100 anni di questo periodo che all’inizio dell’anno vede spiritualmente vicini in preghiera cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti, il Pontefice ha affermato:

     
    “Abbiamo tutti il dovere di pregare e di operare per il superamento di ogni divisione tra i cristiani rispondendo all’anelito di Cristo “Ut unum sint”. La preghiera, la conversione del cuore, il rafforzamento dei vincoli di comunione formano l’essenza di questo movimento spirituale, che ci auguriamo possa condurre presto i discepoli di Cristo alla comune celebrazione dell’Eucaristia, manifestazione della loro piena unità”.

     
    E ricordando che dall’invito di San Paolo, “pregate costantemente” - da cui il titolo della Settimana di preghiera 2008 - Benedetto XVI ha osservato che è da qui che “proviene la capacità di superare ogni egoismo, di vivere insieme in pace e in unione fraterna, di portare ognuno, di buon grado, i pesi e le sofferenze degli altri”:

     
    “Non dobbiamo mai stancarci di pregare per l’unità dei cristiani!”.

     
    Tra i saluti nella varie lingue, il Papa ha rivolto un’esortazione particolare ai rappresentanti delle scuole cattoliche presenti in Piazza per celebrare la Giornata loro dedicata dalla diocesi di Roma. “Nonostante le difficoltà che incontrate”, vi incoraggio - ha detto loro - “a continuare nel vostro lavoro che pone al centro il Vangelo, con un progetto educativo che punta alla formazione integrale della persona umana”. E, infine, dalla folla che non ha mai cessato di accompagnare con applausi e acclamazioni ogni sua parola, Benedetto XVI si è congedato con un ultimo augurio spontaneo:
     
    “A tutti voi una buona settimana. Andiamo avanti in questo spirito di fraternità, di amore per la verità e per la libertà, nell’impegno comune per una società fraterna e tollerante. Grazie a voi tutti”. (applausi)

     

     
    E proprio tra i 200 mila di Piazza San Pietro, c’era per noi Marina Tomarro a raccogliere impressioni e umori dei presenti. Ascoltiamoli:



    R. - Siamo qui prima di tutto per pregare, perché siamo venuti ad un Angelus, e per manifestare il nostro affetto al Papa.

     
    R. - Siamo stati giovedì scorso in una città universitaria "blindata" a pregare in cappella: oggi, credo siamo qui soprattutto per testimoniare la nostra fede e il nostro affetto per il Papa.

     
    R. - Siamo qua per dimostrare che La Sapienza non è quel gruppo sparuto di persone che ha voluto prendere le parti e le parola per tutti, quando invece ci sono tante persone volevano che il Papa parlasse.

     
    R. - Oggi siamo qui per testimoniare che un’altra parte della società crede in Cristo e crede che la sapienza venga dalla luce della fede.

     
    D. - Cosa vuol dire per te la figura di Benedetto XVI nella tua vita?

     
    R. - Nella mia vita la figura di Benedetto XVI ha un’importanza centrale, perchè mi aiuta sia spiritualmente, ma anche con la sua carità intellettuale, nei miei studi, nelle mie riflessioni e nel mio rapporto con gli studenti.

     
    R. - Nella mia vita, il Santo Padre è un punto di riferimento fondamentale. Non c’è cattolicesimo senza Chiesa. Lui è il successore di Pietro, quindi è la pietra su cui la Chiesa si fonda ed è un punto di riferimento imprescindibile.

     
    R. - Indubbiamente, il Santo Padre è sempre una figura di riferimento. Di conseguenza, per ogni cristiano, deve essere un punto fondamentale.

     
    D. - Quale significato hanno avuto per te le parole pronunciate oggi da Papa Benedetto XVI all’Angelus?

     
    R. - Io sono molto contenta delle parole del Santo Padre, perchè sia la tolleranza che la libertà e la verità sono le basi per una società fraterna.

     
    R. - E’ stata come sempre una grande lezione da parte di un uomo straordinario, che è veramente profeta del vero. Ha indicato ad un immenso popolo, che si è stretto intorno a lui, qual è la strada da seguire.

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    Mons. Guido Marini: nella Messa dei Battesimi alla Cappella Sistina, il Papa non ha "voltato le spalle" ai fedeli, ma si è orientato con loro a Cristo: non c'è abbandono della riforma liturgica conciliare

    ◊   Domenica scorsa, la celebrazione dei battesimi nella Sistina da parte di Benedetto XVI ha avuto uno svolgimento liturgico diverso dal consueto, per via dell'utilizzo dell'antico altare della Cappella, che ha visto il Papa in alcuni momenti del rito voltare le spalle all'assemblea. Una nota dell'Ufficio delle celebrazioni pontificie aveva anticipato e spiegato questa variante, prevista dall'attuale normativa liturgica, e tuttavia - specie a livello mediatico - la scelta è stata un po' frettolosamente definita come "pre-conciliare". Fabio Colagrande ha chiesto al maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie, don Guido Marini, l'esatta interpretazione di quei gesti:


    R. - Credo sia importante, anzitutto, considerare l’orientamento che la celebrazione liturgica è chiamata sempre ad avere: mi riferisco alla centralità del Signore, il Salvatore crocifisso e risorto da morte. Tale orientamento deve determinare la disposizione interiore di tutta l’assemblea e, di conseguenza, anche la modalità celebrativa esteriore. La collocazione della croce sull’altare al centro dell’assemblea ha la capacità di trasmettere questo fondamentale contenuto di teologia liturgica. Si possono, poi, verificare particolari circostanze nelle quali, a motivo delle condizioni artistiche del luogo sacro e della sua singolare bellezza e armonia, divenga auspicabile celebrare all’altare antico, dove tra l’altro si conserva l’esatto orientamento della celebrazione liturgica. Nella Cappella Sistina, per la celebrazione dei battesimi, è avvenuto esattamente questo. Si tratta di una prassi consentita dalla normativa liturgica, in sintonia con la riforma conciliare.

     
    D. - L’opinione pubblica è molto colpita da questo gesto che, in parte, il Papa ha compiuto in occasione della festa del Battesimo del Signore: dare le spalle all’assemblea. C’è chi legge in questo gesto un ritorno al passato, addirittura una chiusura del celebrante nei confronti dell’assemblea. Vuole invece spiegarci qual è il significato vero di questo gesto liturgico?

     
    R. - Nelle circostanze in cui la celebrazione avviene secondo questa modalità, non si tratta tanto di volgere le spalle ai fedeli, quanto piuttosto di orientarsi insieme ai fedeli verso il Signore. Da questo punto di vista “non si chiude la porta all’assemblea”, ma “si apre la porta all’assemblea” conducendola al Signore. Nella liturgia eucaristica non ci si guarda, ma si guarda a Colui che è il nostro Oriente, il Salvatore. Penso che sia anche importante ricordare che il tempo in cui il celebrante, in questi casi, “volge le spalle ai fedeli” è relativamente breve: l’intera Liturgia della Parola avviene, come di consueto, con il celebrante rivolto verso l’assemblea, indicando così il dialogo della salvezza che Dio intreccia con il suo popolo. Dunque, nessun ritorno al passato, ma il recupero di una modalità celebrativa che in nulla mette in discussione gli insegnamenti e le indicazioni del Concilio Vaticano II.

     
    D. - Mons. Marini, c’è stato chi, sulla scia del dibattito che ha seguito la pubblicazione del Motu proprio Summorum pontificum, ha letto in alcuni gesti di Benedetto XVI la volontà di abbandonare la riforma liturgica conciliare. Cosa risponde a questo genere di illazioni?

     
    R. - Sono sicuramente illazioni e interpretazioni non corrette, sia del Motu proprio che di tutto il magistero di Benedetto XVI in ambito liturgico. La liturgia della Chiesa, come d’altronde tutta la sua vita, è fatta di continuità: parlerei di sviluppo nella continuità. Ciò significa che la Chiesa procede nel suo cammino storico senza perdere di vista le proprie radici e la propria viva tradizione: questo può esigere, in alcuni casi, anche il recupero di elementi preziosi e importanti che lungo il percorso sono stati smarriti, dimenticati e che il trascorrere del tempo ha reso meno luminosi nel loro significato autentico. Mi pare che il Motu proprio vada proprio in questa direzione: riaffermando con molta chiarezza che nella vita liturgica della Chiesa c’è continuità, senza rottura. Non si deve parlare, dunque, di un ritorno al passato, ma di un vero arricchimento per il presente, in vista del domani.

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    Oggi in Primo Piano



    Il dramma delle famiglie nella Striscia di Gaza, alle soglie dell'allarme umanitario: la testimonianza di Carlo Bollino

    ◊   Dopo la conferma della chiusura dei valichi tra Gaza e il territorio israeliano, permane una situazione di estrema difficoltà per la popolazione. La Striscia di Gaza è totalmente isolata da giovedì sera, quando Israele in risposta ai lanci di razzi sul proprio territorio ha imposto la chiusura dei valichi di frontiera. Iniziano a scarseggiare carburante e generi alimentari e alle Nazioni Unite cresce l’inquietudine per questo stato di cose. A Israele è chiesto di cessare quella che viene definita “una punizione collettiva”. Sulla situazione attuale a Gaza ascoltiamo, al microfono di Gabriella Ceraso, la testimonianza di Carlo Bollino corrispondente Ansa dall’area:


    R. - Gaza, non da oggi, purtroppo, è una gigantesca prigione a cielo aperto. La situazione, che era già difficile prima della presa di potere da parte di Hamas, si è drasticamente deteriorata. Già da allora, le autorità israeliane consentivano soltanto gli aiuti umanitari. Di conseguenza, anche molti progetti internazionali per la costruzione di edifici, di opere pubbliche, che davano lavoro ad oltre il 40 per cento della popolazione, sono bloccati, perché il cemento non rientra nella categoria degli aiuti umanitari e dunque non arriva a Gaza. Aumenta in maniera esponenziale il numero delle famiglie che, diventando disoccupate, hanno bisogno degli aiuti umanitari.

     
    D. - Ma come si adatta la gente al peggiorare delle cose?

     
    R. - I palestinesi sono abituati da decenni a vivere in condizioni difficili. Quest’ultimo restringimento delle forniture alimentari ancora non è percepito dalla popolazione, perché ovviamente le organizzazioni umanitarie a Gaza hanno riserve per alcuni giorni. Ma non sarà soltanto un problema di aiuti umanitari. Non dimentichiamo che Gaza produce energia elettrica grazie esclusivamente al carburante che passa attraverso i valichi. Quindi, se la chiusura dei valichi dovesse proseguire, noi ci ritroveremmo fra qualche giorno con una Gaza non soltanto affamata, ma al buio, quindi priva di qualunque forma di energia elettrica. Gli ospedali rischieranno di dover spegnere le proprie apparecchiature. Insomma, è una situazione pesantissima che rischia di aggravarsi ulteriormente.

     
    D. - Frontiere chiuse significa anche famiglie e affetti divisi. Ed è per questo che nei tunnel dei contrabbandieri, oltre alle merci al confine si è sviluppato anche un traffico di spose. Di chi si tratta?

     
    R. - Non sono soltanto le donne palestinesi, che per mancanza di documenti non avevano e non hanno la possibilità di rientrare legalmente a Gaza, ma anche tantissime donne straniere, sposate con palestinesi, che non vengono autorizzate ad entrare a Gaza dalle autorità israeliane.

     
    D. - E’ semplicemente un trasporto? Non c’è violenza, tratta di esseri umani, niente di questo genere?

     R. - Non c’è nessun tipo di abuso su queste donne. Purtroppo, vengono trattate da merci, perchè devono pagare tremila dollari a testa, che è una grossissima somma, rapportata allo stipendio medio dei palestinesi. Addirittura, chi si occupa di questi trasporti viene normalmente affiancato dal marito, che si infila nel tunnel per controllare appunto che sua moglie non subisca alcun tipo di abuso, anche perché le donne vengono anestetizzate durante l’attraversamento del tunnel, in quanto si tratta di cubicoli larghi poco più di un metro, naturalmente bui, e per molte donne è una situazione terrorizzante.

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    Dibattito sul calo di aborti negli USA. Per i movimenti pro-vita è merito di una nuova sensibilizzazione. Intervista con Carlo Casini

    ◊   Calo record degli aborti negli Stati Uniti. Secondo uno studio del Guttmacher Institute di New York, pubblicato dal Washington Post, nel 2005 il numero delle interruzioni di gravidanza è sceso a 1,2 milioni, il livello più basso dal 1976. Vari e contrastanti i commenti: secondo i movimenti pro-vita e gli antiabortisti è in atto un cambiamento di opinione pubblica. Ma c’è anche chi spiega la diminuzione degli aborti con la diffusione negli USA, dal 2000, della pillola RU486. Un’equazione che non convince Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita. Paolo Ondarza lo ha intervistato:


    R. - Questa è una sciocchezza formidabile, perché la RU486 è stata introdotta per la prima volta proprio in Francia, vent’anni fa. Ma proprio la Francia dimostra che non serve a nulla, nemmeno in termini di riduzione statistica degli aborti, perché gli aborti in Francia sono aumentati in questi anni sempre di più, fino ad arrivare alla cifra di 220 mila all’anno. E che gli aborti negli Stati Uniti siano diminuiti, è notizia che ci fa piacere ma certamente non dipende la diffusione della RU486. Purtroppo, anche in Italia c'è il dubbio che gli aborti siano diminuiti perché c’è una diffusione sempre grande di aborti clandestini e poi soprattutto perché c’è la diffusione della pillola del giorno dopo. Indipendentemente da questo, comunque, se diminuzione c’è stata in Italia, e magari negli Stati Uniti, è perché nel corso degli anni è cresciuta la sensibilità e la coscienza rispetto al valore della vita.

     
    D. - Si può dire che la prevenzione sta funzionando?

     
    R. - Sta funzionando il messaggio della Chiesa che ricorda il valore della vita umana, che è un messaggio che aumenta ed alimenta il coraggio delle donne, delle famiglie di accogliere i figli e questo, secondo me, è un effetto di prevenzione. La prevenzione non aumenta per effetto della contraccezione. In America, per esempio, l’amministrazione Bush - criticabile per tante cose - su questo ha fatto una campagna fortissima ed è ciò che fa prevenzione: parlare del valore della vita umana.

     
    D. - Ed è vero che sono in aumento i medici, nel mondo, che invocano la clausola di coscienza?

     
    R. - Se aumentano le obiezioni di coscienza non è la ragione della diminuzione degli aborti, ma è dimostrazione che affermare che il bambino è un bambino è un’affermazione credibile.

     
    D. - I centri di pianificazione familiare in Francia parlano di una “diffusa morale colpevolizzante di matrice giudeo-cristiana” e chiedono di considerare l’aborto come qualcosa di “normale”, di “banale”...

     
    R. - Questo è l’aspetto più orrendo, direi, proprio. Perché sebbene ci sia molto contrasto sull’aborto in quanto alle leggi, non c’è contrasto nella grande maggioranza delle persone civili, nel senso del vedere che è bene evitare la morte. Che sia un dramma, lo dicono tutti: un dramma e qualcosa da evitare. Non deve diventare una banalità!

     
    D. - Ed è fiducioso sul dibattito aperto per la moratoria?

     
    R. - Sì, l’obiettivo è grandioso. E’ chiaro che è difficile operare, nel caso dell’aborto, nello stesso modo in cui si può non eseguire la pena di morte, dove basta la volontà di un governatore o di un capo di Stato a dire “sospendiamo”. Ma, noi sappiamo che c’è di mezzo una vita umana, nell’uno e nell’altro caso, e questo può aiutare a ridurre il numero delle uccisioni.

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    La "via etica" nell'uso delle cellule staminali, che non provoca la morte dell'embrione. Intervista con il prof. Angelo Vescovi, vittima di un recente sabotaggio nel suo laboratorio

    ◊   Un fatto delittuoso che poteva passare inosservato fra tanti altri atti vandalici: la scoperta nei giorni scorsi di un sabotaggio nel laboratorio diretto dal prof. Angelo Vescovi, docente di Biologia cellulare nell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Danni calcolati in centinaia di migliaia di euro per la perdita di preziose colture cellulari, contenute in un bidone lucchettato, rovesciato a terra dai vandali, forse proprio allo scopo di ostacolare la ricerca sulle staminali adulte, che il prof. Vescovi già da molti anni persegue con successo. Roberta Gisotti lo ha intervistato:


    D. - Prof. Vescovi, a dire il vero si fa un gran parlare della ricerca sulle cellule staminali embrionali, ricerca contestata non solo in ambito cattolico per motivi etici, lei stesso da scienziato laico si è dichiarato contrario. Come mai e perché si parla poco invece di cellule staminali adulte?

     
    R. - Io faccio subito una precisazione: io sono a favore dell’utilizzo delle cellule staminali embrionali, sono invece contrario all’utilizzo degli embrioni per produrre queste cellule. Siccome esistono via alternative che non distruggono gli embrioni, esiste una via etica anche delle embrionali staminali che però in questo Paese si vuole a tutti i costi ignorare. Noi facciamo questo lavoro sulle cellule staminali cosiddette adulte o somatiche per la terapia delle malattie celebrali e dei tumori celebrali. Abbiamo, purtroppo, subito questo sabotaggio: non sappiamo se la falsa riga su cui si muove il sabotaggio sia questa o un’altra, ma è un dato di fatto che questi casi continuano a ripetersi.

     
    D. - Professore, lei ha detto che si può fare ricerca sulle cellule staminali embrionali senza distruggere l’embrione. Allora perché si procede ancora distruggendo l’embrione?

     
    R. - Guardi che non si procede più distruggendo l’embrione negli altri Stati - come negli Stati Uniti, in Giappone o in Inghilterra - dove tutti stanno prendendo la via della riprogrammazione cellulare. Nel nostro Paese, come spesso accade, anche quando la soluzione c’è, si tenta di ignorarla o addirittura di svilirla. Il motivo per cui questo avvenga, io non lo conosco. Credo si tratti di un problema di provincialismo scientifico o forse, come ho sempre denunciato, sia una pressione ideologica su un argomento che invece deve solo ed esclusivamente tenere in conto due elementi: il benessere del paziente e l’accettabilità etica e morale della scienza e di quelle tecniche che la scienza sviluppa.

     
    D. - A che punto siamo nel mondo sulla ricerca delle staminali adulte?

     
    R. - Le staminali adulte vengono già utilizzate in terapie, soprattutto quella del sangue. Per quanto riguarda le malattie neurodegenerative, è già in corso una sperimentazione clinica negli Stati Uniti per una malattia degenerativa che si chiama "Morbo di Batten". Ci sono, poi, delle terapie sperimentali programmate per l’ischemia celebrale in Inghilterra e noi stiamo tentando - ma se continua così, con queste situazioni, diventerà veramente difficile lavorare - la via della sperimentazione entro il 2008 per la sclerosi laterale amiotrofica. Vorrei precisare una cosa: questo sabotaggio non andrà in nessun modo ad inficiare la tempistica della sperimentazione. Le cellule in questione erano state protette e messe da un’altra parte.

     
    D. - Quindi il suo lavoro potrà procedere al meglio?

     
    R. - Per quanto riguarda la sperimentazione sull’uomo, assolutamente sì. Per quanto riguarda invece l’aspetto più scientifico, diciamo di base, abbiamo subito un danno che - purtroppo - temo che adesso superi i 700 mila euro.

     
    D. - Professore, tornando al discorso sulla ricerca cellule staminali embrionali e sulle cellule staminali adulte, si è sentito dire, a volte, che pochi fondi vanno per le staminali adulte e si punta troppo alle staminali embrionali…

     
    R. - Dipende dall’area geografica che lei considera. Ci sono Paesi come Singapore, Cina ed Israele che investono molto sulle cellule staminali embrionali, così come lo stesso Stato della California o l’Inghilterra. Altri Paesi investono, invece, prevalentemente sulle staminali adulte. E’ vero però un fatto: quei Paesi che investono sulle staminali adulte sono purtroppo anche quei Paesi che investono meno in ricerca, come appunto l’Italia, che - ricordo - è sotto l’1 per cento del Prodotto interno lordo. Che la società, che i vari organi competenti abbandonino così questo genere di ricerca alle sue stesse risorse, e quindi alla capacità di autosupportarsi, credo che moralmente sia difficile da accettare.

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    Da oltre quarant’anni, porta la speranza della redenzione nelle carceri italiane: la testimonianza di Fra Beppe Prioli

    ◊   Offrire sostegno morale ai detenuti e alle loro famiglie, sensibilizzare l’opinione pubblica sul significato della pena: con questo spirito, da oltre 40 anni, Fra Beppe Prioli, visita le carceri italiane assieme ad alcuni volontari che con il religioso hanno fondato l’associazione “La Fraternità”. In questa intervista di Alessandro Gisotti, Fra Beppe si sofferma sulla sfida, impegnativa e affascinante, di testimoniare la speranza evangelica a chi si è fatto operatore di male:


    (musica)

     
    R. - Il mio primo incontro è stato con gli ergastolani. Io non guardo il male che hanno fatto, guardo la persona. Con i detenuti, anche per dare una speranza, un significato alla vita del carcere, io non parlo mai di espiazione. Non è detto che debbano riparare la propria vita sempre e solo con il carcere, ma anche venendone fuori. Quest’anno, ho avuto un giovane che ha preso 20 anni di galera da minorenne. E’ venuto a passare il Natale nel mio convento. Ecco: per me, accogliere questo ragazzo che adesso ha 28 anni, ha fatto già 10 anni in carcere, è proprio quell’accoglienza che cambia il cuore dell’uomo. E' quell’accoglienza che ci dà la speranza, perché proprio la nostra presenza dà speranza, anche se è una speranza un po’ lontana, perché quando uno compie un delitto, non posso dirgli: “Tu domani vieni fuori”. Piuttosto gli dico: “Tempo al tempo. Verrà il giorno in cui tu verrai fuori. Intanto, adesso facciamo questo cammino”. Io lo chiamo: l’accompagnamento, come un padre verso i propri figli.

     
    D. - La sua esperienza di questi anni sembra raccontare che c’è redenzione anche per chi ha vissuto facendosi operatore di male ...

     
    R. - In mezzo a tutta questa sofferenza, c’è Dio dentro di loro. In ogni persona, con il tempo, Dio c’è e si fa sentire. E quando si fa sentire è lì il momento che si può operare con questa persona e dare loro una speranza. La pena dev’essere rieducativa, deve riscattare la persona, perché il carcere ha una sola cosa positiva, e qui vorrei sfidare chiunque, perché sono 40 anni che lo frequento: il carcere ti ferma, ti fa pensare. Il carcere però non risolve e non riscatta la persona, perché quando uno incomincia a pensare, se non c’è la presenza del cappellano, dei volontari, degli operatori, noi rischiamo di perdere queste persone e di non dar più la speranza in un domani.

     
    D. - Fra Beppe, in questi 40 anni, tanti incontri, tante esperienze: ce n’è una che, se possibile, riassume questa sua testimonianza?

     
    R. - Posso fare il nome perché adesso è fuori: Alfredo Bonazzi. Mi ricordo che ha fatto fatica ad accettarmi nella sua cella, perché era isolato... gli ho messo la mano sulla spalla, e lui mi ha detto: “Lo sai chi sono? Sono la belva di viale Zara”. Io gli ho detto: “Guarda, per me sei un fratello, non sei una belva”. E quello è stato il nostro primo incontro. E’ stato graziato nel 1975 e continua ad operare, a portare questo messaggio: che la vita è di Dio. Lui è diventato padre, ha avuto una figlia. La figlia, conoscendo un ragazzo, è rimasta incinta. Va dal padre e dice: “Papà, sono incinta. Cosa devo fare?” Proprio sotto Natale, alcuni anni fa. E lui dice: “Guarda, io ho già ucciso una volta. La vita si accoglie. Io sarò in grado di accogliere anche tuo figlio”. Ecco. Questo per me è un ricordo che mi porterò dietro tutta la vita, perché ha saputo riscattarsi ed accogliere una vita.

     (musica)

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    Chiesa e Società



    Monsignor Antonio Franco, nunzio apostolico in Israele e Palestina, ha ringraziato lo Stato israeliano per il rilascio di visti multipli a leader cristiani

    ◊   “Ringrazio lo Stato israeliano per lo sforzo di migliorare la questione relativa ai visti. Qualcosa è stato concesso. Tuttavia restano il disagio e la frustrazione perché non è la soluzione del problema”. Con queste parole, l'arcivescovo Antonio Franco, delegato apostolico di Israele e Palestina, ha commentato all’agenzia SIR il comunicato dell’ambasciata di Israele presso la Santa Sede, nel quale si annunciano delle agevolazioni in merito al rilascio di visti multipli ad un ristretto numero di alti esponenti delle Chiese cristiane, al visto di rientro per gli altri funzionari concesso già prima della partenza da Israele e all’accelerazione delle procedure di controllo per i religiosi, cittadini di Paesi arabi, chiamati in Israele per servizio dalle autorità ecclesiastiche. Mons. Franco, auspicando la concessione di maggiori visti multipli ha parlato di un “miglioramento” ma non della “soluzione del problema”. (E. B.)

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    Il vescovo di Tarbes e Lourdes, Perrier, anticipa i programmi per l’11 febbraio, in occasione dell’anniversario della prima apparizione mariana a Lourdes

    ◊   “Spero che i francesi capiscano l’importanza dell’11 febbraio”. E’ l’augurio fatto alla comunità da parte del vescovo di Tarbes e Lourdes, Jacques Perrier, in un’intervista rilasciata al quotidiano cattolico francese “La Croix”, in occasione dell’anniversario della prima apparizione mariana a Lourdes, avvenuta l’11 febbraio del 1858. Il presule ha ricordato che la data coinciderà con l’inizio dell’anno giubilare, indetto per celebrare i 150 anni trascorsi dalle apparizioni della Vergine Maria a Bernadette Soubirous. Secondo gli organizzatori, alla cerimonia commemorativa dell’evento parteciperanno 40 mila fedeli, mentre sono 8 milioni i visitatori previsti a Lourdes in quest’anno giubilare. “Non conosco alcuna altra festa mariana, legata ad un santuario, che sia così profondamente inserita nel calendario della Chiesa universale. E coincide inoltre con la Giornata mondiale del malato”, ha spiegato mons. Perrier. Questi i principali appuntamenti in programma: domenica 10 febbraio, alla sera, ci sarà una processione al santuario; lunedì 11, alle ore 9.30, è prevista una Santa Messa all’aperto per i pellegrini. Dalle 11.30 fino alle 12.15, all’incirca nell’orario della prima apparizione a Bernadette, seguiranno una meditazione e delle preghiere. Il santuario di Lourdes è aperto a tutti, ed il vescovo ha fatto richiesta affinché ogni provincia ecclesiastica sia rappresentata. I pellegrini potranno percorrere quattro tappe nel loro cammino giubilare, in un percorso che si snoderà dal Battistero all’antica prigione, “le cachot “, dove abitò la famiglia Soubirous, fino alla Grotta ed alla cappella dove Bernadette fece la sua prima comunione. Luoghi non virtuali, ma di vita cristiana ordinaria, evitando, in questo modo, anche una sorta di polarizzazione intorno alla Grotta. A Lourdes ci saranno percorsi guidati, contrassegnati con il logo del Giubileo, ed appositamente predisposti per i disabili. E si ricorda infine che Roma, in quei giorni, accorderà ai pellegrini una speciale indulgenza, che si potrà lucrare alle ordinarie condizioni previste. (E. B.)

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    Kazakistan: anche i fedeli greco cattolici hanno accolto con gioia l’inserimento del Natale ortodosso tra le festività pubbliche

    ◊   Entusiasmo tra i fedeli ortodossi e cattolici di rito orientale in Kazakistan per il decreto del presidente, Nursultan Nazarbaev, che ha inserito il Natale ortodosso - fissato, secondo il calendario giuliano, al 7 gennaio - tra le festività pubbliche, insieme alla festa musulmana di Id al-Adha. La novità ha permesso quest’anno ai fedeli cristiani orientali di partecipare più numerosi alle liturgie natalizie. “La decisione dimostra che il presidente è attento ai bisogni spirituali della gente e questo è importante”, ha commentato all’agenzia Ucan un fedele all’uscita dalla Messa. Ad Astana, una quarantina di fedeli greco-cattolici hanno partecipato alla liturgia del giorno di Natale, ospitata quest’anno in una cappella della cattedrale cattolica latina della capitale, in attesa che venga completata la costruzione di una chiesa per loro. Durante il regime sovietico, l’unica ricorrenza del periodo natalizio festeggiata con una certa enfasi era il Capodanno, mentre il Natale era celebrato quasi in sordina. Solo dopo l’indipendenza dall’ex Unione Sovietica, nel 1991, l’attività religiosa è gradualmente ripresa in Kazakistan, Paese in maggioranza musulmano (circa il 60% su 15milioni di abitanti). Tra i cristiani, gli ortodossi sono la comunità più numerosa, (circa il 30%). I greco-ortodossi sono appena tremila, mentre i cattolici latini 250 mila. Tra le sfide principali della Chiesa locale, figurano l’evangelizzazione e le vocazioni, come ha riferito in una recente intervista all’agenzia Fides, mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare della diocesi di Karaganda. (L. Z.)

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    Si aprirà domani pomeriggio il Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana

    ◊   Al via domani pomeriggio, a Roma, il Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana (CEI). Alle 17.00, presso la cappella della CEI, è in programma l’adorazione eucaristica e la prolusione del presidente, il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco. Nei giorni successivi - informa l’Ufficio comunicazioni sociali della CEI - i vescovi procederanno all’approvazione dei verbali della riunione precedente e alla scelta del tema principale della prossima Assemblea generale dell’episcopato italiano. I lavori - secondo quanto riporta l’agenzia SIR - proseguiranno con la presentazione del progetto di un documento sul Mezzogiorno d’Italia, l’istituzione del Comitato per il progetto culturale, l’istituzione del Servizio nazionale per gli studi superiori di teologia e di Scienze religiose e del Servizio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, con la presentazione del documento comune per una pastorale dei matrimoni tra cattolici e battisti. Prima della fine dei lavori, i vescovi forniranno infine le linee guida per le iniziative relative all’Anno Paolino. (E. B.)

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    In Svizzera, sarà dedicata alla fame nel mondo la prossima campagna di Quaresima

    ◊   “Perché il diritto all’alimentazione non resti un pio voto”. Sarà questo lo slogan della Campagna ecumenica di Quaresima 2008, la colletta annuale in favore delle popolazioni povere nel mondo promossa in Svizzera dalle organizzazioni cattoliche “Action de Carême” ed “Être partenaire” e da quella protestante “Pain pour le prochain”. Il tema della fame nel mondo è stato infatti scelto come filo conduttore delle Campagne del triennio 2008-2010, con l’obiettivo di sensibilizzare i fedeli sui meccanismi e le dinamiche che provocano ogni giorno la morte di 25 mila persone, per dimostrare appunto che non si tratta di una fatalità inevitabile. La campagna di quest’anno prenderà il via il prossimo 6 febbraio, Mercoledì delle ceneri, per concludersi il giorno di Pasqua, il 23 marzo. Nel 2009, sarà invece dedicata all’impatto dei cambiamenti climatici sulla fame e la povertà, mentre nel 2010 alla stretta interrelazione tra alimentazione, commercio internazionale e giustizia sociale. (L. Z.)

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    Nello Sri Lanka, i leader cristiani hanno condannato le violenze contro i civili chiedendo a governo e ribelli Tamil di tornare al tavolo delle trattative

    ◊   Una ferma condanna di ogni attentato contro la popolazione civile è stata espressa dalla Conferenza episcopale dello Sri Lanka (CBCSL) e dal vescovo anglicano di Colombo, Duleep de Chickera, all’indomani dell’attentato nella città meridionale di Buttala, dove il 16 gennaio scorso un’esplosione contro un autobus ha causato la morte di 27 civili. Il gesto è stato subito attribuito dalle autorità di Colombo alle Tigri Tamil. Come sottolinea l’agenzia AsiaNews, in quello stesso giorno il governo usciva ufficialmente dal cessate-il-fuoco siglato nel 2002 con i ribelli delle Tigri Tamil, da anni ormai disatteso da entrambe le parti. “Governo e Tigri - si legge nel comunicato stampa a firma del presidente della CBCS, mons. Vianney Fernando - devono abbandonare le ostilità per creare il clima essenziale per la pace”. Bisogna “tornare con urgenza ai tavolo dei negoziati - prosegue il testo - unica via per una pace duratura e prosperità per tutti”. Stesso messaggio nelle dichiarazioni del vescovo anglicano di Colombo che aggiunge: “Tutte le comunità e i fedeli di ogni religione devono ribellarsi a tali atti di violenza e le Tigri devono smettere immediatamente di colpire i civili”. Aggressioni contro i civili si verificano spesso anche nelle zone sotto il controllo dell’esercito governativo, il quale l’anno scorso ha riconquistato le zone orientali e al momento è impegnato nell’offensiva al nord. Il presidente dello Sri Lanka, Mahinda Rajapakse, ha chiesto alla popolazione “pazienza” in vista di quello che ormai ritiene essere “l’ultimo sforzo” per annientare i ribelli. (E. B.)

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    Nasce un nuovo sito web con informazioni dettagliate sui conflitti dimenticati e sulle principali guerre in corso. Il suo indirizzo è www.conflittidimenticati.it

    ◊   La Caritas italiana e Pax Christi Italia hanno promosso un nuovo sito Internet dedicato ai conflitti dimenticati, per offrire uno strumento di educazione alla pace. L’obiettivo, secondo quanto si legge nella presentazione del nuovo sito web (www.conflittidimenticati.it), riportato dall’agenzia Zenit, è quello di offrire “informazioni storiche sulle varie guerre in corso, approfondimenti sul tema del conflitto e del diritto internazionale, strumenti per la formazione e l'animazione pastorale, nonché i racconti delle vittime”. Il progetto, indicano inoltre i promotori, “vuole essere un contributo ad accogliere l’invito rivolto dai vescovi italiani alle nostre comunità per una più attenta e ordinaria educazione alla pace, mediante un impegno più deciso a costruire concreti itinerari pedagogici in grado di sviluppare sempre più mentalità e testimonianze di pace”. Il nuovo sito offre informazioni approfondite sui principali conflitti armati, sette dei quali nel continente africano: Algeria, Burundi, Uganda, Rwanda, Liberia, Repubblica Democratica del Congo e Sudan (due conflitti). Altri sei interessano l’Asia: Kashmir, India; Nepal, Filippine (due conflitti), Myanmar (ex Birmania), Sri Lanka e Pakistan. Quattro hanno invece come scenario il Medio Oriente: Iraq, Afghanistan, Israele-Palestina e Turchia. Altri due si svolgono nel continente americano: Colombia e Perù, e Stati Uniti (contro Al Qaeda); uno, infine, si situa in Russia (Cecenia). Di questi conflitti, sei superano il numero di mille morti nei combattimenti: Uganda, Sudan, Kashmir, Nepal, Iraq e Cecenia. Negli anni Novanta - secondo i dati riportati - ci sono state 57 guerre in 45 Paesi, mentre nel periodo 1945-1999 si registrano 25 guerre intrastatali, che hanno prodotto circa 3,3 milioni di morti in combattimento; nello stesso periodo sono scoppiate 127 guerre civili che hanno lasciato sul campo di battaglia 16,2 milioni di morti. “Al di là delle definizioni degli esperti - si afferma sul sito di Caritas e Pax Christi - questi dati mostrano in modo inequivocabile che le guerre intrastatali (con o senza forme di intervento esterno) sono diventate la principale forma di violenza organizzata negli scenari globali”. (E. B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Seggi aperti in Serbia: sette milioni di elettori alle urne per eleggere il nuovo presidente

    ◊   Oggi la Serbia vota per eleggere il suo nuovo presidente. Un’elezione che segna l’ennesimo bivio per la maggiore delle repubbliche della ex Jugoslavia. A pesare sul voto è soprattutto la minaccia dell’indipendenza del Kosovo. Un evento ormai considerato inevitabile dalla maggior parte della comunità internazionale, ma i cui esiti potrebbero essere imprevedibili. Il Cremlino si è da tempo schierato tra i principali sostenitori dell’integrità territoriale della Serbia e, anche in ambito occidentale, gli Stati che vedono nell’indipendenza kosovara un pericoloso precedente non mancano. Infine, non poche pressioni sull’elettorato serbo giungono da Bruxelles, con forti promesse di una sempre maggiore integrazione europea. Sentiamo il commento di Luigi Geninazzi, inviato di Avvenire:


    R. - E’ una partita veramente ad altissimo rischio perché, anche se tutti pronosticano che la vera stretta finale non sarà questa prima tornata di voto presidenziale ma il ballottaggio del 3 febbraio, si prevede un testa a testa tra l’attuale presidente, Boris Tadic, e il leader ultranazionalista, Tomislav Nikolic. Non dimentichiamo che l’ultima volta, quattro anni fa, Nikolic era stato in testa fino all’ultimo momento e anche adesso i sondaggi lo danno in testa. Nikolic non vuole l’indipendenza del Kosovo ed è disposto a tutto - ha detto - purché questa regione rimanga sotto il controllo di Belgrado. Boris Stadic, il presidente riformista, anch’egli ovviamente si dichiara contrario all’indipendenza del Kosovo, ma è più disponibile ad una trattativa a tutto campo.

     
    D. - Un braccio di ferro, quello sul Kosovo, con delle ripercussioni internazionali molto importanti...

     
    R. - Putin è già entrato pesantemente sul campo, proprio in questi giorni: dopo aver detto che non si può arrivare all’indipendenza del Kosovo senza un negoziato, sta cercando di legarsi sempre di più il governo di Belgrado anche con l’acquisizione del gruppo petrolifero NIS. Dall’altro lato, c’è l’Unione Europea che in tutti i modi vorrebbe puntellare l’attuale presidente Tadic e che aveva promesso di varare molto in fretta il Trattato di associazione della Serbia con l’Unione Europea, ma anche questo slitterà. E’ una situazione aperta agli scenari più imprevedibili.

     
    D. - Se il Kosovo influenzerà l’elezione presidenziale in Serbia, questa influenzerà sicuramente il futuro atteggiamento della comunità internazionale nei confronti del Paese, in particolare l’atteggiamento dell’Unione Europea…

     
    R. - Certo, perché ormai tutti danno per scontato che dopo queste elezioni il Kosovo dichiarerà la propria indipendenza con il sostegno degli Stati Uniti e quello, più o meno tacito, anche dell’Unione Europea. Quest'ultima sta cercando di preparare l'evento nel modo meno traumatico possibile, e soprattutto deve far accettare a Belgrado la questione dell’invio di truppe e anche di una missione civile a Pristina, che dovrebbe prendere in consegna quello che rimane della presenza dell’ONU.

    Elezioni a Cuba
    Oggi, 8 milioni e 400 mila cubani sono chiamati a celebrare il più importante rituale politico del Paese: l’elezione dei 614 membri dell'Assemblea nazionale. Il parlamento unicamerale eleggerà poi 31 dirigenti del Consiglio di Stato, che a loro volta sceglieranno il presidente, i ministri e altre rilevanti cariche pubbliche dell'isola. Questa volta però, accanto a molte tradizioni collaudate in quasi mezzo secolo, ci sono alcune novità. Il servizio di Luis Badilla:


    Almeno 374 candidati, il 60 per cento, sono nati dopo il 1959. Altri 134 al momento del trionfo della rivoluzione castrista erano bambini. Tra i candidati, la presenza delle donne è significativa e più di tre quarti di loro ha un'elevata preparazione culturale: tutti laureati universitari. Infine, c'è anche il ruolo del tutto inedito che si trova a ricoprire il presidente Fidel Castro, che pur essendo uno dei candidati, viste le sue precarie condizioni di salute sembra destinato ad una leadership più carismatica che esecutiva, di "grande patriarca", sotto il cui vigile sguardo si apre formalmente la transizione verso il cosiddetto "dopo Fidel". Non c'è dubbio che il Partito comunista sia il vero erede del "fidelismo" e il suo compito da oggi in poi sarà quello di guidare, senza scosse e nella continuità ideologica, il passaggio verso una nuova tappa sulla quale pesano incognite, le cui risposte non sono ancora state delineate: il rinnovamento tramite “aggiustamenti ragionevoli”, senza mettere in discussione il modello storico, oppure la “svolta”, non tanto del passaggio dalla cosiddetta “democrazia popolare” a quella rappresentativa, bensì alla strutturazione di una modernizzazione che consenta la coabitazione di un’economia capitalista con l’egemonia politica del partito unico. In questo contesto, il ruolo del presidente ad interim, Raúl Castro, ministro della Difesa, acquista una rilevanza di prim'ordine e con lui le potenti Forze armate che, tra l’altro, hanno un peso notevole nel sistema economico. Per ora, tutti, senza eccezioni, sembrano concordi nell’affermare due cose: il Paese ha bisogno urgente di cambiamenti radicali, ma devono essere decisi dall’interno, senza ingerenze e senza violenza. Ed è questo anche l’auspicio della comunità internazionale, in particolare di quella latinoamericana. Le sfide della nuova classe dirigente che sarà scelta oggi sono gigantesche, non solo perché occorre trovare un equilibrio politico che apra in modo irreversibile - seppure nella continuità del modello - nuovi spazi di democrazia e di pluralismo, ma perché occorre anche dare risoluzione ai molti problemi economici. Da un lato, più risorse per migliorare le precarie condizioni di vita di milioni di cubani che non hanno beneficiato dello sviluppo e, dall’altro, riequilibrare le iniquità sociali che hanno alzato un muro tra una piccola parte della popolazione, che gode dei benefici dell’industria turistica, e la stragrande maggioranza del popolo che ne è esclusa.

    Georgia
    Nel giorno dell'investitura del presidente georgiano, Mikheil Saakashvili, decine di migliaia di persone manifestano per dissentire sui risultati delle elezioni presidenziali. Secondo gli organizzatori, sono almeno 100 mila le persone scese in piazza a Tbilisi, la capitale del Paese. I risultati ufficiali delle elezioni del 5 gennaio scorso, hanno assegnato il 53 per cento a Saakashvili. Gli oppositori ritengono ci siano stati brogli elettorali.

    Kenya - nuovi morti
    Ancora violenze in Kenya, dopo la riconferma del presidente Kibaki alle elezioni di dicembre. Cinque persone, ritenute sostenitrici del presidente in carica, sono state uccise da sostenitori dell'opposizione. Un’altra vittima, invece, apparteneva all’etnia "Luo" del leader Odinga. Prevista per giovedì una nuova manifestazione nazionale, per contestare l’esito delle urne. In mattinata sono stati rilasciati, invece, i tre cittadini europei sospettati di terrorismo. La donna olandese e i due tedeschi erano solo giornalisti che preparavano un documentario su Raila Odinga.

    Stati Uniti - La Clinton vince in Nevada
    Hillary Clinton ha vinto la primarie del partito democratico in Nevada. Con il 90 per cento delle schede scrutinate, l'ex “first lady” ha conquistato il 51 per cento dei voti. Barack Obama ha avuto il 45 per cento e John Edwards il 4 per cento. Invece nella Carolina del Sud, il senatore John McCain ha vinto le primarie repubblicane: seconda vittoria nella corsa alla nomination per le presidenziali USA. Il senatore McCain ha ottenuto il 33 per cento dei voti contro il 30 per cento ottenuti da Mike Huckabee.

    Pakistan - confermati arresti per l'omicidio Bhutto
    Confermato dal ministro degli Interni del Pakistan, Kamal Shah, l’arresto di due persone ritenute corresponsabili dell'assassinio di Benazir Bhutto. Uno dei due sospettati, arrestato ieri, è un quindicenne che avrebbe confessato la propria partecipazione all'omicidio della leader dell'opposizione pachistana. Il ragazzo ha ammesso di far parte di un gruppo di persone incaricate di far esplodere alcune bombe, nel caso in cui l'attacco fosse fallito. Secondo quanto affermato dal giovane, sono almeno altre cinque le persone coinvolte nell'attentato dello scorso 27 dicembre. Intanto, un responsabile dei Servizi segreti pakistani è stato ucciso nel nord ovest del Paese. Ancora nessuna rivendicazione.

    Iraq - morti per l'Ashura
    In Iraq, le misure di sicurezza per la celebrazione dell’Ashura - principale celebrazione del calendario religioso sciita - non sono state sufficienti: sono oltre 75 i morti, in appena due giorni. L'episodio più grave risale a ieri: un razzo Katyusha è esploso vicino a decine di fedeli raccolti nel quartiere di Al Jadra, nel nord del Paese. Nel gennaio 2007, sempre in coincidenza con l'Ashura, la stessa setta era stata coinvolta in una battaglia con le truppe irachene e statunitensi: in quella occasione, le vittime erano state circa 300. Esplosioni anche a Baghdad: è di almeno sei morti e cinque feriti il bilancio provvisorio degli attentati e scontri a fuoco registrati oggi. Lo hanno riferito fonti della polizia.

    Sri Lanka - scontri esercito-Tamil
    Questa mattina, le forze armate dello Sri Lanka hanno attaccato cinque navi Tamil: 41 ribelli e un soldato hanno perso la vita. Lo riferiscono fonti militari. Mercoledì è finita la tregua, durata sei anni, tra il governo dello Sri Lanka e l'Esercito di Liberazione dell'Elam Tamil (LTTE): è cominciata una nuova guerra contro le roccaforti nel nord del Paese.

    Libano - 13.mo rinvio per l'elezione del presidente
    La seduta del parlamento libanese convocata domani per eleggere il presidente della Repubblica è stata rinviata all'11 febbraio. Si tratta del tredicesimo rinvio, da settembre. Lo ha annunciato il presidente del parlamento e leader sciita d'opposizione, Nabih Berri, dopo aver incontrato stamani il segretario della Lega Araba, Mussa. Il Libano è senza capo dello Stato dal 23 novembre scorso, data nella quale è scaduto il mandato di Emile Lahoud.

    Iran - nucleare
    L'Iran ha ricevuto dalla Russia, oltre la metà del combustibile destinato alla centrale nucleare di Bushehr. Lo ha annunciato oggi l'agenzia iraniana Irna, che cita fonti dell'Autorità per l'Energia nucleare. Fino ad oggi, Mosca ha consegnato a Teheran 44 tonnellate di combustibile. In totale, la Russia conta di far arrivare in Iran almeno 82 tonnellate di combustibile. Previste nei prossimi giorni, altre quattro consegne.

    Sequestro in Venezuela
    Il figlio di un imprenditore italiano, operante da anni nello Stato venezuelano di Zulia, è stato sequestrato da un commando di quattro uomini armati. Fabio Zaccagnini, ingegnere civile di 23 anni, è stato rapito mentre entrava nella sede dell'impresa di proprietà della famiglia, situata in un quartiere settentrionale di Maracaibo. E' il terzo sequestro di italiani in Venezuela, dall’inizio dell’anno. (Panoramica internazionale a cura di Beatrice Bossi)

     
     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 20

     

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