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Sommario del 13/01/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Nella Festa del Battesimo del Signore, Benedetto XVI impartisce il primo sacramento a 13 neonati. All’Angelus, appello ai giovani migranti per costruire una società più giusta e fraterna
  • Dedicata ai giovani la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Intervista con mons. Marchetto
  • Pregare per la piena unità visibile: l’intenzione generale del Papa per il mese di gennaio 2008
  • Oggi in Primo Piano

  • In Kenya centinaia le vittime per le violenze post elettorali. La comunità internazionale esorta le parti per la soluzione della crisi
  • Due pensionati italiani decidono di vivere in Amazzonia per aiutare i bambini bisognosi di istruzione e di affetto familiare
  • Immigrati sempre più attivi nella vita della Chiesa a Roma: è quanto emerge da uno studio della Caritas
  • Chiesa e Società

  • Con un appello alla riconciliazione e a proseguire sulla strada della speranza alla luce del Vangelo, si è chiusa in Venezuela l'89ma Plenaria dei vescovi del Paese latinoamericano
  • “San Paolo modello per tutti i cristiani di Turchia”, così i vescovi del Paese in occasione dell’apertura dell’Anno Paolino
  • Nel messaggio per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, mons. Pinkus sottolinea i progressi della Polonia nel cammino ecumenico
  • Partirà ad aprile a Lima la “Grande Missione” per ridare slancio all’evangelizzazione nella capitale peruviana
  • Polemiche dopo la pubblicazione di alcuni studi sulla carne clonata considerata non pericolosa per l’uomo. A breve un parere dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare
  • Sarà un laico a guidare la Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da Don Oreste Benzi scomparso nel novembre scorso
  • A Mosca, l'esecuzione dell’Oratorio di Natale del vescovo ortodosso Alfeyev, alla presenza anche di cattolici
  • 24 Ore nel Mondo

  • Bush accusa l’Iran
  • Il Papa e la Santa Sede



    Nella Festa del Battesimo del Signore, Benedetto XVI impartisce il primo sacramento a 13 neonati. All’Angelus, appello ai giovani migranti per costruire una società più giusta e fraterna

    ◊   “Siate per loro i primi testimoni di una fede autentica in Dio”: così Benedetto XVI rivolto ai genitori nell’odierna Festa del Battesimo del Signore, che chiude il tempo del Natale. Nella splendida cornice della Cappella Sistina il Papa ha presieduto stamane una celebrazione eucaristica durante la quale ha amministrato il Battesimo a 13 bambini, figli di dipendenti del Vaticano. Appello del Santo Padre all’Angelus ai giovani migranti “per costruire una società più giusta e fraterna”. Il servizio di Roberta Gisotti:

    (Canto d'ingresso)

     
    Una festa della vita e della famiglia, sottolineata dalla belle note della Cappella Pontificia Sistina, ma anche dai gridolini e da qualche pianto dei neonati, otto femminucce e cinque maschietti. “Gioia speciale” ha espresso il Papa nell’impartire - per il terzo anno - il primo sacramento della vita cristiana ai neonati, proprio nel giorno del Battesimo del Signore, “uno dei momenti più espressivi della nostra fede” - ha sottolineato Benedetto XVI nell’omelia della Messa - dove troviamo il mistero della vita”, della “vita umana” qui rappresentata dai nascituri e della “vita divina”, che Dio dona ai battezzati.

     
    “Dio è vita” ha ricordato il Santo Padre, richiamandosi alle stesse pitture della Cappella Sistina, dove ha officiato il Rito dall’antico altare, appoggiato al muro sotto il Giudizio Universale, anziché far allestire al centro la pedana con un altare aggiunto; questo “per non alterare - spiega una nota vaticana – la bellezza e l’armonia di questo gioiello architettonico”, preservando la sua originale struttura celebrativa. Ciò ha comportato che in alcuni passaggi il Papa si è trovato “con le spalle rivolte ai fedeli e lo sguardo alla Croce, orientando cosi l’atteggiamento e la disposizione di tutta l’assemblea”, pure utilizzando il Messale ordinario.

     
    In questo giorno – ha detto il Benedetto XVI – “non sembri però fuori luogo accostare “all’esperienza della vita, quella opposta e cioè la realtà della morte”.

     
    “Tutto ciò che ha inizio sulla terra prima o poi finisce, come l’erba del campo, che spunta al mattino e avvizzisce la sera”.
     
    Solo con il Battesimo riceviamo una vita nuova, che ci rende capaci di entrare “in relazione personale con il Creatore” “per tutta l’eternità”, ma sfortunatamente - ha osservato il Papa - l’uomo è capace con il peccato di procurarsi una “morte seconda”, che non è solo la fine dell’esistenza terrena come la morte delle creature che non sono chiamate all’eternità.

     
    “.. in noi il peccato crea una voragine che rischia di inghiottirci per sempre, se il Padre che è nei cieli non ci tende la sua mano. Ecco, cari fratelli, il mistero del Battesimo: Dio ha voluto salvarci andando lui stesso fino in fondo all’abisso della morte”.
     
    Questo “perché ogni uomo, anche chi è caduto tanto in basso da non vedere più il cielo, possa trovare la mano di Dio a cui aggrapparsi e risalire dalle tenebre a rivedere la luce per la quale egli è fatto”.

     
    “Tutti sentiamo, tutti percepiamo interiormente che la nostra esistenza è un desiderio di vita che invoca una pienezza, una salvezza. Questa pienezza di vita ci viene data nel Battesimo.
     
    Rivolto quindi ai genitori Benedetto XVI ha raccomandato loro di impegnarsi a sviluppare nei figli “la fede, la speranza e la carità, le virtù teologali che sono proprie della vita nuova”, donata nel sacramento del Battesimo. Serve presenza e affetto ma soprattutto la preghiera, in ogni stagione della vita.
     
    “Certo per crescere sani e forti, questi bambini e bambine avranno bisogno di cure materiali e di tante attenzioni; ciò però che sarà loro più necessario, anzi indispensabile è conoscere, amare e servire fedelmente Dio, per avere la vita eterna. Cari genitori, siate per loro i primi testimoni di una fede autentica in Dio!”.
     
    (Canto)

     
    Dedicato a “comprendere sempre più il dono del Battesimo” anche l’Angelus del Papa, che ha invocato la Madonna perché tutti i cristiani “si impegnino a viverlo con coerenza”, testimoniando l’amore di Dio.

     
    Dopo la preghiera mariana, Benedetto XVI ha richiamato l’odierna Giornata del Migrante e del rifugiato, che pone al centro i giovani, spinti da vari motivi a vivere lontani dalle loro famiglie e dai loro Paesi. La preoccupazione del Santo Padre è andata in particolare a ragazze e minori, più a rischio, citando pure bambini e adolescenti nati e cresciuti in campi profughi, che “hanno diritto ad un futuro”.

     
    “Esprimo il mio apprezzamento per quanti si impegnano in favore dei giovani migranti, delle loro famiglie e per la loro integrazione lavorativa e scolastica; invito le comunità ecclesiali ad accogliere con simpatia giovani e giovanissimi con i loro genitori, cercando di comprenderne le storie e di favorirne l’inserimento.”
     
    Poi diretto ai “cari giovani migranti”, affidati “tutti a Maria, Madre dell’intera umanità”: 

    “Impegnatevi a costruire insieme ai vostri coetanei una società più giusta e fraterna, adempiendo i vostri doveri, rispettando le leggi e non lasciandovi mai trasportare dalla violenza”.

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    Dedicata ai giovani la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Intervista con mons. Marchetto

    ◊   Si celebra oggi la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che quest’anno è dedicata, in modo particolare, ai giovani migranti che, volontariamente o forzatamente, lasciano i loro Paesi. Nel suo Messaggio per l’occasione, il Papa chiede alla comunità internazionale di valorizzare l’apporto dei giovani immigrati e ai giovani di “costruire una società più giusta e fraterna”. Sui punti chiave del Messaggio pontificio ascoltiamo l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, al microfono di Giovanni Peduto:


    R. - Il Santo Padre invita a riflettere in concreto sui giovani migranti, a partire dalla constatazione che “il processo di globalizzazione in atto nel mondo porta con sé un’esigenza di mobilità, che spinge anche numerosi giovani ad emigrare e a vivere lontano dalle loro famiglie e dai loro Paesi. La conseguenza è che dai Paesi d’origine se ne va spesso la gioventù dotata delle migliori risorse intellettuali, mentre nei Paesi che ricevono i migranti vigono normative che rendono difficile il loro effettivo inserimento”. Da ciò il Papa deduce che “giustamente le pubbliche istituzioni, le organizzazioni umanitarie ed anche la Chiesa cattolica dedicano molte delle loro risorse per venire incontro a queste persone in difficoltà”. I giovani migranti sono particolarmente sensibili – dice il Santo Padre – ai problemi derivati dalla cosiddetta “difficoltà della duplice appartenenza”. Tra loro, segnala Benedetto XVI, le ragazze sono “più facilmente vittime di sfruttamento, di ricatti morali e persino di abusi di ogni genere”, mentre gli adolescenti e i minori non accompagnati “finiscono spesso in strada abbandonati a se stessi e preda di sfruttatori senza scrupoli”. Particolare attenzione, poi, viene data ai giovani rifugiati e agli studenti internazionali. Per quanto riguarda i primi, per limitarmi alla importante questione educativa, il Santo Padre afferma che “si dovranno approntare adeguati programmi, nell’ambito scolastico e altresì in quello lavorativo, in modo da garantire la loro preparazione fornendo le basi necessarie per un corretto inserimento nel nuovo mondo sociale, culturale e professionale”. Per gli studenti internazionali il Papa auspica che “abbiano modo di aprirsi al dinamismo dell’interculturalità, arricchendosi nel contatto con altri studenti di culture e religioni diverse. Per i giovani cristiani quest’esperienza di studio e di formazione può essere un utile campo di maturazione della loro fede, stimolata ad aprirsi a quell’universalismo che è elemento costitutivo della Chiesa cattolica”.

    D. - Come affrontare, a tale proposito, i drammi dei giovanissimi migranti?

    R. - In effetti, questi sono tre volte indifesi, perché minori, stranieri e molte volte soli. Queste tre espressioni di vulnerabilità devono aiutarci a creare una nuova sensibilità, per “vedere” un’infanzia che è magari sulle nostre strade e di cui non si parla abbastanza. Per essa è urgente approntare piani adeguati di accoglienza e di integrazione, anche specialmente con la predisposizione di un sistema di protezione dei minori stranieri non accompagnati. Per fare un esempio, in Italia sono 6.572 i minori non accompagnati. In prevalenza si tratta di minori provenienti dal Marocco, dall’Albania e dalla Palestina. Il Santo Padre, in tale contesto, ha dato una “spallata” – mi si scusi l’espressione – alla coscienza internazionale ponendo fondamentali interrogativi, soprattutto per i bambini nei campi di rifugiati, così: “Come non pensare che quei piccoli esseri sono venuti al mondo con le stesse legittime attese di felicità degli altri? E, al tempo stesso, come non ricordare che la fanciullezza e l’adolescenza sono fasi di fondamentale importanza per lo sviluppo dell’uomo e della donna, e richiedono stabilità, serenità e sicurezza?”.

    D. - Cosa si auspica dalla celebrazione cattolica della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato?

    R. - La Giornata è un’opportunità per riconoscere l’apporto che milioni di migranti, in maggioranza giovani, danno allo sviluppo, nelle sue varie forme, e quindi al benessere, soprattutto economico, in molti Paesi del mondo. Essa è pure un appello a porre fine a tutte le forme di abuso e violenza compiute contro di loro e le loro famiglie – e penso ai giovanissimi e ai bambini –. Un impegno concreto potrebbe essere la ratifica della Convenzione dell’ONU sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, espressamente menzionata nel Messaggio Pontificio dello scorso anno. Dal canto suo l’autorevole voce di Benedetto XVI, in continuità con il predecessore di cui porta il nome, Benedetto XV, ricorda che i migranti, i rifugiati e gli studenti internazionali sono spesso vittime di un mondo ingiusto. In effetti, ancor oggi soprattutto la fame e situazioni di vita disumane spingono specialmente i giovani a correre gravi rischi per cercare all’estero una vita migliore. La comunità internazionale non può ignorare le sue responsabilità a questo riguardo ed è chiamata a provvedere ad una corretta integrazione dei migranti nei Paesi d’arrivo e alla tutela della loro dignità.

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    Pregare per la piena unità visibile: l’intenzione generale del Papa per il mese di gennaio 2008

    ◊   Circa cento milioni di fedeli pregano ogni giorno con il Papa, secondo le intenzioni affidate dal Santo Padre all’Apostolato della preghiera, il movimento che raccoglie oltre 50 milioni di iscritti in tutto il mondo. Una consuetudine la preghiera universale nata nella Compagnia di Gesù a metà dell’800, quando a dettare le prime intenzioni comuni al nascente Apostolato fu Pio IX. Oggi ci soffermiamo sull’Intenzione generale di questo primo mese dell’Anno 2008: “Perché la Chiesa rafforzi il suo impegno per la piena unità visibile, così da manifestare sempre più il suo volto di comunità d’amore, dove si rifletta la comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.” Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Marco Vergottini, vicepresidente dell’Associazione teologica italiana, docente alla Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale di Milano.

    D. - Professore, raggiungere la piena unità visibile, impegno prioritario di questo pontificato: quanto siamo o possiamo essere vicini a questo traguardo, quali ostacoli restano da superare?

     
    R. – Credo che gli ostacoli ci siano certamente. Ci sono delle difficoltà, sussistono delle concezioni differenti fra le Chiese cristiane a proposito del mistero della Chiesa, della sua unità, dei Sacramenti e dei ministeri. Credo, però, come ci insegna il Santo Padre, non ci sia concesso rassegnarci a questa situazione di difficoltà e soprattutto non ci è concesso in nome della Parola del Vangelo e del testo neotestamentario. C’è un bel testo, quello della Lettera agli Efesini di Paolo, che dice: “Cercate di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace”. Segue poi una confessione trinitaria in cui si parla, appunto, di Dio Padre, di un solo Signore e di un solo Spirito, richiamando il tema trinitario dove il Papa dice: “Una comunità di amore che rifletta la comunione di Padre-Figlio-Spirito Santo. L’invito del Santo Padre è di seguire questa esortazione apostolica dell’apostolo Paolo, proprio nella linea di una comprensione comune del messaggio salvifico di Cristo, quale contenuto nel Vangelo. E quindi un’unità visibile della Chiesa di Gesù nell’unica fede è il cammino, è lo sforzo che noi – come Chiese, come pastori, come teologi, come uomini e donne che appartengono alle diverse Chiese – dobbiamo fare proprio per raggiungere questa unità alla luce di ciò che ci unisce: il Battesimo nel Signore Gesù.

     
    D. – Possiamo dire, come cristiani, che stentiamo ancora ad intraprendere questo cammino con il necessario e rinnovato vigore?

     
    R. – Credo di sì e questo proprio perché la Chiesa non può fare altro che annunciare il Vangelo. Per annunciare insieme il Vangelo, bisogna anche sforzarsi di andare l’uno incontro all’altro, di frequentarsi, di conoscersi, di testimoniarsi vicendevolmente la fede. Credo poi sia necessario operare insieme, svolgere insieme alcuni compiti ed alcuni servizi per la nostra società e per la nostra Europa. Occorre pregare insieme, perché le varie Chiese devono chiedere al Signore Gesù, al Dio Padre e allo Spirito l’unità delle Chiese cristiane. In questo senso, poi, proseguire insieme quei dialoghi che servono a ritrovare l’unità, ma insieme servono anche a sentirci come Chiese impegnate a contribuire e a dare un servizio alla nostra Europa, un’Europa che non sia chiusa su se stessa, ma che sia aperta agli altri continenti.

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    Oggi in Primo Piano



    In Kenya centinaia le vittime per le violenze post elettorali. La comunità internazionale esorta le parti per la soluzione della crisi

    ◊   In Kenya è salito ad almeno 700 morti il bilancio delle violenze scoppiate in seguito alle elezioni presidenziali del 27 dicembre scorso, vinte da Mwai Kibaki accusato di brogli dall’opposizione guidata da Raila Odinga. Ne ha dato notizia la Polizia che ha ritrovato altri 89 corpi nella Rift Valley, cuore degli scontri tra i diversi gruppi etinici del Paese. Intanto, mentre la comunità internazionale esorta le parti a risolvere la crisi attraverso il dialogo, "Medici Senza Frontiere" sta assistendo migliaia di persone in fuga dalle violenze, continuando a fornire cure contro l’HIV/AIDS e la tubercolosi nei suoi progetti a Nairobi e nel Kenya occidentale. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Andrea Pontiroli, operatore di "Medici senza Frontiere" – Italia:
     
    R. – Medici senza frontiere è presente in Kenya da tanti anni, con altri tipi di progetti. In particolare, progetti per la cura dell’Aids e la tubercolosi. Ci siamo ritrovati, da un lato, nelle bidonville di Nairobi, in particolare a Kibera e a Matare, all’indomani degli scontri, a ricevere decine di feriti. Al tempo stesso, una situazione molto grave si è sviluppata e continua a svilupparsi nell’ovest del Paese, verso Eldoret, Nakuru e Molo, dove invece si stanno radunando, si stanno concentrando, decine di migliaia di persone, che sono fuggite dalle loro case, dai loro villaggi, per paura degli scontri. Molti ci raccontano di case e villaggi bruciati, di violenze. Ovviamente, sappiamo che sono tantissimi i morti. Per cui la nostra risposta sta nell’essere la prima organizzazione internazionale lì presente. Abbiamo cominciato, da un lato, a distribuire generi di prima necessità, a fornire assistenza medica e a sostenere ospedali e centri di salute.
     
    D. – Voi parlate addirittura di 30 mila persone. Gli operatori, però, sono pochissimi. Quali sono le emergenze in questo momento?

     
    R. – Come in ogni situazione in cui ci sono dei grandi assembramenti di popolazione, le cose più importanti sono, da un lato, la scienza medica, e in questo caso, le principali patologie sono sempre le solite - diarrea, infezioni respiratorie, infezioni della pelle - inoltre, l’esigenza è, contemporaneamente, quella di garantire la minima igiene, e quindi interventi per fare in modo che tutti possano avere accesso all’acqua. Poi, a Eldoret, in particolare, dove appunto c’è questo maggiore assembramento di persone, finalmente stanno arrivando altre organizzazioni e la situazione si sta stabilizzando. La fase di urgenza medica è passata. Infatti, le nostre équipe stanno cominciando già a recarsi in altre zone più isolate. Stiamo facendo molte missioni esplorative con l’elicottero in altre località del Kenya occidentale, perché ci sono moltissime persone in fuga. E ci sono racconti di moltissime persone in fuga. Stiamo cercando di capire dove si sono radunate e siamo pronti ad intervenire laddove dovessimo incontrare gruppi di persone che sono scappate.

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    Due pensionati italiani decidono di vivere in Amazzonia per aiutare i bambini bisognosi di istruzione e di affetto familiare

    ◊   Andare in pensione, dopo anni di lavoro e sacrifici, vuol dire normalmente godersi il meritato riposo e pensare un po’ a se stessi. Non così per Alberto e Carmen Pistoni, due pensionati italiani, che da sette anni vivono a Sena Madureira nella foresta amazzonica al servizio dei bambini e delle famiglie più povere. I due volontari operano in stretto collegamento con la Missione dei Servi di Maria e sono sostenuti dall’OPAM, l’Opera di Promozione dell’Alfabetizzazione nel Mondo. Al microfono di Alessandro Gisotti, Alberto Pistoni racconta la sua esperienza in Brasile:

    (musica)

     
    R. – L’idea è nata quando sono andato in pensione, sette anni fa. Mi sono domandato: come organizzo la mia giornata? Raccogliendo le foglie in giardino? Portando a spasso i nipotini? Oppure, avendo ancora un po’ di salute, facendo qualche cosa di più gratificante? Ho pensato di fare una visita ai Padri che conoscevo in Brasile, e loro mi hanno detto: “Ma, perché non rimanete qui a darci una mano in questa realtà tanto difficile che è l’Amazzonia?” Ci siamo guardati in faccia, mia moglie ed io, e abbiamo detto: ‘Proviamo’. Pensavamo di stare un anno, due e sono già passati sette anni che abbiamo incominciato questa attività insieme alle Missioni dei Servi di Maria in questa zona dell’Amazzonia brasiliana.

     
    D. – Il cuore di questa esperienza è un’“escolinha”, una piccola scuola che però rappresenta tanto per i bambini della zona, dell’Amazzonia ...

     
    R. – Esattamente! Sena Madureira è una città di 20 mila abitanti, popolata soprattutto da gente povera che viene dalla foresta. Questa gente viene in città e la vita è molto difficile perché non c’è lavoro, non ci sono le case, soprattutto non c’è nucleo familiare. I bambini di queste famiglie riempiono le strade, purtroppo sono in balìa di tutte le difficoltà che incontrano per la strada. Allora noi abbiamo pensato di mettere insieme questi bambini nelle nostre scuole, cioè le chiamiamo “dopo-scuola” – “escolinhas”. Ci sono 250 bambini in cinque “bairos”, diversi quartieri della città, i più poveri, i più bisognosi e quando vanno a scuola la mattina, il pomeriggio vengono da noi e rimangono lì quattro ore, insieme a noi. Quindi, ci sono 250 bambini in cinque scuole diverse nei quartieri più poveri della città, a cui noi diamo una cultura di vita.

     
    D. – Con quale spirito questi bambini frequentano la “escolinha”, che cosa danno a voi che siete arrivati così lontano dalla vostra casa?

     
    R. – Noi questa scuola l’abbiamo chiamata “una scuola per sorridere e sperare”, perché questi bambini vogliamo che siano sorridenti, pieni di speranza. Quello che danno a noi è un sorriso gratificante! A noi che abbiamo lasciato la nostra famiglia, a noi che abbiamo lasciato la nostra patria, a noi domandano: “Ma come voi siete ripagati”. Noi siamo ripagati dal sorriso e dall’affetto di questi bambini, che sentono che noi vogliamo loro bene.

     
    D. – Quindi, la speranza rinasce grazie al vostro amore e all’educazione; educazione – se vogliamo – alla pace, alla speranza ...

     
    R. – Ma certamente, perché se non si vive di speranza in un popolo come il popolo brasiliano, con 200 milioni di abitanti! Noi dobbiamo sperare perché la maggior parte sono giovani e dobbiamo essere anche là presenti per dare una mano a ché queste speranze si realizzino!

     (musica)

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    Immigrati sempre più attivi nella vita della Chiesa a Roma: è quanto emerge da uno studio della Caritas

    ◊   Gli immigrati costituiscono una componente sempre più vitale all’interno della comunità ecclesiale di Roma: sono catechisti, ministranti, operatori della carità e animatori liturgici. E’ quanto rileva la prima indagine conoscitiva sulle abitudini pastorali degli immigrati nelle parrocchie della diocesi di Roma svolta dalla Caritas e dall’ufficio Migrantes diocesani. Sui dati che emergono dallo studio ascoltiamo Alberto Colaiacomo, della Caritas romana, al microfono di Fabio Colagrande:

    R. – Il primo dato che emerge è che in tutte le parrocchie, tra quelle sentite, partecipano alla Messa domenicale cittadini stranieri. E questo era per Roma un dato quasi assodato, sia per il turismo che per la tradizione della Chiesa. Quello che è invece più importante ed interessante è che nel 90 per cento delle parrocchie – e quindi in 9 parrocchie su 10 – i cittadini stranieri, oltre a partecipare alla Messa, partecipano attivamente alla vita della comunità: i bambini frequentano il catechismo, gli adulti seguono e tengono incontri per la pastorale familiare o partecipano come catechisti. In una parrocchia ogni cinque ci sono cittadini stranieri laici nei Consigli pastorali parrocchiali, che rappresentano il massimo organo di espressione della comunità parrocchiale. Questo è molto importante.

    D. – Si tratta quindi di una ricerca che smentisce il luogo comune degli immigrati nelle parrocchie a Roma come persone in cerca di aiuto?

    R. – Smentisce e allo stesso tempo lo conferma. E questo perché si è visto che il primo approccio è spesso proprio quello della ricerca dell’aiuto. I centri di ascolto delle Caritas e delle altre organizzazioni parrocchiali che si occupano della solidarietà sono quelle che hanno i maggiori contatti con gli stranieri. Gli stranieri che arrivano in parrocchia sono inizialmente ed anzitutto alla ricerca di aiuto. Successivamente si entra poi in contatto con quella che è la pastorale. L’altra cosa interessante che abbiamo visto è che, oltre alla partecipazione in parrocchia, gli stranieri partecipano soprattutto alla vita pastorale di Roma attraverso le comunità etniche. Il primo approccio degli stranieri è proprio quello con i sacerdoti del loro Paese di provenienza, che sono coordinati dall’Ufficio Migrantes della diocesi. Successivamente, mano a mano, che si prosegue nel processo di integrazione e soprattutto quando avviene il ricongiungimento familiare e quando i bambini vanno al catechismo, allora gli immigrati lasciano le cappellanie ed arrivano alle comunità parrocchiali e, quindi, alla parrocchia del loro territorio, frequentano lì la Messa e si integrano. Anche qui c’è un processo di integrazione che in un primo momento li porta alle Cappellanie parrocchiali e successivamente nelle parrocchie.

    D. – In che senso gli immigrati rappresentano una risorsa nelle comunità cattoliche romane?

    R. – Perché possono essere il 'ponte' principale per far conoscere alle parrocchie che cos’è l’immigrazione, che cos’è una cultura differente e quindi come rapportarsi con un’altra cultura. Ma sono poi soprattutto una risorsa perché portandoci dei valori, che non è che noi non abbiamo, ci rafforzano in alcuni valori. Io penso, ad esempio, cosa potrebbe essere in un gruppo di famiglie della pastorale familiare l’esperienza di una famiglia che fa molti sacrifici per integrarsi e che lavora duramente per mandare i soldi ai propri parenti in un Paese povero e quindi il grande senso di solidarietà e di famiglia portata all’interno dei gruppi parrocchiali diventa un messaggio fortissimo.

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    Chiesa e Società



    Con un appello alla riconciliazione e a proseguire sulla strada della speranza alla luce del Vangelo, si è chiusa in Venezuela l'89ma Plenaria dei vescovi del Paese latinoamericano

    ◊  Il servizio migliore che possiamo offrire alla nazione del Venezuela è l’unità della Chiesa per costruire una cultura della pace e della solidarietà. E’ quanto si legge nel documento intitolato “Cammini di riconciliazione e di speranza”, pubblicato ieri al termine dei lavori dell’89.ma Assemblea plenaria dell’Episcopato del Venezuela. Il vescovo di Ciudad Guayana, mons. Mariano José Parra Sandoval, ha ribadito che la Chiesa vuole “offrire il contributo della visione cristiana per illuminare le coscienze indicando a tutti le strade della riconciliazione e della speranza alla luce del Vangelo”. Tra i segni incoraggianti, il presule ha indicato “il risveglio della coscienza sociale e politica dei giovani” ed il desiderio di “autentici valori di libertà, giustizia e solidarietà”. I vescovi del Venezuela hanno anche ricordato alcune ombre, tra cui “il persistere dell’ingiustizia e della povertà in molti strati della popolazione”. Ma anche altri preoccupanti fenomeni, quali i sequestri di persona, la delinquenza ed il narcotraffico. Tutto questo – osservano i presuli – ha creato un clima di insicurezza. Per cercare di promuovere reali e positivi cambiamenti, nel documento vengono poi illustrate diverse proposte, tra le quali quelle di rafforzare l’autonomia dei poteri pubblici e la diffusione di valori morali e religiosi per la “formazione delle coscienze” nella cornice di un'autentica riconciliazione. Ricordando l’importanza dell’educazione religiosa all’interno del sistema scolastico, i presuli rinnovano anche il loro impegno a dare sempre “un contributo in favore del bene comune del Venezuela”. Bisogna fare in modo – si legge quindi nel documento – di ricostruire i buoni rapporti tra settori e gruppi oggi contrapposti, tornando ad un dialogo “franco, fiducioso e prudente”. Un paragrafo è dedicato, infine, alla “riconciliazione nazionale”: i venezuelani – scrivono i presuli – vogliono progredire all’interno di un sistema democratico e rifiutano ogni tipo di violenza. L’idea della ripresentazione di modifiche costituzionali, già rifiutate dal popolo, non sarebbe un contributo alla pace nazionale perché – concludono i vescovi – violerebbe “l’attuale ordinamento costituzionale”. (A.L.)

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    “San Paolo modello per tutti i cristiani di Turchia”, così i vescovi del Paese in occasione dell’apertura dell’Anno Paolino

    ◊   Sarà letto in tutte le parrocchie turche il prossimo 25 gennaio, giorno dell’anniversario della conversione di San Paolo, il messaggio scritto dai vescovi del Paese per il bi-millenario della nascita dell’Apostolo delle Genti, figlio di quella terra. In Turchia, infatti, fervono i preparativi per le celebrazioni dell’Anno Paolino indetto dal Papa. “E’ un evento che interessa tutta la cristianità - si legge nella lettera pastorale - ma che è particolarmente importante per i cristiani in Turchia” dove San Paolo svolse gran parte della sua predicazione. I presuli lo definiscono un modello per tutti i cristiani della Turchia moderna, chiamati ad “intensificare il dialogo con il mondo musulmano”, rimanendo fedeli alla propria identità, come le prime comunità cristiane della diaspora. Saranno numerose le iniziative ecumeniche che prenderanno ufficialmente il via il 21-22 giugno con una Santa Messa presieduta a Tarso, città natale di San Paolo, dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, seguite poi il 28 e 29 giugno da un pellegrinaggio a Roma. L’auspicio dei vescovi è che le autorità turche autorizzino la riapertura al culto dell’antica chiesa di San Paolo a Tarso oggi adibita a museo. Una speranza che possa anche trasformarsi in uno slancio per ravvivare il dialogo con le autorità di Ankara e migliorare così lo status giuridico delle minoranze cristiane nel Paese. “La celebrazione dell’anno Paolino – ha spiegato nel corso di una conferenza stampa mons. Luigi Padovese, vicario apostolico della Chiesa cattolica in Anatolia - attirerà sicuramente un gran numero di pellegrini che avranno bisogno di una chiesa dove poter pregare. Dopotutto non siamo dei missionari, non facciamo che rispondere ai bisogni dei fedeli”. (L.Z.)

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    Nel messaggio per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, mons. Pinkus sottolinea i progressi della Polonia nel cammino ecumenico

    ◊   Un cammino ecumenico in Polonia fecondo e pieno di successi già prima del Concilio Vaticano II. E’ il contenuto del messaggio scritto per la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, che si celebrerà dal 18 al 25 gennaio, da mons. Tadeusz Pikus, presidente del Consiglio per le questioni ecumeniche della Conferenza episcopale polacca. Un Consiglio, ribadisce il messaggio, nato due anni prima rispetto alla fondazione del Consiglio mondiale delle Chiese istituito nel 1948. Una testimonianza dell’avanguardia della realtà ecclesiale polacca che vanta anche tante altre iniziative. Mons. Pinkus ricorda che nel 2000 le Chiese cristiane polacche hanno sottoscritto una dichiarazione comune sul riconoscimento reciproco del Battesimo, che è un fatto innovativo nel contesto europeo. Inoltre, sempre a partire dal 2000, le tre organizzazioni caritative della Chiesa cattolica, protestante e ortodossa collaborano a un'iniziativa di sostegno all'infanzia organizzata nel periodo di Natale. Non mancano incontri bilaterali e multilaterali tra le Chiese su questioni di interesse comune, mentre attualmente è allo studio la pubblicazione di un'istruzione pastorale riguardante i matrimoni misti tra cristiani di diverse denominazioni. Oltre alla Settimana per l’Unità – prosegue il messaggio - in Polonia vengono promosse numerose altre iniziative di carattere ecumenico: giornate ecumeniche sulla Bibbia, celebrazioni e pellegrinaggi. (L.Z.)

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    Partirà ad aprile a Lima la “Grande Missione” per ridare slancio all’evangelizzazione nella capitale peruviana

    ◊   La data di inizio della “Grande Missione” è fissata per il 27 aprile, giorno della solennità di san Toribio de Mogrovejo, patrono dei vescovi d'America Latina. L’iniziativa è stata annunciata dall’arcivescovo di Lima, il cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, durante la festività dell’Epifania. Si tratta di una manifestazione volta a rilanciare la missione evangelizzatrice nella capitale peruviana. L’"Osservatore Romano" riporta le parole del porporato che ha precisato come la Chiesa abbia il compito di “riflettere e presentare in ogni epoca della storia il Redentore, Cristo, e di mostrarlo nella sua verità permanente la Chiesa”. “Dobbiamo far vedere – ha aggiunto il cardinale Cipriani- l’unico Cristo Salvatore del mondo che si presenta a noi nelle Sacre Scritture, nei Sacramenti, nell’Eucaristia e che vuole che ognuno di noi rifletta la sua vera immagine di Cristo”. Per il porporato, ogni cristiano è chiamato ad illuminare gli altri con la sua parola e il suo esempio, ad essere una luce che porta a Cristo. L’arcivescovo di Lima ha poi affidato alla materna intercessione di “Maria stella della nuova evangelizzazione” il successo dell’iniziativa. (B.C.)

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    Polemiche dopo la pubblicazione di alcuni studi sulla carne clonata considerata non pericolosa per l’uomo. A breve un parere dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare

    ◊   Potrebbe arrivare una vera e propria rivoluzione sulle nostre tavole. A maggio, l’EFSA, l'Agenzia europea per la sicurezza alimentare, si pronuncerà sulla possibilità di ammettere l’uso alimentare di carne e latte derivati da animali clonati. Un parere era stato chiesto dalla Commissione europea nell’aprile dello scorso anno ma già crescono le polemiche. I “puristi” sono spaventati da due pubblicazioni, di cui l’EFSA dovrà tenere conto, che rivelano come non ci sia pericolosità nel consumare latte e carne di bestiame clonato. Nel primo studio, del 2005, si dimostra che gli alimenti prodotti da animali di età, genetica e varietà simili a quelli clonati rientrano negli standard dell'industria. Per il latte non c’erano differenze significative, per la carne soltanto un livello di grasso più elevato ma comunque nella norma. Un altro studio, risalente al 2007, ha confermato il giudizio di sicurezza. A giorni inoltre sarà pubblicato un rapporto sulla carne clonata da parte della FDA, l'Authority federale americana che si occupa della salute pubblica. Secondo indiscrezioni, il parere sarà in linea con le conclusioni dei vari ricercatori che non hanno riscontrato rischi per la salute dei consumatori. Questi ultimi, in Italia, hanno già annunciato vibranti proteste. A guidare il fronte del “no” la Coldiretti che ha lanciato un sondaggio sul proprio sito Internet. Il risultato è che 9 italiani su 10 sono contrari alla commercializzazione di cibo clonato. Il presidente dell’associazione, Sergio Marini, parla di “un’allucinante realtà” ed ha annunciato una mobilitazione per il 25 febbraio quando cominceranno le consultazioni dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare. (B.C.)

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    Sarà un laico a guidare la Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da Don Oreste Benzi scomparso nel novembre scorso

    ◊   I 156 delegati e i responsabili delle 46 “zone”, in cui la Comunità Papa Giovanni XXIIIè articolata in Italia e all’estero, hanno scelto il successore di Don Oreste Benzi che la fondò nel 1983 a Rimini. Con il 79 per cento delle preferenze è stato eletto Giovanni Paolo Ramonda già vice responsabile generale. 47 anni, nato in provincia di Cuneo, Ramonda è un laico, sposato con tre figli naturali e nove accolti nella sua casa-famiglia di Sant'Albano Stura, nel cuneese. Dopo la scomparsa di don Oreste Benzi, avvenuta in modo improvviso il 2 novembre dello scorso anno, aveva guidato “ad interim” la Comunità e proprio a lui è toccato ieri il compito di aprire l’Assemblea dei delegati. Nel suo discorso ha ricordato la figura del sacerdote scomparso ed ha invitato a proseguire sulla strada intrapresa, rilanciando le sfide che attendono i membri dell’Associazione in particolare nelle aree più difficili del mondo. La sua carica durerà sei anni. (B.C.)

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    A Mosca, l'esecuzione dell’Oratorio di Natale del vescovo ortodosso Alfeyev, alla presenza anche di cattolici

    ◊   Un Oratorio di Natale, composto da 28 parti e della durata di oltre un’ora, è stato eseguito a Mosca il 7 gennaio scorso, all’indomani del giorno di Natale per i cristiani d’Oriente. Composto dal vescovo ortodosso Hilarion Alfeyev, alla prima russa dell’Oratorio hanno partecipato sia ortodossi che cattolici tra i quali monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, mentre il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II, ha inviato un messaggio di saluto. Il debutto della composizione musicale di ispirazione religiosa era già avvenuto negli Stati Uniti il 17 dicembre scorso nella Basilica del Santuario Nazionale dell'Immacolata Concezione di Washington. Nell’occasione, secondo quanto riferisce Zenit, il ministro della cultura russo, Alexander Sokolov, aveva sottolineato il significato dell’evento. “Per la prima volta nella storia moderna – aveva dichiarato- una composizione musicale di un vescovo ortodosso viene eseguita nella più grande cattedrale d'America”. Ampia la partecipazione del pubblico, presenti il Metropolita Herman di tutta l'America e del Canada, primate della Chiesa ortodossa in America, e il Metropolita Laurus dell'America Orientale e di New York, primate della Chiesa ortodossa russa fuori la Russia.In sala anche l'arcivescovo di Washington Donald Wuerl e il cardinale Theodore McCarrick. Il giorno succesivo, l'Oratorio di Natale è stato eseguito nella chiesa di San Giovanni Battista di Manhattan e il 20 nella Memorial Chapel dell'Università di Harvard. A ribadire l’importanza della rappresentazione anche Robert Moynihan, uno degli organizzatori del concerto negli Stati Uniti, che ha spiegato come americani e russi, cattolici e ortodossi abbiano lavorato insieme per molti mesi per portare in America “un'opera molto speciale sul rinnovamento della vita spirituale in Russia dal collasso del comunismo nel 1991”. (B.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    Bush accusa l’Iran

    ◊   L’Iran è il maggiore sostenitore del terrorismo e rappresenta una minaccia per la sicurezza di tutti i Paesi del mondo. E’ quanto affermato dal presidente statunitense Bush nel suo atteso discorso pronunciato ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, in cui ha accusato Teheran di finanziare gli estremisti in tutta la regione lasciando in povertà il suo popolo. Il capo della Casa Bianca ha dunque esortato i Paesi arabi a fare fronte comune “prima che sia troppo tardi” contro il pericolo iraniano, che – ha detto - destabilizza la pace in Libano, offre armi ai Talebani, sfida le Nazioni Unite e minaccia i Paesi vicini – Israele in primis – con armi nucleari e retorica. Bush ha poi chiesto ai leader arabi di “appoggiare gli sforzi di pace tra Israele ed i Palestinesi”, richiamando proprio quest'ultimi ad un maggiore impegno per un traguardo definito “a portata di mano”. Il presidente americano, che in mattinata ha incontrato i vertici della quinta Flotta statunitense di stanza in Bahrein, proseguirà la sua missione diplomatica in Arabia Saudita ed Egitto.

    Iran - AIEA
    L’Iran entro le prossime 4 settimane fornirà informazioni aggiuntive sullo sviluppo dei propri impianti nucleari. Lo ha fatto sapere l’AIEA, l’agenzia delle Nazioni Unite per il nucleare, in un comunicato reso noto a Vienna dopo la visita nella Repubblica Islamica del segretario generale dell’organizzazione, Mohammed el Baradei.

    Israele teme l’Iran
    Gli Stati Uniti devono rendersi conto che l’Iran resta un pericolo per Israele, nonostante l’intelligence statunitense sostenga la sospensione del programma nucleare di Teheran. E’ quanto ribadito dal premier israeliano Ehud Olmert nell’odierna seduta del Consiglio dei ministri, in cui ha anche fatto riferimento alla questione palestinese affrontata nei giorni scorsi con il presidente statunitense Bush. In particolare Olmert ha chiarito che la previsione è quella di creare due Stati per due popoli, non separando dunque la Cisgiordania da Gaza, controllata da Hamas.

    Olp riunita a Ramallah
    Gli sviluppi politici dopo la Conferenza di pace di Annapolis e i colloqui con il presidente statunitense Bush. Questi i temi cardine del Consiglio centrale dell’OLP, che riunisce le principali fazioni palestinesi ad esclusione di Hamas, convocato oggi a Ramallah dal presidente palestinese Abu Mazen. Secondo fonti ben informate la riunione potrebbe affrontare anche lo scioglimento dell’attuale Parlamento controllato da Hamas e il nodo delle elezioni politiche anticipate, prospettiva già nettamente rigettata dal movimento integralista.

    New York Times – veterani USA
    Almeno 121 soldati americani tornati in patria dall’Iraq o dall’Afghanistan hanno commesso un omicidio o sono accusati di tale crimine. Lo sostiene un articolo pubblicato sull’ultimo numero del New York Times, precisando che un terzo delle vittime sono tra i familiari. In più della metà dei casi sono state usate armi da fuoco, inoltre, 55 soldati sono accusati di omicidio per guida pericolosa o in stato di ubriachezza. Secondo i dati 13 veterani si sono suicidati dopo aver commesso il delitto e molti altri hanno tentato di togliersi la vita o hanno espresso il desiderio di farlo.
     
    Afghanistan-scontri
    In Afghanistan due soldati olandesi delle Forze internazionali sono stati uccisi assieme a due militari dell’Esercito di Kabul in uno scontro con i ribelli nel sud del Paese. Ieri, intanto, nella provincia di Balkh, decine di attivisti e di giornalisti hanno protestato davanti all’ufficio della Commissione per i Diritti Umani, chiedendo il rilascio di un collega accusato di blasfemia e detenuto da tre mesi. Secondo la legge, il reporter, incriminato per un articolo in cui afferma che il profeta Maometto ignorava i diritti delle donne, potrebbe essere punito con la morte.

    Pakistan – riesumazione corpo Bhutto
    Il presidente pachistano Pervez Musharraf si è detto favorevole alla riesumazione del corpo della leader dell’opposizione, Benazir Bhutto, uccisa a fine dicembre. L’obiettivo è quello di mettere fine alle polemiche su una presunta complicità del governo sull’assassinio avvenuto in piena campagna elettorale. Intanto non si placa la tensione al confine con l’Afghanistan. Fonti dell’Esercito pachistano hanno comunicato l’uccisione di almeno 50 Talebani in un’operazione avvenuta nei giorni scorsi nel Waziristan.
     
    Egitto-arresti
    Ci sono anche due ufficiali dell’Esercito fra i 14 integralisti islamici arrestati in Egitto con l’accusa di pianificare attentati in Israele. L’operazione risale allo scorso mese di novembre ma è stata resa nota ieri da fonti della sicurezza egiziana. Gli arrestati, sorpresi a costruire armi, mantenevano contatti con Al Qaeda attraverso Internet e – secondo le autorità del Cairo - erano impegnati a reclutare nuovi elementi da destinare alla “jihad in favore della causa palestinese”.

    Sarkozy conferenza inter-irachena
    Il presidente francese Nicolas Sarkozy pensa ad una conferenza internazionale sull’Iraq che coinvolga i Paesi vicini, da organizzare in Francia sul modello di quanto avvenuto lo scorso luglio per il Libano. Il leader di Parigi ne ha parlato in un’intervita al quotidiano saudita Al Hayat rilasciata in occasione del viaggio che da oggi a martedì lo porterà in Arabia Saudita, Qatar e Abu Dhabi.

    Elezioni - Taiwan
    Vittoria schiacciante dell’opposizione nazionalista del Kuomitang alle elezioni legislative di ieri a Taiwan. La formazione, che punta a rafforzare i legami con la Cina, ha conquistato 81 dei 113 seggi del Parlamento di Taipei. Secondo i dati ufficiali al Partito democratico progressista (DPP) sono andati solo 27 deputati, mentre i restanti cinque seggi sono stati vinti da alcune formazioni minori. Il presidente del Partito democratico, Chen Shui-bian, ha accettato la sconfitta e si è dimesso dalla guida del partito.

    Guatemala - presidenziali
    Domani l’insediamento del presidente del Guatemala, Alvaro Colom, che ha annunciato l’intenzione di diversificare i rapporti economici del suo Paese guardando, in particolare, verso la Cina e le altre Nazioni asiatiche. Il neo presidente ha sottolineato come il successo del nuovo Governo si giochi soprattutto nell’ambito economico. Il servizio di Luis Badilla:

    Álvaro Colom, leader dell’Unità nazionale della speranza (UNE), d’ispirazione socialdemocratica, è stato eletto al secondo turno delle presidenziali dello scorso 4 novembre ottenendo quasi il 53 per cento dei voti rispetto al 47 per cento conquistato dal suo avversario, il generale Otto Pérez Molina, del Partito patriota (PP). Durante la sua campagna, Colom ha spinto l’acceleratore sui temi economici, promettendo un drastico ri-orientamento del modello liberista con scopo di ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti; al tempo stesso, ha promesso di ridistribuire la ricchezza per abbassare la povertà che colpisce oltre il 50 per cento della popolazione, soprattutto gli aborigeni (40 per cento). “Per questo siamo socialdemocratici – ha dichiarato Colom - l'importante per noi è risolvere il problema della povertà. Il grande cambiamento, quello fondamentale, sarà in questo settore con inevitabili ricadute in particolare per la sicurezza”. “Il piano dei primi 100 giorni – ha poi aggiunto - darà subito l’indirizzo del cambiamento nella microeconomia per prendere in considerazione la gente”. Il presidente si è detto consapevole dell’esistenza di molti e gravissimi problemi come la violenza urbana, la delinquenza organizzata, l’impunità e la corruzione e ha precisato che accanto alla povertà sia urgente affrontare anche la questione dell’emigrazione. “Per risolvere questo dramma dobbiamo capire che la gente se ne va dal suo Paese non per delinquere, ma per cercare migliori posti di lavoro, una migliore qualità della vita, tutti elementi che dovremmo garantire se vogliamo bloccare quest’emorragia”. Quindi ha raccontato come il suo Governo cercherà di contenere l'emigrazione verso il nord, tramite incentivi per l'impiego e per rafforzare il potere d'acquisto dei guatemaltechi. “Abbiamo pianificato una politica integrale per trovare soluzioni a questo problema. E' ora che il Governo si comporti con responsabilità”, ha aggiunto. L’Episcopato guatemalteco, prima delle elezioni, aveva ricordato che il 10 per cento della popolazione possiede circa il 50 per cento delle risorse della Nazione. I presuli avevano poi chiesto al futuro vincitore di affrontare con urgenza la questione della povertà e dell’iniquità sociale. Si attende perciò con interesse l’annuncio delle prime misure per capire il futuro del Guatemala.

    Italia - Rifiuti
    In Italia è ancora tensione per l’emergenza rifiuti. A Cagliari due persone sono state arrestate con l’accusa di volere realizzare un attentato incendiario contro la villa del presidente della Regione, Soru. Arresti che fanno salire a 9 le persone fermate dopo la violenta manifestazione di venerdì scatenata dall’arrivo in Sardegna di una nave carica di rifiuti, proveniente da Napoli. Tensione anche a Porto Empedocle, in Sicilia, dove è giunta oggi un’altra imbarcazione contenente immondizia. Intanto a livello politico, continua il rimpallo delle responsabilità a livello locale e centrale e le polemiche tra Governo e opposizione mentre ancora non si prospettano azioni risolutive
     
    Croazia-nuovo governo
    Il Parlamento croato ha varato il nuovo Governo di coalizione guidato dal conservatore Ivo Sanader, al quale spetterà il compito di traghettare il Paese nell’Unione europea. Dei 153 parlamentari 82 hanno votato a favore, mentre 62 hanno votato contro. Per la prima volta dopo la guerra serbo-croata tra il 1991 e il 1995, fa parte dell’Esecutivo anche un esponente serbo. Si tratta di Slobodan Uzelac, nominato vicepremier con delega allo Sviluppo economico, alla ricostruzione e al rientro dei profughi.

    Critiche le condizioni del dittatore indonesiano Suharto
    Si aggravano le condizioni di salute dell’ex dittatore indonesiano Haji Muhammad Suharto, 86 anni, ricoverato in ospedale dal 4 gennaio e mantenuto in vita, da venerdì scorso, grazie ad un respiratore artificiale. Il responsabile dell’equipe medica che lo tiene in cura ha parlato di una regressione delle funzioni di tutti gli organi. Suharto guidò il Paese dal 1965 al 1998, quando, in seguito a violente proteste di strada, fu costretto a dimettersi. Falliti i diversi tentativi di processarlo, nonostante ripetute accuse di corruzione ed appropriazione di fondi dello Stato. Si calcola che la sua famiglia disponga di beni valutati tra 15 e 35 miliardi di dollari.(Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 13 

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