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Sommario del 11/01/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Strumentalizzate le parole di Benedetto XVI ai responsabili delle amministrazioni di Roma e Lazio: lo sottolinea la Sala Stampa vaticana
  • La famiglia è il luogo primario dell'umanizzazione della persona e della società: così il Papa all'Ispettorato generale di Pubblica Sicurezza
  • Altre udienze
  • Chi attacca i cristiani, attacca tutto il popolo iracheno: così, Benedetto XVI in un telegramma al Patriarca Delly, dopo gli ultimi attentati contro la comunità cristiana
  • "Cautela e accuratezza" nella fase diocesana dei processi di Beatificazione: lo chiede l'Istruzione vaticana "Sanctorum Mater". Intervista con il cardinale Saraiva Martins
  • Mons. Mamberti: difendere la libertà religiosa combattendo contro cristianofobia, islamofobia e antisemitismo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Colombia: dopo la liberazione di due ostaggi, si spera nel rilascio di altri prigionieri delle FARC
  • L’eutanasia al centro di una tavola rotonda a Pompei: intervista con mons. Sgreccia
  • I vescovi europei e nordamericani in Terra Santa per una visita di solidarietà con la comunità cristiana locale
  • Chiesa e Società

  • Firmata la Carta dei musulmani d’Europa: nel testo si condanna il terrorismo e si afferma la parità tra uomo e donna
  • Storica visita il 23 gennaio a Roma: l’imam della principale moschea della capitale entrerà nella sinagoga
  • La Chiesa del Kenya indice un giorno di preghiera per la riconciliazione politica nel Paese
  • Appello di mons. van Luyn, presidente della COMECE, sulla questione dei rifugiati iracheni
  • Messaggio dei vescovi spagnoli per la Giornata Nazionale delle Migrazioni
  • Continuano le proteste dei cattolici di Hanoi per la restituzione degli edifici che erano di proprietà della Chiesa
  • Si è conclusa in Corea del Sud la Settimana di Santificazione della Famiglia
  • Dopo Zambia, Zimbabwe e Mozambico anche il Malawi colpito dalle alluvioni
  • La ‘Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani’ a Ginevra dal 18 al 25 gennaio
  • In corso in Cile la "Missione Paese" per coinvolgere i giovani nella missione evangelizzatrice
  • Convegno a Siena sulla Via Francigena, itinerario dello Spirito
  • 24 Ore nel Mondo

  • Attacco delle forze turche nel Kurdistan iracheno contro presunte postazioni del PKK
  • Il Papa e la Santa Sede



    Strumentalizzate le parole di Benedetto XVI ai responsabili delle amministrazioni di Roma e Lazio: lo sottolinea la Sala Stampa vaticana

    ◊   La Sala Stampa della Santa Sede esprime “meraviglia” per “la strumentalizzazione politica che ha fatto seguito alle parole rivolte” ieri dal Papa agli amministratori locali della Regione Lazio, della Provincia e del Comune di Roma. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    “Non era certo intenzione del Papa sottovalutare l’azione sociale che i responsabili della Città di Roma e della Regione stanno compiendo con apprezzabile impegno”. E’ quanto sottolinea una nota della Stampa della Santa Sede. Il Papa, “nella sua qualità di Vescovo di Roma”, ricorda il comunicato, “in diverse circostanze e anche di recente, ha posto in luce le realizzazioni compiute a servizio della cittadinanza, realizzazioni che ha tenuto a sottolineare anche nel discorso” agli amministratori locali. Allo stesso tempo, si legge ancora, il Santo Padre “non poteva non evocare, dando voce a tanti che a Lui si rivolgono, alcune problematiche umane particolarmente urgenti, che vanno affrontate con il contributo di tutti”. La Chiesa, conclude la nota, come Benedetto XVI ha assicurato, “non farà mancare il proprio apporto e la propria collaborazione”.

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    La famiglia è il luogo primario dell'umanizzazione della persona e della società: così il Papa all'Ispettorato generale di Pubblica Sicurezza

    ◊   Il tema della famiglia è stato al centro oggi del tradizionale incontro per l’inizio dell’anno tra il Papa e i dirigenti e il personale dell'Ispettorato generale di Pubblica Sicurezza che svolge il suo servizio presso il Vaticano. Ce ne parla Sergio Centofanti:


    Il Papa ha espresso la sua riconoscenza per il servizio che quotidianamente viene svolto dal personale della Polizia italiana presso il Vaticano: un servizio – ha detto – “caratterizzato da solerzia e professionalità” e “da costante attenzione alle persone”:

     
    “La società ha bisogno di persone che compiano il loro dovere, consapevoli che ogni lavoro, ogni servizio svolto con coscienza contribuisce alla costruzione di una società più giusta e veramente libera”.

     
    Ha quindi invitato gli agenti a vedere nei tanti pellegrini che giungono in San Pietro “il volto di un fratello o di una sorella che Dio pone” sulla loro strada “sapendo che tutti facciamo parte dell’unica grande famiglia umana” come ha scritto nell’ultimo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace sul tema: "Famiglia umana, comunità di pace”:

     
    “Non è forse vero … che noi non viviamo gli uni accanto agli altri per caso? Non stiamo forse tutti percorrendo uno stesso cammino come uomini e quindi come fratelli e sorelle?"
     
    “Ecco perché … è essenziale – ha aggiunto - che ciascuno si impegni a vivere la propria vita in atteggiamento di responsabilità davanti a Dio, riconoscendo in Lui la sorgente originaria della propria, come dell'altrui, esistenza”:

     
    “In effetti, proprio risalendo a questo supremo Principio può essere percepito il valore incondizionato di ogni essere umano; è grazie a questa consapevolezza che possono essere poste le premesse per l'edificazione di un'umanità pacificata. Sia ben chiaro: senza il fondamento trascendente, che è Dio, la società rischia di diventare una mera aggregazione di vicini, cessa di essere una comunità di fratelli e sorelle, chiamati a formare una grande famiglia”.

     
    E continuando a citare il suo Messaggio per la Giornata della Pace ha ribadito:

     
    “La famiglia naturale, quale intima comunione di vita e d'amore, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, costituisce il luogo primario dell'umanizzazione della persona e della società, la culla della vita e dell'amore. A ragione, pertanto, la famiglia è qualificata come la prima società naturale, un'istituzione divina che sta a fondamento della vita delle persone, come prototipo di ogni ordinamento sociale”.

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Camillo Ruini, vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma; il cardianle Cláudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero; il cardinale Agostino Vallini, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, mons. Velasio De Paolis, vescovo tit. di Telepte, segretario del medesimo Supremo Tribunale; mons. Aldo Cavalli, arcivescovo tit. di Vibo Valentia, nunzio apostolico in Colombia. Il Santo Padre riceverà questo pomeriggio il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

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    Chi attacca i cristiani, attacca tutto il popolo iracheno: così, Benedetto XVI in un telegramma al Patriarca Delly, dopo gli ultimi attentati contro la comunità cristiana

    ◊   Benedetto XVI rinnova il suo appello per la coesistenza pacifica in Iraq, dopo i nuovi attentati, dei giorni scorsi, contro le comunità cristiane. In un telegramma indirizzato al cardinale Emmanuel III Delly, Patriarca di Babilonia dei Caldei, il Papa chiede ai vescovi del Paese di offrire “speranza e forza” al popolo iracheno così duramente provato. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    Gli attentati contro le chiese di Baghdad, Mossul e Kirkuk sono attacchi “rivolti contro tutto il popolo iracheno”: è quanto sottolinea il Papa che nel telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, inviato al cardinale Delly si dice “profondamente turbato” per queste nuove violenze contro le comunità cristiane irachene. Il Papa esprime vicinanza spirituale ai feriti e alle loro famiglie e rinnova “i suoi sentimenti di sincera solidarietà a tutti i membri delle comunità cristiane in Iraq, cattolici e non”. Benedetto XVI si rivolge, dunque, ai responsabili degli attacchi, affinché “rinuncino alle violenze che hanno causato così tanta sofferenza alla popolazione civile”. Il Santo Padre incoraggia poi le autorità “a rinnovare gli sforzi volti a una negoziazione pacifica tesa a una risoluzione giusta delle difficoltà del Paese e rispettosa dei diritti di tutti”. Il Papa prega, infine, “per un ritorno alla coesistenza pacifica dei diversi gruppi che costituiscono la popolazione” irachena.

     
    Una coesistenza per la quale lavora alacremente l’episcopato dell’Iraq. Mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, una delle città colpite dagli attentati, ha riferito all’agenzia AsiaNews, che, nonostante le difficoltà, i cristiani continuano con fiducia a portare avanti l’impegno per il dialogo interreligioso. Dal canto suo, stamani, durante la preghiera del venerdì, l’imam di Kirkuk ha definito “contrari all’Islam” gli attacchi terroristici anticristiani. Da ieri, riferisce sempre l’agenzia AsiaNews, numerosi rappresentanti musulmani si stanno recando in visita all’arcivescovo caldeo per esprimere la propria solidarietà. In questo clima di violenza, un evento atmosferico porta un po’ di serenità nei cuori degli iracheni. A Baghdad, per la prima volta a memoria d’uomo, sta nevicando. I fiocchi di neve sono stati accolti con gioia dalla popolazione, che li interpreta come segno di pace.

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    "Cautela e accuratezza" nella fase diocesana dei processi di Beatificazione: lo chiede l'Istruzione vaticana "Sanctorum Mater". Intervista con il cardinale Saraiva Martins

    ◊   Un documento vaticano di 46 pagine diretto ai vescovi di tutto il mondo, perché pongano la massima attenzione e il massimo rigore nell'istruire la prima fase di un processo di Beatificazione. Si tratta dell'Istruzione Sanctorum Mater, emanata dalla Congregazione delle Cause dei Santi. Sono i vescovi infatti coloro che, accogliendo la segnalazione della comunità cristiana circa la "spontanea" fama di santità di un fedele, ne decidono l'apertura dell'iter canonico, denominato come "fase diocesana" e destinato poi, in caso di conferme, a giungere a Roma presso il competente dicastero, per ultimarne la cosiddetta "fase apostolica". L'Istruzione, accogliendo le indicazioni di Benedetto XVI, ricorda le varie fasi di questo iter, sottolineando l'obbligo di una seria investigazione, eseguita con "cautela e accuratezza". Giovanni Peduto ne ha parlato con il prefetto della Congregazione vaticana, il cardinale José Saraiva Martins:


    R. – Chi inizia una causa non è Roma, ma è il vescovo diocesano che prende l’iniziativa. Lui ha un compito molto importante e decisivo, perciò ci vogliono degli orientamenti molto chiari, delle norme ben precise che regolino l’agire del vescovo in questa prima fase diocesana. La Istruzione vuol proprio ricordare ai vescovi diocesani il loro compito e come debbano svolgerlo e l’ampiezza di questo compito. In fondo, questa Istruzione non fa che ricordare le norme molto concrete già stabilite nel 1983. L’azione del vescovo si riferisce innanzitutto alle virtù eroiche del candidato agli altari, e poi a tutti gli elementi relativi alla persona di quel candidato: che riguarda la sua spiritualità, la sua santità ... Poi, riguarda anche i casi di un eventuale presunto miracolo attribuibile a quel candidato agli altari, nonché il martirio: se si tratta di fedeli, di fratelli nella fede che hanno dato la vita per il Vangelo.

     
    D. – Eminenza, in concreto cosa cambia rispetto al passato con questa Istruzione nelle Cause di canonizzazione?

     
    R. – Non cambia sostanzialmente niente, perché come ho detto poc’anzi, abbiamo voluto ricordare ai vescovi il loro compito, insistendo naturalmente su un rigore sempre maggiore nello svolgimento di questo compito, perché si tratta di una cosa molto seria per la vita della Chiesa, e alla Chiesa interessa soltanto la verità storica, come ricordava non tanto tempo fa Benedetto XVI parlando alla plenaria che abbiamo avuto l’anno scorso.

     
    D. – Nell’Istruzione si dice che la fama di santità dev’essere spontanea e non artificiosamente procurata ...

     
    R. – Ecco: l’Istruzione sottolinea proprio con molta forza queste verità. Dev’essere spontanea, nata spontaneamente, cioè dalla comunità, dai fedeli e questo è estremamente importante. Perché se non c’è questa fama di santità spontanea tra i fedeli nella comunità, il vescovo non può – nemmeno volendo – dare inizio ad una causa di beatificazione. Cioè, sono i fedeli e la comunità che devono dire al vescovo: “Secondo noi, quel fedele, quel servo di Dio è veramente santo, per noi!”. Oggi si discute molto sul ruolo dei laici nella Chiesa. Ebbene: qui abbiamo un caso estremamente importante, dal punto di vista ecclesiale, in cui i laici, la comunità sono quelli che fanno il primo passo. Il vescovo, dopo, non fa che verificare il fondamento di quella fama di santità e cercare di comprovarla per poi trasmetterla a Roma. Dunque, questo è molto importante. I primi protagonisti di ogni processo di beatificazione sono sempre i fedeli.

     
    D. – E a proposito di laici santi, abbiamo avuto proprio di recente la proclamazione delle virtù eroiche di Antonietta Meo – Nennolina – morta ad appena sei anni e mezzo. Potrebbe essere una delle più giovani candidate agli altari: questo dimostra che la santità è per tutti ...

     
    R. – La santità è per tutti! Il caso di Nennolina, certamente è una ulteriore conferma di questa verità posta fortemente in rilievo dal Concilio Vaticano II. La santità, io dico spesso, non è ad uso di alcuni, ma un dovere stringente di tutti i battezzati. La santità laicale, in particolare, è estremamente importante e questa era una verità che Giovanni Paolo II ha cercato sempre di mettere in luce. Questo mi fa ricordare anche Giorgio La Pira che diceva: “La santità nel secolo XX – possiamo dire nel secolo XXI – ha una caratteristica: la laicità”. Lui diceva molto bene che magari tra 50 anni vedremo delle persone che oggi incontriamo per la strada: professori universitari, politici, economisti, eccetera. Dunque, il caso Nennolina è un’altra conferma della santità laicale.

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    Mons. Mamberti: difendere la libertà religiosa combattendo contro cristianofobia, islamofobia e antisemitismo

    ◊   La Santa Sede non fa diplomazia per interessi di tipo politico o economico, ma per difendere la dignità e i diritti fondamentali della persona, tra i quali - centrale - la libertà di professare il proprio credo. Su queste argomentazioni, l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, ha sviluppato l’intervento col quale ha preso parte alla Conferenza svoltasi ieri alla Pontificia Università della Santa Croce a Roma. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:


    Lo spunto della Conferenza era di grande attualità, perché riecheggiava da vicino il recente discorso di Benedetto XVI al Corpo diplomatico accredidato in Vaticano. “Protezione del diritto di libertà religiosa nell’azione attuale della Santa Sede”, recitava il titolo, e di questo baluardo - costantemente difeso dal Papa e dai suoi rappresentanti sparsi nel mondo - mons. Mamberti ha riaffermato con chiarezza che “la libertà religiosa è un diritto insopprimibile” che possiede “una dimensione privata, pubblica e istituzionale" e la sua difesa – come disse una volta Giovanni Paolo II, è la “cartina di tornasole per verificare il rispetto di tutti gli altri diritti". Se la libertà di esprimersi e di professare la propria fede vengono violate, ha osservato il segretario per i Rapporti con gli Stati, ad essere attaccata è in realtà “la base del rispetto di ogni altro diritto”: dunque, quando è in “pericolo” la libertà religiosa, “tutti gli altri diritti vacillano”.

     
    Guardando a organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite o l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea (OSCE), mons. Mamberti ha detto che per esse fondamentale è la difesa della libertà e della tolleranza religiosa anzitutto per contrastare ogni forma di discriminazione e persecuzione. Ma perché ciò non rimanga lettera teorica ma si traduca in una lotta verso obiettici concreti “occorre combattere - ha affermato il presule - la cristianofobia, l'islamofobia e l'antisemitismo”. In particolare, la “cristianofobia”, ha spiegato, “è un insieme di comportamenti riconducibili alla mancanza di educazione o alla cattiva informazione, all'intolleranza e alla persecuzione”, particolarmente evidenti nella nostra epoca in cui, ha soggiunto, “il distacco tra religione e ragione”, ha relegato la prima nella “sfera sentimentale” separandola da quella pubblica. Difendere la libertà di credo e, dunque, “assicurare la stabilità e la certezza delle attività della comunità cristiana" costituisce il nerbo dell'attività diplomatica della Santa Sede. Infine il dialogo tra religioni e culture. Esso è possibile, ha concluso mons. Mamberti, “solo se non si rinuncia alla verità” e le iniziative internazionali devono essere realizzate “con la consapevolezza che le religioni hanno sempre caratteristiche specifiche e differenti".

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un articolo sul convegno (cui partecipa il segretario di Stato) alla Pontificia università salesiana sul Codice di diritto canonico, promulgato venticinque anni fa.

    Intervista all'avvocato Nicola Picardi, promotore di giustizia del tribunale dello Stato della Città del Vaticano, alla vigilia dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2008.

    Un articolo di Tonino Pintacuda, in cultura, sull'associazione culturale "BombaCarta" che compie dieci anni.

    Una riflessione di Timothy Verdon sull'arte sacra contemporanea.

    Un articolo di mons. Inos Biffi sull'educazione e sull'iniziazione al mistero cristiano.
     In rilievo, nell'informazione internazionale, la missione di Bush nel Vicino Oriente. Rilanciata la "Road map" come ipotesi di pace.

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    Oggi in Primo Piano



    Colombia: dopo la liberazione di due ostaggi, si spera nel rilascio di altri prigionieri delle FARC

    ◊   Poche ore dopo il rilascio di Claras Rojas e Consuelo Gómez de Perdomo, le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) hanno sottolineato, in una nota, di aver mantenuto la "parola data e l'impegno" assunto con il presidente venezuelano, Hugo Chavez. Il capo di Stato colombiano, Alvaro Uribe, ha ringraziato per la sua mediazione il presidente venezuelano ed invitato le FARC “a considerare la possibilità di un negoziato semplice, agile e basato sulla fiducia reciproca”. Quali speranze si possono dunque scorgere adesso in Colombia dopo le drammatiche storie, fortunatamente a lieto fine, di Claras Rojas e di Consuelo Gómez de Perdomo? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Luis Badilla, giornalista cileno della nostra emittente che segue le vicende dell’America Latina:


    R. - Diceva Madre Teresa di Calcutta: “Chi asciuga una lacrima di una persona accarezza il volto di Cristo”. In questo caso, tutti coloro, persone e organizzazioni, che si sono adoperati per la liberazione di Claras Rojas e Consuelo Gómez de Perdomo – sequestrate da quasi 6 anni – hanno “asciugato” le lacrime di molte a famiglie e dell’intero martoriato popolo colombiano. Il primo luglio scorso, durante l’Angelus, Benedetto XVI proprio sul dramma dei sequestri in Colombia, ha parlato di questo dolore terribile che colpisce l’umanità tutta. In quell’occasione, il Papa si era unito “al profondo dolore dei familiari e dell’amata nazione colombiana, ancora una volta funestata dall’odio fratricida”. “Rinnovo il mio accorato appello - aveva poi aggiunto il Santo Padre - affinché cessi immediatamente ogni sequestro e siano restituiti all’affetto dei loro cari quanti sono tuttora vittime di tali inammissibili forme di violenza”. Allora, se anche sono solo due le persone liberate, il cuore di chiunque non può restare indifferente, poiché un po’ di lacrime sono state asciugate. Anche i sequestratori, senza saperlo, si sono conformati all’amore di Cristo.

     
    D. - Quali sono adesso le prospettive per la situazione degli oltre 750 ostaggi, ancora prigionieri di gruppi di ribelli delle FARC?

     
    R. - In Colombia i sequestrati negli ultimi anni sono stati almeno 4.000. C’è chi parla addirittura di 5 mila. Si ritiene che 750 – 780 di questi ostaggi siano attualmente nelle mani delle FARC, le cosiddette Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, il più vecchio movimento guerrigliero al mondo, poiché ormai opera dal 1964 con un dichiarato programma “marxista e bolivariano”. La liberazione di due donne, ovviamente, è una goccia negli oceani, ma ciò non significa che sia irrilevante; anzi, è comunque un gesto positivo per diversi motivi. Provo ad elencarne alcuni. Il primo ci dice che è possibile ottenere la liberazione e che tale possibilità, inserita nella corretta cornice della dimensione umanitaria, evita gli ostacoli, a volte insormontabili, della negoziazione politica. Poi, si potrebbe anche dedurre che fra le diverse vie che si sono tentate, compressa quella militare, questa di tipo umanitario sembra essere la più efficace. Posso aggiungere una terza considerazione non meno importante: mi riferisco al valore della vita. Il dibattito e la riflessione sulla sacralità della vita, sempre, ovunque e comunque, deve restare aperto poiché in Colombia e altrove, ciò che è in pericolo è la vita umana più che ogni altra cosa. A questo punto, dobbiamo dire, come fanno in tanti in queste ore, che queste due liberazioni possano essere un auspicio, un’anticipazione, di altre intese umanitarie per sottrarre alla logica dello scontro la vita di centinaia di persone innocenti.

     
    D. - Siamo entrati in una nuova era della lotta condotta in Colombia dalla guerriglia e, in particolare, dalle FARC?

     
    R. - Una caratteristica di questo movimento della guerriglia delle FARC è il fatto di essere del tutto imprevedibile. Le FARC sono un movimento armato molto diviso al suo interno, con diverse branchie, gruppi e così via. Poi, si deve anche ricordare che le FARC, da diversi anni, sono affiancate dal narcotraffico.

     
    D. - Alla mediazione politica, bisogna poi aggiungere il prezioso contributo della Chiesa…

     
    R. - La Chiesa in Colombia si è sempre schierata a favore degli accordi umanitari come metodo per affrontare la liberazione degli ostaggi. E’ naturale che, come ha fatto mons. Fabián Marulanda, vescovo emerito di Florencia e segretario generale dell’episcopato, abbia espresso tutta la sua gioia e soddisfazione per il rilascio di queste due donne. Tra l’altro, la notizia è arrivata poco dopo che i vescovi avevano chiesto che il 2008 fosse l’anno della liberazione di tutti gli ostaggi. Non solo un auspicio. Un vero programma di azione perché, ha detto, “liberare i sequestrati è un’esigenza del diritto umanitario”. Parlando di queste due donne, mons. Marulanda ha anche sottolineato: “Vediamo che si è aperta una finestra per la libertà di tutti. La guerriglia deve ascoltare la richiesta del popolo colombiano; deve capire che quella del sequestro è una via sbagliata”. Va ricordato, tra l’altro, che la Chiesa colombiana da anni, usando vie discrete e senza protagonismo, ha lavorato costantemente per la liberazione di ostaggi; le sue richieste sono state sempre di natura umanitaria e dunque senza contropartite. Penso che la “finestra di speranza” che si è aperta e di cui parla mons. Marulanda, sia oggi la cosa più importante. Tutti dovrebbero lavorare, d’ora in poi, per far sì che questa speranza diventi realtà.

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    L’eutanasia al centro di una tavola rotonda a Pompei: intervista con mons. Sgreccia

    ◊   Si svolgerà domani presso il Santuario di Pompei una tavola rotonda sul tema dell'eutanasia: promuovono il simposio la Federazione Universitaria Cattolica Italiana, il Gruppo San Paolino di Pompei e il Movimento per la Vita della Prelatura di Pompei. Titolo del dibattito è “Dignità della morte o morte della dignità? L’eutanasia oggi: dall’eclissi del valore della persona, alla relativistica deriva etico-culturale”. Ma si parlerà di diritto alla vita in senso generale. Principale relatore sarà mons. Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Giovanni Peduto lo ha intervistato prima della partenza per Pompei chiedendogli innanzitutto una riflessione sull'auspicio del Papa per un dibattito internazionale sulla sacralità della vita umana sulla scia della risoluzione ONU su una moratoria della pena di morte:

    R. – Credo che sia una riflessione che è venuta spontanea a tutti. Il Santo Padre l’ha resa più importante e più pubblica. Se è importante fermare la mano per la soppressione di chi ha gravemente commesso delitti contro la vita umana, perché non è lecito sopprimere neppure il colpevole, tanto più noi dobbiamo domandarci perché vengono uccisi gli innocenti, come lo è il caso dei bambini non ancora nati, come è il caso dei moribondi.
     
    D. – Ma a suo avviso, ci sono le condizioni per un risveglio delle coscienze nel mondo sul rispetto della vita?
     
    R. – Le condizioni, da un punto di vista obiettivo, ci sono tutte e sono molte. E’ una questione di giustizia, è una questione di solidarietà, una questione di mettere il presupposto per la pace. E’ un problema anche di carattere demografico, per quanto riguarda i non ancora nati, per esempio. E’ una questione anche di rispetto degli stessi confini della scienza e della medicina. Tante ragioni ci sono, dal punto di vista obiettivo, e i capisaldi stessi della società si fondano sul rispetto della vita umana, primo diritto tra i diritti dell’uomo.
     
    D. – Veniamo al tema dell’eutanasia: quanto sta avanzando a livello internazionale la sua legalizzazione?
     
    R. – Certamente, ci sono stati dei fatti allarmanti. In Europa, per esempio, il caso dell’Olanda, spinto poi fino all’eutanasia dei bambini; il caso del Belgio; e anche uno Stato degli Stati Uniti, l’Oregon, la Danimarca, eccetera, e tentativi si vanno ripetendo anche in America Latina. Quindi, c’è un crescendo di pressione.
     
    D. – Quelli che appoggiano l’eutanasia spesso si rifanno proprio a ragioni di pietà cristiana…
     
    R. – Le ragioni della pietà cristiana non incitano mai a sopprimere le persone. Semmai, a sopprimere il dolore ma oggi abbiamo tanti mezzi per sopprimere il dolore fisico. Mai nella storia la scienza ci ha dato tante risorse per mantenere controllato il dolore anche nei casi più gravi.
     
    D. – Il dramma della sofferenza delle persone che si trovano in una situazione irrecuperabile appare spesso in tutta la sua forza dirompente: cosa fare in questi casi?
     
    R. – Nel caso della sofferenza e dell’avvicinarsi della morte, quello che si deve fare dal punto di vista umano e medico e cristiano è, prima di tutto, sostenere spiritualmente il paziente, aiutandolo a dare senso alla vita vissuta e anche al momento del dolore e della morte; in secondo luogo, lenire il dolore e fare compagnia, essere vicini.
     
    D. – D’altra parte ci sono persone che magari in un primo tempo hanno chiesto l’eutanasia ma poi ci hanno ripensato?

     
    R. – Sì: delle inchieste hanno confermato che coloro che, in momenti di solitudine e di disperazione e di sgomento avevano chiesto ed anche augurato l’anticipazione della morte, poi – una volta sostenute, una volte guarite – si sono dimostrate grate a chi le ha sostenute e hanno detto che questo sentimento era profondamente un fatto di momentanea disperazione.
     
    D. – Dal punto di vista di una logica puramente umana quali potrebbero essere le obiezioni alla posizione cattolica sull’eutanasia? Come rispondere ad esse senza far esplicito riferimento alla religione?
     
    R. – La obiezione che viene fatta dal fronte secolaristico, filosofico ed ideologico è l’autonomia del paziente: cioè, il paziente dovrebbe avere e sentire l’autonomia di decidere sulla propria morte, sul modo come morire e quando morire. Ora, questa rivendicazione dell’autonomia non è la stessa cosa della vera libertà. In realtà, ciascuno di noi non è padrone della propria vita; la libertà suppone la vita, quindi interrompere la vita in nome della libertà significa interrompere le ragioni stesse della libertà. La vita è un dono da custodire, da impiegare bene e da offrire nel momento della morte per il bene di tutti.
     
    D. – Come si inquadra il tema dell'accanimento terapeutico nell'ottica del naturale diritto alla vita?
     
    R. – L’accanimento terapeutico è un’offesa alla vita, perché se è giusto che si rispetti la vita è anche vero che si deve rispettare il momento della morte. Quindi, trattare con violenza il paziente perché sia trattenuto in vita al di là delle forze naturali e al di là della proporzionalità dei mezzi, è un compiere un atto di violenza sul morente.
     
    D. – Qual è la risposta della fede al mistero del dolore?

     
    R. – Questa risposta sta nel fatto che la vita dell’uomo non finisce in questa terra. E’ un dato di ragione che noi abbiamo una spiritualità, un’anima spirituale e che questa, quindi, è immortale.

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    I vescovi europei e nordamericani in Terra Santa per una visita di solidarietà con la comunità cristiana locale

    ◊   I vescovi cattolici del Gruppo di coordinamento delle Conferenze episcopali d’Europa e del Nordamerica iniziano domani a Gerusalemme una visita di preghiera e solidarietà in Terra Santa per incoraggiare la comunità cristiana locale. I presuli incontreranno i politici palestinesi e israeliani, visiteranno l’Università di Betlemme e le parrocchie locali per capire le difficoltà che devono affrontare i cristiani della regione. Quest’anno i cinque giorni della visita si concluderanno con un incontro in Vaticano proprio per sottolineare quanto la Santa Sede sia vicina a questa iniziativa. Philippa Hitchen ne ha parlato con l’arcivescovo Patrick Kelly di Liverpool, vice-presidente della Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles, e uno degli organizzatori della missione:


    R. – As always, it’s to accompany the Church in the Holy Land ...
    Si tratta di accompagnare la Chiesa in Terra Santa, per cercare di non ignorare ma affrontare le ingiustizie, cercando anche di invocare la riconciliazione. Quindi, è un doppio viaggio, se si vuole, che facciamo con loro. E quello che cambia quest’anno è che la seconda parte del meeting avrà luogo a Roma, dove i vescovi della Terra Santa si recheranno in visita ad Limina in Vaticano.

     
    D. – State facendo questo tipo di visita da un certo numero di anni ormai. E’ possibile parlare dei frutti, dei risultati concreti di questo tipo di visite?

     
    R. – I think it is ...
    Penso di sì. C’è stato, prima di tutto, un miglioramento a livello di Conferenze episcopali. Molti pellegrini infatti, sono stati incoraggiati dai vescovi, che dicono: “Se avete l’opportunità di andare in Terra Santa, andate per favore”. Quindi, ci sono frutti, da un punto di vista pratico, specialmente a Betlemme, dove l'afflusso di pellegrini è di grande aiuto per la vita dei cristiani locali.

     
    D. – I nostri leader cattolici non sono lì per proporre soluzioni politiche, ma è difficile in quella parte del mondo separare la religione dalla politica. Che tipo di soluzioni, che tipo di suggerimenti potrebbe dare ai leader politici durante questa visita?

     
    R. – It seems to me, as we go back to Paul VI …
    Mi sembra, se andiamo indietro a Paolo VI, che se si vuole la pace, ci sia bisogno di giustizia, e giustizia per tutti. Ci sono elementi che rifiutano qualsiasi negoziato. La questione è che alcuni leader ebrei e musulmani, vedono al centro della loro esistenza solo la questione di Gerusalemme. Mentre i cristiani sono quelli che dicono che la riconciliazione è il frutto di quel Bambino nato da Maria, che noi cattolici abbiamo ricordato il 25 dicembre, mentre una parte del mondo ortodosso appena lunedì scorso. In qualche modo dobbiamo presentare al nostro Signore la riconciliazione, creare uno spazio per rispettarci e capirci l’uno con l’altro.

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    Chiesa e Società



    Firmata la Carta dei musulmani d’Europa: nel testo si condanna il terrorismo e si afferma la parità tra uomo e donna

    ◊   “No al terrorismo, rispetto per le altre religioni e diritti alle donne”: sono i fondamenti della Carta dei musulmani d’Europa, sottoscritta ieri a Bruxelles da oltre 400 associazioni e organizzazioni islamiche. Il testo chiede in particolare “il riconoscimento dei muslumani come comunità religiosa europea” e li invita ad integrarsi senza perdere “l’identità musulmana”. La Carta respinge inoltre il terrorismo e la violenza; viene poi sancito il rispetto dei diritti umani e delle altre religioni. Si condannano anche i costumi di alcuni musulmani che privano le donne dei loro diritti. Si tratta – ha detto Mario Mauro, vice presidente del Parlamento europeo – del primo documento che “impegna la comunità musulmana europea a svolgere pienamente il ruolo di cittadini nel rispetto della giustizia, dell’uguaglianza e della differenza”. E’ un chiaro e prezioso impegno - sottolineano poi diversi deputati dell’Europarlamento – “per la costruzione di un’Unione Europea del dialogo e del rispetto delle differenze”. La Carta – osserva inoltre Farid El Mashud, portavoce della Lega dei musulmani del Belgio – ha una portata storica perché sancisce l’impegno solenne di migliaia e migliaia di musulmani in tutta Europa a sostenere i valori di comprensione reciproca”. Ed è proprio nel dialogo tra culture e religioni – sottolinea il quotidiano della CEI “Avvenire” – che l’Unione Europea intende valorizzare il testo firmato ieri a Bruxelles. (A.L.)

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    Storica visita il 23 gennaio a Roma: l’imam della principale moschea della capitale entrerà nella sinagoga

    ◊   Per la prima volta in Italia, l’imam della principale moschea di Roma, Ala Eldin Mohamed Ismail al Ghobaishy, visiterà la sinagoga di Lungotevere de Cenci. L’appuntamento è fissato per il 23 gennaio alle ore 10. E’ un segnale – sottolinea Mario Scialoja, consigliere del Centro islamico - che dimostra come “nonostante i conflitti nel mondo, a livello locale non ci sono e non ci saranno problemi tra musulmani ed ebrei”. “E’ una restituzione cordiale – afferma inoltre Scialoja al quotidiano “La Repubblica” – della visita nel 2006 del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, nella moschea della capitale”. “L’antico fratello che ora si affaccia a Roma – aveva detto in quell’occasione il rabbino capo – non può essere ignorato ed è ora di guardarsi in faccia, di parlarsi ed aprirsi le porte”. La visita del 23 gennaio – spiega poi Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica romana – deve servire per costruire nella nostra città e in Italia sentimenti di accoglienza e di rispetto nei confronti delle diverse culture e identità religiose”. “E’ un segnale politico e un esempio – precisa infine Pacifici – affinché siano valorizzate quelle moschee e quelle organizzazioni islamiche che, a differenza di altro, hanno ben compreso quali sono i principi fondanti su cui si basano i nostri valori”. (A.L.)

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    La Chiesa del Kenya indice un giorno di preghiera per la riconciliazione politica nel Paese

    ◊   I vescovi del Kenya hanno indetto un giorno di preghiera nazionale, il 20 gennaio prossimo, per festeggiare la riconciliazione fra il presidente del Kenya Mwai Kibaki e il leader dell’opposizione Raila Odinga dopo la disputa sulle elezioni del 27 dicembre. E’ stato infatti annunciato ieri dal presidente di turno dell’Unione Africana, il ghanese John Kufuor, l’accordo raggiunto dai due leader per lavorare insieme, con un gruppo di personalità africane guidato dall’ex segretario dell’ONU, Kofi Annan, ad una soluzione circa la disputa sorta in seguito alle suddette elezioni. I ventiquattro vescovi del Kenya, guidati dal card. John Njue, arcivescovo di Nairobi, hanno sottoscritto una nuova lettera, dopo quella del 2 gennaio scorso in cui facevano appello alla pace, per “cercare una soluzione alla crisi che sta affrontando il Paese”. “Desideriamo esprimere il nostro sostegno agli sforzi di mediazione in atto portati avanti dal presidente del Ghana, Kufuor” – si legge nel testo datato 9 gennaio reso noto ieri dall'agenzia SIR – e preghiamo per il successo di questi incontri”. “Uniamo la nostra voce all’appello di Benedetto XVI affinché i nostri leader – hanno proseguito i vescovi - prendano sul serio i risultati e le intese che verranno raggiunte durante la mediazione. Crediamo che questi colloqui serviranno a far emergere la verità riguardo ai contestati risultati elettorali, perché è sulla verità che la giustizia deve essere costruita”. I vescovi hanno concluso chiedendo “a tutti i cristiani e a tutti i kenyani di buona volontà” di continuare a pregare per la pace e a dare assistenza materiale agli oltre 250.000 sfollati presenti in diverse zone del Paese. (C.C.)

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    Appello di mons. van Luyn, presidente della COMECE, sulla questione dei rifugiati iracheni

    ◊   Facendo seguito all’appello lanciato lo scorso novembre dai membri della COMECE (Commissione degli Episcopati della Comunità Europea) sul problema dei rifugiati iracheni, il presidente dell’organismo, il vescovo Adrianus Herman van Luyn, ha inviato al presidente sloveno di turno dell’UE la richiesta di inserire la questione nell’agenda del prossimo incontro del Consiglio Giustizia e Affari Interni. In una lettera del 7 gennaio indirizzata al ministro degli Interni sloveno, Dragutin Mate, il vescovo van Luyn ha richiamato l’attenzione sui 4,4 milioni di rifugiati iracheni che hanno abbandonato il proprio Paese. Secondo l’Alto Commissariato per i Rifugiati (ACNUR), la situazione può essere considerata il più grande disastro di rifugiati in Medio Oriente dal 1948. Alla luce di questa situazione, il vescovo van Luyn ha invitato i leader dell'UE ad intervenire, per evitare l’insorgere di problemi dovuti al sovraccarico di immigrati nei Paesi di accoglienza, come l’immigrazione clandestina. Il presule ha proposto che i Governi dell’UE permettano l’ingresso fino a 60 mila membri delle minoranze non musulmane, che fra l’altro sono ritenute le più vulnerabili dall’UNHCR, perché trattate come infedeli da alcune frange della popolazione musulmana dei Paesi ospitanti. Il presidente della COMECE ha chiesto anche che ai Governi dei Paesi confinanti con l'Iraq venga garantita assistenza politica e materiale per far fronte alla presenza di grandi numeri di rifugiati. Una copia della lettera è stata inviata anche al vicepresidente della Commissione europea, Franco Frattini, che si incarica delle migrazioni. (C.C.)

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    Messaggio dei vescovi spagnoli per la Giornata Nazionale delle Migrazioni

    ◊   “Giovane immigrato, la parrocchia ti viene incontro” è il tema scelto per la Giornata Nazionale delle Migrazioni, che in Spagna si celebra domenica 20 gennaio. I vescovi nel loro messaggio per la Giornata hanno illustrato la complessità del fenomeno immigrazione che, come tale, “deve essere affrontato in modo opportuno”. Secondo gli ultimi dati, in Spagna si è passati da circa 3 milioni e 700 mila immigrati del 2006 ai 4 milioni e 400 mila circa nel 2007. Tra le cause di questo aumento (circa il 20,2 per cento), i vescovi hanno sottolineato “il flusso costante degli emigranti provenienti da Africa e Asia, alcuni dei quali addirittura morti in mare”. Di fronte a questa situazione, i vescovi hanno rivolto un appello alle parrocchie e alle comunità cristiane affinché collaborino attivamente nel dare una risposta al problema. “La parrocchia – hanno affermato i vescovi - si trova in una situazione privilegiata essendo il primo luogo d’incontro degli immigrati con la Chiesa del loro nuovo Paese e pertanto si auspica la più completa collaborazione di tutte le parrocchie”. I presuli hanno concluso il loro messaggio “augurando che questa Giornata rappresenti un risveglio ed una chiamata alla responsabilità verso coloro che ne hanno più bisogno". (C.C.)

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    Continuano le proteste dei cattolici di Hanoi per la restituzione degli edifici che erano di proprietà della Chiesa

    ◊   Un migliaio di cattolici ieri hanno protestato davanti all’edificio della ex delegazione apostolica di Hanoi di cui chiedono la restituzione. Per ottenerla è stata lanciata una raccolta di firme coinvolgendo i fedeli che da più di un mese stanno manifestando incessantemente. Questa volta la protesta, avvenuta a mezzogiorno di ieri nella capitale, ha bloccato per ore il traffico. E’ accaduto dopo la Messa celebrata per l’89.mo compleanno del cardinale Paul Joseph Pham Dinh Tung, già arcivescovo di Hanoi. I manifestanti sono usciti in processione fino davanti al palazzo dell’ex delegazione apostolica che ora appartiene alle autorità pubbliche che lo danno in gestione anche come night club, mentre il giardino serve come parcheggio per i funzionari statali. Il 15 dicembre scorso, l’attuale arcivescovo di Hanoi, Joseph Ngo Quang Kiet, aveva sostenuto che l’edificio era stato requisito illegalmente nel 1959 e ne aveva chiesto la restituzione. Così dal 18 dicembre ogni sera i cattolici di Hanoi si sono riuniti pacificamente davanti alla cancellata dell’edificio, pregando e portando fiori e candele. Quella in corso è la prima manifestazione pubblica dei cattolici della capitale. Il 23 dicembre è stata anche lanciata una raccolta di firme per una petizione alle autorità governative locali ed il 30 c’è stato un incontro tra il primo ministro vietnamita Nguyen Tan Dung e mons. Joseph Ngo Quang Kiet. Anche se finora non è stato preso alcun provvedimento al riguardo, i cattolici manifestanti hanno dichiarato che “intendono battersi fino a che giustizia sia fatta”. (C.C.)

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    Si è conclusa in Corea del Sud la Settimana di Santificazione della Famiglia

    ◊   E’ stato un tempo di speciale preghiera, invocazione e intercessione in favore della famiglia; un momento in cui la Chiesa ha affidato al Signore tutte le esigenze, le necessità, i problemi delle famiglie coreane, guardando al modello della Sacra Famiglia: la Settimana di Santificazione della Famiglia, che si celebra per sette giorni in Corea, a partire dalla Festa della Santa Famiglia (il 30 dicembre), si è conclusa con speciali veglie di preghiera, adorazioni eucaristiche, Sante Messe in tutte le diocesi coreane. I fedeli – rivela l’agenzia Fides - hanno anche meditato passi del messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace, intitolato “Famiglia umana: comunità di pace”. In occasione della Settimana, mons. Paul Hwang Cheol-soo, presidente della Commissione per la pastorale della famiglia, ha diffuso un messaggio sottolineando che “operare per l’unità della famiglia, attraverso il dialogo, può essere una modalità importante per risolvere i problemi che ogni famiglia affronta”. Il messaggio, intitolato “Per una autentica comunicazione in famiglia”, ha ricordato che la Settimana di Santificazione è stata istituita “per far sì che all’interno della famiglia si recuperino relazioni come il perdono e la riconciliazione, iniziando il nuovo anno come una reale comunità di amore”. Il messaggio ricorda anche gli attacchi che l’istituzione famiglia subisce oggi nella società: aborto, divorzio, basso tasso di crescita, difficoltà nella comunicazione e rotture fra i membri della famiglia. Esorta così le famiglie cristiane “a rimanere vigili contro i problemi crescenti dello scarto generazionale e soprattutto contro il materialismo che invade le famiglie”. (A.L.)

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    Dopo Zambia, Zimbabwe e Mozambico anche il Malawi colpito dalle alluvioni

    ◊   Le alluvioni e le piogge torrenziali che hanno già colpito nei giorni scorsi Zambia, Zimbabwe e Mozambico, hanno ora colpito anche il Malawi. “La situazione, già molto critica, sta peggiorando – ha detto Paulo Zucula, direttore dell’Istituto mozambicano per la gestione dei disastri – e stiamo provvedendo a sfollare la gente lì dove sappiamo che i fiumi stanno per straripare”. In Mozambico, lungo il fiume Zambesi, nei giorni scorsi sono morte sei persone ed evacuate almeno 54 mila; centomila hanno perso raccolti e animali d’allevamento, mentre da più parti cresce il timore di epidemie di colera e diarrea. In Zambia la situazione non è ancora degenerata, ma le autorità temono un innalzamento delle acque dei fiumi e conseguenti straripamenti. In migliaia hanno comunque già abbandonato i loro luoghi di origine e, come in Mozambico, ingenti sono stati i danni per agricoltura e allevamento. In Zimbabwe, resta confermato il bilancio di 31 vittime diffuso qualche giorno fa. (C.C.)

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    La ‘Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani’ a Ginevra dal 18 al 25 gennaio

    ◊   Il 2008 è l’anno in cui la ‘Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani’ festeggia il suo centenario. Ginevra vedrà impegnate dal 18 al 25 gennaio le Chiese di tutto il mondo in un’incessante preghiera per l’unità dei giovani cristiani nel mondo. Il Consiglio Mondiale delle Chiese a Ginevra, insieme alle Chiese locali e alle comunità cristiane, celebra l’evento per sottolineare l’importanza di una comune preghiera per l’unità della Chiesa soprattutto in quei Paesi dove l’unità dei cristiani è resa più difficile dalle gravi problematiche presenti al loro interno. Domenica 20 gennaio, il Centro Ecumenico di Ginevra aprirà le porte dalle 14.30 ai visitatori dell'esposizione "Pregate incessantemente", in cui l'associazione di Chiese ginevrine presenterà le attività ecumeniche della città. In una tavola rotonda, rappresentanti delle Chiese del Sudafrica, dello Sri Lanka e di Haiti testimonieranno sul significato della preghiera per l'unità in situazioni di povertà e conflitto violento. Nella cappella del Centro Ecumenico, successivamente, si svolgerà una celebrazione ecumenica basata sulla liturgia proposta alle comunità di tutto il mondo dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Mondiale delle Chiese e dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani. All’evento parteciperanno molti gruppi studenteschi e giovanili cristiani, organizzando azioni comuni quali servizi ecumenici di preghiera, attività di carattere sociale e seminari, allo scopo di lavorare uniti per la proclamazione e diffusione della Parola di Dio nel mondo. (C.C.)

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    In corso in Cile la "Missione Paese" per coinvolgere i giovani nella missione evangelizzatrice

    ◊   Come tutti gli anni, un gruppo imponente di giovani universitari cileni sta trascorrendo parte delle proprie vacanze in chiave missionaria. Si tratta della “Missione Paese”, giunta quest’anno alla quinta edizione: si tratta di un progetto sociale e di solidarietà che ogni mese di gennaio coinvolge giovani disposti a collaborare alla missione evangelizzatrice della Chiesa. L’edizione del 2008 – riferisce l’agenzia Fides - riveste un’importanza maggiore, ponendosi sulla scia della convocazione della grande Missione Continentale promossa dai vescovi dell'America Latina nel corso della V Conferenza Generale di Apparecida. L'iniziativa è organizzata dal servizio pastorale della Pontificia Università Cattolica del Cile ed ha per tema: “Per l'incontro con Cristo, la mia consegna verso un Cile missionario”. María Paz Errázuriz, presidente nazionale della “Missione Paese 2008”, ha affermato che “la consegna verso un Cile missionario fa riferimento ad una missione che deve continuare durante l'anno, e deve trasformarsi in una forma di vita”. Da Arica fino a Punta Arenas, più di 2.500 giovani missionari, rappresentanti di 56 università, percorreranno le 13 regioni del Paese. “Seguendo lo spirito di servizio alla Chiesa - affermano gli organizzatori - tutte le località dove si realizzerà la missione saranno indicate dal vescovo del luogo”. La “Missione Paese 2008” è stata lanciata ufficialmente il 4 gennaio scorso nel campus di San Joaquín della Pontificia Università Cattolica del Cile. Da lì i giovani si sono recati al Tempio di Maipú per partecipare alla Santa Messa di invio presieduta dall’arcivescovo di Santiago, il cardinale Francisco Javier Errázuriz. La Missione proseguirà fino al 14 gennaio. (A.L.)

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    Convegno a Siena sulla Via Francigena, itinerario dello Spirito

    ◊   Dai Longobardi ai pellegrini del Giubileo. E’ la lunga storia della Via Francigena, l’antica strada che collegava il Nord Europa con Roma. A questa storia è stato dedicato ieri il convegno, tenutosi a Siena nella cripta del convento di San Domenico. E’ stata proposta, in particolare, l’idea di un patto tra Chiese locali, confraternite, associazioni ed enti ecclesiali per far tornare i pellegrini ad immergersi nei sentieri che hanno segnato una delle grandi rotte della spiritualità in Europa. La Francigena – ha detto al quotidiano “Avvenire” il responsabile del servizio nazionale per il progetto culturale della CEI, Vittorio Sozzi – è “una opportunità per ritrovare i segni della bimillenaria presenza cristiana nei luoghi che sono toccati dalla via”. “Segni – ha aggiunto – che parlano anche all’uomo di oggi e vanno gustati in silenzio”. Soltanto in quest’ottica – ha poi spiegato il vescovo di Fidenza, mons. Carlo Mazza – la strada che porta alle tombe di Pietro e Paolo potrà avere davvero il volto dell’asse “di riferimento della cultura cristiana”. L’operazione – si è precisato durante il convegno - dovrà andare di pari passo con una presenza di strutture ospitali e ben gestite lungo il percorso. Lo scopo è di fare dei novecento chilometri di strada che collegano le Alpi a Roma un percorso di fede e storia nel cuore dell’Italia, come lo è quello di Santiago per la Spagna. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Attacco delle forze turche nel Kurdistan iracheno contro presunte postazioni del PKK

    ◊   Torna alta la tensione nel Kurdistan iracheno, dove in mattinata l’esercito turco ha condotto una vasta offensiva nella provincia di Dahuk ai danni di presunte postazioni dei guerriglieri del PKK. A darne notizia sono state le autorità locali, senza tuttavia fornire altri dettagli sull’operazione che, secondo la televisione curda, avrebbe impiegato anche alcuni aerei di Ankara. Intanto, fonti della guerriglia sunnita hanno fatto sapere che nella grossa offensiva lanciata ieri nei sobborghi meridionali di Baghdad sarebbero morti un dirigente del braccio locale di Al Qaeda ed ad altri 20 combattenti.

    Visita di Bush al museo dell’Olocausto di Gerusalemme
    Ultima giornata in Israele per il presidente statunitense, George W. Bush, che oggi è ripartito alla volta del Kuwait dopo aver visitato il museo dell’Olocausto a Gerusalemme. Ieri invece, incontrando i rappresentanti palestinesi ed israeliani, il capo della Casa Bianca aveva parlato dei negoziati di pace, affrontando temi caldi per la creazione dello Stato palestinese. Il nostro servizio:

    Forte commozione per il presidente americano che oggi ha visitato lo storico museo Yad Vashem. Accompagnato dai vertici israeliani, Bush si è raccolto davanti al memoriale della Shoah con le lacrime agli occhi e ha deposto una corona presso la fiamma eterna, dopo aver ascoltato una poesia scritta da una donna fucilata dai nazisti. “Se il male viene individuato bisogna resistergli”, ha affermato il capo della Casa Bianca che in mattinata si è spostato in Galilea per altri due appuntamenti di carattere culturale e religioso: cioè la visita ai siti archeologici e alla Chiesa delle Beatitudini. La giornata di ieri è stata invece contrassegnata da temi politici. La pace tra israeliani e palestinesi entro il 2008 è possibile, ha detto Bush durante la tappa a Ramallah, dove ha potuto constatare di persona come posti di blocco e filo spinato rendano ogni giorno difficile la vita dei palestinesi. Il presidente americano ha così affrontato il problema dei confini del futuro Stato palesitnese, che dovrà necessariamente avere - ha detto - “una continuità territoriale”. Il capo della Casa Bianca ha mostrato però di comprendere altrettanto bene anche la necessità di sicurezza di Israele, spiegando che nessun accordo di pace può nascere dal terrore. Israele - ha poi precisato - deve porre fine alla “occupazione iniziata nel 1967”, aggiungendo tuttavia - circa lo status di Gerusalemme - che servono “concessioni dolorose” da entrambe le parti. Questo significa in particolare il massimo controllo dei palestinesi sulle attività terroristiche nei Territori e per gli israeliani di congelare lo sviluppo di nuovi insediamenti. Dopo tre giorni permanenza, Bush ha lasciato lo Stato ebraico alla volta del Kuwait, il primo dei cinque alleati arabi che visiterà nei prossimi giorni.

    Pakistan: indagini sul sanguinoso attentato di ieri
    In Pakistan, proseguono le indagini per ricostruire l’identità dell’attentatore suicida che ieri si è fatto esplodere davanti ad un palazzo del tribunale di Lahore, provocando 26 morti ed una sessantina di feriti. Dura la condanna dell’atto da parte della Casa Bianca, che ha messo in guardia contro tutti i tentativi di condizionare il processo elettorale nel Paese. Il governo di Islamabad ha parlato di un tentativo di ostacolare la democrazia e ha confermato che nonostante l’acuirsi della tensione le elezioni si svolgeranno, come previsto, il 18 febbraio prossimo.

    In Kenya nuove manifestazioni di protesta
    Sempre incerta la situazione in Kenya. All’indomani del fallimento della mediazione dell’Unione Africana, il partito dell’opposizione guidato da Raila Odinga ha annunciato la ripresa di nuove manifestazioni di protesta in tutto il Paese, a partire da mercoledì prossimo. Oggi stesso le autorità di Nairobi saranno informate sul calendario delle iniziative. Lo hanno fatto sapere fonti del Movimento Democratico arancione, che prevedono “un periodo molto buio nella storia del Paese”. Intanto, mentre anche l’inviato statunitense, Frazer, si appresta a lasciare il Kenya, proseguono gli scontri. Nella zona ovest del Paese, stamani sei abitazioni sono state incendiate e una persona è rimasta ferita.

    Nigeria - petroliera in fiamme
    In Nigeria, si segnala una petroliera in fiamme nello scalo marittimo di Port Harcourt. Si ritiene che l’episodio sia legato alle violenze riprese nelle ultime settimane, dopo l’apparente fallimento dei colloqui di pace tra governo ed esponenti dei gruppi che agiscono nel delta del Niger e che si oppongono alle major del petrolio. Solo ieri il MEND, il Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger, aveva rinnovato le sue minacce ai cittadini stranieri che lavorano nel settore, dichiarando il proprio sostegno ai gruppi minori che agiscono nell’area.

    Myanmar: Aung San Suu Kyi incontra un rappresentante della giunta
    E' durato circa un'ora a Rangoon il nuovo colloquio tra Aung San Suu Kyi e il ministro incaricato dalla giunta al potere nella ex Birmania di tenere i contatti con la leader della Lega Nazionale per la Democrazia, da anni agli arresti domiciliari. L’ultimo incontro si era tenuto il 29 novembre scorso, dopo le richieste della comunità internazionale a seguito delle manifestazioni di piazza dei mesi passati, represse nel sangue. Ma come può essere letto il faccia a faccia di oggi? Giada Aquilino lo ha chiesto a padre Piero Gheddo, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME) e profondo conoscitore della ex Birmania:

     
    R. - Può essere letto in un modo solo: le manifestazioni e le proteste qualche effetto l’hanno avuto. Le autorità birmane capiscono di essere isolate nel mondo. Penso abbiano influito un po’ il blocco economico, un po’ la Cina - che ritengo abbia fatto pressioni - e un po’ l’inviato europeo, Piero Fassino, che recentemente è andato a Rangoon per conto di Bruxelles. L’Unione Europea ha un peso economico notevolissimo sulla Birmania: dopo la Cina e l’India, c’è l’UE, ben prima degli Stati Uniti. Comunque, ora i governanti penso cerchino di trovare qualche accordo per andare avanti senza lasciare il potere. E infatti, abbiamo dei segnali: nella vita normale della gente qualcosa si è allentato, hanno liberato dei prigionieri politici, hanno fatto qualche passo in avanti, pur continuando le repressioni dei dissensi e le persecuzioni.

     
    D. - Quali altri passi verso la democrazia si stanno compiendo?

     
    R. - Li definirei passi verso un allentamento della pressione sul popolo, sugli organismi, sulle Chiese. Mi pare che ci sia qualche segno positivo. Il rischio, qui, è che passino i mesi e poi tutto ritorni come prima, come è avvenuto nel 1988. All’epoca, dopo le manifestazioni degli studenti represse con la violenza e con molti morti, ci furono delle elezioni abbastanza libere, in cui il partito socialista al potere ottenne il 12 per cento dei voti e il partito di Aung San Suu Kyi l’82 per cento. Quelle consultazioni però furono invalidate e la giunta è andata avanti negli anni.

    Kazakistan: esplosione in miniera, 7 morti
    Grave incidente in una miniera di carbone in Kazakistan. Stamani, una violenta esplosione ha provocato la morte di almeno sette minatori. Fonti governative parlano di una ventina di dispersi mentre sono 11 gli operai tratti in salvo. La miniera, di proprietà del colosso mondiale della siderurgia ArcelorMittal, si trova nella città di Abai, nella regione di Karaganda.


    Gran Bretagna - sì alla costruzione di nuove centrali nucleari
    Il governo britannico ha annunciato la costruzione di nuove centrali nucleari civili entro il 2020. Gli impianti sostituiranno i 23 attualmente in funzione entro 14 anni. Il servizio da Londra è di Sagida Syed:


    Le nuove centrali verranno finanziate da aziende private e manterranno invariata la produzione energetica che copre il 20 per cento del fabbisogno del Paese. Ritenute uno strumento chiave per affrontare la lotta contro i cambiamenti climatici attraverso l’utilizzo di una fonte pulita quale l’energia atomica, le nuove centrali non distoglieranno - assicura il governo - l’attenzione dalla ricerca e dallo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili, in particolare l’energia eolica e solare, che dovrebbe infatti quintuplicare nei prossimi decenni. La decisione non è stata accolta favorevolmente dagli ambientalisti, in particolare dagli attivisti di Greenpeace, che erano riusciti l’anno scorso a bloccare il nulla osta del parlamento, forti di uno studio secondo il quale le centrali nucleari abbasserebbero le emissioni di ossido di carbonio solo del 4 per cento: troppo poco per giustificare la costruzione di nuovi impianti. (Da Londra, per la Radio Vaticana, Sagida Syed)

    Iran - Baradei discute del programma atomico di Teheran
    Il controverso programma atomico iraniano è al centro della visita di due giorni a Teheran del direttore dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (AIEA), Mohammed El Baradei, giunto stamani nel Paese con l’obiettivo di chiarire alcuni punti. El Baradei, che non ha rilasciato dichiarazioni, è stato ricevuto da Mohammad Saidi, vicedirettore dell'Organizzazione iraniana dell’energia atomica e dal rappresentante dell’AIEA in Iran, Ali Asghar Soltaniyeh.

    Italia - proteste in Sardegna per l’emergenza rifiuti
    Dopo la Campania, l’emergenza rifiuti si estende anche nell'isola italiana della Sardegna, dove nella notte sono stati incendiati diversi cassonetti dell’immondizia, mentre decine di sacchetti di spazzatura sono stati lanciati nel cortile dell’abitazione del presidente della Regione, Renato Soru. Le proteste sono scattate ieri nel porto di Cagliari, dove un gruppo di manifestanti si è scontrato con la polizia per impedire che venissero scaricate 5 mila tonnellate di rifiuti provenienti da Napoli. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 11 

     E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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