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Sommario del 07/01/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa incontra il Corpo diplomatico: appello per la fine dei conflitti nel mondo e la lotta contro fame e povertà. Dopo la moratoria sulla pena di morte Benedetto XVI chiede un dibattito sul carattere sacro della vita umana
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Una Messa presieduta dal cardinale Rodé apre a Roma la 35.ma Congregazione generale della Compagnia di Gesù
  • La Chiesa ortodossa russa festeggia il Natale: il Patriarca Alessio II invita i cristiani a difendere la famiglia
  • Padre Pio è la rilettura moderna del carisma di San Francesco: così, l’arcivescovo di Manfredonia, D’Ambrosio, dopo l’annuncio della riesumazione ed esposizione delle spoglie del Santo di Pietrelcina
  • E' sempre emergenza rifiuti in Campania: nuovi scontri a Pianura
  • Compie 100 anni "La Difesa del Popolo", settimanale della diocesi di Padova
  • Chiesa e Società

  • In Terra Santa s'intrecciano l'Epifania celebrata dai cattolici e il Natale delle Chiese Orientali
  • Si aggrava in Kenya la crisi umanitaria
  • In Nigeria, il cardinale Okogie chiede più trasparenza nella sia pur encomiabile campagna anti-corruzione lanciata dal governo
  • Arrestato in Cina un noto attivista dei diritti umani
  • Dall'India anche il cardinale Gracias sostiene la moratoria per l'aborto
  • Ancora impiccagioni in Iran: sono 15 dall'inizio dell'anno
  • Prosegue in Vietnam la manifestazione dei cattolici di Hanoi per ottenere la restituzione dallo Stato dell’antica Delegazione apostolica, requisita nel 1975
  • In Polonia, i vescovi si pronunciano contro gli aiuti pubblici per la fecondazione in vitro
  • Il cardinale Bagnasco: "La fede ha un ruolo costruttivo nella vita civile"
  • Il vescovo di Coira in Svizzera vieta la predicazione dei laici alle Messe
  • La Chiesa del Maryland negli USA pronta ad intervenire su temi eticamente sensibili alla prossima sessione dell’Assemblea dello Stato
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nuovi attentati in Iraq: l'appello del patriarca Emmanuel III Delly
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa incontra il Corpo diplomatico: appello per la fine dei conflitti nel mondo e la lotta contro fame e povertà. Dopo la moratoria sulla pena di morte Benedetto XVI chiede un dibattito sul carattere sacro della vita umana

    ◊   Le crisi in Africa e la violenta instabilità del Medio Oriente, dalla Palestina al Pakistan, che ieri è tornata a minacciare anche i cristiani in Iraq. La solidarietà verso i Paesi devastati dalle catastrofi naturali e una nuova difesa della radici cristiane europee. L’aspirazione del mondo alla pace e la necessità che i Paesi lavorino di concerto per aumentare la sicurezza. La moratoria sulla pena di morte e l'invito ad un dibattito pubblico sul carattere sacro della vita. Con un discorso tradizionalmente allargato sull’attualità del pianeta - di denuncia dei drammi che lo attraversano e di speranza per i passi avanti compiuti a varie latitudini - Benedetto XVI ha accolto questa mattina in udienza gli ambasciatori dei 176 Stati accreditati presso la Santa Sede, affiancati dai rappresentanti di altri organismi sovranazionali facenti parte del Corpo diplomatico, nella consueta udienza di inizio d’anno, tenutasi nella Sala Regia del Palazzo Apostolico. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis:


    Otto cartelle - tra le più attese fra i pronunciamenti annuali di un Pontefice - per passare in rassegna ciò che il mondo vive, patisce, costruisce, spera. Otto cartelle per ammettere con sofferto realismo che, otto anni dopo l’inizio del Duemila, la “sicurezza e la stabilità del mondo permangono fragili”. Ma anche per definire - con echi che rimandano all’enciclica Spe Salvi - un’“arte della speranza” il lavorio svolto dalla diplomazia, perché essa, secondo il Papa, “vive della speranza e cerca di discernerne persino i segnali più tenui”. Entrato poco dopo le undici fra gli applausi degli ambasciatori schierati in due file nella Sala Regia in Vaticano, Benedetto XVI ha dapprima ascoltato in piedi l’indirizzo di saluto rivoltogli da Giovanni Galassi, ambasciatore della Repubblica di San Marino e decano del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Quindi, per i primi sette paragrafi del suo intervento, ha “fotografato” la situazione dei vari continenti, intrecciandola con i suoi appelli, le sua preoccupazioni, i suoi auspici.

     
    A farsi largo, quasi, con gli strascichi dolorosi della cronaca internazionale più recente sono stati i fatti in arrivo dall’Iraq. Dopo le autobomba scagliate ieri contro alcune chiese di Baghdad e di Mossul, così si è espresso Benedetto XVI:

     
    "Actuellement, les attentats terroristes, les menaces et les violences continuent, ..."

     
    “Attualmente gli attentati terroristici, le minacce e le violenze continuano, in particolare contro la comunità cristiana, e le notizie giunte ieri confermano la nostra preoccupazione; è evidente che resta da tagliare il nodo di alcune questioni politiche. In tale quadro, una riforma costituzionale appropriata dovrà salvaguardare i diritti delle minoranze”.
     
    Se gli attentati di ieri richiamano una realtà che, più avanti, il Papa stigmatizzerà parlando della libertà religiosa “spesso compromessa” in molte parti del mondo, la parola “riconciliazione”, declinata nei suoi vari aspetti, è stata la chiave di lettura di quasi tutte le osservazioni del Pontefice, ritenuta di “emergenza” non solo per l’Iraq. Nel complesso scacchiere mediorientale, Benedetto XVI l’ha invocata, anzitutto e di nuovo, per il conflitto israelo-palestinese, da poco riconsiderato alla Conferenza di Annapolis:

     
    "Je fais appel, une fois encore, aux Israeliens et aux Palestiniens..."
     
    “Faccio appello, ancora una volta, ad Israeliani e Palestinesi, affinché concentrino le proprie energie per l'applicazione degli impegni presi in quella occasione e non fermino il processo felicemente rimesso in moto. Invito inoltre la comunità internazionale a sostenere questi due popoli con convinzione e comprensione per le sofferenze e i timori di entrambi”.

     
    E sempre guardando al Medio e all’Estremo Oriente, riconciliazione e dialogo il Papa ha chiesto per il Libano, per il Pakistan “duramente colpito - ha detto - dalla violenza negli ultimi mesi”. Per l’Afghanistan, nel quale “alla violenza si aggiungono - ha rilevato - altri gravi problemi sociali, come la produzione di droga”. Per lo Sri Lanka e per il Myanmar, perché in questo caso i contrasti si sciolgano in una stagione di confronto fondata sul rispetto dei diritti umani. L’apertura del discorso, tuttavia, è stata dedicata dal Pontefice all’America Latina. Dieci anni fa, Giovanni Paolo II si recava a Cuba e quell’evento - che L’Avana si appresta a celebrare - è stato messo da Benedetto XVI come leit-motiv di “speranza” per il tutto il continente, peraltro ricordato dal Papa nelle tragedie naturali che l’hanno più volte colpito nel 2007: dal Messico, all’America centrale al Perù.

     
    Il paragrafo sei ha riguardato l’Africa. Forti le parole con le quali Benedetto XVI ha rammentato la “profonda sofferenza” del Darfur, nel quale la speranza appare - ha detto - “quasi vinta dal sinistro corteo di fame e morte”. Soffermandosi sulle violenze della Somalia e il processo di pace nella Repubblica Democratica del Congo, ancora la cronaca più “calda”, in arrivo dal Kenya, ha spinto il Pontefice a questo appello:

     
    "...j'invite tous les habitants, en particulier les responsables politiques, ..."

     
    “Invito tutti gli abitanti, e in particolare i responsabili politici, a ricercare mediante il dialogo una soluzione pacifica, fondata sulla giustizia e sulla fraternità. La Chiesa cattolica non è indifferente ai gemiti di dolore che si innalzano da queste regioni. Ella fa proprie le richieste di aiuto dei rifugiati e degli sfollati, e si impegna per favorire la riconciliazione, la giustizia e la pace".
     
    L’Africa del 2008 è anche quella dell’Etiopia, che ricorda il suo terzo millennio cristiano. Un evento al quale Benedetto XVI ha fatto seguire il suo sguardo all’Europa, che registra miglioramenti in Kosovo e chiede attenzione per la crisi di Cipro ma soprattutto prova a riscrivere i suoi principi comunitari col Trattato di Lisbona, fra i quali il Papa invoca maggiore rispetto per l’eredità del Vangelo:

     
    "Cette étape relance le processus de construction de la "maison Europe"..."

     
    “Tale tappa rilancia il processo di costruzione della ‘casa Europa’, che ‘sarà per tutti gradevolmente abitabile solo se verrà costruita su un solido fondamento culturale e morale di valori comuni che traiamo dalla nostra storia e dalle nostre tradizioni’ e se essa non rinnegherà le proprie radici cristiane”.

     
    Alla fine del suo giro d’orizzonte, Benedetto XVI è passato a riflettere sui valori assoluti della pace, della libertà e della giustizia:

     
    "...l'ordre et le droit en sont des éléments qui la garantissent...."

     
    “L'ordine e il diritto ne sono elementi di garanzia. Ma il diritto può essere una forza di pace efficace solo se i suoi fondamenti sono solidamente ancorati nel diritto naturale, dato dal Creatore. È anche per tale ragione che non si può mai escludere Dio dall'orizzonte dell'uomo e della storia. Il nome di Dio è un nome di giustizia; esso rappresenta un appello pressante alla pace”.

     
    In quest’ottica, il dialogo interculturale e religioso contribuiscono con forza alla costruzione del rispetto reciproco e della comprensione, come dimostra il recente e apprezzato scambio di missive con i 138 leader musulmani. Tuttavia, ha affermato il Papa:

     
    "Pour etre vrai, ce dialogue doit etre clair, evitant relativisme et syncrétisme, ..."

     
    “Per esser vero, questo dialogo deve essere chiaro, evitando relativismi e sincretismi, ma animato da un sincero rispetto per gli altri e da uno spirito di riconciliazione e di fraternità”.

     
    La Chiesa, ha proseguito Benedetto XVI, non dimentica mai che qualsiasi valore o diritto ha per centro l’uomo e la sua inviolabile dignità. E dunque la sacralità della sua vita, troppo spesso ancora - ha deplorato il Pontefice - oggetto di “attacchi” prima e dopo la nascita:

     
    "Je voudrais rappeler, avec tant de chercheurs et de scientifiques, ..."

     
    “Vorrei richiamare, insieme con tanti ricercatori e scienziati, che le nuove frontiere della bioetica non impongono una scelta fra la scienza e la morale, ma che esigono piuttosto un uso morale della scienza. D'altra parte (…) mi rallegro che lo scorso 18 dicembre l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite abbia adottato una risoluzione chiamando gli Stati ad istituire una moratoria sull'applicazione della pena di morte ed io faccio voti che tale iniziativa stimoli il dibattito pubblico sul carattere sacro della vita umana”.
     
    E invocando, come sempre in queste circostanze, tutele per “l'integrità della famiglia, fondata sul matrimonio”, il Papa ha esortato i Paesi ricchi ad aiutare quelli meno abbienti nell’accesso alle risorse naturali e soprattutto ha invitato a uno “sforzo congiunto” in materia di sicurezza. Sforzo, ha soggiunto, che impedirebbe “l'accesso dei terroristi alle armi di distruzione di massa” e che “rinforzerebbe, senza alcun dubbio, il regime di non proliferazione nucleare e lo renderebbe più efficace”. E se poco prima, Benedetto XVI aveva chiesto un impegno diplomatico “senza sosta” per dirimere la vertenza sul nucleare iraniano, qui il Papa ha salutato con piacere l'accordo per lo smantellamento del programma di armamento nucleare in Corea del Nord: “Incoraggio - ha asserito - l'adozione di misure appropriate per la riduzione degli armamenti di tipo classico, e per affrontare il problema umanitario posto dalle munizioni a grappolo”.

     
    Il pensiero conclusivo è stato per la diplomazia, “arte della speranza”, che non si stanca di ricercare anche le più labili possibilità di dialogo:

     
    "La diplomatie doit donner de l'espérance. La celebration de Noël vient chaque..."

     
    “La diplomazia deve dare speranza. La celebrazione del Natale viene ogni anno a ricordarci che, quando Dio si è fatto piccolo bambino, la Speranza è venuta ad abitare nel mondo, al cuore della famiglia umana. Questa certezza diventa oggi preghiera: che Dio apra il cuore di quanti governano la famiglia dei popoli alla Speranza che mai delude”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il nome di Dio è un nome di giustizia, un appello pressante alla pace. Apre la prima pagina il discorso di Benedetto XVI al Corpo diplomatico.

    Nell'informazione internazionale, una serie di schede sulle aree di crisi nei diversi continenti ricordate dal Papa.

    Rilievo alla Georgia. Rieletto presidente Saakashvili, mentre l'opposizione contesta l'esito del voto.

    Un articolo sul dibattito in corso in Italia a proposito della questione sull'aborto.

    Nell'informazione religiosa, un servizio sulla Messa, nella chiesa del Gesù, per l'inizio della trentacinquesima Congregazione generale dei gesuiti.

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    Oggi in Primo Piano



    Una Messa presieduta dal cardinale Rodé apre a Roma la 35.ma Congregazione generale della Compagnia di Gesù

    ◊   Con una Messa solenne, celebrata nella Chiesa del Gesù di Roma, si è aperta stamani la 35.ma Congregazione generale della Compagnia di Gesù. Oltre 200 i sacerdoti presenti, tra cui anche l'attuale preposito generale, padre Peter-Hans Kolvenbach. A lui è andato, a nome di tutti, il ringraziamento del cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, che ha presieduto il rito eucaristico. I lavori della Congregazione generale si apriranno nel pomeriggio, con due obiettivi: eleggere il nuovo preposito generale e riflettere sulle tematiche fondamentali per la vita della Compagnia di Gesù. Il servizio di Isabella Piro:


    (canto: La nostra salvezza è nel nome del Signore)

    Un silenzio composto e commosso, alternato alla gioia del canto: la Santa Messa con cui si è aperta la 35.ma Congregazione generale della Compagnia di Gesù si è svolta su questi due registri. Cromaticamente divisa in due la Chiesa del Gesù: davanti, il colpo d’occhio bianco dei paramenti degli oltre 200 gesuiti presenti; dietro, i colori scuri dei tanti fedeli che hanno voluto unirsi alla celebrazione. E tutti hanno detto grazie a padre Kolvenbach, preposito generale uscente dopo circa 25 anni alla guida della Compagnia. Portavoce del ringraziamento è stato il card. Rodé:

     
    "Deseo presentarle, reverendísimo padre Kolvenbach, a nombre de la Iglesia y al mío propio, un vivo agradecimiento…"

     
    Il porporato ha ringraziato padre Kolvenbach per la sua fedeltà, la sua sapienza, la sua rettitudine, il suo esempio di umiltà e povertà. “L’elezione di un nuovo preposito generale – ha aggiunto - ha un valore fondamentale per la vita della Compagnia, non solo perché la sua struttura gerarchica centralizzata concede costituzionalmente al Generale piena autorità per il buon governo, la conservazione e la crescita di tutto il corpo della Compagnia, ma anche perché, come dice molto bene Sant’Ignazio, «il benessere del capo ridonda su tutto il corpo, e come sono i Superiori saranno a loro volta gli inferiori”. Il cardinale Rodé si è poi soffermato sulle tematiche su cui rifletterà la Congregazione generale, ossia l’identità del Gesuita oggi, il significato e il valore del voto di obbedienza al Santo Padre, la missione della Compagnia nel contesto della globalizzazione e della vita comunitaria. Per questo, ha ribadito il porporato, occorre avere “lo stesso sguardo delle tre persone divine”, ossia porsi all’ascolto dello Spirito creatore, senza perdere l’impegno per discernere i segni dei tempi. L’attenzione, quindi, va anche ai laici:

     
    "(…) son muchas las personas que dentro y fuera de la Iglesia frecuentan vuestros centros educativos…"

     
    “Sono molte le persone che dentro e fuori la Chiesa - ha detto il cardinale Rodé - frequentano i vostri centri di insegnamento con il desiderio di trovare una risposta alle sfide che la scienza, la tecnica, la globalizzazione, l’inculturazione, il consumismo e la miseria, pongono all’umanità, alla Chiesa e alla fede, con la speranza di ricevere una formazione che li renda capaci di costruire un mondo di verità e di libertà, di giustizia e di pace”. E tra le sfide che attendono la Chiesa, c’è la necessità di presentare al mondo la verità della Sacra Scrittura, che allontana i fedeli dal rischio di un “relativismo senza orizzonte”, e di ridurre quella separazione tra Fede e cultura che “costituisce un impedimento grave l’evangelizzazione”.

     
    "(…). La obediencia religiosa se comprende sólo como obediencia en el amor…"

     
    “L’obbedienza religiosa – ha poi ricordato il porporato - si concepisce soltanto come obbedienza nell’amore”, aggiungendo di vedere “con tristezza e inquietudine” “un crescente allontanamento dalla Gerarchia” e ribadendo che “la spiritualità ignaziana di servizio apostolico «sotto il Romano Pontefice» non accetta questa separazione”, poiché il suo motto è “In tutto amare e servire”.

     
    Al termine della celebrazione, infine, la suggestiva cerimonia dell’accensione della lampada votiva davanti alle spoglie di Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù. Celate dietro ad un dipinto che scivola verso il basso grazie ad un meccanismo, le reliquie sono vegliate da una grande statua in argento dello stesso Sant’Ignazio. La lampada votiva rimarrà accesa per tutta la durata della Congregazione ed altre arderanno nelle Chiese dei gesuiti di tutto il mondo, come testimonianza della preghiera continua per il successo della Congregazione.

     
    (canto: Io son la vite, voi siete i tralci)

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    La Chiesa ortodossa russa festeggia il Natale: il Patriarca Alessio II invita i cristiani a difendere la famiglia

    ◊   Festeggiano oggi il Natale le Chiese Orientali che seguono il calendario giuliano: tra queste la Chiesa russa e le Chiese di Serbia, Georgia, Repubblica Ceca, Polonia, a cui si aggiungono la Chiesa copta, etiopica e armena. Ieri all’Angelus il Papa ha rivolto i suoi “auguri più cordiali ai fratelli e alle sorelle delle Chiese Orientali”: “è una grande gioia – ha detto - condividere la celebrazione dei misteri della fede, nella multiforme ricchezza dei Riti che attestano la bimillenaria storia della Chiesa”. Grande festa dunque oggi a Mosca per le celebrazioni natalizie. Ieri il Patriarca Alessio II ha presieduto la Messa della Notte. Dalla capitale russa il servizio di Chiaretta Zucconi:


    L'unità soltanto può renderci forti, liberi e capaci di migliorare il mondo. Questo il messaggio centrale dell'omelia del Patriarca Alessio II di Mosca e di tutte le Russie, durante la solenne celebrazione del Natale ortodosso ieri sera nella Cattedrale di Cristo Salvatore gremita di fedeli. Tra gli eventi citati, come tra i più significativi nel 2008, l'unificazione della Chiesa russa ortodossa all'estero con il Patriarcato di Mosca. Il Patriarca ha inoltre sollecitato i fedeli a mostrare compassione e pietà per chi è solo e bisgonoso, proclamando, quello appena iniziato, l'Anno della famiglia in Russia. 'I valori della famiglia devono essere la priorità per i cristiani nel mondo' ha sottolineato il Patriarca di Mosca che, nell'omelia di questa mattina, sempre in cattedrale, ha richiamato ancora una volta l'attenzione sulla necessità dell'unità di tutti i cristiani. Dopo la Messa di Mezzanotte, iniziata alle 22 e terminata all'una e trenta, è cominciata la festa per milioni di ortodossi russi che celebrano il Natale seguendo il vecchio calendario giuliano, in ritardo di 13 giorni sul gregoriano in vigore nel resto del mondo. Cena magra e frugale, niente carne e prodotti a base di latte, concessi solo un paio di piatti preparati con grano di frumento o riso condito con miele e uvetta.

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    Padre Pio è la rilettura moderna del carisma di San Francesco: così, l’arcivescovo di Manfredonia, D’Ambrosio, dopo l’annuncio della riesumazione ed esposizione delle spoglie del Santo di Pietrelcina

    ◊   Le spoglie mortali di San Pio da Pietrelcina saranno riesumate ed esposte alla venerazione dei fedeli a partire dal mese di aprile: è quanto annunciato ieri dall’arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, che riveste anche il ruolo di delegato della Santa Sede per il Santuario e le Opere di San Pio da Pietrelcina. Intervistato da Alessandro Gisotti, mons. D’Ambrosio spiega le motivazioni di questa iniziativa, che si inscrive nel 40.mo anniversario della morte del Santo Cappuccino:


    R. - C’è stata sempre la riesumazione, la ricognizione delle reliquie dei Santi ed è prassi normale nella storia della Chiesa, per tutti i Santi. Non si tratta, quindi, di curiosità, ma di garantire che le reliquie, le spoglie mortali di un Santo così venerato, possano essere conservate nelle migliori condizioni possibili: per noi e per quelli che verranno dopo di noi.

     
    D. – Quanto è importante per i fedeli la possibilità di pregare dinnanzi alle spoglie di padre Pio e da quando potrà essere possibile, nei prossimi mesi?

     
    R. - Non è una sorta di feticismo, già adesso i fedeli vanno nella cripta del Santuario di Santa Maria delle Grazie, davanti alla tomba di padre Pio, si fermano, pregano. Siamo fatti di carne, abbiamo bisogno di segni sensibili e in fondo Dio per parlarci si è fatto uno di noi e ha condiviso con noi tutto. Questo legame fa parte di quella nostra umanità che ha bisogno di vedere, di toccare. Padre Pio è stato un segno della presenza di Dio, che soprattutto richiamava a quel mistero della conversione e del perdono, e che ricordava a tutti coloro che andavano a lui che lì, in quell’uomo piagato, c’era un’immagine, una “epifania dell’amore crocifisso”. La riesumazione, la ricognizione è un fatto molto impegnativo anche da un punto di vista medico, scientifico. Pensiamo che per la metà di aprile tutto sarà pronto per esporre l’urna con le sue spoglie mortali alla venerazione dei fedeli nel luogo stesso in cui adesso c’è la tomba di padre Pio, credo per alcuni mesi. Combacerà così questo evento tanto importante con i quarant’anni dalla morte di padre Pio e i novanta dalla sua stigmatizzazione.

     
    D. – Sono passati, appunto, quarant’anni dalla morte di padre Pio. Tuttavia l’affetto, la venerazione dei fedeli è perfino cresciuta in questi anni. Come spiega questo fenomeno di devozione?

     R. – Non c’è mai inflazione nella devozione. Ci sono sempre i profeti di sventura che parlano di un calo del numero dei pellegrini, questo però non lo si nota, anzi aumenta sempre più. Perché tanta devozione? C’è un mistero certo, padre Pio è un Santo che nasce dal popolo, che vive nella povertà francescana, è la rilettura moderna del carisma di san Francesco di Assisi. Sono passati 800 anni e più dalla morte di San Francesco di Assisi e non diminuiscono la venerazione, la fedeltà e le intuizioni che San Francesco di Assisi, nella scelta della povertà e della letizia, è riuscito a trasmettere e continua trasmettere.

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    E' sempre emergenza rifiuti in Campania: nuovi scontri a Pianura

    ◊   La situazione resta critica a Napoli e in altre zone della Campania per l'emergenza rifiuti. Tensione soprattutto a Pianura per la riapertura della discarica che dovrebbe accogliere i rifiuti del capoluogo campano. Il servizio di Alessandro Guarasci.

     
    Dalle prime ore dell'alba l'esercito, su ordine del governo, ha cominciato la raccolta a Caserta e in diverse località per agevolare la riapertura delle scuole. Scontri ci sono stati a Pianura, per la riapertura della discarica, dove le forze dell’ordine hanno cercato di liberare la strada dai blocchi disposti dai manifestanti. Sull’emergenza in atto il premier Prodi ha incontrato il ministro dell’Interno Giuliano Amato e il ministro della Difesa Arturo Parisi. Ieri, il vescovo di Pozzuoli mons. Gennaro Pascarella aveva lanciato un appello alla calma. Sentiamolo:

    R. – La motivazione per cui, anche noi come Chiesa non possiamo non interessarci di questi problemi, è perché ci interessa veramente l’uomo concreto, con le sue ricchezze, le sue povertà e le sue angosce.

     
    D. – In questo momento serve un passo indietro da parte delle istituzioni, una piena assunzione di responsabilità, secondo lei?

     
    R. – Quello che preoccupa anche la nostra Chiesa in questo tempo è una mancanza di fiducia della gente nelle istituzioni, dovuta anche al fatto che si sono fatte promesse e queste promesse poi non sono state mantenute. D’altra parte, le istituzioni devono avere soprattutto questa volontà politica comune, che dimostri che si vuole realmente, con gesti concreti risolvere questo problema.

     
    D. – Lei ieri ha lanciato un appello a non alimentare la tensione. Ad oggi le sembra che sia stato accolto?

     
    R. – Rimane la tensione, la sensazione che non si abbiano chiari gli obiettivi concreti da raggiungere, le tappe, cosa realmente si chiede e cosa si offre alla gente di questo territorio.

     
    D. – A questo punto il termovalorizzatore è una scelta obbligata, però...

     
    R. – Certamente, per chi rivede il ciclo dei rifiuti è necessario che ci siano dei termovalorizzatori.

     
    D. – Servono, però, soluzioni immediate, perchè la criminalità organizzata sta già facendo un pensiero al business dello smaltimento dei rifiuti...

     
    R. – Il montare di una certa violenza non è dovuto alla gente, almeno alla gente che conosco anch’io, delle nostre parrocchie, delle periferie, alla gente che anche ieri era a Messa, per fare un esempio. Purtroppo si sono inseriti gruppi che in genere anche agli stadi fanno violenza, o centri sociali, ed anche, certamente, si inserisce in questo caos la camorra. Questo, purtroppo, è vero.

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    Compie 100 anni "La Difesa del Popolo", settimanale della diocesi di Padova

    ◊   Sono cento anni che il settimanale "La Difesa del Popolo" è la voce ufficiale della diocesi di Padova. E sabato scorso presso la Cattedrale della città si è tenuta una concelebrazione di ringraziamento presieduta dal vescovo Antonio Mattiazzo. ”La Difesa del Popolo - ha ricordato nell’ omelia mons. Mattiazzo - è il giornale della comunità, che si occupa della gente e del territorio, che parla di politica senza essere di parte, aiutando il lettore a farsi un opinione evangelicamente ispirata”. Marina Tomarro ha intervistato don Cesare Contarini, alla guida del settimanale da 15 anni:


    R. – Cento anni fa è uscito il primo numero de “La Difesa del Popolo”. Quindi, il primo sentimento è una riconoscenza grande al Signore per tutto quello che questi cento anni hanno rappresentato nel nostro lavoro, quindi di pagine scritte e pubblicate, di persone che hanno lavorato amando la Chiesa e il proprio territorio, di dedizione spicciola nella diffusione del giornale, nel trovare le notizie, nei piccoli servizi che ogni attività come questa richiede.

     
    D. – Ma in che modo questo settimanale ha saputo raccontare la diocesi di Padova?

     
    R. – Quando è nata cento anni fa "La Difesa del Popolo”, il vescovo aveva in mente una forte presenza nel sociale e soprattutto chiedeva aiuto ai paesi, alle parrocchie del territorio per bonificare una Padova che, in quel mentre, era in mano agli anticlericali, ai massoni, ai socialisti di quel tempo. Quindi, il giornale è stato un forte strumento di battaglia e di presenza vivace dei cattolici per affermare le loro idee. Con il tempo è cambiato anche il rapporto della Chiesa con la società. Quindi, adesso il rapporto è più dialogico, è più di confronto. Noi abbiamo una grandissima università a Padova e cerchiamo di dialogare con il mondo della cultura e tenere alto anche un senso di proposta di valori cattolici e di cultura cattolica in città.

     
    D. – In questi cento anni come si è evoluto "La Difesa del Popolo”?

     
    R. – E’ cambiato il mondo attorno al giornale, è cambiata la Chiesa, è cambiato il rapporto tra Chiesa e mondo. Quindi, un giornale che era nato molto battagliero e ha condotto le battaglie del mondo cattolico nelle diverse epoche, poi con il Vaticano II si è preferito andare più su di un rapporto pastorale, quindi con una simpatia diversa nei confronti della realtà e del mondo. I temi del sociale, quindi, sono trattati con un’altra ottica.

     
    D. – E il rapporto dei padovani con il vostro giornale qual è?

     R. – "La Difesa del Popolo” a Padova è un giornale stimato, perchè abbiamo un approccio normalmente positivo alle diverse realtà, da quelle economiche a quelle amministrative, a quelle istituzionali. Quindi, ci sono dei rapporti buoni, anche se ci manteniamo una libertà di intervento e di critica come è proprio del giornalismo e ancor più di un’ispirazione cattolica del giornalismo.

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    Chiesa e Società



    In Terra Santa s'intrecciano l'Epifania celebrata dai cattolici e il Natale delle Chiese Orientali

    ◊   Di nuovo festa a Betlemme, con l’inizio, ieri, del Natale ortodosso per chi segue il calendario Giuliano e le celebrazioni dell’Epifania, inaugurate sabato con il solenne ingresso del Custode di Terra Santa in Basilica. Padre Pierbattista Pizzaballa, che veniva da Gerusalemme, per entrare in Betlemme ha varcato ben tre porte nel muro che chiude la città, attraversando lo stretto corridoio che conduce alla tomba di Rachele, un passaggio che viene aperto solo in queste solenni occasioni. Dopo essere entrato in Basilica per la porticina detta “dell’umiltà”, secondo lo status quo, nella chiesa latina di Santa Caterina padre Pizzaballa ha salutato brevemente i fedeli, ricordando come quella che per noi è la festa dell’Epifania, è per i nostri fratelli greci il Natale del Signore. Il Padre Custode ha invitato quindi tutti a gioire contemplando il Bambin Gesù, per essere testimoni del dono immenso di Dio che si è fatto uomo. Ieri mattina, la celebrazione dell’Epifania in Santa Caterina è stata seguita dalla solenne processione in grotta dove il Custode, come segno dei doni recati dai Magi, ha deposto nel luogo della Natività, oltre all’incenso e alla mirra, anche la rosa d’oro che fu donata da Papa Paolo VI ed ha quindi portato in processione dalla Grotta in Basilica la statua del Bambino seduto in trono. Ieri mattina, al termine della Messa in Santa Caterina, presieduta dal Custode di Terra Santa, secondo le regole dello status quo, che determinano i turni nella Basilica della Natività, altri ingressi solenni hanno animato la piazza della Mangiatoia: quelli del Patriarca greco Teofilo, del patriarca siriano e di quello copto che, accolti dalla popolazione in festa, hanno inaugurato le celebrazioni del Natale ortodosso. (A cura di Sara Fornari)

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    Si aggrava in Kenya la crisi umanitaria

    ◊   Sono circa 250 mila i profughi che hanno abbandonato le proprie case in seguito alle violenze seguite alle elezioni presidenziali. L’UNHCR, l’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati, ha dichiarato che è pronto a fornire aiuti d’emergenza a circa 100 mila sfollati. “Abbiamo scorte per 50 mila persone nei nostri magazzini a Nairobi – ha detto il vice Alto Commissario L. Craig Johnstone – e faremo arrivare altre forniture dalle riserve d’emergenza immaganizzate a Dubai e in Tanzania”. L’operazione dell’UNHCR si svolgerà soprattutto nella zona della Rift Valley, dove la Croce Rossa keniana ha rilevato che centinaia di persone sono senza assistenza e senza cibo. Intanto una missione UNHCR in Uganda al confine con il Kenya ha verificato che circa 2 mila kenyoti hanno fatto ingresso in territorio ugandese nella zona di Torero. Da rilevare che il Kenya ospita più di 270 mila rifugiati provenienti da tutta l’Africa, e da qui partono gli aiuti umanitari destinati alle popolazioni assistite dall’UNHCR nel Sudan meridionale, in Uganda, nella Repubblica democratica del Congo e in Rwanda. L’UNICEF, per parte sua, ha stimato oltre 500 mila persone bisognose al momento di assistenza umanitaria in Kenya, di cui la maggioranza donne e bambini. Gli aiuti più urgenti includono cibo, acqua, ripari, servizi igienici, scorte mediche e misure di protezione, compreso l’allestimento di spazi sicuri per donne e bambini. In collaborazione con la Croce Rossa kenyota, l’UNICEF fornirà supporto nutrizionale ad oltre 50 mila bambini e 5.600 donne incinte o in allattamento; distribuirà 15 mila kit familiari contenenti coperte, teli, sapone e taniche per la raccolta di acqua e fornirà acqua e servizi igienico-sanitari a più di 100 sfollati. Amnesty International, infine, ha espresso la propria condanna per le centinaia di uccisioni di cui si è resa responsabile la Polizia del Kenya che, secondo resoconti e testimonianze oculari, ha aperto il fuoco contro i manifestanti in varie parti del Paese. Amnesty ha chiesto al Governo del Kenya di avviare un’inchiesta sulle uccisioni avvenute durante le proteste post-elettorali, ricordando che le Forze di sicurezza devono agire nel rispetto degli standard internazionali sull’uso della forza letale. (C.C.)

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    In Nigeria, il cardinale Okogie chiede più trasparenza nella sia pur encomiabile campagna anti-corruzione lanciata dal governo

    ◊   L’arcivescovo di Lagos, cardinale Anthony Olubunmi Okogie, ha chiesto al governo nigeriano più trasparenza nella gestione del denaro confiscato dallo Stato a politici e dirigenti pubblici corrotti. Commentando la nuova campagna anti-corruzione lanciata dal neo-Presidente Umaru Yar’Adua, eletto la scorsa primavera, il porporato ha lamentato la scarsa informazione sulla quantità del denaro effettivamente recuperato e sul suo impiego: “Nessuno ci spiega quanto e come viene speso, ma la gente vuole sapere che fine ha fatto il maltolto”. Il cardinale ha quindi deplorato il fatto che la Nigeria abbia un’immagine così negativa all’estero, quella di un Paese corrotto, inefficiente e diviso da settarismi: “Sembra prevalere una sorta di auto-lesionismo. Il governo federale deve fare in modo che siano sempre rispettati i diritti costituzionali e non seguire le velleità e i capricci di alcuni elementi egoisti e anti-patriottici della nostra società”. Per migliorare questa immagine – ha aggiunto – la Nigeria dovrebbe essere rappresentata all’estero da ambasciatori scelti per la loro competenza e non per la loro appartenenza politica”. Quanto alla situazione economica del Paese, il cardinale Okogie ha infine indicato tra le priorità per lo sviluppo, il miglioramento delle sue infrastrutture elettriche. (L.Z.)

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    Arrestato in Cina un noto attivista dei diritti umani

    ◊   Vibrate proteste nel mondo umanitario per l’arresto a Pechino di Hu Jia, noto attivista dei diritti umani. La notizia è rimbalzata nelle cronache in tutto il mondo dopo gli appelli in sua difesa lanciati da Amnesty International, da “China Human right Defenders” e da “Reporter senza frontiere”. Hu Ja - arrestato il 27 dicembre scorso con l'accusa di ''incitamento alla sovversione dei poteri dello Stato - risulta tuttora detenuto ''in totale isolamento” senza avere incontrato il suo avvocato. Il suo arresto - denuncia Amnesty – sarebbe avvenuto “nel contesto di repressione delle autorità cinesi sugli attivisti per i diritti umani, in vista delle Olimpiadi di Pechino dell'agosto 2008''. Obiettivi prescelti sarebbero ''coloro che tentano di denunciare le violazioni dei diritti umani e di informare i mezzi di comunicazione e le organizzazioni non governative all'estero''. Il governo cinese – rincara le accuse “China Human right Defenders” (CHRD) - “continua ad infrangere le promesse fatte al mondo per ottenere i Giochi Olimpici”, “ignora i diritti umani della popolazione, usando la legge come strumento repressivo e la censura come metodo di salvaguardia della propria immagine”. Intanto 57 scrittori, avvocati e attivisti cinesi hanno sottoscritto una lettera per ottenere la scarcerazione di Hu Ja, mentre un altro appello per la sua liberazione è aperto alla firma sul sito Internet di Amnesty, che chiede alle autorità cinesi di garantire piena libertà d'azione ai difensori dei diritti umani, ponendo fine a minacce, intimidazioni, arresti e condanne nei loro confronti. Il riconoscimento dei diritti civili e sociali in Cina viene invocato anche dalla Federazione internazionale dei giornalisti (IFJ), che invierà in primavera una missione in loco per sollecitare il Governo di Pechino a promuovere misure concrete di liberalizzazione e rivendicare un’informazione libera, non soltanto sportiva, nel Paese che ospiterà i Giochi Olimpici nell’agosto 2008. A sollecitare una campagna internazionale in tal senso è l’Associazione “Articolo 21 per la libertà d’informazione e di espressione”, che chiede ai Governi del mondo intero e alle Federazioni sportive di dare seguito ai rapporti negativi che giungono dalla Cina. Da registrare la nota di protesta diffusa la scorsa settimana dal Club dei corrispondenti esteri di Pechino, “particolarmente turbati” dalle intimidazioni e aggressioni perpetrate, anche negli ultimi mesi, verso i giornalisti stranieri nonostante gli accordi presi un anno fa dalle autorità cinesi sulla libertà di stampa, una volta ottenuta l’assegnazione delle Olimpiadi. Del resto ammonisce il CHRD – “con l’avvicinarsi dei Giochi è prevedibile che la morsa si stringa ancora di più: chiunque osa criticare il governo per la situazione attuale delle Cina rischia la galera”. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Dall'India anche il cardinale Gracias sostiene la moratoria per l'aborto

    ◊   “Una moratoria internazionale sull’aborto è profondamente necessaria per sensibilizzare la comunità mondiale nel creare e costruire una cultura della vita. L’aborto è un male orrendo ed è divenuto una delle minacce principali alla dignità umana perché costituisce un attacco contro la vita stessa.” Così il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai, in India, aderisce alla campagna per la moratoria contro l’aborto, nata dal giornalista Giuliano Ferrara, direttore del quotidiano d’opinione “Il Foglio”. Bisogna infatti notare che l’aborto è un crimine commesso contro coloro che sono i più deboli e indifesi, quelli che possiamo definire davvero “i più poveri dei poveri”, scrive il porporato in una dichiarazione inviata all’Agenzia AsiaNews. “L’aborto è la morte della vera libertà; affermare che l’aborto è un diritto significa attribuire alla libertà umana un significato perverso: quello di un potere assoluto sugli altri e contro gli altri – afferma il porporato. La cultura dell’aborto, purtroppo è diffusa in tutto il mondo. Permettendolo in modo legale – nel senso che non vi è penalità per chi lo compie – la gente presume che esso è moralmente corretto. Ma questo non è vero: l’aborto è sempre la soppressione di una vita. Quanti milioni di vite sono eliminate, grazie a questa cultura di morte! – sottolinea il cardinale Gracias. Per questo io sostengo la moratoria affinché non si uccida nessuna vita umana, per quanto essa possa essere spezzata, deforme, disabile, disperata. L’aborto è incompatibile con la dignità della persona umana, creata ad immagine di Dio. Esso è un grave atto di violenza contro la donna e il suo bambino non nato. In India si pratica spesso l’aborto selettivo, contro le bambine – prosegue l’arcivescovo di Mumbai. E questo avviene non solo in India, ma in molte parti del mondo. Da molti decenni la Chiesa indiana, lotta per la cultura della vita. Attraverso i nostri servizi sociali, educativi, sanitari, diffondiamo una profonda coscienza in difesa della vita, un profondo rispetto per la persona umana in tutti gli stadi della sua esistenza. Spero proprio che questa campagna per un cultura della vita – conclude il porporato - si diffonda in India e in tutto il mondo”. (R.P.)

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    Ancora impiccagioni in Iran: sono 15 dall'inizio dell'anno

    ◊   Salgono a 15 le impiccagioni in Iran dall’inizio del 2008. Solo ieri nella provincia di Arak sono stati condannati a morte e uccisi due uomini, uno dei quali, impiccato in pubblico. Il caso riapre il problema della pena di morte nella Repubblica islamica che vede ogni anno aumentare il numero delle esecuzioni capitali: nel 2007 sono state quasi 300, quasi il doppio rispetto all’anno precedente registrate dall’organizzazione umanitaria Amnesty International. Nei giorni scorsi il Centro per la difesa dei diritti umani in Iran, guidato dal Premio Nobel per la Pace del 2003, l’avvocatessa Shirin Ebadi, ha protestato per il forte aumento del numero delle impiccagioni. Shirin Ebadi, che è stata la prima iraniana e la prima donna musulmana a ottenere questo riconoscimento, è impegnata soprattutto nei movimenti per i diritti femminili e dei bambini. (C.C.)

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    Prosegue in Vietnam la manifestazione dei cattolici di Hanoi per ottenere la restituzione dallo Stato dell’antica Delegazione apostolica, requisita nel 1975

    ◊   Prosegue da alcune settimane ad Hanoi la prima manifestazione pubblica e pacifica dei cattolici della capitale vietnamita per ottenere la restituzione alla Chiesa locale della antica Delegazione apostolica, l’edificio requisito dallo Stato, dopo la vittoria comunista del 1975, attualmente adibito in parte a discoteca, mentre il giardino serve da parcheggio per i funzionari statali. Riuniti attorno alla cancellata del complesso - informa l’agenzia “Asia News” - i fedeli pregano, portando fiori e candele. La diocesi di Hanoi afferma di possedere i titoli che certificano la proprietà fin dal 1933 del terreno e dell’edificio, che fa parte del complesso dell’arcivescovado e della cattedrale di San Giuseppe. Per ottenere la restituzione, lo scorso 23 dicembre è stata anche presentata una petizione alle autorità governative locali ed il 30 dicembre c’è stato un incontro tra il primo ministro vietnamita Nguyen Tan Dung e l’arcivescovo di Hanoi mons. Joseph Ngo Quang Kiet. (R.G.)

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    In Polonia, i vescovi si pronunciano contro gli aiuti pubblici per la fecondazione in vitro

    ◊   I vescovi polacchi hanno duramente criticato la recente proposta avanzata dal ministro della Salute Ewa Kopacz di rimborsare le spese sostenute da famiglie a basso reddito per la fecondazione in vitro. In una lettera indirizzata a tutti i parlamentari eletti alle scorse legislative del 21 ottobre, il Consiglio per la famiglia della Conferenza episcopale ricorda in primo luogo che “ad ogni tentativo di fecondazione artificiale con quel metodo muoiono numerosi embrioni, e quindi quel metodo è un raffinato tipo di aborto; secondo, ogni figlio ha il diritto di nascere dall'atto di amore coniugale dei suoi genitori; e terzo, il figlio non è un oggetto, e neanche i futuri genitori possono affermare di averne diritto, tanto meno quando quel diritto è sempre pagato con la morte dei suoi fratelli e sorelle". La lettera firmata da mons. Kazimierz Gorny, presidente del Consiglio per la famiglia, e dal direttore nazionale della pastorale della famiglia p. Andrzej Rebacz ricorda infine che non si può dire di "aver diritto ad avere figli", in quanto "si possono vantare dei diritti nei confronti delle cose ma mai delle persone". La presa di posizione dei vescovi ha suscitato un forte dibattito nel Paese. Il metodo della fecondazione in vitro è utilizzato in Polonia dal 1987. A rendere più controversa la questione è anche la mancata definizione dello status giuridico degli embrioni così concepiti. (L. Z.)

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    Il cardinale Bagnasco: "La fede ha un ruolo costruttivo nella vita civile"

    ◊   "A volte si teme che la religione in genere, e la fede cristiana in concreto, non sia compatibile con una democrazia laica, pluralista, tollerante" per cui "si cerca di confinare la dimensione religiosa nel recinto della coscienza individuale e nella semplice libertà di culto, senza riconoscere la valenza pubblica della fede e il diritto delle diverse comunità religiose ad avere un ruolo costruttivo, anche se chiaramente delimitato, negli ambiti della vita civile". Lo ha affermato l'arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, card. Angelo Bagnasco, nell'omelia pronunciata ieri pomeriggio in occasione della Messa dei Popoli celebrata nella Cattedrale di S.Lorenzo e ripresa dall'Agenzia Sir. Questa visione, però, "non tiene conto di due dati fondamentali". Il primo – ha spiegato il porporato - è che "nel Dna del Cristianesimo vi è il principio della differenza nell’unità, cioè il criterio di comprensione e di valorizzazione di ogni differenza; vi è la ricerca perché la differenza non degeneri in fattore di dissoluzione più o meno violenta". Il secondo dato, di carattere storico è "la constatazione che il Cristianesimo si è rivelato come una autentica fucina di vita culturale e sociale". “Il Cristianesimo – ha aggiunto l'arcivescovo di Genova - a volte nonostante ombre e lentezze, storicamente si presenta come potente antidoto contro il pericolo sempre in agguato di una mercificazione dell’uomo". (R.P.)

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    Il vescovo di Coira in Svizzera vieta la predicazione dei laici alle Messe

    ◊   Il vescovo svizzero di Coira mons. Vitus Huonder ha reso noto, in una recente lettera ai fedeli, che nella sua diocesi non sarà più permesso agli agenti pastorali laici di pronunciare le omelie durante le Sante Messe. Il Codice di Diritto Canonico, infatti, riserva al solo sacerdote questa funzione, anche se, a causa della mancanza di sacerdoti, da qualche anno a questa parte, in diverse parrocchie elvetiche, soprattutto della Svizzera tedesca, la predicazione è affidata non di rado a fedeli laici. Una prassi a cui ha inteso porre fine mons. Hounder, suscitando le reazioni negative di diversi fedeli. La questione del ruolo e delle funzioni dei laici nella Chiesa è da tempo oggetto di dibattiti in seno alla Chiesa elvetica e non solo. Tra l’altro, se ne è discusso alla 276ª assemblea plenaria della CES lo scorso giugno, proprio per definire le linee da seguire. (L. Z.)

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    La Chiesa del Maryland negli USA pronta ad intervenire su temi eticamente sensibili alla prossima sessione dell’Assemblea dello Stato

    ◊   Matrimoni omosessuali, pena di morte, sostegno alla maternità, immigrazione: sono alcuni dei primi temi all’ordine del giorno dell’Assemblea legislativa del Maryland, all’apertura dei lavori d’aula il 9 gennaio. Sono tutte questioni eticamente rilevanti che chiamano in causa la Chiesa e sui quali la Conferenza cattolica del Maryland, farà sentire la sua voce. Lo ha anticipato il direttore esecutivo dell’organismo, che rappresenta l’episcopato dello Stato, Richard J. Bowling, indicando tra le questioni più scottanti l’abolizione della pena di morte. Dopo il New Jersey, anche il Maryland è infatti molto vicino a questo traguardo: una misura in questo senso non è passata per un soffio l’anno scorso, ma una nuova proposta di legge, sostenuta dal Governatore, ha buone possibilità di essere approvata quest’anno. Un altro capitolo importante sul quale si batterà la Conferenza cattolica del Maryland sarà la difesa della maternità e in particolare il finanziamento pubblico a programmi a sostegno di madri in difficoltà. Più difficile la battaglia contro la legalizzazione dei matrimoni omosessuali, dopo la sentenza della Corte di appello dello Stato che l’anno scorso ha aperto la strada all’approvazione di una legge in questo senso. A preoccupare i vescovi del Maryland è, infine, una nuova proposta di legge sui risarcimenti per i casi di abusi sessuali commessi in seno alla Chiesa: se approvato il provvedimento rischia di mettere in ginocchio le finanze delle tre diocesi del Maryland, compromettendo tutta l’attività socio-pastorale della Chiesa locale. (A cura di Lisa Zengarini)

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    24 Ore nel Mondo



    Nuovi attentati in Iraq: l'appello del patriarca Emmanuel III Delly

    ◊   A Baghdad, almeno 4 persone morte e 16 ferite, soprattutto studenti, per l’esplosione davanti ai cancelli del politecnico; due ordigni esplosi in successione hanno provocato l'uccisione di un poliziotto e il ferimento di almeno quattro. Inoltre ci sono diversi morti tra esponenti dei comitati popolari contro il terrorismo, della capitale e di Baquba. Il nostro servizio:


    Nella capitale, nello stesso quartiere sunnita Adamiya, il capo del comitato popolare è stato assassinato con altre cinque persone: colpito nella sede del Waqf, l'organismo che gestisce i beni religiosi sunniti, mentre un’autobomba ha colpito ambulanze con feriti. Anche nei pressi di Baquba è stato ucciso un membro dei Comitati popolari. Da mesi in diversi luoghi dell'Iraq numerose tribù sunnite si sono coalizzate contro il terrorismo e in particolare contro al Qaida, formando comitati popolari o Consigli per il Risveglio, i cui membri collaborano attivamente a fianco delle forze USA e irachene. Intanto, c’è preoccupazione per quanto accaduto ieri: alcune autobombe hanno colpito chiese e istituzioni cristiane a Baghdad e a Mossul, in Iraq settentrionale, senza fare alcuna vittima ma danni materiali. Mons. Francis Assisi Chullikatt, nunzio apostolico in Iraq e Giordania, sottolinea che le azioni sono state coordinate, definendola “una triste novità che non fa stare tranquilli”. Inoltre, ricorda che “se gli stessi attentati fossero stati portati a termine solo alcune ore prima ci sarebbe stata una strage spaventosa”. Sulla scelta di luoghi di culto quali obiettivi, Massimiliano Menichetti ha raccolto la riflessione del cardinale Emmanuel III Delly, Patriarca di Babilonia dei Caldei:

    R. –I luoghi di culto sono luoghi di pace e tranquillità, sono luoghi di preghiera. Se alcuni attentano ad essi, forse questo è un messaggio per il governo, che non c’è ancora la pace. Costoro vogliono attirare l’attenzione dell’Occidente e degli altri, perché sono state attaccate anche le moschee ed altri luoghi di culto, ma nessuno ne ha parlato. Dunque, sicuramente questi atti sono stati compiuti per attirare l’attenzione dell’Occidente, affinché non si pensi che la situazione si sia appianata, in Iraq ...

     
    D. – Lei molto spesso ha ribadito: questi attentati colpiscono tutti, perché vogliono destabilizzare il Paese. Cosa serve per creare l’unità?

     
    R. – Pregare il Signore di darci l’unità e di darci la pace. Ecco il vostro dovere, il dovere di ognuno di noi: chiedere al Signore della Pace di darci la pace. Questa è l’unica cosa. Non possiamo fare altro ...

    C’è da dire che sempre in Iraq, un razzo katiuscia si è abbattuto questa mattina contro l'edificio che ospita gli studi dell'emittente tv di Stato al Iraqiya nel centro della città settentrionale di Kirkuk, senza causare vittime, ma provocando gravi danni. Lo riferisce l'agenzia Aswat al Iraq, precisando che l'edificio colpito si trova tra il quartier generale dell'Unione patriottica del Kurdistan, guidata dal presidente Jalal Talabani, e la sede del Partito democratico del Kurdistan, del presidente della regione autonoma curda, Massud Barzani.

    Pakistan
    In Pakistan, otto leader tribali alleati del governo nella lotta ad al Qaida sono stati uccisi tra ieri e oggi nel sud Waziristan, la regione alla frontiera con l'Afghanistan, roccaforte talebana e negli ultimi mesi teatro di aspri scontri tra soldati e ribelli. Lo rendono noto oggi fonti ufficiali di sicurezza stando a quanto si legge sul sito Internet della BBC. Gli uomini sono morti in seguito a colpi di arma da fuoco e in due separati episodi. Inoltre, oggi, l'agenzia Reuters riferisce di un attacco suicida a Swat: un kamikaze si è fatto esplodere lanciandosi a bordo di un'autobomba contro i cancelli di una base militare nella località nord-occidentale. Nell'attacco sono rimasti feriti tre soldati.

    Questione colonie in Medio Oriente
    Il ministero israeliano della Difesa si rifiuta di divulgare un’aggiornata "banca dati" sulle attività di sviluppo nelle colonie e negli avamposti illegali in Cisgiordania nonchè nei rioni ebraici a Gerusalemme est “per non rischiare di arrecare danno alla sicurezza nazionale e alle relazioni estere di Israele”. Lo ha detto un funzionario del Ministero della difesa, Mike Herzog, al tribunale di Tel Aviv, respingendo così la richiesta dei gruppi "Pace Adesso" e "Movimento per la libertà dell'informazione" di prendere visione di quei dati aggiornati. Il giudice che esamina la questione non ha ancora espresso un parere in merito. La vicenda ha avuto inizio un anno fa quando un altro dirigente del Ministero della difesa, Baruch Spiegel, fu incaricato di quantificare le attività di colonizzazione attingendo informazioni anche da uffici che spesso sono restii a rendere pubbliche le proprie attività. Fonti informate avevano detto allora alla stampa che si trattava di dati di impatto “esplosivo”, cosa che aveva indotto "Pace Adesso" e il "Movimento per la libertà dell'informazione" a chiedere di visionarli. Ieri, è giunta la risposta negativa del Ministero della difesa che probabilmente non intende fomentare nuove polemiche alla immediata vigilia della visita in Israele e dei Territori del presidente degli Stati Uniti George Bush.

    Imponenti misure di sicurezza per la visita di Bush in Medio Oriente
    Nove elicotteri con a bordo forze speciali americane sono atterrati oggi a Ramallah e a Betlemme (in Cisgiordania), come parte del piano di sicurezza per la visita del presidente degli Stati Uniti George W. Bush, che comincia mercoledì. Fonti locali hanno detto che il presidente americano si recherà a Ramallah per incontrare il presidente Abu Mazen (Mahmud Abbas) e il premier palestinese, Salam Fayyad, e successivamente farà una visita alla Basilica della Natività a Betlemme. L'Autorità nazionale palestinese ha annunciato di aver dispiegato oltre 4.000 agenti per garantire la sicurezza del presidente Bush, sulla cui incolumità vigileranno, tuttavia, anche uomini delle forze speciali statunitensi.

    Questione gas tra Iran e Turchia
    L'Iran ha del tutto interrotto da stamane le sue forniture di gas naturale alla Turchia, ma le riserve accantonate negli ultimi mesi consentono di continuare l'erogazione del gas alle famiglie. Lo hanno comunicato i dirigenti della Botas turca (la società turca che sovrintende alle distribuzioni delle risorse energetiche). Il ministro dell'Energia e delle Risorse naturali, Hilmi Guler, aveva annunciato ieri una decurtazione delle forniture di gas naturale provenienti dall'Iran (e dall'Ucraina) negli ultimi 10 giorni. La Turchia importa circa 29 milioni di metri cubi di gas al giorno dall'Iran, ma negli ultimi 10 giorni esse sono state ridotte a circa 4-5 milioni metri cubi al giorno. La Turchia importa il gas-naturale anche da Russia, Ucraina, Romania e la Bulgaria. Anche l'anno scorso l'Iran sospese in pieno inverno le sue forniture di gas naturale alla Turchia attribuendole a problemi tecnici legati alle basse temperature invernali. Ankara mise l'anno scorso in dubbio che si trattasse solo di problemi tecnici.

    In Turchia il governo riesamina l’articolo 301
    In Turchia la nuova bozza dell'articolo 301 del codice penale, di cui l'Unione Europea ha chiesto la riforma per la generica criminalizzazione di quelle che vengono definite “offese alla turchità” in esso prevista, sarà approvata oggi dal Consiglio dei ministri e sarà presentata al Parlamento per l'approvazione nel corso della settimana. L'attuale formulazione dell'articolo è criticata da intellettuali e giornalisti di orientamento liberale anche perchè ha autorizzato processi in cui sono state criminalizzate opinioni critiche verso le autorità statali e di governo, con una limitazione della libertà di espressione.

    Sierra Leone
    Dopo sei mesi di interruzione è ripreso a L'Aja - presso il Tribunale speciale per la Sierra Leone - il processo all'ex presidente della Liberia, Charles Taylor, accusato di crimini contro l'umanità. Taylor, che è il primo ex capo di Stato africano ad essere giudicato da un tribunale internazionale, deve rispondere a ben undici capi di accusa, tra cui omicidio, stupro e reclutamento di bambini-soldati. Tutti crimini compiuti tra il 1996 e l'inizio del 2001, periodo in cui Taylor è stato a capo delle truppe ribelli del Fronte rivoluzionario unito che ha imperversato in Sierra Leone per ben dieci anni, a partire dal 1991. Periodo in cui la guerra civile - nata soprattutto per il controllo dei giacimenti diamantiferi - ha fatto oltre 120.000 morti e migliaia di invalidi e mutilati. L'ex capo di Stato si è sempre difeso affermando di non essere colpevole dei crimini di guerra e contro l'umanità di cui è accusato.

    Kenya
    Sono forse oltre 600 i morti nelle violenze avvenute in Kenya dopo le elezioni e la contestata conferma di Kibaki a presidente della Repubblica. È quanto riferiscono alcune radio locali citando fonti della polizia. Intanto, sembra ci siano seri spiragli di dialogo: Raila Odinga, leader dell'opposizione, che ritiene di essere il vero presidente del Kenya, ha cancellato le manifestazioni indette dall'opposizione, domani, parlando di importante mediazione in corso. Si tratta di quella condotta da Jendayi Frazer, vice segretario di Stato americano con delega per l'Africa, che è a Nairobi da due giorni.

    Georgia
    L'opposizione in Georgia ha presentato centinaia di ricorsi presso la commissione elettorale georgiana, che nella notte, a sorpresa, ha annunciato la vittoria del presidente uscente Mikhail Saakashvili dopo una giornata altalenante di spoglio, in cui all’inizio non arrivavano risultati e poi sono arrivati una valanga di pronunciamenti per il candidato di punta. "Intendiamo contestare almeno 100.000 voti - ha detto ai giornalisti un esponente del gruppo di partiti che sostengono il candidato Levan Gaceciladze - e soprattutto l'annuncio della vittoria fatto dal presidente della commissione centrale elettorale, Levan Tarkhnishvili, quando non aveva ancora neanche ricevuto i verbali". Centomila voti in meno abbasserebbero la percentuale di Saakashvili, al momento al 52,8%, sotto la soglia della metà dei voti, e porterebbero quindi a un ballottaggio col secondo classificato, Gaceciladze.

    Nepal
    Oltre 1.500 persone appartenenti all'RPP-Nepal (Rastriya Prajatantra Party), partito favorevole alla monarchia, hanno partecipato stamattina a Kathmandu ad una manifestazione di protesta contro la decisione di trasformare il Nepal in Repubblica. La manifestazione è stata guidata da Kamal Thapa, ex ministro dell'Interno nel passato governo. Durante un discorso tenutosi durante la protesta di piazza, Thapa ha detto che la monarchia in Nepal è parte integrante della società nepalese e che il Paese necessita di una struttura di tipo monarchico. “I sette partiti dell'alleanza - ha detto Thapa - stanno portando avanti una dittatura che sta creando devastazioni e alla quale bisogna porre fine”. “L'intero popolo deve decidere - ha invece dichiarato Rabindra Nath Sharma, leader dell'RPP-Nepal - il destino della monarchia. La decisione non può essere presa da un ristretto numero di persone”.

    Cina
    La stampa cinese ha riportato con rilievo oggi la notizia dell'espulsione di 500 dirigenti di livello medio-basso del Partito nella provincia dell'Hubei, nella Cina centrale per non aver rispettato la legge che impone di aver un solo figlio. Altre 395 persone, evidentemente non iscritte al Partito, sono state licenziate dai loro posti di lavoro pubblici. Intervistato dai mezzi di comunicazione cinesi, Yang Youwang, il direttore della locale Commissione per la pianificazione familiare ha precisato che in tutta la provincia le persone risultate "non in regola" sono più di 93.000, in gran parte “membri del Partito, celebrità o persone ricche”. La legge è stata varata alla fine degli anni settanta per contenere l'esplosione della popolazione (che oggi è di 1,3 miliardi di persone) e contempla alcune eccezioni. Prevede multe salate per chi non la rispetta e, secondo studi pubblicati, la grande maggioranza dei cinesi giudica un'ingiustizia il fatto che il privilegio di aver più di un figlio sia riservato di fatto ai ricchi.


     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 7

     
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