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Sommario del 23/02/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI alla diocesi di Roma: nella società del dubbio e delle incertezze, educare le giovani generazioni è sempre possibile sui valori immortali del Vangelo
  • Il commento del cardinale Ruini al discorso del Papa sull'emergenza educativa
  • Nomine
  • Domani la visita pastorale del Papa presso la parrocchia romana di “Santa Maria Liberatrice”
  • Terza giornata della visita del cardinale Bertone a Cuba
  • "Popolo, santità, Chiesa": la riflessione di padre Lombardi sull'Istruzione "Sanctorum Mater" della Congregazione delle Cause dei Santi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Kosovo: la Russia definisce "un precedente orribile" l'indipendenza di Pristina
  • Concluso a Roma il Convegno sulla storia dell'Inquisizione a dieci anni dall'apertura dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede
  • Al via il Capitolo generale della Congregazione Salesiana
  • Riparte da Roma la difesa della biodiversità
  • Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Il "grido di dolore" del vescovo di Arbil per l'attacco turco nel Kurdistan
  • Le comunità irachene di Kirkuk istituiscono il primo “Consiglio per i cristiani”
  • “Porre fine al blocco di Gaza”. E’ la richiesta del Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle Chiese
  • All’indomani delle elezioni in Pakistan mons. Lawrence John Saldanha, arcivescovo di Lahore, invita a lavorare per la democrazia
  • Vietnam: i cattolici di Ho Chi Minh City impegnati contro Aids, prostituzione e a favore dei bambini di strada
  • Nel Tagikistan la comunità internazionale manda aiuti per fronteggiare la crisi umanitaria
  • Paraguay: febbre gialla, continua lo stato di emergenza nel Paese
  • Kenya: il cardinale di Nairobi Njue, in visita a Trieste, chiede aiuto per le popolazioni del Paese africano
  • Africa: eletto il presidente del “Comitato dei saggi”, l’algerino Ahmed Ben Bella
  • Gli studenti francesi parteciperanno da Avignone alla veglia mariana presieduta dal Papa il 1° marzo in collegamento con Roma
  • La Conferenza episcopale dominicana invita i laici ad operare nella vita pubblica secondo principi etici
  • A Londra, licenziati i vertici di una clinica cattolica che violavano le regole etiche di comportamento
  • Mons. Crepaldi: solo l’ecologia umana può risolvere i problemi ambientali
  • Gibuti: concessi gli arresti domiciliari a don Sandro De Petris
  • Al via la "Quarantore per la Chiesa che soffre"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Uganda: firmato il cessate-il-fuoco definitivo tra il governo di Kampala e i ribelli
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI alla diocesi di Roma: nella società del dubbio e delle incertezze, educare le giovani generazioni è sempre possibile sui valori immortali del Vangelo

    ◊   Nonostante le incertezze e l’imposizione mediatica di modelli distorti, “anche nel nostro tempo educare bene è possibile”. E’ il messaggio lanciato stamattina da Benedetto XVI alle migliaia di fedeli della diocesi di Roma, guidati dal cardinale vicario, Camillo Ruini, e radunatisi in Piazza San Pietro per ascoltare le riflessioni del Papa sull’“emergenza educativa”. Riflessioni già espresse dal Pontefice nella sua Lettera firmata lo scorso 21 gennaio, già distribuita in un milione di copie in diocesi e consegnata oggi ai romani. Ai giovani in particolare, Benedetto XVI ha chiesto di accogliere il patrimonio del cristianesimo per una sana crescita morale, culturale e spirituale. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    (canto)

    Il Papa porta la “grande sfida” dell’educazione in piazza. La porta in Piazza San Pietro, davanti a oltre 50 mila persone, tra i cosiddetti “soggetti attivi” nei campi della formazione giovanile: genitori, insegnanti, catechisti, che si rivolgono a lui con espressioni di gratitudine e con esperienze che vogliono dimostrare la valenza pratica delle affermazioni pontificie. Le parole di Benedetto XVI parlano al cuore di ciascuna categoria, riprendendo e ampliando alcune delle considerazioni scritte nella Lettera inviata alla Diocesi un mese fa. Il concetto cardine della lettera e del discorso in Piazza non muta: oggi, ha affermato il Pontefice - nella sua veste più specifica di vescovo di Roma - c’è una diffusa “preoccupazione” per quella “grande emergenza educativa”, che sembra confondere gli educatori e indurli a un passo indietro, piuttosto che a un rilancio della sfida:

     
    “Educare non è mai stato facile e oggi sembra diventare sempre più difficile: perciò non pochi genitori e insegnanti sono tentati di rinunciare al proprio compito, e non riescono più nemmeno a comprendere quale sia, veramente, la missione loro affidata. Troppe incertezze e troppi dubbi, infatti, circolano nella nostra società e nella nostra cultura, troppe immagini distorte sono veicolate dai mezzi di comunicazione sociale. Diventa difficile, così, proporre alle nuove generazioni qualcosa di valido e di certo, delle regole di comportamento e degli obiettivi per i quali meriti spendere la propria vita”.
     
    Ma se siamo qui oggi, ha incalzato, è “anche e soprattutto perché ci sentiamo sostenuti da una grande speranza e da una forte fiducia”. Speranza e fiducia che nascono dalla fede in Cristo e dai valori del Vangelo e che rispondono all’ansia di chi - in famiglia, a scuola o in Chiesa - sperimenta le complicazioni nella trasmissione di un’eredità di “fede e cultura” particolarmente ricca in una città come Roma. E qui, Benedetto XVI - a differenza della lettera nella quale offriva indicazioni concrete - ha preferito incoraggiare una ad una le varie categorie di educatori. Ai genitori ha chiesto anzitutto di “rimanere saldi per sempre” nel reciproco amore, perché questa fedeltà nutre i figli di serenità:

     
    “Il bene che volete ai figli deve poi darvi lo stile e il coraggio del vero educatore, con una coerente testimonianza di vita ed anche con la fermezza necessaria per temprare il carattere delle nuove generazioni, aiutandole a distinguere con chiarezza il bene dal male ed a costruirsi a loro volta delle solide regole di vita, che le sostengano nelle prove future. Così farete ricchi i vostri figli dell’eredità più preziosa e duratura, che consiste nell’esempio di una fede quotidianamente vissuta”.

     
    Incomprensioni e delusioni, ha proseguito il Papa rivolgendosi agli insegnanti, non devono scoraggiare chi è chiamato a trasmettere ai giovani la conoscenza ma non solo:

     
    “Il vostro compito, perciò, non può limitarsi a fornire delle nozioni e delle informazioni, lasciando da parte la grande domanda riguardo alla verità, soprattutto a quella verità che può essere di guida nella vita. Siete infatti, a pieno titolo, degli educatori: a voi, in stretta sintonia con i genitori, è affidata la nobile arte della formazione della persona”.

     
    Per il clero, le suore e i catechisti l’esortazione di Benedetto XVI è stata altrettanto chiara: per “far toccare con mano” ai ragazzi l’amicizia con Gesù l’unica strada è quella di “testimoni sinceri e coraggiosi della libertà che rende liberi”. Quindi, il Papa si è rivolto alla grande massa di giovani che ha affollato la piazza. La sostanza del suo invito è stata: voi non siete soltanto oggetto della vostra educazione ma anche i protagonisti:

     
    “Voi stessi siete chiamati ad essere gli artefici della vostra crescita morale, culturale e spirituale. Sta a voi, dunque, accogliere liberamente nel cuore, nell’intelligenza e nella vita il patrimonio di verità, di bontà e di bellezza che si è formato attraverso i secoli e che ha in Gesù Cristo la sua pietra angolare. Sta a voi rinnovare e sviluppare ulteriormente questo patrimonio, liberandolo dalle tante menzogne e brutture che spesso lo rendono irriconoscibile e provocano in voi diffidenza e delusione”.
     
    Dio “è l’ospite segreto dei nostri cuori”, che vuole e illumina il nostro bene, ha concluso Benedetto XVI. “Di Lui ci possiamo fidare”.

     
    (canto)

     

    Ma sentiamo la voce dei protagonisti, i tanti giovani in Piazza San Pietro. Ecco alcune testimonianze raccolte da Alessandro Gisotti:


    (Musica)

    Ascoltano la musica pop, giocano con la play station e il sabato pomeriggio fanno “lo struscio” per le vie del centro, ma oggi sono qui ad ascoltare Benedetto XVI, perché questo per loro è un appuntamento importante. I giovani di Roma hanno apprezzato l’iniziativa del Santo Padre, una Lettera che mette l’accento sull’emergenza educativa, problema molto sentito dai ragazzi. Ecco l’opinione di Stefano del Liceo Benedetto da Norcia:

    R. – Sono molto felice che il Papa abbia avuto questa attenzione nei nostri riguardi. Probabilmente avrebbero dovuto essere le istituzioni dello Stato a provvedere a questo. Nel momento in cui ci siamo resi conto che sono abbastanza carenti nei confronti dei giovani, prive di attenzione nei confronti dei giovani, probabilmente la voce del Papa rappresenta l’esempio più forte di attenzione nei nostri riguardi.

     
    Molti giovani si sentono gratificati per la fiducia che il Papa mostra nei loro confronti. Si sentono capiti dal Santo Padre. E’ quanto sottolinea Simona del Liceo Albertelli:

    R. – I professori ti parlano, ma a volte ti guardano soltanto come degli alunni. Si fermano lì. Il Papa, invece, prima di tutto ti guarda in faccia e ti dice chi sei. Ti dà, quindi, un aiuto per riscoprire il senso delle cose e soprattutto il senso dell’educazione. Penso che noi giovani di una nozione non ce ne facciamo niente. Io voglio essere appassionata alle cose che studio, voglio vedere qualcosa di importante per me.
     
    L’educazione è fondamentale per costruire un domani migliore. La riflessione di Federico dell’Istituto Santa Maria degli Angeli:

     
    R. – Se il Papa ha deciso di scrivere una Lettera proprio su questo, vuol dire che si tratta di un tema di attualità e che va risolto. I giovani devono essere educati, devono ricevere i giusti ideali, devono credere nei propri valori. E’ una cosa utile a tutti e, quindi, già il fatto che siamo in tanti qui, vuol dire che per noi è una cosa importante.

     
    D. – Il Papa sottolinea che l’educazione deve puntare alla formazione integrale dell’uomo…

     
    R. – Sì, c’è bisogno di credere in quei valori che oggi si sono, forse, anche un po’ persi. Questi ragazzi sono quelli che devono mandare avanti la società del domani e quindi devono credere nei loro valori e sperare di cambiare questo mondo, che oggi ha tanti problemi.

    Cambiare il sistema educativo è la richiesta che viene da molti giovani. Il commento di Lorenzo del Liceo Kennedy:

    R. – Penso che ci sia un problema di fondo nel sistema. Non è soltanto colpa nostra se alla fine sembra esserci maggiore ignoranza. Si dice che i giovani siano più ignoranti e che non apprendano. Ma è il sistema di educazione che, secondo me, è antiquato. Andrebbe cambiato proprio il sistema di fondo.

    Libertà e responsabilità, sottolinea il Papa, devono andare assieme nell’educazione dei giovani. Simone di un Istituto del quartiere Prenestino è pienamente d’accordo:

    R. – Penso di sì, anche perché a mio avviso non possono essere considerate se non insieme. Per avere la responsabilità è necessario essere liberi!

     
    D. – Cosa porterai ai tuoi compagni e agli studenti che non sono così attenti alle parole del Papa?

     
    R. – L’attenzione di una persona che ricopre un ruolo molto importante, che si è rivolto direttamente a noi. E’ importante almeno ascoltarlo, magari anche criticandolo, ma partendo sempre dal presupposto anzitutto di conoscerlo.

     
    Questa Lettera del Papa ha dato anche la possibilità di un confronto tra gli studenti. La testimonianza di Chiara:

     
    R. - All’interno della nostra stessa classe, tutte le persone credenti o meno hanno accolto questa proposta e questa iniziativa e sono state pronte ad ascoltare un parere diverso, che magari non sempre collima con le idee personali.

     
    D. – Come avete accolto questa iniezione di fiducia di Benedetto XVI?

     
    R. – Siamo stati contenti che lui per primo ci abbia dato fiducia, proprio quando pensavamo di non essere capiti. Siamo stati compresi pienamente da una persona che vive una realtà completamente diversa dalla nostra, considerandoci più di quanto spesso possono fare i nostri familiari ed anche i professori all’interno dell’Istituto.

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    Il commento del cardinale Ruini al discorso del Papa sull'emergenza educativa

    ◊   Educare non è mai stato facile ma oggi sembra diventare sempre più difficile. E' questa una delle affermazioni di Benedetto XVI sull'emergenza educativa, oggi in Piazza San Pietro. Ascoltiamo in proposito il commento del cardinale vicario Camillo Ruini, al microfono di Giovanni Peduto:

     
    R. – Purtroppo questa frase del Santo Padre rispecchia quello che, più o meno, tutti constatiamo nella vita di ogni giorno nelle famiglie, nelle scuole ed anche negli stessi ambienti parrocchiali: educare diventa difficile perché mancano gli obiettivi. Il relativismo ha oscurato il concetto di uomo e formare l’uomo è proprio lo scopo dell’educazione. Inoltre un diffuso permissivismo ha tolto autorità agli stessi educatori.

     
    D. – Nella sua Lettera, Benedetto XVI rileva che sia tra i genitori che in genere tra gli educatori c’è la tentazione di rinunciare e ancor prima il rischio di non comprendere nemmeno quale sia la missione ad essi affidata…

     
    R. – Esattamente. Rinunciare per le troppe difficoltà, mentre il rischio di non comprendere la propria missione deriva da due fattori: uno è che spesso e in particolare nelle scuole si pensa che il compito degli insegnanti sia soltanto quello di fornire nozioni, istruzioni e non autentica e profonda educazione ai valori decisivi che possano guidare la vita; e il secondo motivo è che non ci sente più portatori di un messaggio che possa essere autorevolmente testimoniato e che possa così essere norma per le persone stesse che vengono educate.

     
    D. – Il Papa indica così il punto più delicato dell’opera educativa: “trovare un giusto equilibrio tra la libertà e la disciplina”. Ci vogliono quindi regole, ma allo stesso tempo occorre accettare il rischio della libertà...

     
    R. – Certamente e questo perché l’educazione è fatta per formare alla libertà, per far crescere le persone nell’autentica libertà. Ma proprio per questo occorrono delle norme che non devono essere sentite come una imposizione esterna, ma delle norme che vengono interiorizzate. Questo può avvenire soprattutto attraverso la testimonianza personale degli educatori.

     
    D. – “Oggi – afferma ancora il Papa – alla radice della crisi dell’educazione c’è una crisi di fiducia nella vita”. Come superare questa crisi, eminenza?

     
    R. – E’ una crisi profonda che ha la sua radice ultima nel nichilismo contemporaneo e cioè nella perdita di ogni valore e alla fine, soprattutto, nella perdita della fede in Dio. Perciò il Papa nell’Enciclica “Spe salvi” dice che i cristiani non possono essere come coloro che non hanno speranza, perché sono senza Dio in questo mondo, riprendendo così la parola dell’Apostolo Paolo. Il fondamento primo, quindi, per ridare speranza a tutti è il testimoniare e il proporre la fede in Dio, la fede nel Dio che ci salva in Gesù Cristo.

     
    D. – San Giovanni Bosco poneva tre principi alla base del suo sistema educativo: fede, amore e ragione. Diceva anche che l’educazione è questione di cuore. Come arrivare al cuore dei giovani oggi?

     
    R. – La ricetta fondamentale è sempre quella: facendo sentire concretamente ai giovani che vogliamo loro bene. Questa è la grande forza dei genitori nei confronti dei figli, questa è la forza dei sacerdoti nei confronti dei bambini, dei ragazzi e dei giovani loro affidati e questa deve essere la forza e la prima arma che hanno fra le mani gli insegnanti. Per amare, però, davvero occorre molta generosità ed occorre cercare non il bene proprio, ma il bene delle persone che educhiamo. E’ per questo che abbiamo bisogno noi per primi di credere profondamente in quel Dio che è amore.

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    Nomine

    ◊   In Italia, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi metropolitana di Agrigento presentata da mons. Carmelo Ferraro, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Francesco Montenegro, finora vescovo titolare di Aurusuliana e ausiliare di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela. Mons. Francesco Montenegro è nato a Messina il 22 maggio 1946. Ha ricevuto l’ordinazione presbiterale l’8 agosto 1969 con incardinazione nell’arcidiocesi di Messina. Eletto alla Chiesa titolare di Aurusuliana e nominato ausiliare di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela il 18 marzo 2000, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 29 aprile dello stesso anno. È presidente della Commissione episcopale della CEI per il servizio della carità e la salute; presidente della Caritas italiana; presidente della Consulta Nazionale per la pastorale della sanità; presidente della Consulta ecclesiale degli organismi socio-assistenziali.

    In Messico, il Papa ha nominato vescovo di Orizaba mons. Marcelino Hernández Rodríguez, finora vescovo titolare di Ancusa ed ausiliare dell’arcidiocesi di México. Mons. Marcelino Hernández Rodríguez è nato il 28 maggio 1946 a Cerro di San Pedro, arcidiocesi di San Luis Potosí. E’ stato ordinato sacerdote per l’arcidiocesi di Guadalajara il 22 aprile 1973. Eletto vescovo ausiliare di México il 5 gennaio 1998, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 5 febbraio successivo.

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    Domani la visita pastorale del Papa presso la parrocchia romana di “Santa Maria Liberatrice”

    ◊   Domani mattina il Papa si recherà in visita pastorale presso la parrocchia salesiana di “Santa Maria Liberatrice”, nel quartiere romano del Testaccio. La visita coincide con il centenario della consacrazione della chiesa avvenuta il 29 novembre 1908. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca dell’evento a partire dalle 8.50. Sulle caratteristiche di questa parrocchia Federico Piana ha intervistato il parroco don Manfredo Leone:

     
    R. – La parrocchia ha una caratteristica tutta particolare perché è l’unica parrocchia presente in tutto il rione di Testaccio. La presenza dei salesiani qui a Testaccio risale ancora prima del centenario della chiesa. Alla fine dell’800, inizi 900, venivano a piedi, a via Marsala, al Sacro Cuore e poi il Papa, San Pio X, affidò loro la costruzione di Santa Maria Liberatrice che fu consacrata il 29 novembre 1908. Sono molteplici le iniziative che riguardano la pastorale degli adulti, mentre la nostra attenzione preferenziale è rivolta ai giovani, essendo questo il carisma tipico dei salesiani, per cui abbiamo l’oratorio frequentato dai ragazzi del rione, quindi i sacramenti dell’iniziazione cristiana, gruppi sportivi, gruppi oratoriani che ovviamente si incontrano qui nella nostra parrocchia non solo per le attività ricreative e sportive, ma anche per le attività formative.

     
    D. – Il carisma salesiano come, in questi anni, ha aiutato a crescere quel quartiere che sappiamo essere un quartiere davvero particolare perché storico?

     
    R. – Certo, sono oltre 100 anni che qui ci sono i salesiani, quindi si può dire che il Testaccio è cresciuto con i salesiani. I salesiani sono inseriti in questo rione che da un lato è molto simpatico, è un rione storico, da un altro lato è anche un rione non facile, diciamo soprattutto nel passato: i primi anni furono difficili per i salesiani, poi piano piano, proprio con lo stile di don Bosco che è quello di mettersi in mezzo ai ragazzi e ai giovani, sono riusciti un po’ ad inserirsi e per oltre 100 anni sono stati l’anima apostolica di tutto il rione di Testaccio: a Testaccio, chi è che non è stato all’oratorio? Quasi nessuno, anche quelli che magari sono lontani dalla Chiesa.

     
    D. – Attualmente, don Manfredo, le difficoltà di questo quartiere quali sono?

     
    R. – Innanzitutto le difficoltà comuni a tutti quanti: oggi vivere la vita cristiana non è facile, lo sentiamo dire a tutti i livelli, anche dal Papa stesso, in un mondo più difficile e più secolarizzato. Certamente la prima difficoltà è la secolarizzazione, la difficoltà dell’indifferenza verso la fede, poi presenze non cristiane nel territorio, questo flusso notturno di gioventù che proviene da tante parti di Roma ed anche da fuori Roma, e infine le difficoltà di tutti i giorni.

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    Terza giornata della visita del cardinale Bertone a Cuba

    ◊   Terza giornata del viaggio a Cuba del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. La visita si svolge nell'ambito del decimo anniversario dello storico viaggio di Giovanni Paolo II nell'isola caraibica. Ce ne parla Luis Badilla:
     
    In queste ore “non solo ricorderemo la sua presenza in questa città”, ma sarà anche un'occasione per rammentare “continuamente la perenne attualità del suo messaggio pieno di fede e di speranza”: così, ieri, parlando di Giovanni Paolo II, il cardinale Tarcisio Bertone al suo arrivo alla città Villa Clara ove celebrerà l’Eucaristia nello stesso luogo in cui, dieci anni fa, Karol Wojtyla pronunciò la sua prima omelia in territorio cubano. Alla fine della giornata il segretario di Stato inaugurerà e benedirà un complesso monumentale con al centro una statua di marmo del Papa scomparso e sullo sfondo la frase: “Aprite le porte a Cristo”.

     
    Ieri, al suo arrivo all’aeroporto “Abel Santamaría” il porporato è stato ricevuto dal primo segretario del Partito comunista della provincia Omar Ruíz Martín e da mons. Arturo González Amador, vescovo della diocesi. Prima di lasciare L'Avana nell’omelia della Messa celebrate per le suore carmelitane il cardinale Bertone sottolineando l’importanza e l’efficacia della preghiera ha chiesto di pregare “costantemente affinché il Signore illumini le coscienze di quanti hanno nelle mani la responsabilità di offrire una vita degna ai cittadini, di instaurare la pace e la giustizia, promuovendo la solidarietà a favore soprattutto dei più bisognosi. (…) E non dimenticate mai le famiglie - ha aggiunto - affinché continuino a essere depositarie di un ricco patrimonio di virtù cristiane e trasmettano la fede e i grandi valori che scaturiscono dal Vangelo”.

     
    Nell’incontro con i religiosi e le religiose, sempre all’Avana, ringraziando la loro opera il cardinale Bertone ha detto: “la penuria di mezzi o le insufficienti infrastrutture, così come altre delicate situazioni, siano per voi, più che una contrarietà, un'opportunità privilegiata per rafforzare la fiducia in Dio, i cui disegni di amore non deludono mai. I vostri sforzi e la vostra perseveranza nell'operare bene mostreranno la bellezza della nostra fede e saranno un rimedio efficace per combattere gli eventuali germi della secolarizzazione e lo sconforto. La provvidenza di Dio, che non ci abbandona, mantiene viva la speranza che le famiglie religiose a Cuba possano contare su numerosi operai del Vangelo e svolgere un più ampio apostolato. Alla preghiera fervente al Signore della messe, affinché susciti in questa Nazione generosi e umili lavoratori nella sua vigna, si aggiungono gli sforzi per promuovere in essa la presenza di nuovi Istituti religiosi, in modo che un numero sufficiente di sacerdoti e di persone consacrate possa offrire quell'attenzione pastorale che il popolo cubano richiede. Vi assicuro che non mancherà la sollecitudine della Sede Apostolica in tal senso”.

     
    Alla fine di questa sua terza giornata a Cuba, il cardinale Bertone, si trasferirà alla città di Santiago di Cuba ove, presso il santuario alla Madonna della “Caridad del Cobre”, incontrerà migliaia di giovani cubani e con loro reciterà il Santo Rosario associandosi così all’immensa e popolare venerazione dei cubani alla loro “Regina e Patrona”. Sarà l’inizio dei quattro anni di preparazione, voluti dai vescovi di Cuba, per le celebrazione, nel 2012, dei quattro secoli della materna presenza nell’isola caraibica dell’immagine di “Nuestra Señora della Caridad”. Intanto, la stampa cubana e latinoamericana, continuano a dare un ampio risolto a questa visita e, soprattutto, ai diversi contenuti delle allocuzioni del cardinale segretario di Stato in questi giorni.

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    "Popolo, santità, Chiesa": la riflessione di padre Lombardi sull'Istruzione "Sanctorum Mater" della Congregazione delle Cause dei Santi

    ◊   Lunedì scorso il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha presentato nella Sala Stampa vaticana l’Istruzione “Sanctorum Mater”, un documento per permettere ai vescovi diocesani e ai loro collaboratori di istruire la prima fase di un processo di beatificazione - quella locale - con quel rigore necessario a verificare la “fama di santità” del candidato agli onori degli altari. Su questo documento ascoltiamo la riflessione del nostro direttore, padre Federico Lombardi:
     
    Il lungo processo verso il riconoscimento pubblico della santità di una persona non può neppure cominciare se non è la stessa comunità cristiana a chiederlo. E’ uno dei punti più significativi della nuova Istruzione della Congregazione per le Cause dei Santi. Vi si afferma infatti che la verifica seria e severa della fama di santità o di martirio presso un numero consistente di fedeli è un adempimento assolutamente necessario per iniziare il processo. Ciò significa che non si può venire proclamati beati o santi perché si è “raccomandati”, o graditi a una persona influente, ma solo se il popolo credente è convinto di trovarsi davanti a un esempio eccezionale di testimone della fede, al quale si rivolge spontaneamente come intercessore, come aiuto per arrivare a Dio. Insomma, la Chiesa crede che lo Spirito del Signore sia presente e parli nel popolo di Dio, gli dia una sensibilità particolare, capace di riconoscere la presenza della santità genuina, del suo fascino e della sua importanza per la vita cristiana.

     
    Questo è così importante che la Chiesa universale deve avere a Roma un dicastero e delle leggi precise per dialogare con questo “senso della presenza della santità” dei fedeli, e vagliare se Dio voglia confermare la presenza di questa santità con dei segni certi – questo sono i miracoli – in modo da giungere con piena sicurezza all’eventuale proclamazione pubblica della santità di un membro della Chiesa. E il beato o santo canonizzato è solo la “punta dell’iceberg” della realtà meravigliosa della vita cristiana vissuta nella coerenza della carità.

     
    La santità è essenziale per la Chiesa. La dottrina è fondamentale, il buon ordinamento della comunità pure, ma la santità è la pienezza della vita cristiana vissuta in rapporto con Dio, è ciò a cui tutto il resto mira, è la vera gloria di Dio. Ed è la prova più efficace della credibilità della Chiesa. Come ama dire Benedetto XVI: Dio non viene da solo incontro a noi, viene in compagnia, insieme a Maria e ai Santi. Noi chiediamo che la Chiesa sia veramente sempre “Madre di santi”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Benedetto XVI presenta e consegna alla Diocesi di Roma la “Lettera sul compito urgente dell’educazione”.

    Il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, inaugura a Cuba il monumento dedicato a Giovanni Paolo II.

    Il direttore de “L’Osservatore Romano” Giovanni Maria Vian ha nominato Astrid Haas nuovo incaricato dell’edizione settimanale in lingua tedesca del giornale.

    Nell’informazione internazionale, il presidente russo Vladimir Putin, definisce l’indipendenza del Kosovo “un terribile precedente”.

    In cultura, un articolo di Fabio Ruggiero dal titolo “Cent’anni, ma ne dimostra molti di più”: la letteratura cristiana antica in Italia, un insegnamento relativamente giovane, ma riconosciuto a livello mondiale.

    Una riflessione di Manlio Simonetti sull’Istituto Patristico Augustinianum, “un trait d’union tra università statali ed ecclesiastiche”.

    Gaetano Vallini interviene sul libro Necropolis di Boris Pahor, una chiara e pacata ricostruzione della prigionia nel lager di Natzweiler-Struthof.

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    Oggi in Primo Piano



    Kosovo: la Russia definisce "un precedente orribile" l'indipendenza di Pristina

    ◊   Ancora polemiche per la proclamazione dell’indipendenza del Kosovo. Moniti alla comunità internazionale arrivano soprattutto dalla Russia. Ieri, il presidente Putin ha parlato di “un precedente orribile” e per la prossima settimana è atteso in Serbia il suo “delfino” Medvedev. Intanto, la tensione è alta anche in Croazia: 42 gli arresti dopo una manifestazione scattata in risposta all’attacco contro l’ambasciata di Zagabria a Belgrado. Il servizio di Benedetta Capelli:


    Il tono delle dichiarazioni che provengono dalla Russia non accenna ad abbassarsi. Stamani un consigliere del presidente Putin, riferendosi all’indipendenza del Kosovo, ha parlato di “un’arma caricata”, di un possibile rafforzamento del terrorismo e di conseguenze imprevedibili. Stesso clima nelle parole di ieri del capo del Cremlino che aveva definito il Kosovo "un precedente orribile" che “si ritorcerà sull’Occidente”. Sempre nella giornata di ieri si erano rincorse dichiarazioni e smentite da parte dell’entourage russo su una possibile azione militare, ma alla fine tutti hanno concordato sulla necessità di una soluzione politica. Domani intanto rientrerà a Belgrado l'ambasciatore di Serbia in Italia, un provvedimento deciso dopo il riconoscimento dell’indipendenza da parte di Roma. Segno di una tensione crescente, che ieri sera a Zagabria si è trasformata in una manifestazione per protestare contro l’attacco dei giorni scorsi alla sede diplomatica croata a Belgrado. 42 gli arresti eseguiti. Identificato, solo oggi, il corpo carbonizzato trovato all'interno dell'ambasciata statunitense di Belgrado: si tratta di un giovane profugo serbo-kosovaro. Delle violenze di giovedì scorso ha parlato all'agenzia SIR l’arcivescovo metropolita di Belgrado, mons. Stanilav Hocevar, per il quale solo “una minoranza si è data alle violenze”. Il presule ha sottolineato l’esistenza di un margine di dialogo tra le parti vista la mancanza di un confronto “approfondito e preventivo”. Resta dunque la preoccupazione. Ma esiste il rischio di una radicalizzazione dell’Islam in Kosovo? Klaudia Bumci, della redazione albanese, ha girato la domanda a mons. Dodë Gjergji, ammistratore apostolico di Prizeren, in Kosovo:

    R. – Per la storia e per l’esperienza di convivenza che abbiamo avuto nel passato ed anche per la disponibilità e l’orientamento politico del nostro governo, penso che la comunità islamica non lascerà che l'Islam si orienti verso l’estremismo. Certo noi non possiamo dire che non ci siano fenomeni di tal genere, ma questo avviene dappertutto, non solo da noi.

     
    D. – In questo momento, il Kosovo è indipendente, però quali sono le sfide che si trova davanti?

     
    R. – Le sfide sono enormi perché con la proclamazione dell’indipendenza ci troviamo a convincere i nostri concittadini serbi che possono vivere con noi e convivere in futuro senza paura. Abbiamo bisogno, come Chiesa cattolica, di pregare tanto per la riconciliazione e per la pace, come ha detto il Papa giovedì.

     
    D. – Qual è l’impegno della Chiesa cattolica in questo momento nel Kosovo?

     
    R. – Noi stiamo lavorando, ogni giorno, per dare il nostro contributo per riconciliare le nostre realtà. Cerchiamo di trasmettere il Vangelo di amore e di perdono. Il nostro lavoro è orientato, tramite la Caritas del Kosovo, a dare un contributo concreto per lo sviluppo sociale del Paese.

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    Concluso a Roma il Convegno sulla storia dell'Inquisizione a dieci anni dall'apertura dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede

    ◊   Ventotto studiosi e tre giornate di lavori: con questi numeri si è chiuso oggi a Roma il Convegno “Storia e archivi dell’Inquisizione”. Organizzato dall’Accademia dei Lincei, l’evento ha voluto ricordare l’apertura al pubblico dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, decisa nel 1998 dall’allora cardinale Joseph Ratzinger. Tra i temi in esame, anche i due accordi tra Italia e Santa Sede, siglati nel 2002 e nel 2004, per la creazione di un catalogo informatico dell’Archivio. Al microfono di Isabella Piro, ce ne parla Antonia Pasqua Recchia, direttrice degli Archivi italiani:


    R. – Il primo è stato l’accordo che ha veramente avviato la collaborazione. E’ stato un accordo a due ed ha fatto in modo che archivisti dello Stato italiano potessero lavorare nell’Archivio della Congregazione e cominciassero a costruire gli inventari e tutti gli strumenti di analisi, di inventariazione, di produzione, di corredo che servono agli storici per entrare in un archivio e per utilizzarlo, per valorizzarlo. Con il secondo accordo, che è stato ampliato anche al centro di studi sull’Inquisizione presso l’Università degli Studi di Trieste, si è fatto un passo molto più importante perché si è deciso di integrare questa massiccia opera di valorizzazione delle fonti documentarie inquisitoriali con la ricerca delle fonti inquisitoriali che si trovano negli archivi di Stato italiani, e soprattutto negli archivi che sono presso le diocesi e che sono vigilati dalla direzione generale per gli archivi.

     
    D. – Lo studioso che si accosta all’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, secondo lei, che atteggiamento deve avere?

     
    R. – Un atteggiamento naturalmente oggettivo, neutrale dal punto di vista della ricerca. Il fatto che si sia deciso unilateralmente - perché nessuno obbligava lo Stato del Vaticano ad aprire questo archivio, questa decisione è stata assunta in piena libertà - è stato il segnale di una grande disponibilità a guardare con occhio oggettivo, senza pregiudizi, alla nostra storia, la storia dell’Inquisizione è anche la storia italiana, è anche la storia europea, dobbiamo guardarla con occhi privi di pregiudizio e analizzarla e darne delle interpretazioni.

     
    D. – Sono trascorsi dieci anni dall’apertura di questo archivio. Qual è, secondo lei, il bilancio, l’elemento più significativo?

     
    R. – E’ stato molto positivo il bilancio che ha riguardato la collaborazione fra lo Stato italiano, la direzione generale degli archivi, e l’Archivio della Congregazione. Il patrimonio culturale italiano in larga parte è un patrimonio ecclesiastico e siamo particolarmente lieti di dire che le risorse che noi abbiamo investito sono state molto bene investite e anche nel futuro riteniamo di doverci impegnare per continuare in questo preziosissimo lavoro di sostegno, di diffusione della conoscenza, di costruzione di strumenti per aiutare gli storici ad orientarsi in questo straordinario archivio.

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    Al via il Capitolo generale della Congregazione Salesiana

    ◊   Con un pellegrinaggio di tre giorni nei luoghi del fondatore, San Giovanni Bosco, si apre oggi a Torino il 26.mo Capitolo generale della Congregazione Salesiana. Al centro dei lavori, che inizieranno a Roma il primo marzo, il ritorno al carisma di Don Bosco, l’urgenza dell’evangelizzazione, la testimonianza della povertà consacrata e la necessità di qualificare le vocazioni. Ma cosa danno oggi i salesiani alla Chiesa? Giovanni Peduto lo ha chiesto a don Enrico Dal Covolo, professore all’Università Pontificia Salesiana, nonché postulatore generale della Famiglia salesiana:

     
    R. - I Salesiani si impegnano a dare alla Chiesa quello che l'allora cardinale Ratzinger raccomandava, nel dicembre 2004, a tutti i provinciali (noi li chiamiamo "Ispettori") dell'Europa, riuniti nella nostra Casa Generalizia. In quell'occasione il cardinale ci raccomandò la "profezia dell'educazione". Che cosa significa questo? Si tratta anzitutto di evangelizzare in tutti gli ambiti dell'educazione; e si tratta, in secondo luogo, di portare nell'evangelizzazione il contributo specifico dell'educazione, che garantisce una ricezione più intima, personale e profonda del Vangelo. Questa è una "profezia", perché ci impegna a camminare sulle frontiere più avanzate dell'educazione, dove le sfide sono più grandi ...

     
    D. - Quali sono oggi le difficoltà più gravi della famiglia salesiana?

     
    R. - Molti giovani di oggi sono affascinati - in ogni parte del mondo - da Don Bosco e dal suo carisma. Ma - quando si mettono a seguirlo più da vicino - rivelano spesso motivazioni deboli, e una scarsa capacità di perseveranza. Questa "fragilità vocazionale" nella formazione iniziale trova riscontro anche nella formazione permanente, dove l'aspetto problematico rimane quello della perseveranza, in ogni senso. Bisogna aggiungere che - soprattutto nel contesto europeo - le nostre opere sono spesso molto impegnative, si espandono e tendono a moltiplicarsi, mentre le vocazioni scarseggiano. Così non sempre si riesce ad assicurare in esse un'adeguata presenza salesiana consacrata, che garantisca l'autenticità del carisma.

     
    D. - Il Papa ha ribadito anche che c'è un'emergenza educativa. Gli adulti oggi spesso rinunciano all'educazione. Che cosa propongono i Salesiani per i giovani?

     
    R. - I Salesiani propongono soprattutto la passione educativa. Non è sufficiente, infatti, proporre contenuti validi, e tenere una condotta esemplare di vita. Occorre avere questa passione educativa, cioè la capacità di comunicare intensamente con i giovani, e affrontare "fino alla temerarietà" le risposte alle sfide del momento presente. Don Bosco diceva, sulla base della sua personale esperienza, che non basta amare i giovani. Occorre che essi si accorgano di essere amati. Come? Proprio condividendo la vita con loro, ma non lasciandoli come sono, bensì accompagnandoli nel trovare le risposte ai loro fondamentali interrogativi esistenziali: accompagnandoli, cioè, all'incontro con Gesù Cristo, unico salvatore dell’uomo, ieri, oggi e sempre.

     
    D. - Oggi, infatti, il mondo ha bisogno di un nuovo annuncio del Vangelo: qual è lo stile salesiano?

     
    R . - Ancora una volta, è quello indicato da Don Bosco, cioè il "metodo preventivo", che si basa tutto sull'amorevolezza. E' lo stile inconfondibile dei Salesiani, fatto di vicinanza, famigliarità, confidenza ... Sono decisive le relazioni personali, su cui si innestano l'ascesi educativa e la carità pastorale. Direi che per noi Salesiani questo concetto fecondo di carità pastorale, che il Concilio ha riproposto, si concretizza in una medaglia a due facce. Da una parte sta il famoso "nulla, assolutamente nulla anteporre all'amore di Cristo" - precetto fondamentale e irrinunciabile della vita consacrata, fin dalle sue origini, e in ispecie dalla Regola di san Benedetto -, cioè l'innamoramento radicale per il Signore. Dall'altra faccia della medaglia sta il "da mihi animas, cetera tolle" di Don Bosco, cioè la dedizione totale ai destinatari, e in particolare ai giovani più bisognosi. Le due facce della medaglia si richiamano continuamente, e si alimentano reciprocamente. Si può dire che una faccia è la motivazione dell'altra. Così non si dovrebbe dare un Salesiano che ami Cristo senza amare i giovani, e neppure, dall'altra parte, un Salesiano che ami i giovani senza amare Cristo e la sua Chiesa.

     D. - Le sue speranze per il Capitolo?

     R. - Innanzitutto, che quello che abbiamo detto fin qui trovi nelle deliberazioni capitolari autentica realizzazione operativa: un vero ritorno a Don Bosco, una rinnovata passione educativa, una riscoperta della carità pastorale, precisamente nel senso che abbiamo appena esplicitato ... E insieme, che cresca la conoscenza, l'amore, l'imitazione di Don Bosco, e anche - lo dico da Postulatore della famiglia salesiana - dei nostri santi e dei nostri beati. Spero e prego - infine - che noi Salesiani, e tutti coloro che partecipano in qualunque modo alla missione di Don Bosco, sappiamo mantenere intatto il carisma delle origini. Detto in altri termini, che tutti i membri della famiglia salesiana si rendano "segni e portatori" efficaci dell' amore di Dio ai giovani, soprattutto i più poveri.

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    Riparte da Roma la difesa della biodiversità

    ◊   Si sono conclusi, presso la sede della FAO a Roma, i lavori della tredicesima Riunione dell’Organo scientifico della Convenzione sulla diversità biologica. Per l’intera settimana esperti provenienti dal mondo intero si sono confrontati su temi quali la conservazione e l’uso sostenibile delle biodiversità agricole e forestali e di quelle degli ecosistemi marini e costieri. Il servizio di Lucas Dùran:


    Sullo sfondo dei lavori la data del 2010, sempre più vicina e che fissa il limite che gli Stati firmatari la Convenzione si sono dati per raggiungere l’obiettivo di una riduzione significativa della perdita di biodiversità nel mondo. In questo senso la riunione ha sottolineato l’importanza d’incorporare la biodiversità nel settore agricolo e alimentare, ittico e forestale in modo da fornire all’umanità una costante disponibilità di cibo conservando allo stesso tempo il nostro capitale naturale per le generazioni future

     
    Le raccomandazioni della Riunione di Roma saranno presentate al nono meeting della Conferenza delle parti alla Convenzione sulla diversità biologica che si terrà a Bonn, in Germania, dal 19 al 30 maggio.

     
    Quella del 2010 non è l’unica data che ricorda a tutti gli impegni presi. Il 2015, anno in cui si verificherà se si sarà riusciti a dimezzare la percentuale di persone che soffrono la fame nel mondo, si avvicina altrettanto rapidamente. La tutela delle biodiversità s’inserisce in quella sfida, come conferma Lucilla Spini, della divisione della FAO che si occupa delle Convenzioni a tutela dell’ambiente:

    “E’ importante ricordare che la conservazione e la gestione sostenibile del nostro capitale naturale rappresentano gli elementi fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio. Vorrei cogliere l’occasione per sottolineare anche che durante la Conferenza delle parti verrà festeggiata il 22 maggio la Giornata internazionale sulla diversità biologica con il tema 'Biodiversità e agricoltura'. Naturalmente tutti possono festeggiare questa giornata in modo che nel futuro ci potrà essere un capitale naturale per tutti”.

    Un appuntamento diverso e festoso, dunque, per difendere la biodiversità e che vale particolarmente per l’Italia, Paese all’avanguardia negli studi del settore e nelle sue applicazioni. Ma quali sono le ragioni all’origine di questa posizione di eccellenza dell'Italia? Marina Carcea, ricercatrice presso l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione:

    “E’ una questione che è stata certamente aiutata dal territorio italiano, perché è un territorio molto montuoso e quindi con difficoltà di contatti, ma anche dall’interesse e dall’amore insisto nella nostra cultura per le tradizioni e quindi magari cibi che venivano riservati per eventi speciali, come potevano essere feste patronali o altri eventi, vengono ora riscoperti come cibo tradizionale, salutare, degno di essere apprezzato, diffuso e valorizzato”.

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    Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella terza Domenica di Quaresima la Liturgia ci presenta l’incontro di Gesù con la samaritana al pozzo di Giacobbe, nella città di Sicar. Il Signore paragona l'acqua del pozzo all’acqua viva che solo Lui può dare. Quindi aggiunge:

    «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna».

    Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:


    (musica)

    “Noi non l'abbiamo visto, come la donna samaritana, in quel mezzogiorno, stanco, assetato e affamato, seduto presso il pozzo di Sicar. Eppure lo vediamo e lo ascoltiamo. Ad ogni cristiano Gesù chiede: “Dammi da bere”, contravvenendo alla nostra atavica inerzia. Ad ogni cristiano Gesù ha svelato la sua esistenza propria, l'ha tolta dal velame del cosiddetto 'privato', l'ha messa in luce così che ad ognuno è possibile vederne i tratti reali. Ad ogni cristiano Gesù ha manifestato l'ampiezza sconfinata del Suo sguardo e la Sua fame di compimento, di mietitura, invitandoci a prendervi parte. Ad ognuno di noi Egli ha detto: “Sono io che ti parlo” e quell'espressione divina suona e risuona incessantemente nel nostro cuore: “Sono io”, riempiendo tutta la nostra vita, al punto che, quando non l'udissimo più, non potremmo più vivere (da una lettera di A.J. Möhler). Ciascuno di noi può dire e dice: “Non è più solo per la parola di un altro che io credo, ma perché io stesso ho udito e so che questi, proprio questi, è il Salvatore del mondo”. Per grazia Sua, noi sappiamo. Effettivamente, sappiamo. Perché Egli è qui, “in eterno è qui tra di noi” (C. Péguy), è qui per noi, come quel giorno al pozzo”.

     
    (musica)

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    Chiesa e Società



    Il "grido di dolore" del vescovo di Arbil per l'attacco turco nel Kurdistan

    ◊   Questo “è un grido di dolore rivolto alla comunità internazionale. Non lasciate che gli aerei turchi continuino a violare i cieli del Kurdistan ed a bombardarne il territorio: gli unici a soffrire sono civili innocenti. Oltre 200 villaggi colpiti, persone appena tornate che scappano di nuovo, violenza e paura: è questo il prezzo dell’aggressione che stiamo subendo”. Chi parla è mons. Rabban al Qas, vescovo di Arbil, che all'Agenzia AsiaNews condanna l'attacco turco sul Kurdistan iracheno. Il presule, parla a nome dei suoi fratelli vescovi, dei leader religiosi musulmani e soprattutto della popolazione”. I carri armati turchi nel territorio iracheno e gli aerei di Ankara nei cieli “stanno distruggendo tutto ciò che abbiamo così faticosamente ricostruito negli ultimi anni”. Secondo mons. al Qas, l’attacco sferrato nella notte di ieri dalle truppe turche in territorio kurdo “non è mirato a colpire i ribelli del Pkk i quali non si trovano nei villaggi vicino al confine, la zona colpita dai bombardamenti, ma lontano dalle montagne. Ho visto con i miei occhi 6 aerei turchi attaccare un villaggio cristiano dove non si erano mai viste installazioni militari”. Appena le truppe sono penetrate nel territorio, “la popolazione è fuggita: questo è ancora più doloroso se si tiene conto di quanti sforzi ha fatto il governo provinciale per far tornare dalla Siria e dalla Giordania tutti coloro che erano fuggiti a causa della guerra. I turchi hanno distrutto dei ponti pedonali, fondamentali per spostarsi da un villaggio all’altro ed hanno concentrato il loro raggio d’azione in zone abitate per lo più da civili cristiani”. L’Europa e gli Stati Uniti, così come i cristiani ed i musulmani di tutto il mondo, “non possono rimanere indifferenti davanti a quello che è successo. Abbiamo bisogno dell’aiuto e delle preghiere di tutti: deve tornare la pace o la situazione non tornerà mai più alla normalità”. (R.P.)

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    Le comunità irachene di Kirkuk istituiscono il primo “Consiglio per i cristiani”

    ◊   Avrà il compito di dialogare con le autorità politiche e promuovere la convivenza pacifica con i "fratelli musulmani". E’ il “Consiglio per i cristiani” istituito a Kirkuk, in Iraq, quale organismo rappresentativo delle comunità cristiane presenti in città. Divisi a livello nazionale, privi di una rappresentanza politica adeguata e indeboliti dalla massiccia emigrazione, i cristiani iracheni fanno fronte comune per meglio far sentire le loro esigenze. Il neonato Consiglio – riferisce Asianews - è composto da 30 membri, tra clero e laici, e riunisce caldei, assiri, siro-cattolici, siro-ortodossi e ortodossi armeni. Lo presiede mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo, che chiarisce come l’istituto, che gode dell’appoggio del presidente iracheno Talabani, “non è una formazione politica, non rappresenta alcuno schieramento e non ha intenzione di interferire con il lavoro dei partiti”. L’arcivescovo racconta piuttosto che “la comunità cristiana ha accolto con gioia la creazione del Consiglio” ed auspica che “altre città seguano l’esempio di Kirkuk”. (C.D.L.)

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    “Porre fine al blocco di Gaza”. E’ la richiesta del Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle Chiese

    ◊   Il Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC), riunito questa settimana a Ginevra, in Svizzera, chiede di porre fine all’assedio di Gaza. Nel documento diffuso a conclusione dell’incontro – riferisce l’agenzia Misna - il CEC invita al dialogo con tutti i palestinesi e con i “rappresentanti eletti” di Hamas, il movimento radicale islamico che dallo scorso giugno “governa de facto” la Striscia di Gaza. Un’esortazione cui fa eco l’approvazione, lo scorso 21 febbraio, da parte del Parlamento Europeo di una risoluzione per la fine del blocco. “Chiediamo alle nostre Chiese - afferma il documento del CEC - di insistere nel ricordare al governo d’Israele che deve adempiere ai suoi obblighi di potenza occupante, rispettando la Convenzione di Ginevra e garantendo l’approvvigionamento in cibo, medicine, carburante, acqua e servizi essenziali nella Striscia di Gaza”. Ribadendo una “condanna assoluta” di qualsiasi azione ai danni dei civili, il Comitato del CEC sottolinea che “la punizione collettiva di Gaza, il lancio di razzi, gli attentati suicidi” e “i check-points, le detenzioni infinite e le uccisioni senza processo non servono alla pace”. Piuttosto, Hamas e i governi palestinese e israeliano “hanno l’obbligo primario di proteggere la popolazione di Gaza nel rispetto dei diritti umani e delle leggi umanitarie”. “È nell’interesse di tutti – conclude il messaggio - lavorare per il reintegro di Gaza nei Territori Palestinesi occupati”. Il documento del CEC annuncia infine una settimana di “Azione internazionale della Chiesa per la pace di Palestina e in Israele”, in programma dal 4 al 10 giugno prossimi. (C.D.L.)

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    All’indomani delle elezioni in Pakistan mons. Lawrence John Saldanha, arcivescovo di Lahore, invita a lavorare per la democrazia

    ◊   La popolazione pakistana “ha dato un chiaro e deciso mandato in favore di una completa gestione del potere da parte delle forze civili e costituzionali”. Lo afferma mons. Lawrence John Saldanha, arcivescovo di Lahore e presidente della locale Conferenza episcopale, commentando i risultati delle scorse elezioni parlamentari che hanno visto la vittoria del Partito popolare e della Lega musulmana. Il voto espresso – sottolinea il presule – mostra che il popolo è in favore dell’indipendenza del sistema giudiziario, della libertà di stampa, dell’autonomia provinciale e soprattutto di una “pacifica coesistenza fra religioni e culture di tutto il Paese”, mentre invece rifiuta la violenza delle frange estremiste, anche nelle zone tribali. Secondo Asianews, nel testo, firmato insieme al segretario della Commissione giustizia e pace, Peter Jacob, il presule invita i partiti e la società civile a “cooperare per assicurarsi che il verdetto popolare venga rispettato e che la transizione verso la democrazia proceda in maniera pacifica”. La democrazia – si legge nel messaggio – “è l’unica strada per costruire una vera cultura della giustizia, della pace e dei diritti umani”. All’indomani delle elezioni, nel Paese mediorientale continuano i colloqui tra le forze politiche per la creazione del nuovo governo. (C.D.L.)

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    Vietnam: i cattolici di Ho Chi Minh City impegnati contro Aids, prostituzione e a favore dei bambini di strada

    ◊   I bambini di strada, la piaga dell’Aids, il dramma della prostituzione: sono questi i temi al centro dell’opera sociale dell’arcidiocesi di Ho Chi Minh City, che nei giorni scorsi si è riunita per fare il punto della situazione dei vari progetti sostenuti dalla Chiesa. L’incontro, riferisce l'Agenzia AsiaNews, è stato organizzato da padre Giuseppe Dinh Huy Huong, presidente della Commissione per la pastorale e le attività sociali dell’arcidiocesi. Do Thi Thanh Nga che lavora per il Gruppo di azione sociale di Tien Chi da 10 anni, composto da membri di diverse religioni ha detto: “Abbiamo uno scopo unico, e cioè andare dai poveri, malati, anziani e bambini di strada per dare il nostro aiuto. Prestiamo particolare attenzione alle aree rurali del Paese, dove abbiamo creato 18 ‘campi umanitari’ per bambini disabili”. Nel Gruppo vi sono 18 medici cattolici e 32 volontari di altre fedi: “Lavoriamo insieme senza alcuna discriminazione. Tuttavia incontriamo alcuni ostacoli, perché non avendo alcun protettore politico spesso non otteniamo il permesso di operare”. Un’altra grave piaga della zona è l’Aids: il 40 % dei malati di Ho Chi Minh City sono bambini. Uno di loro, di 10 anni, afferma: “Per me sarebbe un sogno poter andare a scuola, ma non posso. Le persone mi vedono e mi evitano, perché sanno della mia malattia. Vorrei avere degli amici con cui giocare”. Duong Thi Ban, infermiera in pensione e parrocchiana di Tan Viet, cerca di aiutare questi bambini, che hanno contratto già nell’utero materno il virus dell’Hiv. Insieme a suor Mai Thi Puong, religiosa delle Figlie di Maria, ha accudito nel 2007 oltre 300 bambini malati del distretto di Tan Binh. Pham Thi Loan, vice presidente delle Madri cattoliche di Ho Chi Minh City, opera invece con le prostitute : “Cerchiamo di portarle via dalla strada dando aiuto psicologico, lavoro e conforto. E’ difficile, ma facciamo tutto il possibile”. (R.P.)

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    Nel Tagikistan la comunità internazionale manda aiuti per fronteggiare la crisi umanitaria

    ◊   In risposta all’appello delle Nazioni Unite, lo scorso 18 febbraio, arrivano nel Tagikistan i primi aiuti della comunità internazionale. Nel Paese asiatico – riferisce AsiaNews - l’eccezionale freddo invernale, la scarsità di energia e gli elevati aumenti del prezzo di alimenti essenziali hanno stremato la popolazione, ad elevato rischio di pestilenze. “Almeno 260mila persone – rende noto l’ONU - hanno bisogno di immediati aiuti alimentari”, e si stima che entro la fine dell’inverno la cifra salirà a 2 milioni. Ad oggi circa un terzo dei 7 milioni di abitanti può fare un solo pasto al giorno mentre l’intera popolazione è provata da settimane di freddo intenso e dalla mancanza di energia elettrica. Nella regione la superficie di molti fiumi è ghiacciata, le centrali idroelettriche lavorano al 40% delle possibilità e l’elettricità è erogata solo per poche ore al giorno e riservata ai servizi essenziali come quelli degli ospedali. Una condizione d’emergenza che incide profondamente anche sugli equilibri economici del Paese, dove fabbriche ed esercizi commerciali sono costretti a ridurre o fermare le attività. Il ministro per lo Sviluppo economico e il commercio Gulomjon Bobozoda ha ammesso che la carenza cronica d’energia ha un “effetto cumulativo” sull’economia: nei soli mesi di gennaio e febbraio la Banca centrale stima perdite per 250 milioni di dollari. E’ prevista una crescita dell’inflazione. (C.D.L.)

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    Paraguay: febbre gialla, continua lo stato di emergenza nel Paese

    ◊   Sono migliaia i cittadini paraguayani che si recano alla frontiera con l’Argentina per essere vaccinati presso i centri sanitari delle province di Formosa e Misiones. Di fronte al dilagare dell’epidemia da febbre gialla in Paraguay, il presidente della Repubblica Argentina, Cristina Fernandez, ha affermato che l’assistenza medica ai paraguayani sarà garantita, assicurando che le vaccinazioni proseguiranno anche nei centri abitati del Paese. La febbre gialla è causata da un virus (Flaviviridae) di cui sono portatrici le scimmie e che si trasmette all’uomo dalle zanzare del genere “Aedes”. L’Organizzazione mondiale della salute (Oms), di recente, ha precisato che il virus è allo stato endemico nelle fasce tropicali dell’Africa e dell’America del sud - Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador e Colombia – dove è in grado di causare circa 30 mila vittime l’anno. In Paraguay, fonti ufficiali del governo, parlano di 37 casi sospetti e 8 morti da febbre gialla. Oltre due milioni di cittadini paraguayani sono stati già vaccinati. Il ministro dello Sviluppo argentino, riferisce l’agenzia giornalistica Misna, ha confermato che si registrano “arrivi in massa dei nostri vicini negli ospedali”, e ha aggiunto di aver organizzato con i colleghi del Paraguay un “cordone sanitario preventivo” per evitare il diffondersi della malattia. (M.B)

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    Kenya: il cardinale di Nairobi Njue, in visita a Trieste, chiede aiuto per le popolazioni del Paese africano

    ◊   Si fa sempre più drammatica la crisi umanitaria che ha colpito il Kenya dove migliaia di profughi sono in fuga nel nord ovest del Paese. Nella violenza etnica seguita alla proclamazione del vincitore nelle elezioni dello scorso dicembre, sono state uccise centinaia di persone e interi villaggi sono stati bruciati. Gli sfollati sono 250 mila e almeno mezzo milione i colpiti dalla crisi. Tutta l’economia è bloccata, le banche, gli uffici e negozi sono quasi ovunque chiusi. Centinaia di persone sono senza assistenza e senza cibo. “Se il futuro capo del governo opererà con più poteri, ma sotto la guida del presidente della Repubblica, il Kenya – ha detto il cardinale John Njue, arcivescovo di Nairobi, in visita a Trieste città dalla quale partono alcune delle missioni che operano nel Paese africano – si avvierà finalmente verso una soluzione pacifica. E la Chiesa – dice il porporato - è pronta a collaborare per la riconciliazione, con l’appoggio anche delle missioni”. In questo momento, si legge su Avvenire, il cardinale Njue sottolinea le necessità del Paese che sono “la distribuzione delle terre alla popolazione, l’evoluzione dell’economia, la libertà di educazione, l’assistenza sanitaria e la lotta contro le malattie, l’Aids in particolare”. Ne è convinto l’arcivescovo Njue, che intanto si augura si trovi un accordo e “un giusto equilibrio di poteri” tra il presidente uscente Kibaki, accusato di aver vinto le elezioni con i brogli e il capo dell'opposizione Odinga. Mons. Eugenio Ravignani, vescovo di Trieste, che è stato in Kenya prima che scoppiassero le violenze, sottolinea che la sua diocesi “continuerà con tutta la passione possibile ad aiutare la chiesa keniana". Trieste ha cominciato le proprie missioni nel 1970, e opera nel Paese africano già da 30 anni. (M.B.)

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    Africa: eletto il presidente del “Comitato dei saggi”, l’algerino Ahmed Ben Bella

    ◊   Ad Addis Abeba l'ex presidente algerino Ahmed Ben Bella, è stato eletto nuovo presidente del “Comitato dei saggi” dell’Africa, organo composto da cinque membri, incaricato di sostenere gli sforzi del Consiglio per la pace e la sicurezza (Cps) nella prevenzione dei conflitti nel continente africano. Stando a quanto riferito dall’agenzia MISNA - Ben Bella, ex-capo del movimento di liberazione algerino, nella riunione di Addis Abeba, in Etiopia, ha esposto il programma con i temi da affrontare nell’anno in corso che comprende: la risoluzione di dispute frontaliere; il rispetto dei processi democratici per l’accesso al potere e il terrorismo. “Soltanto il dialogo e la riconciliazione nazionali sono in grado – ha osservato Ben Bella – di risolvere numerose situazioni di crisi in Africa, come l’Algeria ha dimostrato”. Ed ancora, riguardo alla promozione di soluzioni alle crisi in corso in diversi Paesi africani, ha aggiunto che è necessario “rendere più efficiente l’architettura della pace e della sicurezza dell’Unione Africana” ed ha messo in evidenza la mancanza e la necessità di “mezzi umani e materiali adeguati e operando per l’affinamento della dottrina africana in termini di armonia ed efficacia della sua azione comune in un settore così decisivo non solo per lo sviluppo del continente ma anche per il suo reale inserimento nella comunità”. In carica per tre anni, i cinque membri del “Comitato dei seggi” vengono designati in base alla rappresentanza regionale: nord, ovest, est, centro e sud dell’Africa. Oltre al presidente Ben Bella, in rappresentanza del nord Africa, Salim Ahmed Salim della Tanzania (Africa Orientale), Brigalia Bam del Sudafrica (Africa Australe), Elizabeth K. Pognon del Benin (Africa Occidentale) e Miguel Trovoada di Sao Tomè Principe (Africa centrale). (M.B.)

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    Gli studenti francesi parteciperanno da Avignone alla veglia mariana presieduta dal Papa il 1° marzo in collegamento con Roma

    ◊   "Europa e Americhe, insieme, per costruire la civiltà dell'amore", è il tema della veglia mariana presieduta dal Papa, in collegamento da Roma, in occasione della sesta Giornata europea degli studenti e degli universitari che sarà trasmessa in diretta da Avignone il 1° marzo in undici città del mondo. In quell'occasione - rileva l'Osservatore Romano - saranno accolti nella diocesi di Avignone circa un migliaio di persone, di cui cinquecento giovani. Provenienti da tutta la Francia e anche dall'Europa, parteciperanno, la mattina, al forum degli studenti e universitari, al Palazzo dei Papi. Nel pomeriggio, si recheranno nella cattedrale di Avignone per assistere alla preghiera con il Papa. "Pregando col Santo Padre - ha sottolineato monsignor Jean-Pierre Cattenoz, arcivescovo di Avignone - abbiamo l'opportunità di imparare a conoscerci, a vivere la "civiltà dell'amore" con città le cui realtà sono diverse". Per la Giornata europea degli studenti proposta dall'Ufficio per la Pastorale Universitaria del Vicariato e promossa dal Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa, la diocesi di Avignone sarà collegata con le diocesi di Bucarest, Edimburgo, Napoli, Toledo, Aparecida, Messico, La Habana, New York, Loja e Minsk. "Questa Giornata - aggiunge monsignor Cattenoz - dà un significato cristiano alla globalizzazione, a quello dell'universalità". Sul tema comune alle città partecipanti "Europa e Americhe, insieme, per costruire la civiltà dell'amore", la diocesi di Avignone ha sviluppato, riprendendo l'enciclica di Benedetto XVI Spe salvi, il sottotitolo "La speranza non delude". "Si avverte che un sentiero sta per aprirsi - spiega padre Pierre-Josephe Villette, vicario generale della diocesi di Avignone - questo perché abbiamo scelto di incentrare il forum sulle questioni etiche. Sia gli studenti delle scuole superiori che quelli delle classi inferiori sono stati ugualmente invitati, così anche i professori - aggiunge il vicario generale - perché i cristiani non devono avere paura di esprimersi, di manifestarsi". Monsignor Cattenoz auspica che la Giornata europea possa "suscitare una dinamica interessante nelle cappellanie studentesche e che si possa ripetere negli anni a venire in Francia". (O.R.)

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    La Conferenza episcopale dominicana invita i laici ad operare nella vita pubblica secondo principi etici

    ◊   “La responsabilità del laico nella vita pubblica” è il tema del messaggio diffuso dalla Conferenza Episcopale Dominicana in occasione del giorno dell'Indipendenza Nazionale, il prossimo 27 febbraio. Stando a quanto riferito dall’agenzia Fides, il documento esorta tutti i fedeli a fondare l’agire su principi etici e morali immutabili, operando nella ricerca del bene comune in tutti i campi della vita ed in particolare nella sfera politica. In primo luogo i vescovi ricordano che tutti gli uomini "sono chiamati a rimanere saldi in mezzo al mondo, creando alternative di speranza e di amore, senza cedere alle minacce e alle lusinghe che questo offre loro", e mettono in guardia i fedeli laici sul pericolo della corruzione, sottolineando che “cedere all'ambizione, al desiderio del profitto personale, significa rendersi complici dell'oppressione e della malvagità” giacché "senza etica né morale, l'ambiente favorisce la corruzione, la crescente iniquità, l'elevato indice di povertà e l'esclusione degli emarginati". Un monito rivolto in particolare a quanti operano nel mondo della politica, giacché un agire politico che sia di servizio alla comunità richiede “virtù specifiche come intelligenza, capacità di sacrificio, preparazione, rinuncia ad interessi propri, altezza di mire e nobiltà” e poi ancora “equanimità, flessibilità, dedizione, onestà, umiltà, semplicità, maturità, creatività". Rispetto alla campagna elettorale e alle elezioni che a breve avranno luogo nel Paese, i vescovi ricordano che votare è un diritto ed un dovere, ma il voto “deve essere fondato su ragioni solide ed oneste”. (C.D.L.)

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    A Londra, licenziati i vertici di una clinica cattolica che violavano le regole etiche di comportamento

    ◊   L’arcivescovo di Westminster, cardinale Cormac Murphy-O’Connor, ha costretto alle dimissioni il Consiglio di amministrazione del St. John and Elizabeth Hospital, prestigioso ospedale cattolico londinese del quale è patrocinatore, e nominato un nuovo presidente. La vecchia dirigenza si era rifiutata di aderire alle prescrizioni di un nuovo codice di condotta stilato dal cardinale nel 2005 a seguito di scelte e decisioni professionali in conflitto con gli insegnamenti cattolici. “Un ospedale cattolico con una visione chiara di ciò che rispetta la persona umana – aveva scritto il porporato nella lettera all’allora presidente - non può offrire ai suoi pazienti, cattolici o non cattolici, tutti i servizi che vengono regolarmente accettati dalla società”. Il neo dirigente dell’ospedale, Lord Guthrie di Craigierbank, ex capo di Stato maggiore, ha confermato che l’ospedale continuerà ad essere guidato “dai valori cattolici”: fra le disposizioni – si legge sul quotidiani Avvenire - i medici non potranno prescrivere contraccettivi ed effettuare o prescrivere interruzioni di gravidanza, non potranno offrire alle donne in attesa la possibilità di effettuare esami come l’amniocentesi, né trattamenti di fecondazione in vitro. (C.D.L.)

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    Mons. Crepaldi: solo l’ecologia umana può risolvere i problemi ambientali

    ◊   “Per sviluppare una cultura dell’ambiente naturale bisogna prendere le distanze e mirare a ciò che è veramente essenziale: il bene autentico della persona umana e il vero bene comune”. Questo in sintesi il pensiero di mons. Giampaolo Crepaldi, Segretario del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace, intervenuto a Roma, giovedì scorso, al convegno promosso dall’associazione per l’ambiente “VIVA”. Ai presenti – riferisce l’agenzia Zenit - il presule ha detto che “solo l’ecologia umana è veramente risolutiva dei problemi dell’ecologia ambientale” giacché per soddisfare l’esigenza di tutela dell’ambiente “bisogna concentrarsi non sulla natura materialmente intesa, ma sull’uomo e sulla sua vocazione, e su Dio che ha voluto associare l’uomo alla sua creazione”. E’ in conseguenza di questo sguardo privilegiato all’uomo che si ottiene la tutela del creato nel suo insieme, dal mondo animale a quello vegetale, e si garantisce la salubrità delle acque, dell’aria e dei terreni. Il Segretario del dicastero vaticano ha quindi illustrato un decalogo per l’ambiente secondo la dottrina sociale della Chiesa, che vede nella “persona umana fatta ad immagine e somiglianza di Dio Creatore” il criterio morale fondamentale per affrontare la questione ambientale. Nel suo intervento mons. Crepaldi ha infine sollecitato “un'opera di promozione educativa a tutti i livelli partendo da presupposti etico-culturali” liberi da condizionamenti ideologici. (C.D.L.)

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    Gibuti: concessi gli arresti domiciliari a don Sandro De Petris

    ◊   Don Sandro De Petris, vicario generale della diocesi di Gibuti, nel Corno d’Africa, lascia il carcere dopo quattro mesi di detenzione preventiva. Era stato arrestato nell’ottobre del 2007 col sospetto di un ipotetico coinvolgimento in una rete di pedofili. In attesa del processo, previsto entro poche settimane, il procuratore della piccola repubblica africana, Djama Souleiman Ali, ha concesso al sacerdote italiano gli arresti domiciliari “per motivi di salute”. “Vi ringrazio di cuore per la vostra vicinanza in questi mesi” ha detto don Sandro all’indomani della scarcerazione al fratello Guido e all’arcivescovo di Trento, mons. Luigi Bressan, che solo alcuni giorni fa – si legge sul quotidiano Avvenire – aveva consegnato un appello in favore del sacerdote trentino al presidente della Repubblica italiana Napolitano. In un'intervista allo stesso quotidiano il vescovo di Gibuti, mons. Giorgio Bertin, ha confermato che i giudici non hanno trovato prove alle accuse contro il sacerdote francescano e si è detto “convinto dell’innocenza di don Sandro”. “Dobbiamo ringraziare la convergenza del lavoro della diplomazia italiana e vaticana - ha aggiunto il presule ricostruendo i passaggi che hanno portato alla scarcerazione di don Sandro ed ha spiegato, lasciando intravedere motivazioni politiche dietro l’arresto del sacerdote, che “il potere politico ha capito di dover sbrogliare una matassa che si era aggrovigliata anche in relazione dei rapporti tra Francia e Gibuti”. Da ieri don De Petris è accolto presso un convento alla periferia di Gibuti. (C.D.L.)

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    Al via la "Quarantore per la Chiesa che soffre"

    ◊   Al via la quinta edizione dell’iniziativa “Quarantore per la Chiesa che soffre”, in programma dal 25 al 29 febbraio in 48 città e cittadine italiane. Si tratta di un evento promosso dall’Opera di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre” (ASC) e realizzata con la collaborazione della Congregazione mariana dell’Assunta. Alle 17.00 nella chiesa del Santissimo nome del Gesù a Roma è prevista l’esposizione e l’adorazione del Santissimo e a seguire la Santa messa. “La quarantore – spiega il direttore di ACS Massimo Ilardo - ci fa sentire particolarmente vicini al Papa che, anche nel messaggio della Quaresima, ci esorta a riscoprire il significato della preghiera, tenendola al centro della nostra vita, in un mondo in cui il suo significato si è spesso affievolito”. Con contenuti e orari variabili da località a località, la manifestazione si terrà in altre 47 località. Fra queste, a Milano l’appuntamento è per martedì 26 nella chiesa di Santa Immacolata e per venerdì 29 in quella di San Raffaele. A Genova la Quarantore sarà al Santuario della Virgo Potens dal 25 al 27 del mese, mentre a Messina ci si ritrova il 25 febbraio nella chiesa di Maria Santissima dei miracoli. (C.D.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Uganda: firmato il cessate-il-fuoco definitivo tra il governo di Kampala e i ribelli

    ◊   Ulteriore passo in avanti per l’accordo generale di pace in Uganda. A Juba, capitale del sud Sudan, è stato firmato il cessate-il-fuoco definitivo tra il governo ugandese e i ribelli dell'Esercito di Resistenza del signore (LRA). Per la Comunità di Sant’Egidio, che dal 2006 partecipa ai colloqui tra le parti, si tratta di un momento decisivo per mettere fine alla guerra. Un conflitto civile che in oltre vent'anni ha provocato oltre 100 mila morti e costretto circa 2 milioni di persone a vivere nei campi profughi del nord Uganda.
     
    Kenya-politica
    L’accordo raggiunto recentemente in Kenya dal mediatore dell’ONU, Kofi Annan, per la condivisione del potere tra maggioranza e opposizione ha riacceso le speranze di pace per il Paese africano dopo le violenze degli ultimi mesi. Tuttavia, una reale soluzione della crisi attraverso una riforma costituzionale che preveda una ripartizione del potere tra presidente e premier - nella fattispecie, Kibaki e il leader dell’opposizione Odinga - appare ancora lontana. Ce ne spiega i motivi padre Luigi Cocchi, missionario Comboniano della rivista New People di Nairobi, intervistato da Irene Lagan:


    R. - Prima sembrava che Odinga fosse pronto anche ad accettare la carica di primo ministro, non esecutivo ma con poteri di altro genere. Ora, invece, sembra più orientato alla formazione di un nuovo esecutivo con il presidente a capo dello Stato e con il primo ministro alla guida del governo, con tutti i poteri collegati a questo ufficio. Siamo in attesa che qualcosa accada: aspettiamo la prossima settimana e speriamo ma resta l’insicurezza. Odinga ha infatti preso l’aereo ed è andato all’estero - non sappiamo neanche dove sia andato: per questo le cose sono ancora sospese. Il Paese sta andando piano, cercando di ritrovare un po’ di slancio e tranquillità, ma siamo ancora lontani da una situazione di tranquillità e di pace, che tutti vogliono.

    Iran-nucleare
    Sul programma nucleare iraniano, i negoziati sono chiusi. Ad affermarlo il portavoce del governo di Teheran, che ritiene di aver fugato tutti i dubbi dell’AIEA. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ieri a Vienna, ha presentato un rapporto nel quale, pur evidenziando la maggiore collaborazione della Repubblica islamica, ha affermato che i dubbi della comunità internazionale non sono stati fugati. Sembra, sempre più concreta l’ipotesi di nuove sanzioni ONU, un argomento che sarà al vaglio, lunedì a Washington, della riunione del gruppo dei “5+1” cioè i membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania. Intanto, l’Iran ha fatto sapere di ritenere “illegale” una nuova risoluzione ONU, chiedendo inoltre un risarcimento danni per quelle approvate in passato.

    Iraq-esplosioni
    Colpi di mortaio e razzi hanno colpito oggi la zona verde di Baghdad dove si trovano i ministeri iracheni e l’ambasciata statunitense. L’allarme è scattato dopo dieci esplosioni: non si hanno notizie né di vittime né di feriti. All’indomani dell’offensiva turca nel nord dell’Iraq, costata la vita ad oltre 40 ribelli del PKK, il governo del Kurdistan ha criticato gli Stati Uniti a loro giudizio colpevoli di aver dato ad Ankara il via libera alle operazioni.

    Afghanistan-violenza
    L’esplosione di una mina, nella regione afgana di Kunar, ha provocato la morte di 7 guardie di sicurezza afghane impiegate in un ditta di costruzioni. L’agguato non è stato rivendicato. La deflagrazione di un ordigno al passaggio del loro veicolo ha provocato il ferimento lieve di due militari italiani, appartenenti al contingente ISAF, nella valle del Gulistan.

    Medio Oriente
    Durante un’incursione israeliana a Nablus, nel nord della Cisgiordania, è stato ucciso un capo militare del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. L’uomo era ricercato da almeno tre anni. Solo ieri, si erano verificati pesanti scontri a Ramallah tra la polizia dell’Autorità nazionale palestinese (ANP) e la famiglia di un leader di Hamas, morto in carcere.

    Pakistan-politica
    Proseguono le consultazioni in Pakistan per la formazione del governo dopo le elezioni legislative di lunedì scorso. Il Partito popolare del Pakistan (PPP), vincitore delle consultazioni, avrebbe indicato il nuovo premier che sarà incaricato ufficialmente nella seconda seduta dell'Assemblea nazionale fissata all'inizio di marzo. Si tratta di Makhdoom Amin Fahim, che fu tra i fondatori del PPP insieme al padre di Benazir Bhutto.

    Sri Lanka
    Si contano 18 feriti nell’attentato contro un autobus avvenuto questa mattina alla periferia di Colombo, in Sri Lanka. Un ordigno, nascosto tra i bagagli, è stato scoperto da un passeggero che ha dato l’allarme evitando così una strage. Le autorità puntano il dito contro i ribelli delle Tigri Tamil, che hanno intensificato i loro attacchi dopo la fine del cessate-il-fuoco in gennaio.

    Cipro-ballottaggio
    Cipro domani al voto per il ballottaggio presidenziale. Dopo la sconfitta al primo turno del presidente uscente, Tassos Papadopoulos, a sfidarsi saranno ora il candidato della destra, l'ex ministro degli Esteri, Ioannis Cassoulides - in vantaggio nello scrutinio di domenica scorsa - e il leader del Partito comunista e presidente del parlamento, Dimitris Christofias. Quest’ultimo, ha incassato l’appoggio dell’ex presidente Papadopoulos e dei socialdemocratici. Sulla sfida di domani, ascoltiamo Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera, intervistato da Giada Aquilino:
     
    R. - Da annotare, anzitutto, l’uscita di scena del presidente Tassos Papadopoulos che - quando la Repubblica greca di Cipro era già stata accolta nell’Unione Europea - fu il protagonista di un’azione molto dura contro il piano dell’ONU di Kofi Annan. Il documento delle Nazioni Unite prevedeva un compromesso tra le due componenti, quella greco-cipriota e quella turca-cipriota, per far cadere l’ultimo muro d’Europa.

     
    D. - L’europeista Cassoulides, col sostegno della destra, ha vinto il primo turno. Ora, il candidato comunista Christofias ha ottenuto l’appoggio dell’ex presidente Papadopoulos e dei socialdemocratici. Come si presenta la sfida?

     
    R. - C’è una situazione paradossale. Il candidato comunista che andrà al ballottaggio avrà il sostegno di un candidato ultraconservatore, come Papadopoulos. Dall’altra parte, c’è un candidato della destra moderata, che è invece fortemente filoeuropeo.

    D. - Quanto conta la questione della divisione di Cipro su questo ballottaggio?

     
    R. - Se Cassoulides riuscisse a prevalere e riuscisse a farlo con una certa consistenza, allora alcuni ostacoli cadrebbero e ci sarebbe la possibilità di avviarsi verso una possibile soluzione del contenzioso. Soluzione, questa, che avrebbe delle ricadute fondamentali anche nei confronti della Turchia. Non dimentichiamo che il capitolo Cipro è uno dei capitoli fondamentali e che rischia di diventare un ostacolo nel cammino europeo di Ankara. Se invece vincesse il candidato comunista, con il sostegno anche di Tassos Papadopoulos, credo che le cose non cambierebbero molto, a meno che la comunità internazionale non intervenga con la volontà, l’interesse e la determinazione per tentare, ancora una volta, di giungere finalmente ad una soluzione.

    Paesi Baschi-esplosione
    Non ha provocato feritì l’esplosione di una piccola bomba all’interno di un centro di trasmissioni radio-tv, nei pressi di Bilbao. La deflagrazione era stata annunciata da una telefonata dei separatisti baschi dell’ETA.
     
    Nuova Zelanda- bombe a grappolo
    Firmata ieri da 82 Paesi la “Dichiarazione di Wellington”, in Nuova Zelanda, che mette al bando l’uso, la produzione, il commercio e lo stoccaggio delle bombe a grappolo. L’intesa è arrivata al termine di una conferenza cui hanno preso parte oltre 500 delegati di 122 Paesi, molti si sono impegnati a firmare il documento nelle prossime settimane in vista della riunione di maggio in Irlanda. In quella sede, si metterà a punto un trattato vincolante da approvare in Norvegia entro la fine dell’anno. Assenti illustri dell’iniziativa di Wellington alcuni tra i maggiori produttori di cluster bomb (bombe a grappolo) come USA, Russia, Israele, Cina e Pakistan.

    Slovenia-morte ex presidente
    Lutto nel mondo politico sloveno. E’ scomparso nella notte, all’età di 57 anni, l’ex presidente Janez Drnovsek da tempo malato. Artefice del passaggio ad un’economia di mercato, Drnovsek fu a capo dello Stato dal 2003 al 2007. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 54

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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