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Sommario del 19/02/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI ai superiori e alle superiore dei religiosi incontrati ieri: la crisi della modernità che intacca gli Istituti religiosi si contrasta riscoprendo lo spirito dei carismi
  • Nomine
  • L'attesa degli studenti e insegnanti romani per l'incontro di sabato prossimo con il Papa. Interviste con la prof.ssa Favorini e la studentessa Laurieri della Pastorale universitaria
  • Pubblicato il documento finale sulla Pastorale per i senza fissa dimora: sono portatori di diritti e non solo di necessità materiali
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Svolta storica a Cuba: Fidel Castro lascia il potere dopo 49 anni. L'analisi di Stefano Femminis
  • La preghiera è l'unica soluzione per promuovere un dialogo autentico in Iraq: così l'arcivescovo di Kirkuk, che in questi giorni ha più volte incontrato una delegazione di Pax Christi in visita nel del Paese
  • La drammatica diaspora dei profughi iracheni nei Paesi del Medio Oriente: ne hanno parlato le Chiese europee a Lubiana
  • La difesa della vita, obiettivo della Campagna di Fraternità della Chiesa brasiliana: intervista con il cardinale Scherer
  • Presentata oggi alla Lateranense l'"Encicopledia della preghiera", pubblicata dalla Libreria Editrice Vaticana. Intervista con don Giuseppe Costa
  • Chiesa e Società

  • Venezuela: l'arcivescovo di Caracas chiede la cessazione della violenza politica ed il rispetto dei diritti umani dei cattolici
  • La croce e l'icona della GMG nel parlamento australiano di Canberra
  • Il Consiglio Ecumenico delle Chiese compie 60 anni: solenne cerimonia presieduta domenica scorsa a Ginevra dal Patriarca ortodosso, Bartolomeo I
  • Il cardinale Vithayathil eletto presidente dei vescovi cattolici indiani
  • Malaysia: per le elezioni dell'8 marzo, i cristiani chiamati a votare chi rispetta la libertà religiosa
  • Nelle Filippine, cristiani e musulmani insieme per il dialogo e la riconciliazione
  • Inaugurazione nei giorni scorsi, da parte del vescovo di Anuradhapura, nello Sri Lanka, di un Centro di assistenza sanitaria
  • Nello Sri Lanka, ucciso un pastore protestante ad Ampara
  • “Bisogna annunciare Gesù Cristo in modo esplicito. Non è il momento di vergognarsi del Vangelo”. Così in una lettera ai fedeli il vescovo di Tarahumara, in Messico
  • Riconoscimento del Senato ai Salesiani nella Repubblicana Dominicana
  • Casa editrice cattolica pubblica in Myanmar libro sulla difesa del Creato
  • La dignità dell’uomo al centro della riflessione dell’Assemblea plenaria dei vescovi nigeriani
  • Prende il via la Commissione Africana dell'Energia: “L’energia è al cuore dello sviluppo economico dell’Africa”
  • Dissensi tra i vescovi anglicani per l’ordinazione da parte della Chiesa episcopale statunitense di pastori omosessuali
  • Rimanere fedeli al carisma di Don Giussani: così il cardinale Tettamanzi nella Messa di suffragio a tre anni dalla morte del sacerdote
  • Veglia di preghiera, sabato prossimo, per le vocazioni e per i sacerdoti organizzata dal Movimento dell’amore familiare
  • Eletti i quattro assistenti generali del nuovo preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Adolfo Nicolas
  • 24 Ore nel Mondo

  • Sconfitta per il presidente Musharraf alle elezioni di ieri in Pakistan
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI ai superiori e alle superiore dei religiosi incontrati ieri: la crisi della modernità che intacca gli Istituti religiosi si contrasta riscoprendo lo spirito dei carismi

    ◊   Se il processo di secolarizzazione non ha risparmiato neppure le comunità religiose, la fedeltà - ricercata - ai propri carismi è la strada per rivitalizzare la spiritualità di ogni famiglia religiosa. E’ la direzione indicata da Benedetto XVI nell’incontro avvenuto ieri nel Palazzo Apostolico con i membri del Consiglio per i Rapporti tra la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica e le Unioni internazionali dei Superiori e delle Superiori generali (USG e UISG). I particolari dell’intervento del Pontefice, reso noto oggi, nel servizio di Alessandro De Carolis:


    La mentalità dilagante, in molte società, che nega o marginalizza l’importanza di Dio e del sacro non può non allungare la propria ombra anche sui luoghi nei quali vive chi ha fatto di Dio una scelta radicale di vita. Benedetto XVI lo ha riconosciuto schiettamente: la “stanchezza” spirituale e carismatica è un preoccupante segno dei tempi che “non risparmia” purtroppo “nemmeno le comunità religiose”. E tuttavia, non mancano gli uomini e le donne che anche oggi restano attratti dalla prospettiva di seguire le orme di grandi Santi e di imitarne la generosità nel seguire il Vangelo sine glossa. Il Papa ha dato ampio spazio all’analisi critica delle difficoltà che incontrano gli Istituti religiosi, maschili e femminili, all’inizio del 21.mo secolo. “Avvertiamo tutti - ha constatato - come nella moderna società globalizzata divenga sempre più difficile annunciare e testimoniare il Vangelo”. E “se questo vale per tutti i battezzati - ha aggiunto - a più forte ragione è vero per le persone che Gesù chiama alla sua sequela in modo più radicale attraverso la consacrazione religiosa”.

     
    Nonostante queste negative influenze, sottolineate peraltro dalla riduzione di vocazioni, Benedetto XVI ha invitato a non “lasciarsi prendere dallo scoraggiamento” perché, oltre le “non poche nubi” che si addensano all’orizzonte della vita religiosa, “stanno emergendo, ed anzi sono in costante crescita - ha rilevato - segnali di un provvidenziale risveglio, che suscita motivi di consolante speranza”. La vita missionaria attiva come la clausura continuano ad esercitare il loro fascino su ragazzi e ragazze, tanto negli Istituti di antica nascita quanto nelle “nuove esperienze di Vita consacrata”. La scelta della perfezione evangelica, dunque, è frutto per il Papa di un valore sopra tutti gli altri: “Riscoprire lo spirito delle origini, approfondire la conoscenza del Fondatore o della Fondatrice”. Questo, ha detto, “ha aiutato ad imprimere agli Istituti un promettente nuovo impulso ascetico, apostolico e missionario. Ci sono opere ed attività secolari che sono state così rivitalizzante da nuova linfa; ci sono nuove iniziative di autentica attuazione del carisma dei Fondatori. E’ su questa strada - ha concluso il Papa - che occorre continuare a camminare, pregando il Signore perché porti a pieno compimento l’opera da Lui iniziata”.

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    Nomine

    ◊   In Ecuador, Benedetto XVI ha nominato ausiliare di Guayaquil il sacerdote Valter Dario Maggi, parroco e segretario della Commissione episcopale per l'Educazione della Conferenza episcopale ecuadoriana. Italiano di nascita, il neo presule, 51 anni, ha compiuto gli studi di filosofia e teologia presso il Seminario vescovile di Bergamo. Dopo l'ordinazione e i primi incarichi pastorali, ha conseguito la Licenza in Teologia del Matrimonio e della Famiglia presso l’Istituto Giovanni Paolo II a Roma. Come sacerdote fidei donum, è partito in missione in Ecuador, dove è stato parroco e responsabile della Pastorale universitaria arcidiocesana. Attualmente, è anche direttore dell’Istituto Teologico Pastorale dell’Ecuador. Dal 1996, inoltre, è responsabile nazionale del Movimento “Comunione e Liberazione”, mentre dal 1998 è parroco in solido della Parrocchia “Espíritu Santo” e della Parrocchia universitaria “San Juan Apóstol”.

    Nello Sri Lanka, il Papa ha nominato ausiliare della Diocesi di Trincomalee-Batticaloa il sacerdote Joseph Ponniah, vicario generale della medesima diocesi. Il nuovo presule ha 55 anni e ha frequentato i corsi filosofici nel Seminario St. Paul di Thiruchirapally, in India, e quelli teologici nel Seminario Nazionale di Poona, sempre in India. Ha perfezionato gli studi presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma. Ordinato sacerdote, ha svolto, fra gli altri, i ministeri di parroco, docente, rettore del Seminario minore di Batticaloa; membro del Collegio dei Consultori e membro del Consiglio amministrativo.

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    L'attesa degli studenti e insegnanti romani per l'incontro di sabato prossimo con il Papa. Interviste con la prof.ssa Favorini e la studentessa Laurieri della Pastorale universitaria

    ◊   La diocesi di Roma attende con gioia l’incontro con il Papa, sabato prossimo in Vaticano, per la consegna della “Lettera sul compito urgente dell’educazione”. L’udienza avverrà in Aula Paolo VI a partire dalle ore 12 e vedrà la partecipazione di studenti, insegnanti, gruppi parrocchiali e movimenti ecclesiali. Nella Lettera, pubblicata lo scorso 21 gennaio, Benedetto XVI mette dunque l’accento sulla sfida dell’educazione. Un testo ricco di spunti di riflessione per tutti i protagonisti dell’opera educativa. A sottolinearlo, è la prof.ssa Anna Maria Favorini, docente alla Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università RomaTre, impegnata nella pastorale universitaria della diocesi di Roma. L’intervista è di Alessandro Gisotti:

    R. - Mi ha colpito molto la sensibilità mostrata dal Papa verso un problema così urgente, che addirittura lui chiama “emergente” nell’ambito educativo. Indubbiamente, è una lettera rivolta a tutti. Il Papa avrà fatto anche riferimento alla sua lunga esperienza di docente universitario e sicuramente questo lo avrà portato a leggere il malessere dei giovani nella nostra società.

     
    D. - Il Papa sottolinea che l’educatore deve essere un “testimone della verità e del bene”. Come raccogliere questa sfida, certo impegnativa, lanciata da Benedetto XVI?

     
    R. - Inizialmente, il Papa parla anche del ruolo, dell’importanza del rapporto educativo. Richiama la libertà come incontro tra persone. Poi, si riferisce anche ad un’autorevolezza dell’adulto, che è destinato a trasmettere dei valori. Quello che è singolare, secondo me, all’interno di questa riflessione, è che si tratta di una lettera rivolta a tutti. E’ una lettera che richiama a dei valori universali come la responsabilità: la responsabilità del ruolo per chi insegna, la responsabilità anche del genitore e della società.

     
    D. - L’anima dell’educazione - afferma il Papa nella Lettera - può essere solo una speranza autentica ed affidabile. Si riesce a comunicare questo valore ai giovani di oggi, così immersi in una società prodiga di aspettative, ma forse avara di speranze ...

     
    R. - Io penso di sì. Penso che sia proprio insito nel compito e nello spazio dell’educazione, partendo proprio dal primo contesto educativo con cui il bambino viene a contatto, dalla famiglia, per poi allargarci agli altri sociali, e non ultimo a quella che è una formazione universitaria, che è destinata ad individuare e ad aiutare i giovani ad orientarsi nelle scelte.

     
    E sulla centralità dell’educazione nella formazione delle nuove generazioni, ribadita dal Papa, si sofferma Caterina Laurieri, studentessa de “La Sapienza”, collaboratrice della pastorale universitaria del Vicariato di Roma, intervistata da Alessandro Gisotti:


    R. - Credo che l’educazione sia fondamentale: rappresenta quasi il pilastro della nostra società e come tale non deve limitarsi alle responsabilità dei nostri genitori, ma si affida ad una responsabilità collettiva. Fondamentalmente, educatori lo diventano tutti, tutte le persone cui è affidata la responsabilità dell’educazione delle generazioni future.

     
    D. - Il Papa, peraltro, sottolinea che non bisogna scaricare tutte le responsabilità sui giovani per l’emergenza educativa...

     
    R. - Sì, credo che la responsabilità degli adulti sia fondamentale. Credo che l’educazione debba innanzitutto avvenire all’interno della famiglia.

     
    D. - Il Papa richiama spesso la necessità di una pastorale dell’intelligenza. Quali sono le maggiori difficoltà per uno studente di oggi nella ricerca della verità?

     
    R. - Spesso, non è semplice intraprendere questa strada o, per lo meno, la strada dell’onestà intellettuale, perché fondamentalmente è la strada che dovremmo percorrere dentro di noi. Credo che la cultura si mostri innanzitutto nella sua apertura, quindi nella sua capacità di svilupparsi, di dare e di ricevere, e dunque di diventare anche più conforme alla verità, che è poi la verità dell’uomo.

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    Pubblicato il documento finale sulla Pastorale per i senza fissa dimora: sono portatori di diritti e non solo di necessità materiali

    ◊   In una società che legge i rapporti sociali in funzione di tornaconti economici è bene ribadire che la persona senza fissa dimora ha una singolarità e una unicità irrepetibile. E’ uno dei passaggi del documento finale del primo Incontro internazionale di pastorale per i senza fissa dimora, che si è svolto presso il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, il 26 e 27 novembre dello scorso anno. Nel documento sono tracciate le linee-guida per un rinnovato piano d’azione con raccomandazioni alla società e alla Chiesa. I particolari da Paolo Ondarza:


    E’ bene "purificare" lo sguardo sul povero: uscire da quella mentalità che vede in lui un “diverso” o qualcuno che ha scelto il suo stato e che quindi ne è “colpevole”. “Viviamo - si legge nel documento - in una “società a rischio”, nessuno può essere sicuro di non diventare povero”. Prima di considerare la persona senza fissa dimora come un oggetto a cui destinare interventi stabiliti a priori, è fondamentale capire la sua situazione e relazionarsi a lui. La sola dimensione del soccorso materiale non basta: è bene operare in direzione di una promozione umana. I senza fissa dimora vanno considerati non soltanto come “un catalogo di necessità da soddisfare, ma in primis portatori di diritti: al lavoro, all’abitazione, alla salute. A fronte di un aumento del numero dei senza fissa dimora nei Paesi industrializzati, come in quelli in via di sviluppo, Chiesa e società collaborino e definiscano obiettivi comuni, “possibili e raggiungibili”.

     
    Nel documento si chiede anche un lavoro di squadra “tra istituzioni ecclesiali, mettendo fine alla tendenza ad operare da soli, talvolta con spirito di competizione”. Da incoraggiare anche le iniziative ecumeniche. Alle diocesi, si propone di mettere a disposizione gli edifici e i beni ecclesiali non utilizzati. A livello locale, le parrocchie colgano i segni del disagio ancor prima di quelli della sofferenza. I sacerdoti e i diaconi siano prontamente disponibili nei confronti dei senza fissa dimora. Da un punto di vista ecclesiale - si legge ancora - l’impegno a favore dei cosiddetti homeless sia basato sulla verità fondamentale che in essi si rende presente il Cristo sofferente e risorto: ecco perché vanno avvicinati come “soggetti unici” e pertanto devono essere messi in condizione di potersi esprimere nella Chiesa e negli eventi pubblici. Il Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti si propone infine di stendere una lista delle organizzazioni che operano con i senza fissa dimora e di dedicare ogni anno una settimana alla sensibilizzazione sulle necessità pastorali degli homeless. “Il presente incontro - conclude il documento - non dovrebbe essere il primo e l’ultimo; è importante che vi sia un seguito”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Discorso di Benedetto XVI ai membri del Consiglio per i Rapporti tra la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica e le Unioni Internazionali dei Superiori e delle Superiori Generali.

    Nel trentennale dell’Ufficio scavi della Fabbrica di San Pietro, due articoli ne ricostruiscono storia, attività, statistiche.

    Intervista al cardinale López Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, sul prossimo incontro continentale con politici e legislatori americani sulla famiglia e sulla vita.

    Nell’informazione internazionale, in primo piano la decisione della Serbia di rafforzare l’azione politica per contrastare l’indipendenza del Kosovo. In rilievo anche Cuba: Fidel Castro lascia il potere.

    In cultura, Inos Biffi interviene sul tema della transustanziazione con un articolo dal titolo “Non giochiamo sui termini. E’ mistero della fede”.

    Una riflessione di Giselda Adornato su “Politica e senso della storia secondo l’arcivescovo Montini”: un volume sugli anni dell’episcopato milanese (1955-63) con nuovi documenti inediti.

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    Oggi in Primo Piano



    Svolta storica a Cuba: Fidel Castro lascia il potere dopo 49 anni. L'analisi di Stefano Femminis

    ◊   Storica svolta a Cuba. Dopo 49 anni, Fidel Castro ha lasciato la carica di presidente del Paese. L’annuncio è stato dato dallo stesso “lìder maximo” attraverso le colonne del quotidiano ufficiale Granma. Il presidente statunitense Bush ha subito commentato: la decisione di Castro dovrebbe avviare la "transizione democratica" nell'isola. Per un’analisi sul futuro che si apre ora per l’isola, Stefano Leszczynski ha sentito il direttore del periodico dei Gesuiti italiani “Popoli”, Stefano Femminis:


    R. - Diciamolo: dal punto di vista simbolico, sicuramente è un evento di portata storica. Lo dimostra, del resto, anche l’attenzione che i mass media stanno dedicando in tutto il mondo, i vari siti internet, a questa notizia che, appunto, ha fatto rapidamente il giro del mondo. Sicuramente, è altrettanto vero che non è una notizia “inaspettata”, nel senso che Castro già da diversi mesi - sostanzialmente nel 2006 - aveva rinunciato a incarichi di impegno diretto a livello politico lasciando il potere a suo fratello.

     
    D. - Questa delega potrebbe essere una vera e propria designazione per le elezioni del Consiglio di Stato, che comunque Castro ha annunciato?

     
    R. - Questa, per l'appunto, è la domanda che si fanno tutti in questo momento. E’ chiaro che non è facile prevedere le mosse del leader e quindi prevedere l’immediato futuro. Il nome di Raul Castro, del fratello, è certamente in "pole-position" come successore...

     
    D. - Come potrebbero reagire i cubani a una nuova leadership?

     
    R. - Direi che è difficile rispondere, nel senso che sicuramente una parte della popolazione vede e continuerà a vedere Fidel Castro come un riferimento storico e simbolico fondamentale, e nel momento in cui ci sarà una successione comunque sarà una successione alla quale Fidel darà il proprio benestare. Quindi, probabilmente non ci sarà questa sollevazione che alcuni ipotizzano. Credo che, come sempre, molto si giocherà anche nel rapporto Stati Uniti-Cuba. E’ un anno importante: adesso non vorrei allargare troppo l’analisi, ma sicuramente molto dipenderà anche da quello che succederà alla Casa Bianca e dal successore di George Bush e da quello che succederà, per esempio, rispetto all’embargo e a tutto ciò che sappiamo.

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    La preghiera è l'unica soluzione per promuovere un dialogo autentico in Iraq: così l'arcivescovo di Kirkuk, che in questi giorni ha più volte incontrato una delegazione di Pax Christi in visita nel del Paese

    ◊   In Iraq, almeno sei civili sono morti per l'esplosione di un ordigno a Baghdad. Due sauditi e un algerino, ritenuti membri di Al Qaeda, sono stati poi uccisi all’alba, nei pressi di Samarra, da soldati iracheni. Le notizie provenienti negli ultimi tempi dal Paese arabo sembrano comunque confermare un lieve, ma progressivo e incoraggiante, miglioramento della situazione. In un simile scenario, è stata accolta in questi giorni in Iraq una delegazione di Pax Christi che ha testimoniato la propria solidarietà al popolo iracheno. La delegazione, la cui missione si conclude oggi, ha potuto constatare come la comunità cristiana - pure nelle difficoltà - sia riuscita negli ultimi tempi ad organizzare incontri di preghiera, in passato non proponibili. E’ quanto sottolinea l’arcivescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako, raggiunto telefonicamente da Amedeo Lomonaco nella città curda:


    R. - A Baghdad, la situazione è un po’ migliorata: giorni fa, in una chiesa nella capitale c’erano 700 giovani per partecipare ad un incontro di preghiera. Prima era una cosa impensabile. Anche a Kirkuk la situazione sembra tranquilla. Nei giorni scorsi, abbiamo ricevuto una delegazione di Pax Christi. Con loro abbiamo celebrato una Messa nella cattedrale. C’erano più di 1.500 persone. Questo è un segno di speranza. Con la preghiera, tutto può cambiare.

     
    D. - Di fronte alla miseria umana della violenza, la fede è quindi uno dei veri, pochi baluardi contro l’orrore della guerra. Dove può portare in concreto la forza della preghiera?

     
    R. - La preghiera ci aiuta ad aiutare l’altro, a rispettarlo come persona, a dialogare. Noi cristiani, ma anche i musulmani che pregano nelle moschee, siamo aiutati dalla fede, dalla preghiera. Penso che la fede, alla fine, ci aiuterà tutti a ritornare a Dio e anche ad andare gli uni verso gli altri. E’ l’unica soluzione, perché con la violenza non ci sono soluzioni.

     
    D. - Di fronte a quest’unica soluzione, ci sono però ancora delle forti contrapposizioni: ad esempio, quella tra terrorismo e democrazia, fondamentalismo e libertà religiosa. Quali azioni, quali parole servono per sostenere concretamente il popolo iracheno?

     
    R. - Si deve sottolineare che adesso, anche i terroristi si rendono conto che le cose non cambieranno con la violenza, con la guerra, con gli attentati. La loro influenza diminuisce e gli iracheni sono coscienti, ora, che non c’è soluzione con le armi. La violenza si sconfigge con l’incontro ed il dialogo.

     
    D. - Cosa direbbe allora ad un giovane terrorista di al Qaeda, che crede ancora nel terribile linguaggio della violenza?

     
    R. - Io gli dirò che la vita è un dono di Dio all’uomo: non bisogna rovinarlo, bisogna rispettarlo. Se ci sono problemi, idee divergenti, bisogna incontrarsi. Bisogna dialogare, ma mai cedere alla violenza!

     
    D. - Parliamo adesso dei cristiani in Iraq. Come evitare che si interrompa, a causa di un esodo purtroppo continuo, il legame tra l’Iraq e la comunità cristiana irachena?

     
    R. - E’ una cosa triste vedere che questo esodo continui. La nostra presenza in Iraq, se questa tendenza non si invertirà, non avrà senso. Tra due, tre anni non ci saranno quasi più cristiani... Speriamo che questa gente ritorni. Le Chiese dei Paesi occidentali possono aiutare le famiglie a ritornare: noi siamo qui anche per rendere testimonianza di qualcosa di diverso dagli altri. Rendiamo testimonianza con la nostra formazione, con la nostra morale, con il nostro impegno nella società, nel lavoro, nella cultura e nel dialogo. Questo impegno potrebbe perdersi. E sarebbe un peccato.

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    La drammatica diaspora dei profughi iracheni nei Paesi del Medio Oriente: ne hanno parlato le Chiese europee a Lubiana

    ◊   Ieri, l’Unione Europea ha firmato a Damasco un accordo con la Siria volto ad aumentare di 9 milioni di euro (13 milioni di dollari USA) gli aiuti finanziari per modernizzare l’assistenza sanitaria ai rifugiati iracheni nel Paese. “La suddetta cifra - si legge in una nota della Commissione europea in Siria – verrà impiegata per fornire 50 centri di salute e alcuni ospedali di moderne attrezzature mediche, nelle zone più colpite dall’affluenza di rifugiati iracheni”. La stessa nota fa sapere che questi aiuti si aggiungono a quelli per la modernizzazione del settore sanitario in Siria (30 milioni di euro). Secondo l’Alto commissariato ONU per i rifugiati, quattro milioni di iracheni sono fuggiti dal proprio Paese a causa della guerra e delle persecuzioni. Più di 700 mila hanno cercato riparo in Giordania e oltre un milione e 400 mila in Siria. Questa mattina, il problema dei rifugiati non musulmani è stato affrontato nel corso dei colloqui a Lubiana tra la presidenza slovena di turno dell’Unione Europea ed i rappresentati delle Chiese europee. Al microfono di Emanuela Campanile, da Damasco, il nunzio apostolico in Siria mons. Giovanni Battista Morandini, invoca una mobilitazione della comunità internazionale, che sembra ignorare il dramma di questi profughi iracheni:


    R. - Da ottobre dell’anno scorso, finalmente, si cominciava a far rientrare i rifugiati. Ma le ultime notizie sono tragiche, perché molti stanno invece ritornando qui in Siria. Noi abbiamo aperto le porte a tutti, ma soprattutto ai nostri cristiani cattolici evidentemente. Proprio ieri sera, nel corso di un ricevimento dove c’era anche il rappresentante dell’UNICEF e molti ambasciatori, il problema è riemerso nella sua gravità. Avendo qui circa un milione e mezzo di rifugiati, molti o pochi che fossero, comunque duemila al giorno sembrava che stessero ritornando. Ma la questione è tornata ad essere di piena attualità. Il problema come lo si può vedere? Prima di tutto, io credo che la comunità internazionale debba intervenire, come sta già facendo, generosamente. In secondo luogo, che si faccia anche vedere il cuore del Santo Padre, della Santa Sede e dei nostri organismi, che sono dietro una questione che sta diventando un po’ come quella dei palestinesi. Io credo che questo dovrebbe toccare tutte le nostre coscienze, sotto la guida, sotto l’amore e sotto l’apertura che il Santo Padre ha sempre avuto per un problema così grande. Sono tragedie e noi le viviamo giornalmente. Oltre che dell’aiuto, noi abbiamo bisogno in questi giorni di sentire la presenza, la “presenza spirituale” come dice il Santo Padre. Ed ecco la beneficenza, che diventa poi il tema della Quaresima.

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    La difesa della vita, obiettivo della Campagna di Fraternità della Chiesa brasiliana: intervista con il cardinale Scherer

    ◊   Prosegue in Brasile l’annuale Campagna di Fraternità promossa dalla Chiesa brasiliana per il tempo di Quaresima, dedicata quest’anno al tema della difesa della vita. Sui motivi di questa scelta, Cristiane Murray ha intervistato il cardinale Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo, che domenica scorsa ha preso possesso del titolo della chiesa romanda di Sant'Andrea al Quirinale:


    R. - La vita perché in tante situazioni è minacciata. Rischiamo molte volte, riguardo alla vita umana, di avere un rapporto di utilità, un rapporto che fa dimenticare anche il valore unico della vita della persona. Quindi, la Chiesa in Brasile ha voluto prendere questo tema durante la Quaresima 2008 per aiutare la comunità ecclesiale, ma anche tutta la società, a fare una riflessione in profondità su quegli argomenti. Noi dobbiamo essere contrari alle decisioni aggressive e contro la vita umana, mi riferisco in particolare a tre questioni: l’aborto, l’eutanasia e l’impiego di embrioni umani nella ricerca scientifica.

     
    D. - Si tratta dunque di un lavoro di presa di coscienza rispetto al fatto che difendere la vita non è solo una questione religiosa...

     
    R. - Certo, non è una questione solo religiosa, ma riguarda tutti. Anche la vita di coloro che non credono è importante e deve essere rispettata sempre. E anche loro, anche se non credono in Dio, sono tenuti a rispettare la vita di altre persone. Quindi, non è una questione di religione, è una questione etica collettiva. Peraltro, è importante dire una parola molto chiara in difesa della vita in tutte le circostanze, perché è molto facile oggi trovare argomenti che in qualche maniera giustifichino la soppressione della vita prima del tempo - con l’eutanasia, o l’uso di embrioni umani, che sono già esseri umani - per fare ricerche scientifiche, poiché da queste ricerche potrebbero risultare cose utili per la guarigione da malattie e così via. O altrimenti, i tanti aborti che si fanno semplicemente perchè il bambino potrebbe venire in un momento inaspettato o perché la donna non vuole il bambino in quel momento. Quindi, si fa ricorso all’aborto per tante ragioni: che ci fanno comodo, che fanno comodo alla società, fanno comodo alle persone coinvolte, ma non rendono giustizia alla persona, che è quella che perde la vita, cioè l’embrione, il bambino che ancora non è nato.

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    Presentata oggi alla Lateranense l'"Encicopledia della preghiera", pubblicata dalla Libreria Editrice Vaticana. Intervista con don Giuseppe Costa

    ◊   Dopo il "Dizionario di Mistica" e il "Nuovo Dizionario di Spiritualità" pubblicati negli anni scorsi, esce per i tipi della Libreria Editrice Vaticana (LEV) l'"Enciclopedia della preghiera". Il volume di 1300 pagine - con la presentazione del cardinale Georges Cottier e curato dall'ex direttore della LEV, Claudio Rossini, e da padre Patrizio Sciadini - viene presentato oggi pomeriggio, alle 16.30, presso la Pontificia Università Lateranense, alla presenza - fra gli altri - del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Il libro è un ampio repertorio della dimensione della preghiera, a partire dalla Bibbia per finire alle tradizioni delle maggiori religioni mondiali. Don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana, spiega i motivi di questa operazione editoriale, al microfono di padre Vito Magno:


    R. - Si è voluto fare una Enciclopedia, chiamata appunto, "della Preghiera" che raccogliesse nei limiti del possibile i vari percorsi spirituali e le varie storie, relative alla preghiera stessa.

     
    D. - Dov’è la novità dell’opera? L’editoria cattolica abbonda di pubblicazioni sulla preghiera...

     
    R. - La novità è data una esperienza che io stesso ho vissuto alla Buchmesse di Francoforte. La Dusserf ha chiesto la pubblicazione di questa opera, chiedendoci di pubblicarla di cinque volumi. In realtà, l’opera è stata scritta per moduli: una parte biblica, una parte teologica, una parte storiografica, una parte riguarda poi le singole esperienze e i singoli movimenti della preghiera stessa. Questa divisione per moduli consente, dunque, la lettura o la consultazione di volta in volta e specifica. Da un punto di vista metodologico dà quindi l’idea complessiva di cosa rappresenta la preghiera per la storia del rapporto tra l’uomo e Dio, del rapporto fra l’uomo e la Chiesa. il capitolo sulla Liturgia, ad esempio, è veramente molto interessante.

     
    D. - Eppure la cultura odierna sembrerebbe refrattaria a questi argomenti. Si vive in una società rumorosa, vorticosa, affannata, tale da pregiudicare il rapporto con Dio…

     
    R. - Senz’altro, c’è una certa refrattarietà del mondo secolarizzato. Ma per quanto riguarda questo specifico lavoro, abbiamo notato una certa attenzione e un certo interesse. C’è una certa curiosità nel conoscere la via e la preghiera di San Giovanni della Croce, ad esempio, o la via e la preghiera di Sant’Ignazio di Lojola. Come se quasi i nostri fedeli - perché è stato richiesto il volume anche da parecchi parroci - volessero riprovare il piacere di un percorso storiografico su ciò che noi diamo tante volte per scontato.

     
    D. - E’ ben evidenziato il rapporto tra preghiera cristiana e preghiera di altre religioni. Quali sono sotto questo aspetto le differenze e le affinità?

     
    R. - Si privilegiano, a dire la verità, le affinità e quindi l’unione di fede in Dio. Le differenze andrebbero accentuate e verificate in studi successivi. Sono interessanti le chiavi di lettura che vengono date ai vari secoli e che realizzano una sorta di contesto, di cornice, all’interno della quale vengono poi sviluppate particolari esperienze e particolari voci.

     
    D. - Un altro tema che mi ha incuriosito è quello posto al termine dell’opera: si tratta di siti sulla preghiera. Ma si può oggi pregare anche davvero con Internet?

     
    R. - La preghiera si può ispirare dappertutto e come diceva lo spiritualità inglese Tomsin “solleva una pietra, sentirai lo svolazzare delle ali di un angelo”. Il problema non è tanto questo, quanto il fatto che la preghiera è un’esperienza personale e di incontro con Dio, comunitaria e di incontro fra noi, la comunità e Dio stesso. Il limite, quindi, di questi siti e del web è quello isolare, a volte, la persona che prega, ma può essere anche un strumento per avvicinare l’uomo a Dio. Il sito non realizza però, certamente, l’esperienza viva e palpitante di una comunità che prega.

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    Chiesa e Società



    Venezuela: l'arcivescovo di Caracas chiede la cessazione della violenza politica ed il rispetto dei diritti umani dei cattolici

    ◊   L’Arcivescovo di Caracas, il card. Jorge Urosa Savino, ha rivolto un appello urgente alla libertà e alla calma, affinché si promuova un clima democratico nel rispetto delle diverse opinioni e cessi l’ondata di violenza che si sta abbattendo sul Paese, in special modo a seguito degli incidenti registrati negli ultimi giorni in varie regioni del Venezuela. La scorsa settimana, riferisce l'Agenzia Fides, è stata per esempio assaltata da alcuni sconosciuti la Nunziatura Apostolica a Caracas. Il giorno prima era stato collocato dell’esplosivo all’interno della statua di George Washington, ubicata in una piazza ad ovest della capitale venezuelana. Inoltre si sono registrati tentativi di saccheggi nella città di Barinas e scontri tra gruppi politici rivali in varie parti del Paese. Di fronte ad una simile situazione, il cardinale Urosa Savino ha affermato che “le autorità sono chiamate ad avere un atteggiamento di dialogo e comprensione, evitando di creare un ambiente di violenza politica. Non possiamo andare verso un ulteriore aggravamento della violenza politica. L’appello che lancio come Arcivescovo di Caracas alle autorità è che cessi questa violenza” ha affermato il cardinale. Queste dichiarazioni sono state precedute da un comunicato della Conferenza Episcopale nel quale veniva espressa preoccupazione per l’attentato alla sede della Nunziatura Apostolica in Venezuela e per il diffondersi della violenza politica. Il Cardinale ha chiesto alle autorità di proteggere la sede diplomatica della Santa Sede a Caracas, poiché in questo momento non gode di protezione governativa, considerando la gravità del precedente attacco. “Si sta attentando all’opinione dei cattolici e noi non possiamo rimanere indifferenti; come arcivescovo di Caracas chiedo che si rispettino i diritti di tutti i cattolici del Venezuela”. (R.P.)

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    La croce e l'icona della GMG nel parlamento australiano di Canberra

    ◊   Nuova tappa simbolica che testimonia il coinvolgimento di tutta l'Australia al grande evento che a luglio porterà molti giovani e Papa Benedetto XVI a Sydney: la croce e l’icona mariana della Giornata Mondiale della Gioventù sono state accolte ieri nel Parlamento di Canberra. Alla cerimonia hanno partecipato l’arcivescovo di Sydney, cardinale George Pell, il primo ministro australiano, Kevin Rudd, e numerosi parlamentari. “Questo – ha affermato il porporato – è un momento per pregare per la giustizia, la pace e l’uguaglianza”. “E per riconoscere – ha aggiunto – che, in altri tempi della nostra storia, la croce non è stata portata con fedeltà da chi professava di seguire Cristo”. Il riferimento – sottolinea il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, “Avvenire” - è alle colpe della società australiana nei confronti della minoranza aborigena. “Il maltrattamento sistematico di molti aborigeni per molte generazioni – ha scritto il cardinale in un articolo pubblicato ieri su un quotidiano di Sydney – è stato perpetrato da una piccola minoranza”. “Ma è stato tollerato e permesso – ha sottolineato – da un’opinione di maggioranza, che per generazioni ha mostrato indifferenza, se non ostilità e pregiudizio”. Come segno di riconciliazione, ai simboli della GMG, si è affiancato anche un tradizionale “message stick” delle comunità di aborigeni cattolici. Si tratta di un’asta di legno con una serie di simboli: veniva usata per inviare messaggi da una nazione aborigena ad un’altra, come inviti a riti di iniziazione, funerali e cerimonie sacre. Alle parole del cardinale George Pell ha fatto riferimento, infine, anche il premier Rudd, convinto che la GMG sarà un importante evento “non solo per i cattolici ma per tutta la comunità cristiana”. (A.L.)

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    Il Consiglio Ecumenico delle Chiese compie 60 anni: solenne cerimonia presieduta domenica scorsa a Ginevra dal Patriarca ortodosso, Bartolomeo I

    ◊   Il Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC), il più grande organismo ecumenico del mondo, compie 60 anni dalla sua fondazione, avvenuta ad Amsterdam nel 1948. La ricorrenza è celebrata con una serie di iniziative dal Comitato centrale del CEC, riunito a Ginevra fino a domani. Domenica scorsa, in particolare, ha presieduto una solenne cerimonia a Ginevra il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. “Nel corso di questi sei decenni di vita – ha detto il Patriarca – il Consiglio ha costituito una piattaforma ideale dove le Chiese, provenendo da orizzonti differenti e appartenendo ad una grande varietà di tradizioni teologiche ed ecclesiologiche, hanno potuto dialogare e promuovere l’unità cristiana, rispondendo ai molteplici bisogni della società contemporanea”. In questi anni di vita – ha aggiunto il Patriarca – il Consiglio ecumenico delle Chiese ha visto confermare nei fatti della storia la sua “vocazione” a svolgere nella società “un ruolo di catalizzatore nello stabilire la pace nel mondo”. Ma anche “nel promuovere il dialogo interreligioso, difendere la dignità umana, lottare contro la violenza, per la salvaguardia del creato e la solidarietà verso coloro che sono nel bisogno”. L’omelia – riferisce l’agenzia Sir – si è conclusa con un appello: “Non scoraggiamoci – ha affermato Bartolomeo I – quando gli ostacoli renderanno difficile il nostro cammino”. (A.L.)

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    Il cardinale Vithayathil eletto presidente dei vescovi cattolici indiani

    ◊   Il cardinale Mar Varkey Vithayathil è stato eletto oggi presidente della Conferenza episcopale cattolica indiana (CBCI). Il porporato, capo della Chiesa Siro-malabarese sottolinea all’agenzia AsiaNews che “è prioritario far lavorare insieme i tre corpi del Paese (siro-malabarese, latino e siro-malankarese) con la massima coesione, comunione e cooperazione, in unità di spirito”. “Non mi aspettavo - aggiunge - la nomina, anche per la mia età, ma ho accettato con umiltà”. Il cardinale ritiene inoltre che il Paese sia di fronte a grandi contraddizioni. “L’India di oggi ha un grande sviluppo economico, ma anche un’immensa povertà. La Costituzione garantisce la libertà di professare e diffondere la nostra fede, ma forze estremiste propagano un regime di terrore contro le minoranze”. Verrà anche usata ogni risorsa “perché in Asia i poveri e i più deboli stiano meglio”. Già  adesso – continua il cardinale - “gli emarginati sono abbracciati dalla carità della Chiesa, con i servizi di istruzione e sanitari”. Il cardinale Oswald Gracias, ex presidente della CBCI, esprime “grande gioia” per una scelta che è anche “un messaggio forte che le Chiese orientali sono importanti e parte integrale dell’unica Chiesa cattolica”. (A.L.)

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    Malaysia: per le elezioni dell'8 marzo, i cristiani chiamati a votare chi rispetta la libertà religiosa

    ◊   I leader cristiani in Malaysia hanno dato il via ad una campagna di sensibilizzazione della comunità in vista delle elezioni generali anticipate, indette dal governo per il prossimo 8 marzo. “Votate in modo saggio, siate responsabili!”. Così è scritto sui volantini che la Christian Federation of Malaysia (Cfm) sta distribuendo nel Paese. Il volantino suggerisce agli elettori cristiani una decina di punti su cui riflettere e valutare la formazione e il candidato politico a cui dare la propria preferenza. Tra le altre: il diritto alla libertà di coscienza, religione e parola; la tutela dell’ambiente; l’integrità morale del politico. Mons. Paul Tan Chee Ing, vescovo di Meleka-Johore e presidente della Cfm spiega ad AsiaNews che si chiede in particolare agli elettori di preferire chi espressamente si impegni per la difesa della Costituzione come legge suprema contro l’ingerenza della legge islamica. Negli ultimi anni infatti, i cristiani, circa il 10% della popolazione, stanno affrontando crescenti problemi con le autorità: difficoltà nel costruire o restaurare chiese; il divieto di utilizzare certi termini nelle pubblicazioni religiose; il non riconoscimento delle conversioni dall’islam. La settimana scorsa il primo ministro Abdullah Ahmad Badawi aveva sciolto le camere e indetto elezioni anticipate con l’approvazione del re. (R.P.)

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    Nelle Filippine, cristiani e musulmani insieme per il dialogo e la riconciliazione

    ◊   "Relazioni con il prossimo contrassegnate da sincerità, sensibilità e solidarietà sono il seme da cui germoglia la pace fra i popoli; musulmani e cristiani possono lavorare insieme, in armonia, nella comune richiesta di pace, se si conserva il rispetto per le sensibilità altrui e per identità culturali, etniche e religione diverse". Lo afferma il documento conclusivo di un incontro islamo-cristiano tenutosi sull’isola di Jolo, nella parte meridionale delle Filippine, organizzato dal nuovo Centro “Silsilah”. L’incontro – rende noto l’agenzia missionaria Misna - è stato dedicato al tema: “Sognando la pace a Jolo in nome di Dio: musulmani e cristiani chiamati a costruire insieme una cultura di dialogo e di riconciliazione”. Hanno partecipato oltre 300 esponenti religiosi, autorità civili, studenti, membri di associazioni. Il testo del documento conclusivo sottolinea, tra l'altro, che lo “sviluppo sociale ed economico contribuisce in modo significativo alla pace”. Nell’incontro è stata anche ricordata la recente uccisione di un missionario degli Oblati di Maria Immacolata nelle isole Tawi-Tawi, padre Jesus Reynaldo Roda; i presenti hanno condannato l’assassinio ribadendo al tempo stesso il comune impegno per la riconciliazione. Le comunità musulmana e cristiana si dichiarano unite, infine, nella preghiera e nel chiedere a Dio pace e armonia per Jolo. (A.L.)

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    Inaugurazione nei giorni scorsi, da parte del vescovo di Anuradhapura, nello Sri Lanka, di un Centro di assistenza sanitaria

    ◊   Mons. Norbert Marshall Andradi, vescovo di Anuradhapura, antica capitale dello Sri Lanka, ha inaugurato un centro di assistenza sanitaria che servirà a curare i malati della zona e dei villaggi circostanti. Il nuovo complesso sanitario appartiene alla chiesa di Sant’Antonio di Allagollewa. Il presule, durante la presentazione del nuovo edificio, ha detto che “l’obiettivo è quello di offrire cure infermieristiche gratuite e domiciliari agli anziani ed ai malati terminali con un basso reddito”. Il vescovo - riferisce l'agenzia Ucanews - anche sottolineato l’importanza di “promuovere un’educazione sanitaria pubblica”. Il centro di assistenza avrà in servizio due infermiere per gli interventi sanitari di prima necessità, che daranno inoltre assistenza agli anziani. Una volta alla settimana i medici visiteranno gli ammalati. La comunità di Allagollewa ha 209 famiglie cattoliche su un totale di mille. Si tratta della più grande concentrazione di cattolici nella diocesi di Anuradhapura, dove i fedeli cristiani sono circa 10 mila su un milione di persone. La maggioranza è buddista. (I.P. - M.B.)

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    Nello Sri Lanka, ucciso un pastore protestante ad Ampara

    ◊   Un giovane pastore protestante è stato ucciso in Sri Lanka, dove la guerra civile e l’assenza di un organo neutrale di supervisione dei diritti umani, rendono ancora più drammatica la situazione. Neil Samson – rende noto l’agenzia AsiaNews - è morto domenica scorsa ad Ampara in seguito a colpi d’arma da fuoco che lo hanno raggiunto mentre era con la moglie e suo figlio. La donna è rimasta ferita e il bambino è ancora sotto shock. Oggi in un comunicato, il vescovo anglicano di Colombo, Duleep de Chickera, ha condannato l’assassinio e chiesto alla polizia “indagini imparziali” sull’accaduto. Secondo il vescovo anglicano, la morte di Samson potrebbe rientrare nel teso clima interreligioso creatosi nelle ultime settimane ad Ampara. I media locali avevano riportato del fermo di alcuni pastori cristiani con addosso cinture esplosive. La notizia ha contribuito a generare sospetto e risentimento verso la comunità cristiana. Il vescovo anglicano conclude denunciando che Neil Samson è anche vittima della dilagante cultura della guerra nel Paese. Responsabili di questo fenomeno, sono secondo il vescovo “le due parti in conflitto”, le forze governative e i ribelli tamil. “L’assenza di un organo neutrale di monitoraggio e di serie indagini di polizia, incoraggiano il clima di impunità. Il non rispetto delle più basilari norme etiche e umanitarie facilita infine anche l’occupazione e la distruzione dei luoghi di culto”. (A.L.)

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    “Bisogna annunciare Gesù Cristo in modo esplicito. Non è il momento di vergognarsi del Vangelo”. Così in una lettera ai fedeli il vescovo di Tarahumara, in Messico

    ◊   Mons. Rafael Sandoval Sandoval, vescovo di Tarahumara, in un messaggio inviato ai fedeli della sua diocesi, chiede a tutti di annunciare Gesù Cristo come unico Salvatore, soprattutto di fronte alla crescente diffusione delle sette, alle quali stanno aderendo molti cattolici. Certamente, continua il presule, è molto importante la testimonianza, ma “si richiede l’annuncio esplicito, adattato alle diverse circostanze e costantemente aggiornato”. “Proporre la verità evangelica e la salvezza che Gesù Cristo ci offre – spiega il presule - e farlo con rispetto e senza costrizioni, lontano dall’essere un attentato contro la libertà religiosa è un omaggio a questa stessa libertà, alla quale si offre l’indicazione di un percorso che perfino i non credenti giudicano nobile ed esaltante”. Per il vescovo di Tarahumara – riferisce l’agenzia Fides - bisogna anche “scoprire Cristo nelle culture, annunciarlo esplicitamente, aiutare a maturare la fede cristiana e purificare quanto è contrario al vangelo”. “Annunciare Cristo - continua il testo - non impoverisce le culture; al contrario, le arricchisce”. Il messaggio si conclude con un appello speciale ai giovani, ai quali Mons. Sandoval ricorda che Cristo ha bisogno di loro “affinché annuncino la vita”. (A.L.)

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    Riconoscimento del Senato ai Salesiani nella Repubblicana Dominicana

    ◊   Il senato della Repubblica Dominicana ha conferito ai Salesiani un premio perché, si legge nella motivazione, dal 1934 sono nel Paese “testimoni dell’amore di Dio nei confronti dei giovani e, soprattutto, dei poveri”. “La Camera alta rende onore ad una comunità di uomini che ha saputo donare la propria vita a favore degli ultimi”, ha detto il senatore Euclides Sanchez nel corso della cerimonia ufficiale tenutasi presso il Centro di formazione salesiano Domenico Savio nei pressi di Jarabacoa. Secondo il collega, Andrés Bautista, “i salesiani, fedeli al carisma di Don Bosco, sono evangelizzatori dei poveri, hanno un’attitudine particolare per le vocazioni, educano alla fede in ambienti particolari facendo leva sulla comunicazione sociale e annunciano la Parola di Dio ai popoli che non la conoscono”. Grande la soddisfazione è stata espressa dall’ispettore salesiano per le Antille, padre José Pastor Ramirez: “Siamo davvero contenti di tale riconoscimento, tenuto conto che viene dal Senato e che siamo stati sollecitati a continuare a realizzare sempre nuovi progetti a favore della vita”. Alla cerimonia hanno partecipato, tra gli altri, il vescovo emerito di Barahona, mons. Fabio Mamerto Rivas e il governatore della città di La Vega, Mario Hidalgo. (D.D.)

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    Casa editrice cattolica pubblica in Myanmar libro sulla difesa del Creato

    ◊   Per la prima volta nel Myanmar, una casa editrice cattolica ha pubblicato un libro dedicato alla difesa dell’ambiente. Si tratta della traduzione in birmano del volume “Greening the Third Millennium” (“Per un Terzo Millennio più verde”) di padre Sean McDonagh, missionario colombano irlandese da anni attivamente impegnato a livello internazionale sui temi dell’ecologia. A pubblicarla è la “Catholic Literature Service”(CLS) di Yangon, una casa editrice che normalmente divulga traduzioni di libri di catechismo. L’iniziativa è della ex responsabile della CLS, la suora della Riparazione Dominic Myan Than. L’obiettivo è di sensibilizzare i fedeli birmani sull’importanza della difesa dell’ambiente, un tema poco trattato nel Paese, che pure non è immune ai sconvolgimenti climatici e ai disastri ambientali. “Ho letto il libro e volevo che leggendolo i birmani comprendessero la bellezza del Creato”, ha spiegato la religiosa all’agenzia Ucan. Nelle 332 pagine del libro, padre McDonagh affronta vari temi: dai cambiamenti climatici, ai disastri ambientali, al dibattito sulle biotecnologie, alla questione della cancellazione del debito dei Paesi poveri. Il volume, pubblicato in un migliaio di copie, è uscito in edizione tascabile lo scorso gennaio ed è stato distribuito in tutte le diocesi del Myanmar. La speranza di suor Mya Than è che “dopo avere letto questo libro, i vescovi e i parroci condividano con i fedeli quanto hanno appreso”. “La protezione dell’ambiente – sottolinea - è vitale ed è necessario coinvolgere la gente”. Il tema dell’ecologia non è mai stato affrontato sinora a livello di Conferenza episcopale nella ex Birmania, anche se ci sono iniziative a livello locale. È il caso della diocesi di Lashio dove il vescovo Philip Lasap Za Hawng è impegnato in varie iniziative di sensibilizzazione. (L.Z.)

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    La dignità dell’uomo al centro della riflessione dell’Assemblea plenaria dei vescovi nigeriani

    ◊   “Ringraziamo Dio per la sua bontà nei confronti della sua Chiesa e della nostra nazione. Nonostante le pressioni e le costrizioni, nonostante le infedeltà derivanti dall’umana debolezza, la Chiesa di Dio in Nigeria è in crescita e acquista forza”: lo affermano i vescovi della Nigeria al termine della loro prima riunione plenaria del 2008, che si è tenuta ad Abuja, dall’11 al 16 febbraio. Al termine dei lavori, la Conferenza Episcopale nigeriana ha pubblicato un comunicato dal titolo “Restoring our Nation”, ripreso dall’Agenzia Fides. I presuli ribadiscono le loro perplessità sulla correttezza delle elezioni federali e statali dell’aprile 2007: “le elezioni irregolari – scrivono - rappresentano un brutale promemoria sul persistere di una cultura della violazione della dignità umana in questo Paese”. Ma allo stesso tempo, nel comunicato si nota il ruolo positivo della magistratura, che si rende sempre più autonoma dal potere politico nell’indagare lo svolgimento del processo elettorale. I vescovi chiedono, però, che le dispute elettorali siano risolte al più presto, per evitare di ingenerare un senso di insicurezza in coloro che detengono cariche pubbliche, distraendoli dal compito di operare per il bene comune. Tra le priorità nazionali, i vescovi indicano l’educazione dei giovani e la salvaguardia dei diritti dei bambini. Il messaggio si conclude ricordando l’imminente apertura della nuova Università cattolica della Nigeria: “Ci impegniamo a gestire un’università che sia nota per l’eccellenza spirituale, morale ed accademica, un’università dove le giovani generazioni verranno formate per diventare i futuri leader del Paese”. (A.L.)

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    Prende il via la Commissione Africana dell'Energia: “L’energia è al cuore dello sviluppo economico dell’Africa”

    ◊   “Il nostro Continente registra il maggior incremento della produzione petrolifera nella sua storia, ma nello stesso tempo ha una delle percentuali di consumo energetico più basse del mondo” ha affermato Chakib Khelil, ministro dell’Energia algerino e presidente dell’OPEC (Organizzazione dei Paesi Produttori di Petrolio), aprendo i lavori della Commissione Africana dell'Energia (AFREC), organo dell’Unione Africa (UA). Domenica scorsa, nella capitale algerina, si sono riuniti una trentina di ministri africani dell'energia per varare il piano d'azione dell’AFREC, approvarne lo statuto, designare il direttore e i membri del consiglio d'amministrazione. L’esigenza di coordinare le politiche energetiche dei Paesi africani – sottolinea l’agenzia Fides - è sempre più avvertita dai governi e dalle popolazioni locali: le recenti interruzioni di energia elettrica in Sudafrica sono un chiaro segnale di allarme per un Continente che intende perseguire lo sviluppo economico valorizzando le proprie risorse. “L’energia è il cuore dello sviluppo economico dell’Africa, Continente ricco di risorse ma povero in consumo di energia” ha sottolineato il ministro algerino. Una delle strade da seguire, ha suggerito, è la collaborazione con l’America Latina. Fra gli obiettivi di AFREC, che ha la sua sede centrale ad Algeri, vi sono l’elaborazione di un piano per lo sviluppo energetico del continente africano, l’avvio di programmi di assistenza e formazione, la promozione di progetti comuni in campo energetico e la creazione di una banca dati sulle questioni energetiche africane. (A.L.)

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    Dissensi tra i vescovi anglicani per l’ordinazione da parte della Chiesa episcopale statunitense di pastori omosessuali

    ◊   I vescovi anglicani ugandesi boicotteranno la “Lambeth Conference”, l’incontro che raccoglie ogni dieci anni i 38 primati anglicani, per protestare contro la Chiesa episcopale americana che ordina pastori omosessuali e benedice unioni omosessuali. All’incontro, che si terrà quest’anno a Canterbury dal 16 luglio al 4 agosto non parteciperanno, per lo stesso motivo, i vescovi della diocesi australiana di Sydney, della Nigeria e del Rwanda. Secondo la stampa britannica anche la diocesi del Kenya non verrà a Canterbury, ma l’annuncio ufficiale è stato rimandato per la difficile situazione politica del Paese. Quasi un quarto degli 880 vescovi anglicani – riferisce l’agenzia Sir - saranno assenti alla “Lambeth Conference” considerata uno degli strumenti di unità. La maggior parte dei vescovi dissidenti parteciperà alla “Conferenza Anglicana Globale del futuro”, organizzata da evangelici conservatori in Israele a giugno. L’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, non ha invitato alla “Lambeth Conference” il vescovo del New Hampshire Gene Robinson, la cui ordinazione nel 2003 avviò le divisioni sulla questione dell’omosessualità’ tra gli anglicani. Da segnalare poi che il sinodo della Chiesa generale d’Inghilterra, conclusosi la scorsa settimana, ha deciso che per la nomina dei vescovi non sarà più necessaria l’approvazione del primo ministro britannico. Tra i vescovi, alcuni sono a favore di una Chiesa indipendente dallo Stato perché in questo modo verrà recuperata una dimensione spirituale più forte. Altri, invece, ritengono importante la dimensione ufficiale che rende la “Chiesa di Inghilterra” la religione di Stato conferendole una posizione privilegiata rispetto ad altre fedi. (A.L.)

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    Rimanere fedeli al carisma di Don Giussani: così il cardinale Tettamanzi nella Messa di suffragio a tre anni dalla morte del sacerdote

    ◊   Il prossimo 22 febbraio saranno passati tre anni dalla morte di mons. Luigi Giussani, fondatore della Fraternità di Comunione e Liberazione. Ieri sera almeno 10 mila persone, alcune anche dal sagrato, hanno partecipato in duomo a Milano alla Messa di suffragio celebrata dal cardinale Dionigi Tettamanzi. Nell’omelia, l’arcivescovo di Milano ha detto che “è impossibile non sentire la ‘presenza invisibile ma vera e profonda’ di ‘don Gius’”, come veniva chiamato il sacerdote scomparso all’età di 83 anni, dopo una vita spesa ad insegnare e ad educare i giovani. Il cardinale Tettamanzi ha chiesto di “rimanere fedeli al carisma educativo ed ecclesiale di don Giussani”, a quel primato dell’incontro personale con Cristo che, secondo il cardinale, va assicurato insieme “all’amicizia con Cristo, all’amore per la Chiesa, per il Papa e per i pastori della Chiesa”, perché “decide della fecondità di tutto quello che facciamo in ogni ambiente della vita”. Alla Fraternità, che compie il 26.mo anniversario del riconoscimento pontificio, l’arcivescovo di Milano ha chiesto – come omaggio gradito allo stesso don Giussani – di amare questo primato di Cristo nella vita delle persone e della Chiesa. Alla celebrazione era presente anche don Julián Carrón che ha ereditato la guida di Comunione e Liberazione direttamente dal fondatore. (Da Milano, Fabio Brenna per la Radio Vaticana)

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    Veglia di preghiera, sabato prossimo, per le vocazioni e per i sacerdoti organizzata dal Movimento dell’amore familiare

    ◊   Il Movimento dell’amore familiare, in collaborazione con l’Ufficio per le Vocazioni del Vicariato di Roma, organizza sabato 23 febbraio alle ore 21 una Veglia di Preghiera per le Vocazioni e per i Sacerdoti. La Veglia sarà presieduta dal Vicegerente Mons. Luigi Moretti nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Parteciperanno sacerdoti e famiglie. Il Movimento parteciperà all’udienza che il Papa ha concesso ai fedeli della diocesi di Roma il 23 febbraio, nel corso della quale consegnerà la “Lettera sul compito urgente dell’educazione”. Il Movimento si sviluppa e vive nella diocesi di Roma e particolarmente nelle parrocchie, con l’obiettivo di riportare coloro che sono lontani dalla speranza di una vita migliore alla vita di fede cristiana più matura, reinserendoli nella comunità parrocchiale. Attraverso un percorso di vita e di fede, articolato in un itinerario sistematico che dura almeno cinque anni, si sperimenta come la dimensione umana della persona e della famiglia sia strettamente unita a quella soprannaturale, per una salvezza integrale della persona, e quindi della famiglia e della società. Per maggiori informazioni, si può consultare il sito www.amorefamiliare.it (A.L.)

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    Eletti i quattro assistenti generali del nuovo preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Adolfo Nicolas

    ◊   Durante i lavori della Congregazione generale dei gesuiti, in svolgimento a Roma, sono stati eletti i quattro assistenti generali che avranno il compito di assistere il nuovo preposito generale, padre Adolfo Nicolas. Tra i quattro eletti, vi è il nome di padre Federico Lombardi, direttore generale della nostra emittente, portavoce della Sala stampa della Santa Sede e direttore del Centro Televisivo Vaticano. Gli altri tre sono padre Lisbert D’Souza (Bombay), padre James Grummer (Wisconsin) e padre Marcos Recolons (Bolivia). Quest’ultimo è stato nominato anche “ammonitore” del padre generale. L’iter per l’elezione degli assistenti generali è simile a quello riguardante la designazione del superiore generale: dopo un periodo di quattro giorni per raccogliere informazioni, si procede alla votazione per ognuno dei quattro assistenti. Al termine dell’elezione si procede, con il voto di tutti i delegati, all’elezione dell’ammonitore del padre generale. I quatto assistenti devono prendersi cura di tutto quanto riguarda gli aspetti “esteriori” della vita del padre generale, tra cui il vestiario e il vitto. L’assistente deve anche “vigilare” – si legge nel capitolo IV della parte IX delle Costituzioni – affinché il superiore generale “non ecceda in fatiche o in soverchio rigore”. "Se emerge il bisogno – si legge ancora nel testo – l’assistente deve anche aiutarlo spiritualmente". (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Sconfitta per il presidente Musharraf alle elezioni di ieri in Pakistan

    ◊   Il partito del presidente pachistano Pervez Musharraf ha riconosciuto la sconfitta nelle elezioni legislative svoltesi ieri. Già in mattinata la televisione di Stato aveva riferito della netta vittoria dei due partiti d'opposizione della leader assassinata Benazir Bhutto e dell'ex primo ministro Nawaz Sherif. Il nostro servizio:

    Un voto di protesta, senza appello, ha travolto il presidente pachistano Pervez Musharraf, nelle elezioni legislative di ieri che hanno bocciato il partito dell'ex generale alleato degli Stati Uniti e premiato l'opposizione, nell'unico Paese musulmano dotato di un arsenale nucleare. Gli ultimi dati della commissione elettorale danno 82 seggi al Partito popolare pachistano della leader assassinata Benazir Bhutto (Ppp), 63 alla Lega musulmana dell'ex premier Nawaz Sharif (PML-N) e, con un grande distacco, 36 alla Lega musulmana-Q (PML-Q), o "partito del rè" come è conosciuta in Pakistan l'organizzazione politica creata sei anni fa a sostegno di Musharraf. La possibile alleanza tra il partito della Bhutto e quello del rivale Sharif - il cui governo Musharraf rovescio' con il colpo di Stato militare che lo ha portato al potere nel 1999 – potrebbe portare a destituire Musharraf e a ripristinare la Costituzione del 1973, precedente gli emendamenti apportati che hanno rafforzato il potere del presidente. Sia Bhutto che Sharif sono tornati lo scorso anno, dopo un lungo esilio, dovuto ad accuse di corruzione. Sharif per questo motivo non ha potuto candidarsi alle elezioni. In ogni caso, gli analisti concordano sul fatto che il voto, malgrado l'affluenza alle urne sia stata solo del 35-40 per cento degli 80 milioni registrati, è espressione della profonda insoddisfazione dei 160 milioni di pachistani, il 73 per cento dei quali vive con meno di due dollari al giorno, malgrado una crescita economica del 7%, grazie ai 10 miliardi di aiuti americani dal 2001, in cambio dell'alleanza contro il terrorismo internazionale.

    Quali scenari si aprono, a questo punto, per il Pakistan? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Elisa Giunchi, docente di Storia e Istituzione dei Paesi islamici presso l’Università Statale di Milano:


    R. – Il desiderio di Musharraf sarebbe quello di un governo di riconciliazione nazionale, ma è più probabile, forse, un governo di coalizione tra il Partito popolare pachistano e la Lega musulmana guidata da Sherif. Tutte alleanze che hanno un certo elemento di instabilità, anche perché sono guidate da personaggi che non si stimano e non hanno un passato di collaborazione. Se questi due partiti – il partito che era guidato dalla Bhutto e il partito che oggi è guidato da Sherif – riuscissero ad ottenere una maggioranza di due terzi, potrebbero a quel punto far ricorso alla pratica dell’impeachment. Anche se non succedesse, a quel punto, sicuramente, un parlamento dominato da forze ostili a Musharraf porterebbe ad uno scontro istituzionale che potrebbe avere anche conseguenze gravi per il Paese, perché in quel contesto di stallo istituzionale, i partiti islamisti potrebbero allargare la propria base nelle aree della frontiera con l’Afghanistan.

     
    D. – Quanto l’uccisione della Bhutto può avere concretamente influito su questo risultato elettorale?

     
    R. – In parte, la sua morte ha creato una certa simpatia per il partito e, in parte, più analisti hanno sostenuto che i tentativi della Bhutto, nei mesi precedenti all’attentato, di giungere ad un compromesso, ad un’intesa con l’odiato Musharraf, hanno indebolito i consensi al partito, favorendo i consensi verso la Lega musulmana guidata da Sharif. Sharif, invece, al di là del suo passato poco trasparente – un passato comunque di collusione con i partiti islamisti e con altri settori militari – si è presentato come il campione della democrazia, assolutamente contrario a qualsiasi forma di intesa e di compromesso con i vertici dell’esercito. Questo sicuramente ha favorito il partito nel voto.

    Afghanistan
    Un’autobomba è esplosa stamattina a Kandahar, in Afghanistan meridionale, uccidendo almeno una persona. Nella stessa città, due giorni fa un attentato kamikaze aveva fatto oltre 100 morti. È il terzo attacco dinamitardo nel sud dell'Afghanistan in tre giorni. Ieri, 37 civili afghani sono stati uccisi e tre soldati della NATO feriti in un attacco suicida a Spin Boldak, al confine con il Pakistan.

    Iraq
    Sei civili sono morti e due persone tra cui un poliziotto sono rimaste ferite questa mattina a Baghdad nell'esplosione di due ordigni in due zone diverse della città. Sempre stamane, in un villagio vicino Baquba, quattro persone di una stessa famiglia sono state trucidate in un attacco armato, ad una sessantina di Km a Nord-Est di Baghdad. Intanto il rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite in Iraq, Staffan de Mistura, si è incontrato stamani nella città meridionale irachena di Najaf con il grande ayatollah Sayyed Ali Sistani, massima autorità religiosa sciita del Paese. Lo ha riferito l'agenzia irachena Nina, aggiungendo che de Mistura ha discusso con Sistani della “situazione politica e della sicurezza nel Paese”. De Mistura ha avviato nei giorni scorsi una serie di contatti con i gruppi politici e con le autorità irachene in vista delle elezioni provinciali che si svolgeranno il prossimo primo ottobre sotto la supervisione dell'ONU. In un intervento al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a fine gennaio, de Mistura ha affermato che la situazione politica e la sicurezza in Iraq rimangono “indubbiamente complesse” e “abbastanza scoraggianti”, ma negli ultimi mesi, ha aggiunto, ci sono stati progressi in entrambi i settori.

    Iran
    Altri 251 candidati alle elezioni legislative in Iran del 14 marzo, esclusi in un primo momento, sono stati riammessi in appello dal comitato di supervisione del Consiglio dei Guardiani, la corte costituzionale. Lo ha detto oggi il portavoce del Consiglio, Abbas Ali Katkhodai, all'agenzia Isna. Sale così a 832 il numero dei ripescati, su un totale di 2.200 bocciati della prima ora. Il numero totale dei candidati originari era di 7.168. Abdollah Nasseri, portavoce del fronte riformista e pragmatico che si oppone ai conservatori del presidente Mahmud Ahmadinejad, aveva lamentato da subito che oltre la metà dei candidati del suo schieramento erano stati bocciati. Nei giorni scorsi, inoltre, ha sottolineato che tra i primi 581 candidati riammessi di cui si era avuta notizia i riformisti erano un'esigua minoranza. Tra i "ripescati" più noti vi è il riformista Ali Eshraghi, un ingegnere di 39 anni nipote del fondatore della Repubblica islamica, l'ayatollah Ruhollah Khomeini. Katkhodai ha detto che la lista definitiva degli ammessi alle elezioni sarà resa nota il 22 febbraio, ma eventuali ricorsi potranno essere esaminati fino al 4 marzo.

    Kosovo
    Terzo giorno per la Repubblica Kossova, autoproclamatasi indipendente dalla Serbia, mentre a New York il Consiglio di Sicurezza dell’ONU resta spaccato sul riconoscimento e così anche l’Unione Europea procede in ordine sparso. Senza gravi incidenti le dimostrazioni di piazza anti-kosovo a Belgrado e in altre località serbe. Stamane si segnalano disordini ed incendi appiccati da gruppi di serbi, in due posti di frontiera con la ex provincia autonoma nella Serbia meridionale. Sul posto sarebbero gia presenti truppe della KFOR, la Forza di pace NATO in Kosovo. Il servizio di Roberta Gisotti:


    La comunità internazionale divisa di fronte al riconoscimento della Repubblica Kossova, a due giorni dalla dichiarazione unilaterale d’indipendenza della provincia autonoma della Serbia, un’azione “nulla e illegale” secondo il voto unanime ieri del Parlamento di Belgrado, mentre il presidente Bosir Tadic ha prospettato al Consiglio di Sicurezza dell’ONU a New York “danni irreparabili all’ordine internazionale”, per possibili atti emulativi di altre minoranze etniche nel mondo. Convinti invece che la sovranità kosovara porterà “la pace nella regione” gli Stati Uniti hanno ufficialmente riconosciuto oggi il nuovo Stato. Al contrario la Russia ritiene l’iniziativa unilaterale della provincia serba “inaccettabile e pericolosa” e cosi anche la Cina paventa un conflitto armato. Fiducia invece dall’Australia. In ordine sparso l’Europa: alla Repubblica Kossova hanno per ora detto sì Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, e poi Finlandia, Austria, Danimarca, Polonia, Belgio, Svezia. Non mancano critiche all’Unione Europea, incapace di assumere una posizione univoca. Da parte sua la Serbia ha annunciato il ritiro dei suoi ambasciatori da questi Paesi. Intanto si attende l’arrivo a Pristina, capitale della autoproclamatasi Repubblica Kossova, l’Alto rappresentante dell’UE per la politica estera, Javier Solana; in agenda incontri con il premier Hashim Thaci ed il presidente Fatmir Sejdiu. Scopo della missione “richiamare le autorità alla massima responsabilità e a dare prova di calma. Da annotare oggi il sostegno dell’Organizzazione dei Paesi islamici al nuovo Stato a maggioranza albanese e di religione musulmana e la decisione del governo di Tirana di aprire la propria ambasciata a Pristina.

    Darfur
    Bombardamenti aerei la notte scorsa e stamane nel Darfur occidentale, in Sudan, hanno costretto l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) a ritirare una squadra impegnata negli aiuti ai rifugiati sudanesi fuggiti nel vicino Ciad. Secondo le stime dell'UNHCR, circa 10 mila rifugiati sono arrivati in Ciad dallo scorso 8 febbraio. L'UNHCR, che non ha fornito informazioni sui responsabili dei bombardamenti, vuole agire per allontanare i rifugiati dalla pericolosa zona di confine. Prima di quest'ultimo afflusso di rifugiati, l'UNHCR e le organizzazioni partner già assistevano 240 mila rifugiati originari del Darfur nel Ciad orientale.

    Ancora scontri nella capitale somala
    Battaglia a colpi d'artiglieria, anche pesante, nella notte a Mogadiscio: ci sono almeno otto vittime, tra cui alcuni civili, secondo testimonianze raccolte sul posto, e una dozzina di feriti. Teatro della battaglia tra insorti islamici ed esercito somalo appoggiato da quello etiopico, il mercato di Bakara, da un anno ormai epicentro di combattimenti e rastrellamenti poichè ritenuto un covo dei nuclei antigovernativi. Le battaglie ormai sono quotidiane, e il numero dei morti enorme (secondo fonti qualificate oltre 6.000 lo scorso anno), come quello dei civili fuggiti dalla capitale somala, tra i 600.00 e gli 800.000, ormai semideserta in larghe aree. Gli sforzi di dialogo del nuovo premier Nur Hassan Hussein, fortemente appoggiato dalla comunità internazionale (è stato di recente in missione anche a Bruxelles, all'UE, con incontri al vertice) sembrano finora fare pochi risultati, mentre le battaglie continuano furiose. Nei giorni scorsi ci sono stati anche due attacchi a colpi di granata contro la residenza del presidente della repubblica ad interim Abdullahi Yusuf. Pochi ed impotenti i soldati della forza di pace dell'Unione Africana, mentre il governo ufficiale somalo resiste in virtù della presenza militare etiopica, le cui truppe alla fine del 2006 avanzarono sbaragliando le milizie delle Corti islamiche, che allora controllavano buona parte del Paese, in particolare Mogadiscio.

     
    George W. Bush in Rwanda per commemorare le vittime del genocidio del 1994
    Il presidente degli Stati Uniti d’America George W. Bush è giunto questa mattina a Kigali, capitale del Rwanda, per una visita di un giorno in cui incontra il presidente Paul Kagame e rende omaggio alle vittime del genocidio della primavera del 1994, quando nell’arco di soli cento giorni morirono circa un milione di persone. Il genocidio è stato uno degli eventi più tragici e sanguinosi della storia del XX secolo. Dal 6 aprile alla metà di luglio del 1994, vennero uccise a colpi di arma da fuoco, machete e bastoni chiodati, un numero di persone stimato tra 800 mila e 1.071.000. Le vittime furono in gran parte di etnia Tutsi, minoranza rispetto all’etnia Hutu. Al gruppo etnico Hutu facevano capo i gruppi paramilitari responsabili dell’eccidio: le milizie Hutu Power. Ma il genocidio non risparmiò una larga parte dell’etnia Hutu moderata. L’attuale presidente Kagame, ex ribelle, era a capo del Fronte Patriottico rwandese, quando il presidente Juvenal Habyarimana perse la vita nell’attentato nel 1994, in seguito al quale avvenne il genocidio. Il viaggio del presidente americano in Africa è iniziato ieri in Benin e Tanzania, e proseguirà in Ghana e Liberia.

    Elezioni in Armenia per il nuovo presidente
    Seggi aperti in Armenia dalle 8 di questa mattina (le 5 ora italiana) per eleggere un nuovo presidente. Al potere da 10 anni, il presidente uscente Robert Kotcharian non poteva ripresentarsi, avendo già svolto due mandati consecutivi. Il suo “delfino”, Serge Sarkissian, 53 anni, è dato per favorito. Tra gli altri 8 candidati c’è anche l’ex presidente Levon Ter-Petrosian, protagonista del processo politico che portò all’indipendenza dall’URSS. Il voto cade in un momento in cui, dopo la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo, si teme si riaccenda la disputa mai realmente sopita tra Armenia e Azerbaijan sul Nagorno-Karabakh. Stefano Leszczynski ha intervistato Fabrizio Dragosei, giornalista del "Corriere della Sera", esperto dell’area ex sovietica:


    R. – Questo era già uno dei temi caldi delle elezioni presidenziali di domani. Con l’autoproclamazione dell’indipendenza, decisa a Pristina, sicuramente il Nagorno Karabak torna nuovamente ad essere un elemento di contrasto molto forte tra questi Paesi. E l’altro elemento importante è che potrebbe anche essere cavalcato da Mosca, che come abbiamo visto in questi giorni ha molta paura delle conseguenze che questa dichiarazione fatta in Kosovo possa avere in tutte queste regioni ex sovietiche, vicine alla Russia o all’interno della Russia.

    D. – Tutto questo sta anche a dimostrare l’importanza strategica della posizione armena, proprio nei rapporti con l’Occidente, oltre che con la Russia ...

     
    R. – L’Armenia ha una posizione che in questi ultimi anni si è andata accentuando, proprio di ponte tra la Russia e l’Occidente. Si è riavvicinata molto a Mosca, tanto che degli attuali candidati alle presidenziali di domani, nessuno è antirusso, sono tutti più o meno filorussi. Contemporaneamente, però, la fortissima presenza di una diaspora armena, in tutto il mondo e in Europa, è fortissima: in Francia, negli Stati Uniti e così via e stabilisce un collegamento molto diretto e molto vivace tra l’Armenia e il resto d’Europa.

    D. – Una diaspora armena che chiede anche il riconoscimento del famoso genocidio. Questa è un po’ forse una spina nel fianco dell’Occidente ...

     
    R. – Sì, una spina nel fianco. Il riconoscimento del genocidio armeno è una cosa che sicuramente farebbe piacere all’Armenia, alla diaspora armena, e creerebbe delle benemerenze per l’Occidente su questo fronte, ma aprirebbe un'enorme problema con la Turchia.

    Cina
    Le previsioni pessimiste sull'aumento dell'inflazione in Cina sono state confermate oggi, quando l'Ufficio Centrale di Statistica ha comunicato che il tasso di crescita dei prezzi è stato in gennaio del 7,1%, il più alto degli ultimi undici anni. La pressione inflazionistica, secondo gli economisti, dovrebbe accelerare il processo di rivalutazione dello yuan, la valuta cinese che dal 2005 è cresciuta del 13%, con un'accelerazione negli ultimi mesi del 2007 e nel gennaio 2008. Un ruolo importante nella ricomparsa dell'inflazione è stata certamente la scarsità dell'offerta di alcuni generi di prima necessità, causata dal maltempo che in gennaio ha investito il sud e l'est della Cina. Sulle prospettive per i prossimi mesi le opinioni sono diverse. Zhu Baoliang, capo del dipartimento per le previsioni economiche del Centro nazionale di Informatica di Pechino, sostiene che il governo di Pechino continuerà a seguire una politica monetaria restrittiva che porterà, nella seconda parte dell'anno, ad una diminuzione del tasso di crescita dei prezzi al consumo. A partire dalla metà del 2008, aggiunge l'economista, ci potrebbe essere una diminuzione del tasso. Qing Wang, della banca d'investimenti Morgan Stanley, afferma invece che “le tendenze rilevabili dalle statistiche indicano che si va verso un aggravamento delle tensioni inflazionistiche”. Il continuo deprezzamento del dollaro - una valuta nella quale la Cina tiene buona parte delle sue riserve - agisce come un freno all'aumento dei tassi d'interesse, una misura alla quale l'anno scorso la Banca centrale è ricorsa per ben sei volte. Infatti i tassi che la Banca paga sono molto più alti di quelli che riscuote dagli investimenti in dollari. Per questa ragione gli economisti ritengono più probabile un ricorso alla rivalutazione, che ha anche il benefico effetto di ridurre il costo delle importazioni e potrebbe aiutare nel “raffreddamento” della crescita, che il governo di Pechino si augura passi dalle attuali due cifre (+11,4% nel 2007) ad un tasso più contenuto dell' 8-9%, in modo da ridurre la pressione sulle risorse ed i consumi di energia.

    Nucleare
    Il diplomatico americano responsabile delle trattative per il disarmo nucleare della Corea del Nord, Christopher Hill, ha incontrato oggi a Pechino il suo omologo nordcoreano Kim Kye-gwan. Lo ha detto lo stesso Hill in una conferenza stampa all'aeroporto internazionale di Pechino, da dove è partito per la Corea del Sud. Hill ha definito “buone, sostanziose” le discussioni con Kim; ma non ha detto che i problemi che hanno bloccato il processo di disarmo sono stati risolti. In base all'accordo raggiunto nelle trattative a sei (le due Coree, gli USA, la Cina, il Giappone e la Russia), Pyongyang è impegnata a smantellare tutte le proprie installazioni nucleari in cambio di aiuti finanziari ed energetici. Sia il processo di disarmo che quello della fornitura di aiuti sono cominciati, ma si sono bloccati quando la Corea del Nord ha mancato la scadenza della fine del 2007 per presentare un elenco completo delle proprie iniziative in campo nucleare. Pyonyang non ammette di aver un programma di arricchimento dell'uranio per la produzione di ordigni atomici, che lo scienziato pakistano Abdul Qadeer Khan ha sostenuto di averle fornito. Hill ha affermato di aver parlato con Kim di “alcune idee della Cina” per sbloccare la situazione e ha ripetuto che secondo gli USA “una dichiarazione completa deve essere una dichiarazione completa”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 50

     

     
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