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Sommario del 18/02/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa riprende le udienze in Vaticano dopo la settimana di esercizi spirituali: la riflessione del cardinale Comastri
  • Nomine
  • Il cardinale Saraiva Martins presenta ai media l’Istruzione “Sanctorum Mater” che chiarisce le norme per la fase diocesana delle Cause di beatificazione. Quella di Giovanni Paolo II, precisa, seguirà un iter normale e non abbreviato
  • Pubblicato il programma della prossima visita del cardinale Bertone a Cuba
  • La Santa Sede sul Kosovo: prevalgano senso di responsabilità e spirito di pace
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il presidente Bush riconosce l'indipendenza del Kosovo
  • Domani a Roma l'evento celebrativo dei Patti Lateranensi: intervista con l’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede Antonio Zanardi Landi
  • La Chiesa celebra la memoria liturgica del Beato Angelico, religioso domenicano e pittore: il commento di mons. Ravasi
  • La crisi del calcio al centro di un incontro promosso dai gesuiti de "La Civiltà Cattolica"
  • Chiesa e Società

  • L’ONU nomina un inviato speciale per sconfiggere la malaria
  • La Chiesa nel Ciad impegnata ad accogliere i rifugiati provenienti dal Darfur
  • Nello Sri Lanka, leader religiosi e uomini d’affari a confronto per costruire un futuro di pace
  • Qatar: il 14 marzo prossimo l'inaugurazione della nuova chiesa di St.Mary. Critiche e consensi dal mondo musulmano
  • L’episcopato cattolico d’Inghilterra risponde alle aperture del primate anglicano Rowan Williams alla sharia
  • Perù: per la vita e contro la legalizzazione dell’aborto, preghiera e digiuno fino al 24 marzo
  • Mons. Crepaldi: bisogna promuovere una cultura che sostenga la famiglia
  • Ventimila in piazza, sabato scorso a Madrid, per ribadire il diritto alla vita
  • Il cardinale Bertone parteciperà, domani alla Lateranese, alla presentazione dell’Enciclopedia della preghiera
  • Corso all’Angelicum sulla “teologia della Bellezza”
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ancora uccisioni in Afghanistan, mentre il bilancio della strage di ieri sale a 100 morti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa riprende le udienze in Vaticano dopo la settimana di esercizi spirituali: la riflessione del cardinale Comastri

    ◊   Benedetto XVI, dopo la settimana di esercizi spirituali, ha ripreso questa mattina le udienze in Vaticano incontrando i membri del Consiglio per i rapporti tra la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica e le Unioni Internazionali dei Superiori e delle Superiore Generali. Ieri all’Angelus il Papa ha rinnovato il suo invito a vivere questa Quaresima in profondo raccoglimento spirituale, facendo digiuno in particolare da immagini e rumori. Questo tempo che precede la Pasqua – ha scritto nel Messaggio per la Quaresima ci offre infatti “una provvidenziale occasione per approfondire il senso e il valore del nostro essere cristiani”. Agli esercizi spirituali in Vaticano, conclusi sabato scorso, ha partecipato anche il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro. Isabella Piro gli ha chiesto l’importanza degli esercizi nella vita di un cristiano:


    R. – Gli esercizi spirituali sono un tempo particolarmente intenso da dedicare al Signore, per metterci proprio sotto la luce di Dio, in modo da vedere tutte le macchie che si sono realizzate, depositate nella nostra vita. D’altra parte, non dimentichiamo che Gesù passava notti intere in preghiere. Gesù, prima di affrontare la grande lotta della Passione, va nell’orto degli ulivi a pregare. Il cristiano proprio nella misura in cui vuole essere discepolo di Gesù deve immergersi nella preghiera. E gli esercizi spirituali sono un tempo di immersione profonda nella preghiera, in modo che da quelle giornate così forti e così intense uno ne ricavi una spinta forte per seguire il Signore con maggiore convinzione, con maggiore coerenza.

     
    D. – Accogliamo Cristo, nostro Sommo Sacerdote: gli esercizi spirituali sono partiti da questa riflessione. Significa che l’accoglienza è un punto focale del periodo quaresimale?

     
    R. – Certo, la prima accoglienza è l’accoglienza di Dio. Dio ci è venuto incontro in Gesù Cristo. Ma Dio non sfonda le porte. Nel libro dell’Apocalisse si trovano queste parole impressionanti ed è Gesù che parla: “Ecco io sto alla porta e busso”. Pertanto Dio non sfonda le porte, Dio bussa. Ma se la porta resta chiusa, Dio non entra. Il tempo della Quaresima è il tempo per aprire la porta veramente al Signore, per accogliere il Signore. E l’accoglienza del Signore avviene nella preghiera, ma dopo la preghiera avviene nella carità. Se ho Dio dentro di me io brucio di amore. Come Maria, che dopo aver detto il suo sì nella casetta di Nazareth, subito si mette in viaggio per andare a servire Elisabetta. Il dinamismo della vita cristiana è questo: in ginocchio nell’umiltà per accogliere Dio e poi subito in piedi, per andare a vivere la carità che Dio mette dentro di noi.

     
    D. – Gli esercizi spirituali coinvolgono anche il Papa e la Curia Romana. Lei come vive questo periodo che precede la Pasqua?

     
    R. – Anche noi che ci siamo consacrati al Signore possiamo raccogliere polvere. Anche noi possiamo attenuare l’entusiasmo. Anche noi possiamo perdere dentro di noi una spinta forte nel servire il Signore. Allora bisogna rimotivare la nostra sequela del Signore, purificarci da tante piccole presenze di orgoglio, di vanità, di incoerenza. Tutti abbiamo bisogno di rimetterci in cammino verso il Signore, noi per primi. Ne sente il bisogno il Papa, dobbiamo sentirne il bisogno tutti noi.

     
    D. – I ragazzi, i giovani sembrano a volte lontani da temi come quello del digiuno e della preghiera. Come far capire loro invece l’importanza di questi pilastri per la Quaresima?

     
    R. – I giovani capiscono anche il senso del digiuno. Una vita disordinata è una vita infelice. Senza regole non si può vivere. Digiunare non vuol dire perdere qualcosa, digiunare vuol dire imbrigliare bene le nostre energie, come l’acqua: l’acqua torrenziale distrugge, l’acqua incanalata fa del bene. Così sono le energie che abbiamo dentro di noi. Noi abbiamo delle forze, che chiamiamo delle passioni, ma le dobbiamo ben incanalare, perché queste ricchezze siano veramente benefiche e facciano del bene. Il digiuno serve a questo: è un’educazione della volontà, un’educazione di tutte le risorse che abbiamo dentro di noi, perché siano incanalate e possano farci del bene e fare del bene agli altri.

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Benguela (Angola), presentata da mons. Oscar Lino Lopes Fernandes Braga, per raggiunti limiti di età. Il Papa ha nominato nuovo vescovo di Benguela mons. Eugenio Dal Corso, dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, finora Vescovo di Saurimo.

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    Il cardinale Saraiva Martins presenta ai media l’Istruzione “Sanctorum Mater” che chiarisce le norme per la fase diocesana delle Cause di beatificazione. Quella di Giovanni Paolo II, precisa, seguirà un iter normale e non abbreviato

    ◊   Un documento per permettere ai vescovi diocesani e ai loro collaboratori di istruire la prima fase di un processo di beatificazione - quella locale, che avviene nella loro diocesi - con quel rigore necessario, ma non sempre rispettato, a verificare la “fama di santità” del candidato agli onori degli altari. Sta in questo il senso dell’Istruzione Sanctorum Mater, presentata stamattina in Sala Stampa vaticana dal cardinale prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, José Saraiva Martins, e dai vertici del dicastero. Molte, fra l’altro, le domande dei giornalisti sull’andamento dei processi riguardanti la beatificazione di Giovanni Paolo II e Pio XII. Il servizio di Alessandro De Carolis:


    Serve maggior “rigore”. E’ la parola d’ordine che giunge dalla Santa Sede alle diocesi del mondo nelle quali è in corso o si sta procedendo ad istruire un processo di beatificazione. Raccogliere prove - documenti e testimonianze - sulla santità di vita di un candidato, sul suo eventuale martirio, sul presunto miracolo attribuito alla sua intercessione deve avvenire nell’unico e sovrano interesse dell’accertamento della verità. E’ questo che chiede con la sua Istruzione il dicastero pontificio. Dopo 25 anni dalla promulgazione delle norme su questo argomento da parte di Giovanni Paolo II, si è reso necessario - ha spiegato il cardinale Saraiva Martins - fornire ai diretti interessati un “chiarimento” sulle modalità di applicazione delle regole esistenti e non tanto fornirne di nuove. Per istruire un processo in fase diocesana, ha affermato con chiarezza il cardinale prefetto, è necessario anzitutto che la fama di santità sia “spontanea e non artificiosamente procurata”:

     
    “Il vescovo non può, nemmeno volendo, iniziare una causa di beatificazione se non c’è questa ‘fama sanctitatis' in seno alla comunità ecclesiale alla quale appartiene il candidato agli altari. In fondo, è la comunità stessa di laici che fa il primo passo in un processo di Beatificazione, poiché praticamente sono loro che devono dire al vescovo: ‘Questa persona per noi era santa’. Ecco la ‘fama sanctitatis’”.

     
    Il cardinale Saraiva Martins ha subito replicato, già in fase di presentazione del documento, a una possibile obiezione: ovvero, che l’Istruzione Sanctorum Mater rappresenti in realtà un irrigidimento nelle procedure di beatificazione e canonizzazione:

     
    “Tale irrigidimento non esiste se per esso si intende una modifica delle norme in vigore da più di 25 anni (…) L’‘Istruzione’ mira a promuovere l’osservanza puntuale di quanto prescritto nelle norme vigenti e in questo senso è ovvio e auspicabile che il documento abbia come conseguenza un’applicazione più accurata delle disposizioni di legge”.

     
    Numerosissime le domande dei giornalisti in Sala Stampa, in rappresentanza di molte testate internazionali. Intanto, al pari di Giovanni Paolo II, è stata ribadita - numeri alla mano - la grande “sensibilità” di Benedetto XVI ai modelli di santità e dunque ai testimoni da proporre all’attenzione della Chiesa. Prova ne è il fatto che in soli tre anni di Pontificato siano stati finora beatificati e canonizzati 577 Servi di Dio, ovvero un terzo di tutti quelli registratisi sotto il Pontificato di Papa Wojtyla. Qui è emersa la principale novità voluta da Benedetto XVI, riguardante la celebrazione delle beatificazioni nelle diocesi di appartenenza dei nuovi Beati. Ciò, ha constatato il cardinale Saraiva Martins, ha quadruplicato-quintuplicato il numero delle cerimonie, ma nel contempo ha anche aperto a magnifiche esperienze di tipo pastorale ed ecclesiale. Si pensi, ha portato come esempio il prefetto del dicastero, al fatto che in molte circostanze siano stati gli stessi familiari del Beato a portarne all’altare le reliquie, ogni volte nel più generale e commosso silenzio. Anche l’aspetto relativo al riconoscimento del miracolo ha indotto il cardinale Saraiva Martins a rammentare le procedure che vedono, in prima istanza, i circa sessanta medici di chiara fama, appartenenti alla Consulta vaticana, esprimersi sulle guarigioni dal punto di vista della comprensibilità scientifica o meno. Quindi, il pronunciamento della trentina, tra cardinali e presuli, chiamati ad emettere un parere di tipo ecclesiale-teologico qualora il miracolo non sia spiegabile dalla scienza. In ogni caso, ha distinto il porporato:

     
    “Il miracolo non ha niente a che fare con la santità, sia ben chiaro: sono due cose diverse. Il miracolo è un segno, un sigillo che Dio appone sulla santità della persona. Ma una cosa è il miracolo, un’altra cosa è la santità. Il miracolo conferma la santità, non è la santità stessa”.

     
    Interesse ha suscitato anche lo stato delle Cause di beatificazione relative ai Papi del 20.mo secolo o ad altri esponenti della Chiesa, come mons. Oscar Romero, l’arcivescovo di San Salvador ucciso nel 1980, o del fondatore della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, padre Leon Dehon. Entrambe le cause, ha ribadito il prefetto vaticano, sono allo studio proprio allo scopo di chiarire con limpidezza gli aspetti della loro testimonianza cristiana. Per ciò che concerne la canonizzazione del Beato Giovanni XXIII si attende la certificazione del secondo miracolo, necessario per la chiusura del processo, mentre non vi saranno ulteriori accelerazioni per quanto riguarda la beatificazione di Giovanni Paolo II, giacché - ha ribadito il cardinale Saraiva Martins - la dispensa concessa da Benedetto XVI riguarda l’inizio del processo e non il processo stesso, che dunque seguirà un iter normale. Netta invece la presa di posizione del prefetto vaticano sulla Causa in corso riguardante Pio XII. Sui presunti ostacoli che essa incontrerebbe, il porporato ha affermato:

     
    “Certe difficoltà che qualcuno ha sollevato in realtà non esistono, secondo me. Molti dicono: ‘[La Causa] non va avanti perché lui è famoso per il silenzio nella condanna al nazismo, non ha condannato il nazismo’. Questo non è vero storicamente. Io, piuttosto che di silenzio, parlerei di ‘prudenza’. Il silenzio non c’è stato. Inoltre, la prudenza di Papa Pio XII appare molto chiara dalle sue stesse parole (…) e vorrei confermarla con una testimonianza al di sopra di ogni sospetto, e cioè con le parole di Robert Kempner, magistrato ebreo e pubblico ministero al Processo di Norimberga. Lui ha scritto, nel gennaio del 1964: ‘Qualsiasi presa di posizione propagandistica della Chiesa contro il governo di Hitler avrebbe accelerato l’assassinio di un numero ben maggiore di ebrei e sacerdoti’”.

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    Pubblicato il programma della prossima visita del cardinale Bertone a Cuba

    ◊   Reso noto stamane il programma di massima, dell’imminente visita a Cuba, dal 21 al 26 febbraio, del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano. Emozione per l’arrivo del porporato nel decimo anniversario del viaggio apostolico di Giovanni Paolo II nell’isola caraibica. Il servizio di Roberta Gisotti:

     

     
    Sarà come rivivere i “momenti di grazia” della “storica e indimenticabile visita” di Giovanni Paolo II a Cuba, a 10 anni esatti da quell’evento che ci ha lasciato “una Chiesa più viva, più vicina alla realtà del nostro popolo e della nostra società”: con parole entusiaste il cardinale Jaime Ortega, arcivescovo de L’Avana, ha anticipato alla Televisione cubana il clima di attesa per il prossimo arrivo del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano.
     Un “programma intenso e pieno di momenti particolari” aspetta il porporato che la mattina di giovedì 21 incontrerà la Conferenza dei vescovi cubani nella Casa Sacerdotal. Quindi nel pomeriggio visiterà il Seminario San Carlos y San Ambrosio, per poi presiedere la Santa Messa nella cattedrale de L’Avana. La giornata di venerdì 22 si aprirà al mattino presto con la Celebrazione eucaristica nel Monastero delle Carmelitane, cui seguirà l’incontro con le Claustrali, le Monache Carmelitane e Domenicane, quindi l’incontro presso il Carmelo con la presidenza della Conferenza cubana dei religiosi e con i religiosi de L’Avana. Nel pomeriggio a Santa Clara, scambio di saluti da parte dei rappresentanti del clero, dei religiosi e del personale che lavora nel Vescovado. Sabato 23, sempre a Santa Clara, il cardinale Bertone celebrerà al mattino la Santa Messa ed inaugurerà il monumento dedicato a Giovanni Paolo II. Nel pomeriggio a Santiago de Cuba il porporato reciterà il Santo Rosario nel Santuario della “Virgen de la Caridad del Cobre”, con giovani e fedeli, in occasione del X anniversario dell’Incoronazione della Vergine. Domenica 24 a Guantanamo, vi sarà la Santa Messa nella piazza Pedro Agustín Pérez y Pérez, per i 10 anni della diocesi e poi la Benedizione dell’Episcopio diocesano. In serata a L’Avana, il segretario di Stato vaticano cenerà nella nunziatura con le autorità cubane ed il Comitato permanente dei vescovi. Nella mattinata di lunedì 25, ancora a L’Avana, l’incontro di lavoro al Ministero degli Affari Esteri, quindi il ricevimento offerto dallo stesso dicastero al Corpo Diplomatico. Nel pomeriggio, conferenza del cardinale Bertone nell’Università de L’Avana sul tema “La cultura e i fondamenti etici del vivere umano”. Martedì 26 ultimo giorno della visita, il cardinale Bertone, al mattino a celebrerà a Peñalver la Santa Messa ed incontrerà i Salesiani e le Salesiane de l’Avana; quindi visiterà la Scuola di Medicina Latinoamericana. Non è ancora certa la data di un incontro il 25 o il 26 pomeriggio con le autorità civili.
     Da rilevare che la popolazione cristiana a Cuba raggiunge il 42 per cento, la quasi totalità cattolica. Per quanto riguarda la situazione politica, la guida del Paese è di fatto passata da circa un anno e mezzo nella mani di Raul Castro, fratello di Fidel, in condizioni precarie di salute, che dal 1959 è capo di Stato e di Governo.

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    La Santa Sede sul Kosovo: prevalgano senso di responsabilità e spirito di pace

    ◊   La Santa Sede segue la vicenda del Kosovo con grande attenzione e con il più vivo auspicio che in questo momento delicato il senso di responsabilità e lo spirito di pace prevalgano su ogni altro atteggiamento sia nei governanti sia nei popoli coinvolti. Ma per mettere bene a fuoco l’atteggiamento della Santa Sede ascoltiamo la nota del nostro direttore padre Federico Lombardi.


    Anzitutto, è bene ricordare quante volte la Santa Sede sia intervenuta già durante la crisi del 1999, sia a livello diplomatico sia a livello umanitario, per richiamare i principi a cui devono ispirarsi i rapporti fra i popoli e per promuovere l’assistenza a sfollati e rifugiati in conformità agli strumenti internazionali vigenti. In seguito la Santa Sede si è impegnata attivamente per la stabilità e la pace nella regione, sostenendo un approccio che mirasse a evitare soluzioni imposte, e favorisse quindi negoziati diretti fra Belgrado e Pristina, per giungere a una soluzione realistica e rispettosa delle aspirazioni delle diverse parti. Durante i negoziati degli ultimi due anni, si è preso atto con soddisfazione dell’accordo raggiunto su diverse questioni tecniche, continuando d’altra parte ad auspicare che volontà politica e flessibilità permettessero di trovare una soluzione consensuale definitiva sullo status giuridico del Kosovo.

     
    La dichiarazione unilaterale di indipendenza kosovara - che poggia sulla base delle raccomandazioni contenute nel piano del mediatore delle Nazioni Unite, Martti Ahtisari - crea una situazione nuova, che naturalmente verrà seguita con grande attenzione dalla Santa Sede, la quale dovrà anche valutare le eventuali richieste che le possano giungere in merito. Ma in questo momento la Santa Sede sente anzitutto la responsabilità della sua missione morale e spirituale, che riguarda anche la pace e il buon ordine nei rapporti fra le nazioni, e quindi invita tutti, in particolare i responsabili politici della Serbia e del Kosovo, alla prudenza e alla moderazione, e chiede un impegno deciso e fattivo per scongiurare reazioni estremiste e derive violente, in modo che si creino fin d’ora le premesse per un futuro di rispetto, di riconciliazione e di collaborazione.

     Inoltre occorrerà dedicare particolare attenzione alla salvaguardia della democrazia e dello stato di diritto, e anche in Kosovo andranno applicati gli standard internazionali di rispetto dei diritti delle minoranze e di tutti gli abitanti, senza distinzioni di etnia, di religione, di lingua o nazionalità, come pure bisognerà vigilare per la protezione del prezioso patrimonio artistico-culturale cristiano. La stabilità nella regione andrà promossa con ogni impegno, e perciò è da auspicare anche l’importantissimo contributo della Comunità internazionale. Per parte sua il Santo Padre continua a guardare con affetto le popolazioni della Serbia e del Kosovo, è loro vicino e assicura loro le sue preghiere in questo momento cruciale della loro storia.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   All’Angelus di ieri Benedetto XVI lancia un appello per la crisi politico-istituzionale in Libano.

    Cinquantesimo della proclamazione di santa Chiara a patrona della televisione: un servizio sulla Messa presieduta, ieri ad Assisi, dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato.

    Nelle pagine culturali, in rilievo la celebrazione dei trent’anni dell’Opera per l’Educazione Cristiana, che si tiene domani nella sede bresciana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Ampi stralci dagli interventi del cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, di Giuseppe Camadini, presidente dell’Opera per l’Educazione Cristiana, e di Michele Lenoci, preside della facoltà di scienze della formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

    Presentazione in anteprima dell’Enciclopedia della preghiera a cura di Claudio Rossigni e Patrizio Sciadini, pubblicata dalla Libreria Editrice Vaticana. Ampi stralci dalla relazione del rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Lorenzo Ornaghi.
     Nell’informazione internazionale, in primo piano la situazione in Kosovo, all’indomani della proclamazione unilaterale d’indipendenza.

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    Oggi in Primo Piano



    Il presidente Bush riconosce l'indipendenza del Kosovo

    ◊   Dopo la proclamazione di indipendenza del Kosovo, è ora il momento delle diplomazie: il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha riconosciuto l'indipendenza del Kosovo affermando che "i Kosovari ora sono indipendenti". Il capo di Stato americano ha anche aggiunto che il riconoscimento statunitense del Kosovo sarà guidato dal piano del mediatore dell'ONU, Martti Ahtisaari. A Bruxelles, intanto, sono riuniti i ministri degli Esteri dei 27 Paesi dell’Unione Europea. Torna a riunirsi anche il Consiglio di Sicurezza dell'ONU, convocato ieri sera su richiesta della Russia che considera “nulla” l’iniziativa di Pristina. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    All’indomani della dichiarazione di indipendenza unilaterale il Kosovo è in attesa di riconoscimenti ufficiali. Il primo è arrivato da George W. Bush: i kosovari - ha detto il capo della Casa Bianca - "ora sono indipendenti". La Serbia ha ribadito, invece, la propria contrarietà al riconoscimento del Kosovo. Il Regno Unito parla di “importante sviluppo” e la Slovenia, presidente di turno dell'UE, lancia un appello alla moderazione. La Germania, inoltre, preferisce aspettare che l’Unione Europea chiarisca la propria posizione. Non hanno atteso, invece, i cittadini del Kosovo che hanno accompagnato la proclamazione dell’indipendenza con un crescendo di festeggiamenti. Il premier del Kosovo, Hashim Thaci, ha proclamato “un orgoglioso, indipendente e libero Stato”. Uno Stato - ha detto - che “non sarà mai più sotto il dominio di Belgrado”, ma sarà “democratico e multietnico”. Il primo ministro ha anche affermato che saranno tutelate tutte le minoranze, riferendosi in particolare ai 120.000 serbi che vivono in Kosovo. Il governo serbo, invece, ha precisato che “reagirà con tutti i mezzi pacifici, diplomatici e legali”. Il ministero dell'Interno serbo ha anche incriminato le autorità kosovare per aver organizzato "la proclamazione di uno Stato falso su territorio serbo" commettendo così – secondo Belgrado - un atto illegale. Manifestazioni di protesta si sono tenute a Belgrado e in altre città. La Cina infine, che secondo molti analisti teme che Taiwan possa seguire l’esempio del Kosovo, ha espresso preoccupazione e invitato le parti al dialogo.

    La Georgia - come per esempio lo Sri Lanka più a Oriente - ha espresso preoccupazione perché il Kosovo potrebbe costituire un precedente e, nel proprio caso, innescare un effetto domino per le repubbliche separatiste di Abkhazia e Ossezia del sud. Sulle conseguenze geopolitiche che potrebbero innescarsi nell’area ex sovietica, Giada Aquilino ha raccolto il commento di Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana:


    R. – Le conseguenze sono già in atto e a questo proposito va fatto forse un discorso un pò più ampio. La politica estera americana degli ultimi otto anni, cioè dell’amministrazione Bush, ha perseguito una sorta di vecchia regola che è quella del divide et impera. Se usciamo un attimo dai Balcani o dall’est europeo e ci spostiamo ad esempio in Medio Oriente lo vediamo bene. In Iraq, di fatto, l’occupazione anglo-americana ha favorito una tripartizione del Paese, che prelude all’indipendenza del Kurdistan. Il Kurdistan non è che un Kosovo in Medio Oriente.

     
    D. – E la politica della Russia in questi anni qual è stata?

     
    R. – La Russia in questi anni ha fatto tutta una serie di patti che tendevano appunto ad unire entità anche diverse. Pensiamo ai trattati e alle alleanze che ha stipulato in Asia, al tentativo comunque di costruire agglomerati importanti che si opponessero alla politica della divisione, patrocinata dagli Stati Uniti. Ora, è chiaro che a questo punto la Russia proverà a perseguire la strada analoga, cioè a dividere a sua volta ciò che invece agli Stati Uniti piacerebbe fosse unito. Il caso della Georgia è tipico. La Georgia è diventata una sorta di patrocinio americano. Da lì, gli Stati Uniti hanno fatto operazioni importanti di politica estera, di politica globale, anche ad esempio sugli oleodotti. Lì cercherà di agire la Russia come ritorsione.

     
    D. – Quindi, cambiamenti di fatto nell’immediato?

     
    R. – Bisogna vedere quanto la Russia cercherà di ‘spingere sul pedale’. In questo momento, credo che con l’elezione presidenziale alle porte e qualche assestamento a livello di potere, forse non dobbiamo aspettarci nulla. Ma qualcosa succederà di sicuro.

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    Domani a Roma l'evento celebrativo dei Patti Lateranensi: intervista con l’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede Antonio Zanardi Landi

    ◊   Domani, presso l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, si svolgerà l’evento celebrativo dei Patti Lateranensi, sottoscritti dal governo italiano e dalla Santa Sede l’11 febbraio del 1929, e dell’Accordo di modificazione del Concordato, firmato il 18 febbraio 1984. Alla vigilia della cerimonia, Giovanni Peduto ha intervistato l’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede Antonio Zanardi Landi chiedendogli anzitutto come siano a tutt’oggi i rapporti tra Stato italiano e Sede Apostolica:


    R. – Si può dire che oggi sotto il profilo istituzionale le relazioni tra Stato e Chiesa in Italia non sono mai state così buone e, usando questa frase, cito una delle persone più autorevoli nella gestione del rapporto pattizio tra Italia e Santa Sede, il professor Carlo Cardia, membro della commissione paritetica Italia-Santa Sede, che ha usato queste stesse parole in un articolo sull’Avvenire del 14 c.m.; ritengo che esprimano a pieno la natura dei rapporti. Da un punto di vista bilaterale non ci sono ombre e non ci sono problemi; quello che abbiamo visto sui giornali nel corso delle ultime settimane è segno di un dibattito e di una dialettica che si è verificata a livello italiano tra componente cattolica e componente laica ma che certamente non ha ha influenza sui rapporti a livello Stato.

     
    D. – Ci sono ancora questioni in sospeso?

     
    R. – Ci sono pochissime questioni in sospeso. Esistono due tipi di questioni che possono considerarsi in sospeso, sebbene siano tutte in fase di avanzatissima risoluzione. Alcune dipendono dall’attuazione dell’Accordo di modifica del concordato dell’84 e si riferiscono in particolare all’assistenza spirituale alle forze armate, alle forze di polizia, alle case di cura, e infine il riconoscimento dei titoli accademici riconosciuti dalle università ecclesiastiche. Su questi punti lavorano delle commissioni ad hoc e i lavori stanno procedendo in maniera tranquilla e positiva. Per quello che riguarda il volet più tipicamente bilaterale, sono stati felicemente risolti i problemi che per tanti anni ci hanno dato un po’ di lavoro, cioè quello delle acque reflue e della Radio Vaticana; sono stati di recente conclusi anche l’accordo doganale e un piccolo accordo sulle notifiche giudiziarie di natura fiscale. Direi che sul piano bilaterale non esistono contenziosi ma solo discussioni per gestire delle code di problemi che sono in via di esaurimento.

     
    D. - Le celebrazioni di quest’anno si svolgono nel 60.mo della Costituzione italiana. Che legame c’è tra Patti lateranensi e Costituzione italiana?

     

     
    R. – Anche qui c’è stato nei giorni scorsi un bell’articolo apparso sull’Osservatore Romano sull’11 febbraio che mette in chiaro come la Conciliazione e i Patti lateranensi abbiano costituito un presupposto e una premessa necessaria per consentire ai cattolici di dare un apporto forte e convinto alla creazione dello Stato democratico. Esiste, quindi, un collegamento logico, storico, di consequenzialità ed è anche vero quello che dice l’editoriale, e cioè che la cultura cattolica ha in qualche modo influenzato molte delle previsioni della Carta costituzionale. Certamente, anche l’influsso della cultura umanistica italiana ha pesato molto nella formulazione così alta e così moderna della Carta costituzionale, ma è giusto che la componente cattolica del Paese vi si riferisca. Anche da un punto di vista giuridico, il legame, la relazione tra i Patti lateranensi e la Costituzione italiana è molto stretta, e l’articolo 7 della Costituzione, che statuisce che lo Stato e la Chiesa cattolica sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani, ha costituito e continua a costituire la chiave di volta del sistema delle relazioni e a proposito è indicativo che sia stato io stesso, riprendendo le parole del presidente della Repubblica, ad aver sottolineato questo concetto nel discorso che quattro mesi fa ebbi l’onore di fare al Santo Padre, presentando le mie Credenziali, e che anche il Santo Padre abbia risposto esattamente negli stessi termini. Questo, quindi, rimane un punto fermo, condiviso da entrambe le parti, e che dà il tono generale al rapporto che è estremamente positivo e privo di nubi al momento.

     
    D. – Il suo augurio a tutti gli italiani in quest’anno particolare in cui si festeggiano i 60 anni della Costituzione…

     
    R. - Anche qui è facile cadere preda di quello che vediamo attraversando le strade. C’è quella bellissima pubblicità istituzionale fatta dal dipartimento per l’editoria della Presidenza del Consiglio che dice: per il compleanno della Costituzione il migliore regalo è leggerla. In effetti, leggendo la Costituzione si possono leggere molte belle cose di cui la nostra società è imbevuta ma di cui talvolta ci dimentichiamo e tendiamo a dimenticare. L’augurio vero è che si riesca a lavorare per valorizzare quelli che sono i punti di contatto le assonanze, le sinergie, le obiettive coincidenze di impostazioni fondamentali esistenti tra la politica estera italiana, l’azione estera dell’Italia, e quella della Santa Sede. Mi riferisco in particolare, all’ultimo successo ottenuto con la moratoria della pena di morte ma anche a tutto quello che il Governo italiano e l’Italia hanno fatto nel corso degli ultimi anni per la tutela della pace, per la protezione dei più deboli, per favorire lo sviluppo e la crescita: non si può che collocarsi sullo stesso filone di pensiero che anima la Santa Sede e che mira, come la Carta costituzionale, a sottolineare la centralità dell’uomo e la posizione unica che l’individuo ha in questo mondo così come noi lo intendiamo.

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    La Chiesa celebra la memoria liturgica del Beato Angelico, religioso domenicano e pittore: il commento di mons. Ravasi

    ◊   In occasione dell’odierna festa liturgica del Beato Angelico, mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura presiederà una Santa Messa alle 18 nella Basilica di Santa Maria sopra Minerva, a Roma, dove è sepolto il grande pittore vissuto a cavallo tra il 1300 e il 1400. Il rito si svolge nell'ambito delle celebrazioni promosse dal Comitato Nazionale per il 550° anniversario della morte del religioso domenicano. Il servizio di Luca Pellegrini.


    (canto)

     
    La sua vita fu uno straordinario “canto a Dio”: un canto davanti agli angeli. Il Beato Angelico teneva come un tesoro profondo del suo cuore la gloria di Dio e la esprimeva nelle opere d’arte. Con queste parole Giovanni Paolo II ricorda il Beato Angelico quando, nel febbraio del 1984, lo proclamava patrono degli artisti. Un modello di vita capace di tradurre in colori l’eloquenza della parola di Dio ed esprimere una profonda, ininterrotta preghiera, aperta alla contemplazione del mistero. Uno “specchio di suprema armonia tra vita santa e forza creatrice”: così soleva riferirsi a lui il Vasari, per descrivere quell’ “indole celestiale” inimitabile. Per gli artisti di oggi, cosa rappresenta la figura del beato Angelico? Lo abbiamo chiesto a mons. Gianfranco Ravasi:

     
    R. – Per l’arte rappresenta soprattutto, a mio avviso, due profili differenti che, però, si intrecciano anche tra di loro. Da un lato è sicuramente colui che interpreta le esigenze di una nuova interpretazione dell’arte cristiana, perchè in quell’epoca, nel Quattrocento, in quel periodo fiorentino in cui soprattutto dominava con la sua grandezza la figura di Masaccio, fra Angelico propone una nuova strada, una strada che ha un’altra caratteristica: se quella di Masaccio, forse, marcava maggiormente la potenza del realismo, la potenza della carne, dell’incarnazione, quindi la potenza della storia, l’Angelico invece si orientava verso una dimensione più trascendente, una dimensione più mistica, una dimensione più verticale. Questo è sicuramente un invito costante a far sì che ci sia la possibilità sempre di trovare nuove vie, nuove piste per esprimere il mistero cristiano. Dall’altra parte, però, gli studiosi fanno notare che il legame tra Beato Angelico e Masaccio è più vivo di quanto si immagini e, soprattutto, il suo legame è profondo con la tradizione, con la grande tradizione cristiana, che nell’arte vedeva in maniera particolare la dimensione della contemplazione. Ecco, in questa luce, dobbiamo dire che il Beato Angelico si rivela anche come un interprete della tradizione, della continuità, della spiritualità. Due elementi, quindi, a prima vista antitetici che si intrecciano.
     
    D. - In quella stessa occasione il Pontefice chiedeva a tutti gli artisti il coraggio e la generosità di saper coniugare una coscienza artistica a quella umana e morale. Sono passati oltre vent’anni: ritiene che l’arte contemporanea sia capace di incarnare questa duplice dimensione?

     
    R. - La situazione del mondo attuale, della cultura contemporanea... Se noi proviamo a sfogliare qualche rivista di arte contemporanea, ci accorgiamo subito inesorabilmente di un fenomeno: si ha quasi una sorta di analisi di un orizzonte che è sostanzialmente vuoto, di un orizzonte che è fatto di dispersione, che è fatto soltanto di fenomeni materici alcune volte, che è fatto di fenomeni che non hanno in sé stretto significato. E’ proprio la percezione dello sfaldamento, del disfacimento della nostra società. Ed è per questo che si cercano soprattutto dei segni, delle icone che siano fondamentalmente solo oggetti, realtà del quotidiano, che non hanno in sé una carica profonda di trascendenza. La trascendenza bisogna scoprirla attraverso un lungo percorso. Ecco, forse, l’appello che noi possiamo raccogliere è quello di tentare ancora di far sì che l’arte contemporanea, che si trova così dispersa, che si interessa dell’orizzonte soltanto, possa forse tentare anche di sfidare, come ha sempre fatto in passato - ed è questa la coscienza artistica - l’eterno e l’infinito, cioè cercare qualcosa che vada oltre questo orizzonte, nel quale continua la sua ricerca attuale.
     
    D. - Lei afferma, dunque, che l’orizzonte dell’arte sacra contemporanea è vuoto e vi si nota anche una problematica assenza di senso: la Chiesa ha oggi gli strumenti per poterlo riempire?

     
    R. - Questo è veramente un grande problema, un problema anche di linguaggio tra l’altro. Chiesa ed arte contemporanea hanno consumato ormai una sorta di divorzio. Hanno scelto strade differenti. Tanto è vero che spesso la Chiesa ha avuto, ha optato nella sua liturgia, per il ritorno di alcuni moduli, alcune forme del passato ripetute. Qualche passo nuovo è stato fatto, bisogna dire, attualmente, negli ultimi anni, nell’orizzonte dell’architettura. Per quanto riguarda l’arte, invece, questo non è ancora accaduto. Il dialogo non è stato ripreso, il filo che unisce questi due ambiti non è avvenuto. Dobbiamo cercare in tutti i modi di far sì che ci sia la possibilità, attraverso i nuovi linguaggi che sono quelli espressivi della cultura contemporanea, dell’arte contemporanea, di ritornare ancora ad offrire il grande arsenale iconografico e tematico, che è proprio della tradizione cristiana, perchè sarebbe estremamente produttivo.

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    La crisi del calcio al centro di un incontro promosso dai gesuiti de "La Civiltà Cattolica"

    ◊   “Il calcio italiano tra crisi e speranze” è il titolo dell’incontro promosso da "La Civiltà Cattolica", quindicinale dei gesuiti, tenuto sabato pomeriggio a Roma. Tra i partecipanti, Giancarlo Abete, presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, Roberto Ghiretti, docente di Marketing sportivo all’Università di Parma e il padre gesuita Farncesco Occhetta, scrittore de "La Civiltà Cattolica", autore di un articolo dal titolo “Restituire al calcio i suoi valori” pubblicato sul numero di Civiltà Cattolica del 19 gennaio scorso. I lavori sono stati introdotti dal padre gesuita Antonio Spadaio. Luca Collodi ha chiesto a padre Francesco Occhetta, il motivo che ha spinto i gesuiti ad occuparsi di sport e di calcio italiano, in particolare:


    R. – Come gesuiti ci siamo un po’ chiesti se il calcio sia anzitutto chiamato a formare uomini o campioni. Ci siamo chiesti anche se basta vincere un campionato mondiale di calcio per sminuire anche una situazione di crisi e di degrado e ci chiedevamo anche, nell’apertura del nostro articolo, perchè due campioni che litigano in un mondiale non si riescono a perdonare. Queste sono tutte domande etiche e che toccano il nostro vivere insieme e la nostra società. Da una parte denunciamo una crisi ma soprattutto vorremmo far risplendere i segni di speranza che ha il nostro Paese. Quindi, custodire i valori sociali del calcio significa garantire speranza e futuro alla nostra società ma non solo: siamo chiamati a rilanciare la speranza in un Paese che si sta chiudendo nel privato, dove c’è paura di un po’ di tutto, anche di incontrare il giocatore che mi sfida. Per non far diventare il calcio un detonatore sociale è necessario recuperare quei valori che fino agli anni ’80 c’erano nel nostro paese e che a lungo hanno garantito pace, giustizia, solidarietà e anche perdono.

     
    D. – Padre Occhetta, si può ancora dire che il calcio è un po’ un valore aggiunto della società italiana?

     
    R. – E’ ancora vero, perché dire cultura italiana è dire calcio. Pensi che in Italia ci sono un milione e mezzo di giocatori di calcio, ci sono 54 mila squadre, si disputano 700 mila partite all’anno. Sono 23 milioni le persone legate al calcio, persone che accompagnano i ragazzi, allenatori, volontari che prestano il loro servizio nel tagliare l’erba, etc, e ci sono 32 milioni di tifosi: è tutto il nostro Paese! Il calcio è certamente il valore aggiunto della nostra società, che permette una dimensione ludica di amicizia, di gioia. Chi non si ricorda le partite che si facevano in oratorio da giovani? Ma non bisogna che il calcio professionistico, che è in crisi, intacchi e inquini il calcio amatoriale che è invece fatto ancora di valori e di persone generose.

     
    D.- Si può parlare di crisi culturale del calcio?

     
    R. – Nel calcio c’è questa tesi fondamentale, secondo noi: girano troppi soldi. Le 20 squadre di calcio di Serie A spendono 660 milioni di euro per gli stipendi dei giocatori. Gli sponsor impongono risultati da brivido. Gli allenatori diventano, invece di essere testimoni ed esempi per i ragazzi, degli addestratori a cui interessa selezionare i bravi. Le famiglie rischiano di privilegiare il sogno di avere un campione in casa piuttosto che accompagnarli nella fatica degli studi e formare un uomo. La nostra società deve stare attenta.

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    Chiesa e Società



    L’ONU nomina un inviato speciale per sconfiggere la malaria

    ◊   Per la prima volta, le Nazioni Unite hanno nominato un inviato speciale per contrastare la malaria, l'americano Ray Chandler. E’ stato scelto dal segretario generale dell’ONU, Ban Ki-Moon, per sensibilizzare i politici e l’opinione pubblica su una malattia che in Africa uccide due bambini ogni minuto. Su 500 milioni di casi stimati all’anno nel mondo, la malaria provoca inoltre la morte di un milione di persone. Fino ad oggi - riferisce l'agenzia missionaria Misna - le Nazioni Unite avevano un inviato speciale per la sindrome da immunodeficienza acquisita (sida/aids) e per la tubercolosi, ma non per la malaria. Chandler, fondatore dell’associazione umanitaria “The Points of light foundation” e cofondatore, con l’ex segretario di Stato americano Colin Powell, dell’organizzazione “America’s Promise - the alliance for youth”, ha assicurato il massimo impegno per raccogliere tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari da investire nella lotta contro la malaria. In attesa di un vaccino o di cure più efficaci, ottimi risultati negli ultimi anni sono stati ottenuti con la distribuzione di zanzariere trattate. La malaria è responsabile del 2% delle morti nel mondo e del 9% in Africa. (A.L.)

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    La Chiesa nel Ciad impegnata ad accogliere i rifugiati provenienti dal Darfur

    ◊   La Chiesa in Ciad continua a far fronte all’emergenza umanitaria provocata dall’arrivo di nuovi flussi di rifugiati provenienti dalla martoriata regione sudanese del Darfur. Un buon livello di assistenza è garantito da diverse organizzazioni internazionali e da un gruppo ad hoc costituito con il contributo della Chiesa. Nei dodici campi dell’area di Mongo sono, attualmente, oltre 200 mila i rifugiati sudanesi. La Chiesa aiuta quasi la metà di queste persone con operazioni di accoglienza umanitaria. Anche Benedetto XVI – ricorda il quotidiano della Santa Sede, ‘L’Osservatore Romano’ - è vicino materialmente, oltre che spiritualmente, alle sofferenze dei rifugiati partecipando allo sforzo umanitario attraverso “Cor Unum”. Nei giorni scorsi, la Caritas italiana ha lanciato poi un appello per sostenere, prima possibile, la Caritas del Camerun e del Ciad. Si stanno raccogliendo fondi, in particolare, in favore dei profughi ciadiani in Camerun. Sono anche in corso progetti per sostenere un’articolata rete di attività già avviate in Ciad per i rifugiati sudanesi. Della drammatica situazione umanitaria si è fatto interprete anche l’Ufficio per la cooperazione missionaria tra le Chiese della Conferenza episcopale italiana. Per proteggere i campi, è in corso di dispiegamento, nell’est del Ciad e nella vicina Repubblica Centrafricana, una forza di sicurezza europea. Ieri, infine, ha avuto inizio una campagna di vaccinazioni promossa dall’Organizzazione mondiale della Sanità, dall’Unicef e dal ministero camerunese della Sanità. La campagna è stata avviata presso il College d’Enseignement technique et industriel du Cameroun, dove si stima si siano radunati oltre 4 mila rifugiati. (A.L.)

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    Nello Sri Lanka, leader religiosi e uomini d’affari a confronto per costruire un futuro di pace

    ◊   Unire le forze per uscire dalla crisi che attanaglia lo Sri Lanka: è quanto si propongono leader religiosi, uomini d’affari e associazioni di professionisti del Paese asiatico. A dare notizia di questa inedita sinergia è l’agenzia AsiaNews. Il prossimo 23 febbraio, dunque, il Congresso delle religioni, la Camera di commercio di Ceylon, l’Organizzazione delle associazioni professionali e il Fondo legge e società, riuniranno i loro rappresentanti per redigere una proposta ambiziosa: mettere fine alla guerra, attuare riforme elettorali e garantire la libertà di stampa. Il documento verrà presentato al presidente dello Sri Lanka, Mahinda Rajapakse, come pure al leader dell’opposizione politica Ranil Wickremesinghe. Si tratta – rileva AsiaNews – di un compito difficile. Lo riconosce, d’altra parte, lo stesso presidente del Congresso delle religioni, il monaco buddista Ittepane Dhammalankara, secondo cui lo scoglio più grande da superare sarà la diminuzione dei poteri del capo di Stato in un’ipotesi di devoluzione concessa al nord e all’est dell’isola, rivendicate dai ribelli tamil. Dal canto suo, mons. Oswald Gomis, arcivescovo cattolico di Colombo e membro fondatore del Congresso delle religioni, ritiene che è impossibile affrontare i gravi problemi del Paese senza un approccio bipartisan e la collaborazione dei maggiori partiti: l’alleanza composta da SLFP (Sri Lanka Freedom Party) al potere alleato con il JVP e l’UNP (United National Party). Per il vescovo anglicano della capitale, Duleep de Chickera, è auspicabile stilare una sorta di “road map” per rimettere il Paese sulla strada giusta. (A.G.)

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    Qatar: il 14 marzo prossimo l'inaugurazione della nuova chiesa di St.Mary. Critiche e consensi dal mondo musulmano

    ◊   La chiesa cattolica di St.Mary, costruita a Doha come previsto senza campanili nè croci, è prossima all’inaugurazione. Nonostante la grande discrezione della comunità cattolica, l'Agenzia AsiaNews riferisce che sulla nascitura chiesa non mancano critiche ma anche consensi da parte di intellettuali musulmani. Sulle pagine del quotidiano Al-Arab si legge che l’ingegnere Rashed al-Subaie, in una lettera a Al-Watan sostiene come i cristiani abbiano il diritto di praticare la loro fede ma non dovrebbero avere i permessi per costruire luoghi di culto. Sulla stessa linea è l’avvocato ed ex ministro di giustizia Najib al-Nuaimi il quale ha enfatizzato che il Qatar è un Paese musulmano, ‘non’ secolare, e ritiene che un referendum sia l’unico modo per assicurarsi che la chiesa sia socialmente accettabile. Voci moderate e di consenso provengono da Abdul Hamid al-Ansari, ex preside della facoltà di legge islamica (Shari’a) all’università del Qatar, che ha pubblicato articoli su diversi quotidiani dando il benvenuto alla chiesa cattolica a Doha: “i luoghi di culto sono un diritto umano fondamentale difeso dall’Islam”, ha detto. St.Mary sarà finalmente luogo di ritrovo per la comunità dei cattolici che conta circa 100 mila fedeli provenienti dal sud-est asiatico e dall’occidente. “Sarà un semplice luogo di preghiera per i fedeli, senza simboli evidenti o scopi di proselitismo”, dice il futuro parroco padre Tomasito Veneracion. Una cerimonia semplice presieduta dal cardinale Ivan Dias che insieme al vescovo Paul Hinder e al parroco inaugurerà la chiesa il 14 marzo prossimo. Nello stesso complesso dove sorge St. Mary sono in progetto altre cinque chiese tra cui quella anglicana, copta e greco-ortodossa. Una volta che St.Mary aprirà le porte ai sui fedeli, tra i Paesi del Golfo rimarrà soltanto l’Arabia Saudita a negare l'edificazione di chiese entro i suoi confini. (R.P.)

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    L’episcopato cattolico d’Inghilterra risponde alle aperture del primate anglicano Rowan Williams alla sharia

    ◊   “Occorre fare una distinzione tra il riconoscimento legale dei tribunali religiosi e il bisogno per la legislazione di venire incontro alle esigenze di chi pratica una religione”. La Conferenza episcopale cattolica di Inghilterra e Galles commenta così le dichiarazioni del primate anglicano Rowan Williams riguardo all’introduzione di parti della sharia nel sistema giuridico del Regno Unito. Secondo i presuli, riferisce l’agenzia Sir, l’arcivescovo di Canterbury ha fatto questa distinzione quando ha parlato della sharia ma essa non è stata colta dai media. “Nell’articolo 9 della legge sui diritti umani e in molti aspetti della legislazione britannica – affermano - si contempla il punto di vista dei credenti quando si consente alle scuole cattoliche di scegliere un cattolico come preside o si permette a un dottore di fare obiezione di coscienza all’aborto”. Diverso è il problema del riconoscimento dei tribunali religiosi. Benché la Chiesa Cattolica abbia un proprio diritto canonico e un sistema di tribunali in materia di matrimoni e divorzi, avverte la conferenza episcopale, “le decisioni di questi tribunali non hanno valore giuridico nei tribunali civili del Paese e la Chiesa non si è mai battuta in questa direzione”. Per i vescovi inglesi, conclude l’agenzia Sir, “è importante che la legge del Regno Unito abbia valore universale e sia uguale per tutti i cittadini. Lo Stato deve dare spazio alle esigenze di chi pratica una religione ma senza indebolire il bene comune”. (A.G.)

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    Perù: per la vita e contro la legalizzazione dell’aborto, preghiera e digiuno fino al 24 marzo

    ◊   E’ in corso l’iniziativa “Quaranta giorni di orazioni per la vita” per incoraggiare la popolazione a difendere il diritto alla vita dei bambini e contro i tentativi di legalizzare l’aborto in Perù. L’appello, lanciato da un gruppo di organizzazioni cattoliche peruviane che fanno riferimento al Centro di promozione familiare, si concluderà il 24 marzo. Alla manifestazione, secondo gli organizzatori, aderiranno coloro che si impegnano a recitare quotidianamente e per quaranta giorni l’Orazione per la vita così come era stata pronunciata da Giovanni Paolo II; il 25 dello stesso mese, si celebrerà in tutto il Paese il Giorno per la Vita. In Perù l’aborto non è previsto dalla legge ma, negli ultimi tempi, numerosi gruppi abortisti si battono per depenalizzarlo e introdurlo. Da parte sua, di recente - si legge su “L’Osservatore Romano” - il consiglio direttivo del Distretto regionale sanitario di Arequipa, regione nel sud del Perù, ha approvato un “protocollo per l’aborto terapeutico”. Probabilmente, sospettano le organizzazioni cattoliche peruviane, che ci sia la pressione di un’organizzazione abortista, la “Promsex”. Questo permetterebbe di effettuare l’aborto ogni volta che la futura madre avvertisse un leggero malore fisico o un disagio mentale. A questo proposito, mons. Javier Augusto Del Rio Alba, vescovo di Arequipa, città capoluogo della regione Arequipa, ha preso una forte posizione per difendere il diritto alla vita dei nascituri e contro l’aborto. Il prelato inoltre esprime tutto il suo dissenso sul documento per l’aborto terapeutico, approvato dal Distretto regionale per la salute della regione, dichiarando esplicitamente che “il motivo dell’aborto terapeutico è solo una grande menzogna". Terapia significa curare e non uccidere una creatura innocente. Come è possibile permettere a una madre di decidere della sorte di una creatura che già da cinque mesi si sviluppa nel suo ventre? In questo modo - aggiunge il presule - si uccide una creatura che a tutti gli effetti è già dotata di vita”. Il vescovo De Rio sottolinea infine che “il Distretto regionale della salute ha approvato un protocollo falso e menzognero. La popolazione di Arequipa - conclude il prelato - non permetterà che vengano uccise creature innocenti”. Per ulteriori informazioni si può consultare il sito: www.travesiaporlavida.blogspot.com (M.B.)

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    Mons. Crepaldi: bisogna promuovere una cultura che sostenga la famiglia

    ◊   “Non bastano le politiche sociali per sostenere le famiglie, ma serve una rinnovata cultura che promuova un’idea di famiglia, fondata sul matrimonio e aperta alla vita”: è quanto sottolineato da mons. Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, in un incontro a Rimini, sabato scorso, promosso dalle associazioni diocesane. Dell’intervento di mons. Crepaldi riferisce oggi ampiamente l’agenzia Zenit. Per realizzare “politiche familiari di sostegno alla famiglia tramite la valorizzazione della famiglia”, ha affermato il segretario del dicastero vaticano, “la questione principale è di ordine culturale”, riguarda cioè la “comprensione che le persone hanno della famiglia e del suo valore unico”. Secondo mons. Crepaldi, se “le politiche familiari considerano la famiglia solo come il terminale della burocrazia dei servizi sociali, capita che gli interventi siano più dannosi dei danni cui vorrebbero rimediare”. Il presule, prosegue l’agenzia Zenit, ha indicato quanto sta succedendo nei Paesi del Nord Europa caratterizzati da aiuti efficientissimi verso la famiglia, ma, allo stesso tempo, da un numero altissimo di figli nati fuori del matrimonio, e da una durata brevissima dei matrimoni e da forme di poligamia diacronica. “Questo perché – ha rilevato mons. Crepaldi – le politiche fiscali sono accompagnate ad una legislazione che equipara la convivenza di fatto, compresa quella tra omosessuali, alla famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, oppure prevede il cosiddetto divorzio breve”. Per questo, è stato il richiamo del segretario di “Giustizia e Pace”, “se le politiche della famiglia non hanno alla base una corretta interpretazione culturale della famiglia stessa, rischiano di essere controproducenti e soprattutto di non essere valorizzatrici della famiglia stessa, in quanto protagonista”.(A.G.)

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    Ventimila in piazza, sabato scorso a Madrid, per ribadire il diritto alla vita

    ◊   “Il grembo materno è diventato oggi il luogo più pericoloso per l’essere umano, l’aborto è ormai la prima causa di morte in Spagna”. E’ quanto hanno sottolineato i partecipanti alla manifestazione, tenutasi sabato scorso a Madrid, in favore della vita e promossa dall’associazione “La vida importa”. Si è denunciato, in particolare, che con la legge attuale gli aborti dovrebbero essere meno di mille all’anno. In realtà, invece, sono oltre 200 mila le interruzioni di gravidanza. Il dibattito sull’aborto – riferisce il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, Avvenire – si è riaperto dopo che alcune associazioni pro-life avevano denunciato alcune cliniche a Madrid e a Barcellona per una serie di aborti illegali. Il presidente dell’associazione “La vida importa”, Sanchez Galera, ha anche accusato il governo di porre interessi particolari delle cliniche abortiste al di sopra del diritto alla vita. Le iniziative annunciate dal governo per garantire il cosiddetto “diritto all’aborto” – ha proseguito il leader del movimento pro – life – “non sono che modificazioni legali per esonerare le cliniche”. (A.L.)

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    Il cardinale Bertone parteciperà, domani alla Lateranese, alla presentazione dell’Enciclopedia della preghiera

    ◊   Partire dai fondamenti biblici per cogliere le forme acquisite nel tempo. E’ l’idea alla base della Enciclopedia della preghiera, edita dalla LEV, la Libreria Editrice Vaticana, che verrà presentata domani nella sede della Pontificia Università Lateranense a Roma. Alla cerimonia parteciperanno, tra gli altri, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, il rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Lorenzo Ornaghi, il rettore della Lateranense, mons. Rino Fisichella, e il direttore della LEV, don Giuseppe Costa. L’opera, curata da don Claudio Rossini, salesiano e già direttore della LEV, e dal padre carmelitano scalzo Patrizio Sciadini, entra a far parte della linea di continuità del Dizionario di mistica, pubblicato nel 1998, e del Nuovo Dizionario di spiritualità curato dalla stessa casa Editrice nel 2003. L'Enciclopedia offre una visione completa del mondo della preghiera, cominciando dalla Bibbia per poi affrontare tematiche relative alle varie espressioni culturali attraverso cui l’uomo percepisce “il sacro”. (M.B.)

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    Corso all’Angelicum sulla “teologia della Bellezza”

    ◊   Avrà inizio il 25 febbraio prossimo il corso di formazione teologica “Via Pulchritudinis – Contributi ad una teologia della bellezza”, promosso dalla facoltà di teologia della Pontificia Università San Tommaso (Angelicum) di Roma e dall'Istituto Internazionale Jacques Maritain. L'intervento inaugurale verrà tenuto dal cardinale Paul Poupard, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, sul tema “La via pulchritudinis cammino privilegiato di evangelizzazione e di dialogo”. Il corso – rende noto l’agenzia Zenit - durerà tre mesi e si terrà nella sede dell’Università. Tra i relatori, figura anche il cardinale Georges M. Cottier, teologo emerito della Casa Pontificia, che tratterà la “Teologia e bellezza nel pensiero di Ch. Journet”. Tra gli altri argomenti che verranno affrontati ci sono: “La bellezza tra nichilismo e umanesimo” (prof. Giancarlo Galeazzi, dell'Università di Urbino); “Teologia della bellezza in Tommaso d’Aquino” (prof. Pablo Zambruno O.P., Pontificia Università S. Tommaso, Roma); “J. Maritain, la letteratura, la musica e l’arte” (prof. Piero Viotto Università Cattolica, Milano). Per ulteriori informazioni, si possono consultare i siti www.angelicum.org e www.maritain.org.(A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Ancora uccisioni in Afghanistan, mentre il bilancio della strage di ieri sale a 100 morti

    ◊   Almeno 35 civili afghani morti in un attacco suicida, nel sud dell'Afghanistan al confine con il Pakistan: l’obiettivo era un convoglio militare delle forze straniere, in particolare di soldati canadesi. Inoltre un militare britannico è morto e un altro è rimasto ferito in seguito a un'esplosione avvenuta durante un servizio di pattugliamento nel sud dell'Afghanistan. Le notizie giungono mentre Kandahar piange le vittime dell'attentato compiuto ieri da un kamikaze durante un combattimento tra cani: la strage peggiore avvenuta nell'Afghanistan post talebano con un bilancio che, secondo le cifre aggiornate, ha superato i cento morti. Tante le cerimonie per ricordare le vittime della carneficina. La più grande ha avuto luogo nella moschea a Arghandab, luogo della strage alla periferia di Kandahar, per il capo della polizia ausiliaria antitalebana, Abdul Hakim, che secondo molti era il vero obiettivo della strage. Con lui sono morti 32 dei suoi uomini. La responsabilità dell'attentato è stata attribuita dalle autorità ai talebani che però non hanno rivendicato la strage. Sempre oggi la polizia afghana e i militari del comando regionale ovest della missione ISAF, a guida italiana, hanno scoperto un deposito clandestino di munizioni, contenente 39 bombe da mortaio, nella provincia di Farah, nell'Afghanistan occidentale. Sul posto, riferisce una nota del comando di ISAF, sono subito intervenuti alcuni team di artificieri che hanno distrutto il materiale. Lo scorso gennaio i team 'EOD' (Explosive ordnance disposal) di ISAF avevano distrutto altre 64 bombe dello stesso tipo.

    Chiusi i seggi in Pakistan per le elezioni parlamentari
    Un attentato nella notte ha segnato l’apertura delle urne in Pakistan per le elezioni parlamentari. Cinque persone, fra cui un candidato di un partito d'opposizione per l'assemblea provinciale, sono state uccise nell'Est del Pakistan. Tre bombe a Quetta, nel Beluchistan, non hanno fatto vittime. Sabato un attentato suicida aveva provocato la morte di 47 persone. Il nostro servizio:


    La campagna elettorale è stata segnata dall’assassinio di Benazir Bhutto, il 27 dicembre, e paura e disillusione sembra tengano lontani dalle urne molti degli ottantuno milioni di pachistani, nonostante mezzo milione di poliziotti e militari schierati per il voto. Le elezioni, per 272 seggi dell'assemblea nazionale e per le assemblee provinciali, dovrebbero segnare la conclusione della transizione a un governo civile, dopo che Musharraf ha smesso la divisa da generale prima del giuramento per il nuovo mandato a novembre. La sua rielezione è contestata come incostituzionale dall'opposizione che se si alleasse e dovesse ottenere due terzi del parlamento potrebbe chiedere l'impeachement di Musharraf. Resta da dire che, da parte sua, il presidente pachistano Musharraf ha detto oggi di essere sempre impegnato in una politica di “riconciliazione nazionale”. Resta da dire che le urne sono state chiuse alle 13.00 ora italiana e che i primi risultati dovrebbero arrivare intorno alle 18.30 ora italiana.

    Iraq
    Un ufficiale di polizia è stato ucciso e tre civili sono rimasti feriti gravemente questa mattina nell'esplosione di un ordigno nel centro della città settentrionale irachena di Tikrit. Intanto, prosegue l’impegno per ottenere la liberazione del giornalista britannico della rete televisiva americana CBS-News rapito una settimana fa a Bassora: lo ha reso noto l'ufficio del leader radicale sciita Moqtada Sadr nella stessa città meridionale irachena. Il 10 febbraio un commando di uomini armati ha sequestrato il giornalista britannico, di cui non è stata resa nota l’identità, e il suo interprete iracheno davanti al loro albergo nel centro di Bassora. Mercoledì scorso, l'interprete è stato rilasciato e l'ufficio di Moqtada Sadr a Bassora aveva detto che la liberazione del giornalista era “questione di ore”.

    Libano
    Dopo i pesanti scontri del fine settimana a Beirut tra seguaci sunniti della maggioranza parlamentare libanese e quelli sciiti dell'opposizione, rappresentanti dei principali partiti i cui sostenitori sono stati coinvolti negli incidenti hanno deciso, d'accordo con i vertici dell'esercito e della polizia, di formare dei “comitati di contatto” per prevenire nuovi episodi di violenza. Lo ha riferito oggi il quotidiano libanese an-Nahar, precisando che rappresentanti dei due movimenti sciiti d'opposizione, Hezbollah e Amal, e quelli del partito Mustaqbal della famiglia sunnita Hariri, sono stati convocati ieri dal comandante dei servizi di sicurezza militari, il generale George Khuri, e dal capo della polizia, il generale Ashraf Rifi. Secondo il quotidiano, durante l'incontro le parti si sono accordate per formare dei comitati di contatto che lavoreranno “sul territorio” per prevenire nuovi scontri e per evitare che i colpevoli vengano protetti dalle rispettive comunità. Da settimane si registrano ormai quasi quotidianamente episodi di violenza tra seguaci dell'opposizione, guidata da Hezbollah e sostenuta da Iran e Siria, e quelli della maggioranza governativa, appoggiata invece da Stati Uniti, UE e Paesi arabi del Golfo.

    Francia
    Una vasta operazione della Polizia, che ha coinvolto circa 1000 agenti, è scattata questa mattina nella periferia nord di Parigi sulle tracce dei responsabili delle violenze ai danni dei poliziotti che hanno avuto luogo a novembre nello stesso quartiere di Villiers-le-Bel. Al momento sono 25 le persone fermate. “Le indagini condotte da novembre hanno portato all'identificazione di 36 individui collegati alle violenze, di questi 25 sono stati fermati”, ha detto ai giornalisti il pubblico ministero, Marie-Therese de Givry. All'operazione, scattata alle sei di questa mattina, partecipano agenti dell'ufficio centrale anti banditismo, della polizia giudiziaria di Versailles e dell'Ile de France. I fermi sono stati effettuati a Villiers-le-Bel, ma anche nei vicini comuni di Sarcelles, Gonesse e Seine-Saint-Denis, stando ad un primo bilancio fornito dalla Polizia.

    In Italia è piena campagna elettorale in vista del voto del 13 e 14 aprile
    E’ entrata ormai nel vivo la campagna elettorale in vista delle elezioni politiche del 13 e 14 aprile. Ieri, è iniziato il viaggio del leader del Partito Democratico Veltroni nelle province italiane. Al centro si apre un confronto serrato per costruire un polo unitario. Il servizio di Giampiero Guadagni:


    I sondaggi continuano a dare il Popolo delle libertà in vantaggio. E Berlusconi definisce dati fasulli quelli che in queste ore Veltroni presenta accreditando una grande rimonta in atto del Partito democratico. Insomma, la sfida è iniziata. Intanto sui programmi: Veltroni ha presentato i 12 punti del PD che tracciano un disegno riformista chiaramente alternativo alla Sinistra Arcobaleno. Ma per Berlusconi e Fini si tratta di una copiatura delle idee del centrodestra, a partire dalla riduzione delle tasse e della spesa pubblica. La sfida è anche sulla collocazione politica. Per il PDL Veltroni finge di andare da solo ma ha già fatto l’intesa con l’Italia dei valori, si accinge a farla anche con i radicali; e nelle amministrazioni locali stringe accordi con la sinistra, a partire da Roma dove questa mattina Rutelli si è detto disponibile a candidarsi a sindaco. Ribatte Veltroni: il Popolo delle libertà è ormai una forza di destra,dopo lo strappo dell’UDC. Strappo che per altro potrebbe non consumarsi in Sicilia, dove Lombardo del movimento per le autonomie potrebbe essere il candidato alla guida della regione sostenuto sia dall’UDC sia dal PDL. Ieri, comunque Casini ha lanciato agli altri partiti di centro - Rosa Bianca e Udeur - un’appello all’unità, superando divisioni e personalismi. Per alcuni, come Pezzotta, il confronto deve aprirsi, altri come Tabacci e Mastella appaiono molto più tiepidi. I fautori dell’accordo osservano che soltanto un alleanza potrebbe dare all’area centrista una rappresentanza parlamentare superando la soglia di sbarramento. Che per le coalizioni è del 2% alla Camera e del 3% al Senato; mentre per i singoli partiti saleal4% allaCamera e all’8% alSenato. (Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni)
     
    Per il terzo giorno consecutivo la neve blocca Atene e gran parte della Grecia
    La neve che anche la scorsa notte è continuata a cadere su Atene e gran parte della Grecia continua a bloccare il Paese per il terzo giorno consecutivo e rende ancora estremamente difficile il traffico anche nelle vie centrali della capitale dove la polizia stradale suggerisce agli automobilisti l'uso delle catene sulle autovetture. Praticamente paralizzati sono anche i voli nazionali e internazionali per la scarsa visibilità o l'inagibilità delle piste dell'aeroporto di Atene 'Elefterios Venizelos' dal quale nelle ultime ore sono partiti solo una dozzina di voli sui 461 previsti per oggi, mentre 64 sono stati già cancellati. Anche i traghetti sono fermi nei porti del Pireo, di Rafina e di Lavrion a causa dei forti venti e le isole non sono raggiungibili neanche oggi. Ad Atene, l'ondata di freddo ha messo in ginocchio i servizi di trasporto pubblico e in tutta la regione dell'Attica treni, metropolitane, tram, autobus e filobus sono quasi tutti rimasti nei depositi a causa delle difficoltà create dallo strato di ghiaccio formatosi sotto la neve caduta più di recente. Le intense precipitazioni nevose, come ha reso noto la Protezione civile, hanno inoltre isolato oltre 150 villaggi (più di 100 solo sull'isola di Creta) nelle zone montagnose del Paese. Secondo il servizio meteorologico nazionale, la situazione dovrebbe migliorare già da domani.

    Sri Lanka
    In scontri tra forze governative e separatisti Tamil nel nord dello Sri Lanka sono morte, solo nell'ultima fine settimana, 51 persone, tra cui 49 ribelli e due soldati. Lo riferiscono oggi fonti del governo precisando che anche due soldati sono morti nei combattimenti e che 16 sono rimasti feriti. Secondo il Ministero della difesa, dall'inizio dell'anno sono 1.297 i ribelli uccisi e 72 i soldati, una media di 30 persone morte al giorno. Un bilancio che spesso risulta non coincidere con quello fornito dai combattenti Tamil. Dal 1983 nel conflitto tra forze governative e Tigri per la liberazione dell'Eelam Tamil (LTTE) sono morte più di 70.000 persone, molte delle quali civili.

    Georgia
    La repubblica separatista georgiana dell'Abkhazia chiederà ufficialmente a breve a Mosca di riconoscere la sua indipendenza. Lo ha annunciato oggi nella capitale russa il presidente dell'autoproclamata repubblica filorussa Serghei Bagapsh, citato dall'agenzia Interfax. Bagapsh ha inoltre detto che chiederà la revoca dell'embargo (imposto dalla CSI, la comunità degli Stati indipendenti) e la ripresa di tutte le vie di comunicazione. Bagapsh ha tenuto oggi nella capitale russa una conferenza stampa con i presidenti di altre due repubbliche separatiste, Eduard Kokoiti (Ossezia del sud, sempre in Georgia) e Igor Smirnov (Transdiestra, in Moldavia), promettendo che tutti e tre continueranno la campagna per l’indipendenza, dopo il riconoscimento di quella del Kosovo.

    Birmania
    L'inviato dell'ONU per la Birmania, Ibrahim Gambari, ha espresso oggi un moderato ottimismo per gli sviluppi della situazione nel Paese, dove lo scorso settembre le manifestazioni pro-democrazia guidate dai monaci buddhisti sono state represse nel sangue. “Mi aspetto uno scambio di idee costruttivo e franco, come al solito”, ha detto Gambari incontrando il viceministro degli Esteri cinese, Wang Yi, poco dopo essere arrivato a Pechino nella prima tappa di una missione che lo porterà anche in Giappone, Indonesia e Singapore. Le consultazioni con i governi di questi Paesi, ha aggiunto Gambari, potrebbero portare d un “movimento verso sviluppi positivi” in Birmania. Wang ha affermato che la Cina “sostiene gli sforzi di mediazione” di Gambari e ha ricordato che secondo Pechino una “soluzione appropriata” dei problemi della Birmania si potrà trovare solo attraverso “un dialogo tra il governo del Myanmar (il nome ufficiale della Birmania) ed il popolo”. Il dialogo promesso dalla giunta militare non ha fatto grandi progressi ma i militari hanno annunciato per maggio un referendum sulla nuova Costituzione che dovrebbe essere seguita, nel 2010, dalle elezioni democratiche.

    Kenya
    Governo di grande coalizione ed equa distribuzione dei poteri: questa la ricetta per avviare il Kenya fuori dalla tragedia che lo attanaglia. È quanto ha affermato oggi a Nairobi - dove era giunta in mattinata - il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, dopo un lungo incontro con Kofi Annan, l'ex segretario generale dell'ONU che media - su mandato dell'Unione Africana e con l'appoggio della comunità internazionale - tra le parti in conflitto. "Continueremo - ha aggiunto la Rice - ad essere buoni amici del Kenya, ma di un Kenya stabile, dotato di un governo legittimo in grado di risolvere l'attuale situazione, e corrispondere alle indicazioni del suo popolo". Una risposta ferma alle dure dichiarazioni governative keniane di ieri che avevano chiesto “non ingerenza” straniera, affermando di “non accettare di trattare con una pistola puntata alla testa”. Al tempo stesso, in alcune strade di Nairobi venivano date alla fiamme bandiere americane. Il momento dunque si conferma delicato. In ogni caso, il segretario di Stato USA incontrerà Mwai Kibaki, il presidente la cui contestata elezione ha scatenato le violenze, e quindi il leader dell'opposizione Raila Odinga.

    Disarmo: iniziativa di 120 Paesi contro bombe a grappolo
    Si sono aperti a Wellington in Nuova Zelanda, con oltre 500 delegati di 122 Paesi, i negoziati su una convenzione internazionale per la messa al bando dell'uso, della produzione, del commercio e dello stoccaggio delle bombe a grappolo, che causano danni ritenuti inaccettabili alla popolazione civile. I colloqui sulla convenzione, lanciati lo scorso anno da Austria, Irlanda, Messico, Nuova Zelanda, Norvegia, Perù e la Santa Sede, mirano a definire quali tipi di bombe a grappolo debbano essere proibiti e quali, come quelli che spargono paglia trinciata per deviare missili in volo, possono continuare ad essere usati. Prendono parte ai cinque giorni di negoziati 41 dei 76 Paesi del mondo che hanno in stoccaggio bombe a grappolo, oltre alla maggioranza dei produttori. Non partecipano però all'iniziativa, e non hanno inviato osservatori a Wellington, alcuni dei maggiori produttori, come USA, Russia, Cina e Pakistan. Le bombe a grappolo, o cluster bombs, esplodono sopra il terreno, rilasciando in un vasto raggio migliaia di piccole bombe programmate per esplodere all'impatto. Dalle osservazioni sul loro uso nei conflitti, risulta però che fra il 10 e il 40% non esplodono e restano cariche per anni sul terreno dell'area presa di mira, uccidendo e mutilando i civili. Il ministro neozelandese per il Disarmo, Phil Goff, nel suo intervento di apertura, ha affermato che proteggere i civili è un elemento chiave del trattato. E ha aggiunto che la maggior parte delle nazioni sono rimaste indignate per l'alto livello di munizioni a grappolo usate da Israele nei giorni finali della guerra contro Hezbollah in Libano meridionale nel 2006, un evento che - ha detto - “ha dato forte impulso a quello che vogliamo fare ora”. Un rapporto di 131 pagine diffuso ieri da Human Rights Watch afferma che Israele ha violato le leggi umanitarie internazionali, “con centinaia di attacchi indiscriminati e sproporzionati con munizioni a grappolo in Libano”. E chiede un'inchiesta indipendente per determinare se dei singoli comandanti israeliani “siano responsabili di crimini di guerra”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 49

     

     
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